Hopkirk, Peter (1930 - ) Il grande gioco. I servizi segreti in Asia

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Hopkirk, Peter (1930 - ) Il grande gioco. I servizi segreti in Asia
Hopkirk, Peter (1930 - )
Il grande gioco. I servizi segreti in Asia centrale, Adelphi, 2004
[The Great Game. On Secret Service in High Asia, 1990]
[Nell’edizione italiana sono presenti quattro carte geografiche: Il campo di battaglia nel nuovo
grande gioco; Il Caucaso; L’Asia centrale; L’estremo Oriente]
[23-24] […]
Una mattina di giugno del 1842, nella città centroasiatica di Buchara, due uomini in cenci erano
inginocchiati nella polvere della grande piazza antistante il palazzo dell’emiro. […]
I due – il colonnello Charles Stoddart e il capitano Arthur Conolly – stavano per affrontare insieme
la morte, a più di seimila chilometri da casa […]. Stoddart e Conolly pagavano lo scotto per essersi
cacciati in un gioco oltremodo pericolo: il Grande Gioco […].
[25-27] […]
[…] nel 1807, […] si diceva infatti che Napoleone Bonaparte, imbaldanzito dalle vittorie in Europa,
avesse proposto al successore di Paolo, lo zar Alessandro I, di invadere insieme l’India e di
strapparla al dominio inglese […]. Fu quindi diramato in gran fretta l’ordine di esplorare a fondo e
cartografare le possibili vie d’accesso all’India, per dar modo ai dirigenti della Compagnia di
scegliere i luoghi più adatti per bloccare e distruggere l’invasore. […]
Certe zone erano giudicate troppo pericolose, o politicamente delicate, perché gli europei vi si
avventurassero, sia pure sotto mentite spoglie. Eppure era necessario esplorarle e redigerne una
rappresentazioni cartografica, se si voleva difendere l’India. Si trovò una soluzione ingegnosa.
Montanari indiani scaltri e intraprendenti, e soprattutto specializzati nelle tecniche di rilevamento
topografico clandestino, furono mandati oltre frontiera travestiti da religiosi musulmani o pellegrini
buddhisti. Costoro, spesso con grave rischio della vita, rilevarono in segreto, e con mutevole
accuratezza, migliaia di chilometri quadrati di territorio fino allora inesplorato. Dal canto loro, i
russi si servirono di buddhisti mongoli per penetrare in regioni considerate troppo pericolose per gli
europei.
[53] […]
Il 24 gennaio 1801 Paolo [zar di Russia] ordinò al capo dei cosacchi del Don di raccogliere una
consistente armata nella città di frontiera di Orenburg e di prepararsi a marciare sull’India. [..] […]
E’ evidente che Paolo e i suoi consiglieri non sapevano nulla o quasi delle vie d’accesso all’India, e
neppure del paese e di come vi erano distribuiti i contingenti militari inglesi. Del resto, nelle
istruzioni scritte al comandante della spedizione Paolo lo ammetteva francamente: “Le mie mappe
arrivano solo fino a Chiva e al fiume Oxus. Al di là di questi punti tocca a voi procurarvi
informazioni sui possedimenti degli inglesi e sulle condizioni della popolazione indigena soggetta al
loro dominio”. Paolo suggeriva di mandare in avanscoperta pattuglie di esploratori per perlustrare la
via e “riparare le strade”; ma come fosse giunto a credere all’esistenza di strade in quella vasta,
desolata e quasi disabitata regine non è chiaro. Infine, all’ultimo momento lo zar spedì al
comandante cosacco “una nuova mappa particolareggiata dell’India” venutagli allora tra le mani
[…].
[68-69] […]
[…] al giovane ufficiale [il tenente inglese Pottinger], appena ventenne, erano accadute molte cose.
Senza l’ausilio di una mappa (allora non ne esistevano), aveva intrapreso un viaggio di quasi
millecinquecento chilometri attraverso Belucistan e Persia, scegliendo una via che poi per un secolo
non fu più tentata da latri europei […].
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Nonostante le malattie e gli altri stenti, Pottinger tenne giorno per giorno un diario segreto e
dettagliato di tutto ciò che poteva tornar utile a un esercito invasore, Vi annotò i pozzi e i fiumi, le
colture e la vegetazione, le precipitazioni e il clima. Segnalò le migliori postazioni difensive,
descrisse le fortificazioni dei villaggi lungo il percorso, individuò le caratteristiche e le alleanze dei
kan locali. Registrò perfino le rovine e i monumenti incontrati […]. Disegnò inoltre, di nascosto.
Una mappa schematica del suo cammino, che più tardi fu trasformata nella prima mappa militare
indicante gli accessi all’India da ovest.
[148-149] […]
Il duca di Wellington, molto esperto di cose indiane, era sicuro che un esercito russo in marcia
attraverso l’Afghanistan, proveniente dalla Persia o da Chiva, poteva essere distrutto molto prima di
arrivare all’Indo. […] Era perciò essenziale che un invasore venisse liquidato rapidamente, e il più
lontano possibile dalle frontiere indiane. Ma a questo fine occorrevano mappe dettagliate delle vie
d’approccio. Le indagini di Ellenborough rivelarono che le mappe di cui si disponeva erano
quantomai imprecise e basate per lo più sul sentito dire. […]
Elenborough si accinse a recuperare il tempo perduto. Raccolse da ogni fonte possibile informazioni
militari, politiche, topografiche e commerciali sui paesi circostanti l’India. […]
[…]
Una sequela di giovani ufficiali dell’esercito d’India, agenti politici, esploratori e topografi, prese a
percorrere in lungo e in largo le immense regioni dell’Asia centrale. Tracciavano le mappe dei
passi, dei deserti, dei fiumi fino alle sorgenti, prendevano nota dei dati strategici, osservavano quali
vie fossero accessibili alle artiglierie e studiavano le lingue e i costumi delle tribù […].
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