SIRS, MODS e sepsi nei piccoli animali by D. Silverstein. In

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SIRS, MODS e sepsi nei piccoli animali by D. Silverstein. In
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International Congress of
the Italian Association of Companion
Animal Veterinarians
May 19 – 21 2006
Rimini, Italy
Next Congress :
62nd SCIVAC International Congress
&
25th Anniversary of the SCIVAC Foundation
May 29-31, 2009 - Rimini, Italy
Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers
53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
263
SIRS, MODS e sepsi nei piccoli animali
Deborah Silverstein
DVM, Dipl ACVECC, Philadelphia, USA
La sindrome di risposta infiammatoria sistemica (SIRS) è
la manifestazione clinica della risposta dell’organismo a gravi danni, invasioni microbiche, gravi infiammazioni o neoplasie. La terminologia utilizzata per trattare della sepsi o
dell’infiammazione è spesso motivo di confusione. Col termine di batteriemia, si indica la presenza di batteri vitali nel
torrente circolatorio. La sindrome di risposta infiammatoria
sistemica (SIRS) è la manifestazione clinica della reazione
infiammatoria che si ha in risposta ad un insulto infettivo o
non infettivo subito dall’animale (sepsi, ustioni, traumi, colpo di calore, pancreatite, malattia immunomediata). Non
esiste alcuno standard aureo per la diagnosi di SIRS, ma dalla letteratura umana sono stati tratti dei parametri per il cane
ed il gatto. La presenza di tre o più dei seguenti segni clinici è altamente indicativa di SIRS nel cane: tachipnea (frequenza respiratoria > 40 atti/minuto o PaCO2 < 30 mm Hg),
tachicardia (frequenza cardiaca > 120 battiti/minuto), leucocitosi o leucopenia (leucociti > 18000/µl o frazione dei neutrofili non segmentati > 5-10%), e febbre o ipotermia (temperatura > 40°C o < 38°C). La presenza di 3 o più dei
seguenti segni clinici è altamente indicativa di SIRS nei felini: tachipnea (frequenza respiratoria > 30 atti al minuto o
PaCO2 < 32 mm Hg), bradicardia o tachicardia (frequenza
cardiaca < 140 battiti/minuto o > 225 battiti al minuto), leucocitosi o leucopenia (leucociti > 19500/µl o <5000/µl o frazione dei neutrofili non segmentati > 5-10%) e febbre o ipotermia (temperatura > 40°C o < 38°C). Un’infezione è una
risposta infiammatoria secondaria alla presenza di microrganismi o l’invasione di un tessuto normalmente sterile ad opera dei microrganismi stessi. La sepsi è la SIRS secondaria ad
un microrganismo patogeno (nella maggior parte dei casi di
origine batterica, ma può anche essere dovuta a virus, protozoi e miceti). Col termine di sepsi grave si indica la sepsi
accompagnata da una combinazione di disfunzioni organiche, ipoperfusione o ipotensione (pressione sistolica < 90
mm Hg o riduzione > 40 mm Hg rispetto al valore basale).
Lo shock settico si definisce come la sepsi grave con ipotensione che risulta refrattaria alla rianimazione mediante infusione intravascolare di fluidi. La sindrome di disfunzione di
più organi (MODS, multiple organ dysfunction syndrome) fa
riferimento all’alterazione delle funzioni cardiovascolari,
polmonari, gastroenteriche e/o epatiche che si verifica
secondariamente alla SIRS.
Cane, cavallo e uomo manifestano una fase iniziale, iperdinamica della sepsi, caratterizzata da elevata gittata cardiaca, bassa resistenza vascolare sistemica e pressione sanguigna normale o aumentata. Queste modificazioni si riconoscono clinicamente sotto forma di febbre, tachicardia, tachipnea,
mucose di colore rosso mattone o smorto, polso saltellante,
depressione ed inappetenza. Tuttavia, questo stato “iperdina-
mico” è raramente evidente nei felini. Piuttosto, nel gatto i
comuni segni clinici della sepsi comprendono letargia, pallore delle mucose, dolore addominale diffuso, tachipnea, bradicardia, cattiva qualità del polso, anemia, ipoalbuminemia,
ipotermia ed ittero. La diagnosi di sepsi si basa sui riscontri
clinici e di laboratorio e sull’identificazione di un focolaio
settico. Se esiste un elevato sospetto di sepsi, i pazienti ad
alto rischio devono essere trattati empiricamente.
La diagnosi definitiva di sepsi nel cane e nel gatto è spesso difficoltosa. La positività delle emocolture conferma la
batteriemia e la misurazione delle concentrazioni sieriche di
endotossine consente di verificare l’endotossiemia. Questi
test non consentono tipicamente una diagnosi rapida, il che
rende il sospetto clinico particolarmente apprezzabile in
attesa dei risultati degli esami di laboratorio e necrobiologici. I comuni focolai di sepsi sono rappresentati da peritonite,
polmonite, piotorace e pielonefrite. È quindi importante che
gli animali con segni clinici di sepsi siano sottoposti ad una
valutazione diagnostica completa, che comprenda esame
emocromocitometrico completo, profilo biochimico, profilo
della coagulazione, analisi delle urine con urocoltura ed
antibiogramma, radiografie del torace e/o ecografie addominali, radiografie addominali ed ecocardiografia. La fonte
dell’infezione va identificata il più rapidamente possibile e
in caso di necessità bisogna intervenire chirurgicamente per
effettuare il drenaggio, la revisione o l’asportazione del
focolaio settico. Se indicati, si devono effettuare gli esami
colturali e gli antibiogrammi del liquido di lavaggio endotracheale, del liquido pleurico, del fluido addominale, del
liquor e/o del fluido articolare. Nel 20-30% circa dei pazienti non si riesce a trovare un’origine dell’infezione.
Lo scopo della terapia nei cani e nei gatti con sepsi è quello di trattare l’infezione in modo appropriato e mantenere un
adeguato apporto di ossigeno ai tessuti. La prevenzione della
MODS è di capitale importanza, perché il tasso di mortalità
è tipicamente superiore al 50%. Nei pazienti settici riveste un
ruolo altamente significativo la terapia antibiotica, in aggiunta ad un aggressivo trattamento di sostegno. La somministrazione di antibiotici ad ampio spettro va iniziata in attesa dei
risultati degli esami colturali e degli antibiogrammi. Gli antibiotici scelti empiricamente dovranno essere efficaci nei confronti dei microrganismi Gram-positivi e Gram-negativi,
nonché degli anaerobi. Le combinazioni iniziali possono
essere rappresentate da ampicillina ed enrofloxacin, ampicillina ed amikacina, cefazolina e amikacina, ampicillina e ceftazidime o clindamicina ed enrofloxacin. Inizialmente si possono anche utilizzare singoli agenti come la ticarcillina/acido
clavulanico, la cefoxitina o l’imipenem (se si sospetta una
resistenza batterica). I batteri rilasciano endotossina dalle
loro pareti cellulari quando vengono uccisi ed il paziente
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deve quindi essere sottoposto anche ad un’adeguata terapia di
sostegno per mantenere l’apporto di ossigeno.
Il sostegno emodinamico è costituito primariamente dalla somministrazione di fluidi endovenosi ± una terapia
vasopressoria. Se l’animale si trova in stato di shock, si
deve somministrare un bolo di cristalloidi isotonici ± colloidi di sintesi. Bisogna impiegare gli emoderivati (emazie
concentrate, plasma fresco congelato o sangue fresco intero) nella misura necessaria per mantenere l’ematocrito >
24% ed i tempi di coagulazione entro i limiti normali.
Negli animali con grave ipoalbuminemia (< 1,5 g/dl), può
essere utile la terapia con plasma o con albumina umana al
25% per contribuire al trasporto di farmaci, ormoni,
sostanze chimiche, tossine ed enzimi. Il monitoraggio della pressione venosa centrale (normale = 0-10 cm H2O) può
essere utile per la valutazione dello status idrico. La fluidoterapia di mantenimento va determinata in base ai fabbisogni di mantenimento dell’animale, alla disidratazione ed
alle perdite in atto.
Se un’adeguata fluidoterapia non è in grado di ristabilire
la corretta pressione sanguigna, è indicato un trattamento
con vasopressori. Si utilizzano spesso dopamina, noradrenalina, dobutamina, adrenalina ± vasopressina (per ulteriori
informazioni si veda la relazione “Utilizzo della vasopressina per controllare la vasodilatazione durante lo shock”). Gli
animali che non rispondono ad un trattamento aggressivo
possono essere colpiti da un’insufficienza surrenalica transitoria. Può essere necessario effettuare i test appropriati e gli
interventi terapeutici opportuni.
L’ossigenoterapia è indicata se l’animale presenta una
riduzione del contenuto di ossigeno (SpO2 <93%, PaO2 < 80
mm Hg o ematocrito < 24% in attesa della trasfusione) che
sta portando ad una riduzione dell’apporto di ossigeno ai tessuti. Per prevenire la tossicità dell’ossigeno, bisogna utilizzare concentrazioni di ossigeno inspirato < 60%, se adeguate.
La corretta nutrizione è di importanza critica per i pazienti
settici con stati ipermetabolici secondari. Se l’animale è normoteso, non vomita ed è vigile, è preferibile la via enterale.
La nutrizione paraenterale va somministrata se la via enterale non è affidabile o è controindicata. Se la glicemia cade al
di sotto di 60 g/dl, bisogna diluire e somministrare per via
endovenosa 0,5 ml/kg di destrosio al 50% nell’arco di 1-2
minuti e integrare i fluidi del paziente con destrosio (2,57,5%). Nei cani e nei gatti settici è necessario utilizzare,
secondo necessità, dei protettori gastroenterici (antiacidi e/o
sucralfato) e/o antiemetici.
I pazienti settici vanno monitorati direttamente perché le
modificazioni delle loro condizioni, che avvengono di minuto in minuto, possono richiedere continue correzioni o interventi. È necessario seguire accuratamente e valutare ripetutamente le condizioni cliniche, il peso corporeo ed i valori di
ematocrito/solidi totali, glicemia, elettroliti, gas ematici,
profilo della coagulazione, produzione di urina, pressione
sanguigna, ECG, pulsossimetria e pressione venosa centrale.
Benché le attuali indicazioni terapeutiche per la sepsi
restino principalmente di supporto, vengono continuamente
studiate nuove terapie. Le prove cliniche finalizzate a valutare i vari stadi della cascata dell’infiammazione, l’immunocompetenza del paziente e gli specifici agenti patogeni non
hanno portato a risultati costanti. Benché la prevenzione
resti la strategia di maggiore successo, l’uso degli inibitori
dell’ossido nitrico, degli antagonisti degli oppiacei, degli
anticorpi monoclonali, degli inibitori della ciclossigenasi,
dei PAF-antagonisti e della terapia genica possono risultare
promettenti per il futuro.
Bibliografia disponibile a richiesta
Indirizzo per la corrispondenza:
Deborah Silverstein
Matthew J Ryan Veterinary Hospital
University of Pennsylvania
3900 Delancey Street
Philadelphia, PA 19104-6010
This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee