Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed

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Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed
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Farmaci
ipolipemizzanti:
metabolismo
ed interazioni
clinicamente rilevanti
ALBERTO CORSINI,
STEFANO BELLOSTA
Dipartimento di Scienze Farmacologiche,
Università degli Studi di Milano
Negli ultimi anni si è assistito ad un continuo
progredire delle conoscenze sull’impiego clinico
della terapia ipolipidemizzante. Studi clinici
controllati con obiettivi quali mortalità e morbilità per cause cardiovascolari e mortalità per tutte
le cause hanno documentato il beneficio della terapia ipolipidemizzante.
Dal punto di vista applicativo risulta evidente
l’importanza di un corretto trattamento farmacologico delle dislipidemie. Questa rassegna riassume le proprietà farmacocinetiche dei principali farmaci oggi disponibili nella terapia ipolipidemizzante e enfatizza le loro principali interazioni clinicamente rilevanti.
Statine
t
Gli inibitori della 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A (HMG-CoA) riduttasi, l’enzima chiave
KEY POINTS
• Le statine posseggono caratteristiche farmacocinetiche differenti.
• I trasportatori dei farmaci sono fondamentali nel determinare la disposizione delle statine.
• Il CYP450 è responsabile del metabolismo
e potenziale interazione tra farmaci.
• La combinazione ezetimibe - simvastatina ottimizza il rapporto rischio benefico.
della via biosintetica del colesterolo, o statine,
sono la classe di farmaci di elezione per il trattamento delle ipercolesterolemia e si sono
dimostrate in grado di ridurre il rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare in pazienti con
un rischio cardiovascolare, perfino in quelli con
livelli normali di lipoproteine a bassa densità
(LDL).
Le statine esercitano il loro effetto principale,
la riduzione dei livelli di colesterolo LDL (LDLC), inibendo competitivamente la HMG-CoA riduttasi e, di conseguenza, la sintesi endogena di colesterolo a livello epatico. La ridotta disponibilità
di colesterolo cellulare determina un aumento dell’espressione del gene del recettore per le LDL.
L’aumento del numero dei recettori per le LDL
sulla superficie degli epatociti porta ad una
aumentata rimozione delle LDL circolanti, riducendo così i livelli plasmatici del LDL-C.
La monoterapia con le statine è in genere ben
tollerata, con una bassa frequenza di eventi
avversi, i più importanti dei quali sono la miopatia e un aumento asintomatico delle transaminasi
epatiche, eventi abbastanza poco frequenti.
Tuttavia, le statine sono farmaci che vengono
prescritti per terapie a lungo termine, e possibili
interazioni con altri farmaci richiedono una particolare attenzione.
Inoltre, una terapia di combinazione tra statine
e altre classi di farmaci ipolipemizzanti (ad es., ezetimibe, fibrati, resine e acido nicotinico) viene raccomandata per alcuni pazienti dalle nuove linee guida.
Quindi, la potenziale interazione tra diversi farmaci emerge come un fattore rilevante nella determinazione del profilo di sicurezza della terapia ipolipemizzante.
Farmacocinetica
t
La Tabella 1 riporta le principali caratteristiche
farmacocinetiche delle statine. Tutte le statine vengono somministrate nella forma attiva con
l’anello aperto (β-idrossiacido), tranne la lovastatina e la simvastatina che vengono somministrate come profarmaco nella forma lattonica e convertite in vivo a livello epatico al β-idrossiacido
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A. Corsini, S. Bellosta
Tabella 1 Proprietà farmacocinetiche delle statine.
Parametri
Atorva
Fluva
Fluva RP
Lova
Prava
Rosuva
Simva
Frazione assorbita
30
98
98
30
34
50
60-80
T max (ore)
2-3
0,5-1
4
2-4
0,9-1,6
3
1.3-2,4
27 – 66
448
55
10-20
45-55
37
10-34
Biodisponibilità (%)
12
19-29
6
5
18
20
5
Effetto del cibo sulla
biodisponibilità (%)
↓13
↓15 - ↑25
0
↑50
↓30
↑20
0
Si
Si
Si
Si
No
No
Si
C max (ng/ml)
Lipofilia
Legame alle proteine (%)
>98
>99
>99
>95
43-55
88
94-98
Estrazione epatica (%)
>70
>68
>68
>70
46-66
63
78-87
CYP3A4
CYP2C9
Attivi
Inattivi
Inattivi
Attivi
Inattivi
Attivi (minori)
Attivi
Substrato di proteine
di trasporto
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Clearance sistemica
(ml/min)
292
1132
4433
303-1166
945
805
525
>400
226
15-30
0,5-2,3
4,7
2,9
1,3-2,8
20,8
2-3
Escrezione urinaria (%)
2
6
6
10
20
10
13
Escrezione fecale (%)
70
90
90
83
71
90
58
Metabolismo
Metaboliti
CYP2C9 CYP3A4 Solfatazione CYP2C9, 2C19 CYP3A4
(in parte biliare)
Clearance renale
T 1/2 (ore)
Basati su una dose orale di 40 mg, con l’eccezione di fluvastatina RP (forma farmaceutica a rilascio prolungato; 80 mg).
Sulla base di studi per via endovenosa, la percentuale di escrezione urinaria è maggiore per la pravastatina (>40%) e la rosuvastatina (>25%).
corrispondente. Dopo somministrazione orale il
picco di concentrazione plasmatica viene raggiunto in 1-4 ore. Il fegato biotrasforma tutte le statine, determinando una scarsa disponibilità sistemica dei composti originari.
Tutte le statine subiscono un esteso metabolismo di primo passaggio epatico e meno del 5-20%
della dose somministrata raggiunge la circolazione sistemica. Le statine, con eccezione della pravastatina (50%) e della rosuvastatina (88%) sono
legate più del 90% alle proteine plasmatiche, in
particolare all’albumina plasmatica. Il minor
legame di pravastatina e rosuvastatina alle proteine plasmatiche è da attribuirsi alla idrofilia di queste due molecole che limita la necessità di un loro
trasporto nel sangue vicariato dall’albumina.
Circa il 70% dei metaboliti delle statine viene escre-
to attraverso il fegato. La pravastatina è trasformata in due metaboliti relativamente inattivi attraverso la catalisi indotta dalla sulfonil trasferasi nel
citoplasma dell’epatocita e non enzimaticamente
in ambiente acido, prima del suo assorbimento a
livello gastrico. La rosuvastatina viene eliminata
immodificata per via biliare e, in misura minore,
dopo metabolizzazione attraverso la catalisi
indotta dai citocromi P450 (CYP) CYP2C9 e 2C19.
Tutte le altre statine vengono metabolizzate a
livello epatico attraverso la catalisi indotta dal
CYP2C9 (fluvastatina) o dal CYP3A4 (simvastatina, lovastatina, atorvastatina) (Tabella 1). Solo
due statine, pravastatina e rosuvastatina, probabilmente per le loro caratteristiche idrofiliche, vengono eliminate anche per via renale seppure in percentuale modesta.
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
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Tabella 2 Principali trasportatori proteici coinvolti nel trasporto di diverse classi di farmaci.
Nome comune
del trasportatore
Nome della
famiglia genica
Localizzazione
subcellulare conosciuti
Substrati
OATP1A2
SLCO1A2
S
Fexofenadina, rosuvastatina
OATP1B1
SLCO1B1
S
Atorvastatina, cerivastatina, simvastatina,
rosuvastatina, pravastatina, pitavastatina,
fluvastatina, gemfibrozil, lovastatina, ezetimibe,
eicosanoidi, steroli coniugati, ciclosporina
OATP1B3
SLCO1B3
S
Rosuvastatina
OATP2B1
SLCO2B1
S
Fexofenadina
OAT3
MDR1
SLC22A8
ABCB1
S?
C
Fluvastatina, pravastatina, cimetidina
Atorvastatina, simvastatina, lovastatina,
pravastatina, ezetimibe, ciclosporina, taxolo,
vinblastina, doxorubicina, digossina, talinololo,
loperamide, eritromicina
MRP2
ABCC2
C
Pravastatina, atorvastatina, metotrexato,
cefodizima, ezetimibe, irinotecan
MRP1
ABCC1
L
Farmaci antineoplastici, farmaci anionici coniugati
con glutatione, sulfato o glucuronide
BCRP
ABCG2
L
Cerivastatina, pitavastatina, fluvastatina,
pravastatina, rosuvastatina
OATP, polipeptide di trasporto degli anioni organici; MDR, resistenza multifarmaco; MRP, proteina di resistenza multifarmaco;
BCRP, proteina di resistenza del cancro al seno; S, sinusoidi; C, canaliculi; L, membrane laterali.
La disposizione dei farmaci può essere alterata anche da meccanismi indipendenti dal metabolismo catalizzato dal CYP. Tra i fattori in grado
di influenzare il metabolismo dei farmaci vi sono
i trasportatori proteici, come la P-glicoproteina (Pgp). Questi trasportatori sono delle proteine transmembrana multifunzionali presenti sulla membrana delle cellule epatiche, renali, intestinali e di
altri organi. Sono in grado sia di captare, quindi
di facilitare l’entrata di sostanze (farmaci) all’interno delle cellule, sia di stimolarne l’efflusso, cioè
di espellere sostanze (farmaci) all’esterno delle cellule, anche contro un gradiente di concentrazione. Tuttavia, gli studi sui farmaci analizzati finora hanno evidenziato che per uno stesso farmaco
un trasportatore determina efflusso o captazione,
ma mai entrambi i processi. Una delle più importanti proteine di membrana trasportatrici delle statine a livello epatico è la OATP1B1 (Tabella 2)
che assieme ad altri trasportatori di efflusso o di
captazione espressi nel fegato, intestino e rene sono
in grado di interagire con diverse classi di farma-
ci. Altri trasportatori proteici in grado di mediare l’entrata o l’uscita delle statine dalle cellule sono
OATP1B3, OAT3, MDR1, MRP2, and BCRP
(Tabella 2).
Forme a rilascio prolungato
t
La fluvastatina è la prima statina per la quale
è disponibile una forma farmaceutica a rilascio prolungato (Fluva RP). Questo evita la saturazione
della sua biotrasformazione epatica e abbassa il
valore del picco di concentrazione plasmatica
(Cmax), riducendo così l’esposizione sistemica e
migliorando la tollerabilità del principio attivo.
Effetti collaterali
t
In generale, la monoterapia con le statine è ben
tollerata e causa una bassa percentuale di effetti
secondari. Gli effetti collaterali più comuni asso-
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A. Corsini, S. Bellosta
Tabella 3 Selezione di farmaci che possono aumentare il rischio di miopatia e rabdomiolisi quando
utilizzati in associazione con le statine.
Inibitori/Substrati del CYP3A4
Altri
Amiodarone
Ciclosporina, tacrolimus
Danazolo
Macrolidi (azitromicina, claritromicina, eritromicina, telitromicina)
Antifungini azolici (itraconazolp, ketoconazolo,fluconazolo)
Calcio antagonisti (mibefradil, diltiazem, verapamile)
Succo di pompelmo
Nefazodone
Inibitori della proteasi (amprenavir, indinavir, nelfinavir, ritonavir, saquinavir)
Sildenafil
Warfarina, acenocoumarolo
Digossina
Fibrati (gemfibrozil)
Niacina
ciati alla terapia con statine sono relativamente modesti e spesso transitori (disturbi gastrointestinali, cefalea, eruzioni cutanee). Gli effetti collaterali più importanti associati alle statine sono:
1. un aumento asintomatico delle transaminasi epatiche, con una incidenza fino all’1%; questi
aumenti sono dose-dipendenti e simili tra tutte
le statine, anche se non aumentati in modo significativo rispetto al placebo;
2. miopatia, con una bassa incidenza (0,1-0,2%).
La durata della terapia con statine prima della
comparsa della miopatia varia da poche settimane a più di 2 anni. I sintomi possono progredire
verso la rabdomiolisi fin tanto che i pazienti continuano ad assumere il farmaco.
Interazioni con le statine
t
Diversi studi osservazionali hanno dimostrato
che molti pazienti non raggiungono il livello auspicabile di riduzione dei lipidi plasmatici dopo il trattamento con statine.
Quindi, una combinazione tra statine e altre classi di farmaci ipolipemizzanti (ad es., ezetimibe,
fibrati, resine e acido nicotinico) è raccomandata in questi casi. Infatti il documento americano
sull’impiego dei farmaci ipolipidemizzanti ATP
III ha esteso l’uso del trattamento ipolipidemizzante ad un più ampio numero di pazienti cardiopatici ad alto rischio, una tipologia di pazienti che
spesso riceve una poli-terapia farmacologia per con-
comitanti patologie durante il corso del trattamento con statine.
Dato che le statine vengono prescritte per lungo
tempo, deve essere presa in considerazione la possibile interazione con altri farmaci, un aspetto che
emerge come un fattore rilevante nel determinare il profilo di sicurezza delle statine. Infatti, sono
state segnalate delle interazioni farmacocinetiche
(ad es., aumentata biodisponibilità), miositi e rabdomiolisi in seguito all’utilizzo concomitante di
statine con ciclosporina, antifungini azolici o calcio antagonisti (Tabella 3).
Bisogna anche considerare che lo sviluppo della
miopatia è indotto da una complessa interazione
tra farmaci, patologia, genetica e terapia concomitante.
Diversi fattori di rischio possono predisporre i
pazienti all’insorgenza della miopatia tipo l’età avanzata, il sesso femminile, patologie renali o epatiche, diabete mellito, ipotiroidismo, debilitazione
fisica, interventi chirurgici, traumi, eccessivo consumo di alcol e uno strenuo esercizio fisico. Molte
delle interazioni tra farmaci sono la risultante dell’inibizione o dell’induzione degli isoenzimi
CYP, che sono responsabili del metabolismo di
più del 50% dei farmaci correntemente disponibili per l’uso clinico (Tabella 4).
Il meccanismo con cui le statine causano la miopatia non è stato ancora completamente chiarito,
comunque l’associazione clinica sembra essere dosedipendente, e il rischio aumenta quando le statine
vengono cosomministrate con farmaci anch’essi mio-
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
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Tabella 4 Inibitori e Induttori delle vie enzimatiche coinvolte nel metabolismo delle statine.
CYP Substrati
Inibitori
Induttori
CYP3A4
Atorvastatina, lovastatina,
simvastatina
Ketoconazolo, itraconazolo, fluconazolo,
eritromicina, claritromicina, antidepressivi triciclici,
nefazodone, venlafaxine, fluvoxamina,
fluoxetine, sertraline, ciclosporina, tacrolimus,
mibefradil, amiodarone, danazolo, diltiazem,
verapamil, inibitori della proteasi, midazolam,
corticosteroidi, succo di pompelmo,
tamoxifene, amiodarone
Fenitoina, fenobarbital,
barbiturici, rifampicina,
desametasone,
ciclofosfamide,
carbamazepina, troglitazone,
omeprazolo, iperico
CYP2C9
Fluvastatina, rosuvastatina
(2C19-minor)
Ketoconazolo, fluconazolo, amiodarone,
sulfafenazolo, oxandrolone, amiodarone
Rifampicina, fenobarbital,
fenitoina, troglitazone
Substrati dei trasportatori
proteici
Inibitori
Induttori
MDR/P-gp
Atorvastatina, lovastatina,
pravastatina, simvastatina
Ritonavir, ciclosporina, verapamil, eritromicina,
ketoconazolo, itraconazolo, chinidina, elacridar
Rifampicin, iperico
OATP-C/2/1B1
Tutte le statine
ciclosporina, rifampicina, gemfibrozil
UGT Substrati
Atorvastatin, lovastatin,
pravastatin, simvastatin
Inibitori
Gemfibrozil, ciclosporina
tossici quando utilizzati in monoterapia o che sono
in grado di aumentare le concentrazioni plasmatiche delle statine.
Una ricerca della FDA sui casi di rabdomiolisi associati al trattamento con statine ha dimostrato che tra i 3339 casi di rabdomiolisi, segnalati dal
Gennaio 1990 e il Marzo 2002, quasi il 58% era
associato alla contemporanea assunzione di farmaci in grado di influenzare il metabolismo delle statine, tra cui mibefradil (in seguito ritirato dal commercio), fibrati, ciclosporina, macrolidi, warfarin,
digossina e antifungini azolici. La competizione
tra due farmaci a livello enzimatico è abbastanza
comune. Le statine sono degli inibitori molto selettivi della HMG-CoA riduttasi, e non esistono in
natura altre molecole con la stessa affinità per questo enzima. Questo suggerisce che le statine non
sono sensibili all’interazione con altri farmaci a
livello farmacodinamico (cioè al loro sito d’azione), e l’unico tipo di interazione che si può osservare è di tipo farmacocinetico.
Le differenze farmacocinetiche possono influe-
Induttori
Rifampicina
nzare però il potenziale di interazione delle statine con altri farmaci causando aumenti o diminuzioni marcate delle concentrazioni plasmatiche
delle statine e quindi un aumento dei livelli plasmatici dei farmaci cosomministrati, con un
aumento del rischio dell’insorgenza di effetti collaterali. La variabilità delle proprietà farmacocinetiche tra le statine porta ad alcune importanti
differenze nella loro potenziale capacità di causare interazioni tra farmaci.
Interazioni delle statine
t
con inibitori dei citocromi
La maggior parte delle interazioni tra farmaci
importanti che si instaurano con alcune delle statine sono attribuite alla cosomministrazione di quelle statine che vengono metabolizzate dal CYP 3A4
e di altri agenti che sono potenti inibitori o substrati di questo enzima. (Tabella 3). A questo proposito si può considerare l’interazione tra simva-
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A. Corsini, S. Bellosta
statina o lovastatina con il calcio antagonista mibefradil, che è stato ritirato dal commercio in tutto
il mondo a causa dei timori d’interazioni farmacologiche. Il mibefradil è metabolizzato attraverso due vie a livello epatico: idrolisi del legame estere nella catena laterale e ossidazione da parte del
CYP3A4. Il metabolismo attraverso la via ossidativa è inibito dopo una somministrazione prolungata di mibefradil, facilitando così possibili interazioni con altri composti metabolizzati attraverso la stessa via. Almeno 19 casi di rabdomiolisi
associati all’uso di simvastatina e 1 caso con lovastatina sono stati riportati in pazienti che ricevevano anche mibefradil, tra questi 9 ricevevano anche
ciclosporina A, che causa un aumento dei livelli
circolanti di statina. Le concentrazioni plasmatiche di simvastatina e del suo metabolita attivo (βidrossi-simvastatina) sono risultate aumentate in
conseguenza dell’inibizione del loro metabolismo
da parte del mibefradil. Esperimenti d’interazione in vitro in microsomi epatici umani hanno confermato la capacità del mibefradil di inibire il metabolismo di simvastatina e lovastatina, mentre il metabolismo della pravastatina e della fluvastatina non
è influenzato. Questo perchè il mibefradil e il suo
metabolita inibiscono non solo il CYP3A4 ma anche
il CYP1A2 e il CYP2D6. Quindi, un aumento delle
concentrazioni plasmatiche di farmaci metabolizzati da questi isoenzimi può essere aspettata quando c’è una co-somministrazione con mibefradil.
Inoltre i metaboliti attivi della simvastatina sono
biotrasformati dal CYP2D6, e questo potrebbe aver
potenziato l’interazione con il mibefradil.
Altri calcio antagonisti come il verapamile e il
diltiazem, che sono deboli inibitori del CYP3A4,
sono in grado di provocare un aumento delle concentrazioni plasmatiche della simvastatina anche
di quattro volte, e il diltiazem aumenta anche i livelli della lovastatina. Sono stati segnalati casi di rabdomiolisi in seguito alla associazione di diltiazem
e atorvastatina o simvastatina, suggerendo la necessità di usare una certa cautela nell’utilizzo contemporaneo di questi farmaci. Non sono invece state
segnalate interazioni clinicamente importanti
quando le statine sono state utilizzate con altri farmaci attivi sul sistema cardiovascolare, tipo il propranololo, gli ACE inibitori e i diuretici tiazidi-
ci. Un’altra interazione degna di nota è quella tra
le statine e gli anticoagulanti cumarinici.
Sebbene la somministrazione di lovastatina a
pazienti che ricevevano già la warfarina non ha avuto
alcun effetto sul tempo di protrombina, è stato notato sanguinamento e/o aumento degli effetti anticoagulanti in diversi pazienti trattati con anticoagulanti in associazione con la lovastatina. La simvastatina normalmente causa solo un piccolo, e clinicamente irrilevante, aumento degli effetti anticoagulanti della warfarina. Ciò nonostante, un più
marcato effetto anticoagulante e comparsa di lividi sono stati riportati in un paziente. Una potenziale interazione anche tra fluvastatina e warfarina è stata riportata in alcuni soggetti. Sebbene nessuno di questi ultimi pazienti abbia avuto episodi
di sanguinamento di rilevanza clinica, è stata necessaria una riduzione del dosaggio della warfarina
per raggiungere un appropriato livello di anticoagulazione.
Un recente documento della Food and Drug
Administration (FDA) ha segnalato casi di rabdomiolisi con tutte la statine quando sono state somministrate in combinazione con la warfarina. Il meccanismo dell’interazione tra statine e warfarina è
ancora incerto.
La warfarina è una sostanza racemica, composta da un enantiomero (S) più potente ed uno (R)
meno potente, sebbene un completo effetto anticoagulante possa essere ottenuto. Gli enantiomeri sono
metabolizzati in maniera diversa dal sistema dei CYP
nel fegato: il metabolismo della (R)-warfarina è catalizzato principalmente dal CYP3A4 e CYP1A2, mentre l’(S)-warfarina è metabolizzata soprattutto dal
CYP2C9.
Dato che entrambi gli isoenzimi CYP3A4 e
CYP2C9 sono coinvolti nel metabolismo della warfarina, una competizione con le statine a questo
livello può contribuire all’instaurarsi delle interazioni osservate. Dati contrastanti sono stati invece riportati per quanto riguarda l’effetto del trattamento con una statina sull’inibizione dell’aggregazione delle piastrine da parte del clopidogrel in
pazienti sottoposti al posizionamento di uno stent
coronarico.
Al momento non è stata evidenziato alcun dato
chiaro che porti all’esclusione di questa potenzia-
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Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
le associazione di queste due classi di farmaci in
pazienti ad alto rischio coronarico.
Sono state descritte delle ulteriori interazioni
tra le statine e altri farmaci dovute al metabolismo da parte del CYP, alcune delle quali con una
rilevanza clinica. Inibitori dell’attività dell’isoenzima CYP come la cimetidina, e il succo di pompelmo, sono in grado di aumentare i livelli plasmatici di alcune statine.
La dislipidemia, una delle principali anomalie
metaboliche nei pazienti con HIV, sembra essere conseguente all’utilizzo degli inibitori della proteasi a causa di una aumentata sintesi dei trigliceridi. Le statine vengono utilizzate ampiamente
in questo tipo di pazienti e casi di mialgia e rabdomiolisi sono stati segnalati. Questo è probabilmente dovuto al fatto che gli inibitori della proteasi sono inibitori del CYP3A4/5. Casi di rabdomiolisi si sono osservati con simvastatina e ritonavir, che ha l’effetto inibitorio più pronunciato
sul CYP3A4.
Statine e interazioni
t
con la ciclosporina
I pazienti trapiantati sono sottoposti a politerapia con numerose classi di farmaci potenzialmente in grado di interagire tra di loro. Tra i farmaci
che possono interagire con le statine vi è la ciclosporina che può aumentare notevolmente il
rischio di miopatia che può poi progredire a rabdomiolisi nei pazienti trapiantati. È da notare però
che non ci sono state segnalazioni di rabdomiolisi quando la fluvastatina è stata cosomministrata con la ciclosporina.
Le caratteristiche cinetiche della fluvastatina risultano particolarmente favorevoli per il paziente trapiantato, come documentato e dimostrato dallo stu-
dio ALERT (Assessment of Lescol in Renal Transplantation; vedi in seguito). Lo studio ALERT ha
valutato gli effetti a lungo termine della terapia
ipolipidemizzante con fluvastatina sugli eventi cardiaci, sulle disfunzioni dei pazienti trapiantati renali e sulla sicurezza dell’associazione di fluvastatina alla terapia già complessa del paziente trapiantato.
Dopo 6 mesi di trattamento, la terapia con fluvastatina ha ridotto in maniera significativa le concentrazioni di LDL-C rispetto al placebo, e questi effetti si sono mantenuti durante tutto lo studio. Nel periodo di follow-up, della durata media
di 5,1 anni, fluvastatina ha ridotto il rischio di morte
per eventi cardiaci, di infarto del miocardio non
fatale, e di morte per eventi cardiaci e infarto del
miocardio non fatale. Una estensione dello studio
ALERT di 2 anni, ha previsto l’utilizzo di fluvastatina RP (80 mg/die), con la comparsa di MACE
come end-point primario. Il 92% dei 1787
pazienti che hanno completato lo studio ALERT
sono stati seguiti nella estensione, con un followup totale medio di 6,7 anni. Il follow-up ha documentato una riduzione delle morti cardiache o di
infarto non fatale e del rischio di MACE.
Questa estensione ha confermato inoltre il profilo di sicurezza e tollerabilità del trattamento con
fluvastatina e ciclosporina, già precedentemente
dimostrato alla fine dello studio originario.
Infatti il profilo di sicurezza della fluvastatina RP
si è dimostrato simile a quello del placebo, e la
sua efficacia, in termini di riduzione sostenuta dei
livelli di LDL-C, è stata confrontabile con quella di altre statine in altri tipi di pazienti.
L’interazione tra statine e ciclosporina avviene in parte a livello del sistema del CYP 3A4 ed
è un grande motivo di preoccupazione. Come abbiamo visto la fluvastatina è principalmente metabolizzata dal CYP2C9, mentre la pravastatina e la
Tabella 5 Effetto della cosomministrazione della ciclosporina sui parametri farmacocinetici delle statine.
Parametro
AUC (µg x h/l)
Cmax (µg/l)
Atorvastatina
Fluvastatina
Lovastatina
Pravastatina
Simvastatina
Rosuvastatina
↑6
↑6
↑1,9
↑1,3
↑20
–
↑5–23
↑8
↑3-8
–
↑11
↑1,7
I valori riportati sono i cambiamenti relativi al trattamento con la sola statina.
AUC, area sottesa alla curva concentrazione plasmatica-tempo; Cmax, concentrazione plasmatica massima.
34
A. Corsini, S. Bellosta
rosuvastatina sono eliminate soprattutto attraverso altre vie metaboliche.
Ciononostante, è stato osservato un aumento
di 5-23 volte delle concentrazioni della pravastatina e di 10 volte quella della rosuvastatina in presenza di ciclosporina. La ciclosporina aumenta i
livelli plasmatici anche della atorvastatina,
lovastatina, simvastatina, e in misura nettamente minore della fluvastatina (Tabella 5). Si ipotizza che la competizione per il trasporto mediato da trasportatori proteici a livello epatico (OATPC) tra pravastatina o rosuvastatina e ciclosporina porti ad una captazione epatica ridotta delle
due statine ed un aumento dei livelli sistemici.
Inoltre, le P-gp sono responsabili, almeno in parte,
della bassa e variabile biodisponibilità della ciclosporina. Infatti si pensa che l’interazione tra pravastatina e ciclosporina possa avvenire a livello
delle P-gp.
Questo suggerisce che la ciclosporina può interagire con le statine attraverso molteplici meccanismi: dall’inibizione del CYP3A4 alla competizione a livello dei trasportatori proteici coinvolti nella disposizione del farmaco. Dall’altro lato,
la fluvastatina reagisce scarsamente con la ciclosporina, molto probabilmente perché la fluvastatina è principalmente riconosciuta dal CYP2C9 piuttosto che dal CYP3A4 e dal fatto di non essere un
substrato per le P-gp. Infatti, la sua biodisponibilità è aumentata meno di due volte in presenza di
ciclosporina A (Tabella 5).
Interazioni delle statine
t
con induttori dei citocromi
Gli induttori dell’attività dei citocromi, tipo la rifampicina, riducono i livelli plasmatici delle statine (Tabella
5). Questo sembra essere il caso del troglitazone (ora
tolto dal commercio), un farmaco antidiabetico in
grado di indurre l’attività del CYP3A4. Analogamente, la rifampicina riduce notevolmente le conentrazioni plasmatiche di simvastatina, fluvastatina e atorvastatina, probabilmente in seguito alla induzione
del CYP3A4 e CYP2C9.
È stato inoltre ipotizzato che la rifampicina sia
in grado di indurre anche i trasportatori proteici
OATP1B1, MDR1, e MPR2, riducendo così anche le concentrazioni plasmatiche di pravastatina
e rosuvastatina. La fenitoina, un altro induttore del
CYP3A4, può alterare l’efficacia ipolipemizzante della atorvastatina e della simvastatina. Infine,
la cosomministrazione di iperico può causare una
diminuzione delle concentrazioni plasmatiche di
simvastatina ma non della pravastatina, molto probabilmente in seguito allo stimolo dell’effetto di
primo passaggio della simvastatina mediato dal
CYP3A4 nell’intestino tenue e nel fegato da parte
di questo prodotto erboristico.
Statine e trasportatori proteici
t
Studi recenti hanno rilevato l’importanza
delle proteine di trasporto nei meccanismi di escrezione di farmaci a livello renale ed epatico. Questi
trasportatori posseggono un’ampia specificità di
substrato e un certo grado di sovrapposizione, suggerendo la possibilità di interazioni tra farmaci dovute ai meccanismi di trasporto. Da un punto di vista
evoluzionistico, questa ridondanza di sistemi di
trasporto può servire come meccanismo protettivo per mezzo del quale vengono garantite più vie
per l’eliminazione di sostanze potenzialmente dannose per l’organismo.
Tutte le statine sono substrati dei trasportatori proteici. Le statine vengono captate efficientemente dal fegato e subiscono una ricircolazione
enteroepatica. In questo processo, alcuni trasportatori epatici di captazione (tipo OATP1B1), e trasportatori di efflusso (tipo MRP2), agiscono in cooperazione operando un trasporto attraverso le cellule epatiche (Tabella 2) e questo riconoscimento favorisce la loro disposizione nell’organismo
ed anche il loro tropismo epatico. Dopo somministrazione orale di una statina, l’efficiente sistema di captazione di primo-passaggio epatico del
farmaco da parte di OATP1B1 aiuta la captazione delle statine idrofile nell’epatocita dove
manifestano l’effetto di inibizione della HMG-CoA
riduttasi epatica.
Inoltre la captazione da parte di OATP1B1 riduce la distribuzione del farmaco nella circolazione sistemica e l’esposizione di altri bersagli (ad
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
es, il muscolo) dove potrebbe causare effetti collaterali come la miopatia.
Inibitori dell’assorbimento
t
del colesterolo: Ezetimibe
L’assorbimento del colesterolo proveniente dalla
dieta prevede un meccanismo specifico mediato
da una proteina trasportatrice localizzata a livello dell’orletto a spazzola delle cellule intestinali,
la proteina Niemann-Pick C1 Like 1 Protein
(NPC1L1) fondamentale nel controllare l’omeostasi del colesterolo.
In particolare, la sua espressione è modulata dal
contenuto intracellulare di colesterolo nell’enterocita. È bene ricordare che il colesterolo presente nell’intestino deriva solo parzialmente dalla dieta
e per la maggior parte ha origine endogena.
Il meccanismo alla base dell’inibizione dell’assorbimento del colesterolo da parte dell’ezetimibe è legato alla inibizione specifica della proteina trasportatrice NPC1L1 impedendo così il trasferimento dal lume intestinale all’interno della
cellula del colesterolo e ne favorisce l’escrezione per opera di altri trasportatori. Questa specificità d’azione è rinforzata dal fatto che ezetimibe
non inibisce l’attività di enzimi pancreatici, non
sequestra acidi biliari e colesterolo, non influenza l’attività di esterificazione, le attività delle lipasi presenti nel tratto gastrointestinale, né l’assorbimento di trigliceridi, estrogeni, progestinici e vitamine liposolubili. L’inibizione a livello dell’orletto a spazzola evita tutte quelle interazioni che
sono state documentate con l’impiego dei sequestranti degli acidi biliari, quali le resine, che impediscono l’assorbimento non solo di acidi biliari,
ma anche una serie di molecole lipofile di notevole importanza biologica quali vitamine liposolubili e ormoni steroidei.
L’ezetimibe viene rapidamente assorbita in seguito alla somministrazione orale e, una volta ingerita, è rapidamente captata dalle cellule intestinali e convertita nel suo derivato glucuronide
(metabolita farmacologicamente attivo) attraverso la catalisi indotta da 3 diversi glucuroniltransferasi. Una piccola porzione (4%) è ossidata a che-
35
tone. A causa della rapida glucuronidazione, circa
il 90% della concentrazione plasmatica totale di
ezetimibe, misurata dopo mezz’ora dalla somministrazione, è costituita dal suo derivato glucuronide. La concentrazione massima di ezetimibe si
osserva entro le 4-12 ore dalla somministrazione,
mentre la concentrazione massima del glucuronide si osserva tra 1 e 2 ore dalla somministrazione del principio attivo. L’assorbimento non è influenzato dalla presenza di cibo. A seguito della sua formazione, il composto glucuronidato è rilasciato
dal sistema portale al fegato e riescreto nel lume
intestinale attraverso la via biliare dove è in grado
di legarsi alla parete intestinale. Più del 95% della
dose somministrata di ezetimibe è presente come
glucuronide nel lume intestinale o a livello della
cellula intestinale, suggerendo che la scarsa
distribuzione sistemica del composto non coniugato è da attribuirsi alla veloce conversione nel
suo metabolita attivo.
L’ezetimibe, così come il suo derivato glucuronide, è altamente legata alle proteine plasmatiche (∼90%) e tende a concentrarsi a livello intestinale. Un analisi dell’andamento della curva concentrazione plasmatica-tempo mostra la comparsa di diversi picchi che documentano un ricircolo enteroepatico di ezetimibe. Circa il 17% del complesso ezetimibe-glucuronide va incontro a
distacco del glucuronide nel lume intestinale e alla
riformazione di ezetimibe libera che viene quindi riassorbita nell’ileo. Questo circolo enteroepatico si verifica ogni 4 ore per diverse volte.
A causa del ricircolo enteroepatico di ezetimibe è difficile calcolare l’emivita di eliminazione che tuttavia si stima essere intorno alle 28-30
ore. Il circolo enteroepatico è di notevole importanza proprio per prolungare l’effetto farmacodinamico del farmaco sull’assorbimento del colesterolo. Lo 80% di ezetimibe viene eliminato principalmente come tale nelle feci e il 10% eliminato per via renale principalmente come glucuronide. Numerosi studi condotti in popolazioni speciali documentano come nell’anziano (> 65 anni)
le concentrazioni plasmatiche siano raddoppiate
anche se si osserva un effetto ipolipidemizzante
sovrapponibile al giovane.
L’ezetimibe è stata studiata anche negli adole-
36
A. Corsini, S. Bellosta
scenti (10-18 anni) nei quali è stata documentata
una farmacocinetica sovrapponibile. Nella
donna le concentrazioni sono circa il 20% superiori ma a parità di efficacia ipolipidemizzante.
Condizioni di nefropatia e di epatopatia sono associate ad un aumento, seppur modesto, delle concentrazioni plasmatiche del farmaco evidentemente legate alle patologie a carico degli organi fondamentali nell’eliminazione del farmaco e questo
comporta una variazione della sua posologia.
Al contrario non sono richiesti aggiustamenti
posologici per l’ezetimibe in presenza di cibo, nell’anziano, nel giovane e tra sesso maschile e femminile.
Effetti Collaterali
t
Gli studi condotti indicano che l’ezetimibe è generalmente ben tollerata dai pazienti.
Complicazioni gravi attribuibili direttamente ad
ezetimibe non sono riportate. Dolori al petto, atralgia, diarrea, emicrania, vertigini, sinusiti, faringiti ed infezioni del tratto respiratorio si verificano con una frequenza lievemente maggiore con ezetimibe rispetto al placebo. Non sono riportati danni
epatici e/o muscolari. Pazienti che ricevono la terapia d’associazione ezetimibe/statine hanno un rischio
maggiore, seppur lieve, di aumentati livelli delle
transaminasi epatiche rispetto alla monoterapia con
statine; tuttavia questo rischio è <2%.
Associazione Statine-Ezetimibe
t
Per ottenere un effetto ipocolesterolemizzante
più completo è spesso necessaria una terapia mirata a controllare non solo la sintesi endogena ma
anche l’assorbimento del colesterolo intestinale.
Il trattamento con statine, associata all’inibizione della sintesi di colesterolo, determina una risposta omeostatica dell’organismo alla necessità di
colesterolo che si traduce in un aumento della quota
di colesterolo assorbito. Emerge quindi la necessità di un intervento a due livelli proprio per ottenere un controllo ottimale dei livelli plasmatici di
colesterolo. Questo duplice effetto di inibizione
dell’assorbimento e aumentata sintesi endogena
di colesterolo costituisce il razionale per la terapia di associazione con inibitori della sintesi del
colesterolo quale le statine. Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia di ezetimibe 10
mg/die nell’aumentare l’effetto ipolipidemizzante del 15-26% di qualsiasi statina. Associata
a questa duplice inibizione che ne esalta le proprietà farmacodinamiche e gli effetti ipolipidemizzanti va ricordato il profilo di sicurezza e tollerabilità osservata negli studi di associazione.
L’ezetimibe (10 mg) non interagisce con caffeina, tolbutamide, destrometorfano, dapsone o
midazolam ad evidenziare l’assenza di interazione con i citocromi CYPIA2, CYP2C8, CYP2C9,
CYP2D6, CYP3A4 e con la N-acetiltransferasi. L’ezetimibe inoltre non modifica la cinetica delle
statine. Dati recenti però, indicano come la disposizione e l’effetto ipolipemizzante dell’ezetimibe
siano modificate per degradazione metabolica da
parte dell’enzima uridin-difosfato-glucuronosiltransferasi intestinale UGT1A1 e dalla secrezione epatica e/o intestinale da parte di P-gp e MRP2. Questo
spiegherebbe perché la cosomministrazione di rifampicina provochi un aumento delle concentrazioni
sieriche di ezetimibe ma riduce il suo ricircolo enterosistemico, molto probabilmente in seguito alla inibizione della sua secrezione da parte di P-gp e MRP2.
Per quanto riguarda la combinazione tra ezetimibe e fibrati la letteratura a riguardo è piuttosto
scarsa e non definitiva. In particolare, due studi
cinetici condotti con ezetimibe in presenza sia di
gemfibrozil sia di fenofibrato hanno documentato un aumento dei livelli plasmatici di un 50-80%
dell’ezetimibe associata ad entrambi i trattamenti. Queste ricerche lasciano aperta la possibilità che
questa combinazione non sia ottimale proprio a causa
di un aumentato livello di ezetimibe, anche se queste variazioni sono compatibili con la variabilità
interindividuale da un punto di vista cinetico.
Dall’altro lato un studio recente ha documentato come la co-somministrazione di ezetimibe con
fenofibrato porti ad una efficacia complementare
sia sul LDL-C (ridotto del 20%), sia sui trigliceridi (ridotti del 40%) e sia sui livelli di HDL-C (aumentati del 19%) in pazienti con dislipidemia. Le uniche due interazioni osservate con rilevanza clini-
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
ca si verificano quando ezetimibe è combinata con
ciclosporina e colestiramina. Nel primo caso, le concentrazioni di ezetimibe aumentano di 3-10 volte
nei pazienti trapiantati renali. Ne consegue che questa co-somministrazione deve essere valutata ed utilizzata con estrema cautela.
Resine a scambio ionico
t
I sequestranti degli acidi biliari o resine, colestiramina e colestipolo, sono tra i primi farmaci ipolipidemizzanti introdotti in terapia. A causa della loro
struttura chimica, con numerose cariche positive, e
delle loro dimensioni le resine non vengono assorbite e rimangono nel tratto gastrointestinale.
Queste cariche positive permettono alle resine di legare gli acidi biliari, carichi negativamente, nel lume intestinale. Questi complessi, non più
riassorbibili a livello dell’ileo, vengono poi
escreti nelle feci. Dato che più del 95% degli acidi
biliari viene normalmente riassorbito, l’interruzione di questo processo ad opera delle resina (inibizione del 5%) riduce il pool epatico di acidi biliari e causa un aumento della sintesi epatica degli
stessi. Questo porta ad una riduzione del contenuto epatico di colesterolo, precursore degli acidi
biliari, stimolando indirettamente l’espressione di
recettori per le LDL.
L’aumento dei recettori delle LDL nel fegato
induce la captazione delle LDL circolanti e
abbassa i livelli plasmatici di colesterolo. Questo
effetto è però parzialmente contrastato dall’aumentata sintesi di colesterolo causata dall’induzione
dell’attività della HMG-CoA riduttasi in conseguenza al ridotto pool di acidi biliari che porta ad
una maggiore richiesta di colesterolo. Infatti, questi farmaci si associano bene con le statine, che
sono in grado di bloccare l’aumento della sintesi
del colesterolo indotto dalle resine.
Effetti collaterali
t
Le resine sono farmaci relativamente sicuri in
quanto non vengono assorbite a livello sistemico.
Sono stati riportati casi di acidosi ipercloremica
37
in quanto esse vengono somministrate come cloridrati. L’ipertrigliceridemia è una controindicazione per l’uso di colestiramina e colestipolo, a
causa dell’aumento dei trigliceridi indotto da questi composti. I principali disturbi osservati dopo
l’assunzione delle resine sono gonfiore e dispepsia. Questi sintomi possono però essere limitati se
il farmaco viene sospeso in un liquido alcune ore
prima dell’assunzione. La stipsi può essere prevenuta con l’assunzione di liquidi. Questi effetti
collaterali, seppur modesti, sono responsabili della
scarsa adesione al trattamento con le resine.
Colestiramina e colestipolo si legano a molti altri
farmaci e interferiscono con il loro assorbimento. Tra questi vi sono: alcuni tiazidici, furosemide, estrogeni, propranololo, l-tiroxina, glucosidi
cardioattivi, cumarinici, alcune statine. Per questo è consigliabile assumere gli altri farmaci 1 ora
prima o 3-4 ore dopo l’assunzione delle resine. È
stata riportata la tendenza a un aumentato sanguinamento dovuta a ipotrombinemia associata a un
deficit di vitamina K.
Fibrati
t
I fibrati determinano una serie di effetti sul profilo lipidico e lipoproteico che interessano il metabolismo delle lipoproteine ricche in trigliceridi,
la sintesi di componenti lipidici e di apoproteine
a livello intestinale ed epatico, e l’espressione di
alcuni enzimi chiave del metabolismo lipoproteico, quali ad esempio la lipasi lipoproteica.
Una proteina specifica appartenente alla famiglia delle proteine cellulari denominate “Peroxisomal Proliferator Activated Receptor” (PPAR) è
il bersaglio molecolare dell’azione dei fibrati. I fibrati, al fine di esercitare i loro effetti sul profilo lipidico, agiscono come deboli agonisti di PPARα.
I fibrati a seguito della stimolazione di
PPARα riducono i livelli plasmatici dei trigliceridi attraverso la stimolazione dell’ossidazione degli
acidi grassi, l’aumento della sintesi della lipasi e
la ridotta espressione dell’apo CIII. L’aumento causato dai fibrati del HDL-C è dovuto alla stimolazione, mediata da PPARα, della sintesi e dell’espressione di apoAI e apoAII.
38
A. Corsini, S. Bellosta
Tabella 6 Proprietà farmacocinetiche dei Fibrati.
Bezafibrato
Clofibrato
Fenofibrato
Gemfibrozil
Biodisponibilità orale (%)
100
100
60
100
Volume di distribuzione (L)
17
14,5
63
N.D.
t 1/
1,5-3,0
15
19-27
1.3
t1/2 in pazienti con insufficienza renale (h)
9,2
30-110
143
2,4
Legame alle proteine (%)
95
96
>99
98
Renale
(immodificato)
Renale
(metabolita)
Renale
(glucuronide)
Renale
(glucuronide)
2
in soggetti sani (h)
Via di eliminazione
Abbreviazione: t1/2 = emivita, N.D. = non disponibile
Farmacocinetica
t
In Tabella 6 sono riportate le principali proprietà farmacocinetiche dei fibrati. Tutti i fibrati a causa
della lipofilia elevata vengono assorbiti dopo somministrazione per via orale in modo rapido ed efficace (>90%) quando assunti durante i pasti, mentre sono assorbiti in misura minore quando
assunti a digiuno. I fibrati (Figura 1) sia quelli somministrati come tali (bezafibrato e gemfibrozil),
Figura 1 Via metabolica delle statine.
sia quelli somministrati come profarmaci in
forma esterificata che viene rapidamente idrolizzata nella forma acida libera (clofibrato e fenofibrato), raggiungono il picco di concentrazione plasmatica in 1-4 ore.
Tutti i fibrati hanno una biodisponibilità orale
molto elevata pari al 100%, con l’eccezione del
fenofibrato che ha una biodisponibilità del 60%
nella forma a rilascio immediato, ma questa aumenta notevolmente quando somministrato in forma
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
micronizzata (100%). Tutti i fibrati sono fortemente legati (>95%) alle proteine plasmatiche, essenzialmente all’albumina.
Questi farmaci si distribuiscono ampiamente nell’organismo. L’emivita plasmatica dei fibrati varia
da circa 1,5 ore per il bezafibrato e gemfibrozil a
19-27 ore per il fenofibrato. I fibrati vengono escreti per via renale immodificati (bezafibrato e clofibrato) o dopo coniugazione con acido glucuronico (gemfibrozil e fenofibrato): il 60-90% di una
dose somministrata per via orale viene escreta nelle
urine, con piccole quantità nelle feci. Ne consegue che nei pazienti con insufficienza renale l’escrezione di questi farmaci è fortemente compromessa, come documentato in Tabella 6 dal prolungamento dell’emivita di eliminazione; pertanto
l’impiego dei fibrati è controindicato nei pazienti nefropatici. Inoltre, a causa dell’elevato legame alle proteine plasmatiche, nessuno dei fibrati
è emodializzabile.
Forme a rilascio prolungato
t
Il bezafibrato è disponibile per la terapia in una
forma farmaceutica a rilascio immediato (200 mg),
che prevede una somministrazione b.i.d., ed una
forma a rilascio prolungato (400 mg), che prevede una somministrazione giornaliera. È importante ricordare che il confronto delle singole dosi non
porta a differenze farmacocinetiche significative,
mentre la somministrazione b.i.d. porta ad un AUC
superiore per la forma a rilascio immediato.
Fra i fibrati, il fenofibrato è quello con biodisponibilità più variabile.
La riduzione delle dimensioni delle particelle
attraverso la micronizzazione del fenofibrato ne
ha migliorato la solubilità e le caratteristiche farmacocinetiche. Il fenofibrato micronizzato (200
mg) ha dimostrato una biodisponibilità pari al 100%
e una minor variabilità dello stesso parametro rispetto alla forma a rilascio immediato.
Inoltre, il fenofibrato micronizzato permette la
somministrazione una volta al giorno del farmaco, migliorando così l’adesione del paziente al trattamento (compliance) e favorendo il beneficio della
terapia ipolipidemizzante.
39
Effetti collaterali
t
In genere i fibrati vengono ben tollerati. Si sono
osservati effetti collaterali nel 5-10% dei pazienti, ma il più delle volte questi non sono stati tali da
determinare un’interruzione della somministrazione. Si possono osservare effetti a livello gastrointestinale, eruzioni cutanee, orticaria, perdita di capelli, stanchezza e anemia. Sono stati segnalati casi
di aumento lieve dei livelli delle transaminasi epatiche e diminuzione dei livelli di fosfatasi alcalina. L’impiego in monoterapia dei fibrati è associato ad un aumentato rischio di tossicità muscolare
quale miopatia, miosite e rabdomiolisi. Il clofibrato, bezafibrato e fenofibrato possono potenziare l’azione degli anticoagulanti orali, forse in seguito a loro
spiazzamento dal sito di legame all’albumina. Quando
si inizia una terapia con fibrati è opportuno eseguire un monitoraggio del tempo di protrombina e ridurre il dosaggio degli anticoagulanti.
Tutti i fibrati aumentano la litogenicità della bile
e l’insufficienza renale e la disfunzione epatica sono
controindicazioni al loro uso. I fibrati non dovrebbero essere somministrati a bambini o donne in gravidanza.
Associazione fibrati-statine
t
Numerosi studi hanno documentato come la combinazione statine/fibrati rappresenti la combinazione terapeutica ottimale per il controllo del profilo lipidico della maggior parte dei pazienti con
iperlipidemia mista (profilo lipidico essenzialmente caratterizzato da bassi livelli di HDL-C, elevati livelli di trigliceridi e LDL-C quantitativamente nelle norma ma qualitativamente piccole e dense)
quali i pazienti affetti da sindrome metabolica e
diabetici. In particolare, la combinazione di queste due classi di farmaci permette di ridurre i livelli elevati di LDL-C e di trigliceridi e di aumentare in modo significativo il HDL-C, ma anche di
diminuire i livelli di dLDL, determinando quindi
una modificazione sia qualitativa sia quantitativa
della dislipidemia. L’efficacia dell’associazione
statine/fibrati sul profilo lipidico alterato è da attribuirsi al diverso meccanismo d’azione delle due
40
A. Corsini, S. Bellosta
classi di farmaci che si traduce in un controllo globale dei lipidi/lipoproteine plasmatiche.
Tuttavia, nonostante il razionale farmacodinamico e l’efficacia documentata, la combinazione
statine/fibrati è associata ad un aumentato
rischio di miopatia e rabdomiolisi che ne ha fortemente limitato e sconsigliato l’impiego. È da ricordare che anche l’impiego in monoterapia, sia dei
fibrati sia delle statine, è associato ad un aumentato rischio di tossicità muscolare. Le evidenze epidemiologiche e l’esperienza clinica hanno chiaramente documentato che l’associazione statine/fibrati può determinare un rischio di miopatia
circa 5 volte superiore rispetto a quello osservato con entrambe le classi in monoterapia. Uno studio sulla frequenza dei casi di rabdomiolisi
documentati dalla FDA americana ha riportato 3.200
casi di rabdomiolisi negli USA per tutte le statine dalla loro immissione in commercio alla metà
del 2001 quando si è verificato il ritiro dal commercio della cerivastatina. All’interno di questa
casistica, si è osservato che il 38% dei casi era da
attribuirsi all’associazione statine/fibrati, e in particolare all’associazione cerivastatina/gemfibrozil. Casi di rabdomiolisi sono stati riportati con
tutte le statine in associazione essenzialmente con
gemfibrozil; è importante ricordare che la frequenza di casi di rabdomiolisi è risultata 33 volte superiore con la combinazione cerivastatina/gemfibrozil rispetto alle altre combinazioni.
Al contrario la combinazione statina/fenofibrato sembra particolarmente sicura sulla base di quanto riportato in letteratura. In particolare, si è osservato come la frequenza di rabdomiolisi a seguito
della combinazione statine (qualsiasi)/ fenofibrato sia estremamente bassa (0,58/100.000) e con un
rischio 15 volte inferiore a quanto osservato per
l’associazione statine/gemfibrozil.
Nonostante i casi di miopatia/rabdomiolisi siano stati documentati sin dalla fine degli anni ’80,
solo negli ultimi anni si è arrivati alla comprensione dei meccanismi alla base della interazione
statine/fibrati. È stato infatti dimostrato che l’associazione simvastatina/gemfibrozil determina un
aumento delle concentrazioni plasmatiche del
metabolica attivo della simvastatina, la simvastatina in forma aperta (β-idrossiacido), mentre las-
cia inalterate le concentrazioni plasmatiche della
forma lattonica, simvastatina profarmaco, dimostrando come l’interazione sia di tipo farmacocinetico.
Risultati analoghi sono stati riportati per lovastatina, rosuvastatina e cerivastatina.
Questo dato farmacocinetico è di estremo interesse in quanto il risultato fornisce per la prima volta
una base farmacologica all’interazione statine/fibrati, ma è di difficile interpretazione perchè mentre
le statine vengono principalmente metabolizzate attraverso la catalisi indotta dai citocromi a livello epatico, il gemfibrozil viene escreto per via renale dopo
la sua coniugazione a livello epatico con acido glucuronico mediante la catalisi indotta da isoforme
diverse della glucuronil trasferasi e formazione del
derivato glucuronide. Sono stati quindi condotti studi
in cellule e in microsomi epatici umani che hanno
dimostrato come il gemfibrozil sia in grado di inibire, a causa della sua affinità elevata, gli enzimi
glucuronil trasferasi e quindi il processo di glucuronidazione (Figura) delle statine presenti in
forma acida, impedendo in questo modo la riformazione del lattone. Questa riconversione delle statine dalla forma attiva (acida) alla forma lattonica
(profarmaco) prevede un metabolita intermedio statina-glucuronide altamente instabile che spontaneamente rilascia il glucuronide e si richiude nel lattone.
Questo è un passaggio fondamentale per
aumentare la lipofilia della statina permettendone la successiva metabolizzazione catalizzata dal
CYP3A4. Studi “in vitro” hanno dimostrato che
il gemfibrozil, a concentrazioni terapeuticamente rilevanti, è in grado di inibire questa conversione da forma acida a lattone della simvastatina,
atorvastatina, lovastatina e soprattutto di cerivastatina. Inoltre, si è osservato che il gemfibrozil
è anche in grado di inibire l’attività del CYP2C9
responsabile del metabolismo di fluvastatina ed
in parte di rosuvastatina, e del CYP 2C8 coinvolto nel metabolismo di cerivastatina. È stato poi recentemente dimostrato un altro effetto inibitorio del
gemfibrozil a carico del trasportatore OATP1B1,
una proteina presente nelle cellule epatiche e coinvolta nella captazione epatica di tutte le statine
(Tabella 2). Infine, si ipotizza un effetto inibitorio del gemfibrozil anche a livello dei trasporta-
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
tori renali, come documentato dalla ridotta clearance renale della pravastatina e dai suoi aumentati livelli plasmatici a seguito dell’associazione
con gemfibrozil.
Riassumendo, sono diversi i meccanismi responsabili dell’interazione farmacocinetica tra gemfibrozil e le varie statine, in particolare la cerivastatina, che sono alla base dell’aumentata esposizione sistemica alle statine e dell’aumentata incidenza di casi di miopatia/rabdomiolisi a seguito della
combinazione statina/fibrato (Tabella 7).
Al contrario di quanto osservato per il gemfibrozil, il fenofibrato non determina un aumento
dei livelli plasmatici di simvastatina né della forma
acida né della forma lattonica.
Recentemente, è apparso in letteratura uno studio che ha documentato come la somministrazione della combinazione simvastatina, somministrata a dosi elevate (80 mg), e fenofibrato micronizzato (200 mg) non provochi nessuna variazione del
profilo cinetico concentrazione plasmatica/tempo
né della simvastatina, in forma aperta o lattonica,
né del fenofibrato.
Il fenofibrato, come il gemfibrozil, è in grado
di inibire la glucuronidazione delle statine, ma a
concentrazione 5-10 volte superiori a quelle presenti nel plasma di pazienti trattati con 200 mg di
fenofibrato. Ne consegue che, sebbene il fenofibrato come il gemfibrozil venga metabolizzato a
glucuronide prima di essere escreto per via renale, l’interazione statine/ fenofibrato risulta molto
meno probabile da un punto di vista clinico.
I dati della FDA sulla frequenza dei casi di rabdomiolisi riportata con gemfibrozil e con fenofibrato, sia in monoterapia sia in terapia in associazione con statine, supportano questa affermazione. In particolare, sono stati documentati 1304 casi
di rabdomiolisi con gemfibrozil sia in monoterapia (1%), sia in associazione con cerivastatina (89%)
e con altre statine (10%) rispetto ai 68 casi di rabdomiolisi riportati con fenofibrato sia in monoterapia (64%) sia con cerivastatina (24%) e con altre
statine (12%).
Un’analisi successiva dei dati riportati dalla FDA
sull’associazione statine/ fibrati evidenzia un’incidenza di rabdomiolisi significativamente superiore con gemfibrozil rispetto a fenofibrato ed evi-
41
denzia la potenzialità dell’impiego dell’associazione statine con fenofibrato, anche se con le dovute precauzioni.
A questo riguardo è interessante ricordare che
le recenti raccomandazioni del ATP III hanno recepito il possibile impiego della combinazione statine a dosi moderate /fenofibrato e ne suggeriscono l’utilizzo soprattutto in pazienti con bassi livelli plasmatici di HDL-C ed elevati livelli di trigliceridi.
Nello studio FIELD (Fenofibrate Intervention
and Event Lowering in Diabetes), recentemente
pubblicato, è stato valutato l’effetto del fenofibrato sugli eventi cardiovascolari nei pazienti con diabete di tipo 2. Il trattamento con il fibrato ha ridotto gli eventi cardiovascolari totali soprattutto grazie alla riduzione degli infarti del miocardio non
fatali e delle rivascolarizzazioni. Il fenofibrato è
stato generalmente ben tollerato ed ha dimostrato un buon profilo di sicurezza a prescindere dalla
eventuale terapia concomitante.
È da notare che circa il 30% dei pazienti trattati con fenofibrato riceveva una cosomministrazione anche di statine. Sulla base di queste premesse è stato disegnato lo studio ACCORD in 10251
pazienti affetti da diabete di tipo 2. In questo studio tuttora in corso si prevede il confronto di una
terapia ipocolesterolemizzante con simvastatina
(20 mg in prevenzione primaria e 40 mg in prevenzione secondaria, indipendentemente dai
livelli di colesterolo basale) verso una terapia ipolipidemizzante simvastatina/fenofibrato.
La scelta della simvastatina tra le varie statine
è giustificata dai numerosi studi clinici (essenzialmente 4S e HPS) che hanno documentato in modo
consistente un beneficio clinico in termini di riduzione di morbilità e mortalità cardiovascolare a seguito del trattamento con simvastatina nei pazienti diabetici. La scelta del fenofibrato tra i fibrati è giustificata sia dalle evidenze cliniche di una riduzione, seppure non significativa, del rischio cardiovascolare nei pazienti diabetici di tipo 2 (come visto
prima nello studio FIELD) sia dal profilo farmacocinetico del fenofibrato che ne consente la combinazione con le statine senza incorrere in problemi di interazione e di aumentato rischio di miopatie. Infine, è importante ricordare che anche la com-
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A. Corsini, S. Bellosta
binazione statine/bezafibrato è risultata, almeno in
alcuni studi, efficace e sicura; tuttavia, la documentazione sull’impiego statine/bezafibrato è meno esaustiva rispetto a quella statine/fenofibrato.
Al fine di ottimizzare il rapporto rischio/beneficio della combinazione statine/fibrati è importante la posologia del trattamento che prevede la
somministrazione del fibrato alla mattina e della
statina alla sera per evitare o ridurre ogni potenziale interazione farmacocinetica.
Acido Nicotinico
t
L’acido nicotinico ha una azione antilipolitica
che si manifesta specificamente nel tessuto adiposo ed indirettamente sulla sintesi dei trigliceridi a livello epatico. Ricerche recenti hanno documentato come l’azione antilipolitica dell’acido nicotinico possa essere mediata dall’interazione con
un recettore specifico dell’acido nicotinico presente sull’adipocita che comporta l’inibizione della
lipasi ormono-sensibile. Il recettore per l’acido nicotinico rappresenterebbe inoltre un nuovo bersaglio
terapeutico per la sintesi di nuovi derivati dell’acido nicotinico ad azione ipolipidemizzante.
L’inibizione della lipasi ormono-sensibile presente nel tessuto adiposo comporta una ridotto rilascio e disponibilità di acidi grassi nel sangue e, di
conseguenza, una minor captazione degli stessi nel
fegato con una ridotta sintesi di lipoproteine ricche in trigliceridi ed un aumento del HDL-C. Un
secondo effetto dell’acido nicotinico è la sua capacità di aumentare i livelli plasmatici di HDL-C attraverso l’inibizione della captazione e del catabolismo dell’apoAI a livello epatico senza tuttavia
influenzare la captazione ed il trasporto del colesterolo estere nel fegato. In questo modo, l’emivita delle HDL viene prolungata.
È da notare che l’acido nicotinico non è al momento disponibile in Italia.
Farmacocinetica
t
L’acido nicotinico, ai dosaggi normalmente utilizzati (>1 g al giorno) per il trattamento delle disli-
pidemie, viene quasi completamente assorbito e
il picco di concentrazione plasmatica viene raggiunto entro 30-60 minuti.
L’emivita è di circa 60 minuti e questo comporta la necessità della somministrazione di duetre dosi al giorno. Ai dosaggi più bassi, la niacina viene captata dal fegato e coniugata con glicina. La coniugazione porta alla formazione del metabolita principale (acido nicotinurico) che viene escreto nelle urine. Ai dosaggi più elevati, la maggior
parte del farmaco viene eliminata nelle urine come
acido nicotinico non modificato.
Forme a rilascio prolungato
t
La disponibilità di una forma farmaceutica a rilascio prolungato (ER) permette la somministrazione una volta al giorno (alla sera) di acido nicotinico rispetto alla posologia della forma farmaceutica a rilascio immediato (IR) che prevede la somministrazione 2-3 volte al giorno. La forma ER
mostra una efficacia ipolipidemizzante equipollente alla forma IR. Da questa formulazione ER
l’acido nicotinico viene rilasciato in modo prolungato ed assorbito per un periodo di 8-12 ore e va
incontro ad un metabolismo diverso che offre una
maggiore sicurezza e tollerabilità rispetto alla formulazione a rilascio immediato.
Effetti collaterali
t
L’arrossamento, o vampate (flushing), e il prurito ad esso associato, sono i principali effetti collaterali che si verificano nel 70-80% dei pazienti in terapia. Questo effetto è attribuibile al metabolismo che subisce l’acido nicotinico, soprattutto nella forma farmaceutica IR, che prevede una
via di coniugazione con glicina e la formazione
di acido nicotinurico, responsabile della vasodilatazione indotta dalle prostaglandine. La formulazione ER ha dimostrato una riduzione significativa degli episodi di arrossamento rispetto alla
forma IR. Inoltre, è importante ricordare che con
il prosieguo della terapia si sviluppa una tolleranza a questo effetto collaterale. Al fine di ridurre
Farmaci ipolipemizzanti: metabolismo ed interazioni clinicamente rilevanti
ulteriormente il rischio di arrossamento si suggerisce al paziente di assumere il farmaco prima di
coricarsi dopo cena e di evitare bevande calde o
alcoliche e i cibi piccanti. Inoltre, per minimizzare il flushing ed il prurito si suggerisce di iniziare la terapia con dosaggi bassi (100 mg b.i.d.)
e quindi aumentare gradualmente la dose.
Aspirina o farmaci antinfiammatori non-steroidei
possono attenuare l’arrossamento.
Recentemente è stato dimostrato che l’uso di
antagonisti del recettore della prostaglandina D2
come il laropiprant sia in grado di sopprimere il
flushing causato dall’acido nicotinico. La dispepsia
rappresenta, insieme al flushing, un altro effetto
collaterale che riduce in modo importante l’adesione del paziente al trattamento con acido nicotinico.
La somministrazione di acido nicotinico porta
ad un aumento dei livelli plasmatici degli enzimi
epatici, soprattutto con dosi superiori a 2 g della
forma IR, e un rischio di miopatia quando associato alla terapia con le statine. È consigliabile il
monitoraggio sia della funzionalità epatica (transaminasi e fosfatasi alcaline), sia muscolare
(creatin fosfochinasi; CPK) all’inizio del trattamento, dopo 6 settimane e ogni 4-6 mesi. Infine,
il trattamento con acido nicotinico, soprattutto se
ad alti dosaggi, può causare un aumento sia dei
livelli di acido urico, e peggiorare la gotta, sia dei
livelli di glucosio. Si suggerisce pertanto, anche
per queste due patologie metaboliche, il monitoraggio dei livelli plasmatici di acido urico e di glucosio.
Associazione acido
t
nicotinico - statine
La combinazione acido nicotinico-statine rappresenta una valida opzione terapeutica sulla base
degli effetti complementari dei due trattamenti sul
profilo lipidico. In particolare, le statine sono molto
efficaci nel ridurre i livelli di LDL-C, e l’acido nicotinico nell’aumentare i livelli di HDL-C e nel ridurre i livelli di trigliceridi. La combinazione non solo
migliora in modo importante il profilo lipidico ma
è anche associata ad un beneficio clinico.
43
Conclusioni
t
Le interazioni tra farmaci su base farmacocinetica possono influenzare notevolmente l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità dei farmaci
ipolipidemizzanti. Il problema della sicurezza e
della tollerabilità è di particolare importanza nella
prevenzione primaria e secondaria delle patologie cardiovascolari, dove il rischio di una terapia a lungo termine deve essere considerato nel
contesto dei benefici acquisibili. Come abbiamo
visto, sono state segnalate numerose interazioni
tra i vari farmaci ipolipemizzanti e quelli di altre
classi, specialmente con quelli che sono substrati, inibitori o induttori dei citocromi o dei trasportatori proteici e quindi in grado di competere con
loro metabolismo.
Fortunatamente, alcune di queste interazioni hanno
un minimo impatto clinico dato che né compromettono la capacità ipolipemizzante né aumentano la tossicità. In altri casi, l’uso concomitante di
certi farmaci tipo statine, fibrati, eritromicina, itraconazolo e farmaci immunosoppressori come la
ciclosporina possono aumentare i livelli plasmatici del farmaco cosomministrato e, di conseguenza, il rischio di effetti collaterali; le resine invece possono ridurre l’assorbimento di alcuni composti portando quindi ad un possibile fallimento
terapeutico. Alcune tipologie di pazienti ad alto
rischio cardiovascolare, tipo quei pazienti con patologie coronariche, dislipidemia, diabete, ipertensione, nefrosi, HIV, trapiantati e anziani necessitano di una particolare attenzione per evitare le interazioni con una potenziale rilevanza clinica. Quindi
una appropriata conoscenza e attenzione verso le
potenziali interazioni tra farmaci potrebbe permettere di ridurre in modo considerevole il rischio di
eventi avversi.
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