TITOLO del film – ROMA CITTA` APERTA [ 1945 ]
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TITOLO del film – ROMA CITTA` APERTA [ 1945 ]
A cura di Gianni Patricola SCHEDA 4 – Roberto Rossellini ( Roma1906 / Roma 1976 ) TITOLO del film – ROMA CITTA’ APERTA [ 1945 ] Interpreti principali: Anna Magnani: Pina - Aldo Fabrizi: Don Pietro Pellegrini - Marcello Pagliero: ing. Giorgio Manfred. TRAMA – Nella Roma del 1943-44, occupata dai nazifascisti, la lotta, le sofferenze, i sacrifici della gente, in parte sono raccontati con riprese documentaristiche sulla smobilitazione dei tedeschi che fuggono da Roma, e in massima parte ricostruiti con personaggi che interpretano le vicende di una popolana (Anna Magnani), di un sacerdote (Aldo Fabrizi) e di un ingegnere comunista: la prima è abbattuta da una raffica di mitra; il terzo muore sotto le torture; il secondo è fucilato all'alba alla periferia di Roma, salutato dai ragazzini della sua parrocchia. L’AUTORE - Roberto Rossellini (Roma 1906 - 1977) negli anni della guerra, dopo avere realizzato alcuni documentari minori, filma “La nave bianca” (1941). Il film girato su di una nave ospedaliera parla di uomini e di donne che, quasi senza volerlo, si trovano coinvolti nel secondo conflitto mondiale. Già in questo documentario si nota la propensione del regista per il racconto realistico che indirizzi l'attenzione dello spettatore sulle sofferenze, conseguenze degli orrori della guerra. Questo uso insolito, per allora, del mezzo cinematografico diviene dopo l’asse portante del suo capolavoro “Roma città aperta” (1945) e che prosegue con “Paisà” (1947), sconvolgente viaggio dal Sud al Nord italiani devastati dalle rovine morali e fisiche della guerra, e si conclude con “Germania anno zero” (1948), lucida testimonianza lasciataci sulla devastazione, la solitudine e la disperazione della Germania post nazista. Poi Rossellini girò “Stromboli” (1949), con una Bergman scevra da qualunque alone divistico e 'Francesco giullare di Dio” (1950) in cui Rosellini tesse l'elogio della pazienza e della perseveranza dando una lettura del tutto inattesa e personale dell'esperienza del santo di Assisi. Lo stile cinematografico di Rossellini asciutto ed essenziale, non adulterato dal montaggio di primi piani e dettagli, ma ricco di piani sequenza, costringe lo spettatore a osservare gli eventi cinematografici nel loro svolgersi, nella sua verità prima, non distorta da precostituiti “punti di vista” dei colui che filma. Restituisce, insomma, alla scena la sua autonomia: cosa che al principio non fu compresa dalla critica italiana, abituata al cinema classico, ma venne ammirata e sottolineata dai giovani critici francesi, che ispirandosi al cinema di Rossellini hanno dato vita alla ”nouvelle vague”, e fecero del regista italiano un loro maestro, un Maestro del Cinema. Da tale percorso alla ricerca di un'immagine non adulterata di umanità e della realtà, venne al regista quella vocazione didattica che lo spinse a ricostruire per lo schermo televisivo momenti e personaggi della storia universale, e a scrivere un nuovo capitolo della sua operosità con lo splendido “La presa del potere da parte di Luigi XIV” (1969) ed altri interessanti lavori biografici. IL FILM Le riprese del film iniziarono nel gennaio del '45 poche settimane dopo il ritiro dalla capitale delle truppe tedesche e furono fatte in condizioni precarie, sia per il periodo sia per la scarsa disponibilità del materiale tecnico, compresa la pellicola. Non essendo disponibili gli studi di Cinecittà, già spogliata dalle attrezzature e ridotta a un grande rifugio per gli sfollati, Rossellini con la sua troupe improvvisarono le riprese per le strade e in ambienti privati di Roma. Alla stesura della sceneggiatura partecipò anche il giovane Federico Fellini. Il film fu presentato al pubblico nel settembre del '45 e inizialmente ebbe scarso successo; solo successivamente dopo aver ricevuto riconoscimenti e vari premi all’estero, fu apprezzato unanimemente. L’opera uscì negli Stati Uniti, a New York, il 25 febbraio 1946 e fu subito un successo per il Nord America. La pellicola è stata vietata in alcuni paesi, come in Germania e in Argentina. “Roma città aperta” è il primo film italiano che guarda entro uno spazio distrutto e sconvolto della città di Roma e della stessa Cinecittà dell’immediato dopoguerra. Rappresentò la grande sorpresa italiana: con questo film i critici cinematografici ritengono che inizia il neorealismo italiano, subito esportato in tutto il Pianeta. La scena centrale del film, con la corsa e l'uccisione di Pina (Anna Magnani) dietro al camion che porta via il marito catturato dai tedeschi, è forse la sequenza più celebre del neorealismo nonché una delle più famose della storia universale del cinema. Il suo autore, Roberto Rossellini, non viene da una ideologia politica, come il Visconti di “Ossessione”, che fu considerato il precursore del neorealismo, al massimo si richiama ai valori del cattolicesimo, raccontandoci i drammi della fine della guerra. Il film, nasce come documentario su don Morosini, sacerdote realmente vissuto a Roma e ucciso dai nazisti nel 1944. Ben presto, anche grazie agli apporti di Federico Fellini, aggiuntosi agli altri autori in fase di sceneggiatura, il film si arricchì di storie e di personaggi e prese l'aspetto di un lungometraggio a soggetto. Il finale (la fucilazione del prete), che doveva costituire il tema principale del documentario, divenne la conclusione drammatica del racconto corale sulla vita quotidiana in una città dominata dalla paura, dalla miseria, dalla delazione e dal degrado. Nel film sono anche inseriti frammenti di documentari dell’abbandono dei tedeschi della città. La forza del film risiede nella trasgressione di ogni regola del linguaggio del cinema classico, di ogni consuetudine, di ogni luogo comune culturale. È un film che dà un quadro e un giudizio così giusto da suscitare immediatamente in tutto il pubblico il più vivo consenso e, per il ricordo delle tragedie della guerra, dà anche commozione profonda. Avvalendosi intelligentemente dell'abilità di due attori, già allora popolari, come Anna Magnani e Aldo Fabrizi, il regista ha sostenuto la semplicità lineare della trama alternando abilmente note comiche alle sequenze altamente drammatiche e strazianti. Lo squallore delle vie cittadine nelle notti di coprifuoco e gli arresti, le torture, i delitti, tutto qui è ricordato. Ma nelle prime proiezioni il pubblico italiano, non abituato a questo nuovo “tipo” di film, non lo comprese! La Magnani si dimostra una attrice sensibile, intelligentissima che perfettamente incarna la virulenza del popolo romano di allora. C'è un momento nel film in cui un “va a morì ammazzato!” di Anna Magnani, rivolto a un soldato tedesco, ci suscita profonda emozione e rimane tragicamente una condanna definitiva della Germania nazista. Concludendo: stilisticamente, la tenace, erosione del linguaggio cinematografico, che distinguerà tutta l’opera successiva di Rossellini, non è classificabile con gli schemi ai quali molti critici erano legati, abituati al cinema classico, e ne fu sconvolto e sorpreso.