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REPLICA DEL COORDINAMENTO ITALIANO SOSTEGNO DONNE AFGHANE L’associazione CISDA ha letto con rammarico le considerazioni riportate dai Consiglieri Comunali di minoranza del gruppo PDL-Lega del comune di Airuno pubblicate dal giornale di Merate del 20 marzo 2012 e sul sito Merate on line il19/03, in merito alla serata del 9 marzo organizzata dall’associazione La mongolfiera a sostegno delle donne afghane in occasione della giornata internazionale della donna. Ci pare doveroso commentare e proporre un punto di vista alternativo alla perentorietà di giudizio con cui è stata bollata la serata di approfondimento, definita come “un’occasione persa per fare solidarietà in modo vero e serio” Vorremmo cogliere questa occasione per provare a gettare un ponte di comunicazione e confronto costruttivo con i rappresentanti del gruppo di minoranza, peraltro assenti alla serata in questione, a partire proprio dalle tre parole chiave del loro giudizio: SOLIDARIETA’, VERO, SERIO e dal fornire alcuni elementi di contenuto storico e politico che speriamo abbiano la pazienza ed il desiderio di leggere e che forse sono loro sfuggiti o non conoscono. La nostra associazione ha accettato di aderire a questa serata nella quale è stato proposto al pubblico un approfondimento culturale e politico attraverso la voce di una delle organizzazioni afghane (RAWA) che da anni sosteniamo e che rivendichiamo con chiarezza, riteniamo essere interlocutore affidabile ed accreditato non solo a livello nazionale ma con un amplissimo sostegno e credito a livello internazionale . Tenuto conto del fatto che il concetto di solidarietà è interpretabile secondo punti di vista differenti, e che le vostre posizioni non sono state espresse direttamente durante l’incontro, è chiaro in primo luogo che l’associazione la Mongolfiera che ha promosso la serata, non abbia scelto la strada del pietismo facile ma quella dell’approfondimento, consapevole che potessero emergere letture e punti di vista anche “scomodi”. L’associazione RAWA opera incessantemente da trent’anni affrontando i drammi dell’Afghanistan con costi umani altissimi, tra i quali l’uccisione della fondatrice Meena Keshwar Kamal nel 1987, la sparizione di diverse attiviste, subisce l’ incessante opera vessatoria da parte di milizie fondamentaliste con attentati continui alle sedi dei progetti umanitari e sociali, tutto ciò ha determinato la costrizione da almeno due decenni alla condizione di clandestinità, unica via possibile per garantire un minimo di sicurezza nell'operato per la pace ed i diritti dei membri dell'associazione che denunciando i soprusi subiti da un popolo stremato, ancora oggi possono pagare con la vita per le loro parole . Ci pare dunque che questa associazione abbia tutti i titoli per esser oggetto di solidarietà e che le persone intervenute abbiano partecipato con atteggiamento di profondo ascolto, desiderio di conoscenza , compresi il sindaco ed altri esponenti dell’Amministrazione Comunale, presenti da semplici cittadini , senza nessun ruolo ufficiale aperti al confronto in questa direzione. Ci vorrebbero pagine e pagine per provare a raccontare anche solo parzialmente la complessità della storia, della realtà sociale e culturale di questo paese e del suo popolo, desideriamo comunque mettere in luce alcuni dati a supporto di una verità che vogliamo far conoscere partendo innanzi tutto dal ricordavi che l’Afghanistan è un paese martoriato da un conflitto che dura da almeno tre decenni e del quale, l’intervento armato della NATO iniziato nel 2001, ne è solo l’ultima parte. La lettura socio-politica proposta da Samya Walid, ha descritto molti aspetti del contesto afghano odierno ed ha evidenziato una legittima valutazione di merito che sappiamo può aver colpito profondamente e in alcuni passaggi sicuramente spiazzato molti dei presenti. E’ inequivocabile la posizione profondamente critica ,di denuncia degli esiti fallimentari delle molte guerre Afghane e di tutte le ingerenze dirette o indirette di forze straniere in questi conflitti proposta dalla RAWA e che come CISDA constatiamo da anni direttamente durante i frequenti viaggi nelle province Afghane per la verifica dei progetti che sosteniamo e la ricognizione di dati raccolti direttamente sul campo. Non si tratta dunque di alzare barricate ideologiche pro/contro i militari, di aprire il dibattito sul dualismo missione di pace/missione di guerra secondo una retorica piuttosto superata e sterile e che francamente lascia il tempo che trova. E’ chiaro ed innegabile che i costi umani di un conflitto come questo sono altissimi per tutti gli attori coinvolti, abbiamo denunciato con diverse pubblicazioni (vedi dossier specifico sul decennale dell'intervento militare scaricabile da www.osservatorioafghanistan.org) tutte le vittime civili e militari dell’ultimo decennio, e la nostra convinzione del totale fallimento di questa missione trova oggi convergenze politiche spesso trasversali.Su base nazionale alcune delle forze politiche cui fanno riferimento gli stessi consiglieri del gruppo di minoranza da tempo più o meno velatamente chiedono il ritiro delle truppe a fronte di una spesa in termini economici ed umani insostenibile in relazione agli scarsi risultati raggiunti, (non da ultimo l’incidente costato la vita ad un militare italiano sabato 24 marzo o l’uccisione di inermi civili per mano di un militare americano nella provincia di Kandahar della scorsa settimana). Non ci pare assolutamente ingiurioso affermare e rivendicare questo punto di vista in un paese democratico come l’Italia dove si spera, sia possibile esprimere liberamente il dissenso e che ciò possa essere considerato poco rispettoso delle istituzioni dello stato e della nostra costituzione che peraltro difendiamo e ricordiamo: “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali [....]” Art. 11 Costituzione Italiana. Ciò che rammarica della critica dai voi mossa, non è tanto l’evidente scarsità di riferimenti storici e culturali circostanziati cui fate riferimento, è soprattutto la totale autoreferenzialità del vostro punto di vista, neppure lontanamente scalfito dall’ombra del dubbio o dal desiderio di approfondimento e soprattutto completamente disinteressato dal fatto che a proporre tali analisi sia stata la voce autorevole e intensamente coinvolgente della testimonianza diretta che come tale, ha un valore in sé imprescindibile e che i presenti hanno colto in pieno, confrontandosi con Samya Walid, esprimendo liberamente e rispettosamente valutazioni divergenti e facendo numerose domande di approfondimento o richieste di chiarimento non sempre allineate con le posizioni espresse. Uno dei passaggi da voi particolarmente criticati, riguarda l’affermazione secondo cui la missione militare Nato ha favorito di fatto l’ascesa al potere di gruppi fondamentalisti e noti criminali e signori della guerra; su questo punto desideriamo chiarire con evidenze storiche queste affermazioni della delegata di RAWA e che ci trova concordi. La storia recente dell’Afghanistan (verificabile con un minimo di ricerca anche superficiale e non “politicizzata” sui temi in oggetto) ci dice che oltre al popolo afghano e a molte forze democratiche, purtroppo alcuni protagonisti della resistenza armata contro i russi durante il periodo che va dal 1979 al 1989, sono state milizie costituite da gruppi di differente etnia, aggregati e amalgamati sotto il segno della Jihad (o guerra santa), sostenuti da forze antisovietiche (era la guerra fredda) e da partiti filo fondamentalisti e che a loro volta si sono macchiati di orrendi crimini durante al guerra civile afghana durata negli anni ’90 (una guerra particolarmente cruenta sul piano delle divisioni etniche). A loro volta i leader di queste formazioni (facciamo alcuni nomi così per non parlare genericamente: Sayyaf, Fahim, Rabbani ucciso qualche mese fa dai talebani, Qanuni, Ismail Khan, Khalili, Mohaqiq) sono stati poi perseguitati e cacciati dal feroce regime oscurantista talebano che dal 1996 al 2001, ha gettato il paese ancora più in fondo al baratro dove era già abbondantemente precipitato. L’intervento delle forze occidentali, ha di fatto contrastato i Talebani (con i quali è noto che da tempo sono aperti tentativi di “dialogo” e trattative di riappacificazione)e di fatto aperto la strada per la discesa in campo dei loro vecchi nemici (le milizie a loro contrapposte), e come CISDA rivendichiamo la libertà di affermare che questo è stato un grande passo falso e lo constatiamo da circa 15 anni nelle nostre analisi di contesto e di dialogo incessante con numerosi soggetti della società civile afghana. E’ un dato di fatto che oggi all’interno del parlamento afghano sono presenti i rappresentanti di quei partiti fondamentalisti e i signori della guerra che molte realtà della società civile afghana vorrebbero vedere processati da un tribunale internazionale e che invece godono l’immunità per via di una legge varata da loro stessi in parlamento nel 2007 e che garantisce l’amnistia per tutti i crimini di guerra commessi in Afghanistan negli ultimi vent’anni. Oggi questi gruppi si sono riformati attraverso milizie armate e spadroneggiano nelle province dell’Afghanistan senza diretto controllo del governo centrale di Kabul e sono i protagonisti di sistematici fatti di sangue in particolar modo contro le donne, traffici illeciti ed estorsioni (Just don’t call a militia rapporto Human Right Watch settembre 2011) . -Potremmo fare altri mille esempi a supporto di questa tesi denunciando gravissimi fatti, sarebbe interessante come cittadini italiani indipendentemente dalla nostra appartenenza politica o partitica interrogarsi sull’esito delle spese ingenti sostenute dall’Italia (con votazioni spesso bipartisan), a supporto della “ricostruzione” del sistema giudiziario in Afghanistan (nel programma internazionale National Justice Program , vedi conferenza di Roma 2007e conferenza di Parigi 2008, l’Italia ha stanziato dal 2002 ad oggi per questa riforma giudiziaria 79 milioni di euro) che tutt’oggi vede applicata come codice di riferimento legislativo la legge islamica (Sharia), o che nel 2009 è stata varata una legge fortemente criticata dall’ONU che colpisce le donne sciite impedendo loro di rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il marito, di fatto legalizzando lo stupro domestico- e che questi non ci sembrano grandi risultati raggiunti nello sviluppo reale di uno stato di diritto laico e democratico. Un ultimo aspetto che vorremmo sottoporvi riguarda il giudizio con cui avete definito la serata come “occasione persa per fare solidarietà seria”; ci permettiamo di ricordarvi che il nostro curriculum ci accredita come soggetto affidabile a livello nazionale e non solo. Il nostro impegno è costante e trasparente da più di un decennio durante il quale abbiamo consolidato rapporti costruttivi e proficui con realtà eterogenee e diversificate per il sostegno di moltissimi progetti sociali ed umanitari che ci vedono in parthnernariato con istituzioni ed organizzazioni laiche e cattoliche, politiche ed apolitiche, con numerose amministrazioni locali in tutto il territorio nazionale. Siamo inoltre responsabili di un progetto sulla giustizia per i crimini di guerra commessi durante la guerra civile degli anni ‘90 sostenuto dall’Unione Europea, e non da ultimo,principali parthner del Ministero Affari Esteri per un’importante progetto che ci ha permesso la costruzione e l'attuale funzionamento di un centro di accoglienza per le donne maltrattate fuggite da famiglie violente e purtroppo non tutelate dalle leggi locali. Mi auguro che questi pochi esempi chiariscano da soli senza necessità di altre parole la nostra cifra in termini di serietà , che ci caratterizza in ogni azione che facciamo e in ogni tesi che sosteniamo. Negli anni abbiamo parlato e continuiamo a confrontarci con i cittadini, con associazioni, movimenti, enti locali e forze politiche di diverso orientamento consapevoli e convinte che il dialogo ed il confronto siano l’unica strada possibile per unire, per far convergere gli sguardi e non per dividere ed allontanare. Ci auguriamo che questo contributo sia recepito con tale spirito, rimaniamo a disposizione per ulteriori chiarimenti ed in chiusura alleghiamo una sintesi di numeri e dati verificabili sulla tragedia dell’Afghanistan che continueremo a denunciare chiedendovi di ascoltare la voce forte e fiera delle donne Afghane. Per il CISDA Manuela Farinelli VITTIME CIVILI I NUMERI DELL’AFGHANISTAN DAL 2001 AL 2011 COSA E’ CAMBIATO? Nei primi 9 mesi del 2010 le Nazioni Unite hanno documentato la morte di 2.135 civili (+10% rispetto allo stesso periodo del 2009) I Raid delle forze USA/NATO e Afghane hanno causato più di 350 vittime civili nello stesso periodo. Fonte: Human Rights Watch World Report 2011 RAPIMENTI I rapimenti sono una pratica comune. Secondo l’Afghanistan NGO Security Office, circa 450 afghani vengono rapiti annualmente Fonte: Human Rights Watch World Report 2011 POVERTA’ Il 42% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà Fonte: World Bank “Afghanistan at a glance” 25/2/2011 Più del 36% della popolazione vive con meno di 50 Afghanis al giorno – circa 1 dollaro (dato 2009) Fonte: AIHRC “Report on the Situation of Economic and Social Rights in Afghanistan” November/December 2009 MALNUTRIZIONE Circa il 44% delle famiglie soffre di insicurezza alimentare, il 35% non assume cibo sufficiente per assicurare le necessità caloriche e il 6% dei bambini soffre di malnutrizione acuta. Fonte: AIHRC “Report on the Situation of Economic and Social Rights in Afghanistan” November/December 2009 La percentuale di bambini malnutriti sotto i 5 anni nel 2009 era del 33% Fonte: World Bank “Afghanistan at a glance” 25/2/2011 DISOCCUPAZIONE Il 42% della popolazione è disoccupata ASPETTATIVE DI VITA TASSO DI MORTALITA’ Aspettativa di vita alla nascita 44 anni Fonte: AIHRC “Report on the Situation of Economic and Social Rights in Afghanistan” November/December 2009 World Bank “Afghanistan at a glance” 25/2/2011 Mortalità infantile: muoiono 257 bambini ogni 1.000 neonati vivi International Human Development Indicators UNDP 2011 Mortalità delle donne durante il parto: muoiono 1.800 donne ogni 100.000 nascite International Human Development Indicators UNDP 2011 (http://hdrstats.undp.org/en/countries/profiles/AFG.html) VIOLENZA CONTRO LE DONNE l’82% dei casi di violenza, fisica, psicologica e sessuale sono commessi da membri della famiglia, il 9% da membri della comunità e l’1,7% dalle autorità dello Governo. Su 1.327 casi di violenza contro le donne nel 2010, il 30,7% era in relazione a violenza fisica, il 30,1% per violenza psicologica, il 25,2% per violenza sessuale e il14% un insieme delle tre incluso il rapimento. UNIFEM Women in Afghanistan Factsheet updated 2010 (U.N. Development Fund for Women) I suicidi sono 2300 ogni anno, conto dal quale sono escluse le donne che non arrivano all'ospedale. Per il 70% è tardi. Dati forniti dal consigliere di Karzai per la salute nell'estate 2010. MATRIMONI FORZATI Il 60 - 80% delle donne è costretta a subire matrimoni forzati. Il 57% delle ragazze delle ragazze sposate ha contratto il matrimonio al di sotto dell’età legale di 16 anni. L’età media per il primo matrimonio delle donne è 17,9 anni. UNIFEM Women in Afghanistan Factsheet updated 2010 (U.N. Development Fund for Women) ATTACCHI A DONNE E RAGAZZE NELLE AREE CONTROLLATE DAI TALEBANI TASSO DI ALFABETIZZAZIONE Le scuole hanno continuato ad essere obiettivo di attacchi dei Talebani, in particolare quelle per ragazze al di sopra dei 10 anni. Secondo il Ministero dell’Educazione, tra marzo e ottobre 2010, 20 scuole sono state attaccate con esplosivi e sono stati uccisi 126 studenti. Fonte: Human Rights Watch World Report 2011: Solo il 28% dei ragazzi con età superiore ai 15 anni è alfabetizzata Gli adulti hanno frequentato una media di 3,3 anni scolastici La popolazione con almeno un diploma di scuola secondaria è dello 0,171% Fonte: International Human Development Indicators UNDP 2011 Il 46% dei bambini (5,3 milioni) non va a scuola Fonte: Government’s Accountability Report to the Nation, Ministry of Education Section, 2009 ACQUA La percentuale di popolazione che ha accesso a una fonte di acqua potabile è del 48% Fonte: World Bank “Afghanistan at a glance” 25/2/2011 Anche la distanza da una fonte di acqua è un problema. Il 25,7% degli intervistati per un questionario dell’AIHRC deve camminare più di 15 minuti per raggiungere una fonte d’acqua e circa l’8% impiega più di un’ora. Fonte: AIHRC “Report on the Situation of Economic and Social Rights in Afghanistan” November/December 2009 CORRUZIONE l’Afghanistan è al 176^ posto su 178 Paesi valutati per il grado di corruzione. Fonte: classifica di Trasparency International “Annual Report 2010” Nel corso del 2009 i cittadini Afghani hanno pagato 2,5 miliardi di dollari in tangenti, cifra che corrisponde a ¼ del Pil nazionale. Un Afghano su due deve sottostare a pagamenti illeciti a un pubblico ufficiale. I più corrotti sono proprio i funzionari che dovrebbero garantire legge e ordine: il 25% degli intervistati era stato taglieggiato da un poliziotto nel 2009, il 18% da un giudice e il 13% da un procuratore pubblico. Fonte: United Nations Office on Drugs and Crime, Corruption in Afghanistan January 2010 – Brubery as reported by the victims DROGA I ricavi derivanti dal commercio di oppio nel 2009 sono di 2,8 miliardi di dollari (1/4 del Pil nazionale). In altre parole, droga e tangenti sono i due più grandi generatori di reddito in Afghanistan: insieme essi ammontano a circa la metà del PIL del paese Fonte: United Nations Office on Drugs and Crime, Corruption in Afghanistan January 2010 – Brubery as reported by the victims Nel 2010 risultano coltivati a oppio 123.000 ettari di territorio (nel 2001 erano 8.000) Fonte: United Nations Office on Drugs and Crime, Afghanistan Opium Survey 2010 L’Afghanistan continua a rimanere il più grande produttore di oppio ed eroina (il 90% del mercato mondiale) Fonte: United Nations Office on Drugs and Crime, World Drug Report 2010