lotta all`erosione e al dissesto idrogeologico
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lotta all`erosione e al dissesto idrogeologico
LOTTA ALL'EROSIONE IDROGEOLOGICO E AL DISSESTO L'impiego dell'ingegneria naturalistica per scongiurare le catastrofi ambientali che spesso colpiscono il nostro Paese di Giovanni Quilghini, da Il Forestale n. 77 L'erosione e il dissesto idrogeologico della montagna sono tristemente noti in Italia. Gli effetti su pianure e vallate si misurano in devastanti frane e alluvioni. All'indomani di questi gravi eventi in cui si contano vittime e danni, si assiste invariabilmente alla pianificazione e progettazione di Grandi Opere destinate ad erigere baluardi di sicurezza a fronte di profonde modifiche della morfologia del territorio e del paesaggio. Crediamo opportuno, allora, concentrare l'attenzione sulla necessità che gli interventi di prevenzione siano svolti prima di tutto nelle aree montane, che costituiscono il 75% del territorio del Paese. La stabilità dei versanti, conseguita "a monte" attraverso la regimazione dei piccoli corsi d'acqua, è infatti la prima condizione per prevenire più gravi dissesti nelle zone vallive. Al cospetto delle grandi opere, la sistemazione montana richiede un approccio "filosofico" e tecnico diametralmente opposti. Il complesso delle pratiche cui si ricorre va sotto il nome di"sistemazioni idraulico forestali"; esse sottintendono un attività di tipo estensivo e richiamano opportunamente la foresta quale presenza essenziale per la difesa del suolo e la regimazione delle acque. La conservazione della copertura forestale e il miglioramento dei boschi attraverso la tutela dei processi di naturale evoluzione verso formazioni mature con alti livelli di biodiversità rivestono naturalmente un ruolo insostituibile anche nella prevenzione dei dissesti. Le sistemazioni idraulico-forestali comprendono un complesso di piccoli interventi a diffusione capillare, realizzati con preminenti finalità di prevenzione. Nel tempo si sono evoluti principi e tecniche costruttive, con crescente attenzione agli effetti sull'ambiente, al contenimento dei costi e alla salvaguardia dei valori naturalistici. Negli ultimi decenni si è ricorso sempre più spesso, e in ambiti territoriali diversi, alla "ingegneria naturalistica". Tale complesso di tecniche ha come obiettivo la difesa del suolo attraverso l'utilizzo di materiali reperibili in natura, quali piante o loro parti, o intere biocenosi, combinati con legname, pietrame e terra. Le opere costruite secondo questi criteri consentono di avere un buon risultato tecnico, un buon effetto ecologico, economico ed estetico. La differenza con le opere tradizionali risiede nell'utilizzo dell'attitudine biotecnica delle specie vegetali e nel fatto che, con il passare del tempo, l'opera costruita subisce modifiche ed evoluzioni in relazione alle dinamiche naturali degli elementi che la compongono. Contrariamente a quanto avviene rispetto alla muratura, l'efficacia delle opere di sistemazione "vicine alla natura" aumenta con il passare del tempo, aumenta cioè con il crescere e l'affermarsi della vegetazione. Naturalmente c'è un rovescio della medaglia: perché una rete di opere sia efficacemente distribuita, e quindi possa assolvere il proprio compito, nulla si può lasciare alla improvvisazione. La conoscenza del territorio e della naturale dinamica ambientale deve essere patrimonio dei tecnici e degli operatori forestali. In altre parole, mettere in pratica la sistemazione idraulico-forestale attraverso l'impiego delle tecniche di ingegneria naturalistica presuppone una presenza costante in montagna oltre ad una elevata professionalità. La gestione diretta delle Riserve naturali dello Stato è un esempio di come sia possibile realizzare e mantenere nel tempo un complesso di opere per la difesa del suolo. La Foresta della Lama, all'interno della Riserva naturale Biogenetica di Badia Prataglia nel versante settentrionale dell'Appennino tosco-romagnolo, si estende su pendici acclivi in un paesaggio dalla morfologia tormentata. La maestosa foresta protegge da secoli un suolo ricco ma fragile. La costante attenzione alla sua conservazione è stato da sempre uno dei principi informatori della gestione. Nelle fasi preliminari della progettazione occorre reperire i materiali. Pietrame e legno non mancano. Si ricorre allora al castagno, specie ben nota per la durabilità, o all'Abete americano (douglasia) presente nella foresta in diffusi piccoli rimboschimenti. Talee di salice bianco sono pronte all'uso per il completamento dei manufatti e per le piccole opere di regimazione superficiale. Il campo di applicazione spazia dal consolidamento di pendici alla regimazione dei corsi d'acqua, al ripristino della vegetazione in piccole aree in erosione. Vi sono inoltre numerose occasioni di realizzazione di vere opere di sostegno della viabilità forestale quale valida alternativa alla muratura con l'uso di cemento. Opere di sostegno di sottoscarpa o controripa Il consolidamento di pendici si ottiene costruendo una palificata, assimilabile ad un "contenitore" costituito da tronchi e riempito, durante la costruzione, di terra e pietrame. Tra i tronchi e la terra, verso l'interno, sarà disposto uno strato di pietrame che conferisce peso alla struttura (l'opera è classificabile tra quelle cosiddette "a gravità") e contribuisce a limitarne lo svuotamento in seguito al ruscellamento delle acque meteoriche, particolarmente insidioso nei primi tempi quando è ancora nulla o scarsa la copertura vegetale. Nel corpo della palificata, tra i giunti delle pietre, si mettono a dimora talee (porzioni di rami prelevate, durante il riposo vegetativo, su piante vive nelle vicinanze del lavoro) di specie autoctone, originarie della zona, che abbiano, come caratteristica ecologica, la capacità di emettere radici e nuovi getti verdi. Nel tempo, la coltre vegetale ricopre e rende sempre più stabile l'opera, attraverso la fitta trama delle radici. La copertura verde contribuisce efficacemente alla eduzione delle acque dal corpo della struttura. Ad intervento ultimato segue la semina di specie autoctone sia erbacee che arbustive, i cui propaguli sono offerti sempre dalla foresta oltre a sistemazioni superficiali (graticciate e fascinate). Le talee debbono essere prelevate nelle vicinanze da piante in riposo vegetativo (ciò condiziona i tempi di realizzazione di questa tipologia di opere). Occorre prestare attenzione sia al prelievo (rami di 2-3 anni con gemme a legno, parti superiori delle piante) che alla conservazione (è utile disporle in un fosso fino al momento dell'impiego) del materiale di propagazione. Le talee debbono essere inserite a strati nel corpo dell'opera sopra ogni tronco longitudinale, facendo attenzione a riempire tutto lo spazio intorno ai fusticini con terra. L'utilizzo di materiale di propagazione vegetale, oltre a diminuire l'impatto visivo dei manufatti nascondendoli parzialmente alla vista, contribuisce in modo sostanziale alla stabilità dell'opera. La sistemazione di superfici in erosione L'erosione superficiale di pendici e scarpate si combatte con piccole opere di sistemazione e di prevenzione del ruscellamento. Queste hanno il compito di rallentare la velocità delle acque e di trattenere le particelle terrose per l'attecchimento delle specie vegetali; possono contribuire, se realizzate con parti vive (es. talee o piantine), all'effettiva colonizzazione di estese superfici. La tecnica dell'impiego di parti vive di piante si utilizza nelle sistemazioni superficiali del suolo, per esempio per creare piccole vie preferenziali per la eduzione delle acque nei corpi di frana. Si usa allora costruire fascinate e graticciate, "piantando" in terra paletti a pettine sui quali si intreccia ramaglia viva. Queste piccole opere "mettono radici" ben presto, e in primavera sono coperte di foglie. La briglia Costruita in legname e pietrame, si utilizza in torrenti e corsi d'acqua montani: un ottimo strumento a disposizione del tecnico per regolarne i deflussi, contrastarne l'erosione del fondo e consolidarne alvei e sponde. La briglia rallenta la velocità dell'acqua, permettendo il deposito dei detriti trasportati. Ben presto il piccolo bacino a monte dell'opera si colma. Per apprezzare l'opera svolta in tanti anni non è sufficiente una fugace passeggiata. La effettiva presenza e consistenza delle opere di sistemazione estensiva spesso non si nota. Briglie e difese di sponda sono lontane dalle strade pubbliche e distanti dai sentieri degli escursionisti, sono ben conosciute solo dagli operai forestali o dai tecnici progettisti che svolgono in bosco il loro lavoro. Inoltre la loro prerogativa di opere di prevenzione le tiene lontane dalla ribalta delle cronache. Se a tutto ciò si aggiunge che il costo di realizzazione è assai contenuto, è facile capire quanto poco siano praticabili politicamente. Attraverso le opere di ingegneria naturalistica, in tempi di scarse disponibilità finanziarie, si riesce ancora a attuare una efficace azione di tutela dei versanti, di regimazione delle acque meteoriche e di laminazione delle piene. Tutto questo a vantaggio del mantenimento della fertilità dei boschi e della protezione delle aree di pianura. Come molte cose realizzate dai forestali, anche le opere di ingegneria naturalistica lavorano in silenzio e fuori dei riflettori per preservare e migliorare il bene comune A cura dell'ufficio stampa dell'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato