Uso di beni aziendali e licenziamento

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Uso di beni aziendali e licenziamento
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Uso di beni aziendali e licenziamento
La Corte di Cassazione, con la sentenza
n. 5546 del 8/3/2010, ha nuovamente affrontato il tema dell’uso dei beni aziendali
e, nella specie, del telefono cellulare, prendendo però in considerazione un aspetto
particolare di tale uso, ossia l’invio di sms.
Aspetto che, a quanto consta, non aveva
in precedenza formato oggetto di contenzioso e, quindi, di decisione.
La sentenza così recita “Integra la nozione legale di giusta causa del licenziamento ex art. 2119 c.c. - in quanto in grado
di far venir meno la fiducia del datore di
lavoro sull’operato del dipendente - la
condotta del lavoratore il quale utilizzi il
telefono cellulare aziendale per fini personali. Il fatto che l’abuso del cellulare di
servizio sia avvenuto con l’invio di sms
e non con telefonate, non esclude l’inadempimento”.
Il caso riguardava un dipendente che
- dotato di telefono cellulare aziendale
- non aveva effettuato telefonate personali, ma aveva inviato un consistente
numero di sms aventi tale natura.
La società, dopo avergli contestato il fatto,
procedeva al licenziamento in tronco.
Il lavoratore impugnava tale provvedimento, sostenendo che:
- il divieto di uso personale del cellulare
aziendale riguardava il “traffico” telefonico, intendendosi per tale solo le
conversazioni e non gli sms;
- era in buona fede, ritenendo consentito l’uso degli sms;
- la funzione sms non era stata disabilitata;
- altri lavoratori avevano commesso la
stessa infrazione, ma non erano stati
licenziati, subendo sanzioni di tipo
conservativo (multa / sospensione dal
lavoro e dalla retribuzione);
- il datore il lavoro non aveva subito
danni da tale uso, visto che non risultava esser stato utilizzato tutto il traffico pre-pagato.
Il giudizio di primo grado aveva esisto positivo per il dipendente: il Tribunale, infatti, dichiarava illegittimo il licenziamento intimatogli; il datore di lavoro ricorreva
in appello e la sentenza veniva riformata,
dando quindi ragione a quest’ultimo.
Da qui il ricorso in Cassazione e la decisione in commento.
La Suprema Corte, riteneva dunque sussistere la giusta causa di licenziamento, in
quanto il dipendente non poteva essere in
buona fede, come dallo stesso sostenuto.
Poiché, infatti, risultava provato che il
datore di lavoro aveva consentito l’uso
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Filo Diretto Dirigenti Ottobre 2010
del cellulare esclusivamente per motivi
di servizio, vietando espressamente l’uso
della Sim Card per motivi personali, il
dipendente non poteva essere in buona
fede nell’utilizzare gli sms, trattandosi pur
sempre di uso della medesima Sim Card.
Del resto nell’espressione “traffico” dovevano ritenersi comprese tutte le possibili
forme di utilizzo dell’apparecchio.
In secondo luogo, il fatto che la funzione
sms non fosse stata disabilita, non assumeva alcun rilievo, posto che sussisteva
un divieto generalizzato di uso del telefono cellulare per motivi personali, divieto
esteso agli sms e di cui il dipendente era
perfettamente a conoscenza.
Il fatto dunque che non si fosse trattato
di telefonate, bensì di sms, non cambiava
la sostanza e doveva considerarsi come un
inadempimento grave, considerato l’esor-
bitante numero di messaggi inviati dal dipendente (circa 100 al giorno).
La Suprema Corte non riteneva meritevole di accoglimento nemmeno l’argomentazione del lavoratore, secondo la quale
l’importo pre-pagato non era stato utilizzato per intero; la stessa, infatti, in linea
con il proprio consolidato orientamento,
affermava che per la sussistenza della giusta causa di licenziamento, non è necessario che si produca un danno in capo al datore di lavoro, essendo sufficiente che tale
uso improprio faccia venir meno la fiducia
nei confronti del dipendente.
Infine, per quanto concerneva l’asserita
disparità di trattamento posta in essere dal
datore di lavoro - che in relazione ad altri
dipendenti, che pure si erano resi inadempienti nell’uso del cellulare, aveva adottato
sanzioni conservative e non espulsive – la
Suprema Corte precisava che la stessa trovava la propria ragion d’essere nella diversa entità del traffico indebito compiuto.
Il licenziamento veniva pertanto definitivamente confermato.
Con la decisione in commento, sebbene
particolare in quanto riguardante gli sms,
la Suprema Corte ha confermato il proprio orientamento (Cass. Civ. 9/7/2007
n. 15334, Cass. Civ. 10/7/2002 n.
10062) di rigore in relazione all’uso non
autorizzato di beni aziendali, anche se
con la precisazione che il licenziamento
in tronco si giustifica per un uso abnorme
(come nel caso di specie, circa 100 sms
al giorno), mentre un uso modesto può
portare all’applicazione di una sanzione
conservativa.
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