XXV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI ANALISI

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XXV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI ANALISI
XXV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI
ANALISI DEI PROCESSI DECISIONALI E DELLE POLITICHE DELL’ALTA
VELOCITÀ/CAPACITÀ.
Sara LEVI SACERDOTTI1, Fiorenzo FERLAINO2
1 Ires Piemonte, Via Nizza, 18, 10125 -Torino
2 Consulente Ires Piemonte, Via Nizza, 18, 10125 -Torino
SOMMARIO
Il presente lavoro analizza la storia e le dinamiche decisionali e finanziarie delle politiche
sull’alta velocità-alta capacità in Italia. Per quanto concerne la storia viene analizzata la
nascita dell’alta velocità in Italia parallelamente alle principali esperienze europee (TGV
Lione-Parigi) e Tunnel della Manica. Lo studio si è soffermato in particolare sulle cause che
hanno condotto al passaggio dall’alta velocità all’alta capacità come differenza non solo
lessicale ma sostanziale; analizzato parallelamente alla societarizzazione delle Ferrovie dello
Stato. Particolare rilevanza è stata dedicata all’analisi del processo finanziario di TAV; a tal
fine sono state individuate tre fasi principali di project financing: fase uno (1991-1996) “idea
innovativa”; fase due (1996-2001) “tentativo di applicazione”; fase tre (attuale)
“cartolarizzazione”. Concludendo però che per nessuna delle tre fasi vi è mai stato un reale
co-finanziamento pubblico/privato. Inoltre sono state studiate le principali cause di conflitto
fra gli attori in gioco, l’evoluzione degli strumenti concertativi, le difficoltà di coordinamento
territoriale tra centro e periferia e il conseguente allungamento dei tempi. Infine particolare
attenzione è stata dedicata alle politiche di pianificazione regionale del Piemonte in materia di
Alta velocità/capacità
1. IL CONTESTO EUROPEO
Nel 1990 la Commissione Europea, partendo dal primo rapporto preparato dal Gruppo di
Lavoro ad Alto Livello, ha elaborato lo "Schema Direttore Europeo della rete Alta Velocità,
con orizzonte al 2010". L’approvazione, nei primi mesi del '91, del Consiglio d'Europa è stata
in seguito riconfermata dalle scelte compiute nel trattato di Maastricht e nei documenti
successivi: il Libro Bianco Crescita, Competizione e Sviluppo (Commissione delle Comunità
Europee 1993), il rapporto Europa2000+ (Commissione Europea, Dg XVI, 1994) e lo Schema
di sviluppo dello spazio europeo (Comitato per lo sviluppo del territorio, 1997).
Le linee guida nuove relative alle politiche di programmazione comunitaria in materia di
trasporti sono contenute nel “Libro bianco” della Commissione Trasporti pubblicato (2001).
Considerando i risultati emersi due sono stati i fattori chiave della continua crescita della
domanda di trasporto:
La gran parte dei flussi di trasporto passeggeri fa uso dell’automobile con un parco macchine
utilizzato che è triplicato negli ultimi 30 anni, e con un incremento di automobili all’anno pari
a 3 milioni. Nonostante negli anni più recenti ci sia un certo rallentamento del fenomeno ci si
attende un ulteriore incremento entro il 2010 dovuto soprattutto alla crescita attesa dei nuovi
paesi dell’est che entreranno a far parte dell’Unione
I trend di crescita del traffico, attesi per il prossimo decennio, avranno le ricadute nocive
sull’ambiente e sulla sicurezza e rischiano di compromettere pesantemente le condizioni di
vita dei cittadini europei.
La maggior parte degli spostamenti internazionali europei di persone avviene in aereo e in
auto (rispettivamente il 47% e il 43% del mercato totale). In particolare, per quanto riguarda il
traffico aereo, l’incremento registrato annualmente a partire dal 1980 è stato pari al 7%, con
una consistente crescita rilevata negli ultimi anni, a causa della forte parcellizzazione e
riduzione dell’offerta tariffaria resa possibile dalla concentrazione delle compagnie aeree sui
principali scali europei.
All’interno della Comunità, nell’ambito del trasporto merci, l’utilizzo della ferrovia è pari al
14%, mentre quello su strada supera il 60%.
Le previsioni per il prossimo decennio indicano una crescita del trasporto passeggeri di oltre il
24% e del traffico merci pari al 38%. In particolare sul trasporto merci, l’incremento su
gomma previsto è pari al 50%.
Le problematiche cui occorre trovare risposte sono relative a:
a) l’incremento della domanda di trasporto passeggeri e merci;
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b) lo sbilanciamento della crescita della domanda di trasporto aereo e su strada in rapporto al
trasporto su rotaia;
c) la congestione delle città e delle principali direttrici;
d) l’impatto ambientale;
e) l’elevato grado d'incidentalità
Il principale obiettivo della politica comunitaria è quello di riequilibrare il sistema attraverso
un uso bilanciato dei differenti modi di trasporto, ponendo i trasporti ferroviari, marittimi e
fluviali sullo stesso piano dei trasporti stradali ed aerei.
Lo spostamento dei flussi di trasporto dalla strada alla rotaia e all’acqua comporta la riduzione
delle emissioni nocive nell’ambiente (determinate dalle quantità trasportate e dal numero dei
veicoli in circolazione e fermi in coda) e la diminuzione della congestione sulle direttrici
primarie.
La nuova politica comunitaria si basa su quattro obiettivi:
1) migliorare l’intero sistema, a cominciare dal trasporto ferroviario che necessita di essere
rivitalizzato in termini di competitività e di qualità;
2) costruire nuove infrastrutture, con lo scopo di eliminare i colli di bottiglia e migliorare le
connessioni tra le regioni periferiche e i futuri Stati dell’Unione;
3) migliorare la mobilità, la sicurezza e la qualità della vita dei passeggeri;
4) riflettere sulle nuove frontiere dei trasporti, l’innovazione tecnologica e la loro
dimensione.
Il programma europeo indica inoltre come prioritario lo sviluppo dell’intermodalità e del
trasporto combinato, incentrato sul sistema di consegna delle merci porta a porta, reso
possibile dall’interoperabilità dei sistemi e delle reti tramite la realizzazione di una rete unica
europea.
Per rendere attuabili tali obiettivi la Commissione ribadisce la necessità di aumentare i
finanziamenti per la realizzazione del network transeuropeo e per l’intermodalità, ricorrendo
ad un sistema unico europeo di pagamento dei pedaggi autostradali.Viene inoltre rinnovato
l’appello al ricorso di nuove forme d'intervento, come la partecipazione al capitale di rischio
per i fondi di investimento o per altri strumenti finanziari.
I finanziamenti previsti, con il nuovo regolamento finanziario, nel settore delle reti
transeuropee di trasporto, sono pari a 4.600 milioni di euro per il periodo 2000-2006, sono
quasi raddoppiati rispetto a quelli del periodo 1994-1999.
L’intervento contributivo comunitario per le infrastrutture ferroviarie e portuali viene inoltre
elevato dal 10% al 20% del costo totale dell’investimento nel caso in cui le infrastrutture
superino notevoli difficoltà di carattere naturale (con la precedente formulazione, invece, tale
contributo era limitato ai soli sistemi di posizionamento e di navigazione satellitare).
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1.1. Il contesto italiano
Nel contesto italiano, il contributo del 20% può essere applicato ai progetti ferroviari
transfrontalieri della linea ferroviaria Torino-Lione e dell’asse ferroviario del Brennero. Due
progetti, questi, assolutamente necessari per migliorare le connessioni infrastrutturali
internazionali anche in virtù del fatto che l’Italia è agli ultimi posti nelle graduatorie europee
per quanto riguarda la dotazione di infrastrutture. Questo piazzamento che deriva soprattutto
dalle carenze strutturali delle regioni meridionali, resta comunque insoddisfacente anche per
quanto riguarda le regioni settentrionali, che in genere si posizionano sulla media europea. Se
si tiene conto che il bacino padano è inserito nella seconda area “ricca” europea (Pil pro
capite), dopo il triangolo delle capitali del nord (Londra-Parigi-Amsterdam), emerge
l’urgenza di un adeguamento della rete infrastrutturale, che è rimasta sostanzialmente
immutata nel corso degli ultimi 20 anni, sia per quanto concerne le autostrade che, in
particolare, per la ferrovia, in cui è più marcata la lontananza dagli standard minimi di
efficienza.
2. DALLA BASSA VELOCITÀ ALL’ALTA VELOCITÀ:
DELL’INFRASTRUTTURA FERROVIARIA NEL DOPOGUERRA.
IL
RUOLO
L’alta velocità può essere pensata costituita da tre componenti fondamentali:
-
Un apparato software consistente nei vettori ETR 500 aventi caratteristiche peculiari
che trovano origine nella più primordiale tecnologia del “pendolino”;
- Un apparato hardware composto da una nuova rete dedicata con caratteristiche tali da
consentire alte velocità;
- Un sistema decisionale che permette la progettazione, costruzione e messa in esercizio
di tale tecnologia.
Come vedremo questi tre elementi costitutivi hanno assunto valenze diverse in periodi
differenti della storia ferroviaria e della politica dei paesi europei con modalità proprie nei
diversi contesti nazionali.
Dal dopoguerra sia in Italia che nella vicina Francia, e con le necessarie differenze anche in
Germania e negli altri Paesi europei occidentali, si è assistito a cinque fasi distinte delle
politiche inerenti i trasporti ferroviari:
La prima fase, che trova il suo esordio nei nuovi assetti politici intervenuti dopo la seconda
guerra mondiale e che perdurerà per tutti gli anni sessanta, si è basata sul principio
dell’integrazione socio-territoriale delle diverse realtà culturali e sociali presenti nelle due
nazioni.
Parallelamente si sviluppò la rete stradale e autostradale che divenne l’infrastruttura portante
e di sostegno del modello industriale e del macro ciclo di crescita: metalmeccanica,
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siderurgia, chimica, costruzioni, costituirono i settori trainanti di questo modello che trovò
nell’auto privata il prodotto emblematico del suo sviluppo.
La seconda fase è quella dell’integrazione tecnica e sociale del trasporto pubblico e in
particolare delle ferrovie. Tale fase cominciò alla fine degli anni sessanta, ebbe
un’accelerazione dopo la crisi energetica del 1973 e terminò all’inizio degli anni ottanta.
L’integrazione tecnica e politica si fonderà, in questo caso, su progetti e investimenti
esemplari – per la Francia il progetto TGV e per l’Italia il Pendolino- tendenti a ridare un
ruolo alla tradizionale cultura tecnica del personale, e soprattutto su investimenti in capitale
umano, a scapito spesso di quelli dedicati alla rete, che si mossero entro l’orizzonte
dell’integrazione sociale e, in Italia, del consenso politico verso le forze e gli apparati
incaricati della gestione e del controllo della rete ferroviaria.
La terza fase interessa tutti gli anni ottanta. Gli anni ottanta furono orientati verso
l’integrazione funzionale della rete pubblica ferroviaria e diedero luogo ad una
riorganizzazione e ristrutturazione degli enti e a una diversificazione del servizio, sia relativo
alle merci che ai passeggeri (treni veloci, intercity, intermodalità merci, ecc.).
In Francia ciò avverrà attraverso grandi investimenti che fecero seguito alla statalizzazione
nel 1982 della SNCF, che da società di diritto privato divenne un’impresa pubblica (Epic) a
carattere industriale e commerciale.
Negli anni novanta comincia infine una quarta fase che è quella del decentramento e
dell’integrazione gestionale ai meccanismi di mercato e quindi della rottura del monopolio
pubblico del trasporto ferroviario. La data d’inizio può essere fissata a partire dalla Direttiva
Europea 91/440 che impone una politica comune di gestione del servizio di rete e distingue la
gestione pubblica della rete dal suo utilizzo, che invece dovrà essere accessibile agli operatori
privati.
In questo senso si muove la riforma delle ferrovie dello Stato e la loro trasformazione in
società di capitale.
La quinta fase, cominciata alla fine degli anni novanta, completa il processo di integrazione ai
meccanismi di mercato ma nel contempo adegua il vettore dei trasporti al principio di
sussidiarietà, togliendo allo Stato centrale i rami regionali della rete e le funzioni di traffico
locale e trattenendo solo la linea strategica e i nodi di interconnessioni nazionali e
internazionali. Il decreto legislativo n. 422/97, attuativo della riforma ‘Bassanini’ per quanto
concerne le deleghe relative alle funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico localee il
primo strumento attuativo di questa fase non ancora ultimata.
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2.1 La lunga gestazione dell’alta velocità in Italia
Dalla metà degli anni ‘50 la scelta occidentale e in particolare dell’Italia è stata di potenziare
principalmente gli assi autostradali, mentre dalla metà degli anni ‘60 le Ferrovie Italiane
iniziarono i primi studi per la realizzazione di una rete ferroviaria veloce. L’intento dichiarato
era di decongestionare gli assi più affollati rendendo la capacità ferroviaria adeguata allo
sviluppo del sistema viario metropolitano. Nel 1961 inizia così la costruzione della
direttissima Roma-Firenze.
L’obiettivo perseguito anche alla luce dei risultati e dei tempi occorsi, è stato quello di
rispondere al clima di “frustrazione” della potente corporazione ferroviara scaturito a seguito
dell’immissione di risorse umane scarsamente professionalizzate e funzionali al
mantenimento del consenso politico, e poi politico-sindacale, per mezzo di meccanismi di
cooptazione fondamentalmente clientelari. A tale clima si è risposto attraverso l’impegno,
limitato e locale, su progetti tecnici di alto livello scientifico. Il progetto italiano era
considerato migliore rispetto all’omologo giapponese Shinkanseng. Si trattava del primo
progetto europeo ferroviario destinato all'Alta Velocità: solo nel 1964 veniva realizzato il
progetto Giapponese. Il completamento della direttissima sarebbe avvenuto venticinque anni
dopo.
Nel 1982 il Piano Mayer rappresenta l’ultimo atto politico nel quale viene proposta l’alta
velocità, approvata con decreto del Ministro dei trasporti n.48d del 1986.
Nel 1986 per la prima volta in Italia un atto pubblico di coordinamento e indirizzo della
politica nazionale, il Piano Generale dei Trasporti, individua nella creazione di una rete
ferroviaria ad Alta Velocità un intervento in grado di rilanciare il ruolo della ferrovia,
riequilibrare i flussi modali e facilitare il processo di integrazione europea. Si accenna al
quadruplicamento degli assi. L’obiettivo è quello di modernizzare la retE ferroviaria
modificandone funzioni e ruolo, non più rispondenti alla nuova organizzazione economicosociale, anche a seguito dell’esperienza francese.
L’alta velocità italiana pur partendo indirizzi fortemente autonomi subisce, come del resto
anche le altre nazioni europee, l’influenza e, per un periodio, l’egemonia del modello francese
della Parigi-Lione. Un modello forte, basato su un’alta domanda e su costi non
eccessivamente elevati, che ha costituito per l’insieme dell’Europa un esempio concreto di
funzionalità, efficacia ed efficienza ferroviaria, tanto da soppiantare quasi completamente
l’aereo sulla tratta Lione-Parigi.
2.2 Piatto ricco mi ci ficco: il modello francese
Il modello francese, e in particolare la linea Lione-Parigi rivoluzionerà negli anni’80 la
concezione sociale delle infrastruttura ferroviaria in Europa. E’ il punto di svolta del
passaggio dall’integrazione socio-territoriale, ormai svuotata dalla diffusione del mezzo
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privato automobilistico in ogni strato sociale, all’integrazione di meccanismi di mercato. Ciò
è reso possibile dal fatto che, per la prima volta nel secondo dopoguerra, una linea ferroviaria
presenta una profittabilità e redditività positiva su cui presto si riverseranno le attenzioni degli
operatori privati.
Il successo francese si deve alla prima linea ferroviaria europea ad alta velocità, quella del
TGV Sud-Est, che ha ridotto il tempo di percorrenza tra Parigi e Lione da quattro a due ore e
ha dimostrato la competitività di questo sistema di trasporto nel caso dello spostamento delle
persone sulle medie e lunghe distanze, con una redditività dichiarata pari a circa il 15% e una
redditività socioeconomica, comprendente cioè sia i risparmi di tempo e del relativo denaro
per gli utenti sia i risparmi rispetto alle altre modalità di trasporto, intorno al 30% .
L'interesse, la ricaduta tecnologica ed il successo economico riscontrati dal TGV Sud-Est
hanno contribuito nel corso degli anni '80 ad accelerare l'elaborazione dei programmi e dei
progetti, molti dei quali sono già ultimati o sono in corso di attuazione. Il modello francese è
stato assunto anche dalla Spagna che, in tempi record (meno di 4 anni dalla decisione
governativa), ha costruito i 471 km. della Madrid-Siviglia che garantiscono un tempo di
percorso di 2 ore e 50 minuti. Nel futuro è prevista l'estensione verso Barcellona e il confine
francese (795 km.).
L’influenza del TGV sulle altre modalità di trasporto è risultato significativo e importante:
l'aumento del traffico sull'autostrada Parigi-Lione è stato, infatti, totalmente eliminato dal
1981 al 1985 mentre è continuato sugli altri assi con un tasso di circa il 5% annuo. Dal 1985
anche sulla Parigi-Lione si è avuta una ripresa nel tasso di crescita dei flussi che tuttavia
appaiono inferiori a quelli relativi agli altri assi autostradali. Fenomeni simili ma con minore
impatto sono verificabili in alcune esperienze giapponesi.
Dal 1980 al 1987 la perdita di passeggeri dovuta principalmente al TGV, ma anche alla più
marginale concorrenza degli altri aeroporti regionali, è stata stimata in 750.000 passeggeri per
anno. La ripartizione del mercato modale del traffico aereo-TGV, relativa agli scali rodalpini
più importanti, è stata stimata al 1986 (anno di svolta della fase negativa subita dall'aeroporto
di Satolas) nel seguente modo:
• linea Parigi-Lione: 90% TGV,10% aereo
• linea Parigi-Grenoble 74% TGV, 26% aereo.
La ripartizione modale treno-aereo è stata, a metà degli anni '80, la seguente: 53% TGV, 17%
treni normali, 30% aereo.
In assenza del TGV si è potuto stimare che la ripartizione sarebbe stata notevolmente
differente e tendente a una divisione del mercato tra le due modalità: al treno sarebbe andato
dal 50 al 52% della domanda passeggeri mentre all'aereo il restante 48-50%.
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2.3 Piatto a rischio scappo via: il Tunnel sotto la Manica
Agli inizi degli anni ’80 un gruppo di lavoro anglo-francese e u n gruppo di banche iniziarono
a esaminare la possibilità di un collegamento ferroviario sotto la Manica. Nel 1985 fu lanciato
un “invito ai promotori” per la costruzione, il finanziamento e la gestione di un Tunnel sotto
la Manica, senza ricorso a garanzie o fondi statali. Nel 1986 venne scelto lo schema
Eurotunnel. A seguito di ciò venne firmato il trattato tra Francia e Gran Bretagna in relazione
alla concessione per 55 anni del tunnel. In virtù della concessione e del finazimento
totalmente privati, Eurotunnel era libera di impostare la politica tariffaria senza alcun vincolo
governativo.
Il progetto di tunnel sotto il Canale della Manica si configura, nell’ambito della politica
comunitaria sui trasporti, come l’infrastruttura del mercato privato del tutto in linea con gli
orientamenti definiti dalla Commissione europea: l’utilizzo di nuove tecnologie e nuovi
investimenti di capitale nel settore ferroviario, in cooperazione con le ferrovie dei singoli
stati; il reintegro della comptetitività del trasporto; lo sviluppo di mezzi di trasporto
combinati per merci e passeggeri; l’eliminazione delle strozzature nei trasporti fra i vari paesi
dell’UE.
In conclusione si può dire che l’esperienza Eurotunnel mette in rilievo alcune questioni
fondamentali:
-
esigenza di un mercato di capitali efficienti per poter collocare quote di capitale
azionario e di debito;
- necessità di un sistema di monitoraggio dei costi e di modelli di simulazione sofisticati
per controllare la programmazione dei lavori rispetto alle esigenze finaziarie;
- importanza della trasparenza dei dati e delle comunicazioni ad azionisti banche;
- valutazione dei rischi progettuali e di costruzione, per rispettare i tempi di
realizzazione, nonché l’esigenza di trovare dei metodi di risoluzione per i contenziosi
in corso d’opera;
- necessità, in questo tipo di grandi progetti, del rispetto degli impegni da parte di tutti i
partecipanti. Progetti di tali dimensioni richiedono impegni e regole di comportamento
da parte delle autorità governative che devono essere bene note agli inizi del progetto.
Ogni modifica di comportamento o di ritardo legislativo si ripercuote immediatamente
sui tempi di realizzazione e quindi sui costi dell’investimento.
La società Eurotunnel solo nel 2002 per la prima volta da quando è stata costituita (1986) ha
chiuso con un utile (508 milioni di euro) e gli interessi finanziari (470 milioni di euro) sono
stati coperti dal cash-flow. Questo risultato è tuttavia ancora molto lontana dagli obiettivi
prefissati sui quali erano stati effettuati i calcoli di redditività dell'investimento (25 miliardi di
euro). Il traffico passeggeri (6,6 milioni di unità nel 2002) è inferiore della metà rispetto a
quello previsto, mentre le merci trasportate (700.000 tonnellate) sono meno di un terzo delle
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previsioni nonostante per rivitalizzare l'interesse per il tunnel, la società Eurotunnel insieme
alle ferrovie inglesi e francesi facciano continue campagne a favore del trasporto su rotaia.
Dopo l’esperienza positiva della linea Lione-Parigi l’esperienza negativa del Tunnel sotto la
Manica ha segnato la presa di distanza degli operatori privati negli investimenti
infrastrutturali e dell’alta velocità e la richiesta, soprattutto in Italia, di crescenti garanzie
pubbliche che hanno, di fatto, svuotato il progetto di forte integrazione pubblico-privato e la
costituzione di un effettivo project financing.
L’esperienza della Manica insieme a quella del TGV Atlantique (con redditività negativa)
pongono cioè fine all’entusiasmo degli operatori privati e riarticolano le stesse politiche
europee di Trasporto, che si allontaneranno dal modello francese e ridaranno vigore alle
differenze tecniche e progettuali nazionali.
3 LA POLITICA DELL’ALTA VELOCITÀ DAL 1987 AL 1991: LA COSTITUZIONE
DELLA TAV.
La politica sull’alta velocità dal ’86 al ’91 è gestita dalle Ferrovie dello Stato come progetto
speciale e la T.A.V. S.p.A. (Treni Alta Velocità) vedrà la luce con il Piano Necci, nel 1991,
proprio per la realizzazione di tale progetto.
I principali obiettivi che sottostanno alla costituzione della TAV sono espressione di una
innovativa modalità gestionale della rete dedicata attraverso il coinvolgimento di capitali
privati e, dall’altra, la ricerca di una efficiente capacità esecutiva e di una maggior flessibilità
operativa. La TAV dovrà pertanto essere una struttura agile anche grazie al fatto che il
modello gestionale fuoriesce dagli schemi rigidi del servizio pubblico. Il capitale sociale TAV
sarà di 100 miliardi, costituito al 40% circa da capitale pubblico delle FS e al 60% da capitale
privato sottoscritto da istituti bancari, banche di investimento, società finanziarie e compagnie
d'assicurazione, nazionali ed estere attraverso un sistema di project financing.
Nel 1991 l'Ente FS attribuisce a TAV la concessione per la progettazione esecutiva, la
costruzione e lo sfruttamento economico delle linee ad Alta Velocità Milano-Napoli e TorinoVenezia. All’interno del nuovo quadro gestionale la TAV agisce pertanto come:
- concessionaria di FS curando la direzione di progetto con responsabilità di performance
rispetto all’azionista.
- committente con responsabilità nella gestione dei rapporti contrattuali con i soggetti
direttamente impegnati nella realizzazione delle nuove linee veloci: i general contractors e
le imprese appaltatrici che realizzano sui nodi.
- responsabile della gestione finanziaria del progetto.
- responsabile dei rapporti con le istituzioni centrali e locali in tutte le fasi progettuali,
autorizzative ed esecutive.
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Un elemento di contrasto tra TAV e FS sembra nascere proprio dalle differenti impostazioni
gestionali e operative tendenti a superare i limiti intrinseci alla mastodontica struttura delle
Ferrovie dello Stato. L’operatività della TAV orientata alle decisioni e sentita come elemento
perturbante capace di togliere spazi gestionali alle FS.
Nel 1991 TAV stipula la convenzione con Italferr e con i General Contractors1 Eni, Iri e Fiat
per la progettazione e la realizzazione delle tratte sulle linee Torino-Venezia e MilanoNapoli. Il controllo che FS aveva su questo processo era doppio: uno interno affidato a
Italferr, in quanto società di progettazione, e uno esterno attraverso una commissione di
collaudo delle linee, composta da esperti esterni nominati dalle Ferrovie dello Stato. Il ruolo
di TAV sembra pertanto configurarsi in modo nuovo rispetto ai tradizionali investimenti in
infrastrutture ferroviarie. TAV costituisce il “perno” intorno cui:
1. rivoluzionare la rete ferroviaria integrandola, non diversamente di quanto accade per la
rete autostradale, ai meccanismi di mercato;
2. costruire un nuovo rapporto pubblico-privato con un ruolo più partecipato dei grandi
imprenditori privati alla progettazione e gestione delle infrastrutture;
3. garantire un rapporto forte tra i grandi operatori privati e la progettazione tecnico-politica
di modernizzazione del paese.
Questi obiettivi divengono presto piuttosto delle “speranze” dovute a :
- cambiamenti politici e di governo, che cercano di contenere un conflitto latente tra le
esigenze di TAV, di garantire profittabilità e remunerabilità degli investimenti su linee
idonee specifiche (in primo luogo la Mialno-Roma), e gli interessi politici orientati
all’estensione degli investimenti entro un’ottica di ottimizzazione del consenso;
- l’esperienza negativa del tunnel sotto la Manica che renderà titubanti i principali
operatori privati innescando un meccanismo di continue ed estenuanti richieste di
“garanzie” degli investimenti e di “riduzione” del rischio.
Tali processi daranno subito luogo ad una serie di richieste di correzione delle opere che
allungheranno i tempi decisionali su cui si innescherà, nello stesso periodo (1993-1994) la
denuncia di alcuni operatori europei del settore della sussistenza di intese tra General
Contractors e FS, tese ad escludere forme concorrenziali in ambito comunitario, secondo
quanto previsto dalla Direttiva CEE n. 531 del 1990.
Dall’istruttoria condotta dall’Autorità Garante della Concorrenza risulterà che le società
hanno sì cercato di accelerare i tempi dell’assegnazione delle commesse, per anticipare
l’entrata in vigore della direttiva CEE n. 531 sui c.d. settori esclusi (che avrebbe aperto le
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I general contractors hanno costituito dei consorzi per ogni singola tratta, raggruppando quasi tutte le maggiori
imprese italiane di impiantistica e opere civili. Ogni consorzio realizza il 60% dei lavori assegnati direttamente
tramite le imprese che lo compongono, mentre il restante 40% viene eseguito da imprese subappaltarici scelte
direttamente dal general contractor. Tale meccanismo prevedeva che anche le imprese del consorzio
subappaltano i lavori a terzi. Un motore a cascata che ha fatto sì che a lavorare sui cantieri dell’alta velocità
siano state diverse centinaia di imprese di ogni tipo e dimensione.
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porte alla concorrenza europea), senza tuttavia rilevare “elementi sufficienti a dimostrare una
ripartizione del mercato ad opera di IRI, ENI e FIAT, al di fuori o al di là delle scelte di FS e
della trattativa con la stessa FS, né l’esistenza di posizione dominante nella scelta di FS di
contrattare solo con IRI, ENI e FIAT”. Data l’affidabilità di tali imprese il rapporto di fiducia
appare cioè finalizzato alla realizzazione, nei tempi e nei modi richiesti, del sistema Alta
Velocità, opera unica per dimensioni e complessità e non può quindi riscontrarsi
discriminazione alcuna nei confronti degli altri fornitori.
3.1 La verifica parlamentare: 1997-99
In seguito alla vicende giudiziarie che coinvolgono le alte gerarchie FS e alla successiva
verifica ministeriale sul progetto AV, ritorna all’ordine del giorno la riforma, più volte
rinviata, delle ferrovie e vengono avviate importanti trasformazioni tecnico-progettuali,
societarie e finanziarie. L’alta velocità è in completo stallo, anche in ragione degli scandali
giudiziari che coinvolgono i principali dirigenti delle FS. In questa situazione il Ministro dei
Trasporti accoglie la sfida di revisione del progetto lanciata dalle associazioni ambientaliste e
nella finanziaria del 1997 (dicembre 1996) istituisce tre tavoli di verifica:
• del sistema di alimentazione a 25 KW,
• del modello di esercizio della Torino-Milano-Napoli,
• della trasversale Milano-Venezia e Milano-Genova.
La verifica si propone l’obiettivo di inserire l’alta velocità nella più ampia ristrutturazione del
sistema ferroviario nazionale che, si ribadisce, deve essere un decisivo settore dello sviluppo
economico, compatibile con l'ambiente e capace di favorire il necessario sviluppo e
riequilibrio territoriale. In quest’ottica occorrerà ridurre i pesanti costi del congestionamento
stradale, di consumo energetico, di inquinamento atmosferico e di sicurezza derivanti dal
traffico su gomma e operare per il rispetto degli impegni assunti a Kyoto.
La condizione indispensabile per rendere competitivo il trasporto ferroviario, rispetto alla
modalità stradale, è la realizzazione da parte delle Ferrovie dello Stato del quadruplicamento
delle sue direttrici ferroviarie più trafficate e sature, ossia la Milano-Napoli e la TorinoVenezia, affinché esse dispongano di una maggiore offerta di tracce ferroviarie,
qualitativamente competitive con il trasporto su strada e con quelle offerte dalle migliori reti
ferroviarie europee. Inoltre si intendono realizzare maggiori servizi e attrarre traffico, sia
passeggeri che merci, modificando nel tempo i pesi delle scelte modali di traffico. Il
quadruplicamento resta nel complesso l’azione portante del progetto in quanto porta ad un
miglioramento del sistema produttivo nazionale potenziando l’efficienza del sistema
trasportistico, riducendone i costi e accrescendo i livelli occupazionali.
Dal dibattito in Commissione, emerge un modello di utilizzo della nuova infrastruttura basato
sulle seguenti scelte strategiche:
a) garantire la sostanziale trasformazione del progetto alta velocità in alta capacità
attuando azioni orientate al riequilibrio modale in modo che «il nuovo progetto ad alta
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capacità, opportunamente orientato verso le merci, anche a seguito della verifica
parlamentare, e la ridefinizione dell'assetto societario TAV, consenta di realizzare il
riequilibrio modale».
b) Procedere ad una maggiore integrazione tra i nodi territoriali e ad un maggiore
equilibrio tra il nord e il sud del paese. L’alta capacità, anche in relazione agli esiti
della verifica, non potrà quindi esaurirsi nel quadruplicamento veloce dell'asse nordsud ed est-ovest ma dovrà essere il risultato di una più complessa azione
coerentemente organizzata e finalizzata ad incrementare significativamente la quota
del traffico ferroviario (locale, intercity e merci), quale cerniera di un sistema
intermodale nazionale che vada dal rafforzamento della rete storica, agli investimenti
relativi ai nodi e ai valichi alpini, considerando con particolare attenzione lo sviluppo
della rete nel Mezzogiorno e nelle isole.
c) Essere un sistema aperto e cioè massimizzare il livello di integrazione del progetto di
quadruplicamento con la rete esistente, con le altre modalità di trasporto e con il
tessuto economico-produttivo del paese.
d) Promuovere un sistema di gestione della rete ferroviaria nazionale unitario, attraverso
modalità trasparenti di finanziamento degli investimenti necessari.
e) Garantire il più alto livello di sicurezza nei cantieri dell'alta capacità.
f) Garantire l'integrale rispetto delle normative in materia di appalti e subappalti,
investendo tutti gli organi dello Stato preposti per assicurare l'alta vigilanza al fine di
impedire infiltrazioni dei poteri criminali.
In sintesi il cambiamento dall’alta velocità all’alta capacità si propone come passaggio:
- da una concezione del sistema prevalentemente rivolto ai passeggeri ad uno rivolto a
passeggeri e merci, maggiormente integrato ai corridoi logistici e di trasporto,
- da un sistema che aveva come obiettivo il minimo tempo di percorrenza ad uno che
mira al massimo utilizzo della rete,
- da un modello di potenziamento di direttrici ad un modello di potenziamento di rete.
Attraverso questi cambiamenti tecnici quello che tuttavia si modifica sono gli assetti
societari, gli equilibri interni tra gli attori e il rapporto pubblico-privato dando luogo a
nuovi equlibri atti a sbloccare la situazione e ridare progettualità al processo di
modernizzazione dell’infrastruttura ferroviaria.
3.2- Alta velocità- alta capacità: una “perversione lessicale”?
L’esperienza TAV che si è posta per molti versi all’avanguardia nel tentativo di prefigurare
progettutalità è più in generale fallita sia coinvolta nei processi di mutamento politico sia
perchè discratica con la realtà aziendale pubblica e privata. Sul versante pubblico essa si è
presentata come un attore i cui obiettivi andavano oltre gli intenti stessi dell’Unione Europea
che, proprio in quegli anni, ha distinto in modo chiaro fra la gestione dell’infrastruttura a rete,
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più inerente un’area di interesse pubblico, e il servizio di trasporto, oggetto di una politica di
liberalizzazione e di privatizzazione, mentre sul versante privato si è scontrata con una
struttura imprenditoriale che ha richiesto tali e tante garanzie da vanificare qualsiasi
operazione di mercato.
L’esperienza convalida tuttavia, anche se all’interno di processi omologhi agli altri paesi della
sfera Euro, la difficoltà dell’adesione del settore dei trasporti ferroviari ai meccanismi di
mercato. Inoltre essa mette in guardia da comportamenti contraddittori riaffermando
l’esigenza di criteri chiari di mercato che, in primo luogo, ribadiscono l’intrinseco legame tra
il rischio d’impresa e il profitto.
L’esperienza TAV ha caratterizzato un periodo particolare del paese che potremmo definire di
“modernizzazione” sia infrastrutturale che gestionale e operativa. Una “modernizzazione “
che non si interrotta ma trasformata. Si potrebbe dire che TAV è “morta”, assorbita da “rete
Ferroviaria Italiana”, ma nel contempo ha costituito il modello di riferimento da cui sono
sorte le nuove, e più grandi, società Infrastrutture Spa e Patrimonio Spa istituite dal decreto
legge 63/2002.
4 - LA STRUTTURA TEORICA DEL PROJECT FINANCING
Delle tre componenti che formano l’alta velocità, la rete infrastrutturale (hardware), i vettori
veloci (software), la struttura organizzativa, è sicuramente quest’ultima che ha avuto le
maggiori difficoltà in quanto centrata, come abbiamo visto, su un rapporto pubblico-privato
fondato sia sulle decisioni mutevoli della politica che su relazioni finanziarie poco strutturate
e definite. Lo strumento con cui tali relazioni si formalizzano e si definiscono è il project
financing. Il project financing è stato, nel caso dell’alta velocità lo strumento principale delle
politiche e di attuazione delle scelte TAV. E’ stata, come vedremo, l’incapacità di rendere
crdibile tal strumento, all’origine della crisi del progetto originario
Dal punto di vista giuridico l’istituto del project financing è disciplinato dalla “Merloni ter”
(L. 415/98). Prima di allora il project financing non era una figura giuridica sconosciuta al
mercato italiano, come dimostra l’esperienza TAV, ma da più parti erano stati richiesti
interventi legislativi che consentissero di rimuovere i non pochi ostacoli normativi esistenti
nel nostro ordinamento che ostacolavano lo sviluppo dell’istituto.
La nuova normativa disciplina la “società di progetto” e prevede, accanto a quella
tradizionalmente affidata all’iniziativa della pubblica amministrazione, una procedura per la
realizzazione di interventi infrastrutturali attraverso l’istituto della concessione di lavori
pubblici ad iniziativa di soggetti privati, i cosiddetti promotori.
Per quanto attiene le principali novità afferenti la società di progetto, la legge prevede che
quest’ultima subentri, nel rapporto di concessione, all’aggiudicatario senza necessità di
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approvazione o autorizzazione e senza che il subentro comporti una cessione del contratto.
Altrettanto significativa deve essere considerata l’istituzione, nel maggio 1999, dell’Unità
Tecnica Finanza di progetto (UFP), nell’ambito del comitato interministeriale per la
programmazione economica, che si ispira al modello adottato con successo nell’esperienza
inglese della ‘Private finance initiative’.
L’unità si compone di quindici elementi, selezionati in parte tra soggetti già appartenenti alla
pubblica amministrazione e, in parte, tra le elevate professionalità provenienti dal settore
privato. Essa ha l’obiettivo di :
costituire un presidio tecnico con funzioni di servizio ed assistenza in favore delle pubbliche
amministrazioni nella fase di valutazioni delle proposte;
supportare le amministrazioni medesime nella predisposizione delle procedure di gara e dei
documenti contrattuali;
promuovere in generale il ricorso allo strumento della finanza di progetto da parte degli enti
ed elle Amministrazioni Locali.
4.1 – Il primo Project Financing all’italiana fase uno: alla ricerca del capitale privato
Il progetto del 1991 di utilizzare lo strumento del project financing per l’alta velocità
risponde sinteticamente a due ragioni principali:
1. un’infrastruttura di dimensioni così rilevanti non è perseguibile attraverso risorse
finanziarie provenienti unicamente dalla mano pubblica;
2. viene seguito un processo sostenuto con forza dall’Unione Europea, che assegna alla
finanza privata un ruolo di primaria importanza nella realizzazione delle grandi infrastrutture
di trasporto.
Come si è visto nel 1991 la TAV S.p.A. nasce con un capitale sociale di 100 miliardi formato
al 40% circa da capitale pubblico delle FS, ivi inclusa la partecipazione al capitale sociale di
TAV, ed assicura la copertura degli interessi intercalari maturati durante la fase di
realizzazione. Il settore privato finanzia il restante 60% del costo del sistema reperendo le
risorse sotto forma di capitale di rischio. Il mix delle fonti e cioè la ripartizione tra capitale di
rischio e prestiti (ordinari e agevolati) è completata dalla copertura degli oneri finanziari che
si generano nel corso della fase di realizzazione del sistema. Tale impegno era inizialmente
quantificabile, per l’intero sistema in circa 4500 mld di lire.
Il costo delle fonti di finanziamento si articola secondo le seguenti modalità: i finanziamenti
erogati da FS si configurano come prestiti subordinati al tasso agevolato dello 0%. E’ prevista
inoltre una remunerazione indiretta ed eventuale del finanziamento erogato attraverso la
corresponsione di royalties commisurate all’andamento commerciale del progetto.
Lo schema dunque prevedeva che la TAV finanziasse anticipatamente l’opera rientrando
successivamente dei costi grazie al pedaggio che FS spa si impegnava a versare alla società a
struttura ultimata.
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Questo è il motivo per cui, alcuni importanti attori intervistati, molto critici rispetto al
modello, considerano che il project financing della TAV fosse fittizio poiché, si dice, in realtà
non basato sul costo dei biglietti. A carico dello Stato era il 40% nell’immediato, ossia la
parte di finanziamento pubblico stanziato in finanziaria, e in un secondo tempo il restante
60%, dovuto con il pedaggio e remunerato da FS e quindi, in ultima istanza, dallo Stato.
Nel 2001 la situazione non è più così anche se molti elementi critici permangono infatti dopo
la riacquisizione del 100% della TAV da parte di FS, avvenuta nel ’97; FS richiede i soldi alle
banche e la copertura dei soldi deriva dalla legge finanziaria. Per i più critici L’unica
differenza è che nelle leggi finanziarie viene stanziato subito il 100% della spesa e non in due
tranche come nel primo modello.
L’architettura giuridico-contrattuale del Project financing in questione è associata ad uno
schema concessorio classico del tipo “build operate and transfer” meglio conosciuto come
B.O.T., che consiste nella concessione di costruzione e di gestione di un opera significativa
data ad una società privata che la finanzia, realizza, gestisce per un certo periodo di tempo
prima di trasferirla all’ente all’ ente pubblico concedente.
Il progetto alta velocità ruota attorno ad una project company, la TAV, che come abbiamo
visto è concessionaria della progettazione esecutiva, della realizzazione e dello sfruttamento
commerciale del sistema AV, per un periodo di 50 anni, al termine del quale è tenuta a
restituire gratuitamente l’infrastruttura realizzata, in perfetto stato di funzionamento, al
concessionario.
Rispetto allo schema standard del tipo B.O.T. il project financing studiato per il progetto AV
prevede l’intervento del suo principale sponsor che è, per tramite delle FS, lo Stato italiano. Si
tratta di un project finance limited resources nel quale il settore pubblico apporta, in termini di
garanzie e risorse finanziarie, quanto necessario a rendere l’iniziativa appetibile per il capitale
privato. L’architettura giuridico contrattuale è caratterizzata dall’esistenza di una fitta rete di
rapporti e di obbligazioni che lega tra loro gli sponsored, attori dell’iniziativa.
Tale rete è, tra l’altro, volta ad equidistribuire il rischio e il progetto attraverso la disciplina
rigorosa di tutte le componenti finanziarie associate alla fase di progettazione, a quella di
realizzazione ed a quella di sfruttamento commerciale.
4.2 Il Project Financing fase due: l’alta capacità pubblica.
All’inizio del 1998 le Ferrovie dello Stato rientrano in possesso di TAV, riacquisendo il 60%
del capitale sociale privato a seguito alla verifica di governo. L’idea di fondo è quella di
costituire un nuovo project financing. Con l’alta velocità si è cercato di coinvolgere il capitale
privato nel finanziamento dell’infrastruttura, mentre con l’alta capacità il tentativo è di
coinvolgere il capitale privato nel pagamento di una parte dell’opera attraverso la gestione del
servizio, in coerenza con il recepimento delle direttive comunitarie.
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La ridefinizione dell'assetto azionario di TAV, come abbiamo visto, rappresenta un tassello
della complessiva riorganizzazione delle FS, che porterà alla divisione societaria della rete e
dei servizi di trasporto. Il settore dei trasporti ferroviari dovrà aprirsi alla libera concorrenza
consentendo la gestione dei servizi di trasporto anche ai privati e mantenendo la gestione
unitaria della rete in mano pubblica.
In questo quadro TAV concentra la propria attività nella costruzione della rete italiana ad alta
velocità e nel reperimento sul mercato delle risorse necessarie all'investimento. Il
finanziamento dell’infrastruttura sarà sostenuto al 40% da Ferrovie dello Stato e al 60% da
prestiti attraverso uno schema di project finance basato su un business plan condiviso. TAV
svolge il duplice ruolo di concessionaria di FS e di committente per numerosi altri soggetti
attivamente impegnati nella realizzazione del progetto. Inoltre fa ricorso sia a risorse
pubbliche che al mercato finanziario, ricercando insieme a FS avanzate soluzioni per il
finanziamento e per la remunerazione del debito.
TAV Spa assolve quattro compiti fondamentali:
• è responsabile della progettazione e della costruzione delle linee ferroviarie veloci;
• coordina l'azione delle imprese che concorrono alla realizzazione del Progetto;
• è responsabile di tutte le attività di coordinamento e concertazione con gli enti locali e
le istituzioni, nel corso di tutte le fasi progettuali ed esecutive;
• è responsabile delle politiche ambientali e promuove la salute e la sicurezza del
personale coinvolto nei lavori.
4.3 Il Project financing fase tre: la cartolarizzazione
Fino al 31 dicembre 2002 la convenzione tra RFI, che succede a FS, e TAV prevedeva uno “
schema finanziario” per cui l’investimento per la realizzazione del Sistema AV – e più
specificatamente per la TO-MI-NA - fosse sostenuto al 40% dallo Stato attraverso RFI e al
60% tramite il ricorso al mercato dei capitali. Lo Stato, sempre attraverso RFI, doveva inoltre
far fronte al fabbisogno necessario per il pagamento degli interessi cosiddetti “intercalari”,
maturati cioè sul debito contratto con il mercato va fino alla fine della costruzione e
avviamento. Il debito generato oltre tale periodo veniva, rimborsato mediante i canoni che
RFI avrebbe pagato a TAV quale corrispettivo per l’uso delle opere e degli impianti dall'alta
capacità in cambio del relativo diritto di sfruttamento economico.
Dal 1 gennaio 2003, secondo il ” nuovo schema finanziario” introdotto dalla Legge
Finanziaria 2003, con la creazione della società “Infrastrutture SPA” (ISPA) la TO-MI-NA
verrà interamente finanziata da ISPA. ISPA, costituita con Legge n° 112 del 15 giugno 2002
con azionista unico la Cassa Depositi e Prestiti, ha come scopo quello di finanziare grandi
opere pubbliche e “… prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni
separati, gli investimenti per la realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta
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Velocità/Alta Capacità, anche al fine di ridurre la quota a carico dello Stato” (articolo 75
Legge Finanziaria 2003).
Il nuovo modello finanziario prevede, inoltre, il trasferimento in capo ad ISPA
dell’indebitamento contratto sul mercato da TAV (“ex” quota 60%) e la trasformazione in
capitale sociale del debito maturato da TAV nei confronti di RFI (“ex” quota 40%), oltre la
proroga al 2061 della concessione alla TAV e la necessaria revisione del Contratto di
Programma.
Per quanto riguarda il servizio del debito, cioè il fabbisogno generato dall’accensione dei
finanziamenti sul mercato, lo Stato continuerà a coprire la quota relativa agli interessi, fino
alla conclusione dei lavori AV (interessi intercalari); mentre nel periodo successivo, questo
sarà coperto, sia per la quota relativa agli interessi che per quella relativa al capitale, dai
proventi derivanti dallo sfruttamento economico delle nuove linee veloci TO-MI-NA. Lo
Stato si farà, inoltre, carico di integrare quella parte del servizio del debito che i proventi non
riusciranno a coprire (stimabile nell’ordine del 50%).
Tenendo conto del nuovo sistema di finanziamento per la TO-MI-NA, il debito ad oggi
contratto da TAV verso RFI, è stato parzialmente trasformato in capitale sociale per 5.228
milioni di euro. TAV -nelle more dell’operatività di ISPA– sta finanziando il progetto sia con
risorse in conto futuro aumento di capitale che con ulteriore debito da mercato. Appena ISPA
sarà operativa, TAV sarà finanziata previa provvista realizzata da ISPA per mezzo di
“arranger” . Gli arranger – selezionati da Ispa il 14 maggio ’03 - hanno ricevuto il mandato
per la strutturazione e il collocamento della prima emissione obbligazionaria del programma
di finanziamento dedicati all’Alta velocità. Oltre alle risorse erogate da ISPA, sono previsti
contributi della Comunità Europea: ad oggi sono stati assegnati circa 140 milioni di euro per
le linee Bologna–Firenze e Roma-Napoli, e per i nodi di Roma e Napoli. Per il resto del
Sistema AV (MI-VR, MI-PD, e TERZO VALICO) lo schema finanziario è in via di
definizione; a d oggi le riserve necessarie sono messe a disposizione di TAV da parte di RFI
in conto futuro aumento di capitale.
L’attività del governo in carica (Governo Berlusconi) per le grandi opere e in particolare per
la parte finanziaria e degli attori in gioco dell’alta capacità si caratterizza attraverso un
insieme di operazioni, che recupera la possibilità di ricorso al capitale privato entro un quadro
finanziario praticamente senza rischi.
Le principali azioni che hanno condotto al nuovo quadro finanziario sono:
1. Il documento di programmazione economica e finanziaria del 2001 ha introdotto un
criterio di priorità in cui le grandi opere erano 21 che diventavano al massimo 36
considerando qualche intervento complesso. Le 21 opere comprendono l’Alta velocità
ferroviaria, una serie di strade e autostrade (tra cui la Salerno-Reggio Calabria, l’asse
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2.
3.
4.
5.
6.
viario Marche-Umbria, i nodi integrati di Roma, Genova, Napoli, Bari, Catania), il
passante di Mestre, i valichi ferroviari del Frejus, del Sempione e del Brennero, il sistema
Mose contro l’acqua alta a Venezia, interventi idrici al Sud e, naturalmente, il ponte sullo
Stretto. L’elenco non è molto diverso da quello contenuto nel Libro bianco sulle opere
pubbliche, stilato nel 1995.
La Legge Obiettivo n. 443 del 2001, e il conseguente decreto legislativo numero 190 del
2002, danno vita al general contractor, come già era stato fatto in precedenza, cioè una
grande impresa a cui sarà affidato dallo Stato il compito di decidere tutto, progettazione,
affidamenti, appalti, direzione lavori, esecuzione, collaudo. L’unica opera che rientra nel
progetto alta velocità è l’asse ferroviario sul corridoio padano.
Una delle caratteristiche della Legge Obiettivo approvata dal Governo Berlusconi nel
dicembre 2001 è quella dell'attribuzione di finalità di carattere economico generale alla
realizzazione delle opere: nelle relazioni di accompagnamento della Legge-obiettivo, si
sottolineano con forza gli effetti benefici derivanti dagli investimenti previsti, che
assumerebbero così una funzione di "volano" per le economie regionali e nazionale
In particolare, si prevedono effetti occupazionali per 1.210.000 nuovi posti lavoro,
direttamente o indirettamente connessi al Programma nel triennio 2002-2004; inoltre, si
indicano con perentorietà gli impatti positivi sulla struttura industriale del comparto delle
costruzioni e per le imprese artigiane coinvolte nelle operazioni di ristrutturazione edilizia
(Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2001). Secondo le critiche sono
provvedimenti senza base effettiva e di carattere generico volti a rassicurare i piccoli
produttori rispetto agli esiti di un provvedimento fortemente sbilanciato a favore dei
grandi operatori di settore.
La seconda la legge infrastrutture necessarie n. 112 del 2002, costituisce due società, di
capitale pubblico ma di diritto privato: la Patrimonio dello Stato spa e la Infrastrutture spa
atte a gestire il patrimonio dello Stato e a collocarlo nel mercato per il finanziamento del
debito pubblico e a finanziare le infrastrutture necessarie al “rilancio” del Paese.
La terza è la legge delega sulle infrastrutture (n. 166 del 2002), che modifica la precedente
legge Merloni sui lavori pubblici e introduce il project financing: il general contractor
progetta e costruisce l’opera; i finanziamenti arriveranno in parte direttamente dallo Stato,
e per il resto dai privati (le banche), ma garantiti totalmente dallo Stato, attraverso
Infrastrutture spa; il debito sarà ripianato attarverso la collocazione del patrimonio
pubblico del mercato da parte di Patrimonio Spa e attraverso misure strutturali orientate a
far crescere l’economia; una gran parte del debito sarà comunque attribuita ad
Infrastrutture Spa, che essendo un ente di diritto privato non inciderà nella contabilità
statale. Si avrà cioè un debito occulto dello Stato, che non sarà iscritto a bilancio e quindi
non inciderà nel calcolo dei parametri del Patto europeo di stabilità e che potrà essere
ripianato dai futuri ricavi di collaborazione del patrimonio e di crescita strutturale. Un
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progetto che presuppone la capacità di utilizzo e valorizzazione del patrimonio dello Stato
nonché tassi di esercizio economici superiori ai tassi di indebitamento. Due condizioni
assolutamente ottimistiche della struttura gestionale e della contingenza economica
italiana.
7. Per la sola Tav la quota annua da restituire sarà prevedibilmente intorno ai 5 mila miliardi
di vecchie lire; la quota annua di utili disponibili grazie ai biglietti ferroviari potrà arrivare
al massimo attorno ai 500 miliardi di lire.
5. PIEMONTE E ALTA VELOCITÀ: EFFETTO PONTE E SPECIALIZZAZIONE
TENDENZIALE DEI NODI
Da tempo l’IRES evidenzia il rischio di emarginazione del Piemonte dal gruppo di testa delle
regioni sviluppate del nord Italia, con il conseguente e progressivo allontanamento delle
regioni forti d’Europa, se non si darà luogo ad una ripresa nella costruzione delle
infrastrutture di trasporto, in particolare di quelle più innovative contenute nei vari PGT e
negli strumenti di programmazione regionale. Il gap è infatti enorme proprio nelle tecnologie
più avanzate come l’aereo e l’alta capacità dove il confronto con le regioni appena al di là
delle Alpi appare assai preoccupante.
In Francia e in Svizzera gli investimenti già attuati e quelli previsti sono rivolti all’insieme
della rete, autostradale, aeroportuale e alla realizzazione ed estensione dell’alta velocità, ma
presentano anche particolare attenzione ai temi del trasporto merci su ferro e alla promozione
della multimodalità, al fine di riequilibrare i flussi e di perseguire obiettivi oramai
imprescindibili di tutela dell’ambiente.
In questo contesto si inserisce l'intera direttrice “Transpadana” Lione-Torino-Milano-Trieste,
ricompresa tra i quattordici progetti prioritari decisi ad Essen nel 1994 dall'Unione Europea.
La direttrice costituirà un elemento fondante del Quinto Corridoio intermodale, verso Lubiana
e Budapest, così da consentire, entro il primo decennio del prossimo secolo, la costruzione di
un'unica rete ferroviaria transeuropea ad alta capacità merci e passeggeri.
Il Piemonte si colloca pienamente entro tale corridoio attraverso le tratte Torino-Milano e
Torino-Lione.
La Torino Milano come sinteticamente afferma una delibera del Consiglio Regionale “è per il
Piemonte elemento indispensabile per un corretto sviluppo del comparto trasportistico e
contestualmente degli aspetti socio-economici che della realizzazione della linea medesima
ne deriveranno”.
Dal punto di vista globale la Torino-Milano è’ un collegamento fondamentale che connette il
Piemonte alle reti gerarchiche internazionali e che consente alla regione di non venire esclusa
dalle strategie dei sistemi trasportistici, sociali, economici e produttivi dal sistema Europa.
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Dal punto di vista locale tale tratta può diventare un collegamento di tipo pendolare con tempi
di spostamento previsti fra i 40 e i 50 minuti. Poter unire due città con un connessione di
questa natura riveste un valore strategico straordinario, specie per i nodi e i reticoli ad essi
connessi, in quanto significa creare spostamenti all’interno di uno stesso bacino di
gravitazione. Da diversi studi si evince che per collegamenti al di sotto dell’ora cambiano
completamente le condizioni di mobilità e competitività e si manifestano effetti moltiplicatori
sia nei flussi che nelle attività e residenze attraverso la costruzione di relazioni sinergiche dei
relativi reticoli. Ciò appare particolarmente interessante nel caso della connessione dei nodi di
Torino e Milano che presentano economie abbastanza differenziate e in qualche modo
complementari e valori urbani ambientali e immobiliari molto diversi. Una situazione che
pone i due nodi e i relativi reticoli in una relazione simmetrica e di reciproci vantaggi, una
volta costruito il collegamento.
Si viene cioè a costruirsi un “effetto ponte” che si traduce per i due nodi in una tendenza al
riequilibrio sia dei valori immobiliari, che della struttura dei prezzi e dell’offerta. La
connessione tra i due nodi mette di conseguenza in atto, sia un generale processo di
riequilibrio (effetto vasi comunicanti), sia l’attivazione di un filtro economico-sociale,
tendente a specializzare il nodo più piccolo in termini residenziali e quello più grande rispetto
alle attività. Quest’ultimo processo è dovuto alla diversa attrattività che i due nodi generano
all’interno dell’opposizione dialogica attività-residenza. Verrà cioè generata una attrattività
residenziale verso il nodo più piccolo, dovuta alla presenza di più bassi valori di rendita, e una
attrattività delle attività verso quello più grande, dovuto alla presenza di una maggiore
accessibilità al mercato nazionale e internazionale. Occorre pertanto sin da subito attrezzarsi
per questa nuova evenienza che vedrà Torino interessata da processi di gentrification
residenziale degli strati più mobili del bacino milanese (giovani, intellettuali, single, ecc.) con
una tendenza centrifuga delle sedi delle attività più mature. Processo quest’ultimo già in atto
da svariati anni.
I vantaggi per Novara e Torino saranno pertanto diversi e giungeranno a definire uno scenario
tendente alla diversificazione, alla terziarizzazione e alla specializzazione residenziale e, si
auspica, turistica del centro regionale piemontese.
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