Bollettinodella

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Bollettinodella
2012
Lug/Ago
Bollettino
u b t k h n c
Anno 67°, numero 07-08 • Luglio/Agosto 2012 • Tammùz -Av - Elul 5772 • Poste italiane Spa • Spedizione in abbonamento • D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n.46) art.1, com.1, DCB Milano - contiene allegati
numero 07/08
www.mosaico-cem.it
, h s u v h v
v k v e v
i u t y c
della
Comunità
Ebraica
di Milano
67
da
anni
l’informazione
ebraica
in italia
Il nuovo presidente Walker Meghnagi:
Basta divisioni,
governare uniti si può
Elezioni Comunità
e Ucei: tutti gli
eletti. gli umori
del dopo-voto, Il
nuovo consiglio,
il “parlamentino”
degli ebrei italiani
Attualità / Grecia
Attualità / Gli ebrei e la città
Comunità / Personaggi
La crisi, il dopo elezioni, il futuro:
come vivono gli ebrei di Atene oggi?
Parla il sociologo Enrico Finzi: “sono un ebreo
di periferia, amo la diaspora e la pluralità”
Il ministro Elsa Fornero e il nuovo ambasciatore Francesco Talò, ospiti da noi
numero 07/08
Bollettino
u b t k h n c
, h s u v h v
v k v e v
i u t y c
della
Comunità
Ebraica
di Milano
Lug/Ago
2012
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EDITORIALE
Cari lettori, care lettrici,
“il passato è una terra straniera: fanno le cose in
modo diverso laggiù”, scriveva Leslie P. Hartley
in quel bellissimo romanzo, appena ristampato,
che è Messaggero d’amore (Nutrimenti editore). Una
terra straniera nel senso che a volte facciamo fatica, voltandoci indietro, a riconoscere le persone
che eravamo e le circostanze che ci hanno portato dove siamo ora. Perché, se così non fosse, se
non ci fossero l’oblio e il sentimento del distacco,
non sarebbe possibile cambiare, e non avremmo
modo di attraversare le stagioni della vita in modo
differente rispetto alle premesse e adattarci così
alle alterne fortune. Questa celeberrima frase che
ben si attaglia al destino individuale delle persone
andrebbe allargata anche al destino storico delle
Nazioni quando accade, ad esempio, che un’intera
generazione si volti indietro, e con molta fatica
riesca a riconoscere se stessa. Mi soffermo su questo aspetto perché ho incontrato pochi giorni fa
un gruppo di signore della Comunità, di origine
greca e egiziana. Si parlava di attualità, delle elezioni in Grecia e in Egitto e di come l’esito dei
due confronti avrebbe influenzato la porzione di
mondo nella quale viviamo. Queste signore si chinavano incredule sull’attuale presente delle loro
antiche terre d’origine: le greche per ricordarne
l’opulenza confrontandola con lo sbando della
crisi politico-economica odierna; le egiziane per
rievocare la tolleranza passata e l’attuale involuzione dei costumi, e quanto distante fosse l’Egitto
cosmopolita di allora. E così, improvvisamente,
il passato è sembrato a loro lontanissimo, una
terra straniera dove tutto era diverso. Un vissuto
irriconoscibile, in cui l’identità di adesso fa fatica
a specchiarsi. Lo stesso rischia di accadere a tutti
noi oggi, in un’Italia che ha perso le sue certezze,
una Grecia sul lastrico e un’Europa che rischia di
trasformarsi in un parco a tema o in un museo,
marginale rispetto a ciò che avviene nel resto del
pianeta, inabissandosi in una crisi irreversibile
-crollo demografico, dell’euro, dell’egemonia politica- (vedi il bel reportage sulla Grecia a pag. 6).
E invece si dovrebbe tornare all’amore per la polis,
alla nobiltà della politica, all’idea di restituire alla
comunità quello che la vita ci ha dato in termini
di pienezza: un plauso va quindi al nuovo Consiglio della Comunità appena eletto. L’amore per la
polis è anche nelle parole del Ministro del Lavoro
Elsa Fornero in recente visita all’ADEI e ospite
dell’UGEI di Milano (pag. 34). Che ci ricorda così
una verità ammaccata e da tempo dimenticata:
che chi governa, dopotutto, dovrebbe farlo anche
in nome di qualche ideale.
02
•
06
• Attualità / Mondo
Prisma
Notizie da Israele, Italia, mondo
ebraico e dintorni.
attualità/Grecia
06
Grecia: vogliamo vivere. Dateci il tempo
di guarire, di Laura Brazzo
09
• Attualità/L’altra ISRAELE
La benedizione del tredicesimo anno,
di Luciano Assin
10 • Attualità/MONDO
Edirne: “In quella casa di legno, la
felicità dei miei nonni”, di M. Vigevani
12 • Gli ebrei e la città
gli ebrei e la città
12
Finzi: sono un ebreo di periferia che ama
la diaspora e la dialettica, di Fiona Diwan
16 • Cultura/Patrimonio
“Oggi in fuga, domani liberi. Per voi,
amici, farò di tutto”, di Sara Pirotta
18 • Cultura/LIBRI
Vestivamo alla marinara: am Israel
& tricolore, di Roberto Zadik
20 • Cultura/Mistica ebraica
cultura/patrimonio
16
Bereshit: vivere è un inizio continuo,
di Rav Roberto Della Rocca
23 • Cultura/Eventi
Una Giornata da ridere
24 • Libri e dintorni
26 • Comunità/elezioni
Meghnagi: basta divisioni, governare
uniti si può, di Fiona Diwan
cultura/eventi
23
32 • Comunità/Personaggi
L’ambasciatore Talò: “L’unicità
di Israele è una grande sfida”,
di Ruth Migliara
34 • Comunità/eventi
Il ministro Elsa Fornero ospite
dell’UGEI all’ADEI-WIZO
42 • Lettere
44 • Piccoli annunci
45 • Note tristi
46 • Note liete
47 • Agenda
48 • Feste e parole
UNIONE COMUNITà EBRAICHE ITALIANE
Dipartimento Informazione e Relazioni Esterne
Con il contributo OTTO PER MILLE
comunità/eventi
GIORNATA EUROPEA DELLA CULTURA EBRAICA
34
CINEMA TEATRO CONCERTI CONfERENzE SPETTACOLI MOST
DOMENICA 2 SETTEMBRE 2012
AllA scopertA del pAtrimonio storico e culturAle ebrAico
PORTE APERTE IN TUTTA ITALIA
www.jewisheritage.org
www.ucei.it/giornatadellacultura
‫יום התרבות היהודית באירופה‬
Alto Patronato
del Presidente della Repubblica
Patrocinio del Ministero
dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca
Patrocinio del Ministro
per le Politiche Europee
Patrocinio del Ministero per
i Beni e le Attività Culturali
Bollettino
In copertina: foto Ico Menda.
28 PAESI EUROPE
| belgio | bosniA-erzegovin
| bulgAriA | croAziA |
| dAnimArcA | FrAnciA |
| germAniA |
| grAn bretAgnA | greciA
| itAliA | lituAniA |
| lussemburgo |
| mAcedoniA | norvegiA
| olAndA | poloniA |
| portogAllo | repubblicA ce
| romAniA | serbiA |
| slovAcchiA | sloveniA
| spAgnA | sveziA | svizzerA
| turchiA | ucrAinA | ungher
B’nai B’rith
1
news da Israele, dall’Italia, dal mondo ebraico e dintorni
PRISMA
notizie a cura di Ilaria Myr
In breve
Dublino / Leopold Bloom cerca casa
Londra/Il boicottaggio del Teatro Habima
Ricercatori
israeliani: dalla
pelle le cellule per
curare il cuore
Anche l’Irlanda vuole
un Museo Ebraico
R
och i ma buon i.
Tanto buoni da
meritarsi un museo.
Gli ebrei irlandesi, che oggi
arrivano soltanto a 1.500
unità in tutta l’isola, chiedono che venga istituito un
Museo ebraico, per valorizzare maggiormente il
patrimonio ebraico e il
fatto di avere dato i natali a celebri personaggi,
come il sesto presidente
israeliano Chaim Herzog,
nato a Belfast, i due sindaci di Dublino Robert e
Brice Briscoe, e il sindaco
della città di Cork, Gerald
Goldberg. Ma forse, l’ebreo
irlandese più noto, pur se
romanzesco, è Leopold
Bloom, il protagonista
dell’Ulisse di James Joyce.
Per dare dunque onore
alla propria storia con un
museo, gli ebrei irlandesi
cercano 13 milioni di dolla-
iprogrammare cellule adulte di pelle
è un processo ormai
eseguito varie volte,
ma mai prima d’ora si
erano prodotte cellule
cardiache giovani e sane
da pazienti di una certa età e con problemi
cardiaci seri. Un team
israeliano ha invece di
recente preso cellule
di pelle di due pazienti di 51 e 61 anni con
insufficienza cardiaca,
e “caricato” nel Dna di
queste cellule tre geni
che le hanno trasformate
prima in staminali, poi in
cellule cardiache, giovani e funzionanti. In un
secondo momento sono
state “fuse” con successo con il tessuto cardiaco coltivato in provetta,
poi trapiantato nel cuore
di ratti. Ci vorranno però
5-10 anni per arrivare
alle sperimentazioni su
pazienti. Pubblicato sulla
rivista European Heart
Journal, lo studio è stato
condotto da Lior Gepstein del Technion-Israel
Institute of Technology
and Rambam Medical
Center di Haifa, Israele.
P
Gli ortodossi dicono
un no collettivo al web
U
ri, per potere espandere un
edificio che ospita la vecchia sinagoga, in Walworth
Road a Dublino.
I primi ebrei arrivarono
in Irlanda nel XIX secolo,
raggiungendo nel tempo
picchi di 6.000 persone,
principalmente localizzate
a Dublino e Cork. I rapporti con la maggioranza
cattolica furono sempre
buoni, fatta eccezione per
un pogrom nella città di
Limerick, nel 1906. All’atto dell’indipendenza, nel
1936, la difesa dei diritti
delle minoranze religiose
fu inserita all’interno della costituzione. Ma, come
altre comunità ebraiche di
piccole dimensioni, emigrazione e assimilazione
hanno avuto la meglio.
Sicurezza: videocamere a Brooklyn
S
Le proteste che fanno
sanguinare Shylock
aranno 150 le videocamere che verranno piazzate nelle strade del quartiere
ortodosso di Brooklyn. Il programma, che
vede uno stanziamento di 1 milione di
dollari da parte del governo americano,
vuole proteggere gli abitanti della zona da atti di
violenza. Non a caso, è
intitolato Leiby Kletzky
Security Initiative, dal
nome di un bambino di 8
anni che fu rapito e ucciso
l’anno scorso. Le videoca-
mere saranno posizionate vicino a scuole,
sinagoghe e agli angoli delle strade delle
zone di Boro Park, Flatbush e Midwood.
Le immagini saranno poi controllate da
volontari, dei shomrim ortodossi, che
riporteranno alla polizia le attività sospette.
Il progetto andrà ad
arricchirsi nei prossimi sei mesi di altre apparecchiature, grazie
al sostegno di Agudat
Israel America.
Luglio/Agosto • 2012
no stadio di baseball affollato
in America non è certo una
novità. Se però a riempirlo sono
80.000 ebrei ultra ortodossi per
protestare contro Internet, ecco
che la notizia ha invece una certa
importanza. Quello che è successo
al Citifield Stadium di New York
a fine maggio è un fatto di portata
storica: una messa al bando collettiva del web, dalle case e anche dai
luoghi di lavoro. Al centro dell’attenzione anche i social network,
che danneggiano la reputazione
di rabbini e studiosi ebrei. Il bello in tutto questo è che, anche se
ufficialmente non c’era alcuna copertura web dell’evento, moltissimi,
grazie ai loro smartphone, hanno
inviato sui social network notizie
sull’andamento del raduno. I tweets
inviati direttamente dal Citifield
Stadium sono stati così tanti che
l’ashtag “Asifa” (termine usato per
descrivere l’evento) era in cima alla
lista degli argomenti di Twitter!
Armenia chiama Israele
“C
i stiamo preparando per accogliere 3 milioni di turisti
nei prossimi anni, molti dei quali provenienti da Israele”. A dichiararlo è
Tigran Sargsyan, primo ministro del
Paese caucasico, ben intenzionato a
far venire in visita molti dei turisti
israeliani che non hanno più piacere
a recarsi in Turchia. Le preparazioni
includono l’upgrading di molte infrastrutture alberghiere e il training
di agenti di viaggio. “L’Armenia ha
un grande potenziale per il turismo
religioso, e ci piacerebbe tanto imparare da Israele in questo ambito”.
Luglio/Agosto • 2012
I
l boicottaggio era stato annunciato mesi fa, appena lo spettacolo
era stato messo in cartellone, con
l’adesione dell’attrice Emma Thompson. E, come da copione, la performance del “Mercante di Venezia”
della compagnia teatrale israeliana
Habima al festival di Shakespeare a
Londra a fine maggio, in due serate,
è stata presidiata e interrotta da manifestanti
pro-palestinesi. La tensione era tale che lo stesso presidente del teatro
Globe ha dovuto fare un
appello ai manifestanti:
“Qui non ci sono politici sul palco,
ma solo attori il cui lavoro è raccontare storie”.
Ma a nulla è servito. Le tensioni si
sono avute soprattutto la prima sera,
il 28 maggio. Quando, ad esempio,
Shylock toglie i tefillin, un gruppo
di persone ha cercato di salire sul
palco con bandiere e striscioni per
recitare dei brani sull’apertheid in
Israele. Anche all’esterno le proteste
non sono mancate, con striscioni su cui
era scritto “Mr. Shakespeare dice no
all’occupazione e alla colonizzazione!”.
Una brutta atmosfera, dunque, per
uno spettacolo così intenso come il
“Mercante di Venezia”, recitato però
dagli attori dell’Habima con grande
compostezza. Tanto da meritare le
ovazioni del pubblico,
come riporta il settimanale ebraico The Jewish
Chronicle, parlando di
“gloria” e “successo”.
Peccato però che la recensione del Guardian,
uno dei più diffusi quotidiani nazionali, delle ovazioni e della bravura
non parli per niente, ma si limiti semplicemente a definire lo spettacolo
“debole” e a commentare, quando
Shylock lascia Venezia con le valigie in
mano: “era impossibile non pensare a
tutte le persone che vengono cacciate,
e in particolare ai palestinesi”. Che il
boicottaggio sia anche questo?
Ora il Talmud babilonese in arabo
G
razie all’assiduo lavoro, durato sei anni, di 90 ricercatori giordani, oggi esiste il Talmud
Babilonese tradotto in arabo. A
promuovere l’iniziativa, l’istituto
accademico “Centro per gli studi
mediorientali in Giordania”, che
si è posto l’obiettivo di rendere il
Talmud accessibile alla popolazione araba. L’edizione, che propone
il testo nella sua integralità, viene
ora venduta anche fuori dalla Giordania, al per niente modico prezzo
di 750 dollari per i 20 volumi, nei
mercati e nelle fiere; una copia è stata
anche regolarmente
acquistata dalla biblioteca nazionale israeliana. Sembra invece che
il progetto avesse dato scandalo
in Arabia Saudita, per aver reso
accessibile un testo considerato
fondamentale per l’ebraismo.
L’aspetto grafico del Talmud in
arabo non rispecchia quello tradizionale, soprattutto per l’assenza
dei commentari (Rashì e Tosafoth).
I ricercatori giordani - fra cui arabi cristiani e musulmani e alcuni
specialisti di aramaico - sottolineano la speranza che questa opera
renda possibili in
futuro nuovi studi
sull’ebraismo.
Bollettino
3
notizie a cura di Ilaria Myr
Un titolo che rispecchia una realtà consolidata
Israele Start-up Nation anche per P&G
A
nche un impero dell’industria come Procter & Gamble incorona Israele come Paese ad alto tasso di
sviluppo. In un recente articolo pubblicato dall’autorevole
rivista americana Forbes si legge infatti che P&G, che
collabora con alcune delle maggiori aziende israeliane
grazie anche alla sua sede a Tel Aviv, la considera una
Start-up Nation. L’alta densità di start-up nel settore
tecnologico è senza dubbio il primo motivo: Israele ha
circa 80 società quotate al Nasdaq, più di tutta l’Europa,
il Giappone, la Corea, l’India e la Cina messi insieme.
Israele, poi, è la maggiore destinazione di capitale di
rischio globale pro-capite. Negli ultimi anni, molti
venture capitalist americani hanno investito e anche
aperto uffici in Israele. Inoltre, qui vi è un numero di
ingegneri pro-capite che è il doppio di quello di Stati
Uniti e Giappone. E qui il 34% della popolazione, ov-
vero il 24% della forza lavoro, possiede una laurea.In
rapporto al PIL, Israele è il Paese che investe di più al
mondo in Ricerca e Sviluppo. Nel 2009 la percentuale
di investimento era del 4,9%, quando la media dei paesi
OCSE era del 2,3%. E poi i premi Nobel. Nell’ultimo
decennio è la Nazione che ne ha ottenuto il maggior
numero, l’ultimo dei quali per la Chimica, assegnato nel
2011 a Dan Schechtman. Infine, in Israele la tecnologia
a scopo militare viene utilizzata per scopi civili. Si pensi
alla PillCam, la prima fotocamera sotto forma di pillola
per la rilevazione dei disturbi gastrointestinali, oggi
l’unico strumento diagnostico ingeribile che permette
la visualizzazione diretta dell’intestino tenue. Alla luce
di tutto ciò, Israele è “la” Start-up Nation per eccellenza. Ma pochi lo sanno, nessuno ne parla e la cattiva
coscienza europea usa un solo termine: boicottaggio.
Notizie in breve
Lo sapevate che...?
Dieudonné eliminato
da Cannes
Un film antisemita, intitolato “The
antisemite”, è stato eliminato dal
programma del Festival di Cannes
di quest’anno. Girato in nove giorni
dall’attore francese dichiaratamente
antisemita Dieudonné, grazie a una produzione iraniana, il film dà ampi spazio al negazionista Robert Faurisson, e ritrae lo stesso attore
-già condannato più volte per le sue dichiarazioni e spettacoli antisemiti- vestito da nazista.
Già l’anno scorso avevano suscitato grandi
polemiche le dichiarazioni simpatizzanti con
Hitler del regista Lars von Trier.
Record su Facebook
per la Torre di David
Il Museo della Torre di David ha
recentemente lanciato la più lunga
timeline su Facebook: 1099 anni di
storia. Si sarebbe voluto tornare indietro di 4000 anni, ma il social network attualmente non consente un cammino a ritroso
così lungo. La Timeline della Torre di David è
ricca di eventi testimoniati da fotografie, film,
disegni e illustrazioni che raccontano la storia
della Torre all’ingresso della Città Vecchia di
Gerusalemme che a sua volta racconta la storia della città.
4
Bollettino
SAVE
THE
DATE
30 OTTOBRE - 4 NOVEMBRE 2012
MISSIONE IN ISRAELE DEL KEREN HAYESOD
Non un semplice viaggio turistico, bensì un’occasione unica per conoscere Israele
visitando luoghi e scoprendo realtà a cui non avresti accesso altrimenti.
La Missione del Keren Hayesod è condivisione di paesaggi, progetti e personalità in un crescendo
di emozioni che ti lasciano il segno per la vita e il cui ricordo non sbiadirà al ritorno.
Cinque giorni indimenticabili da passare in gruppo con nuovi compagni. Affrettati a prenotare.
Klieger, l’annientatore delle zanzare
N
on vi siete mai chiesti perché in
Israele non ci siano zanzare?
La ragione è Israel Klieger,
uno scienziato che giocò un ruolo di
primo piano nella battaglia contro la
malaria in Palestina agli inizi degli
anni Venti del ‘900. Fu una vittoria
importante quella che egli riuscì a
ottenere debellando la malattia, riuscendo così a favorire lo sviluppo degli
insediamenti ebraici e, di conseguenza, la nascita dello Stato di Israele.
Nato in Romania nel 1888, Klieger
si trasferì a New York quando aveva
9 anni. Nel 1920, dopo un dottorato
in salute pubblica e ricerche sulla malaria in Sud America, rinunciò a una
promettente carriera negli Stati Uniti
scegliendo la Palestina, e mettendo così
a disposizione del progetto sionista le
sue conoscenze scientifiche. Lì trovò
un livello devastante di malaria, che
decimava gli abitanti e i
pionieri sionisti. Dato che
il chinino, allora sommi-
nistrato, non funzionava, Klieger ebbe
l’idea di concentrarsi sulle zanzare
stesse. Fondò il Malaria Research Institute e cominciò a bonificare le zone
paludose e a spruzzare di insetticida
tutte le aree ad alta concentrazione di
larve. Sviluppò, ad esempio, un metodo
per cambiare periodicamente la direzione del corso dell’acqua nei canali di
irrigazione, in modo da eliminare la
popolazione di zanzare al suo interno.
I risultati furono impressionanti e la
stessa Organizzazione mondiale della
Sanità (allora Lega delle Nazioni per la
Salute) ne riconobbe i meriti. Quando
Klieger morì, nel 1944, la malaria era
in rapido declino, e nel 1967 Israele ne
fu dichiarata completamente libera.
Oggi però Klieger e il suo importante
lavoro sono stati dimenticati. Per questo, alcuni avvocati stanno lottando per
riuscire a restituire a questo scienziato
il posto che merita nella
storia di Israele e nella
lotta contro la malaria.
Luglio/Agosto • 2012
POStI LIMItAtI!
chiama subito i nostri uffici per dare la tua adesione
e avere maggiori informazioni!
KEREN HAYESOD
milano. corso vercelli, 9 - tel. 02 48021691/027 - [email protected]
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PRISMA
un reportage dalla comunità ebraica di Atene
attualità / mondo
A sinistra: la stazione di Monastirion
ad Atene. Nella pagina accanto: padre
e figlio chiedono l’elemosina; un seggio
elettorale; l’Aron Hakodesh di legno
intagliato nella sinagoga sefardita.
(foto Laura Brazzo)
Grecia: vogliamo vivere.
Dateci il tempo di guarire
Dopo le elezioni, anche gli ebrei greci tirano un
sospiro di sollievo. Sembra scongiurata l’uscita
dall’euro. Ma la crisi è pesante, molti giovani
lasciano il Paese, spesso verso Israele. Chi resta
pensa al futuro e alla continuità dell’ebraismo
ellenico. Anche aprendo ai matrimoni misti
di Laura Brazzo, da Atene
I
l 17 giugno i cittadini greci
hanno finalmente eletto il
nuovo governo. L’incertezza, i dubbi, lo stato di attesa che si erano creati nelle
ultime settimane si sono sciolti in
poche ore: i greci hanno scelto per
la continuità con il passato, per l’euro e per l’austerity. Tutto inviariato
dunque: le persone, i programmi per
il futuro, la crisi. Niente di nuovo si
profila all’orizzonte politico greco ed
europeo. Il partito di centro-destra
Nea Democratia, che ha ottenuto
la maggioranza dei voti, formerà
il nuovo governo insieme ai social
democratici del Pasok e a quelli di
Sinistra Democratica. I neo-nazisti
di Alba dorata hanno più o meno
confermato l’exploit delle elezioni
del 6 maggio, ottenendo il 7% dei
voti e 18 seggi in parlamento.
Di fronte a questo esito, nient’affatto scontato, molti in Europa hanno
tirato un sospiro di sollievo e con
6
Bollettino
essi, seppur in modo molto diverso,
anche la piccola comunità ebraica
greca. Infatti, se la maggioranza dei
voti ottenuti da Nea Democrazia ha
lasciato un po’ l’amaro in bocca a
molti greci, specialmente i più giovani, ha fatto tirare il fiato a molti ebrei
ellenici. E vedremo perché.
Oggi in Grecia vivono circa 5000
ebrei, divisi per lo più fra Atene e
Salonicco e poi altre più piccole comunità come Ioannina, Rodi, Corfù, Volos, Larisa. Sono organizzati
in Comunità che a loro volta sono
rappresentate da un Comitato centrale delle Comunità ebraiche greche
(K.I.S. – Kentrikò Israelitikò Sumboulio, la nostra Ucei, per capirci).
Queste comunità sono tutto quel che
è rimasto di una presenza ebraica
fiorentissima che, fra la fine dell’800
e i primi del ‘900, contava 100.000
persone e che poi è stata quasi completamente spazzata via dalla Shoah.
Oggi la piccola comunità greca è
perfettamente integrata nel paese.
Ha due sinagoghe - una di rito sefardita e una di rito romaniota; un centro culturale, un museo, una scuola
ebraica e anche un Memoriale dedicato alle vittime della Shoah.
Ad Atene la sede della Comunità
ebraica, il Memoriale della Shoah
e le due sinagoghe - quella di Beit
Shalom di rito sefardita e quella di
Etz Haim, romaniota - si trovano
lungo una stradina assolata del centro, adiacente al grande museo del
Kerameikos. Il quartiere è quello del
Thiseio, a due passi dall’Acropoli.
Odòs Melidoni e le vie circostanti
non formano un quartiere ebraico,
che non esiste, ma molti degli ebrei
di Atene risiedono in questa zona.
Quando entro negli uffici della Comunità, ad attendermi trovo Rakela,
la segretaria del presidente Benjamin
Albalas, con cui ho appuntamento.
Mi offre subito un bicchiere d’acqua
e pasticcini alle mandorle, come ristoro per la camminata sotto il sole.
Rakela parla uno splendido italiano - che ha imparato in un paio di
anni di studio alla scuola ebraica di
Roma - ed è piacevole scambiare con
lei qualche impressione sulla città, i
greci, la crisi, le elezioni… nessuno
parla d’altro ad Atene in questi giorni. Mi racconta che in questi anni
molte cose sono cambiate, ad Atene
e in tutta la Grecia. Anche la gente è cambiata, dice, è diventata più
povera ma anche più dura. “Atene, i
greci, prima non erano così”, mi dice
Rakela. C’è un velo di amarezza nei
suoi occhi, mentre pronuncia queste
parole che più volte in questi giorni
ho sentito ripetere da molte persone,
le più diverse.
Camminando per la città, appena
girato l’angolo dell’Acropoli e dei
siti turistici, la tensione si tocca con
mano, la si legge sui volti delle persone che incroci, la cogli dal numero
di poliziotti che sfrecciano in moto
Luglio/Agosto • 2012
per le strade o che stazionano in
gruppo agli angoli delle vie. Balza
immediatamente agli occhi che ad
Atene esiste un problema di droga e
micro-criminalità molto forte; e che
alcune strade, anche del centro, da
una certa ora del giorno in poi, sono
off limits per tutti.
“Gli ebrei di Atene sono colpiti da
questa crisi come tutti i greci”, mi
dice il presidente della Comunità,
Benjamin Albalas. Quando lo incontro nel suo ufficio, mancano ancora
due giorni alle elezioni e tutti i discorsi alla fine cadono sul tema di cui
tutti i greci parlano in quei giorni, la
crisi economica, il futuro.
“Il tasso di disoccupazione in Grecia
è altissimo, siamo attorno al 22-23%;
gli stipendi e le pensioni sono calati
del 30-35%. Una attività su quattro
è stata costretta a chiudere perché
non ci sono più clienti, perché non ci
sono soldi per acquistare nuovi beni,
perché non si riescono più a pagare
gli affitti. A causa della disoccupazione non si riescono più a pagare le
bollette, ma nemmeno comprare le
medicine - e questo è un problema
particolarmente grave per chi soffre
di malattie croniche.
Le tasse sono altissime, colpiscono le
proprietà, le rendite provenienti dalle proprietà, e persino le donazioni.
Questa è la situazione in generale in
Grecia. Dal punto di vista specifico
della comunità ebraica, i problemi
che stiamo affrontando sono gli stessi”, mi spiega Albalas.
“Come Comunità paghiamo allo
Stato il 20% di tasse sulle entrate
provenienti dalle proprietà, oltre che
sulle proprietà stesse - che siano affittate o vuote non fa alcuna differenza. Ma nel frattempo abbiamo
perso il 30% delle entrate mensili
e sono aumentate le persone che ci
chiedono aiuto - per pagare le rette
scolastiche, ma anche per comprare
medicinali”.
Luglio/Agosto • 2012
Molti ebrei, specie i più giovani, sono abbiamo registrato episodi particolarimasti senza lavoro; molti hanno do- ri di antisemitismo. È vero, il partito
vuto chiudere negozi, attività… con neo-nazista Alba dorata ha ottenuto
tutte le conseguenze che si possono un successo inaspettato e il suo leimmaginare. “Le donazioni annuali, ader ha fatto dichiarazioni di tipo
che riceviamo specialmente in occa- negazionista. Ma questa alla fine è
sione di Kippur, sono calate del 60% retorica... Finora nessuna violenza è
e molte persone ci chiedono di non stata compiuta contro gli ebrei e le
pagare la retta alla comunità sebbe- loro proprietà. I neo-nazisti di Alba
ne sia molto bassa, 90 euro all’anno dorata oggi sfogano tutta la loro
per i giovani”.
violenza contro gli immigrati - afri“Come Comunità abbiamo degli cani, pakistani, indiani, maghrebini.
obblighi nei confronti dei nostri Come tutti i greci siamo preoccupati
iscritti che ci chiedono aiuto ed è e coinvolti da quanto sta accadendo,
nostro dovere cercare di fare il pos- dall’aumento della xenofobia e del
sibile per andare loro incontro, ma razzismo, ma, per ora, non percepiadiventa sempre più difficile. Per mo una speciale minaccia contro di
fortuna - continua Albalas - qual- noi, come ebrei. D’altra parte, anche
che aiuto ci viene dall’estero, dalle l’estrema sinistra non ci rassicura. Le
organizzazioni ebraiche Usa e israe- loro posizioni anti-israeliane rappreliane, il Joint, la Claims Conference, sentano, dal nostro punto di vista,
la Jewish Federation
un pericolo - seppur
of North America e Gli ebrei che
diverso da quello dei
la Jewish Agency for
neo-nazisti. Per quanIsrael, in Israele. An- chiedono aiuto
to riguarda invece i
che dall’Europa non alla Comunità
partiti di centro, per
mancano aiuti, che
molti anni sono stati
ci vengono soprat- aumentano ogni
vicini alla comunità
tutto dalla Comunità giorno. Molti
ebraica greca e oggi
del Lussemburgo”.
le cose sono diventate
Oggi la kehillà ate- hanno perso
ancora più semplici
niese è composta da lavoro e fiducia
grazie al miglioracirca 3000 persone, su
mento delle relazioni
5000 ebrei cittadini greci. La mag- fra Grecia e Israele. In un’area difgioranza è di origine safardita, ma ficile come questa, con la questione
soprattutto ad Atene c’è ancora un di Cipro sempre aperta, Israele può
buon numero di romanioti. Lo stes- essere un vero amico e una risorsa
so Albalas, è di origini romaniote, per tutti i greci”.
“ed è per questo, mi spiega, che non Della stessa opinione è anche il preparlo nessuna delle lingue ladine!”. sidente del Comitato delle comunità
(I romanioti sono gli ebrei più vicini ebraiche greche, David Saltiel: “I
al rito italiano ben romì. Il loro nome partiti greci, fatti salvi quelli delle
deriva da “seconda Roma”: sono di compagini estreme, hanno stabilito
lingua greca ma di rito italiano, né buone relazioni con Israele. C’è un
sefarditi, né ashkenaziti).
continuo scambio di rappresentanChiedo al presidente Albalas se in ze, diplomatiche ed economiche fra
Grecia esista antisemitismo e la sua Atene e Gerusalemme. E di questo
risposta è rassicurante. “Al momento, siamo veramente contenti. Dal punto
nonostante questa crisi di cui non di vista strettamente ebraico, l’aiuto
vediamo la fine in tempi rapidi, non che ci viene da Israele è enorme:
Bollettino
7
>
attualità / mondo
l’altra i s r ael e
Da sinistra: Benjamin
Albalas, rav Isaak Mizan,
David Saltiel; la sinagoga
romaniota di Atene
(foto Laura Brazzo)
> abbiamo ricevuto un sostegno finanziario pari a un milione di euro.
Oltre a questo tipo di sostegno, ci
aiutano per esempio con l’invio di
insegnanti per le scuole. Quest’estate abbiamo organizzato un campo
estivo di un mese con insegnanti
israeliani. Bambini ebrei da tutta la
Grecia avranno modo così di unire
all’attività ricreativa e sportiva anche lezioni di ebraico da insegnanti
madrelingua”. Per quanto riguarda
invece la situazione politica interna,
Saltiel si sofferma soprattutto sulla
sorpresa con cui gli ebrei hanno
accolto la notizia del successo del
partito neo-nazista. “Nessuno se lo
aspettava. Finora Alba dorata era
un partito che non andava oltre lo
0,2%. Secondo noi si è trattato di un
voto di protesta, contro gli accordi
che il partito di destra ‘storico’, Laos,
ha preso con i partiti di governo di
Nea Democratia e Pasok. Questo,
insieme all’insofferenza ormai fortissima della gente verso il problema
dell’immigrazione clandestina, sono
a nostro parere le ragioni dell’exploit
di Alba dorata. Non possiamo pensare altrimenti; non possiamo pensare
che da un momento all’altro i greci (o almeno una parte di essi) che
hanno combattuto contro il nazismo,
che hanno avuto così tante vittime
durante la guerra, siano diventati
improvvisamente nazisti loro stessi.
Noi comunque come Comitato delle
Comunità, abbiamo fatto una manifestazione per ottenere dal governo
una legge che escluda questo genere
di partiti in Parlamento. Per ora non
l’abbiamo ottenuta, ma appena sarà
formato il nuovo governo, torneremo a chiedere che per legge nessun
partito nazista possa avere seggi in
Parlamento, proprio come accade in
tutta Europa”.
Chiedo a David Saltiel cosa pensa a
proposito del tema di cui tutti parlano da settimane, ovvero l’uscita della
8
Bollettino
Grecia dalla zona dell’Euro. “La mia
opinione su questo è che è impensabile un’Europa senza Grecia. Abbiamo tanti problemi, forse abbiamo
commesso degli errori, e vogliamo
rimediare. Ma abbiamo bisogno di
tempo. Non si può cambiare all’improvviso la mentalità della gente,
un certo modo di vita. Le riforme
vanno fatte con gradualità. Quel
che è accaduto sinora, la repentinità dei cambiamenti introdotti ha
distrutto il Paese”. “Molti giovani”,
osserva Saltiel, “stanno lasciando la
Grecia. Vanno all’estero a studiare
e poi, data la situazione, stentano a
rientrare. Anche questo è un problema per il futuro del Paese. Come
si può pensare di ricostruire senza i
giovani? E questo discorso vale per la
Grecia come anche per la Comunità
ebraica. Per quanto ci riguarda, noi
stiamo facendo il possibile per aiutare i giovani, e in ogni caso per essi
Israele rimane una delle principali
mete di emigrazione ed Israele è lieto
di accoglierli, nelle università come
nel mondo del lavoro. Dal punto di
vista della sopravvivenza delle comunità in Grecia, abbiamo pensato che
l’adozione di misure non restrittive
nei confronti dei matrimoni misti e
dell’educazione dei figli di questi matrimoni potessero essere una soluzione. Non si può pensare di creare una
scuola con venti bambini! Siamo così
pochi da non avere scelta. Per noi
quel che è importante è che anche i
figli dei matrimoni misti possano ricevere un’educazione ebraica; quando vengono nelle nostre scuole sanno che riceveranno un’educazione
ebraica e il genitore non ebreo deve
accettare questa regola. Secondo
noi questa scelta è positiva, perché
alla fine l’importante è la continuità
dell’ebraismo e della cultura ebraica.
Cerchiamo di andare incontro anche ai figli di matrimonio misto con
madre non ebrea. In questo caso i
ragazzi, all’età di 13 anni, dopo aver
studiato nelle nostre scuole possono
decidere se convertirsi all’ebraismo”.
Su questo specifico tema abbiamo
voluto sentire anche l’opinione del
rabbino di Atene, rav Isaak Mizan.
“Se uno dei due coniugi non è ebreo,
celebrano un matrimonio civile. I
maschietti con mamma cristiana,
chiedono di fare la circoncisione.
Madre ebrea con padre non-ebreo,
la circoncisione è invece, paradossalmente, più rara. Perché in genere i
padri goyim si oppongono, ed essendo
i maschi più ‘forti’ nella coppia -e in
una società maschilista-, prevale la
scelta del padre. Non siamo super
ortodossi, cerchiamo di andare incontro alle persone. La comunità nel
suo complesso, composta da sefarditi e romanioti, è molto unita. Come
rabbino ortodosso, mi sento di dover
stare vicino a tutti quanti, sefarditi
e romanioti, osservanti e laici, senza
differenza. La nostra è una comunità
molto integrata. Anche i rapporti con
la chiesa ortodossa sono buoni, non
abbiamo problemi con loro. Proprio
la settimana scorsa mi è capitato di
celebrare una milà a cui ha partecipato un metropolita ortodosso molto vicino al Pope. È stato per molti aspetti un evento. I rappresentanti della
Chiesa ortodossa, per la loro legge,
non possono assistere al rito della circoncisione, che pure è una delle loro
festività (sul calendario ortodosso, il
1° gennaio è indicato come festa della
Circoncisione di Gesù). Il metropolita
si è messo la kippà, è stato accanto a
me e si è stupito della rapidità con cui
avviene la circoncisione. Ma non ha
voluto essere fotografato né ripreso.
La sua è stata una trasgressione alla
legge della Chiesa ortodossa, ma una
trasgressione che si è sentito di dover
fare. Abbiamo in comune numerose
cose, usanze e tradizioni, che nei secoli la chiesa ha voluto dimenticare
c
o negare”.
Luglio/Agosto • 2012
L
a maggior parte dei ragazzi
israeliani è consapevole che
al termine dei 12 anni di
studio regolari, a 18 anni, il
prossimo passo da compiere è quello
del servizio militare obbligatorio della durata di tre anni per gli uomini
e di due per le donne. Esiste però
la possibilità di rimandare l’arruolamento di un anno, lavorando in
una delle varie organizzazioni che si
occupano di volontariato civile a favore degli strati meno abbienti e più
problematici della società israeliana.
Nel gergo israeliano l’anno in questione viene definito “yud gimel”, il
“tredicesimo” visto che viene considerato in aggiunta ai dodici scolastici. Questo ulteriore anno non ha
valore ai fini del servizio militare,
che rimane comunque della stessa
durata, ed avendo un carattere di
volontariato non è retribuito, anzi
molte volte i partecipanti a questi
programmi devono lavorare parzialmente per autofinanziarsi.
Ma cosa spinge questi ragazzi a
prolungare di un anno una ferma
obbligatoria già così lunga di per
sé? E perché questo programma è
diventato così popolare, visto che
i posti disponibili si esauriscono in
breve tenpo?
Fra i motivi principali, penso ci sia
la voglia di poter fare -forse per la
prima volta- una scelta non obbligata; gli studi e il militare fanno parte
delle convenzioni sociali israeliane,
il volontariato invece viene vissuto
Dopo la scuola dell’obbligo, che in Israele prevede
12 anni di studio, e prima di entrare nella Tzavà, molti
giovani scelgono di dedicare un anno al volontariato
La benedizione del
tredicesimo anno
di Luciano Assin
come una scelta autonoma, uno strumento che rende possibile, seppure
in minima parte, esprimere la propria personalità e le proprie attitudini. Altri scelgono lo “yud gimel”
perché non si sentono ancora pronti
al passaggio dalla vita civile a quella militare e hanno bisogno ancora
di un po’ di tempo per maturare e
rafforzare, tramite quest’esperienza,
la propria autostima.
È interessante notare come la stragrande maggioranza dei volontari
provengano dagli insediamenti collettivi, kibbuzim o moshavim, o da
piccole comunità. Probabilmente il
fatto che, sin dalla più tenera età,
l’ambiente circostante abitui il singolo allo sforzo collettivo e all’aiuto
reciproco è determinante. La risposta alla domanda “perché lo fai?”
è di norma sempre la stessa: “per
aiutare i più deboli e i più disagiati,
per contribuire alla comunità”.
L’incontro fra questi ragazzi, abituati
a ricevere il meglio dalla vita, con
il lato più oscuro, e per loro sconosciuto, di Israele è molte volte scioccante; di punto in bianco bisogna
confrontarsi con una realtà dura e
complessa e soprattutto trasformarsi in un educatore, armato di una
buona dose di carisma e di molta
grinta, doti senza le quali è molto
più difficile riuscire.
Fra i progetti riconosciuti come
volontariato, i più frequenti sono:
movimenti giovanili, collegi, disabili,
laboratori artistici e teatrali, difesa
dell’ambiente e moltissimi altri. Tutti quelli che conosco, che abbiano
partecipato a quest’esperienza sono
concordi nel definirla “fondamentale
nel proprio percorso di vita”; come
in molte altre cose, più sono grandi
le responsabilità da affrontare, più
è grande la soddisfazione di esserci
riuscito.
Un percorso simile ma più mirato è
quello del “pre-militare”, una specie
di mini accademia nella quale oltre
ai “fondamentali militari” vengono
aggiunti anche dei valori ideologici
che cambiano da movimento a movimento. Questo particolare progetto
è molto in voga fra i giovani religiosi.
Come si può vedere, anche in una
società individualistica ed edonista
com’è talvolta quella israeliana, c’è
ancora molto spazio per chi ha voglia di offrire qualcosa di suo agli
altri. Prendendo a prestito una frase
di Kennedy, è proprio il caso di dire:
“Non chiederti cosa la società possa
fare per te, ma chiedi a te stesso cosa
c
tu puoi fare per la società”.
Giovani volontari
del Magen David Adom
comunità scomparse, nostalgie e ricordi
attualità / mondo
Pellegrinaggi della memoria:
a Edirne, un nipote cerca
le tracce dei propri avi.
Nell’antica Adrianopoli,
all’estremo nord della Turchia
europea, viveva un crogiolo
di genti diverse, tra cui 20
mila ebrei. Una comunità
gloriosa e prospera, che
vantava la terza sinagoga più
grande d’Europa. Un’identità
di confine di cui oggi non
resta più nulla
un po’ di storia
Edirne, da centro ebraico
a città fantasma
Nella pagina accanto, una veduta di Edirne. In alto: la Grande Sinagoga del
1907, oggi in via di ricostruzione, e l’antico quartiere ebraico.
“In quella casa di legno,
la felicità dei miei nonni”
di Mara Vigevani
L
a strada da Istanbul a
Edirne è sempre dritta,
tre ore di autostrada senza
incontrare quasi nessuno
se non i camion che arrivano dal confine con l’Europa. Una
cittadina piccola, semplice, che quasi
non ricorda di essere stata la famosa
Adrianopoli, capitale dell’Impero Ottomano. Con un’immensa moschea
nel centro, uno strabiliante complesso
che fu il primo centro medico moderno costruito nel 1400. Per il resto,
Edirne resta oggi una mite cittadina
di provincia.
La famiglia di Yakov, mio marito, ha
vissuto ad Edirne fino agli anni Settanta. Poi, come molti altri ebrei, si
sono trasferiti a Istanbul. Provenienti
dalla Spagna, forse, dopo una breve
sosta in Bulgaria, si erano sistemati
nella città al confine tra Oriente e
Occidente, Europa e Turchia. Proprio in mezzo, in equa distanza tra
l’europea Salonicco e Istanbul, la
porta d’Oriente. “Scusi, dove si trova il quartiere Kaleici?”, chiede Ya-
10
Bollettino
kov a un verduraio sulla strada “Sen
Yahudi misin?”, ovvero “Sei ebreo,
vero?” risponde il proprietario della
bancarella. Ci guardiamo senza capire come possa essere saltato così in
fretta a tale conclusione. “Come fai
a saperlo?”, chiede Yakov. “Solo gli
ebrei cercano Kaleici, per rivedere le
loro vecchie case. Oggi è un quartiere
povero dove nessuno mette piede”. In
effetti volevamo proprio cercare la
vecchia casa dei nonni, che avevamo
visto solo in fotografia.
“Ah! come si stava bene quando
c’erano gli ebrei”, continua il verduraio con un accento turco diverso
da quello di Istanbul e che fa ridere i
miei bambini. “Con gli ebrei si poteva commerciare, c’erano più soldi, la
vita era molto migliore; oggi Edirne
è una citta povera!”.
Avvicinandoci al vecchio quartiere
ebraico, ci rendiamo conto della verità delle parole dell’anziano bottegaio: il numero di carri trasportati
da cavalli o da asinelli inizia a essere
maggiore rispetto alle automobili;
le case sono per lo più decadenti se
non semidiroccate. La maggior parte
delle case degli ebrei erano costruite
in legno, ed ora sono completamente
distrutte. I ragazzini giocano a palla
sulla strada polverosa. Un quartiere
povero, ma ancora decoroso.
Edirne, al confine con Grecia e Bulgaria, è sempre stata una città laica,
influenzata dal continuo passaggio
di europei. Agli inizi del Novecento,
ad Edirne vivevano 55.000 turchi,
20.000 greci, 20.000 ebrei, 10.000
bulgari e 6.000 armeni. Nonostante
la radicalizzazione della Turchia degli ultimi anni, qui ancora si vedono
pochi religiosi.
Nessuno in famiglia ci sa spiegare
perché le case venivano costruite in
legno, ma il padre di Yakov si ricorda ancora che il pavimento della sua
stanza il legno si era rotto e poteva
vedere il piano sottostante. Cercando
di riconoscere tra le case quella che
apparteneva ai nonni di Yakov, vediamo all’improvviso una immensa
costruzione in restauro. Si tratta della
maggiore sinagoga (Buyuk Synagogue) di Edirne, di cui sono rimasti
solo i muri e l’imponente facciata.
All’entrata, un cartello spiega che la
Sinagoga è diventata patrimonio storico. “Quando sono iniziati i lavori?”,
chiediamo ad uno degli operai che sta
montando le impalcature. “Da poco
Luglio/Agosto • 2012
piu di un mese, ne avremo almeno soffitti verranno ridipinti con l’antica
per due anni”, risponde. Gli operai tecnica di Bagdad usata anche per i
sembrano essere sorpresi dal nostro soffitti originali.
interesse “Di dove siete?”, ci chiedo- Il governo ha iniziato il restauro anno. “Veniamo da Israele e i nostri che di alcune chiese della città e lo
nonni venivano a pregare in questa scopo è quello di promuovere Edirne
sinagoga”, risponde Yakov. “Uno come città di tolleranza, che abbracsplendido palazzo”, commenta il cia le tre religioni monoteiste.
capocantiere”. L’antica Sinagoga poteva ospitare più di 1200 ebrei. Fu co- un profumo di rose
struita nel 1907 per rimpiazzare le 13 Finalmente troviamo la vecchia casa
piccole sinagoghe che in quegli anni dei nonni, è ancora più o meno infurono incendiate. Tra le Sinagoghe tatta, ma nessuno ci abita. Nell’aria
esistenti all’inizio del Novecento, ce c’è un profumo di rose, penetrante
n’era una italiana e una siciliana, come accade solo in Oriente. La vicina di casa, una donna
oltre alla portoghese,
spagnola, olandese...
I vecchi turchi anziana, ci guarda incuriosita mentre scattiamo
Da quando la comunita ebraica è lentamen- li rimpiangono, qualche fotografia e,
come se ce l’avessimo
te scomparsa, all’inizio i nipoti ne
scritto in fronte, anche
degli anni Settanta, sia
lei ci chiede “yahud?”,
per motivi economici cercano le
sia demografici (in tracce. Gli ebrei “evet”, ossia sì, rispondiamo senza essere più
molti si sono trasferiti a
sorpresi come la prima
Istanbul o in comunità di Edirne sono
volta. “Sono il nipote di
più grandi (come New
scomparsi
Zizi e Yakup Kalvo”,
York o Israele), il palazzo è decaduto e nel 1997 la cupola dice Yakov, “li conoscevate?”. “No,
è collassata. La sinagoga di Edirne abitiamo qui da pochi anni, ma ricorè la terza più grande d’Europa e il do che una volta c’erano molti ebrei
governo spenderà 3,700 milioni di in questa zona”. La donna, di poche
lire turche (1.600 milioni di euro) parole, continua a pulire una cesta di
per il completo restauro. Verranno fagiolini “gli ebrei sono brava gente”,
usati mattoni speciali per mantenere borbotta. Ma qui, sono semplicemenc
l’atmosfera della antica sinagoga e i te scomparsi..
Luglio/Agosto • 2012
I primi ebrei si recarono ad Adrianapoli
(Edirne) prima della distruzione del
Secondo Tempio, ma notizie certe
della presenza ebraica si hanno
dall’epoca bizantina. Essi lavoravano
nel settore tessile, nella concia del
cuoio e nella produzione di vino.
Quando la città divenne capitale
dell’Impero Ottomano, nel 1361, gli
ebrei furono fra i numerosi immigranti
con cui gli Ottomani popolarono la
città, e sempre qui arrivarono molti dei
rifugiati dalla Spagna e dal Portogallo
dopo la cacciata del 1492, e anche
dall’Italia. Nel 1656 si contavano 15
congregazioni ebraiche (kehalim)
diverse, poi scese a 13, ognuna
con una sua sinagoga. Sempre qui
visse l’ultima parte della sua vita il
“falso messia” Shabbetai Zvi. Gli
ebrei svolsero un ruolo di primo
piano nell’economia della città,
commerciando con mercanti ebrei
e cristiani di altri Paesi. Ma fu anche
un centro culturale notevole: qui visse
Mordecai Comtino, e qui R. Yoseph
Caro scrisse il suo famoso commento
Beit Yosef. Nel 1873 c’erano 12.000
ebrei nella città, ma il numero crebbe
con l’arrivo di numerosi rifugiati dagli
stati balcanici. Tanto che il censimento
del 1906-7 ne conta 23.989, su una
popolazione totale di 55.000 unità. Nel
1907 fu costruita la Grande Sinagoga,
che andò a sostituire le 13 piccole che
in quegli anni erano state incendiate.
Dopo gli anni ’20 ci fu un declino,
dovuto al cambiamento di status della
città, da capitale a città di frontiera, e
in parte alle grandi emigrazioni. Oggi
la comunità ebraica di Edirne non
esiste più. Ne rimane solo la Grande
Sinagoga in fase di restauro.
(I. M.)
Bollettino
11
gli ebrei e la città
Enrico F i n z i
Il concetto di identità
diasporica. l’ebraismo
culturale (un fenomeno
tipicamente italiano,
dice lui). la lunga
love story tra milano e
gli ebrei. Parla enrico
finzi, uno dei più brillanti
sociologi italiani: della
tradizione antifascista
della sua famiglia e
del suo essere un ebreo
marginale, scomodo,
fuori dal coro
Enrico Finzi, uno dei più
brillanti sociologi italiani,
è nato a Ferrara nel 1946.
Finzi: sono un ebreo di periferia,
che ama la diaspora e la dialettica
S
i considera un ebreo minoritario, di periferia, un
ebreo di confine, dice lui,
“anche se noi ebrei siamo
plurimi per definizione.
Sono nato nel 1946, tipico figlio del
dopoguerra, cresciuto negli anni dopo
la Shoah e quindi un ebreo che non ha
potuto sottrarsi al proprio ebraismo”.
Dotato di uno spirito critico corrosivo
e di un’affabilità spigolosa, provocatore nato, Enrico Finzi è considerato da
anni tra i più brillanti sociologi italiani.
Una verve icastica e un’anima ebraica
profondamente razionale e illuminista, Finzi pensa a se stesso come a un
“ebreo tra le righe”, considerato scomodo da alcuni ma in verità perfettamente organico alla tradizione ebraica
novecentesca dell’ebreo dissonante e
fuori dal coro. «Mi sento fiero di appartenere a un mondo ebraico in cui
io possa sentirmi marginale. Non ho
pretese di leadership, non rappresento
nessuno. Che tipo di ebreo sono? Un
ebreo diverger, divergente, come dicono
gli americani, perfettamente inserito
12
Bollettino
di Fiona Diwan
nella tradizione di conflitto e divergenza dell’ebraismo. Eppure, quello
dell’appartenenza è un meccanismo
complesso. Da bambino, ricordo che
soffrivo del fatto di non essere iscritto
alla Comunità di Milano. Il motivo?
La mia famiglia era profondamente
antifascista, mia madre, Matilde Bassani (era cugina di Giorgio Bassani),
ricevette la medaglia d’oro del governo
inglese come partigiana e mio zio Limentani perse la cattedra di filosofia
per il suo antifascismo. All’epoca, a
Ferrara scoppiò una polemica feroce,
un gruppo di ebrei mussoliniani fondò la rivista La Nuova Bandiera, la qual
cosa indignò mia madre a tal punto
da decidere che non mi avrebbe più
iscritto a una Comunità così spudoratamente schierata col Fascio. Dopo
la Liberazione mia madre stessa si
cancellò dalla Comunità, sostenendo
che la Ferrara ebraica non meritava
la sua presenza (resterà iscritta solo
all’ADEI). Disgustata dalla compromissione col fascismo degli ebrei non
iscrisse neppure me, mandandomi a
una scuola pubblica. Ovviamente, per
antitesi, appena compiuti 21 anni, a
Milano, andai da rav Elia Kopciovski
e mi iscrissi alla Comunità ebraica.
In questo senso, sono stato un ebreo
che, alla sua maggiore età, ha scelto
di nuovo di diventare ebreo. E di esserlo profondamente ma a modo suo.
Come? Io sono l’espressione di una
forma tipicamente italiana di ebraismo
culturale, una tipologia peculiare che
rivendico come parte di un’identità
fortissima. Pago le tasse comunitarie
dal primo giorno utile, mi sono sempre
informato su tutto ciò che avviene in
Comunità, ho sempre votato alle elezioni, sono di sinistra.
Abitualmente vengo considerato un
pessimo ebreo (anche se in passato
ho fatto attività comunitaria e il vice
segretario FGEI), sono un sostenitore
del valore dell’ebreo diasporico ma
considero primaria la difesa dell’esistenza dello Stato d’Israele. Penso alla
Torà come a un testo storico e non
religioso, valuto i rabbini con spirito
illuministico, ovvero sulla base non di
Luglio/Agosto • 2012
“
una investitura ma di come si comportano e di ciò che dicono. Aiuto da
sempre il Keren Hayesod ma se devo
criticare il governo d’Israele lo faccio
senza timori”.
Ti senti una mosca bianca?
No, credo che vari tra noi vivano
l’ebraismo nel mio modo, soltanto che
non lo dicono! Ho sempre amato parlare di ebraismi al plurale, e se dovesse
prevalere un ebraismo al singolare non
so se ci sarebbe più posto per me. La
bellezza dell’ebraismo è che, sebbene
piccoli e perseguitati, noi ebrei abbiamo alle spalle un’esperienza unica di
unità nella pluralità. Pluralità che è
uno strumento essenziale per difendere
l’unità. Propendo per una teoria di tipo
dimensione comunitaria e collettiva,
individuo che non è mai una monade
ma che cammina in cordata; e poi il
rigetto dell’idolatria, che vuol dire la
purificazione valoriale, l’essenzializzazione, lo spirito critico. Da illuminista
trovo che è molto illuminista il modo
in cui gli ebrei sono stati nel mondo,
finora. Terzo valore: la polemicità tollerante. Ovvero riconoscere dignità e
rispetto a posizioni diverse dalle tue.
Il diritto allo scontro e al conflitto è
stato il nostro contributo allo spirito
liberale e alla democrazia. Il quarto
valore è l’importanza della spiritualità.
Io non sono religioso ma sento questa
tensione spirituale altissima che innerva il mondo ebraico e che in alcune
Israele non basta oggi a esaurire l’esperienza
ebraica: che resta plurale, ricca, diasporica „
agricolo: se tu coltivi la terra solo con
una semente la produttività di quel terreno si riduce. La grande rivoluzione
del capitalismo agricolo è stata la rotazione dei campi: grano, mais, maggese, trifoglio.... Molte sementi, molti
ebraismi, molta ricchezza e messi. Io
sono un piccolo ebreo “trifoglio”: che
conta poco ma è anch’esso utile, certo
poco profondo ma con una sua dignità.
Bisogna lasciar spazio anche agli ebrei
deboli, gli ebrei della banlieu.
Che cosa intendi per identità diasporica oggi?
Come sociologo-antropologo ritengo
che la Storia vada letta alla luce del
concetto di longue durée. Cosa dice la
lunga durata? Che la nostra è una storia diasporica. E penso che Israele
non basti a esaurire oggi l’esperienza
ebraica. Siamo il portato di 2000 anni
di diaspora, un valore positivo. Credo
nell’esistenza di una diaspora orgogliosa, consapevole di sé, interessata alla
dialettica del rapporto con Israele.
Che cos’è l’ebraismo culturale?
Sta in una serie di messaggi dal valore universale, che noi rappresentiamo -non in esclusiva, beninteso-.
Che valori? Ad esempio, il senso
dell’appartenenza dell’individuo alla
Luglio/Agosto • 2012
epoche storiche ha preso il nome di
messianesimo. Ma, in verità, è il mix
tra questi quattro valori culturali che è
straordinario, esplosivo e unico.
E poi l’alfabetismo, la cultura del libro,
come quinto valore. Siamo il popolo
del logos, della scrittura, della lettura,
del commento e dell’interpretazione
multipla. Non amiamo l’univocità.
Laddove il nesso tra spiritualità e
comportamenti è fondamentale, vedi
il valore delle mitzvot. Una coerenza
tra il mondo dello spirito e quello delle
azioni e del comportamento. Riconosco la straordinarietà -e capisco che
passa attraverso la religione- del fattore
mitzvot. Infine il valore dell’internazionalità, il cosmopolitismo. Internazionalità vuol dire trovare un’intesa
immediata gli uni con gli altri, capirsi
anche se si è vissuti lontanissimi... ed
è questa cosa che manda fuori di testa
tutti, i fascisti, i nazisti e gli antisemiti anche di sinistra. Inoltre, ritengo
che il pluralismo ci aiuti a difenderci
dall’adorazione acritica di noi stessi,
che è un pericolo che ogni tanto riaffiora, sotto forma di tentazione a
chiudersi. Per paura, si sta diffondendo la storiella che l’identità ebraica sia
unica e identica. Non è così. Siamo
parti diverse di uno stesso corpo. E
poi, non si può essere ebrei pacifici.
Io sono per gli ebrei che si battono,
orgogliosi, polemici, e nel mio piccolo
cerco di essere conflittualmente ebreo,
di portare un elemento di diversità e
favorire così il contesto in cui mi trovo.
Dobbiamo alimentare il fascino per
il diverso, ovunque e sempre. E sono
fiero di essere forse lo strumento più
periferico di questa orchestra, quello
meno importante (il triangolo).
Quale interazione tra Enrico Finzi ebreo e
una città come Milano?
Di solito non nascondo mai di essere
ebreo, anzi lo dichiaro subito perché ho
l’orgoglio della mia appartenenza. Io
credo che gli ebrei italiani abbiano dato
un contributo rilevante alla storia di
questa città e Paese, dal Risorgimento
in avanti. Ma ciò su cui mi soffermo è il
contributo di ricchezza e intelligenza in
termini di umanità. Penso alla schiera
di medici ebrei, penso alla nascita del
Politecnico di Milano. Contributo alle
scienze fisiche, chimiche, alla costruzione di una cultura scientifica in un paese
umanistico. Al di là dei Nobel, dei premi ufficiali, degli ebrei illustri, penso ai
piccoli medici di quartiere, ai Marcello
Cantoni, ai magistrati, agli avvocati,
alle arti liberali, esempi di generosità e
di moralità, un contributo silente che a
Milano è stato molto evidente. Più che
a Roma, dove la connotazione commerciale è sempre stata forte e dove
gli ebrei sono sempre stati più sovraesposti. Questa città oggi è profondamente degradata. Quasi imbarbarita.
Un tempo qui si era sviluppata una
tradizione di accoglienza e di inclusività, penso alla retorica della Madonnina, una Milano dal cuore grande che
accoglieva gli emigranti con la valigia
di cartone. Io credo che noi ebrei, per
la nostra storia, dobbiamo stare con
la metà della città che ha il cuore caldo perché abbiamo, anche noi, patito
l’esclusione, la discriminazione, l’odio.
Portatori di una tolleranza affettuosa e
simpatetica. Sembro un missionario?
No, resto un illuminista ebreo.
c
Bollettino
13
piccole comunità, tra passato e futuro
attualità / italia
A sinistra, l’area del porto dominata
dal Duomo dedicato al patrono della
città, San Ciriaco, secondo una
leggenda rabbino di Gerusalemme.
Nella pagina accanto: Bruno Coen
e Daniele Tagliacozzo; l’Aron del
Tempio piccolo e una stele nell’antico
cimitero del Cardeto, a picco sul mare
La città dorica dove il
santo patrono era ebreo
Una terra di confine, dove si passa dalle
asprezze dell’Appennino alle dolci colline che
accompagnano lo sguardo fino alla sabbia
fine dell’Adriatico. Le Marche hanno visto una
capillare presenza ebraica, testimoniata da decine
di cognomi d’origine. Oggi il capoluogo, Ancona,
conta 160 ebrei, e ha molte ansie per il futuro.
di Daniel Fishman
È
l’ebreo Dustin Hoffman
il testimonial della Regione Marche. Da due
anni con un inconfondibile accento americano
declama l’Infinito di Leopardi e invita
a visitare una delle più belle e meno
conosciute Regioni d’Italia. “Effettivamente - spiega Luciano Pompili,
presidente di Federalberghi Marche
- le ricerche ci dicono che siamo poco
‘profilati’ e non chiaramente percepiti. C’è la parte litoranea, l’entroterra,
luoghi storici, ma in percentuale poco
si sa di noi. Veniteci a scoprire”.
Anche nell’Italia ebraica si parla
poco delle Marche. Eppure, spiega
Maria Luisa Moscati Benigni, storica
dell’ebraismo marchigiano e autrice
di Marche - Itinerari ebraici (Marsilio
14
Bollettino
editore), “la nostra Regione è quella
che ha dato vita al maggior numero
di cognomi ebraici riferibili a località:
Ancona, Ascoli, Camerino, Cingoli,
Della Pergola, Fano, Mondolfo, Senigallia, Osimo, Pesaro, Urbino, e
molti altri, con tutte le loro varianti;
questo a testimonianza di una presenza diffusa sul territorio e storicamente ben datata”.
Allo stato attuale è possibile visitare
alcune sinagoghe (a Urbino e Senigallia ancora funzionanti, a Pesaro
monumento storico), ma solo ad Ancona è ancora presente una comunità
a tutti gli effetti.
La sua sede è situata nel pieno centro
storico, a conferma della “centralità” del nucleo ebraico nella struttura
cittadina. Ho appuntamento con Da-
niele Tagliacozzo, e nell’avvicinarmi
a Via Fanti, quando chiedo l’indicazione stradale a una ragazza, questa
mi dice, letteralmente “Lo vede quel
signore laggiù in piedi? È Daniele
Tagliacozzo, la Comunità è lì”.
“Sì, - si schermisce Daniele- qui ci si
conosce tutti. Sono poi capogruppo
dell’Idv ed ex Assessore al Turismo,
ma fosse anche solo per la Comunità
o per il fatto che lavoro in banca,
tutti mi conoscono e tutti saprebbero
indicarti dove è la nostra Comunità”.
Che in realtà, vista da fuori, non è
particolarmente evidente. Come in
altre città dello Stato Pontificio, gli
ebrei “stavano coperti”, e non ostentavano le loro sedi e sinagoghe.
Ed è proprio da questo periodo storico che viene il detto che “da Livorno e da Ancona non viene mai cosa
bona” perché era da queste due città
che partivano gli esattori fiscali.
Questa situazione pontificia pregressa contrasta con quanto avvenuto nel settembre 2011, quando
50 alti prelati e quattro cardinali si
sono presentati alla Sinagoga accolti
da rav Giuseppe Laras. Monsignor
Menichelli, vescovo della città, è da
sempre attento ai rapporti con la Comunità ebraica e non a caso in questa
città è molto vivace l’Associazione
di Amicizia Ebraico-Cristiana, la cui
attività risale già agli anni Settanta.
Del resto, la leggenda vuole che San
Ciriaco, santo patrono della città, fosse un rabbino nato a Gerusalemme,
nel IV secolo, con il nome di Giuda,
figlio di Simeone e Anna, nipote di
Zaccheo.
Un episodio del passato più recente
emerge invece nelle parole di Bruno Coen, il vispo presidente (85 anni
egregiamente portati), quando racconta che, all’arrivo di Napoleone,
questi volle fondere le campane del
Duomo e che la Comunità ebraica
pagò perché questo non avvenisse.
Ciò non toglie che gli ebrei anconetani fossero fondamentalmente a favore
Luglio/Agosto • 2012
il boicottaggio del porto
di chi veniva a portare loro la libertà extracomunitari che si vedono in
e l’emancipazione. Nei registri co- città, tanti dei quali risiedono presso
munitari sono infatti presenti diverse l’antico Ghetto.
persone con il nome di Napoleone.
La storia della Comunità, seconda
Visito la città in aprile, alla vigilia solo a Roma in termini di insediadel Seder, che come ogni anno ver- mento, lascia però intravedere un
rà svolto in maniera collettiva tra difficile futuro. Mentre Tagliacozzo,
gli iscritti. La segretaria, signora sempre pronto a rilanciare la ComuLanternari, è indaffaratissima per nità con iniziative di grande respiro,
la preparazione del Seder e per la fa la parte dell’ottimista, il Presidenvendita delle matzot. Trova il tempo te realisticamente prende nota della
per farmi vedere il mikvé, di farmi mancanza di giovani tra i 160 iscritti
notare che hanno circa 100 sefarim alla Comunità.
e una infinità di bellissimi parochet, La città e le Marche sembrano risene le due sinagoghe luminose e molto tire meno di altre regioni della crisi,
ben tenute.
ma sono praticamente scomparsi gli
Tagliacozzo, quando era Assessore ambulanti, un mestiere tradizionalsi è molto dato da fare per far cono- mente ebraico da queste parti.
scere il patrimonio
Al Seder hanno
ebraico della città. Dustin Hoffman
partecipato una
Ogni anno, circa cin- declama L’infinito
sessantina di persoquanta scolaresche
ne, guidate da Vitvengono in Comuni- di Leopardi per
torio Robiati Bentà, ma l’idea è quella presentare le Marche
daud di Milano, in
di avere un circuito
rappresentanza del
turistico ebraico che al mondo. Gli ebrei
Rabbino Capo della
sfrutti i tanti croce- qui hanno un passato
Comunità che è Rav
risti di passaggio ad glorioso, ma il presente Giuseppe Laras. VitAncona. C’è da vetorio ha momentadere il Campo degli è molto preoccupante neamente preso il
Ebrei, il più antico
posto del capoculcimitero ebraico in Europa, un luogo to Aron Nachamiel, un israeliano
suggestivo a strapiombo sul mare (e presente da qualche anno in città.
infatti sono state trovate anche delle Rav Giuseppe Laras, così come Rav
tombe scivolate in acqua). C’è poi da Toaff, qui cominciò la sua carriera
vedere la bella Piazza Malatesta, sede rabbinica e la sua presenza, seppur
ahimè di un eccidio di “marrani”, e non stabile, aiuta a mantenere il liovviamente le sinagoghe e il Teatro vello dell’offerta ebraica alla kehillah.
delle Muse, restaurato dalla Brigata Un giro in città permette di scoprire
che c’è anche una scuola di QabbaEbraica.
Il termine-concetto di “sabra” (il fico lah, gestita da non ebrei, che si riunid’india israeliano), con le sue qualità sce in particolare quando c’è la luna
di spinoso fuori e dolce dentro, gli an- nuova. Che l’Università è dedicata
conetani se lo attribuiscono dicendo all’ebreo Giorgio Fuà, e che la topodi sè che sono come la “crocetta”, nomastica comprende Via Orefici,
un mollusco di scorza dura e interno Via del Bagno e Via delle Azzimelle, a
squisito (ovviamente ci basiamo su testimonianza delle numerose tracce
pareri di estimatori non della tribù). ebraiche antiche.
Gli anconetani si definiscono diffi- Anche senza la pubblicità di Dustin,
denti verso tutto quanto viene “da ci sono dunque tanti buoni motivi per
c
fuori”, eppure non sono pochi gli fare un salto da queste parti.
Luglio/Agosto • 2012
Quando Gracia Mendes
mise in ginocchio la città
Nel 1555, il 14 luglio, il nuovo papa
Paolo IV Carafa, con l’editto “Cum nimis
absurdum” emana una lunga serie di infami
costrizioni contro gli ebrei ed istituisce
il ghetto a Roma: in quello stesso anno
in Ancona inizia lo strazio degli ebrei
portoghesi che il Papa, al contrario dei
suoi predecessori, considerava marrani.
Ne furono arrestati novanta e confiscati
i loro beni. Ancora una volta i conversos
non hanno altra alternativa che un nuovo
battesimo o il rogo. Ma nonostante i 16
mila ducati d’oro pagati, solo alcuni
riescono a fuggire, altri accettano il
battesimo, mentre 25 di loro, riconosciuti
colpevoli di apostasia dall’Inquisizione,
finiscono, tra l’aprile e il giugno del
1556, su una serie di roghi in Piazza
del Campo della Mostra. Anche se da
tempo ormai l’Inquisizione mandava ogni
anno centinaia di ebrei al rogo in Spagna,
tuttavia questa era la prima volta che
ciò accadeva nello Stato della Chiesa.
La notizia si diffuse rapidamente tra le
varie comunità dislocate lungo le coste
del Mediterraneo. In Turchia la potente
Doña Gracia Mendes e suo genero Josef
Nassì organizzarono immediatamente il
boicottaggio del porto di Ancona a favore
di quello di Pesaro. Questo fu il primo e
unico atto di ribellione aperta organizzato
contro il papato: Ancona, infatti, era il
porto di Roma aperto verso il Levante.
Tutti i ricchi traffici con l’Oriente furono
dirottati sul porto di Pesaro, che il Duca
Guidubaldo II fu ben lieto di ampliare e
migliorare visto l’utile che ne avrebbe
ricavato. Questo fu per la città di Pesaro
il periodo d’oro: navi cariche delle merci
più preziose attraccavano alle banchine
del suo porto, la città divenne il centro
di smistamento delle merci destinate alle
città dell’interno, gli affari prosperavano.
E fu il boom anche per gli ebrei portoghesi
artefici di tanta improvvisa fortuna,
rifugiatisi numerosi in città.
Maria Luisa Moscati Benigni
patrimonio: lungo il filo del tempo
cultura
Nella pagina accanto: Ziga Neumann ed Ezio
Giorgetti (Giv’at Shamuèl, 1964). A sinistra:
cerimonia di consegna a Giorgetti dell’attestato
di benemerenza (Roma, 1956); Bellaria, colonia
fascista; la targa che dedica una piazzetta a Ezio.
Immagini “Gariwo, la foresta dei Giusti - www.
gariwo.net”
L’odissea di 38 ebrei in fuga,
prima da Zagabria e poi dal
campo di Asolo. Il coraggio
di due italiani che saranno
nominati per primi “Giusti tra le
Nazioni” del nostro Paese: Ezio
Giorgetti e Osman Carugno.
Storie di piccoli eroismi quotidiani
compiuti in nome dell’amicizia e
a rischio della propria vita. Un
libro appena uscito ne racconta
l’appassionante vicenda
“Oggi in fuga, domani liberi.
Per voi, amici, farò di tutto”
di Sara Pirotta
“S
emplicemente vi dico,
per me siete le persone
più care che mai abbia
conosciuto; e ancora una
volta vi prometto che farò
per voi tutto che per altri non avrei
fatto e farei”. È una dichiarazione di
affetto intensa e sincera quella che Ezio
Giorgetti, albergatore di Bellaria, invia con gli auguri per il Capodanno
1944, all’amico ebreo di Zagabria,
Ziga Neumann, da tempo nascosto con
una trentina di compagni per sfuggire
alla deportazione. Una dichiarazione
non di sole parole, ma di fatti, che vedranno Giorgetti, con il sostegno del
maresciallo dei carabinieri Osman Carugno, salvare la vita a 38 ebrei evasi
dal campo di Asolo dopo l’armistizio
del settembre 1943.
Per oltre un anno, nei mesi più convulsi e duri della rappresaglia antisemita
tedesca e repubblichina, i due italiani
si daranno da fare, rischiando la vita
e quella delle proprie famiglie per
nascondere e salvare i profughi ebrei,
aiutandoli a raggiungere il Sud libe-
16
Bollettino
rato dagli Alleati. Un aiuto prezioso e
indispensabile, che ha valso a Giorgetti
e Carugno il titolo di “Giusto tra le
Nazioni”. Il giornalista Emilio Drudi
racconta questa incredibile storia nel
libro Un cammino lungo un anno, edito da
Giuntina (pp. 151, euro 15,00).
A fare da sfondo all’odissea del gruppo
di profughi, durata ben 377 giorni, ci
sono le vicende e gli episodi di violenza di un’Italia confusa, stordita dalla
guerra, ma capace anche di grandi
gesti di solidarietà.
Fra le righe del racconto, accanto alle
figure di Giorgetti e Carugno, Drudi
ricorda i nomi di numerose persone
che lungo il cammino hanno aiutato
Ziga Neumann e i suoi compagni con
medicine, cibo, riparo e amicizia.
Ma andiamo con ordine. È il 13 settembre del ‘43 quando il gruppo di
rifugiati, quasi tutti originari di Zagabria, arriva a Bellaria guidato dall’avvocato Neumann e dal genero Joseph
Konforti. Per una serie di coincidenze,
Ezio Giorgetti si offre di ospitare i profughi nel proprio albergo, rimandando
la chiusura della stagione estiva. All’albergatore bastano però pochi giorni
per rendersi conto che non si tratta dei
molti sfollati provenienti da tutta Italia
che in quei mesi affollano Bellaria. Il
permesso di viaggio regolare e l’appoggio di una facoltosa contessa della zona
non mettono a tacere i dubbi che agitano la sua mente. I cognomi poco ‘italiani’ e la parlata dall’accento straniero
spingono Giorgetti a chiedere chiarimenti. Neumann, messo alle strette,
decide di fidarsi. “Siamo quasi tutti
ebrei di Zagabria, fuggiti dal campo
di internamento di Asolo. Ora siamo
nelle tue mani”. Per Giorgetti i pericoli
sono tanti. La recente liberazione di
Mussolini è solo il preludio alla riorganizzazione del fascio repubblicano
e, come se non bastasse, sono tanti i
tedeschi in città. Non può, però, fare
a meno di pensare che nel gruppo ci
sono donne, anziani e bambini. E non
può nemmeno nascondere a se stesso
che fare altrimenti significherebbe abbandonare quelle persone a un triste
destino. Decide così di farli rimanere,
Luglio/Agosto • 2012
ma, da uomo pratico qual è, vede con
chiarezza di non poter contare solo
sulle proprie forze. Informa quindi la
moglie Libia e, senza perdere tempo,
parla della situazione all’amico Osman
Carugno, alla guida della stazione dei
carabinieri, che proprio in quei giorni
si sta organizzando per aiutare i militari italiani e i soldati alleati evasi dai
campi di concentramento a sfuggire
ai tedeschi.
La situazione, però, precipita in poche settimane: con gli Alleati bloccati a Sud di Napoli, il fronte nazista
schiera nella zona numerosi soldati di
fanteria, che occupano alberghi e case
proprio in città. Per il gruppo di ebrei,
rimanere a Bellaria è un rischio troppo
grosso. Grazie all’aiuto di un amico
segretario comunale, Giorgetti e Carugno riescono a procurare nuovi documenti in bianco per i clandestini, poi
completati con nomi e cognomi
italianizzati e timbro falso. Con
i tedeschi impegnati sulla costa
per le operazioni antisbarco,
Giorgetti intuisce che la soluzione migliore è muoversi verso
l’entroterra. A fine novembre,
l’intero gruppo si trasferisce in
un grande casolare disabitato
nella borgata di Capanni, nei pressi di
San Mauro. Il nascondiglio è sicuro e,
per non destare sospetti nei contadini
della zona, le famiglie ebree si camuffano, adottano usi cristiani, mescolandosi
fra la gente comune. Pochi mesi dopo
accade l’irreparabile: l’intera zona, con
la borgata di Capanni, è requisita dai
tedeschi, decisi a intensificare la difesa sulla linea Gotica. Con l’ordine di
sgombero incombente occorre trovare
subito un nuovo riparo. Carugno propone di tornare a Bellaria, ospiti di un
diverso albergo e sempre sotto copertura; Bellaria, infatti, brulica di fascisti
e tedeschi ed è d’obbligo non rivelare
a nessuno la vera identità dei rifugiati.
Già in primavera, però, la presenza
militare si fa sempre più pesante ed
Luglio/Agosto • 2012
è chiaro a tutti che serve un rifugio
alternativo. Dopo diversi spostamenti,
il gruppo trova riparo presso le famiglie di Pugliano Vecchio, un piccolo
villaggio con meno di cento abitanti.
In breve tempo, i nuovi arrivati entrano nella quotidianità dei residenti
e stringono legami. Ma l’attesa della
liberazione si protrae, con la minaccia incombente dei rastrellamenti, che
sfiorano più volte il piccolo abitato, e
delle esecuzioni sommarie dei tedeschi.
La ferocia delle violenze e la fuga dei
principali esponenti del fascio repubblicano lasciano però presagire l’imminente sfondamento alleato delle linee
nemiche. “La libertà - scrive Drudi per i trenta ebrei rifugiati a Pugliano
arriva sulle gambe di una pattuglia di
soldati inglesi e partigiani italiani”. È il
24 settembre 1944, oltre un anno dopo
l’arrivo a Bellaria, quando Neumann
può rivelare ai liberatori e alle
famiglie che li hanno ospitati
per così tanto tempo la loro
vera identità.
La strada verso Bari e l’immigrazione clandestina è ancora
lunga ma, prima di partire, c’è
tempo per un ultimo incontro
tra Joseph Konforti ed Ezio
Giorgetti. “Si abbracciano, parlano,
tornano ad abbracciarsi - racconta
Drudi -. […] Sono quasi due mesi che
Ezio non ha notizie dirette del gruppo:
ora sa che finalmente sono tutti in salvo”. L’impegno di Giorgetti e Carugno
viene riconosciuto, anni dopo, con il
titolo di “Giusto”.
“Quasi all’inizio del Giardino dei Giusti, a Gerusalemme - prosegue Drudi -,
dove gli alberi sono più alti e antichi,
c’è un grande carrubo dedicato a Ezio
Giorgetti, il primo in Italia ad avere
ricevuto questo onore, il 16 giugno
1964. […] Inoltrandosi nel parco, dove
gli alberi sono più giovani, si incontra
quello piantato, nell’aprile del 1985,
in memoria del maresciallo Osman
c
Carugno”.
la Giornata dei Giusti
Nissim: una vittoria di Gariwo
“Il Parlamento europeo appoggia l’invito rivolto da eminenti cittadini a istituire la Giornata
europea in memoria dei Giusti per commemorare, il 6 marzo, coloro che si sono opposti
con responsabilità individuale ai crimini contro
l’umanità e ai totalitarismi”.
Con questa dichiarazione scritta, il Parlamento Europeo ha approvato, lo scorso 10
maggio, l’istituzione della Giornata Europea
dei Giusti, dopo la richiesta presentata a gennaio dagli europarlamentari Gabriele Albertini,
Lena Kolarska-Bobinska, Niccolò Rinaldi e
David Maria Sassoli.
L’iniziativa per l’istituzione di questa Giornata europea era però partita dall’associazione
Gariwo – Il Giardino dei Giusti e dal suo presidente Gabriele Nissim che ora, dopo tre mesi
di intensa attività, è soddisfatto dell’obiettivo
finalmente raggiunto.
“Il nostro Paese- ha dichiarato Nissim -si è
reso protagonista di una pagina importante
nella storia europea”. “I deputati italiani, accogliendo l’appello di Gariwo hanno ottenuto
l’adesione della maggioranza degli eurodeputati, e d’ora in avanti il 6 marzo di ogni anno
sarà dedicato al ricordo di Moshe Bejsky, l’artefice del Giardino dei Giusti di Gerusalemme,
scomparso nel 2007”.
Grazie a questa iniziativa, osserva ancora Nissim, “il concetto di uomo ‘giusto’, nato nel memoriale di Yad Vashem per ricordare i salvatori
degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, diventa patrimonio dell’umanità intera.
È un risultato storico, perché è la prima volta
che i Paesi aderenti all’Unione europea sono
invitati a valorizzare la memoria del Bene e
a ricordare gli individui che hanno difeso la
dignità umana durante tutti i genocidi e i totalitarismi. Ogni Paese dell’Unione europea sarà
così invitato a ricordare quelle figure morali
che nel secolo scorso sono state protagoniste
di importanti azioni a salvaguardia della vita
degli altri e in difesa dei valori fondamentali
della democrazia nelle situazioni più difficili.”
Ciò che secondo Nissim è da sottolineare è
il valore educativo e morale insito nel ricordo dei Giusti. “Oggi più che mai, nella crisi
che l’Europa sta attraversando, è importante
ricordare quanti hanno rischiato la vita per
difendere chi veniva perseguitato per motivi
razziali, e quanti hanno lottato per il pluralismo
e la democrazia”.
patrimonio: lungo il filo del tempo
cultura
saggi/ alle radici della nostra identità
Vestivamo alla marinara:
am Israel & tricolore
P
arlare di ebrei italiani, al
giorno d’oggi sembra forse
qualcosa di un po’ superato, visto il mish-mash
di origini, culture e provenienze
che caratterizza le attuali comunità (pensiamo ad esempio a Milano
o a Roma). Eppure, nel corso dei
secoli il concetto di “ebreo italiano” ha dovuto affrontare numerose
trasformazioni e traversie, nelle costruzione di un’identità nazionale e
religiosa in cui dovevano convivere il
legame con l’Italia e l’attaccamento
alle tradizioni religiose ebraiche. Divisa fra rispetto dei precetti religiosi
e progressiva secolarizzazione, fra
tradizionalisti e modernisti, circondata da pregiudizi esterni e lacerata
da conflitti interni, la popolazione
ebraica ha affrontato situazioni e momenti storici di grande complessità
in cui ha mostrato più volte divisioni
profonde. La storia degli ebrei italiani, fra Ottocento e Novecento, sfila
tra cambiamenti avvenuti all’interno
18
Bollettino
di Roberto Zadik
delle varie comunità, valori ebraici e
rapporto fra educazione e ambiente
circostante. Inchiodati sul letto di
Procuste, sollecitati da opposte spinte,
in bilico tra appartenenza religiosa
e spirito patriottico, fra modernità
e attaccamento alla fede, gli ebrei
italiani hanno dovuto disegnare la
propria identità in modo duplice
e parallelo. Questo e molto altro
è l’argomento centrale del libro di
Carlotta Ferrara degli Uberti Fare gli
ebrei italiani (Il Mulino editore,
25 euro, pp. 256). Di cosa si
tratta? Non di una semplice
analisi dell’ebraismo italiano,
dall’Unità d’Italia al fascismo, ma di un saggio pieno
di spunti e sollecitazioni, che
fotografa in un ritratto puntuale la vita ebraica in tutti i
suoi aspetti, dalla famiglia, alle
circoncisioni, alla sessualità
,trattando tematiche anche delicate,
come lo sviluppo dei matrimoni misti e citando varie fonti storiche fra
cui testimonianze, racconti e scritti
risalenti all’Ottocento così come ai
primi del Novecento. Non limitandosi a tracciare la genesi e la storia
dell’ebraismo italiano, questo saggio
sa scavare nei meandri dell’identità,
dispiegandone particolarità uniche
e retaggi appartenenti solo alla tradizione italiana. Il tutto corredato
da una pluralità di fonti storiche e
letterarie. “Mentre l’Unità d’Italia
si stava compiendo”, scrive l’autrice
“l’unità degli ebrei italiani era ancora
lì da venire da un punto di vista istituzionale e normativo. Persistevano
enorm–i differenze sul piano locale
oltre che all’interno delle legislazioni
dei singoli Stati pre-unitari, e per
lungo tempo non esistette neanche
una forma di coordinamento fra le
diverse comunità”. Il testo affronta, fra le tante tematiche trattate, il
rapporto fra la società ebraica e le
correnti di pensiero che si stavano
diffondendo fra la fine dell’Ottocento
e l’inizio del Novecento, le connessioni fra l’identità religiosa dei singoli
e quanto stava accadendo attorno a
loro. Qual era il rapporto fra appartenenza religiosa e patria? Citando
il libro, “La cifra della condizione
sociale ed esistenziale dell’ebreo di
metà Ottocento è la conciliazione fra
la nuova condizione di cittadino e
l’appartenenza ebraica”. L’autrice cita
vari articoli presi da giornali, riviste
e quotidiani dell’epoca, come L’educatore o Il Vessillo. Dopo l’argomento
di Patria-italianità e del rapporto fra
questa e l’identità religiosa, il
volume approfondisce tanti
altri temi, fra cui quello della
famiglia. Come ha sottolineato la studiosa, “La famiglia
nell’ebraismo svolge un ruolo cruciale. All’interno del
nucleo famigliare, infatti,
si celebrano le festività più
importanti attraverso rituali
in cui tutti trovano il proprio
spazio e il proprio compito specifico
e ogni momento della vita domestica può essere riempito di significato
Luglio/Agosto • 2012
Un matrimonio ben riuscito: quello tra ebraismo
e italianità. Fino al Fascismo, gli ebrei vissero
la loro doppia identità in modo armonico e mai
conflittuale. Lo mostrano anche queste immagini di ebrei italiani tra Ottocento e Novecento.
Famiglia Coen-Moscati (Archivio Fotografico
Moscati - Urbino)
religioso”. Inoltre, “nell’ottica di una
storia segnata da rapporti difficili e
spesso violenti con la società maggioritaria, la famiglia diventa anche
il luogo in cui non si è diversi e non
occorre dare spiegazioni”. La studiosa si addentra all’interno di tematiche fondamentali per l’ebraismo,
come l’educazione e l’insegnamento,
mettendo in risalto problematiche di
primaria importanza come il ruolo
della donna e in particolare della
madre, citando la regola, che ha
creato molte discussioni in passato,
che sia quest’ultima a trasmettere
l’ebraismo al figlio. Oltre a questo
principio, l’autrice menziona anche
altri valori estremamente importanti
come “il rispetto delle norme della
kasherut e di quelle che regolano
la vita sessuale”. Citando un gran
numero di fonti, Carlotta Ferrara
degli Uberti affronta materie come
i matrimoni misti, il tradimento co-
Cuore di
mamma (ebrea)
La yiddische mame può
essere anche un papà
di Ilaria Myr
“N
on c’è bisogno di essere ebrea per essere
una madre ebrea. E
neanche di essere una
madre. Mio marito era una madre
ebrea. È un’espressione per dire
amante, devota, eroica, possessiva,
esigente, che si immischia di tutto,
focalizzata sul cibo e la sicurezza,
paranoica, angosciata, angosciante,
sempre preoccupata per i suoi figli”.
A dare una definizione così calzante
della madre ebrea è Minnie Marx,
madre dei celebri fratelli Marx, nel
Luglio/Agosto • 2012
niugale e la femminilità, analizzando
romanzi e scritti pubblicati nei primi
anni del ventesimo secolo come “I
Moncalvo”, di Enrico Castelnuovo
(1915), che racconta le vicende di una
famiglia divisa fra valori ebraici e
assimilazione, pervasa dal desiderio di essere accettata dalla società
circostante.
Molto interessante è anche un altro libro, Israele, di Ernesto Davide
Colonna. Storia di contraddizioni
e di sofferenza, che ha per protagonista una ragazza di nome Rachele.
Racconta l’autrice: “Proprio mentre
suo marito, Alberto Segre, riscopre
le gioie della fede e decide di darsi
allo studio della religione avita, la
giovane moglie cerca di cancellare i
segni dell’ebraicità della famiglia e si
mostra addirittura titubante quando
si tratta di far circoncidere il loro
primo figlio, che vuole chiamare
Fulvio per rispettare la moda e per
dissimulare l’appartenenza ebraica”.
L’autrice cita anche varie fonti dalla
Torà a Maimonide, che hanno visto
lo scontro ancora una volta acceso
fra religiosi e laici, come ben si nota,
ad esempio, nell’articolo sul brit milà
scritto da Salvatore Momigliano nel
1887, in cui il rabbino di Alessandria
lamentava la carenza di consapevolezza e di comprensione del rito religioso, poiché alcuni fanno eseguire
l’atto come una semplice operazione
chirurgica, pura formalità, “senza
circondarlo di quel carattere religioso che deve avere e che innalza
la sua importanza”. Questi e molti
altri argomenti sono oggetto di questa opera che, come recita il retro
della copertina del testo, costituisce
“un contributo originale e innovativo
non solo per la storia dell’ebraismo
italiano ma anche per quella delle
idee di nazione, cittadinanza e appartenenza”.
c
libro Les mères juives ne
meurent jamais, dell’autrice
francese Nathalie DavidWeil (editions Robert Laffont).
Protagoniste del libro
sono sette madri ebree
di uomini celebri: lo
scrittore Albert Cohen,
Marcel Proust, Sigmund
Freud, lo scrittore Romain Gary, Albert Einstein, Woody Allen e i fratelli Marx. Le si ritrova in
un immaginario paradiso,
tutte intente a raccontare il
proprio “cuore di mamma”
a un’altra giovane madre
ebrea (lei non illustre) “sbarcata” purtroppo qui per un
incidente. Sono forse loro
all’origine del talento e della
personalità dei loro illustri figli? Un testo a tratti davvero
esilarante - molto buffo è
sentire parlare di Freud
come di “Sigi”, o rivedere il cortometraggio di
Woody Allen che guida
la macchina contenente
il sarcofago della madre
che, già morta, lo rimprovera per come guida
-, a tratti però forse un
po’ prolisso, che ha senza dubbio il
merito di mettere in luce i lati buoni,
insieme a quelli un po’ meno
positivi, della madre ebrea.
Alla quale, come dice Louise
Cohen “si rimprovera sempre
qualcosa: se non ci siamo, è
un dramma.
Se ci siamo, allora siamo
troppo presenti. Ma nessuno capisce il grado di amore
che ci spinge a intervenire in
c
continuazione ”.
Bollettino
19
la voce della Torà
cultura / e braismo
Bereshit:
vivere è
un inizio
continuo
Il 20 maggio, in tutte le comunità italiane, si è tenuta
in contemporanea una giornata di studio sul tema
dell’ammonimento. Perché ogni ebreo non può
essere indifferente all’altro
Yom HaTorà,
un bilancio
Rav Laras: la Mistica
è il fondamento della
rinascita dell’ebreo
di Rav Roberto Della Rocca
R
av Giuseppe Laras con
questo suo nuovo libro
delinea con grande
competenza i fondamenti della Mistica
ebraica interpretandone le idee e le
tappe fondamentali.
Ci permette così l’accesso a una
conoscenza di autori, di opere, di
idee che riflettono il ricco mondo
della Kabalah dai suoi esordi fino
ai giorni nostri, mostrandoci i temi
fondamentali, teosofici, cosmogonici della Mistica, la sua aspirazione
all’assoluto e la sua ricerca di un
contatto autentico con il divino.
La Kabalah, pur elevandosi dal quadro materiale e temporale della storia, differentemente da altre forme
di mistica che aspirano a superare
il piano dell’azione e che rischiano
di perdersi nelle sfere contemplative
situandosi così al di fuori del mondo,
si identifica con la pratica religiosa
che assume un carattere sociale oltre
che individuale. In questo modo la
storia di Israele è la storia della Torà
rivelata da Dio ma elaborata continuamente da Israele che la trasmette di generazione in generazione, la
rinnova e si rinnova con essa. Un
tempo di creazione ininterrotta in
cui la monotonia della successione
e della ripetizione ciclica del tempo sembra non esistere. Il mistico
20
Bollettino
è pronto a rendere il tempo sempre
nuovo attraverso un incontro sempre
rinnovato con la Torà.
Il pensiero kabalistico direbbe che
la Creazione, la condizione umana
stessa, è un momento di frammentazione, la “rottura dei vasi” (shevirath ha-kelim), e rottura del perfetto
equilibrio universale.
La ri-costituzione di
quell’equilibrio originario,
la riparazione (tiqqùn) a cui
l’uomo deve mirare e per
cui deve impegnarsi su questa terra, la ricomposizione
dei frammenti, delle scintille
sparse e sperdute, è l’obiettivo ideale, un ritorno alla
condizione primordiale realizzabile alla fine del tempo
umano. A consentire il recupero e
la ricomposizione delle scintille è la
teshuvah, il “ritorno” dell’uomo a Dio
e di Dio all’uomo.
Studiare e vivere la Torà senza pause
e senza interruzioni, ricominciando
sempre da capo, come un compimento continuamente aggiornato.
Ricollegando, per mezzo di questo
circolo continuo e inesauribile della lettura e dello studio della Torà,
“Israel”, Israele, ultima parola della Torà, alla parola “Bereshìt”, in
principio, per ricordarci che il nostro
lavoro non è mai finito e che vivere
è un inizio continuo.
I Maestri di Israele, anche nelle
più tremende sofferenze come l’occupazione romana o nei campi di
sterminio, hanno sempre continuato
a studiare e a vivere la Torà nella
convinzione che questo è il modo
più autentico per imparare a non
nascondersi, a non coprirsi,
sottraendosi così alle proprie responsabilità, e per
essere pronti in ogni istante della nostra vita a dare
a Dio una risposta vera
quando ci chiede: “Dove
sei”?
La Torà è una religione nel
senso che vuole ri - legare,
cioè legare nuovamente,
Dio e Uomo, cielo e terra,
mediante una scala. C’è la scala di
Giacobbe, ma anche quella della
torre di Babele. Sì, anche questa è
una scala. Bisogna saper distinguere
in quale dimensione vogliamo salire:
parliamo di Torà o parliamo di Bibbia? Lo stesso testo, le stesse parole;
ma bisogna saper leggere tra gli spazi
bianchi e non solo lo scritto.
Con questo nuovo contributo rav
Giuseppe Laras aggiunge un’ulteriore opera meritoria al suo impegno di
Maestro e di intellettuale. Con l’augurio che possa continuarlo ancora
c
a lungo.
Luglio/Agosto • 2012
“L
a Torà va studiata ogni
giorno della vita, non è
una cosa facoltativa, una
cosa da un solo giorno. È
uno dei valori fondanti dell’ebraismo.
È un dovere, per ogni ebreo, fin dalla
più tenera età, fin dal momento che
si acquisisce la capacità di comprendere. Tuttavia l’Unione, così come
organizza il Giorno della Memoria
e la giornata della Cultura ebraica,
che sono eventi destinati soprattutto
ad un pubblico esterno alle Comunità, ha ritenuto di istituire un giorno
per studiare Torà tutti insieme, per
avvicinare a questa mitzvà coloro
che abitualmente non la seguono”.
Così spiega rav Roberto Della Rocca,
direttore del Dec-Ucei e promotore
della prima edizione di Yom HaTorà.
L’evento è stato dedicato a rav Elia
Samuele Artom z’l’, Maestro e punto
di riferimento di tanti rabbini che
operano oggi in Italia, scomparso
a metà degli anni Sessanta. I suoi
discepoli ricordano che lo studio
della Torà per lui era un impegno
costante, ne aveva fatto il perno della
propria vita. Ogni momento della
sua esistenza era dedicato allo studio
e all’insegnamento della Tradizione. In tutte le comunità italiane, in
contemporanea, è stato recitato il
Kaddish in suo onore.
“Questa giornata nasce dunque per
dare una sollecitazione ad ogni ebreo,
attraverso il confronto con i Maestri, con gli esperti della materia. E
si è scelto di dedicare le lezioni e i
Luglio/Agosto • 2012
di Ester Moscati
dibattiti al tema dell’ammonimento”.
Il convegno pomeridiano, in particolare, aveva un titolo assai esplicito
e forse anche difficile da digerire:
“Si ammoniscono i fratelli: il divieto ebraico di farsi gli affari propri.
Quale rapporto tra osservanti e non
osservanti nell’ambito dell’Halachà?”.
È un tema difficile da affrontare in
una società dove l’individualismo
e l’egoismo dilagano. Come ammonire qualcuno senza offenderlo,
ma facendo in modo che
recepisca l’ammonimento?
“Nell’ottica ebraica la capacità di ammonire, e quella
-speculare - di accogliere
l’ammonimento, sono valori
aggiunti”, spiega ancora rav
Della Rocca “Non si cresce
senza ammonimenti”.
“Una eff icace metafora
dell’ebraismo è quella della
barca. Tutti siedono l’uno
accanto all’altro sulla panca lungo lo
scafo. Ad un certo punto uno inizia a
fare un buco sotto il proprio sedile e
quando gli altri cercano di fermarlo
risponde ‘che vi importa, lo faccio
sotto il mio posto’. Naturalmente tutta
la barca affonda. La Torà dice ‘Non
odiare il tuo prossimo nel tuo cuore’.
Non dice solo di non odiare, ma di
non farlo ‘dentro di sé’. Se il nostro
prossimo, il nostro fratello, ci suscita
rabbia, rancore, dobbiamo dirglielo,
non tenercelo per noi”.
Naturalmente il motivo per cui si
ammonisce il prossimo è rilevante:
“non per ripicca o per tirare fuori
qualcosa di irrisolto, ma per amore e
solidarietà. Serve anche la psicologia,
avere molto tatto e sensibilità”. È
l’essenza della Comunità. A ciascuno
deve “importare” degli altri, di ciò
che fanno, di come si comportano.
“I Maestri rappresentano l’autorità
della Torà e la tradizione orale ha
la stessa dignità della Parola scritta.
Il Maestro è una autorità, anche se
oggi, con un Sinedrio mancante,
non c’è un’autorità centrale,
ma ogni Rabbino nella sua
comunità è un riferimento,
che peraltro si confronta con
gli altri Maestri della sua
generazione e delle generazioni passate. Il pluralismo
è comunque all’interno di
un sistema”. Quello su cui
l’ebraismo insiste molto è il
concetto di responsabilità.
Chi sceglie di non seguire le
regole deve assumersene le responsabilità e le conseguenze.
Che valutazione dare di questa giornata? “Mi aspettavo una partecipazione maggiore, soprattutto al convegno che ha visto la presenza di cinque
autorevoli rabbini e rappresentanti
delle Edòt di Milano. Ma ci sono stati
tanti giovani alla serata Rashi-sushi
in via Guastalla. Il bilancio è nel
complesso positivo. È stata la prima
occasione, bisognerà far meglio per
la prossima. Incrementando anche la
presenza femminile, fondamentale
per la trasmissione della Torà”. c
Bollettino
21
libri, cinema, eventi, mostre
cultura / mostr e
Venezia città capofila della XIII edizione
Unexpected
Ruggero
Una giornata da ridere
V
Commissione Expo,
antimafia, fotografia della
politica milanese: Gabbai ha
tre impegni e un obiettivo
O
di Daniele Liberanome
ttimo periodo per Ruggero Gabbai, che oltre a
tenere la Presidenza della Commissione Expo al
Comune di Milano, ha
pubblicato un libro sulla mafia e ha
ricevuto più di un apprezzamento
per le fotografie che ha esposto alla
fiera “Unexpected Milano”, la principale del genere a Milano. Tre attività apparentemente diverse, ma in
realtà strettamente collegate, come
scopriremo. Il libro “Io ricordo”, in
libreria da un mesetto, è la raccolta
integrale delle testimonianze rese dai
familiari delle vittime di mafia per
l’omonimo film uscito qualche anno
fa e prodotto dai fratelli Cohen di Indiana Production. “Quando ci siamo
trovati in sala di montaggio con tutto
il materiale filmato, abbiamo dovuto
tralasciare alcune frasi, mentre era
22
Bollettino
importante che rientrassero tutte, in
modo che le parole e le emozioni
raccolte possano entrare a far parte della memoria del lettori”, dice
Ruggero. Un libro che è quindi un
invito a non abbassare la guardia di
fronte alla piaga della mafia, perfino
in una fase come questa, in cui lo
Stato pare contrastare con efficacia
la criminalità organizzata siciliana.
Ma sul fronte della ‘ndrangheta e
della camorra c’è ancora moltissimo da fare, senza niente togliere agli
arresti eccellenti degli ultimi anni.
E poi, i tempi di crisi economica
che stiamo vivendo, possono essere
propizi per le mafie. Per Ruggero “il
crimine ha il suo welfare state. Offre
alternative di lavoro, protezioni, persino un reddito minimo assicurato
alle famiglie dei suoi eserciti locali.
È in grado di pagare tutto e tutti.
Non conosce ostacoli, né vincoli di
bilancio”. Sarebbe più che sbagliato
pensare che il problema riguardi solo
la Calabria o il Meridione: investe
direttamente anche Milano. “Un
grande problema ora è capire che
la mafia investe al nord, nella nostra
città”, fa presente Ruggero. “Il fenomeno è un problema nazionale: per
questo stiamo organizzando un convegno a Palazzo Marino con grandi
magistrati ed esperti dell’antimafia,
per fortificare l’asse di collaborazione tra le varie procure a livello
nazionale”. Ecco qua il legame fra
il libro e l’impegno politico di Ruggero, un legame che diventa ancor
più evidente, quando si parla dei rischi di infiltrazioni mafiose nei ricchi
appalti dell’Expo. “Da quando sono
stato eletto presidente della commissione Expo”, racconta Ruggero, “ci
siamo già riuniti ben tre volte con
la commissione antimafia presieduta da David Gentili. Operiamo per
controllare possibili infiltrazioni nel
ghiotto paniere dell’indotto economico che Expo porterà a Milano.
È nostro compito non abbassare
la guardia e rendere i bandi degli
appalti più trasparenti, ma che soprattutto rispettino tutti i protocolli
di legalità”.
Ma il Ruggero politico ha anche a
che fare con il Ruggero fotografo,
perché non pochi degli scatti esposti
a “Unexpected Milano” erano proprio relativi a sedute del Consiglio
Comunale o al lavoro del Sindaco
Giuliano Pisapia. “A volte le sedute
di Consiglio e di maggioranza sono
lunghe ed estenuanti. È stato un
modo per osservare, tramite l’obbiettivo della macchina fotografica,
un mondo per me ancora nuovo e
interessante, da un punto di vista
privilegiato. Posso cogliere l’aspetto più privato e meno istituzionale
del lavoro del sindaco, della giunta
e dei vari consiglieri”. Ecco quindi
ricomposto il puzzle del Ruggero
politico-scrittore-fotografo, che tante
soddisfazioni gli sta dando, in attesa
che abbiano successo i suoi sforzi per
la nascita di un museo della fotograc
fia a Milano.
Luglio/Agosto • 2012
enezia sarà la città capofila
della Giornata europea della cultura ebraica che, come
tutti gli anni, si svolge la prima domenica di settembre, quest’anno il
2. “Una data come sempre un po’
difficile”, commenta Annie Sacerdoti, responsabile in Europa per l’AEPJ
dell’evento. “Ma i 28 Paesi europei
che partecipano alla Giornata hanno
situazioni climatiche molto diverse;
da qui la difficoltà di accontentare
tutti”. Splendida sarà la scenografia
in cui si svolgerà l’apertura nazionale
della Giornata: il ghetto di Venezia
con i suoi campi, le sinagoghe, il museo, il numero crescente di anno in
anno di negozi e librerie, ristoranti
e bar che si susseguono uno dopo
l’altro lungo le stradine del ghetto
vecchio, si offrono al visitatore in
tutta la loro ricchezza. E in più c’è
una velata speranza degli organizzatori: che gli ospiti internazionali della
Mostra del cinema e della Biennale,
manifestazioni che si inaugurano più
o meno in contemporanea, facciano
una capatina in ghetto!
Quest’anno il tema sarà “L’umorismo ebraico”. Tra visite guidate a
sinagoghe e quartieri, mostre d’arte
e concerti, film e conferenze, bookcrossing ed enogastronomia, spettacoli teatrali ed eventi per grandi
e bambini, la manifestazione che
“apre le porte” dei luoghi ebraici torna questa volta con una declinazione
divertente e umoristica. Per parlare
di ebraismo e, anche, di una caratteristica che sembra essere piuttosto
spiccata nella cultura del “Popolo del
Libro”: quella di saper ridere e far
ridere, nei momenti positivi come in
quelli più bui. Infatti, oltre all’irresistibile carica creativa e umoristica,
cosa accomuna i fratelli Marx a Ben
Stiller, Woody Allen a Bob Hope,
Mel Brooks a molti autori dei comix
americani, se non il “background”
c
culturale ebraico?
Lettere con le ali e
fumetti per capire
alla spiegazione dell’origine e della
grafica di ogni lettera, con tanto di
indicazione del valore numerico, per
ognuna è pubblicata una storia ispirata alle sue diverse caratteristiche e
significati, una sorta di volo
dell’immaginazione molto
piacevole e godibile.
L
a forma della Ghimel ricorda
un cammello, con le gobbe e il
collo lungo. La Bet invece assomiglia a una casa, in cui si
possono immaginare i mobili
all’interno. E poi la He, che è
il respiro di un uomo che prega. Ma la più bella di tutte è
sicuramente la Shin, il cui disegno deriva da quello di due
denti vicini e belli appuntiti.
E così via, per tutte le lettere
dell’alfabeto ebraico, nel libro
Alfabeto ebraico. Storie per imparare a leggere la meraviglia del mondo
di Matteo Corradini e Grazia
Nidasio (Salani Editore). Un
testo bello da sfogliare, con disegni colorati e molto nitidi,
che offre ai giovani lettori una lettura nuova dell’alfabeto: oltre, infatti,
Luglio/Agosto • 2012
Molto diverso dal libro sull’alfabeto nella forma e nei contenuti, ma molto simile per il
fatto di insegnare in un modo
innovativo, è il fumetto Capire
Israele in 60 giorni (e anche meno)
di Sarah Glidden (Rizzoli Lizard). Le tavole raccontano la
storia di una ragazza, Sarah,
che parte molto prevenuta
con la sua amica Melissa per
un viaggio organizzato alla
scoperta di Israele. All’inizio
molto infastidita da tutto, Sarah
viene a stretto contatto con la vera
UNIONE COMUNITà EBRAICHE ITALIANE
Dipartimento Informazione e Relazioni Esterne
Con il contributo OTTO PER MILLE
GIORNATA EUROPEA DELLA CULTURA EBRAICA
CINEMA TEATRO CONCERTI CONfERENzE SPETTACOLI MOSTRE
DOMENICA 2 SETTEMBRE 2012
AllA scopertA del pAtrimonio storico e culturAle ebrAico
PORTE APERTE IN TUTTA ITALIA
www.jewisheritage.org
www.ucei.it/giornatadellacultura
‫יום התרבות היהודית באירופה‬
Alto Patronato
del Presidente della Repubblica
Patrocinio del Ministero
dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca
Patrocinio del Ministro
per le Politiche Europee
28 PAESI EUROPEI
| belgio | bosniA-erzegovinA |
| bulgAriA | croAziA |
| dAnimArcA | FrAnciA |
| germAniA |
| grAn bretAgnA | greciA |
| itAliA | lituAniA |
| lussemburgo |
| mAcedoniA | norvegiA |
| olAndA | poloniA |
| portogAllo | repubblicA cecA |
| romAniA | serbiA |
| slovAcchiA | sloveniA |
| spAgnA | sveziA | svizzerA |
| turchiA | ucrAinA | ungheriA |
Patrocinio del Ministero per
i Beni e le Attività Culturali
realtà israeliana, con le sue bellezze
e le sue contraddizioni: decisivi gli
incontri con i parenti di alcune vittime del conflitto israelo-palestinese,
che hanno perso qualcuno dei propri
cari o ucciso dai soldati israeliani o
in un attentato palestinese. E poi la
visita allo Yad Vashem e alla Città
vecchia: tutte esperienze che aiutano Sarah a capire cos’è davvero
l’Israele di oggi, quali sono le paure
che attanagliano entrambi i popoli
che vi abitano, e quali le sue affascinanti complessità. Un libro forse
un po’ buonista nell’intento - la ragazza pro-palestinese che poi capisce
davvero com’è Israele è forse un po’
scontato -, ma che può comunque
risultare piacevole, e forse
utile per lettori
prevenuti come
Sarah.
Ilaria Myr
B’nai B’rith
libri, cinema, teatro, mostre
cultura libri
Narrativa / Dai Sudeti al Kindertransport, nel vento della guerra
Storia di Pepik, bambino perduto
Nel romanzo della scrittrice canadese Alison Pick,
ispirato alla vera storia dei suoi nonni, si alternano
sensibilità poetica e la suspense di un vero giallo
di Ester Moscati
P
Alison Pick, Il bambino
del giovedì, Frassinelli
narrativa, pp. 320,
euro 19,00
epik Bauer è un bambino innamorato
dei treni, che vive con il papà, la splendida mamma e la governante Marta nel
territorio dei Sudeti, alla vigilia del 1938 e
della resa del mondo a Hitler. La famiglia
è completamente assimilata, guarda quasi
con derisione ai frum, gli ebrei ortodossi.
Il papà è un giovane industriale, fervente
nazionalista, che crede fermamente nella
lotta dei cechi contro le pretese tedesche
e non vede quanti invece, attorno a lui,
bramano l’annessione. Pepik è un dolce,
piccolo sognatore che il romanzo, in un
alternarsi di tempi e luoghi ci mostra come
un fragile esempio di umanità sospinta,
come una foglia, dal vento della storia.
La qualità letteraria del racconto riesce a
fare di quest’opera una rara mescolanza
Top ten DaVAR
I dieci libri più venduti in giugno alla
libreria Davar, via San Gimignano 10,
tel 02 48300051
1. Lucio della Seta, Debellare l’ansia e il panico, Mondadori, € 16,50
2. Naomi Ragen, L’amore proibito,
Newton Compton, € 9,90
3. Giuseppe Laras, La mistica
ebraica, Jaca book, € 13,00
4. Nadav Crivelli, I 72 nomi di D-o,
Psiche 2, € 32,00
5. Isaac B Singer, Perché fu scelta
la colomba, Mondadori, € 13,00
6. Meghillat Ruth, Morashà,€
15,00
7. Yoram Kaniuk, 1948, Giuntina,
€ 15,00
8. Per amore e per progetto,
Morashà, € 15,00
9. Jacquot Grunewald, Il fantasma
del ghetto, Giuntina, € 15,00
10. Steve Savedow, Il libro dell’angelo Raziel ha-Malakh, Psiche 2,
€ 28,00
di poesia e thriller: il lettore si appassiona,
spera, vuole sapere, intuisce e freme. La
salvezza del Kindertransport, l’ignoto,
lo smarrimento della lingua perduta, la
speranza e la disillusione sono ipotesi,
sensazioni, vivide immagini che la voce
narrante di Lisa, storica della seconda
guerra mondiale, usa come fili di seta per
costruire una rete di consapevolezza e
attesa, fino alla rivelazione finale.
Il bambino del giovedì è uno dei tre libri
selezionati per il Premio Letterario 2012
“Adelina Della Pergola” - Adei Wizo,
con Stazioni intermedie di Vladimir Vertlib (Giuntina) e Racconti intorno alla felicità ebraica di Anatolij Krym (Spirali).
È giunto secondo, ma è stato amato da
molte giurate.
Memoria / La gioventù in armi per l’Indipendenza
Da Berlino a
Gerusalemme, con il
mare in valigia
Un viaggio sull’onda del richiamo delle
radici e della nostra vocazione interiore:
è il nuovo spettacolo di Miriam Camerini
di Laura Brazzo
“C
on i l mare in
valigia”, quant’è
poetica quest’immagine!
Proviamo ora a immaginate un caffè letterario, di
quelli fumosi e accoglienti
che siamo abituati a vedere
nelle immagini della Berlino degli anni ’20. Ai tavoli ci sono scrittori, poeti,
pittori, musicisti: fra loro è
tutto un parlare, un discutere; le idee si affastellano
l’una all’altra per quante
sono e per quanto infiammano i loro animi. Ad un
certo punto le fiamme che
li circondano non sono più
solo quelle dell’ispirazione
artistica, ma quelle reali di
un incendio: il Reichstag
brucia, il fumo è nero e
divora la città – e anche la
libertà, lo si capisce subito.
La poesia forse si spegne,
ma forse anche può riaccendersi all’improvviso.
Da questo fumo reale e
ideale scaturisce la storia
che Miriam Camerini ci
racconta nel suo nuovo
spettacolo, Il mare in valigia, presentato in maggio
al Teatro della Memoria
di Milano.
Ispiratrice e protagonista
dello spettacolo è una donna, una poetessa ebrea di
Berlino, Else Lasker-Schüler. Una donna speciale che
nel freddo della Germania
scriveva e narrava di Jussuf Principe di Tebe, del
Medio Oriente, della Bibbia e della Gerusalemme
delle preghiere. E in quei
personaggi mitici, in quei
luoghi della memoria più
remota, Else viveva fino a
trasfigurarsi in essi.
Quando il fumo che si leva
da Bebelplatz comincia ad
alimentarsi anche della
carta delle sue poesie Else-Jussuf capisce che deve
partire, che è il momento
di raggiungere i luoghi che
fino allora aveva narrato
e cantato nelle sue poesie. Comincia così il suo
viaggio e ancora la sua
trasfigurazione. La valigia
Ebook / Immagini da un disastro che resta ancora inconcluso
Il Giappone e lo tsunami delle anime
Quel bravo ragazzo di Tel Aviv
U
n popolo stremato che vuole solo vivere; giovani, poco più
che bambini, che hanno già visto di tutto. Sopravvissuti
alla Shoah che imbracciano il fucile e muoiono per difendere il
loro Stato appena nato, che li ha accolti dopo i fortunosi viaggi
nel Mediterraneo pattugliato dagli inglesi. Chi vive solo per la
vendetta e chi ama e spera ancora. Sopra a tutto, la tragedia. “I
fatti sono semplici: dopo la risoluzione dell’ONU, gli arabi non ci volevano,
ci attaccarono, e noi abbiamo combattuto”. Così Yoram Kaniuk, uno dei più
lucidi, profondi e controversi scrittori d’Israele, a 80 anni pubblica 1948, il libro
della “verità semplice” sulla Guerra d’Indipendenza. La guerra inevitabile, che
ha segnato una generazione, è anche la guerra del rifiuto arabo e il peccato
originale che ha spaccato la terra con una ferita ancora oggi insanata. Kaniuk,
che ha fatto discutere lo scorso anno per essere riuscito a far togliere l’etichetta
di “ebreo” dalla carta d’identità, chiarisce: “Mi sento ebreo, profondamente,
ma lo Stato e la religione devono essere separati. Però non sono d’accordo con
lo Stato binazionale. C’è ancora troppo antisemitismo nel mondo”.
Yoram Kaniuk, 1948, Giuntina, pp. 180, euro 15,00
N
el primo anniversario dell’incidente alla centrale di Fukushima,
come è cambiata la vita dei giapponesi? Quali sono le speranze
e i timori di una nazione che si trova a mettere in discussione il suo
rapporto con la tecnologia? Paolo Salom racconta la sua esperienza
di inviato del Corriere della Sera nel Sol Levante, dopo lo tsunami. Il
formato e-book consente aggiornamenti, filmati, gallerie fotografiche.
Paolo Salom, Fukushima e lo tsunami delle anime, Quintadicopertina, euro 3,99
Ebook / Israele attaccherà? Sì, no, forse...
Storia preventiva di un blitz difensivo
“S
e in un condominio, il tuo vicino di casa ti dicesse ogni giorno
che vuole ucciderti, faresti qualcosa prima che questo succeda
davvero. Lo stesso vale per Iran e Israele. Il 2012 è l’anno decisivo: o
Teheran abbandona il suo programma nucleare o Israele attaccherà”.
È proprio del possibile “strike” israeliano contro le installazioni militari iraniane che parla Countdown, il nuovo libro (in e-book) di Giulio
Meotti de Il Foglio, che spiega quando potrebbe avvenire e come.
Giulio Meotti, Countdown, il Foglio quotidiano, pp. , euro 2,50
Luglio/Agosto • 2012
Luglio/Agosto • 2012
quasi vuota con cui parte
da Berlino si riempie solo
alla fine con le conchiglie
che raccoglie appena sbarca sulla spiaggia di Giaffa.
Ed ecco che il mare entra
miracolosamente in valigia
e un altro, nuovo viaggio
sta per cominciare.
Negli spettacoli di Miriam
Camerini la dimensione
onirica e poetica, così
come i viaggi, i salti avanti
e indietro lungo la linea
del tempo e dello spazio,
sembrano ormai un cifra
stilistica.
Il mare in valigia, di Miriam
C a m e r i n i; c o n M i r i a m
Camerini e Valeria Perdonò,
con la collaborazione di Luca
Piva.
Top Ten Claudiana
I dieci libri più venduti in giugno alla
libreria Claudiana, via Francesco Sforza
12/a, tel. 02 76021518
1. M. Corradini e G. Nidasio, L’alfabeto ebraico, Salani, € 18,90
2. George Steiner, Il libro dei libri,
Vita e Pensiero, € 12,00
3. Giuseppe Laras, La mistica
ebraica, Jaca Book, € 13,00
4. Mark Podwal, Bestiario ebraico,
Giuntina, € 9,90
5. Marek Edelman, Il ghetto di Varsavia lotta, Giuntina, € 12,00
6. Michael Laitman, La Kabbalah in
tempi di crisi, Urra, € 14,00
7. Donatella Di Cesare, La giustizia
deve essere di questo mondo,
Fazi, € 15,50
8. Anna Vera Sullam, Undici stelle
risplendenti, Mondadori, € 18,00
9. Johanna Adorjàn, Un amore
assoluto, Cairo, € 15,00
10. R. Fontana, Informe mi hanno
visto i tuoi occhi, Effata, € 12,50
il nuovo consiglio: tutti gli eletti
comunità / Elezioni
È stato il
catalizzatore della
lista welcomunity,
che ha vinto anche
grazie alla sua
popolarità. assetti,
visioni, alleanze del
dopo elezioni. parla
il neo presidente
walker meghnagi
Meghnagi: basta divisioni,
governare uniti si può
di Fiona Diwan
T
ra tutti i candidati il più
votato è stato lui, con 900
schede a favore su un totale di 1748 votanti, praticamente più della metà. Quasi
lo stesso punteggio delle precedenti
elezioni, con 853 voti. Classe 1950,
nato a Tripoli e arrivato in Italia nel
1965 (“scappavamo, io avevo 14 anni;
poi ho fatto la maturità alla Scuola
Ebraica e un paio d’anni alla Facoltà di Legge a Milano), oggi Walker
Alfonso Meghnagi, all’indomani
delle elezioni, esibisce una sobria
soddisfazione e cerca di mantenere
nei toni e nei modi un pacato senso
della misura, malgrado sia proprio
lui, in parte, l’artefice della vittoria
della lista Welcomunity. Un passato
negli enti ebraici (è stato presidente
del Keren Hayesod), tre figli che hanno frequentato la scuola di via Sally
Mayer, una vita spesa nel business
dell’abbigliamento (dal negozio del
padre alla partnership con Benetton
per Milano e provincia, dalle quote
di Mango e Furla, alla produzione
delle camicie Agesa), oggi Meghnagi
è attivo nel mercato immobiliare e da
qualche settimana non fa più parte
26
Bollettino
del Consiglio di Amministrazione di
Fincantieri, recentemente rinnovato. Fin dal loro arrivo in Italia, la
famiglia Meghnagi e in particolare
il patriarca Isacco, hanno sostenuto
l’Oratorio Sefardita del Tempio di
via Guastalla, un rito orientale che
riecheggiava il minhag delle sinagoghe
di Tripoli: “la mia è sempre stata una
famiglia che ci teneva, tradizionalista
ma non bigotta, tollerante e rispettosa
delle feste e dello shabbat”, aggiunge
Walker.
Sugli assetti del prossimo Consiglio e
sulla linea della futura Giunta, ecco
l’intervista a Walker Meghnagi.
Governo di unità, giunta mista: l’hai promesso nel programma elettorale. Sarà così?
Sì. E abbiamo iniziato a discuterne
con il gruppo di Ken fin da subito.
Tra noi ci sono molti punti in comune,
c’è terreno d’intesa e non vedo nulla
che osti a un accordo. Tanto più che
nelle due liste vincitrici non ci sono
più quei 7-8 membri che facevano
parte del vecchio Consiglio, portatori di rigidità e idee precostituite. La
mia proposta quindi è un governo
di larghe intese. Voglio sedermi con
tutti gli eletti senza portare da subi-
to -e dall’alto- decisioni già “cotte e
mangiate”, non voglio arrivare con
la torta già fatta e messa lì sul tavolo.
La torta la si impasta insieme e tutti
sappiamo che per essere buona e bella una torta avere molti ingredienti,
ben amalgamati tra loro. Al primo
posto ci sarà da ridiscutere la questione delle cartelle esattoriali e dei
tributi. E mi prendo personalmente
la responsabilità dell’Assessorato ai
tributi (o comunque di affiancarlo).
Mi sono candidato per cercare l’unità
e ribadisco agli elettori e agli eletti la
mia volontà di abbandonare qualsiasi
tipo di antagonismo e di vecchie ruggini. E chiedo a tutti di fare altrettanto:
di dimenticare le contrapposizioni.
Dobbiamo dimostrare a noi stessi di
poter governare insieme questa Comunità, consapevoli che nessuno è
migliore degli altri, nemmeno noi che
abbiamo vinto. Non dimentichiamo
che il Bet HaMiqdash, il Tempio di
Gerusalemme fu distrutto a causa
della discordia, delle lotte intestine
e della mancanza di unità tra gli ebrei.
La vostra lista è compatta su tutto il programma?
Assolutamente sì. E io sono ottimista:
entrambe le liste vincitrici hanno al
loro interno persone molto giovani,
gente che ha voglia di fare e lavorare
e che non ha posizioni ideologiche
precostituite. Cosa questa che mi
trasmette grande positività.
Sul tema del Rabbinato, Welcomunity e
Ken non sembrano molto vicine…
La prima cosa su cui lavoreremo è
una maggiore collaborazione tra Consiglio e Rabbinato cercando inoltre
di mettere a punto una strategia di
maggior coinvolgimento delle varie
anime della nostra Comunità. Penso
Luglio/Agosto • 2012
alla galassia persiana, a quella libanese, alla galassia Chabad… Abbiamo
rabbini validissimi le cui qualità vanno
sfruttate… Queste galassie devono
diventare parte integrante della vita
comunitaria, ciascuno con le sue differenze, ovvio, ma con un grado di
interazione di molto superiore a oggi.
Dobbiamo fare della varietà una forza, una ricchezza. Come insegna la
nostra storia.
Pensi di aumentare il numero di Assessorati?
Sì, ci stiamo pensando. Farli diventare 12 in tutto, come era un tempo,
e non più i soli sette che sono oggi.
Scorporando quello al Bilancio da
quello ai Tributi e creandone un terzo
per il Personale, ad esempio. Vorrei
riconfermare Claudio Gabbai al Welfare e alla Casa di riposo, magari
dividendo le due voci e nominando
un vice-assessore, in modo tale che
venga dedicata maggiore attenzione
a ciascuna delle realtà dei Servizi Sociali. Ci piacerebbe inoltre istituire
un Assessore al dialogo con gli iscritti
per focalizzare tutta l’attenzione possibile sul recupero dei lontani o di
quei genitori che hanno tolto i loro
figli da scuola. Non ci sarà nessun
Portavoce, piuttosto un nuovo Assessorato ai Rapporti Istituzionali. Alla
cultura penserei a Daniele Cohen: su
questo tema, la precedente gestione ha
lavorato bene. Inoltre, mi impegno a
dedicare una mattina alla settimana
al dialogo con gli iscritti.
La Scuola: che cosa pensate di fare?
Poche parole: l’Ucei deve darci più
soldi, deve aiutare le Comunità ebraicamente attive. È inammissibile che
la seconda Comunità d’Italia riceva
solo 600 mila euro dei 4 milioni e
500 mila scaturiti dal gettito dell’otto
per mille. La Comunità di Milano,
con la crisi, soffre molto ed è economicamente molto cambiata rispetto
alla prosperità di soli pochi anni fa.
Io mi batterò per trovare finanziamenti pubblici ma contestualmente
chiederò aiuto all’Ucei per arrivare a
risolvere velocemente il grande pro-
Luglio/Agosto • 2012
blema del liceo della Scuola ebraica,
di rilanciarlo insieme a noi, dando a
tutti la possibilità di iscrivere i propri
figli grazie a rette più basse. Penso
anche a una campagna di immagine
per conquistare più alunni e attirare
donatori (penso a offerte mirate, per
la scuola o parti di essa). Se sono favorevole alla nomina di un direttore
amministrativo che affianchi quello
didattico? Certamente: penso sia ormai una figura indispensabile, anche
per sollevare i presidi da incombenze
che finiscono per snaturarne il ruolo.
Chiederete quindi che l’Ucei valorizzi di
più Milano?
Sì. Milano riveste un ruolo importante
nel panorama nazionale, è una specie di hub, di centro di smistamento
dell’offerta culturale, religiosa e formativa per il Nord Italia , un’offerta
ormai di alto livello. L’Ucei dovrebbe
valorizzare maggiormente le opportunità fornite da Milano che da un punto
di vista ebraico si presta a diventare
punto di riferimento del settentrione
(inoltre qui ci sono tutte le istituzioni
ebraiche, l’Adei, il Keren Kayemet, il
Keren Hayesod, il consolato israeliano…). Anche il legame tra Israele e la
diaspora milanese ha qui un centro
nevralgico. Le relazioni tra il Consiglio
e Israele resteranno salde e continue,
non sporadiche. Personalmente, ho
sempre considerato l’Italia come una
madre e Israele come padre.
Dopo un precedente Consiglio così litigioso,
pensi di riuscire a mettere d’accordo tutti?
Io voglio governare senza astio, condividendo se non tutto, quasi tutto.
Mia moglie Rachel mi dice che ho
la mentalità Keren Hayesod: ovvero
quel modo di procedere per il quale
tutto si deve discutere PRIMA di arrivare in Consiglio e mai tirar fuori le
cose DURANTE, mai arrivare allo
scontro. O ci si mette d’accordo per
tempo o niente. Basta con le guerre,
con le divisioni, con gli arroccamenti: governare insieme e uniti si può.
Penso non ci sia altra alternativa per
la salvezza della nostra Comunità. c
Le donne elette
Vanessa Alazraki
“Ho vissuto molto bene questa esperienza elettorale, perché mi sono
proposta senza alcuna pretesa: se
avessi avuto un riscontro, potevo
andare avanti nelle mie intenzioni,
altrimenti sarei tornata a fare la mia
vita di mamma. Sono motivata a dare
una mano alla Comunità e a capirne
i problemi, e non penso che avere
i figli a scuola sia una conditio sine
qua non per poterlo fare. Sono una
persona che ama questa Comunità,
che ci vive, e che frequenta le sue
diverse attività. E nella lista con cui
mi sono candidata ho visto lo stesso
amore e la stessa voglia di fare che
mi animano. Nel Consiglio mi rendo
disponibile a collaborare sui diversi
fronti, per trovare le vie migliori da
percorrere. E con l’altra donna eletta,
Claudia Terracina, non penso che ci
faremo certo mettere i piedi in testa!”.
Claudia Terracina
“È stata una campagna elettorale
molto breve e un po’ sottotono, caratterizzata da una scarsa partecipazione degli elettori, confermata
poi dall’elevato livello di astensione.
Durante le uniche due occasioni di
confronto l’assemblea del 22 maggio
e la riunione della Fondazione scuola
del 5 giugno il clima è stato relativamente tranquillo senza scontri o
contrapposizioni eccessive; del resto
non tutte le posizioni delle liste sono
sempre emerse con la dovuta chiarezza, anche per la scelta da parte di
Welcomunity di porsi come elemento
riunificatore delle tensioni comunitarie.
Dal punto di vista personale è stata
una bellissima esperienza di collaborazione e condivisione con i miei
compagni di lista che ci ha permesso
di consolidare l’esperienza di Ken nella
nuova squadra e di portare a casa
un buon risultato elettorale. Molto
importante anche la collaborazione
con la lista Milano per l’Unione -peccato che i “volti’ nuovi” non siano stati
eletti - con tutti i validissimi spunti di
discussione sviluppati anche sui nostri
gruppi Facebook che continueremo
sicuramente ad approfondire insieme.
Bollettino
27
il nuovo consiglio: tutti gli eletti
comunità / Elezioni
Le due liste
vincitrici
Finisce 10 a 9 la
lotta per i seggi tra
Meghnagi e Ken 2.0
È
stato chiaro fin dalle prime
ore dello spoglio delle schede:
la lista di Walker Meghnagi,
Welcomunity è riuscita a coalizzare
i voti mentre, tra le altre, gli elettori
hanno espresso scelte più articolate.
Ken 2.0 è però riuscita a portare nel
Consiglio della Comunità di Milano
9 dei suoi candidati su 10, mentre
Com.unità di Roberto Liscia esce
sconfitta. Anche i candidati singoli
non sono riusciti a passare, cosa sempre molto difficile, del resto.
Dei 19 consiglieri eletti, i primi 10
sono quasi tutti di Welcomunity.
Segno che il voto di lista ha premiato anche i debuttanti, a dispetto
dell’esperienza e della “anzianità di
servizio” di alcuni candidati di Ken
2.0 che si sono visti così scavalcare
dall’onda gonfiata dal carisma di
Walker Meghnagi.
Altro dato significativo: tra i diciannove eletti e il primo dei non eletti,
lo scarto non è di una manciata di
voti, ma di centinaia. Centinaia.
Questo vuol dire che la comunità
si è divisa tra “laici” e “religiosi”, o
forse ha voluto scegliere una bandiera
di parte, fortemente connotata, tra
chi ha gestito la Comunità con il
rigore dell’Esatri e chi ha promesso,
in campagna elettorale, di non farlo;
insomma si è polarizzata. Escludendo
di fatto il contributo degli altri, dei
moderati.
Ecco dunque tutti gli eletti al Consiglio della Comunità di Milano, in
ordine di voti ricevuti:
1 Meghnagi Walker Alfonso 900
2 Schwarz Daniele 708
3 Osimo Guido 703
4 Menda Joseph 673
5 Galante Abramo (Rami) 665
6 Gorjian Ruben 665
7 Mortara Simone 648
8 Gabbai Claudio 634
9 Nahum Daniele 627
10 Cohen Daniele 617
11 Turiel Raffaele 586
12 Besso Raffaele 575
13 Jesurum Stefano 568
14 Alazraki Vanessa 566
15 Nassimiha David 541
16 Lazarov Gad 494
17 Kaboli Afshin 483
18 Terracina Claudia 464
19 Hazan Davide 435
Tutti i voti, lista per lista:
LISTA N° 1 AM – IM
Fellus Gabrielle 238
Schonheit Gadi 317
Terracina Claudia 464
Osimo Guido 703
Turiel Raffaele 586
LISTA N° 2: SHALOM
Chalom Giuseppe 94
LISTA N° 4:
WELCOMUNITY
M eghnagi Walker
Alfonso 900
Schwarz Daniele 708
Galante Abramo
(Rami) 665
Nassimiha David 541
Alazraki Vanessa 566
Besso Raffaele 575
Gorjian Ruben 665
Menda Joseph 673
LISTA N° 5:
COM.UNITA’
Liscia Roberto 314
Bardavid Andrea 226
Guetta Beniamino 104
Guetta Roberto 187
Klein Ariel Joel 218
Pescara Ruben 237
Samari Simone 63
Sinai Simone 288
Sonnino Daniel 141
Supino Rosanna 228
LISTA N° 3: KEN 2.0
Cohen Daniele 617
Gabbai Claudio 634
Hazan Davide 435
Jesurum Stefano 568
Kaboli Afshin 483
Lazarov Gad 494
Mortara Simone 648
Nahum Daniele 627
28
Bollettino
Il commento
Roberto Liscia:
la Comunità si
è polarizzata
Roberto Liscia, candidato presidente della lista Com.Unità,
impegnato nel corso del precedente Consiglio sul fronte
della Scuola, con la task-force
e le commissioni ad hoc, non
è stato rieletto e nessuno della
sua lista è riuscito ad entrare nel
nuovo Consiglio. Gli abbiamo
chiesto di commentare i risultati
di questa tornata elettorale: “La
bi-polarizzazione del voto non
fa altro che fotografare la storia
degli ultimi due anni, quella dello
scontro tra due culture fortemente radicalizzate e contrapposte.
Culture rappresentate dalle elezioni del 10 giugno. Il risultato
fotografa quindi una realtà di
fatto, la contrapposizione ideologica estremizzata in due poli che
hanno vinto sulla base di una
campagna elettorale radicalizzata nello scontro laici/religiosi.
Se si arriverà ad una gestione
condivisa, quindi a una giunta
bicolore, non potrà essere che
un ‘accordo politico’ per evitare
conflitti, un ‘patto di non belligeranza’ più che una vera alleanza
sui principi. La moderazione, la
voglia che ho espresso in questi
due anni di arrivare ad accordi
concreti sulle cose da fare, non
ha pagato, perché la storia crea
le condizioni della realtà, e la
realtà è polarizzata e radicalizzata. Questo quadro esclude a
priori le figure di moderazione.
Queste elezioni dimostrano che
la polarizzazione, il conflitto, è
nella società, nella Comunità;
non nelle ‘persone’ che sedevano in Consiglio in questi ultimi
due anni, ma nella ‘società’ che
lo ha espresso”.
Luglio/Agosto • 2012
Schwarz: impegno e idee
Il secondo eletto per numero di preferenze è
deciso ad impegnarsi per la Scuola della Comunità
“I
l motivo sostanziale per il
quale ho scelto di candidarmi è dare nuovo impulso alla
nostra Scuola: deve essere considerata
un’opportunità formativa imperdibile
per i nostri figli, sia perché rappresenta una tradizione culturale e identitaria, sia per l’offerta didattica di grande qualità. E mi voglio impegnare
affinché questa qualità di contenuti
diventi anche una qualità percepita con forza e chiarezza”. Così dice
Daniele Schwarz. E continua: “Un
punto irrinunciabile per raggiungere
questo obiettivo è la riforma dell’attuale organizzazione affinché il corpo
docente e il collegio di presidenza
possano focalizzare la propria energia e competenza sul loro obiettivo
specifico, ovvero il progetto didattico
formativo. Mi aspetto, dunque, che il
Consiglio della Comunità nomini al
più presto una figura manageriale, un
Il dopo voto
Esperienze
e valori da
non disperdere
E
letti o sconfitti, i candidati
hanno vissuto la campagna
elettorale come un momento
di incontro con amici e sostenitori
e di riflessione sui grandi temi
del futuro ebraico.
Ecco le voci dei due candidati
che hanno avuto il coraggio di
mettersi in gioco come singoli
portando la loro esperienza e
le loro idee.
Luglio/Agosto • 2012
vero e proprio direttore generale che
avrà il preciso e chiaro mandato di
organizzare e gestire l’infrastruttura
fisica e organizzativa della scuola,
responsabile del risultato non solo
davanti alla Giunta e alla Scuola stessa, ma anche e soprattutto
davanti alla Comunità e ai
genitori.
Ma ci sono altri punti che
intendo portare avanti con
trasparente chiarezza: l’implementazione, a cura del
Consiglio, del programma ministeriale sul tema
dell’ebraismo, in armonia con
le indicazioni del Rabbinato,
e per un efficace insegnamento della
lingua ebraica e non solo, affinché
gli alunni delle scuole superiori si
diplomino parlando correttamente e
fluentemente ebraico e inglese.
Poi affiancare, agli alunni svantag-
Gabrielle Fellus
“È stata un’esperienza splendida,
che ho vissuto con il sostegno di
tante donne e tante persone. Credo ci sia stata una netta conferma
della separazione fra il mondo religioso e laico, con una chiamata
all’ultimo minuto, da entrambe le
parti, di votare la propria lista per
intero, andando così a scapito di chi
intendeva dare il voto singolo. Si è
insomma preferito lo schieramento
e non le proposte singole. Per quello
che mi riguarda, sono disposta
a partecipare all’attività del
nuovo Consiglio se ci sarà una
vera disponibilità a lavorare
nella concretezza e non, invece, nella politica, sia sul fronte
economico, sia su quello del
giati, appropriati insegnanti e metodiche di sostegno, ma anche premi
e riconoscimenti per gli studenti più
meritevoli e più brillanti.
Altre questioni cardine sono: implementazione e completamento del Progetto Qualità; informatizzazione della
didattica nella Scuola, recependo tempestivamente le indicazioni ministeriali e regionali; rapporti col mondo
del lavoro e Università per facilitare
ai giovani la comprensione dei propri
obiettivi a medio e lungo
termine in un mondo che
cambia vorticosamente. Il
mio impegno è di raggiungere questi obiettivi, pur nel
rispetto di un accettabile
equilibrio economico della
Comunità stessa, grazie alla
creazione di rette adeguate alla qualità del servizio
fornito; cercando di aumentare il numero degli studenti iscritti
e infine con il supporto a cura della
Comunità stessa alle famiglie meno
abbienti, per consentire anche a loro
l’accesso ad una scuola identitaria
c
di qualità”.
coinvolgimento dell’elettorato nelle
diverse decisioni”.
Giuseppe Chalom
“Mi sono candidato temendo
il rischio di un vuoto di potere dopo la disgregazione alla
quale si era andati incontro.
Ho apprezzato sinceramente
invece l’esistenza di gruppi di
persone di alto profilo, candidati pronti a rispondere al meglio alle
esigenze dei votanti. Poco spazio per
gli ebrei un po’ troppo laici come me,
ma può non essere un male, siamo
una comunità ebraica.
Agli eletti auguro di trovare forza
e coesione per rilanciare cultura,
sport e ricreazione, per riavvicinare i lontani”.
Bollettino
29
il nuovo consiglio UCEI: tutti gli eletti
comunità / Elezioni
Nella pagina accanto, in alto da sinistra: Giorgio Mortara,
Roberto Jarach, Maurizio Turiel, Sara Modena, Liliana
Picciotto. In basso da sinistra: Giorgio Sacerdoti, Nissan
Hadjibay, Guido Osimo, Milo Hasbani, Cobi Benatoff
Ucei: ecco il “parlamentino”
Sono 10 i milanesi che siederanno nel nuovo consiglio ucei. idee
diverse, ma disponibilità a lavorare insieme perché la seconda
comunità italiana abbia la giusta attenzione. e una quota adeguata
dell’8 per mille, soprattutto per sostenere la scuola ebraica
A
Milano, le elezioni
per il nuovo “parlamentino” dell’Ucei,
il Consiglio allargato
a 52 persone previsto
dallo Statuto approvato nel 2010, si sono concluse con
un testa a testa tra “Milano per
l’Unione-l’Unione per Milano” e
“Machar-Domani per l’Ucei”, 5
eletti a 4. Passa anche Cobi Benatoff, candidato unico della terza lista,
“Ucei per la Scuola”.
Ecco quindi i 10 rappresentanti di
Milano che andranno a Roma:
Roberto Jarach, Giorgio Sacerdoti,
Giorgio Mortara, Liliana Picciotto,
Milo Hasbani (di Milano per l’Unione, l’Unione per Milano); Raffaele
Turiel, Guido Osimo, Sara Modena,
Nissan Hadjibay (di Machar - Domani per l’UCEI); Cobi J. Benatoff
(Ucei per la Scuola).
Uno dei temi su cui si è fatta campagna elettorale è il fatto che l’Ucei
avrà la grande responsabilità, in
quanto gestore dei fondi dell’8 per
mille, di garantire il futuro dell’ebrai-
30
Bollettino
smo italiano e in particolare delle
sue Scuole ebraiche, cui è delegata
la formazione culturale e identitaria
dei giovani, almeno di quelli delle
comunità di Roma e Milano - e in
parte Torino e Firenze, che hanno
la fortuna di poterle frequentare.
“Per prima cosa, bisogna trovare una
linea anche ministeriale per reperire
supporti economici che consentano
di uscire dall’emergenza costante
delle scuole ebraiche, dovuta alla
mancanza dei numeri, cioè di un
ampio bacino di allievi”, dice Roberto Jarach. “Un altro aspetto di
primo piano poi è il collegio rabbinico: oggi il rabbinato italiano sta
vivendo una crisi, dovuta sia alla
crisi di ‘vocazione’, sia alla divisione
delle strutture curriculari fra Milano,
Torino e Roma. Se è vero che oggi
c’è una maggiore disponibilità nel
Nord Italia di giovani interessati alla
carriera rabbinica, si potrebbe anche
pensare a una ridistribuzione delle
strutture curriculari sul territorio.
Infine, bisogna continuare a lavorare
sul fronte delle relazioni pubbliche,
sia nei rapporti con Israele sia con
le istituzioni italiane”.
Anche Raffaele Turiel è fermamente deciso a fare in modo che l’Ucei
si concentri sul tema delle Scuole
ebraiche: “L’Ucei può fare molto se i
candidati delle quattro comunità che
gestiscono scuole ebraiche comunitarie intraprenderanno un percorso
condiviso. Le premesse esistono ed
il presidente della Comunità ebraica
di Roma, Riccardo Pacifici, si è già
espresso in tal senso.
A mio parere, un primo passo concreto consiste nell’organizzare un
presidio presso l’Ucei che si occupi
non solo di supporto alla didattica,
ma anche di internazionlizzazione, di
problemi gestionali condivisi nonché
di innovazione poiché anche le scuole
dovranno compiere un percorso di
agenda digitale.
È del tutto auspicabile, poi, che gli
eletti nelle tre liste milanesi trovino
il modo di collaborare, soprattutto
per la difesa della nostra Scuola, ma
al momento un confronto sul punto
non è ancora avvenuto”.
Luglio/Agosto • 2012
La prima riunione del nuovo Consiglio dell’Ucei è fissata per il primo luglio. Si avverte però una certa
perplessità.
“Sono sconcertato dal contenuto della prima convocazione del consiglio
Ucei”, dice Cobi Benatoff. “Dopo le
operazioni tecniche post elettorali
è prevista l’elezione del presidente
e poi la presentazione del suo programma. Mi sembra che tutti noi
che siamo stati eletti, portando idee,
programmi, esperienze, dovremmo
avere la possibilità di confrontarci
tra noi e con il candidato presidente,
prima della sua elezione. Dopo la
convocazione, ho subito telefonato
a Renzo Gattegna (presidente Ucei
uscente e in pectore, ndr), persona che
stimo, e gli ho chiesto spiegazioni
su questa metodica illogica e poco
democratica. Mi ha risposto che è
così che prevede lo Statuto. Ma allora
tanto vale mandare una delega in
bianco, rileggersi il programma elettorale della lista che lo ha candidato
come presidente e non scomodarsi
a partecipare!
La mia visione di ciò che dovrebbe
essere l’Ucei è molto diversa: non
una struttura burocratica, come un
ministero romano, ma qualcosa di
vivo, un ente efficiente, che sappia
sostenere con servizi adeguati le
piccole comunità e investire sulle
grandi.
Avevo in mente di proporre un
cambiamento nell’allocazione delle
risorse, ridefinire le priorità. Come
faccio a sapere se il presidente condivide queste posizioni, come può
eventualmente integrarle nel suo
programma se non abbiamo la possibilità di discuterne prima della sua
elezione? Su che base dovrei dargli
il mio voto, prima di ascoltare il
suo programma? Ma non mi sembra che altri abbiano colto questa
incongruenza. Sento solo parlare
di alleanze, di spartizione dei posti
in giunta… Non mi sembra un bel
modo di iniziare a lavorare”.
Anche Roberto Jarach è d’accordo.
“Dalla convocazione sembra che non
ci siano neppure state le elezioni.
Non c’è traccia del fatto che a Roma
la lista Binah ha avuto un grande
successo, sottraendo ben otto consiglieri al listone Pacifici-MagiarSassun. Non sono chiare neppure
le modalità di voto del Consiglio, se
servano maggioranze qualificate per
determinate decisioni. Insomma, si
va un po’ allo sbaraglio. Penso che
almeno gli eletti di Milano debbano
fare un fronte comune per far sì che
UCEI - Tutti i voti, lista per lista
Per il Consiglio dell’UCEI, Milano si presentava con tre liste. La nostra Comunità ha
diritto a 10 seggi nel “parlamentino”, previsto dal nuovo Statuto, che è composto da
52 persone. Ecco i voti riportati da ciascun candidato (in neretto i candidati eletti):
1. Milano per l’Unione,
l’Unione per Milano
Roberto Jarach 584
Giorgio Sacerdoti 455
Giorgio Mortara 555
Riccardo Hofmann 319
Annie Sacerdoti 311
David Bidussa 369
Milo Hasbani 444
Avram Hason 310
Daniela Ovadia 305
Liliana Picciotto 483
Luglio/Agosto • 2012
2. Machar – Domani per
l’UCEI
Raffaele Turiel 395
Guido Osimo 462
Sara Modena 428
Nissan Hadjibay 377
Guido Guetta 267
Ariel Finzi 203
3. UCEI per la Scuola
Cobi J. Benatoff 388
le esigenze della nostra Comunità
siano più tutelate”.
Il parlamento degli ebrei
La commissione elettorale centrale
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha annunciato la composizione del primo parlamentino
dell’ebraismo italiano a 52 membri.
Le Comunità di riferimento sono
elencate in ordine alfabetico così
come i nomi dei singoli consiglieri.
Ancona (Marco Ascoli Marchetti),
Bologna (David Menasci), Casale
Monferrato (Claudia De Benedetti),
Ferrara (Elieen Cartoon), Firenze
(Dario Bedarida), Genova (Ariel
Dello Strologo), Livorno (Daniele
Bedarida), Mantova (Licia Vitali
Norsa), Merano (Elisabetta Innerhofer), Milano (Cobi Benatoff, Nissan
Hadjibay, Milo Hasbani, Roberto
Jarach, Sara Modena, Giorgio Mortara, Guido Osimo, Liliana Picciotto,
Giorgio Sacerdoti, Raffaele Turiel),
Modena (Beniamino Goldstein), Napoli (Sandro Temin), Padova (David
Romanin Jacur), Parma (Giorgio
Yehuda Giavarini), Pisa (Anselmo
Calò), Roma (Sabrina Coen, Roberto
Coen, Elvira Di Cave, Fabiana Di
Porto, Noemi Di Segni, Jacqueline
Fellus, Renzo Gattegna, Alessandro
Luzon, Victor Magiar, Silvia Mosseri, Simona Nacamulli, Riccardo
Pacifici, Eva Ruth Palmieri, Daniela Pavoncello, Settimio Pavoncello,
Vittorio Pavoncello, Barbara Pontecorvo, Raffaele Sassun, Scialom
Tesciuba, Luca Zevi), Torino (Giulio
Disegni), Trieste (Davide Belleli),
Venezia (Corrado Calimani), Vercelli
(Rossella Bottini Treves), Verona
(Roberto Israel). Sono stati inoltre
nominati dalla Consulta Rabbinica
rav Alfonso Arbib, rav Adolfo Locci e rav Alberto Somekh. Cinque
(Firenze, Livorno, Milano, Roma e
Trieste) sono le Comunità in cui si è
andati al voto. I consiglieri espressi
dalle altre 16 Comunità ebraiche
italiane sono stati designati dai rispettivi Consigli comunitari.
c
Bollettino
31
personaggi, autorità, people watching
comunità
Talò: l’unicità di Israele
è una grande sfida
di Ruth Migliara
È
stato inviato speciale della
Farnesina per il Pakistan e
l’Afghanistan, dopo essere
stato per quattro anni Console generale a New York, e aver ricoperto varie mansioni istituzionali
in Italia e all’estero. In occasione di
una serata al Tempio Centrale di
via Guastalla organizzata dal Keren
Kayemet e dalla Fondazione Corriere
della Sera, abbiamo incontrato Francesco Talò, neo-ambasciatore italiano
in Israele, che da agosto prenderà il
posto di Luigi Mattiolo a Tel Aviv.
Che cosa si aspetta dall’esperienza in Israele?
Tanto, sia in termini professionali che
umani. Una sfida importante ma di
grande responsabilità. Sto cercando di prepararmi il più possibile al
confronto con l’unicità di Israele, il
cui rapporto bilaterale con l’Italia
è molto cresciuto negli ultimi anni,
grazie all’opera dei miei predecessori.
In particolare l’attuale Ministro degli
Esteri, Giulio Terzi, ha fatto molto in
questo senso come ambasciatore in
Israele tra il 2002 e il 2004, e mi ha
molto incoraggiato. L’Italia e Israele
sono paesi amici, mediterranei, che
possono collaborare in molti ambiti,
dalla ricerca alla tecnologia, dall’agricoltura alla gestione delle risorse idriche.
Quali i progetti condivisi oggi sul tappeto?
Sono in fase di ascolto, è ancora presto. Anche se cercherò di muovermi
sulla stessa linea di Luigi Mattiolo.
Penso a una collaborazione a 360 gradi, su vari livelli. A questo proposito ho
incontrato il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e credo che l’Expò potrà
essere una grande occasione di sviluppo e approfondimento dei rapporti
tra Milano e Israele. Più in generale
sono molte le aree di congiunzione tra
32
Bollettino
i due paesi, sia in campo economico e
commerciale, sia in campo culturale.
In particolare la ricerca scientifica e
tecnologica, in cui Israele è all’avanguardia, potrà essere un particolare
ambito di scambio e collaborazione.
Un ambito tuttavia per me prioritario
è quello della diffusione della lingua
italiana. Far conoscere l’italiano è
sicuramente un mezzo per ottenere
risultati di lungo periodo. Tanto più
che oggi, nelle scuole israeliane, viene insegnata ed è curricolare, quindi
materia d’esame alla maturità israeliana, la bagruth. Una lingua è un ponte,
una chiave d’ingresso: nella cultura,
nel voler viaggiare in Italia e nell’acquisto di manufatti e prodotti italiani.
Investire sulla diffusione di una lingua
può creare una sorta di affezione, di
fidelizzazione. E poi la comunità degli
italiani in Israele è vivace e attiva.
Ha già dei progetti con gli italkim?
Costituiscono un ponte naturale tra i
due paesi per favorire scambi di visite
tra i giovani, che possano mantenere
viva la lingua e la cultura italiana in
Israele. Noi dobbiamo far conoscere
la ricchezza delle nostre comunità
ebraiche italiane nella loro specificità, superando i limiti dell’esiguità
numerica. Per costruire un ponte occorre la collaborazione di molti ed è
per questo che, nel cercare di farmi
rappresentante delle diverse comunità ebraiche italiane, vorrei conoscere
il più possibile la loro specificità. Su
questa linea si colloca questo incontro
con la Comunità ebraica di Milano
ed i successivi in altre città.
Cosa può fare l’Italia per il Processo di Pace?
L’Italia sta lavorando incessantemente, anche in seno all’Unione Europea,
per la ripresa del dialogo fra le parti,
che conduca ad una soluzione nego-
ziata secondo il principio dei due Stati
per due popoli nel pieno rispetto delle
esigenze di sicurezza di Israele e in
un contesto di normalizzazione dei
rapporti con i paesi della regione.
Come giudica l’impegno dell’Italia come
forza di interposizione in Libano?
L’impegno in Libano, con un ruolo
guida nella missione per il mantenimento della pace, è apprezzato sia
in Europa sia nei paesi della regione
e nell’ambito delle Nazioni Unite.
Rappresenta un’azione concreta ed
efficace, coerente con l’attività politica svolta dall’Italia nel Mediterraneo
così come in altre aree di crisi, come
l’Afghanistan.
Lei è stato in Pakistan e Afghanistan: quale
futuro si prospetta in quella regione?
La mia esperienza è legata ad una
precisa area di crisi, dove esiste un
impegno globale della Comunità Internazionale perché in Afghanistan
non si ripetano gli errori passati. Non
si sottolinea mai abbastanza l’entità
di questo impegno, che sta già dando
evidenti risultati pur all’interno di una
strategia su lungo periodo. L’Italia è
stato il primo paese occidentale a instaurare un rapporto di partenariato
strategico con l’Afghanistan con un
accordo bilaterale nel gennaio 2012;
ed è stata seguita in questo dalla Francia e dalla Gran Bretagna e successivamente da altri paesi. Questo per
creare una rete di protezione di fronte
agli errori passati scaturiti da un’attenzione insufficiente per un paese strategicamente cruciale e per un popolo
che ha sofferto per oltre 30 anni. Un
popolo che è stato vittima del fanatismo e del terrorismo, che ci ha colpito
tutti l’11 settembre, quando ci siamo
giustamente sentiti tutti newyorkesi.
Su che basi è possibile instaurare dunque un
dialogo tra Islam e Occidente?
Sulla base di comuni valori universali, come la cultura e i diritti umani.
Esistono infatti valori condivisi su cui
possiamo gettare le fondamenta di un
dialogo: la cultura innanzi tutto. Far
conoscere reciprocamente gli aspetti più nobili della nostra e della loro
cultura può essere infatti un canale di
c
comunicazione.
Luglio/Agosto • 2012
De
De Bortoli,
Bortoli, Talò,
Talò, Tedeschi,
Tedeschi,
Ruben,
Ruben, Modigliani
Modigliani
Silvio Tedeschi e Francesco Talò
Maurizio
Maurizio Ruben,
Ruben, Donia
Donia Schaumann,
Schaumann, Marisa
Marisa Hazan,
Hazan,
Francesco
Francesco Talò
Talò e
e Signora,
Signora, Silvio
Silvio Tedeschi
Tedeschi
Rav Laras e Talò
L’ambasciatore Talò con Rav Arbib
F. Talò, la cancelliera
viceconsole e il Console
di Spagna E. F. Castano
Il discorso in Tempio
Castano De Bortoli,
Szluc, Marchetti
Talò, Tedeschi, Grego
Huldai, Sikos
Sikos e...
e...
Huldai,
L’ambasciatore Talò
Talò con
con
L’ambasciatore
la nostra
nostra giornalista
giornalista Ruth
Ruth Migliara
Migliara
la
Tanzer, Schaumann,
Schaumann,
Tanzer,
Nahum, Hasbani
Hasbani
Nahum,
Hofmann, De Bortoli,
Rav Schunnach
S. Hafez e S. Schaky
dell’ADEI-WIZO
Un ponte tra Italia e Israele
Il KKL di Milano ha invitato nel Tempio Centrale
il nuovo ambasciatore italiano in Israele Francesco Talò
Francesco Talò
l 4 giugno il Tempio Centrale di Milano ha ospitato Francesco Talò in
IConoccasione
della sua nomina a nuovo ambasciatore italiano in Israele.
questa iniziativa, organizzata dal Keren Kayemet LeIsrael e resa
possibile dalla Fondazione Corriere della Sera, si è voluto creare un
momento di incontro e conoscenza reciproca tra la Comunità ebraica di Milano e il nuovo ambasciatore. La serata è stata introdotta e
presentata da Silvio Tedeschi, presidente del KKL di Milano, che ha
voluto dedicare un minuto di silenzio alle vittime del terremoto in Emilia.
All’incontro, oltre al Rabbino Capo, Rav Alfonso Arbib e ad altri importanti esponenti del Rabbinato italiano, tra cui Rav Giuseppe Laras,
hanno presenziato i presidenti delle principali associazioni ebraiche
milanesi, i membri del Consiglio della Comunità, il console di Spagna
a Milano, il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, e il
presidente della Fondazione Corriere della Sera Piergaetano Marchetti.
Talò tra
tra gli
gli Hofmann
Hofmann
Talò
Tedeschi,
Tedeschi,
Talò,
Talò, Hasbani
Hasbani
Foto Mario Golizia
Il neo-ambasciatore italiano in Israele Francesco
Talò incontra la Comunità di Milano. E parla di
partnership economica, commerciale, culturale
Silvio
Silvio Tedeschi
Tedeschi
idee, eventi, progetti, work in progress
comunità / OFFIC INA
Giovani,
donne
e lavoro
Potere alle donne
in una magica
serata di WOW
U
Incontro all’Adei
con il Ministro
Elsa Fornero
“A
bbiamo aperto 18 milioni
di crepe nel soffitto di cristallo che impedisce alle
donne di volare”, così aveva detto
Hilary Clinton nel discorso conclusivo della sua campagna elettorale
in America.
Ieri a Milano, i ragazzi dell’Ugei,
Unione Giovani Ebrei d’Italia hanno
“aperto” una piccola crepa, in occasione dell’incontro “A passo d’uomo
- Il ruolo della donna nell’Italia contemporanea - Dalle pari opportunità
alle pari responsabilità” tenutosi nella
sede dell’Adei Wizo.Ospite d’eccezione, Elsa Fornero, Ministro del Lavoro
e delle Politiche Sociali, con delega
alle Pari Opportunità del governo
Monti, la quale si è confrontata
con donne che hanno combattuto e
tutt’ora combattono per una società
che offra le stesse occasioni a tutti, al
di là del genere, della razza o della
provenienza.. L’incontro si è aperto
con l’intervento di Alessandra Ortona, vice presidente dell’Ugei, che ha
sottolineato l’importanza di garantire
a donne e uomini la possibilità di
accesso a risultati uguali in ambiti
sociali e lavorativi, come prospettiva
ambiziosa di preservare la diversità
nell’uguaglianza.
“Nel mondo del lavoro” - ha sottolineato - “ non si tratta, per le donne,
di dividersi con gli uomini il lavoro
che c’è, ma di ridisegnarlo per entrambi i generi, con modalità che
rendano accettabili tempi e regole,
sia per le donne sia per gli uomini, modificando il divario tra area
34
Bollettino
produttiva e area riproduttiva che
rende attualmente le loro vite così
diverse”. Sono seguiti poi i saluti di
Daniele Nahum, vicepresidente della
Comunità Ebraica di Milano; Susanna Sciaky, presidente dell’Adei-Wizo
Milano; Giuseppe Failla, portavoce
del Forum Nazionale dei Giovani;
Cristina Tajani, assessore al Lavoro
del Comune di Milano.
Moderato magistralmente da Eleonora Voltolina (giornalista e scrittrice,
fondatrice della testata giornalistica
online indipendente, www.repubblicadeglistagisti.it, ha scritto La Repubblica
degli stagisti - Come non farsi sfruttare,
edizione Laterza) l’incontro aveva
l’obiettivo non tanto di trovare tutte
le risposte, bensì di porsi le giuste
domande.Sono state affrontate tematiche scottanti, quali l’applicazione
di metodi meritocratici per accedere
al mondo del lavoro, di cui ha parlato Sara Giudice, rappresentante
di Zeropositivo; di integrazione e
lavoro delle donne migrate in Italia
con Dounia Ettaib, rappresentante
Donne Marocchine in Italia; sono
stati discussi pregi e difetti della riforma del lavoro da Annalisa Chirico,
giornalista.
Marina Terragni, giornalista di Io
Donna e Corriere della Sera, ha poi ribadito con determinazione come le
donne abbiano la capacità di prendersi cura dell’altro, che si tratti di
un figlio o dello Stato. Di fronte ad
un’attenta platea, il Ministro Fornero,
ha iniziato il suo intervento sottolineando come siano i giovani le persone
che più la incitano ad andare avanti
e la spronano ad insistere. “La nostra
riforma è inclusiva e dinamica per un
mercato del lavoro inclusivo e dinamico. Oggi - ha detto il Ministro - il
mercato del lavoro tende a privilegiare
una cittadella limitata di lavoratori,
per lo più maschi adulti e a escludere
o marginalizzare gli altri, i giovani
e le donne. Noi invece vogliamo una
maggiore inclusione, ma la normativa
è complessa e articolata. L’obiettivo
è dotare il mercato del lavoro di una
flessibilità buona, evitando una maggiore licenzibilità. Negli ultimi dieci
anni la flessibilità è stata un veicolo
per precarizzare il lavoro, finendo per
renderlo instabile, marginale, ingabbiato in forme contrattuali strette e
penalizzanti.Creare un mercato del
lavoro dinamico vuol dire far sì che il
tempo di transizione tra la fine della
formazione e l’occasione di lavoro
sia breve. Il mercato deve arrivare a
considerare la meritocrazia qualcosa
di naturale. Tenere fuori dal mercato
una generazione per troppo tempo
significa perderla. Perciò spero che
sia approvata a breve e che si possa
dire che è una buona riforma”, ha
concluso Fornero.
L’evento, organizzato dall’UGEI con
il patrocinio della Comunità Ebraica di Milano, dell’Adei-Wizo e del
Forum Nazionale Giovani, è stato
per l’organizzazione dei giovani ebrei
italiani un importante momento di
riflessione ed approfondimento su
tematiche caldissime che riguardac
no tutti.
Luglio/Agosto • 2012
n viaggio attraverso la memoria, alla ricerca delle storie personali dei sopravvissuti alla Shoah. Questa volta però
il “mezzo” è quello dei sapori, delle
ricette famigliari: stiamo parlando dell’Holocaust Survivor CookBook,
dell’americana Joanne Carras, un
testo che sarebbe riduttivo chiamare
“libro di cucina”. Come ha spiegato
la stessa autrice durante una serata
all’Hotel Marriott, organizzata da
WOW - Women of the World, tutto
è nato dalla sua volontà di onorare
la memoria dei morti della Shoah e
la forza dei suoi sopravvissuti. Per
questo, ha iniziato a chiedere a tutte
le comunità ebraiche del mondo di
inviarle ricette di cucina famigliari.
Dopo 6 mesi, riceve la prima risposta dalla Nuova Zelanda. Da lì non
si ferma più, e arriva a raccogliere
in un libro 200 ricette e 100 storie,
delle più diverse e da Paesi di tutto
il mondo.
Oggi The Holocaust Survivor Cookbook è il testo più venduto al Museo
dell’Olocausto di Washington e viene impiegato anche da diverse scuole per progetti educativi; l’obiettivo
è di arrivare a 6 milioni di copie
vendute. Di recente, poi, è uscito
Miracles & meals, che contiene ancora ricette e storie da Paesi come
il Venezuela e l’Islanda. Il tutto è
esclusivamente a scopo benefico, in
favore della mensa per i poveri Carmei Ha’ir a Gerusalemme.
A WOW, dunque, va il merito di
avere organizzato il primo tour italiano di Joanne Carras, nel quadro
di una bella serata, in cui c’è stato
anche spazio per emozionanti canti e esibizioni musicali interpretati
dalle ragazze delle tre scuole ebraiche di Milano e da alcune seminariste del movimento Chabad.
WOW - Women Of the World è
Luglio/Agosto • 2012
Nicole e Maurina Alazraki
un’organizzazione nata in Sud Africa circa vent’anni fa, con lo scopo
di mettere in contatto e dare voce
alle donne di tutto il mondo per rendere speciali le tradizioni, le festività e i semplici gesti di ogni giorno,
concentrandosi sull’energia positiva
che ne scaturisce. In Italia dal 2005,
grazie a Mashi Hazan, la WOW
programma varie attività ed eventi
mensili, per stimolare la conoscenza
reciproca e la sensibilità femminile,
in modo che il messaggio possa essere trasmesso all’interno delle famiglie, e poi agli amici e a tutte le
persone che le circondano.
Normalmente queste attività sono
anche collegate con le varie festività ebraiche, proprio per esaltarne la
bellezza e l’importanza.
Racconta Mashi Hazan: “Qualche
anno fa, prima della festa di Purim,
la WOW ha organizzato un evento
con una truccatrice professionista
per insegnare un make-up rapido a
tutte le donne che hanno solo pochi
minuti, la mattina, per truccarsi; il
tutto è stato poi seguito da una discussione sulla bellezza interiore ed
esteriore della donna, prendendo ad
esempio proprio la regina Esther.
Quest’anno, sempre per Purim, abbiamo dedicato un pomeriggio alla
preparazione di particolarissimi
Mishloach manot decorati con oggetti inconsueti”.
Per la festa di Shavuot, invece, è stato programmato un evento che spiegava le ragioni per cui si mangiano
cibi a base di latte e, con l’aiuto di
uno Chef professionista, è stata creata una lista di ricette specifiche per
questa festività. Queste e tante altre
sono state le iniziative che la WOW
ha proposto, con successo, in questi
anni a Milano.
(Ilaria Myr)
Per info sul libro:
http://survivorcookbook.org/
L’esibizione del Coro per Light the candle
Carol Joshach e
Maureen Salmona
Monica Metta e
Fionna Roditti
Daniela Djemal Alexandra e Sonia Wolvovsky
L’esibizione del coro
Manuela Procaccia
e Mashi Hazan
Micol Braun Ades
e Silvana Blanga
Joanne Caras rivolta al pubblico
Nicoletta Salom
e Orly Livian
Alexandra
Alexandra e
e Mashi
Mashi
personaggi, autorità, people watching
comunità
A sinistra: Sara Panzieri. In basso: il Guitar
Duo di Giulio Nenna e Manuel Buda; Ami
Lazarov e Sylvia Sabbadini; Caterina
Bellosta dei Roy Klezmorim; il balletto
dei ragazzi dell’Hashomer Hatzair.
Festa in musica
di Roberto Zadik
N
uovi talenti, melodie di vario
genere, dal klezmer alla musica israeliana contemporanea,
ed un pubblico vasto e partecipe sono stati gli elementi alla base
del “Festival della canzone ebraica”
tenutosi giovedì 7 giugno, sul palco
dell’Aula Magna “Aron Benatoff ” della scuola ebraica. Organizzata dall’Assessorato ai Giovani della Comunità,
a sostegno dei Movimenti Giovanili,
Bené Akiva e Hashomer Hatzair, la
manifestazione, presentata da Sylvia
Sabbadini, ha riunito una serie di
artisti che si sono esibiti in una moltitudine di brani coinvolgenti. Prima
delle performance però ci sono stati i
discorsi e i saluti, e a questo proposito
il presidente uscente Roberto Jarach
ha detto “sono contento di essere qui
per chiudere ufficialmente la mia car-
riera e la cosa migliore è concluderla
coi movimenti giovanili, vedo tanti
giovani e tanto entusiasmo”.
Dopo i ringraziamenti di Gad Lazarov
rivolti agli shlichim e a Sylvia Sabbadini “per l’ottimo lavoro svolto”, si è passati alla musica, grande protagonista
dell’evento. Gruppi interessanti, come
i Roy Klezmorim hanno intrattenuto
ragazzi e famiglie presenti in sala con
melodie famose del panorama musicale israeliano, come “Mihaela” di
Noa eseguita con grande espressività
dalla cantante della band, Caterina
Bellosta, lasciando spazio anche a
pezzi strumentali di buon livello come
“To east”. Oltre alle band, durante la
serata sul palco ci sono state anche numerose altre esibizioni, fra cui balletti
e duetti. Primo fra tutti quello fra la
presentatrice dell’evento, Sylvia Sab-
Luglio/Agosto • 2012
II coniugi
coniugi Jarach
Jarach
Moody
Moody Sandberg,
Sandberg, Ronnie
Ronnie Benatoff,
Benatoff,
Naor
Naor Gilon,
Gilon, Franco
Franco Frattini
Frattini
Marco
Marco Grego
Grego e
e
Manuela
Manuela Hafez
Hafez
Jocelyn
Jocelyn
Dvora
Dvora Ancona
Ancona
II coniugi
coniugi Grego
Grego
Gli Hasbani:
Hasbani: Dany,
Dany, Shouly,
Shouly,
Gli
Milo e
e Joyce
Joyce
Milo
Ruggero e
e Claudio
Claudio Gabbai
Gabbai
Ruggero
Il
Il tavolo
tavolo d’onore:
d’onore: Diana
Diana Levi,
Levi, Franco
Franco Frattini,
Frattini,
Johanna
Johanna Arbib,
Arbib, Dodi
Dodi Hasbani
Hasbani
Due giovani
giovani ospiti
ospiti
Due
Hasbani e
e Frattini
Frattini
Hasbani
La famiglia
famiglia Gentilli
Gentilli
La
II coniugi
coniugi Hodara
Hodara
Rav Garelik
Garelik
Rav
e Signora
Signora
e
Samy Blanga
Blanga
Samy
Il trio
trio Nefesh
Nefesh
Il
Alberto
Alberto e
e
Caroline
Caroline Halfon
Halfon
A.
A. Jarach
Jarach e
e Bassani
Bassani
Top charity per KH
Due eventi: il galà annuale e il pranzo della Woman’s
Division. Un successo per KH, malgrado la crisi
U
n successo che testimonia la testarda volontà di aiutare Israele, malgrado la
crisi, anche a costo di un piccolo sacrificio personale. In tempi di vacche magre
vale ancora la pena dare dei galà per la raccolta fondi? Sembra di sì. Gli organizzatori di certo non si sono risparmiati: da Dodi Hasbani neo-presidente del Keren
Hayesod Italia a Francesca Modiano, neo-presidentessa della Woman’s Division.
“Oggi più che mai, tra situazione geopolitica mediorientale e antisemitismo europeo crescente, ricordiamoci che Israele è la nostra casa comune: da proteggere e
migliorare”, ha detto Hasbani. Ospiti d’onore alla cena di Palazzo Mezzanotte, l’ex
ministro degli esteri Franco Frattini, il nuovo ambasciatore d’Israele Naor Gilon,
il presidente mondiale KH Moodi Sandberg e Johanna Arbib Perugia, presidente
mondiale del Consiglio d’Amministrazione KH. A condurre, il bravo Jocelyn e sulla
serata le note irrinunciabili e toccanti del Trio Nefesh. Per il pranzo della Woman’s
Division al Gran Visconti Palace Hotel, Angelica Edna Calò, ospite d’onore, ha
portato la viva testimonianza di una madre di Israele, con tre figli sotto le armi.
Reginella Tesoro, Francesca Modiano,
Laura Cohen e Dorit Benatoff
Diana Gandus, Antonella Foà, Angelica
Calò, Bettina Peres,
Liliana Nathaniel,
M.Schapira
M.Schapira e
e
Orna
Orna Schezen
Schezen
Nofarber
Nofarber
Francesca
Francesca Modiano
Modiano
e
e Mashi
Mashi Hazan
Hazan
Gracy Vaturi
Vaturi e
e
Gracy
Angelica Calò
Calò
Angelica
Foto Mario Golizia
La canzone ebraica, nuovi talenti, voci e musiche
vivaci e coinvolgenti: ecco una serata speciale
badini e Ami Lazarov, padre di Gad,
che hanno eseguito “Al Kolele” canzone emozionante composta da Naomi
Shemer, famosa in tutto il mondo per
“Yerushalaim shel zahav” diventato
un classico della canzone ebraica a
livello internazionale. Oltre a questa
canzone, Amichai Lazarov, appassionato di musica e chitarrista fin da
giovane quando suonava nel gruppo
degli Orange Jews, ha eseguito anche
il celebre brano “Im ani heschachech
Yerushalaim” (se dimenticherò Gerusalemme). Sotto i riflettori dell’Aula
Magna si sono esibiti anche altri artisti
fra cui giovani promesse come Sara
Panzieri che, pur non avendo ancora
diciotto anni - da compiere il prossimo 19 luglio -, ha cantato in maniera
molto intensa ed espressiva “Shema
Israel”, classico della cantante israeliana Sarit Haddad.
Fra le formazioni e i cantanti si sono
esibiti anche due vocalist, un’artista
professionista come Daniela Rando
che da tempo lavora nel mondo dello
spettacolo, e Noah Sinigaglia che a soli
14 anni è già entrata nel prestigioso
coro delle Voci Bianche della Verdi.
Tanti suoni, musica e un’atmosfera
vivace creata grazie all’abilità dei musicisti, che ha suscitato l’entusiasmo
del pubblico.
Da segnalare anche il Guitar Duo, formato da due ottimi chitarristi come
Manuel Buda e Giulio Nenna, che
hanno suonato assieme fondendo in
un tutt’uno le vibrazioni delle loro due
chitarre in un ritmo spagnoleggiante
che attinge dalle tradizioni mediterranee, come si sente nel brano “Mocher
haprachim”, così come la bravissima
Manuela Sorani cantante della “Agorà
ensemble”, un gruppo musicale che
ha riscoperto il folklore yiddish della
tradizione askenazita con classici come
“Tumbalalaika”, fra gli applausi e i
cori della gente. Una serata di festa
che si è conclusa coi balletti dei ragazzi dell’Hashomer Hatzair che si sono
c
esibiti in danze e coreografie.
Jessica
Jessica Hasbani,
Hasbani, Tamar
Tamar Ben
Ben Ami,
Ami,
Fallon
Fallon Heneic,
Heneic, Nicole
Nicole Bendaud,
Bendaud,
Francesca
Francesca Hasbani
Hasbani
idee, eventi, progetti, work in progress
comunità / OFFIC INA
A sinistra, Carlo Truzzi e Bustric
all’Adei. A destra, le quinte liceo,
che hanno organizzato la festa di
fine anno scolastico 2012 al CUBO
AMATA: Umberto
Eco uomo
dell’anno 2012
Nuovo Consiglio Adei
L’Adeissima che verrà
E
ra il poeta Ferruccio ne “La
vita è bella”, l’amico di Benigni; è comparso nell’ultimo film
di Woody Allen, “To Rome with
love”; è l’anima di spettacoli musicali con le nostre maggiori orchestre
sinfoniche (La Verdi), con le rappresentazioni di “Pierino e il lupo” o
“Napoleone magnifico imperatore”. Stiamo parlando del conduttore artistico Bustric, nome d’arte di
Sergio Bini, fiorentino, 40 anni di
spettacoli, Dams prima ora (docenti Umberto Eco e Furio Colombo),
ancora perdutamente innamorato
del suo mestiere. E sarà proprio lui
a partecipare all’Adeissima “Berta
Sinai”, il 22 ottobre al teatro Manzoni, introdotto come tutti gli artisti
da David Parenzo. Bustric durante
lo spettacolo tesserà un fil rouge di
stupore e meraviglia tra un’esibizione l’altra. “Sarà, ci dice, un viaggio
nell’immaginario sulle ali della fantasia con le diverse illusioni del corpo che Le cirque de l’ADEI-Wizo
offrirà agli spettatori”.
Con lui a Milano il 17 maggio, per
entrare nello spirito dello spettacolo, c’era il mantovano Carlo Truzzi
che, con la sua compagna Simona,
da 20 anni porta in giro per il mondo il suo Shadow show, spettacolo di
ombre cinesi. Una carriera iniziata
per scherzo nello spettacolo “Gran
premio” di Pippo Baudo nel 1990
che non lo ha più lasciato tanto che,
iscrittosi a veterinaria, non ha avuto
più il tempo di terminare gli esami.
Nella serata saliranno sul palcoscenico del teatro Manzoni anche Laura Kibel e il suo Teatro dei Piedi, Le
Mime Daniel e come Guest Artist
del Cinque du Soleil, Julie Lavergne. Attesa e curiosità.
38
Bollettino
La presidente uscente Susanna Sciaky
è stata riconfermata nella sua carica, mentre al Consiglio della sezione
milanese dell’ADEI- WIZO per il
triennio 2012-2015, sono state elette:
Claude Cohen e Sylvia Sabbadini
come vicepresidenti, Cecilia Benatoff,
Lucie Galante, Raffaella Grun, Manuela Hafez Alcalay, Jasmin Nessim,
Karen Ourfali, Laura Rocca Wofsi,
Annie Sacerdoti, Stefania Zevi. Come
presidente del Comitato d’Onore è
stata scelta Shouly Mouhadeb. Sei
new entry vengono dal gruppo Aviv,
le giovani Adeine che hanno dimostrato tanto entusiasmo.
Nuovo Consiglio BB
A nche il Bené Berith ha rinnovato
le sue cariche sociali: il nuovo Consiglio è così composto: presidente
Maurizio Ruben; vice presidente
Ruben Pescara; segretaria Daniela
Zinsenheim Sassoon: tesoriere Michele Arditi; mentore Claudia Bagnarelli; Maresciallo Carlo Molho;
sorvegliante Roy Zinsenheim.
Technion: nella top list,
i ragazzi della scuola
Straordinaria performance di tre
ragazzi della nostra Scuola ebraica
al Technion di Haifa. Basta andare
sul sito della prestigiosa università
(paragonata al MIT) per scoprirlo
(www.technionitalia.it). È la Dean’s
List, ovvero la lista degli studenti
con i voti migliori: sono Tamar Ottolenghi, Hannah Levy, David Debash, Yair Benami. C’è poi anche la
President’s List, ovvero la super top
category, e qui troviamo Elisa Tagliacozzo, studentessa del liceo della
scuola ebraica di Roma.
La festa di fine anno
C
ome accade ormai tradizionalmente, anche questa volta
le quinte liceo hanno organizzato la
festa di fine anno. L’11 giugno, nel
locale il CUBO, in via Moscova, la
festa ha riunito non solo i liceali della
Scuola ebraica ma anche molti altri
liceali della nostra Comunità. Una
occasione per rivedersi e festeggiare
la fine dell’anno scolastico. Il ballo di
fine scuola era in stile “ballo americano prom” (black tie a coppie). La festa
è riuscita benissimo (c’erano circa
250 ragazzi), anche grazie all’aiuto
del Keren Kayemet LeIsrael che ha
sponsorizzato la serata. Altri sponsor
ugualmente fondamentali sono stati
il negozio Blue Joint, My Kafè, Re
Salomone, Keren Hayesod.
Ricerca del CDEC
Le immagini delle vittime della
Shoah servono ancora di più che
le parole. La Fondazione CDEC
ha annunciato che, entro l’estate,
saranno caricate sul sito www.nomidellashoah.it le fotografie che è
riuscita a collezionare fino ad oggi,
conservate da anni nei propri archivi
oppure frutto di ricerche, famiglia
per famiglia.
Si tratta di 928 immagini di deportati, visibili sul sito richiamando la
rispettiva scheda nominativa. Il sito
dedicato all’elenco delle vittime e la
raccolta delle immagini è frutto di
un importante progetto della Fondazione CDEC sostenuto dalla Claims
Conference.
Chiunque fosse in possesso di ritratti
di deportati o di uccisi in Italia, è
pregato di mettersi in contatto con il
CDEC per telefono (02-316338/02326092) o per e-mail ([email protected])
Luglio/Agosto • 2012
S
orride da sotto i baffi il professor Umberto Eco alla domanda che Ugo Volli, uno tra
i suoi più brillanti allievi, gli rivolge.
Ovvero se davvero Il Cimitero di Praga,
suo ultimo romanzo, con il pretesto di
raccontare la genesi del più esecrabile
libello antisemita della Storia, I Protocolli dei Savi di Sion, in verità non si
compiaccia perversamente del Male
che pretende invece di smascherare.
“Ma no, -risponde Eco,- raccontare
come si fabbrica un falso, entrare nelle
pieghe del meccanismo paranoide
e complottista mi ha sempre affascinato. Senza contare che essendo
mio nonno un trovatello, ho sempre
coltivato la speranza di avere qualche
ascendenza ebraica. Ma la verità è
che non lo saprò mai”. Eco è all’Hotel Principe & Savoia per ritirare il
premio di Uomo dell’anno 2012-Cultura
per la Pace, dato dall’AMATA, Associazione degli Amici del Museo di Tel
Aviv. Una serata che più mondana
non si potrebbe, il vippettometro in
rosso, con il salotto buono dell’intellettualità milanese magnificamente
rappresentato: da Elisabetta Sgarbi
della Bompiani a Paolo Mieli, storico
ed ex direttore del Corriere della Sera,
Nadine Gordimer,
Gordimer, Umberto
Umberto Eco,
Eco,
Nadine
Corice Arman
Arman
Corice
Anna
Anna Sikos,
Sikos, Umberto
Umberto Eco,
Eco,
Marty
Marty Pazner,
Pazner, Ron
Ron Huldai
Huldai
Ron
Ron Huldai
Huldai e
e signora,
signora, U.
U. Eco
Eco
dal giornalista Gad Lerner a Inge
Feltrinelli, da Renato Mannheimer
a Carlo e Giulia Puri Negri, da Alessandro Bompieri, Amministratore
Delegato di Rcs Libri a Massimo
Turchetta, Direttore Generale Rcs
Libri. Senza contare l’ospite d’onore,
il premio Nobel per la letteratura,
Nadine Gordimer. Tutti accorsi al
galà di beneficienza organizzato da
Anna Sikos Talso, presidente di AMATA, all’Hotel Principe & Savoia per
il consueto premio all’Uomo dell’anno, giunto alla sua decima edizione
(in precedenza era stato conferito
a Bernard Henry Levy, Amos Oz,
Elie Wiesel, Nuriel Roubini, Giulia
Maria Crespi, Arnaldo Pomodoro,
Giulia Remorino Ibry
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del bambino e dell’adolescente
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Paolo
Paolo Mieli,
Mieli, Alessandro
Alessandro Bompieri,
Bompieri,
Gad
Gad Lerner,
Lerner, Umberto
Umberto Eco
Eco
Daniel Libeskind, Sonya Rykiel, Zubin Metha). Se l’artefice della serata
è stata certamente Anna Sikos Talso,
i veri registi del premio sono stati
Ron Huldai, lo straordinario e iperattivo sindaco di Tel Aviv, insieme a
Marty Pazner, moglie del precedente
ambasciatore d’Israele in Italia. Con
parole commosse Sikos ha rievocato
la figura di Mordechai Omer, leggendario direttore del Museo di Tel
Aviv appena mancato, mentre Jean
Blanchard, neo-vicepresidente, ha
voluto sottolineare quanto la città di
Tel Aviv stia facendo per rilanciare
l’arte contemporanea, valorizzando
spazi e musei, e dando nuovo impulso
alla vita artistica cittadina.
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Lettera alle morot della materna III C
G
Bando Hans Jonas
Premio Rebecca Benatoff
Rebecca Benatoff, discendente
di una famiglia polacca emigrata
nella Palestina ottomana, ha vissuto personalmente l’avventura
dei pionieri europei in terra d’Israele. La sua famiglia era composta
da coltivatori, kibbutznik, persone
di grandi ideali. Emigrata in Italia
nel Dopoguerra, non ha mai perso
i legami inscindibili con Israele,
con i propri ideali di gioventù, con
l’impegno per la comunità ebraica.
Presentazione
L’Associazione di cultura ebraica
Hans Jonas si propone di formare
una nuova generazione di leader
nell’ebraismo italiano. In quest’ottica ha realizzato una serie di
seminari e convegni oltre a tre
edizioni di un Master che ha visto,
sino a oggi, la partecipazione di
oltre settanta giovani.
Il bando
L’Associazione di cultura ebraica
Hans Jonas bandisce un concorso
per un Premio, per giovani tra
19 e 35 anni iscritti a una delle comunità ebraiche italiane.
I partecipanti possono essere
singoli o gruppi di giovani associati tra loro. Il premio si propone
di sostenere la predisposizione
di progetti tesi a promuovere la
partecipazione dei giovani ebrei
alla vita comunitaria. Tali progetti
potranno riguardare qualunque
azione possa favorire forme inedite di incontro, di associazione,
di apprendimento, di confronto tra
i giovani delle Comunità ebraiche
ed eventualmente europee o di
altri paesi. Il progetto, di non oltre 10 pagine, dovrà illustrare gli
obiettivi e i destinatari specifici,
i possibili responsabili, un piano
dettagliato dei costi ipotizzati.
Info e bando: borsadistudio
@hansjonas.it. Scadenza: entro
e non oltre il 30 novembre 2012.
40
Bollettino
Arrivederci Bené Akiva
Dopo un anno di lavoro, è tempo di bilanci
M
olte kvuzot, essendo vicini
alla fine dell’anno, hanno
deciso di trascorrere un
po’ di tempo insieme tra
madrichim e chanichim, andando
a mangiare una pizza da Yair (lo
shaliach del Bnei Akiva), da Carmel
o a casa di qualcuno, giocando, guardando film e discutendo.
Cosa ci resta di quest’anno? A noi
madrichim resta una buona quantità
di esperienza, tutto ciò che abbiamo
imparato, tutti i nostri errori che ci
hanno insegnato la giusta procedura
da eseguire in ogni situazione, tutte
le soddisfazioni più grandi. A noi madrichim resta l’amore nei confronti
del Bnei Akiva, delle nostre kvuzot,
dei nostri chanichim che ormai sono
come figli per noi.
Ci resta la voglia di continuare a dare
anche dall’esterno. Ci restano i ricordi
belli, ma anche quelli più brutti che
ci hanno feriti, ma dopo i quali abbiamo avuto il coraggio di rialzarci
e proseguire nel nostro cammino. Ci
resta tanto, troppo, tutto quello che
solo il Bnei Akiva riesce a dare.
E a questo punto, ci domandiamo
cosa resta ai nostri piccoli chanichim
per i quali ci siamo sempre sforzati
di dare il meglio. Beh, cosa resta non
lo sappiamo, ma desideriamo ardentemente che dentro i loro cuori, nel
profondo delle loro anime, si incateni
tutto l’amore che proviamo per loro.
Tutti gli insegnamenti, tutti i valori
che li guideranno nel cammino della
loro vita. Chanichim viene dal termine “chinuch”-“educazione”, coloro
che vengono educati ed instradati
dai propri madrichim. “Madrich”
deriva da “derech”-“strada”. Perché
loro sono il futuro, il nostro futuro.
La nostra speranza.
Rimangono ancora le ultime esperienze estive per concludere il lavoro
di quest’ anno.
Dal 2 al 12 luglio, a Urbino, si svolgerà il Machané Kaiz (campeggio
estivo) per i ragazzi tra gli 11 e i 14
anni (Shevet Nizanim-Shevet Aroé).
In questo campeggio, che come al
solito si basa su un tema ben specifico
e molto profondo, verrano trasmessi
tutti i valori fondamentali, cercando di portare a termine gli obiettivi
educativi che ci eravamo prefissati
all’inizio di quest’ anno, ma certamente non mancheranno le uscite,
il divertimento, le peulot, lo sport
all’aria aperta, i canti e l’atmosfera
tipica ed unica dei campeggi del Bnei
Akiva!
Dal 19 luglio al 1° agosto si svolgerà il
Machané sayarim per tutti i ragazzi
di 15-16 anni (Shevet Eitan).
Dal 17 luglio al 7 agosto si svolgerà
il Machané Israel per tutti i ragazzi
di 16-17 anni (Shevet Naalé).
Con la speranza di aver lasciato il
segno all’ interno del Sniff del Bnei
Akiva Milano, con la speranza di
essere riusciti a scaldare, col calore
della nostra fiamma (Lehavà) i cuori
dei nostri amati chanichim e di voi
lettori che ci seguite costantemente,
attraverso l’amore e gli insegnamenti,
vi salutiamo e vi ringraziamo.
Bebirkat haverim le Torah,
Avoda ve Alyà
Rochelle Bendaud, Shevet Lehavà
Luglio/Agosto • 2012
entile redazione,
l’anno scolastico sta per finire,
e con esso i bambini dell’ultimo anno della materna concluderanno il ciclo, per prepararsi alla
scuola elementare che inizierà l’anno
prossimo. Come mamme della classe
della sezione C, ci è venuto spontaneo volere ringraziare pubblicamente
tutte le persone che hanno fatto sì che
questi tre anni fossero per i nostri figli
un’esperienza formativa fondamentale, e per noi genitori una bella avventura da vivere insieme e accanto a loro.
Con grande competenza pedagogica e
capacità, le morot che si sono occupate
della classe hanno saputo fare crescere
i nostri figli, insegnando loro a socializzare e a vivere in società, e dando loro
gli strumenti emotivi per affrontare le
differenti situazioni della vita che, pure
alla loro tenera età, si trovano anche
loro ad affrontare. Da parte nostra,
noi genitori ci siamo sempre sentiti
ascoltati nelle nostre osservazioni, per-
plessità e semplici richieste di aiuto.
Quindi, un grazie di cuore a morà
Tania, che ha accompagnato i bimbi
in tutti i tre anni, con dedizione, dolcezza e la giusta fermezza necessaria.
A fianco a lei negli anni ci sono state
sempre persone validissime, come Veronica, Ilaria e Valentina: in particolare, da quest’anno Francesca, Claudia
e la morà di sostegno Elisa, che subito
sono riuscite a conquistarsi con la loro
dolcezza e profonda esperienza il cuore dei bimbi e di noi genitori.
Un grazie di cuore anche alle morot
“specialiste”: Moria ed Elinor, per
l’ebraico e l’ebraismo, Federica di
inglese, Lella, fondamentale per la
piscomotricità, Silvia e Valentina per
la musica, e poi Manuela, new entry
di quest’anno, che con il suo lavoro
ha stimolato la “lingua” e le “testoline” dei bimbi, facendoli diventare più
rapidi nei ragionamenti e aiutandoli
nei piccoli “impaperamenti” tipici
di questa età. Tutte queste persone
sono riuscite a dare spazio alla loro
fantasia e immaginazione, sempre in
un’atmosfera serena e gioiosa, riuscendo al contempo a trasmettere anche
delle competenze e delle conoscenze.
E poi le bidelle Franca e Rita, sempre presenti e collaborative, pronte a
dare un abbraccio ai piccoli in crisi
di “mammite”. Tutte queste persone
hanno fatto sì che questi siano stati
per i nostri bimbi “gli” anni della
formazione e della crescita, e per
noi un’esperienza bellissima fatta di
continuo scambio, serenità e gioia nel
vedere i nostri cuccioli crescere così
bene. Ora che stanno per andare alle
elementari, li vediamo tanto grandi,
e ci chiediamo come abbiano fatto
così rapidamente.... E con l’emozione di chi chiude una fase per aprirne
un’altra, accanto a chi ama di più al
mondo, diciamo, dal profondo del nostro cuore - e sicure che i nostri figli
direbbero lo stesso - grazie!
Le mamme della classe C della materna.
Nutrizione
all’Adei Wizo
nostri figli nelle varie fasi della preparazione del pasto: andare a fare la
spesa insieme può essere divertente e
stimola sicura mente la loro curiosità;
cucinare insieme è un gioco che porta
interesse per quello che verrà servito
in tavola.
Tra i cibi da rivalutare, sicuramente i legumi che abbinati ai cereali
costituiscono un pasto completo ed
equilibrato: pasta e fagioli, riso e lenticchie… Dopo un piatto di questo
tipo, inutile proporre altre proteine
come la carne o il pesce!
Molto importante la scelta di frutta
e verdura di stagione, più ricche di
proprietà nutritive e meno contaminate dai conservanti.
Per quanto riguarda le uova, il consumo ideale è di 3 alla settimana: il
tuorlo è ricco di proteine, grassi, sali
minerali e vitamine mentre l’albume è
ricco di proteine nobili. Una curiosità:
le uova devono essere conservate nel
frigo con la punta verso il basso! In
questo modo la camera d’aria con-
tenuta all’interno dell’uovo resta in
alto e non viene compressa.
Francesca consiglia di mangiare carne
sia rossa che bianca 3 o 4 volte a settimana purché magra. Una curiosità:
qualche goccia di limone sulla carne
favorisce l’assorbimento del ferro da
parte dell’organismo; il calcio contenuto nei latticini, invece, ne ostacola
l’assorbimento: ecco che la kasherut
trova un fondamento scientifico!
Molto sani sono i grassi contenuti nel
pesce del tipo Omega3. Per i bambini prediligere pesci quali sogliola,
platessa, merluzzo, orata, branzino.
I pesci da allevamento sono più economici ma “meno muscolosi”, quindi
più grassi. Non eccedere nel consumo
di pesci grandi come il tonno, poiché
concentra nelle sue carni il mercurio
dei pesci più piccoli di cui si nutre (il
mercurio è un metallo tossico).
Molta attenzione quando si mangia
sushi, che sia di provenienza certa
e conosciuta per evitare sgradevoli
c
intossicazioni da pesce crudo.
Cosa devono
mangiare
i nostri bambini?
di Stefania Sciama
N
e abbiamo parlato con la
dietista Francesca Modiano
mer c ole d ì 23 m a g g io
nella sede dell’Adei. Francesca ha
sottolineato come sia importante la
varietà, la proposta in tavola di cibi
sempre diversi sia per sviluppare il
gusto dei bambini che per rifornirli
dell’energia e di tutti i nutrienti di
cui hanno bisogno.
Ma come convincere le nostri piccole
pesti ad assaggiare cose nuove?
Francesca consiglia di coinvolgere i
Luglio/Agosto • 2012
Bollettino
41
la voce dei lettori
comunità LETTERE
Lettere, annunci e note si ricevono
solo via e-mail a: [email protected]
Non saranno accettati al telefono, né scritti a mano
Diritto allo Studio: le regole
Monaco ‘72. Quel silenzio negato
Nel settembre del 1972, a
Monaco, si svolgevano le
Olimpiadi durante le quali un
attentato terroristico causò la
morte degli atleti israeliani. A
Bollettino
u b t k h n c
, h s u v h v
v k v e v
della
Comunità
Ebraica
di Milano
i u t y c
ANNO LXVii, n° 7-8
Luglio/Agosto 2012
Mensile registrato col n° 612 del
30/09/1948 presso il tribunale di
Milano. © Comunità ebraica di Milano,
via Sally Mayer, 2 – MILANO
Redazione
via Sally Mayer, 2, Milano
tel: 02 483110 225/205
fax: 02 48304660
mail: [email protected]
Abbonamenti
Italia 50 €. Estero 56 €.
Lunario 8 € . Ccp 31051204
intestato a: Bollettino della
comunità ebraica di Milano
distanza di 40 anni, Israele
ha chiesto un minuto di silenzio per ricordare la strage,
ma il Comitato Olimpico ha
risposto in modo negativo e
la commemorazione non avrà
luogo.
Piegarsi in questo modo, per
paura, al “politically correct”,
anche da chi dovrebbe avere
per scopo, tra l’altro, il superamento dell’antagonismo
tra i popoli, è indegno ed è
per questo che io (e spero di
non essere sola) non seguirò
lo svolgersi delle Olimpiadi,
come ho sempre fatto nel
passato.
Ester Picciotto
Gerusalemme
Direttore Responsabile
Milano
Fiona Diwan
Redazione
Ester Moscati,
Dalia Sciama (grafico)
Progetto grafico
Isacco Locarno
Hanno collaborato
Luciano Assin, Rochelle
Bendaud, Laura Brazzo, Rav
Roberto Della Rocca, Daniel
Fishman, Daniele Liberanome,
Ruth Migliara, Maria Luisa
Moscati, Ilaria Myr, Sara
Pirotta, Stefania Sciama, Mara
Vigevani, Roberto Zadik.
Foto
Laura Brazzo, Orazio Di
Gregorio, Mario Golizia
Fotolito e stampa
Ancora - Milano
Responsabile pubblicità
Dolfi Diwald
[email protected]
chiuso in Redazione il 21/06/12
gine Giudaica del cristianesimo e quanto sia pericolosa
l’affluenza in Europa dei
gruppi Musulmani più fondamentalisti.
Penso che non sarebbe male
che la Comunità Ebraica di
Milano, qualche nostro gruppo giovanile o qualche nostra
istituzione, organizzi un incontro, o se già avvenuto ne
faccia seguire altri.
Potrebbe essere un’occasione
per conoscerlo più a fondo,
orientandoci su chi è veramente meritevole di essere
appoggiato, in un momento
di caos.
Maggiore approfondimento
sulla sua ideologia si può ricavare da Internet.
Cordiali saluti.
Claudio Coen
Grazie a Magdi
Allam e a “Viva
Israele”
A Milano, in Via Benedetto Marcello è stata aperta
una sede del movimento “Io
amo l’Italia” di Magdi Allam.
Come potete vedere dalla
foto qui accanto, su uno dei
vetri delle finestre, che danno
sulla Via Benedetto Marcello,
c’è la scritta “Viva Israele”
con l’indirizzo del sito (notare
che è una zona a forte densità
di popolazione Musulmana).
In molti suoi discorsi e articoli Magdi Allam menziona
Israele (quanto sia importante anche per i Cristiani
difenderne l’esistenza), l’ori-
KKL: Aperta una
sottoscrizione
per Muiz Behare
Il KKL Italia Onlus ha aperto una sottoscrizione per la
piantagione di alberi a Baram, in memoria di Muiz
Behare z.l. Gli amici e i conoscenti che desiderassero
partecipare alla raccolta,
possono contattare gli uffici
del KKL. Tel. 02 418816,
[email protected]
La ricerca di un
Volontario A.V.O.
Buon giorno,
mi chiamo Claudio Bandi,
presto servizio come volontario AVO (Associazione
Volontari Ospedalieri) nel
reparto Ortopedia e Riedu-
cazione Funzionale al 6° piano dell’Ospedale San Paolo
a Milano.
Verso la fine dello scorso
anno, nello stesso periodo della celebrazione della
festività di Hanukkah, ho
incontrato, nel reparto di
Rieducazione, un paziente
di circa 80 anni della vostra
comunità, probabilmente
colpito da ictus, con il quale ho avuto la possibilità di
dialogare lungamente e da
Lui, in particolare, sentirmi
raccontare le vicissitudini sue
e della sua famiglia durante
l’ultima guerra mondiale.
Un giorno, tornato in reparto, ho saputo delle dimissioni
della persona di cui non conosco il nome poiché è nostra
prassi non chiedere ai pazienti nulla di strettamente personale, se non sono loro stessi
ad aprirsi in tal senso.
Sarei felice di poterlo incontrare di nuovo per approfondire e raccogliere le sue
testimonianze di quel tempo
e, con il suo accordo, pubblicare un racconto sul periodico dell’Associazione “NOI
Insieme”.
Altre tracce che possono essere utili alla ricerca sono la
sua frequenza di una sinagoga nella zona ovest di Milano,
la passata professione di orologiaio, una figlia che opera
come medico preso l’Ospedale di Melegnano o San Donato e, se mi rammento bene,
la passione per la squadra di
calcio dell’Inter.
Per contattarmi, rivolgersi al
Bollettino, 02 483110 225
Claudio Bandi
Corsico (MI)
La Commissione Contributo allo Studio spiega, con una
lettera aperta, i criteri di assegnazione
I
n questi giorni circolano obiezioni sul nostro
operato; vi scriviamo
quindi sperando di riuscire a spiegarvi come prendiamo le decisioni che
vi riguardano. Decisioni
sofferte, ragionate e prese
responsabilmente, sia con
il cuore sia con la testa.
La Commissione è nata
per consentire alle famiglie di iscrivere i propri figli
alla Scuola Ebraica che vogliamo mantenere attiva,
funzionante e aperta a tutti
perché rappresenta la linfa
vitale ed il cuore pulsante
dell’intera Comunità. Ogni
anno permettiamo a tutte
le famiglie - senza distin-
zione - di fare richiesta di
Contributo allo Studio e
operiamo rispettando regole, limiti e norme - uguali per tutti - stabilite dal
Consiglio della Comunità
Ebraica; utili e necessarie
per garantire l’equità delle
decisioni prese e la loro sostenibilità economica.
Vi chiediamo di corredare
la richiesta portando ISEE
e Dichiarazione dei redditi,
documenti importanti che
possono aiutarci a prendere le decisioni. Le nostre
analisi non si basano però
solo su questi documenti,
freddi dati matematici che
da soli non avrebbero alcuna importanza.
Rappresentiamo la Comunità Ebraica di Milano e
manteniamo al centro di
tutto le vostre storie personali. Per prendere decisioni, però, dobbiamo inserirle in un contesto generale
e quindi le conclusioni a
cui arriviamo non possono
essere soggette a paragoni.
Alla luce della nostra visione di insieme, dell’impegno che ci mettiamo,
della responsabilità a cui
facciamo fede e del principio di imparzialità a cui
ci ispiriamo, le nostre decisioni devono essere e sono
insindacabili e definitive.
Vi chiediamo di rispettarle
e di collaborare.
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sei ancora in tempo.
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La Commissione Contributo
allo Studio Dalia Fano,
Sergio Lainati,
Alfonso Sassun
errata Corrige
Nell’articolo-recensione “Parole e abissi dell’anima di
Israele” di Giovanna Rosadini Salom, dedicato al libro
La Narrativa ebraica moderna
di Gershon Shaked, pubblicato sul Bollettino di Giugno
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Bollettino
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Vasto campionario
di caratteri ebraici
Note tristi
MARMISTA
Umberto Vitta
Ester Vitta desidera ringraziare di cuore tutti
coloro che le sono stati
vicini, cercando di alleviare il grande dolore per
la perdita del caro marito
Umberto.
Dal 15 maggio al 15 giugno sono
mancate le seguenti persone:
Benito Saporta
Bruno Berrebi
Nayereh Safar Nejad
Lea Mandel
Freddy Grunberg
Louma Msica
Samuele Dentes
Sia la loro memoria benedizione.
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comunità
Note Liete
Noa Benyacar
Il 14 febbraio 2012 / 21
Shevàt 5772, è nata Noa
Benyacar, lo annunciano
con gioia i genitori Daniela e Samuele, con Sarah,
i nonni, gli zii, e tutta la
famiglia vicina e lontana,
che le augura un grande
Mazal Tov.
Le Benòt Mitzvà
2012 - 5772
Mazal Tov a Shayli Djerbi, Lea Foà, Sara Forni,
Emma Jaffè, Martina Jarach, Allegra Jona, Chana Katri, Noa Levi, Anna
Luzzatti, Sarah Suleyman,
Emma Terracini che hanno celebrato il loro Bat Mitzvà in concomitanza con la
festività di Shavuoth, nel
Tempio Centrale Hechàl
Agenda Luglio/Agosto 2012
David uMordekhai di via
Guastalla. Auguri!
CONCORSO
FOTOGRAFICO 2012
CDEC - AEPJ
Samuel
Capelluto
Mazal Tov a Samuel Capelluto che il 14 maggio
2012 ha messo i teffilin
presso il Centro Modena di
via Carlo Tenca. Claudio
e Monica, con Miriam ed
Esther ringraziano tutti i
rabanim e tutti i cari amici
presenti al lieto evento.
EDOARDO ORTELLI
Edoardo Ortelli il 10 maggio ha messo per la prima
volta i Tefillin e sabato 12
maggio, in occasione del
suo Bar-Mitzvah, ha letto
la Parashà Emor al Tempio
Maggiore di Milano.
Felici e orgogliosi ne dan-
Foto Mario Golizia
Dall’alto, in senso orario: Noa Benyacar, le Benòt
Mitzvà, Edoardo Ortelli, Samuel Capelluto
no l’annuncio la mamma
Paola Tueta, il papà Maurizio Ortelli e la sorellina
Rachele.
Alla gioia di tutti si unisco-
no le nonne Ricki e Pili, i
nonni Ganchi e Fellow, lo
zio Davide, la zia Mima,
tita Patti, tito Mao e Lorenzo”.
Il concorso fotograf ico
2012 è stato lanciato!
Seguendo il tema della
Giornata della Cultura, il concorso si intitola
quest’anno “Riso ebraico”
(dal witz agli spettacoli dei
bambini, dai travestimenti
di Purim agli Shofar Hamorim dei campeggi giovanili, dai momenti di festa
e di feste, al sorriso rubato
a una nonna, un nipote o
una amica... In uno scatto:
ridere ebraicamente.
Novità! Il concorso ha due
sezioni: a) foto d’autore:
fotografie originali realizzate direttamente dal
concorrente.
b) foto dal cassetto: fotogra-
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fie “di famiglia” inerenti
al tema del concorso.
All’indirizzo www.cdec.
it/concorso_fotograf ico_2012.asp si possono
scaricare il regolamento
e il modulo di partecipazione, e ci si può iscrivere
ondine.
DEC: TALMUD TORAH
NAZIONALE
Il DEC organizza, dal 2
al 6 Settembre 2012, il
Talmud Torah Nazionale
indirizzato ai ragazzi in
età di scuola media (11 14) delle piccole e medie
Comunità e di coloro che
non frequentano le scuole
ebraiche di Roma e Milano. Fra gli obiettivi
primari quello di riunire
ragazzi da tutta Italia per
un significativo momento di studio, cui verranno
abbinate attività di sport,
svago e divertimento.
La condivisione di una
esperienza del genere,
permetterà ai ragazzi di
conoscersi, o di ritrovarsi,
rinnovando le opportunità
di crescita e di socializzazione in ambiente ebraico.
I ragazzi alloggeranno
presso il Centro Morpurgo di Trieste dove
avranno luogo anche le
varie attività con la presenza di insegnanti e di
madrichim qualif icati.
L’iniziativa si inserisce in
un progetto di collaborazione fra il DEC - UCEI
e la Comunità di Trieste
che, con la struttura del
Centro Morpurgo di Opi-
cina, conferma l’impegno
a promuovere e sostenere
le attività di aggregazione
e formazione per i ragazzi.
Quota di partecipazione:
€ 170,00 viaggio escluso. Info: Genny: 340
5546343, [email protected]
Bando di cONCORSO
Bando di concorso per
il conferimento per l’anno 2012 di due premi
di laurea promossi alla
memoria del Prof. Maurizio Pontecorvo, uno di
€ 4.000,00 da destinare a
laureati magistrali e uno
di € 2.000,00 da destinare
a laureati triennali, presso
una Università italiana.
Info: www.fondazionesapienza.uniroma1.it
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Feste & Parole
Feste ebraiche
a cura di Ilaria Myr
L
e tradizioni culinarie legate a Tishà beAv, giorno di digiuno in memoria della distruzione del Tempio di Gerusalemme
da parte dei babilonesi, prima, e dei romani poi, sono ovviamente in sintonia con la mestizia che caratterizza questo
giorno. Nei nove giorni che lo precedono, si evita di mangiare qualsiasi cibo particolarmente gustoso, come i dolci,
la carne, il vino o i piatti particolarmente elaborati. Tutto ciò rientra nell’astensione totale da qualsiasi fonte di piacere,
che caratterizza questo giorno. In Africa del Nord, alcune famiglie rifiutano anche di mangiare la carne durante la sera di
Shabbat che cade in questi giorni: si tratta dei fidiondos o hédiondos in giudeo-spagnolo, e rhanzine in arabo, discendenti delle
famiglie sopravvissute alle distruzioni del primo e del secondo Tempio che, come tali, dovevano rispettare ancora più scrupolosamente questo periodo di afflizione. Molte sono anche le famiglie che, decidendo di astenersi dai prodotti animali in
tutti i nove giorni, consumano a Shabbat carne acquistata prima del 1° di Av e mantenuta sotto sale o secca per conservarsi
a lungo. In questo periodo non si assaggiano neanche frutti nuovi, perché la benedizione esprime la gioia di “aver potuto
vivere in quest’epoca”, così come il pesce è bandito dalle tavole, in quanto simbolo tradizionale di un’occasione festosa. Il
pasto che precede il digiuno del 9 di Av deve dunque attenersi a tutti questi principi, ma allo stesso tempo saziare a sufficienza per sopportare il giorno di digiuno completo. Quindi uova sode, lenticchie - cibo che simboleggia il lutto per il loro
colore scuro -, magari cosparse di sale o di cenere, per ricordare la distruzione del Tempio. Addirittura alcuni mangiano
torte immerse nelle ceneri del forno. Per concludere il digiuno, si prepara un pasto frugale, anche questo senza dolci, carne
fresca, vino e pesce, a base invece di legumi secchi, zuppe e omelette, cucinati in modi diversi a seconda delle tradizioni.
Parole ebraiche
vxhtn
Maiseh
a cura di Roberto Zadik
C
he cosa significa maiseh? Non è un’offesa né un’esclamazione ma un termine yiddish, che
in ebraico diventa ma’ase, per definire storie, racconti e aneddoti che nel mondo askenazita venivano raccontati spesso e volentieri. Abitudine, quella di tramandare fatti e leggende,
magari in famiglia o nelle scuole rabbiniche, che da sempre ha caratterizzato il mondo ebraico
in generale, tanto che questa parola ha origini antiche. Veniva utilizzata per definire quelle
narrazioni popolari che erano vere, sì... ma non troppo. Leggende, fiabe o mezze verità? Forse
i maiseh sono tutto questo e molto altro. Ci sono vari tipi di maiseh: ad esempio, riferendosi alla
tradizione biblica, il Maaseh Bereishit è il racconto della Creazione. Nella letteratura ebraica,
laica e religiosa, vari sono gli esempi di maiseh, da Singer, a Roth, fino ad Agnon. In particolare,
quest’ultimo inizia molte delle sue storie con l’espressione maaseh shayah ovvero “storie realmente
accadute”. Di questo si parla anche nel Talmud, a sottolineare l’importanza di questo termine,
utilizzato anche nelle dispute legali della legge ebraica, fin dai tempi antichi.
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il Bollettino della Comunità (20.000 lettori, tra cui tutte
le famiglie ebraiche di Milano e provincia e un selezionato
indirizzario nazionale e internazionale),
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(inviato a tutte le Comunità Ebraiche italiane)
Info: Dolfi Diwald
concessionario in esclusiva per i media della Comunità Ebraica di Milano
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