XXV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI ANALISI
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XXV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI ANALISI
XXV CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI ANALISI DEI PROCESSI DECISIONALI E DELLE POLITICHE DELL’ALTA VELOCITÀ/CAPACITÀ. Sara LEVI SACERDOTTI1, Fiorenzo FERLAINO2 1 Ires Piemonte, Via Nizza, 18, 10125 -Torino 2 Consulente Ires Piemonte, Via Nizza, 18, 10125 -Torino SOMMARIO Il presente lavoro analizza la storia e le dinamiche decisionali e finanziarie delle politiche sull’alta velocità-alta capacità in Italia. Per quanto concerne la storia viene analizzata la nascita dell’alta velocità in Italia parallelamente alle principali esperienze europee (TGV Lione-Parigi) e Tunnel della Manica. Lo studio si è soffermato in particolare sulle cause che hanno condotto al passaggio dall’alta velocità all’alta capacità come differenza non solo lessicale ma sostanziale; analizzato parallelamente alla societarizzazione delle Ferrovie dello Stato. Particolare rilevanza è stata dedicata all’analisi del processo finanziario di TAV; a tal fine sono state individuate tre fasi principali di project financing: fase uno (1991-1996) “idea innovativa”; fase due (1996-2001) “tentativo di applicazione”; fase tre (attuale) “cartolarizzazione”. Concludendo però che per nessuna delle tre fasi vi è mai stato un reale co-finanziamento pubblico/privato. Inoltre sono state studiate le principali cause di conflitto fra gli attori in gioco, l’evoluzione degli strumenti concertativi, le difficoltà di coordinamento territoriale tra centro e periferia e il conseguente allungamento dei tempi. Infine particolare attenzione è stata dedicata alle politiche di pianificazione regionale del Piemonte in materia di Alta velocità/capacità 1. IL CONTESTO EUROPEO Nel 1990 la Commissione Europea, partendo dal primo rapporto preparato dal Gruppo di Lavoro ad Alto Livello, ha elaborato lo "Schema Direttore Europeo della rete Alta Velocità, con orizzonte al 2010". L’approvazione, nei primi mesi del '91, del Consiglio d'Europa è stata in seguito riconfermata dalle scelte compiute nel trattato di Maastricht e nei documenti successivi: il Libro Bianco Crescita, Competizione e Sviluppo (Commissione delle Comunità Europee 1993), il rapporto Europa2000+ (Commissione Europea, Dg XVI, 1994) e lo Schema di sviluppo dello spazio europeo (Comitato per lo sviluppo del territorio, 1997). Le linee guida nuove relative alle politiche di programmazione comunitaria in materia di trasporti sono contenute nel “Libro bianco” della Commissione Trasporti pubblicato (2001). Considerando i risultati emersi due sono stati i fattori chiave della continua crescita della domanda di trasporto: La gran parte dei flussi di trasporto passeggeri fa uso dell’automobile con un parco macchine utilizzato che è triplicato negli ultimi 30 anni, e con un incremento di automobili all’anno pari a 3 milioni. Nonostante negli anni più recenti ci sia un certo rallentamento del fenomeno ci si attende un ulteriore incremento entro il 2010 dovuto soprattutto alla crescita attesa dei nuovi paesi dell’est che entreranno a far parte dell’Unione I trend di crescita del traffico, attesi per il prossimo decennio, avranno le ricadute nocive sull’ambiente e sulla sicurezza e rischiano di compromettere pesantemente le condizioni di vita dei cittadini europei. La maggior parte degli spostamenti internazionali europei di persone avviene in aereo e in auto (rispettivamente il 47% e il 43% del mercato totale). In particolare, per quanto riguarda il traffico aereo, l’incremento registrato annualmente a partire dal 1980 è stato pari al 7%, con una consistente crescita rilevata negli ultimi anni, a causa della forte parcellizzazione e riduzione dell’offerta tariffaria resa possibile dalla concentrazione delle compagnie aeree sui principali scali europei. All’interno della Comunità, nell’ambito del trasporto merci, l’utilizzo della ferrovia è pari al 14%, mentre quello su strada supera il 60%. Le previsioni per il prossimo decennio indicano una crescita del trasporto passeggeri di oltre il 24% e del traffico merci pari al 38%. In particolare sul trasporto merci, l’incremento su gomma previsto è pari al 50%. Le problematiche cui occorre trovare risposte sono relative a: a) l’incremento della domanda di trasporto passeggeri e merci; 2 b) lo sbilanciamento della crescita della domanda di trasporto aereo e su strada in rapporto al trasporto su rotaia; c) la congestione delle città e delle principali direttrici; d) l’impatto ambientale; e) l’elevato grado d'incidentalità Il principale obiettivo della politica comunitaria è quello di riequilibrare il sistema attraverso un uso bilanciato dei differenti modi di trasporto, ponendo i trasporti ferroviari, marittimi e fluviali sullo stesso piano dei trasporti stradali ed aerei. Lo spostamento dei flussi di trasporto dalla strada alla rotaia e all’acqua comporta la riduzione delle emissioni nocive nell’ambiente (determinate dalle quantità trasportate e dal numero dei veicoli in circolazione e fermi in coda) e la diminuzione della congestione sulle direttrici primarie. La nuova politica comunitaria si basa su quattro obiettivi: 1) migliorare l’intero sistema, a cominciare dal trasporto ferroviario che necessita di essere rivitalizzato in termini di competitività e di qualità; 2) costruire nuove infrastrutture, con lo scopo di eliminare i colli di bottiglia e migliorare le connessioni tra le regioni periferiche e i futuri Stati dell’Unione; 3) migliorare la mobilità, la sicurezza e la qualità della vita dei passeggeri; 4) riflettere sulle nuove frontiere dei trasporti, l’innovazione tecnologica e la loro dimensione. Il programma europeo indica inoltre come prioritario lo sviluppo dell’intermodalità e del trasporto combinato, incentrato sul sistema di consegna delle merci porta a porta, reso possibile dall’interoperabilità dei sistemi e delle reti tramite la realizzazione di una rete unica europea. Per rendere attuabili tali obiettivi la Commissione ribadisce la necessità di aumentare i finanziamenti per la realizzazione del network transeuropeo e per l’intermodalità, ricorrendo ad un sistema unico europeo di pagamento dei pedaggi autostradali.Viene inoltre rinnovato l’appello al ricorso di nuove forme d'intervento, come la partecipazione al capitale di rischio per i fondi di investimento o per altri strumenti finanziari. I finanziamenti previsti, con il nuovo regolamento finanziario, nel settore delle reti transeuropee di trasporto, sono pari a 4.600 milioni di euro per il periodo 2000-2006, sono quasi raddoppiati rispetto a quelli del periodo 1994-1999. L’intervento contributivo comunitario per le infrastrutture ferroviarie e portuali viene inoltre elevato dal 10% al 20% del costo totale dell’investimento nel caso in cui le infrastrutture superino notevoli difficoltà di carattere naturale (con la precedente formulazione, invece, tale contributo era limitato ai soli sistemi di posizionamento e di navigazione satellitare). 3 1.1. Il contesto italiano Nel contesto italiano, il contributo del 20% può essere applicato ai progetti ferroviari transfrontalieri della linea ferroviaria Torino-Lione e dell’asse ferroviario del Brennero. Due progetti, questi, assolutamente necessari per migliorare le connessioni infrastrutturali internazionali anche in virtù del fatto che l’Italia è agli ultimi posti nelle graduatorie europee per quanto riguarda la dotazione di infrastrutture. Questo piazzamento che deriva soprattutto dalle carenze strutturali delle regioni meridionali, resta comunque insoddisfacente anche per quanto riguarda le regioni settentrionali, che in genere si posizionano sulla media europea. Se si tiene conto che il bacino padano è inserito nella seconda area “ricca” europea (Pil pro capite), dopo il triangolo delle capitali del nord (Londra-Parigi-Amsterdam), emerge l’urgenza di un adeguamento della rete infrastrutturale, che è rimasta sostanzialmente immutata nel corso degli ultimi 20 anni, sia per quanto concerne le autostrade che, in particolare, per la ferrovia, in cui è più marcata la lontananza dagli standard minimi di efficienza. 2. DALLA BASSA VELOCITÀ ALL’ALTA VELOCITÀ: DELL’INFRASTRUTTURA FERROVIARIA NEL DOPOGUERRA. IL RUOLO L’alta velocità può essere pensata costituita da tre componenti fondamentali: - Un apparato software consistente nei vettori ETR 500 aventi caratteristiche peculiari che trovano origine nella più primordiale tecnologia del “pendolino”; - Un apparato hardware composto da una nuova rete dedicata con caratteristiche tali da consentire alte velocità; - Un sistema decisionale che permette la progettazione, costruzione e messa in esercizio di tale tecnologia. Come vedremo questi tre elementi costitutivi hanno assunto valenze diverse in periodi differenti della storia ferroviaria e della politica dei paesi europei con modalità proprie nei diversi contesti nazionali. Dal dopoguerra sia in Italia che nella vicina Francia, e con le necessarie differenze anche in Germania e negli altri Paesi europei occidentali, si è assistito a cinque fasi distinte delle politiche inerenti i trasporti ferroviari: La prima fase, che trova il suo esordio nei nuovi assetti politici intervenuti dopo la seconda guerra mondiale e che perdurerà per tutti gli anni sessanta, si è basata sul principio dell’integrazione socio-territoriale delle diverse realtà culturali e sociali presenti nelle due nazioni. Parallelamente si sviluppò la rete stradale e autostradale che divenne l’infrastruttura portante e di sostegno del modello industriale e del macro ciclo di crescita: metalmeccanica, 4 siderurgia, chimica, costruzioni, costituirono i settori trainanti di questo modello che trovò nell’auto privata il prodotto emblematico del suo sviluppo. La seconda fase è quella dell’integrazione tecnica e sociale del trasporto pubblico e in particolare delle ferrovie. Tale fase cominciò alla fine degli anni sessanta, ebbe un’accelerazione dopo la crisi energetica del 1973 e terminò all’inizio degli anni ottanta. L’integrazione tecnica e politica si fonderà, in questo caso, su progetti e investimenti esemplari – per la Francia il progetto TGV e per l’Italia il Pendolino- tendenti a ridare un ruolo alla tradizionale cultura tecnica del personale, e soprattutto su investimenti in capitale umano, a scapito spesso di quelli dedicati alla rete, che si mossero entro l’orizzonte dell’integrazione sociale e, in Italia, del consenso politico verso le forze e gli apparati incaricati della gestione e del controllo della rete ferroviaria. La terza fase interessa tutti gli anni ottanta. Gli anni ottanta furono orientati verso l’integrazione funzionale della rete pubblica ferroviaria e diedero luogo ad una riorganizzazione e ristrutturazione degli enti e a una diversificazione del servizio, sia relativo alle merci che ai passeggeri (treni veloci, intercity, intermodalità merci, ecc.). In Francia ciò avverrà attraverso grandi investimenti che fecero seguito alla statalizzazione nel 1982 della SNCF, che da società di diritto privato divenne un’impresa pubblica (Epic) a carattere industriale e commerciale. Negli anni novanta comincia infine una quarta fase che è quella del decentramento e dell’integrazione gestionale ai meccanismi di mercato e quindi della rottura del monopolio pubblico del trasporto ferroviario. La data d’inizio può essere fissata a partire dalla Direttiva Europea 91/440 che impone una politica comune di gestione del servizio di rete e distingue la gestione pubblica della rete dal suo utilizzo, che invece dovrà essere accessibile agli operatori privati. In questo senso si muove la riforma delle ferrovie dello Stato e la loro trasformazione in società di capitale. La quinta fase, cominciata alla fine degli anni novanta, completa il processo di integrazione ai meccanismi di mercato ma nel contempo adegua il vettore dei trasporti al principio di sussidiarietà, togliendo allo Stato centrale i rami regionali della rete e le funzioni di traffico locale e trattenendo solo la linea strategica e i nodi di interconnessioni nazionali e internazionali. Il decreto legislativo n. 422/97, attuativo della riforma ‘Bassanini’ per quanto concerne le deleghe relative alle funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico localee il primo strumento attuativo di questa fase non ancora ultimata. 5 2.1 La lunga gestazione dell’alta velocità in Italia Dalla metà degli anni ‘50 la scelta occidentale e in particolare dell’Italia è stata di potenziare principalmente gli assi autostradali, mentre dalla metà degli anni ‘60 le Ferrovie Italiane iniziarono i primi studi per la realizzazione di una rete ferroviaria veloce. L’intento dichiarato era di decongestionare gli assi più affollati rendendo la capacità ferroviaria adeguata allo sviluppo del sistema viario metropolitano. Nel 1961 inizia così la costruzione della direttissima Roma-Firenze. L’obiettivo perseguito anche alla luce dei risultati e dei tempi occorsi, è stato quello di rispondere al clima di “frustrazione” della potente corporazione ferroviara scaturito a seguito dell’immissione di risorse umane scarsamente professionalizzate e funzionali al mantenimento del consenso politico, e poi politico-sindacale, per mezzo di meccanismi di cooptazione fondamentalmente clientelari. A tale clima si è risposto attraverso l’impegno, limitato e locale, su progetti tecnici di alto livello scientifico. Il progetto italiano era considerato migliore rispetto all’omologo giapponese Shinkanseng. Si trattava del primo progetto europeo ferroviario destinato all'Alta Velocità: solo nel 1964 veniva realizzato il progetto Giapponese. Il completamento della direttissima sarebbe avvenuto venticinque anni dopo. Nel 1982 il Piano Mayer rappresenta l’ultimo atto politico nel quale viene proposta l’alta velocità, approvata con decreto del Ministro dei trasporti n.48d del 1986. Nel 1986 per la prima volta in Italia un atto pubblico di coordinamento e indirizzo della politica nazionale, il Piano Generale dei Trasporti, individua nella creazione di una rete ferroviaria ad Alta Velocità un intervento in grado di rilanciare il ruolo della ferrovia, riequilibrare i flussi modali e facilitare il processo di integrazione europea. Si accenna al quadruplicamento degli assi. L’obiettivo è quello di modernizzare la retE ferroviaria modificandone funzioni e ruolo, non più rispondenti alla nuova organizzazione economicosociale, anche a seguito dell’esperienza francese. L’alta velocità italiana pur partendo indirizzi fortemente autonomi subisce, come del resto anche le altre nazioni europee, l’influenza e, per un periodio, l’egemonia del modello francese della Parigi-Lione. Un modello forte, basato su un’alta domanda e su costi non eccessivamente elevati, che ha costituito per l’insieme dell’Europa un esempio concreto di funzionalità, efficacia ed efficienza ferroviaria, tanto da soppiantare quasi completamente l’aereo sulla tratta Lione-Parigi. 2.2 Piatto ricco mi ci ficco: il modello francese Il modello francese, e in particolare la linea Lione-Parigi rivoluzionerà negli anni’80 la concezione sociale delle infrastruttura ferroviaria in Europa. E’ il punto di svolta del passaggio dall’integrazione socio-territoriale, ormai svuotata dalla diffusione del mezzo 6 privato automobilistico in ogni strato sociale, all’integrazione di meccanismi di mercato. Ciò è reso possibile dal fatto che, per la prima volta nel secondo dopoguerra, una linea ferroviaria presenta una profittabilità e redditività positiva su cui presto si riverseranno le attenzioni degli operatori privati. Il successo francese si deve alla prima linea ferroviaria europea ad alta velocità, quella del TGV Sud-Est, che ha ridotto il tempo di percorrenza tra Parigi e Lione da quattro a due ore e ha dimostrato la competitività di questo sistema di trasporto nel caso dello spostamento delle persone sulle medie e lunghe distanze, con una redditività dichiarata pari a circa il 15% e una redditività socioeconomica, comprendente cioè sia i risparmi di tempo e del relativo denaro per gli utenti sia i risparmi rispetto alle altre modalità di trasporto, intorno al 30% . L'interesse, la ricaduta tecnologica ed il successo economico riscontrati dal TGV Sud-Est hanno contribuito nel corso degli anni '80 ad accelerare l'elaborazione dei programmi e dei progetti, molti dei quali sono già ultimati o sono in corso di attuazione. Il modello francese è stato assunto anche dalla Spagna che, in tempi record (meno di 4 anni dalla decisione governativa), ha costruito i 471 km. della Madrid-Siviglia che garantiscono un tempo di percorso di 2 ore e 50 minuti. Nel futuro è prevista l'estensione verso Barcellona e il confine francese (795 km.). L’influenza del TGV sulle altre modalità di trasporto è risultato significativo e importante: l'aumento del traffico sull'autostrada Parigi-Lione è stato, infatti, totalmente eliminato dal 1981 al 1985 mentre è continuato sugli altri assi con un tasso di circa il 5% annuo. Dal 1985 anche sulla Parigi-Lione si è avuta una ripresa nel tasso di crescita dei flussi che tuttavia appaiono inferiori a quelli relativi agli altri assi autostradali. Fenomeni simili ma con minore impatto sono verificabili in alcune esperienze giapponesi. Dal 1980 al 1987 la perdita di passeggeri dovuta principalmente al TGV, ma anche alla più marginale concorrenza degli altri aeroporti regionali, è stata stimata in 750.000 passeggeri per anno. La ripartizione del mercato modale del traffico aereo-TGV, relativa agli scali rodalpini più importanti, è stata stimata al 1986 (anno di svolta della fase negativa subita dall'aeroporto di Satolas) nel seguente modo: • linea Parigi-Lione: 90% TGV,10% aereo • linea Parigi-Grenoble 74% TGV, 26% aereo. La ripartizione modale treno-aereo è stata, a metà degli anni '80, la seguente: 53% TGV, 17% treni normali, 30% aereo. In assenza del TGV si è potuto stimare che la ripartizione sarebbe stata notevolmente differente e tendente a una divisione del mercato tra le due modalità: al treno sarebbe andato dal 50 al 52% della domanda passeggeri mentre all'aereo il restante 48-50%. 7 2.3 Piatto a rischio scappo via: il Tunnel sotto la Manica Agli inizi degli anni ’80 un gruppo di lavoro anglo-francese e u n gruppo di banche iniziarono a esaminare la possibilità di un collegamento ferroviario sotto la Manica. Nel 1985 fu lanciato un “invito ai promotori” per la costruzione, il finanziamento e la gestione di un Tunnel sotto la Manica, senza ricorso a garanzie o fondi statali. Nel 1986 venne scelto lo schema Eurotunnel. A seguito di ciò venne firmato il trattato tra Francia e Gran Bretagna in relazione alla concessione per 55 anni del tunnel. In virtù della concessione e del finazimento totalmente privati, Eurotunnel era libera di impostare la politica tariffaria senza alcun vincolo governativo. Il progetto di tunnel sotto il Canale della Manica si configura, nell’ambito della politica comunitaria sui trasporti, come l’infrastruttura del mercato privato del tutto in linea con gli orientamenti definiti dalla Commissione europea: l’utilizzo di nuove tecnologie e nuovi investimenti di capitale nel settore ferroviario, in cooperazione con le ferrovie dei singoli stati; il reintegro della comptetitività del trasporto; lo sviluppo di mezzi di trasporto combinati per merci e passeggeri; l’eliminazione delle strozzature nei trasporti fra i vari paesi dell’UE. In conclusione si può dire che l’esperienza Eurotunnel mette in rilievo alcune questioni fondamentali: - esigenza di un mercato di capitali efficienti per poter collocare quote di capitale azionario e di debito; - necessità di un sistema di monitoraggio dei costi e di modelli di simulazione sofisticati per controllare la programmazione dei lavori rispetto alle esigenze finaziarie; - importanza della trasparenza dei dati e delle comunicazioni ad azionisti banche; - valutazione dei rischi progettuali e di costruzione, per rispettare i tempi di realizzazione, nonché l’esigenza di trovare dei metodi di risoluzione per i contenziosi in corso d’opera; - necessità, in questo tipo di grandi progetti, del rispetto degli impegni da parte di tutti i partecipanti. Progetti di tali dimensioni richiedono impegni e regole di comportamento da parte delle autorità governative che devono essere bene note agli inizi del progetto. Ogni modifica di comportamento o di ritardo legislativo si ripercuote immediatamente sui tempi di realizzazione e quindi sui costi dell’investimento. La società Eurotunnel solo nel 2002 per la prima volta da quando è stata costituita (1986) ha chiuso con un utile (508 milioni di euro) e gli interessi finanziari (470 milioni di euro) sono stati coperti dal cash-flow. Questo risultato è tuttavia ancora molto lontana dagli obiettivi prefissati sui quali erano stati effettuati i calcoli di redditività dell'investimento (25 miliardi di euro). Il traffico passeggeri (6,6 milioni di unità nel 2002) è inferiore della metà rispetto a quello previsto, mentre le merci trasportate (700.000 tonnellate) sono meno di un terzo delle 8 previsioni nonostante per rivitalizzare l'interesse per il tunnel, la società Eurotunnel insieme alle ferrovie inglesi e francesi facciano continue campagne a favore del trasporto su rotaia. Dopo l’esperienza positiva della linea Lione-Parigi l’esperienza negativa del Tunnel sotto la Manica ha segnato la presa di distanza degli operatori privati negli investimenti infrastrutturali e dell’alta velocità e la richiesta, soprattutto in Italia, di crescenti garanzie pubbliche che hanno, di fatto, svuotato il progetto di forte integrazione pubblico-privato e la costituzione di un effettivo project financing. L’esperienza della Manica insieme a quella del TGV Atlantique (con redditività negativa) pongono cioè fine all’entusiasmo degli operatori privati e riarticolano le stesse politiche europee di Trasporto, che si allontaneranno dal modello francese e ridaranno vigore alle differenze tecniche e progettuali nazionali. 3 LA POLITICA DELL’ALTA VELOCITÀ DAL 1987 AL 1991: LA COSTITUZIONE DELLA TAV. La politica sull’alta velocità dal ’86 al ’91 è gestita dalle Ferrovie dello Stato come progetto speciale e la T.A.V. S.p.A. (Treni Alta Velocità) vedrà la luce con il Piano Necci, nel 1991, proprio per la realizzazione di tale progetto. I principali obiettivi che sottostanno alla costituzione della TAV sono espressione di una innovativa modalità gestionale della rete dedicata attraverso il coinvolgimento di capitali privati e, dall’altra, la ricerca di una efficiente capacità esecutiva e di una maggior flessibilità operativa. La TAV dovrà pertanto essere una struttura agile anche grazie al fatto che il modello gestionale fuoriesce dagli schemi rigidi del servizio pubblico. Il capitale sociale TAV sarà di 100 miliardi, costituito al 40% circa da capitale pubblico delle FS e al 60% da capitale privato sottoscritto da istituti bancari, banche di investimento, società finanziarie e compagnie d'assicurazione, nazionali ed estere attraverso un sistema di project financing. Nel 1991 l'Ente FS attribuisce a TAV la concessione per la progettazione esecutiva, la costruzione e lo sfruttamento economico delle linee ad Alta Velocità Milano-Napoli e TorinoVenezia. All’interno del nuovo quadro gestionale la TAV agisce pertanto come: - concessionaria di FS curando la direzione di progetto con responsabilità di performance rispetto all’azionista. - committente con responsabilità nella gestione dei rapporti contrattuali con i soggetti direttamente impegnati nella realizzazione delle nuove linee veloci: i general contractors e le imprese appaltatrici che realizzano sui nodi. - responsabile della gestione finanziaria del progetto. - responsabile dei rapporti con le istituzioni centrali e locali in tutte le fasi progettuali, autorizzative ed esecutive. 9 Un elemento di contrasto tra TAV e FS sembra nascere proprio dalle differenti impostazioni gestionali e operative tendenti a superare i limiti intrinseci alla mastodontica struttura delle Ferrovie dello Stato. L’operatività della TAV orientata alle decisioni e sentita come elemento perturbante capace di togliere spazi gestionali alle FS. Nel 1991 TAV stipula la convenzione con Italferr e con i General Contractors1 Eni, Iri e Fiat per la progettazione e la realizzazione delle tratte sulle linee Torino-Venezia e MilanoNapoli. Il controllo che FS aveva su questo processo era doppio: uno interno affidato a Italferr, in quanto società di progettazione, e uno esterno attraverso una commissione di collaudo delle linee, composta da esperti esterni nominati dalle Ferrovie dello Stato. Il ruolo di TAV sembra pertanto configurarsi in modo nuovo rispetto ai tradizionali investimenti in infrastrutture ferroviarie. TAV costituisce il “perno” intorno cui: 1. rivoluzionare la rete ferroviaria integrandola, non diversamente di quanto accade per la rete autostradale, ai meccanismi di mercato; 2. costruire un nuovo rapporto pubblico-privato con un ruolo più partecipato dei grandi imprenditori privati alla progettazione e gestione delle infrastrutture; 3. garantire un rapporto forte tra i grandi operatori privati e la progettazione tecnico-politica di modernizzazione del paese. Questi obiettivi divengono presto piuttosto delle “speranze” dovute a : - cambiamenti politici e di governo, che cercano di contenere un conflitto latente tra le esigenze di TAV, di garantire profittabilità e remunerabilità degli investimenti su linee idonee specifiche (in primo luogo la Mialno-Roma), e gli interessi politici orientati all’estensione degli investimenti entro un’ottica di ottimizzazione del consenso; - l’esperienza negativa del tunnel sotto la Manica che renderà titubanti i principali operatori privati innescando un meccanismo di continue ed estenuanti richieste di “garanzie” degli investimenti e di “riduzione” del rischio. Tali processi daranno subito luogo ad una serie di richieste di correzione delle opere che allungheranno i tempi decisionali su cui si innescherà, nello stesso periodo (1993-1994) la denuncia di alcuni operatori europei del settore della sussistenza di intese tra General Contractors e FS, tese ad escludere forme concorrenziali in ambito comunitario, secondo quanto previsto dalla Direttiva CEE n. 531 del 1990. Dall’istruttoria condotta dall’Autorità Garante della Concorrenza risulterà che le società hanno sì cercato di accelerare i tempi dell’assegnazione delle commesse, per anticipare l’entrata in vigore della direttiva CEE n. 531 sui c.d. settori esclusi (che avrebbe aperto le 1 I general contractors hanno costituito dei consorzi per ogni singola tratta, raggruppando quasi tutte le maggiori imprese italiane di impiantistica e opere civili. Ogni consorzio realizza il 60% dei lavori assegnati direttamente tramite le imprese che lo compongono, mentre il restante 40% viene eseguito da imprese subappaltarici scelte direttamente dal general contractor. Tale meccanismo prevedeva che anche le imprese del consorzio subappaltano i lavori a terzi. Un motore a cascata che ha fatto sì che a lavorare sui cantieri dell’alta velocità siano state diverse centinaia di imprese di ogni tipo e dimensione. 10 porte alla concorrenza europea), senza tuttavia rilevare “elementi sufficienti a dimostrare una ripartizione del mercato ad opera di IRI, ENI e FIAT, al di fuori o al di là delle scelte di FS e della trattativa con la stessa FS, né l’esistenza di posizione dominante nella scelta di FS di contrattare solo con IRI, ENI e FIAT”. Data l’affidabilità di tali imprese il rapporto di fiducia appare cioè finalizzato alla realizzazione, nei tempi e nei modi richiesti, del sistema Alta Velocità, opera unica per dimensioni e complessità e non può quindi riscontrarsi discriminazione alcuna nei confronti degli altri fornitori. 3.1 La verifica parlamentare: 1997-99 In seguito alla vicende giudiziarie che coinvolgono le alte gerarchie FS e alla successiva verifica ministeriale sul progetto AV, ritorna all’ordine del giorno la riforma, più volte rinviata, delle ferrovie e vengono avviate importanti trasformazioni tecnico-progettuali, societarie e finanziarie. L’alta velocità è in completo stallo, anche in ragione degli scandali giudiziari che coinvolgono i principali dirigenti delle FS. In questa situazione il Ministro dei Trasporti accoglie la sfida di revisione del progetto lanciata dalle associazioni ambientaliste e nella finanziaria del 1997 (dicembre 1996) istituisce tre tavoli di verifica: • del sistema di alimentazione a 25 KW, • del modello di esercizio della Torino-Milano-Napoli, • della trasversale Milano-Venezia e Milano-Genova. La verifica si propone l’obiettivo di inserire l’alta velocità nella più ampia ristrutturazione del sistema ferroviario nazionale che, si ribadisce, deve essere un decisivo settore dello sviluppo economico, compatibile con l'ambiente e capace di favorire il necessario sviluppo e riequilibrio territoriale. In quest’ottica occorrerà ridurre i pesanti costi del congestionamento stradale, di consumo energetico, di inquinamento atmosferico e di sicurezza derivanti dal traffico su gomma e operare per il rispetto degli impegni assunti a Kyoto. La condizione indispensabile per rendere competitivo il trasporto ferroviario, rispetto alla modalità stradale, è la realizzazione da parte delle Ferrovie dello Stato del quadruplicamento delle sue direttrici ferroviarie più trafficate e sature, ossia la Milano-Napoli e la TorinoVenezia, affinché esse dispongano di una maggiore offerta di tracce ferroviarie, qualitativamente competitive con il trasporto su strada e con quelle offerte dalle migliori reti ferroviarie europee. Inoltre si intendono realizzare maggiori servizi e attrarre traffico, sia passeggeri che merci, modificando nel tempo i pesi delle scelte modali di traffico. Il quadruplicamento resta nel complesso l’azione portante del progetto in quanto porta ad un miglioramento del sistema produttivo nazionale potenziando l’efficienza del sistema trasportistico, riducendone i costi e accrescendo i livelli occupazionali. Dal dibattito in Commissione, emerge un modello di utilizzo della nuova infrastruttura basato sulle seguenti scelte strategiche: a) garantire la sostanziale trasformazione del progetto alta velocità in alta capacità attuando azioni orientate al riequilibrio modale in modo che «il nuovo progetto ad alta 11 capacità, opportunamente orientato verso le merci, anche a seguito della verifica parlamentare, e la ridefinizione dell'assetto societario TAV, consenta di realizzare il riequilibrio modale». b) Procedere ad una maggiore integrazione tra i nodi territoriali e ad un maggiore equilibrio tra il nord e il sud del paese. L’alta capacità, anche in relazione agli esiti della verifica, non potrà quindi esaurirsi nel quadruplicamento veloce dell'asse nordsud ed est-ovest ma dovrà essere il risultato di una più complessa azione coerentemente organizzata e finalizzata ad incrementare significativamente la quota del traffico ferroviario (locale, intercity e merci), quale cerniera di un sistema intermodale nazionale che vada dal rafforzamento della rete storica, agli investimenti relativi ai nodi e ai valichi alpini, considerando con particolare attenzione lo sviluppo della rete nel Mezzogiorno e nelle isole. c) Essere un sistema aperto e cioè massimizzare il livello di integrazione del progetto di quadruplicamento con la rete esistente, con le altre modalità di trasporto e con il tessuto economico-produttivo del paese. d) Promuovere un sistema di gestione della rete ferroviaria nazionale unitario, attraverso modalità trasparenti di finanziamento degli investimenti necessari. e) Garantire il più alto livello di sicurezza nei cantieri dell'alta capacità. f) Garantire l'integrale rispetto delle normative in materia di appalti e subappalti, investendo tutti gli organi dello Stato preposti per assicurare l'alta vigilanza al fine di impedire infiltrazioni dei poteri criminali. In sintesi il cambiamento dall’alta velocità all’alta capacità si propone come passaggio: - da una concezione del sistema prevalentemente rivolto ai passeggeri ad uno rivolto a passeggeri e merci, maggiormente integrato ai corridoi logistici e di trasporto, - da un sistema che aveva come obiettivo il minimo tempo di percorrenza ad uno che mira al massimo utilizzo della rete, - da un modello di potenziamento di direttrici ad un modello di potenziamento di rete. Attraverso questi cambiamenti tecnici quello che tuttavia si modifica sono gli assetti societari, gli equilibri interni tra gli attori e il rapporto pubblico-privato dando luogo a nuovi equlibri atti a sbloccare la situazione e ridare progettualità al processo di modernizzazione dell’infrastruttura ferroviaria. 3.2- Alta velocità- alta capacità: una “perversione lessicale”? L’esperienza TAV che si è posta per molti versi all’avanguardia nel tentativo di prefigurare progettutalità è più in generale fallita sia coinvolta nei processi di mutamento politico sia perchè discratica con la realtà aziendale pubblica e privata. Sul versante pubblico essa si è presentata come un attore i cui obiettivi andavano oltre gli intenti stessi dell’Unione Europea che, proprio in quegli anni, ha distinto in modo chiaro fra la gestione dell’infrastruttura a rete, 12 più inerente un’area di interesse pubblico, e il servizio di trasporto, oggetto di una politica di liberalizzazione e di privatizzazione, mentre sul versante privato si è scontrata con una struttura imprenditoriale che ha richiesto tali e tante garanzie da vanificare qualsiasi operazione di mercato. L’esperienza convalida tuttavia, anche se all’interno di processi omologhi agli altri paesi della sfera Euro, la difficoltà dell’adesione del settore dei trasporti ferroviari ai meccanismi di mercato. Inoltre essa mette in guardia da comportamenti contraddittori riaffermando l’esigenza di criteri chiari di mercato che, in primo luogo, ribadiscono l’intrinseco legame tra il rischio d’impresa e il profitto. L’esperienza TAV ha caratterizzato un periodo particolare del paese che potremmo definire di “modernizzazione” sia infrastrutturale che gestionale e operativa. Una “modernizzazione “ che non si interrotta ma trasformata. Si potrebbe dire che TAV è “morta”, assorbita da “rete Ferroviaria Italiana”, ma nel contempo ha costituito il modello di riferimento da cui sono sorte le nuove, e più grandi, società Infrastrutture Spa e Patrimonio Spa istituite dal decreto legge 63/2002. 4 - LA STRUTTURA TEORICA DEL PROJECT FINANCING Delle tre componenti che formano l’alta velocità, la rete infrastrutturale (hardware), i vettori veloci (software), la struttura organizzativa, è sicuramente quest’ultima che ha avuto le maggiori difficoltà in quanto centrata, come abbiamo visto, su un rapporto pubblico-privato fondato sia sulle decisioni mutevoli della politica che su relazioni finanziarie poco strutturate e definite. Lo strumento con cui tali relazioni si formalizzano e si definiscono è il project financing. Il project financing è stato, nel caso dell’alta velocità lo strumento principale delle politiche e di attuazione delle scelte TAV. E’ stata, come vedremo, l’incapacità di rendere crdibile tal strumento, all’origine della crisi del progetto originario Dal punto di vista giuridico l’istituto del project financing è disciplinato dalla “Merloni ter” (L. 415/98). Prima di allora il project financing non era una figura giuridica sconosciuta al mercato italiano, come dimostra l’esperienza TAV, ma da più parti erano stati richiesti interventi legislativi che consentissero di rimuovere i non pochi ostacoli normativi esistenti nel nostro ordinamento che ostacolavano lo sviluppo dell’istituto. La nuova normativa disciplina la “società di progetto” e prevede, accanto a quella tradizionalmente affidata all’iniziativa della pubblica amministrazione, una procedura per la realizzazione di interventi infrastrutturali attraverso l’istituto della concessione di lavori pubblici ad iniziativa di soggetti privati, i cosiddetti promotori. Per quanto attiene le principali novità afferenti la società di progetto, la legge prevede che quest’ultima subentri, nel rapporto di concessione, all’aggiudicatario senza necessità di 13 approvazione o autorizzazione e senza che il subentro comporti una cessione del contratto. Altrettanto significativa deve essere considerata l’istituzione, nel maggio 1999, dell’Unità Tecnica Finanza di progetto (UFP), nell’ambito del comitato interministeriale per la programmazione economica, che si ispira al modello adottato con successo nell’esperienza inglese della ‘Private finance initiative’. L’unità si compone di quindici elementi, selezionati in parte tra soggetti già appartenenti alla pubblica amministrazione e, in parte, tra le elevate professionalità provenienti dal settore privato. Essa ha l’obiettivo di : costituire un presidio tecnico con funzioni di servizio ed assistenza in favore delle pubbliche amministrazioni nella fase di valutazioni delle proposte; supportare le amministrazioni medesime nella predisposizione delle procedure di gara e dei documenti contrattuali; promuovere in generale il ricorso allo strumento della finanza di progetto da parte degli enti ed elle Amministrazioni Locali. 4.1 – Il primo Project Financing all’italiana fase uno: alla ricerca del capitale privato Il progetto del 1991 di utilizzare lo strumento del project financing per l’alta velocità risponde sinteticamente a due ragioni principali: 1. un’infrastruttura di dimensioni così rilevanti non è perseguibile attraverso risorse finanziarie provenienti unicamente dalla mano pubblica; 2. viene seguito un processo sostenuto con forza dall’Unione Europea, che assegna alla finanza privata un ruolo di primaria importanza nella realizzazione delle grandi infrastrutture di trasporto. Come si è visto nel 1991 la TAV S.p.A. nasce con un capitale sociale di 100 miliardi formato al 40% circa da capitale pubblico delle FS, ivi inclusa la partecipazione al capitale sociale di TAV, ed assicura la copertura degli interessi intercalari maturati durante la fase di realizzazione. Il settore privato finanzia il restante 60% del costo del sistema reperendo le risorse sotto forma di capitale di rischio. Il mix delle fonti e cioè la ripartizione tra capitale di rischio e prestiti (ordinari e agevolati) è completata dalla copertura degli oneri finanziari che si generano nel corso della fase di realizzazione del sistema. Tale impegno era inizialmente quantificabile, per l’intero sistema in circa 4500 mld di lire. Il costo delle fonti di finanziamento si articola secondo le seguenti modalità: i finanziamenti erogati da FS si configurano come prestiti subordinati al tasso agevolato dello 0%. E’ prevista inoltre una remunerazione indiretta ed eventuale del finanziamento erogato attraverso la corresponsione di royalties commisurate all’andamento commerciale del progetto. Lo schema dunque prevedeva che la TAV finanziasse anticipatamente l’opera rientrando successivamente dei costi grazie al pedaggio che FS spa si impegnava a versare alla società a struttura ultimata. 14 Questo è il motivo per cui, alcuni importanti attori intervistati, molto critici rispetto al modello, considerano che il project financing della TAV fosse fittizio poiché, si dice, in realtà non basato sul costo dei biglietti. A carico dello Stato era il 40% nell’immediato, ossia la parte di finanziamento pubblico stanziato in finanziaria, e in un secondo tempo il restante 60%, dovuto con il pedaggio e remunerato da FS e quindi, in ultima istanza, dallo Stato. Nel 2001 la situazione non è più così anche se molti elementi critici permangono infatti dopo la riacquisizione del 100% della TAV da parte di FS, avvenuta nel ’97; FS richiede i soldi alle banche e la copertura dei soldi deriva dalla legge finanziaria. Per i più critici L’unica differenza è che nelle leggi finanziarie viene stanziato subito il 100% della spesa e non in due tranche come nel primo modello. L’architettura giuridico-contrattuale del Project financing in questione è associata ad uno schema concessorio classico del tipo “build operate and transfer” meglio conosciuto come B.O.T., che consiste nella concessione di costruzione e di gestione di un opera significativa data ad una società privata che la finanzia, realizza, gestisce per un certo periodo di tempo prima di trasferirla all’ente all’ ente pubblico concedente. Il progetto alta velocità ruota attorno ad una project company, la TAV, che come abbiamo visto è concessionaria della progettazione esecutiva, della realizzazione e dello sfruttamento commerciale del sistema AV, per un periodo di 50 anni, al termine del quale è tenuta a restituire gratuitamente l’infrastruttura realizzata, in perfetto stato di funzionamento, al concessionario. Rispetto allo schema standard del tipo B.O.T. il project financing studiato per il progetto AV prevede l’intervento del suo principale sponsor che è, per tramite delle FS, lo Stato italiano. Si tratta di un project finance limited resources nel quale il settore pubblico apporta, in termini di garanzie e risorse finanziarie, quanto necessario a rendere l’iniziativa appetibile per il capitale privato. L’architettura giuridico contrattuale è caratterizzata dall’esistenza di una fitta rete di rapporti e di obbligazioni che lega tra loro gli sponsored, attori dell’iniziativa. Tale rete è, tra l’altro, volta ad equidistribuire il rischio e il progetto attraverso la disciplina rigorosa di tutte le componenti finanziarie associate alla fase di progettazione, a quella di realizzazione ed a quella di sfruttamento commerciale. 4.2 Il Project Financing fase due: l’alta capacità pubblica. All’inizio del 1998 le Ferrovie dello Stato rientrano in possesso di TAV, riacquisendo il 60% del capitale sociale privato a seguito alla verifica di governo. L’idea di fondo è quella di costituire un nuovo project financing. Con l’alta velocità si è cercato di coinvolgere il capitale privato nel finanziamento dell’infrastruttura, mentre con l’alta capacità il tentativo è di coinvolgere il capitale privato nel pagamento di una parte dell’opera attraverso la gestione del servizio, in coerenza con il recepimento delle direttive comunitarie. 15 La ridefinizione dell'assetto azionario di TAV, come abbiamo visto, rappresenta un tassello della complessiva riorganizzazione delle FS, che porterà alla divisione societaria della rete e dei servizi di trasporto. Il settore dei trasporti ferroviari dovrà aprirsi alla libera concorrenza consentendo la gestione dei servizi di trasporto anche ai privati e mantenendo la gestione unitaria della rete in mano pubblica. In questo quadro TAV concentra la propria attività nella costruzione della rete italiana ad alta velocità e nel reperimento sul mercato delle risorse necessarie all'investimento. Il finanziamento dell’infrastruttura sarà sostenuto al 40% da Ferrovie dello Stato e al 60% da prestiti attraverso uno schema di project finance basato su un business plan condiviso. TAV svolge il duplice ruolo di concessionaria di FS e di committente per numerosi altri soggetti attivamente impegnati nella realizzazione del progetto. Inoltre fa ricorso sia a risorse pubbliche che al mercato finanziario, ricercando insieme a FS avanzate soluzioni per il finanziamento e per la remunerazione del debito. TAV Spa assolve quattro compiti fondamentali: • è responsabile della progettazione e della costruzione delle linee ferroviarie veloci; • coordina l'azione delle imprese che concorrono alla realizzazione del Progetto; • è responsabile di tutte le attività di coordinamento e concertazione con gli enti locali e le istituzioni, nel corso di tutte le fasi progettuali ed esecutive; • è responsabile delle politiche ambientali e promuove la salute e la sicurezza del personale coinvolto nei lavori. 4.3 Il Project financing fase tre: la cartolarizzazione Fino al 31 dicembre 2002 la convenzione tra RFI, che succede a FS, e TAV prevedeva uno “ schema finanziario” per cui l’investimento per la realizzazione del Sistema AV – e più specificatamente per la TO-MI-NA - fosse sostenuto al 40% dallo Stato attraverso RFI e al 60% tramite il ricorso al mercato dei capitali. Lo Stato, sempre attraverso RFI, doveva inoltre far fronte al fabbisogno necessario per il pagamento degli interessi cosiddetti “intercalari”, maturati cioè sul debito contratto con il mercato va fino alla fine della costruzione e avviamento. Il debito generato oltre tale periodo veniva, rimborsato mediante i canoni che RFI avrebbe pagato a TAV quale corrispettivo per l’uso delle opere e degli impianti dall'alta capacità in cambio del relativo diritto di sfruttamento economico. Dal 1 gennaio 2003, secondo il ” nuovo schema finanziario” introdotto dalla Legge Finanziaria 2003, con la creazione della società “Infrastrutture SPA” (ISPA) la TO-MI-NA verrà interamente finanziata da ISPA. ISPA, costituita con Legge n° 112 del 15 giugno 2002 con azionista unico la Cassa Depositi e Prestiti, ha come scopo quello di finanziare grandi opere pubbliche e “… prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta 16 Velocità/Alta Capacità, anche al fine di ridurre la quota a carico dello Stato” (articolo 75 Legge Finanziaria 2003). Il nuovo modello finanziario prevede, inoltre, il trasferimento in capo ad ISPA dell’indebitamento contratto sul mercato da TAV (“ex” quota 60%) e la trasformazione in capitale sociale del debito maturato da TAV nei confronti di RFI (“ex” quota 40%), oltre la proroga al 2061 della concessione alla TAV e la necessaria revisione del Contratto di Programma. Per quanto riguarda il servizio del debito, cioè il fabbisogno generato dall’accensione dei finanziamenti sul mercato, lo Stato continuerà a coprire la quota relativa agli interessi, fino alla conclusione dei lavori AV (interessi intercalari); mentre nel periodo successivo, questo sarà coperto, sia per la quota relativa agli interessi che per quella relativa al capitale, dai proventi derivanti dallo sfruttamento economico delle nuove linee veloci TO-MI-NA. Lo Stato si farà, inoltre, carico di integrare quella parte del servizio del debito che i proventi non riusciranno a coprire (stimabile nell’ordine del 50%). Tenendo conto del nuovo sistema di finanziamento per la TO-MI-NA, il debito ad oggi contratto da TAV verso RFI, è stato parzialmente trasformato in capitale sociale per 5.228 milioni di euro. TAV -nelle more dell’operatività di ISPA– sta finanziando il progetto sia con risorse in conto futuro aumento di capitale che con ulteriore debito da mercato. Appena ISPA sarà operativa, TAV sarà finanziata previa provvista realizzata da ISPA per mezzo di “arranger” . Gli arranger – selezionati da Ispa il 14 maggio ’03 - hanno ricevuto il mandato per la strutturazione e il collocamento della prima emissione obbligazionaria del programma di finanziamento dedicati all’Alta velocità. Oltre alle risorse erogate da ISPA, sono previsti contributi della Comunità Europea: ad oggi sono stati assegnati circa 140 milioni di euro per le linee Bologna–Firenze e Roma-Napoli, e per i nodi di Roma e Napoli. Per il resto del Sistema AV (MI-VR, MI-PD, e TERZO VALICO) lo schema finanziario è in via di definizione; a d oggi le riserve necessarie sono messe a disposizione di TAV da parte di RFI in conto futuro aumento di capitale. L’attività del governo in carica (Governo Berlusconi) per le grandi opere e in particolare per la parte finanziaria e degli attori in gioco dell’alta capacità si caratterizza attraverso un insieme di operazioni, che recupera la possibilità di ricorso al capitale privato entro un quadro finanziario praticamente senza rischi. Le principali azioni che hanno condotto al nuovo quadro finanziario sono: 1. Il documento di programmazione economica e finanziaria del 2001 ha introdotto un criterio di priorità in cui le grandi opere erano 21 che diventavano al massimo 36 considerando qualche intervento complesso. Le 21 opere comprendono l’Alta velocità ferroviaria, una serie di strade e autostrade (tra cui la Salerno-Reggio Calabria, l’asse 17 2. 3. 4. 5. 6. viario Marche-Umbria, i nodi integrati di Roma, Genova, Napoli, Bari, Catania), il passante di Mestre, i valichi ferroviari del Frejus, del Sempione e del Brennero, il sistema Mose contro l’acqua alta a Venezia, interventi idrici al Sud e, naturalmente, il ponte sullo Stretto. L’elenco non è molto diverso da quello contenuto nel Libro bianco sulle opere pubbliche, stilato nel 1995. La Legge Obiettivo n. 443 del 2001, e il conseguente decreto legislativo numero 190 del 2002, danno vita al general contractor, come già era stato fatto in precedenza, cioè una grande impresa a cui sarà affidato dallo Stato il compito di decidere tutto, progettazione, affidamenti, appalti, direzione lavori, esecuzione, collaudo. L’unica opera che rientra nel progetto alta velocità è l’asse ferroviario sul corridoio padano. Una delle caratteristiche della Legge Obiettivo approvata dal Governo Berlusconi nel dicembre 2001 è quella dell'attribuzione di finalità di carattere economico generale alla realizzazione delle opere: nelle relazioni di accompagnamento della Legge-obiettivo, si sottolineano con forza gli effetti benefici derivanti dagli investimenti previsti, che assumerebbero così una funzione di "volano" per le economie regionali e nazionale In particolare, si prevedono effetti occupazionali per 1.210.000 nuovi posti lavoro, direttamente o indirettamente connessi al Programma nel triennio 2002-2004; inoltre, si indicano con perentorietà gli impatti positivi sulla struttura industriale del comparto delle costruzioni e per le imprese artigiane coinvolte nelle operazioni di ristrutturazione edilizia (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2001). Secondo le critiche sono provvedimenti senza base effettiva e di carattere generico volti a rassicurare i piccoli produttori rispetto agli esiti di un provvedimento fortemente sbilanciato a favore dei grandi operatori di settore. La seconda la legge infrastrutture necessarie n. 112 del 2002, costituisce due società, di capitale pubblico ma di diritto privato: la Patrimonio dello Stato spa e la Infrastrutture spa atte a gestire il patrimonio dello Stato e a collocarlo nel mercato per il finanziamento del debito pubblico e a finanziare le infrastrutture necessarie al “rilancio” del Paese. La terza è la legge delega sulle infrastrutture (n. 166 del 2002), che modifica la precedente legge Merloni sui lavori pubblici e introduce il project financing: il general contractor progetta e costruisce l’opera; i finanziamenti arriveranno in parte direttamente dallo Stato, e per il resto dai privati (le banche), ma garantiti totalmente dallo Stato, attraverso Infrastrutture spa; il debito sarà ripianato attarverso la collocazione del patrimonio pubblico del mercato da parte di Patrimonio Spa e attraverso misure strutturali orientate a far crescere l’economia; una gran parte del debito sarà comunque attribuita ad Infrastrutture Spa, che essendo un ente di diritto privato non inciderà nella contabilità statale. Si avrà cioè un debito occulto dello Stato, che non sarà iscritto a bilancio e quindi non inciderà nel calcolo dei parametri del Patto europeo di stabilità e che potrà essere ripianato dai futuri ricavi di collaborazione del patrimonio e di crescita strutturale. Un 18 progetto che presuppone la capacità di utilizzo e valorizzazione del patrimonio dello Stato nonché tassi di esercizio economici superiori ai tassi di indebitamento. Due condizioni assolutamente ottimistiche della struttura gestionale e della contingenza economica italiana. 7. Per la sola Tav la quota annua da restituire sarà prevedibilmente intorno ai 5 mila miliardi di vecchie lire; la quota annua di utili disponibili grazie ai biglietti ferroviari potrà arrivare al massimo attorno ai 500 miliardi di lire. 5. PIEMONTE E ALTA VELOCITÀ: EFFETTO PONTE E SPECIALIZZAZIONE TENDENZIALE DEI NODI Da tempo l’IRES evidenzia il rischio di emarginazione del Piemonte dal gruppo di testa delle regioni sviluppate del nord Italia, con il conseguente e progressivo allontanamento delle regioni forti d’Europa, se non si darà luogo ad una ripresa nella costruzione delle infrastrutture di trasporto, in particolare di quelle più innovative contenute nei vari PGT e negli strumenti di programmazione regionale. Il gap è infatti enorme proprio nelle tecnologie più avanzate come l’aereo e l’alta capacità dove il confronto con le regioni appena al di là delle Alpi appare assai preoccupante. In Francia e in Svizzera gli investimenti già attuati e quelli previsti sono rivolti all’insieme della rete, autostradale, aeroportuale e alla realizzazione ed estensione dell’alta velocità, ma presentano anche particolare attenzione ai temi del trasporto merci su ferro e alla promozione della multimodalità, al fine di riequilibrare i flussi e di perseguire obiettivi oramai imprescindibili di tutela dell’ambiente. In questo contesto si inserisce l'intera direttrice “Transpadana” Lione-Torino-Milano-Trieste, ricompresa tra i quattordici progetti prioritari decisi ad Essen nel 1994 dall'Unione Europea. La direttrice costituirà un elemento fondante del Quinto Corridoio intermodale, verso Lubiana e Budapest, così da consentire, entro il primo decennio del prossimo secolo, la costruzione di un'unica rete ferroviaria transeuropea ad alta capacità merci e passeggeri. Il Piemonte si colloca pienamente entro tale corridoio attraverso le tratte Torino-Milano e Torino-Lione. La Torino Milano come sinteticamente afferma una delibera del Consiglio Regionale “è per il Piemonte elemento indispensabile per un corretto sviluppo del comparto trasportistico e contestualmente degli aspetti socio-economici che della realizzazione della linea medesima ne deriveranno”. Dal punto di vista globale la Torino-Milano è’ un collegamento fondamentale che connette il Piemonte alle reti gerarchiche internazionali e che consente alla regione di non venire esclusa dalle strategie dei sistemi trasportistici, sociali, economici e produttivi dal sistema Europa. 19 Dal punto di vista locale tale tratta può diventare un collegamento di tipo pendolare con tempi di spostamento previsti fra i 40 e i 50 minuti. Poter unire due città con un connessione di questa natura riveste un valore strategico straordinario, specie per i nodi e i reticoli ad essi connessi, in quanto significa creare spostamenti all’interno di uno stesso bacino di gravitazione. Da diversi studi si evince che per collegamenti al di sotto dell’ora cambiano completamente le condizioni di mobilità e competitività e si manifestano effetti moltiplicatori sia nei flussi che nelle attività e residenze attraverso la costruzione di relazioni sinergiche dei relativi reticoli. Ciò appare particolarmente interessante nel caso della connessione dei nodi di Torino e Milano che presentano economie abbastanza differenziate e in qualche modo complementari e valori urbani ambientali e immobiliari molto diversi. Una situazione che pone i due nodi e i relativi reticoli in una relazione simmetrica e di reciproci vantaggi, una volta costruito il collegamento. Si viene cioè a costruirsi un “effetto ponte” che si traduce per i due nodi in una tendenza al riequilibrio sia dei valori immobiliari, che della struttura dei prezzi e dell’offerta. La connessione tra i due nodi mette di conseguenza in atto, sia un generale processo di riequilibrio (effetto vasi comunicanti), sia l’attivazione di un filtro economico-sociale, tendente a specializzare il nodo più piccolo in termini residenziali e quello più grande rispetto alle attività. Quest’ultimo processo è dovuto alla diversa attrattività che i due nodi generano all’interno dell’opposizione dialogica attività-residenza. Verrà cioè generata una attrattività residenziale verso il nodo più piccolo, dovuta alla presenza di più bassi valori di rendita, e una attrattività delle attività verso quello più grande, dovuto alla presenza di una maggiore accessibilità al mercato nazionale e internazionale. Occorre pertanto sin da subito attrezzarsi per questa nuova evenienza che vedrà Torino interessata da processi di gentrification residenziale degli strati più mobili del bacino milanese (giovani, intellettuali, single, ecc.) con una tendenza centrifuga delle sedi delle attività più mature. Processo quest’ultimo già in atto da svariati anni. I vantaggi per Novara e Torino saranno pertanto diversi e giungeranno a definire uno scenario tendente alla diversificazione, alla terziarizzazione e alla specializzazione residenziale e, si auspica, turistica del centro regionale piemontese. 20 BIBLIOGRAFIA - Assetto e scenari della mobilità del Piemonte nel contesto macro-regionale occidentale, (F. Ferlaino, A. De Magistris) Quaderni di Ricerca n. 70/1994. Bettini, V et al (1997)Alta velocita' : valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto Camera di Commercio (2002) Il ruolo del e grandi infrastrutture logistiche-reti e nodinello sviluppo economico e territoriale del Piemonte e dell’area torinese, Cohen R, Comito V, Dal Prato L (1985) La gestione finanziaria dei progetti, Guerini associati, Milano. Ferlaino F. Cabodi C (1999) Le reti di trasporto in Piemonte, IRES, http://europa.eu.int/comm/ten/transport/index_en.htm http://www.comitatotranspadana.it http://www.infrastrutturetrasporti.it/page/standard/site.php http://www.tav.it http://www.trenitalia.com/home/it/ Moesch G, Esternalità e Trasporti, Atti della IV riunione scientifica annuale 19-21 maggio 1997, Società Italiana degli Economisti dei Trasporti, ISTIEE, Trieste Piano Generale dei Trasporti, Ministero dei Trasporti e della navigazione, Luglio 2000. Salone C. (2004), in Irescenari, Il Piemonte nella macroregione padana: strategie territoriali tra cooperazione e competizione, Ires Piemonte, Torino. Spinedi M. (1999) a cura di, La gestione dei conflitti locali nelle opere infrastrutturali : il caso dei trasporti, Nomisma, Bologna. 21