Buco Nero - liceo Tasso
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Buco Nero - liceo Tasso
1° CLASSIFICATO CONCORSO DI SCRITTURA CREATIVA Liceo T. Tasso 2014 Buco Nero di Elena Sasso D’Elia III E << Si baciavano. Erano giovani. I baci nascono in modo così naturale sulle labbra di una ragazza di vent’anni! Non è amore è un gioco; non si insegue la felicità, ma un attimo di piacere. Il cuore non desidera ancora niente: è stato colmato d’amore durante l’infanzia, saziato d’affetto. Che taccia, adesso. Che dorma! Che lo si dimentichi.>> Un’attrice vestita di nero con i capelli biondi e sciolti grida, la sala sussulta. Anita è seduta in terza fila di platea: trucco leggero, scarpe un po’ a punta, un vestito di seta color porpora. Non importa se ha vent’anni, talvolta insegue la felicità. Ma non stasera. Stasera Anita ha un buco sulle calze. Quanto ci metterà ad allargarsi? Cinque secondi? cinque minuti? cinque ore? Forse anche meno se si muove improvvisamente. Non può fare nulla, non può accavallare le gambe, non può chinarsi a prendere qualcosa dalla borsa, non può alzarsi, non può andare via se lo spettacolo è penoso. Quella piccola smagliatura sul ginocchio sinistro si espandererà lentamente, inesorabilmente. Può prenderle tutta la coscia e scendere giù, verso il polpaccio, sfiorare audace la linguetta della sua scarpa laccata: è così impertinente che si nota nel buio della sala. Cosa penserà la gente? Anita ha un buco sulle calze. Come è successo? Ha corso per prendere il tram, si è seduta su una panchina al parco o tra i banchi dell’aula cinque, ha battuto il ginocchio sul selciato fuori casa, si è impigliata in una porta, qualcuno ha tentato di trattenerla. Anita ha un buco sulle calze. Tutti per strada ti guardano se hai un buco sulle calze, non importa se sei impeccabile, sei ha una borsa di Chanel o le scarpe di Prada: hai un buco sulle calze, sei una sciattona. << Che taccia, adesso. Che dorma! Che lo si dimentichi!>> Ripete l’attrice. Ma Anita, quell’Anita lì, quella seduta in terza fila di platea, quell’Anita con il trucco leggero, le scarpe un po’ a punta e il vestito di seta color porpora non può dimenticare di avere un buco sulle calze. Cala il sipario. Intervallo. Anita rimane immobile sulla sua poltrona, posa lentamente la mano sul ginocchio per coprire il buco, è un’operazione rischiosa: basta un unghia troppo lunga ed è finita. Si gira verso destra e parla con il suo vicino, ha un’aria poco naturale, l’aria di una che sa di avere un buco sulle calze. Quando hai un buco sulle calze la tua vita è meravigliosa, poi te ne accorgi e cambia tutto. Tra cinque minuti lo spettacolo ricomincia, ma Anita deve fare pipì. Osserva la sala, sembra una missione suicida. Deve sfilare tra le poltrone, arrivare al corridoio centrale, schivare gli ignari spettatori del suo dramma, attraversare una porta antipanico e poi le due porte del bagno, chiuderle entrambe, alzare il vestito, abbassare le calze, fare pipì in equilibrio senza appoggiarsi e possibilmente con le ginocchia strette e poi ripetere tutto al contrario. IMPOSSIBILE. Al solo pensiero il buco gioisce e ringrazia. Anita ha un buco sulle calze e quel buco sta per diventare un cratere. Si torna in scena. L’attrice bionda culla un bambolotto seduta sotto un enorme pendolo, gli echi della sua voce sono quasi fastidiosi. Ma Anita non li sente, quel palco potrebbe bruciare, potrebbe aprirsi improvvisamente su Via di Torre Argentina come una finestra, potrebbe salirvi sopra Umberto Eco, Napoleone o Moira Orfei, non farebbe alcuna differenza. Anita ha un buco sulle calze e non ha tempo di pensare all’amore, al teatro, ai bambolotti che piangono lacrime di bambini veri, e nemmeno al fatto che non ha ancora cenato. Guarda il buco con sospetto e fastidio. <<Perché devi rovinarmi la serata? >> chiede. << Perché no? >> le risponde beffardo. Un sottile filo di nylon attende silenziosamente un suo passo falso, poi si compiacerà della sua rovina. <<Scivola un po’ verso destra, so che stai scomoda>> sembra dirle ghignando. Ma Anita non ci casca, non questa volta. Anita ha un buco sulle calze e quel buco si prende gioco di lei. <<Avevano vent’anni quando l’amore li sfiorò davvero la prima volta.>> Continua l’attrice. Avevano vent’anni ed erano stati sfiorati dall’amore. Anita ha la stessa età, ma non può sfiorarsi nemmeno una coscia. Sono le undici, lo spettacolo finisce. Anita è angosciata, si accenderanno le luci e dovrà alzarsi, dovrà togliere la sua mano curata dal ginocchio e mostrare a tutti la ridente empietà di quel buco. Le serve un piano. Può alzarsi, indossare il cappotto e andare via, fingendo di non averlo visto, ostentando le sue calze bucate. Può sfidare la sala con la sua imperdonabile sciatteria. Può fermarsi a chiacchierare come se lo stato delle sue calze fosse impeccabile. Può perfino ironizzarci sopra. Chiunque lo farebbe. Ma non Anita. Anita non è capace, la sottile smagliatura su quelle calze ha molto più carattere di lei. Rimane seduta mentre gli attori si scambiano le ultime battute e si maledice per aver scelto delle calze così sottili. Anita ha un buco sulle calze. Quanto ci vorrà prima che abbia delle calze su un buco? Molto poco. Le luci si stanno accendendo, cazzo. Anita ha un buco sulle calze, davvero, ha un buco sulle calze. Rimarrà lì, coprendosi il ginocchio e aspetterà che tutti vadano via, anche se ormai si sta pisciando sotto. Non le importa, può rimanere in terza fila di platea per giorni, tanto non ha nulla da fare, nulla che sia più importante di un buco sulle calze. Può nutrirsi di gomme da masticare, centellinare la bottiglietta di thè alla pesca che ha in borsa. Ha anche un pacchetto di cracker, è fatta. Anita ha un buco sulle calze. Può fingere di sentirsi male, chi mai noterebbe che ha un buco sulle calze mentre viene portata via in barella? Cazzo, i paramedici. Già li immagina: le prendono la pressione, le danno un paio di sberle, se non altro perché le merita, la caricano sull’ambulanza e poi: << Signorina, lei ha un buco sulle calze!>> Anita ha un buco sulle calze, è assolutamente fottuta. Prima di prendere l’ultimo applauso la protagonista la indica e con lo stesso fervore con cui prima parlava d’amore grida: << Anita ha un buco sulle calze!>> Tutti la guardano. Perfetto. Abbassa la testa arrossendo, arrivata a questo punto solo una catastrofe naturale, un attentato o una vecchia impellicciata con una riga nera sul colletto possono salvarla. Si guarda intorno attendendo un segnale divino. Niente, tutte camicie pulite. Fuori non piove nemmeno. Anita ha ancora un buco sulle calze. La targhetta del posto 22 davanti alle sue ginocchia la guarda con i suoi occhioni scuri, sta piangendo. E’ stata lei. << Anita, ti prego, Anita, ascoltami. Io, ti giuro che non volevo, non pensavo potesse succedere, non mi è mai capitato con nessun’altra. Anita ti prego non fare così, veramente, possiamo risolvere tutto. Sei sempre bellissima lo sai? Sei sempre bellissima come la prima volta che ti ho visto, questo non cambia nulla, davvero. E’ solo un buco, un banalissimo buco. Tu sei più di questo, devi credermi. Affronta questa situazione, sai che mi troverai sempre qui, e ti giuro, te lo giuro davvero non succederà mai più, sono quasi imbarazzata. Non succederà più. Promesso. Adesso ti prego, Anita, ti prego, puoi perdonarmi?>> <<No, non posso.>> risponde Anita, sottovoce. La parte peggiore di quando hai un buco sulle calze è che non può restringersi, si può solo allargare.