operazioni di scarico - uso di autogru - rottura della catena

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operazioni di scarico - uso di autogru - rottura della catena
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Corte di Cassazione, Sezione 4 penale
Sentenza 27 dicembre 2010, n. 45356
Massima redazionale
- OPERAZIONI DI SCARICO - USO DI AUTOGRU - ROTTURA DELLA CATENA DELLA
GRU CADUTA DEL CARICO - INVESTIMENTO DI LAVORATORE - MEZZO PRESO A
NOLO - RESPONSABILITÀ DEL NOLEGGIANTE - VALUTAZIONE - SUSSISTE.
Lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, necessario nei confronti dei dipendenti, ancor più si impone nei confronti di coloro che prestano lavoro alle dipendenze di altri e che vengono per la prima volta in contatto con un ambiente e con delle strutture non conosciute e che,
quindi, possono riservare insidie (fattispecie di nolo a caldo di autogru con autista). (1)
-------------Causa l'accidentale rottura della catena della gru montata su un camion, durante l'operazione di sollevamento e deposizione al suolo di un
escavatore, il carico si era abbattuto violentemente a terra, investendo un operaio impegnato nelle operazioni di scarico. L'amministratore della
società era stato condannato per il reato di omicidio colposo, avendo omesso di sottoporre la catena della gru alla prescritta verifica obbligatoria trimestrale di resistenza. Con il ricorso per Cassazione l'imputato aveva sostenuto che, nella fattispecie, si era trattato di ”nolo a
caldo” (in quanto il camion dotato di gru era stato noleggiato unitamente all'operatoreautista) e il noleggiante non aveva alcuna fisica e giuridica
possibilità di interferire nella organizzazione del cantiere stesso e del lavoro, giacché aveva messo soltanto a disposizione il macchinario e l'addetto. Aveva aggiunto anche che, anche nella ipotesi in cui fosse stata ritenuta la perdurante posizione di garanzia a carico del locatore (noleggiante), la
sentenza impugnata avrebbe dovuto comunque indicare gli strumenti e lemodalità con cui sarebbero dovuti
essere attuati la tutela, il controllo e la garanzia da parte di un soggetto su una cosa di cui non aveva più la detenzione, in un cantiere in cui non aveva neppure l'accesso e con riferimento a un dipendente (l'autista del camion) sul quale non aveva, sia pure temporaneamente, il potere di
controllo. Responsabili dell'accaduto sarebbero stati, invece, l'autista del mezzo, che aveva tenuto una condotta chiaramente illecita, e il
capocantiere del noleggiatore, il quale era tenuto a intervenire al fine di impedire che la vittima si collocasse in una posizione assolutamente vietata
dalle norme di sicurezza. Anzi, questa ultima condotta omissiva di controllo avrebbe avuto autonoma efficienza
causale nella realizzazione dell'evento; per altro verso, la condotta della vittima era stata abnorme, eccezionale e imprevedibile, giacché il lavoratore, scendendo da altro veicolo, improvvisamente si era posto al di sotto di un carico sospeso, apprestandosi a guidare lo stesso senza
alcuna ragione, sebbene altri fossero addetti a questa operazione. La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso. Essendo risultato chiaro che
l'incidente si era verificato a causa del cedimento della catena di acciaio impiegata nella circostanza per l'imbragatura dell'apparecchiatura (catena
che, oltre a essere insufficiente per quanto concerne la tollerabilità della portata utile, si presentava in pessimo stato di uso e di conservazione) è stato ritenuto non condivisibile l'assunto difensivo secondo cui, vertendosi in una ipotesi di ”nolo a caldo”,
non sussisterebbe la responsabilità dell'amministratore della società noleggiante. Invero, lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se era necessario nei confronti dei dipendenti dell'impresa, ancor più si imponeva nei confronti di coloro che prestavano lavoro alle dipendenze di altri e che venivano per la prima volta in contatto con un ambiente e con delle strutture non conosciute e che, quindi, potevano riservare insidie,
come in effetti era avvenuto. Inoltre, nemmeno la condotta della vittima poteva essere ritenuta abnorme o eccezionale dal momento che questa
condotta (l'eccessivo avvicinamento del lavoratore al raggio di azione di una gru inmovimento) era tra
quelle prevedibili, che dovevano appunto essere impedite attraverso il rispetto e l'osservanza delle norme sulla sicurezza
G. Soprani
LEX24 - Gruppo 24 ORE
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PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Ambiente & Sicurezza, 2011, 11, pg. 76, annotata da G. Soprani
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Corte di Cassazione, Sezione 4 penale
Sentenza 14 gennaio 2010, n. 1514
Massima redazionale
- PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI - LAVORI IN PROSSIMITÀ DI LINEE ELETTRICHE - NOLEGGIO A CALDO - MANCATA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI
ELETTROCUZIONE E INSUFFICIENTE FORMAZIONE DELL'OPERATORE RESPONSABILITÀ DEL TITOLARE DELLA SOCIETÀ DI NOLEGGIO - VALUTAZIONE
- È RESPONSABILE - MANCATA CONOSCENZA DEI CONTENUTI DEL CONTRATTO RILEVANZA - NON RILEVA.
La mancata conoscenza del contenuto dei singoli contratti da parte del legale rappresentante di una società è irrilevante ai fini della sicurezza
sul lavoro, qualora essi rientrino nella normale attività d'impresa, rispetto alla quale grava sul vertice gestionale l'assolvimento in
generale di tutti gli obblighi imposti dalla normativa prevenzionistica. (1)
-------------------(1)
Il dipendente del noleggiatore a caldo di una pompa autocarrata utilizzata per la posa del calcestruzzo era rimasto folgorato poiché non era stata osservata la distanza di sicurezza tra la pompa e la linea elettrica sovrastante che era stata urtata durante le manovre di lavoro. Nei processi di
merito erano stati condannati il datore di lavoro della vittima dell'infortunio, il noleggiante e il coordinatore per l'esecuzione nel cantiere edile. In
particolare, il rischio di elettrocuzione non era stato considerato nei documenti di valutazione dei rischi. Il solo noleggiante proponeva ricorso per
Cassazione, deducendo tra l'altro di non avere avuto alcuna notizia della stipulazione del contratto di noleggio, avvenuta a opera di un dipendente.
La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso e, in particolare, del tutto irrilevante la circostanza della mancata conoscenza, da parte dell'imputato,
che fosse stato stipulato il contratto di noleggio. Quello che è stato ritenuto rilevante è che la società di cui l'imputato era legale rappresentante non si era limitata a noleggiare il mezzo, ma aveva assunto l'obbligo di fornire una prestazione di servizi comprendente anche l'opera del conducente
del veicolo, a una cui erronea manovra è stato ritenuto ricollegabile l'infortunio. Quindi, rientrando la stipulazione e l'esecuzione del contratto di nolo a caldo nella normale attività d'impresa, incombeva comunque sul legale rappresentante della società fosse o meno a conoscenza del singolo contratto un obbligo di formazione e informazione
del dipendente al quale era affidata la guida e la manovra del veicolo, così come l'assolvimento in generale degli obblighi di sicurezza relativi allo svolgimento di tutte le attività dell'impresa. Nel caso di specie, al contrario, la redazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) si risolveva in tutte le occasioni nella compilazione di un prestampato; il manovratore della pompa era stato formato e informato solo sul funzionamento della
macchina ma non sull'osservanza delle cautele rese necessarie dalla situazione specifica; il preposto delegato per la sicurezza non era idoneo per
insufficiente preparazione a svolgere questa attività. Peraltro, in altra vicenda infortunistica la Suprema Corte è stata di parere diverso; risultando che nel noleggio il lavoratore è inserito in uno con la macchina oggetto del noleggio nell'organizzazione
d'impresa del noleggiatore, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che è sotto la vigilanza di quest'ultimo (non del noleggiante, di regola assente dal luogo di lavoro) che deve esplicarsi l'attività lavorativa che trova causa e regolamentazione nel contratto di noleggio (Cass. pen., sez. IV, 4 settembre 2009, n. 34327). Negli stessi termini anche la pronuncia di Cass. pen., sez. IV, 5 giugno 2009, n. 23604.
P. Soprani
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Ambiente & Sicurezza, 2010, 17, pg. 75, annotata da P. Soprani
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Corte di Cassazione, Sezione 4 penale
Sentenza 5 giugno 2009, n. 23604
Massima redazionale
- Infortuni sul lavoro - Normativa antinfortunistica - Ambito di applicazione - «nolo a
caldo» - Responsabilità del noleggiatore - Differenze rispetto all'appalto - Fattispecie.
(Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, articolo 26)
In materia di infortuni sul lavoro, nel contratto di «nolo a caldo», caratterizzato dal fatto che il locatore mette a disposizione dell'utilizzatore non
solo un macchinario (come nel «nolo a freddo»), ma anche un proprio dipendente con una specifica competenza nel suo utilizzo, non si applicano i
principi stabiliti dalla normativa sulla prevenzione degli infortuni in tema di appalto, in forza dei quali sono posti a carico di tutti gli imprenditori
coinvolti nel lavoro obblighi di coordinamento della loro attività al fine di organizzare e attuare le misure di prevenzione (ora articolo 26 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81). Da queste premesse, nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la condanna per il reato di lesioni aggravato dalla violazione
della normativa antinfortunistica relativamente alla posizione della titolare dell'impresa che si era limitata a noleggiare ad altra impresa un
macchinario con l'addetto al suo utilizzo, poi infortunatosi: la Cassazione, da un lato, ha escluso, proprio in ragione delle differenze con l'appalto, che
il noleggio implicasse l'assunzione di un obbligo di coordinamento da parte del noleggiatore rispetto all'utilizzo del macchinario nell'azienda
dell'utilizzatore, e, comunque, dall'altro lato, ha assorbentemente apprezzato come addirittura l'infortunio non si fosse neppure verificato durante
l'utilizzo del mezzo noleggiato, ma mentre il dipendente dell'impresa noleggiante era impiegato a utilizzare altro macchinario di pertinenza
dell'impresa di destinazione.
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 2009, 29, pg. 46
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Corte di Cassazione, Sezione 4 penale
Sentenza 16 gennaio 2009, n. 1763
Massima redazionale
- PREVENZIONE INFORTUNI APPALTO DI LAVORI DI SCAVO INIDONEITÀ DEL MACCHINARIO E INIDONEITÀ DELL'OPERATORE RESPONSABILITÀ (CONCORRENTE) DEL LAVORATORE VALUTAZIONE - OMESSA SEGNALAZIONE
AL DATORE DI LAVORO DELLE DEFICIENZE DELLA MACCHINA E DELLA
SITUAZIONE DI PERICOLO È RESPONSABILE. Il lavoratore ha l'obbligo non solo di segnalare immediatamente al datore di lavoro o ai suoi preposti le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di
sicurezza e di protezione, nonchè le altre condizioni di pericolo di cui venissero a conoscenza, ma anche di adoperarsi direttamente, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità, per eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli (fattispecie di lavori di scavo senza la predisposizione delle armature necessarie per evitare il pericolo di frana del terreno, e di prosecuzione del lavoro da parte dell'operatore, nonostante la evidente
inidoneità della macchina escavatrice). (1)
---------(1) Il socio accomandatario (quale datore di lavoro prevenzionistico) e il RSPP di una s.a.s. avevano avviato al lavoro, su un terreno di proprietà di un terzo committente, un proprio dipendente, al fine di eseguire, su richiesta del terzo e con un macchinario della ditta, uno scavo per la
realizzazione di un pozzo. Nel corso delle operazioni, si è calato nella buca un amico del proprietario del terreno,
ma questo è franato seppellendolo e cagionandone il decesso. Si è proceduto per il delitto di omicidio colposo a carico del datore di lavoro, del RSPP, del lavoratore e del committente (successivamente deceduto, con conseguente declaratoria di estinzione del reato nei suoi confronti), con
addebito ai primi due di avere omesso di effettuare un'adeguata valutazione del rischio connesso all'esecuzione dei lavori de quibus segnatamente,
di non avere individuato la correttametodologia di scavo né applicato le misure necessarie per evitare il rischio di frana o di crollo del terreno, non avendo impartito al lavoratore dipendente le necessarie istruzioni perchè i lavori fossero eseguiti in conformità agli artt. 12, 13 e 77, D.P.R. n. 164/1956. Al lavoratore è stato contestato di avere iniziato e continuato i lavori senza applicare le armature necessarie per evitare il franamento del terreno e di avere impropriamente utilizzato, per la posa degli anelli in cemento in fondo allo scavo, un macchinario inadeguato. A tutti gli
imputati erano stati contestati anche profili di colpa generica con riferimento a connotazioni di imprudenza, di negligenza e di imperizia. All'esito
del giudizio di primo grado, il Tribunale di Firenze aveva affermato la colpevolezza di tutti gli imputati per il delitto di omicidio colposo. In sede di
appello, le difese avevano evidenziato che, nel caso di specie, il proprietario del terreno aveva preso a noleggio una macchina per movimentazione
terra con operatore, senza indicare la natura dei lavori da effettuare, lavori che avrebbero dovuto essere eseguiti in economia e secondo le
direttive e la responsabilità del committente (ormai deceduto); tra le parti, in sostanza, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato stipulato un contratto cosiddetto di nolo a caldo; quindi, tutte le esigenze operative per l'esecuzione del lavoro dovevano essere soddisfatte, secondo gli accordi
contrattuali, dal committente che eseguiva in proprio l'opera. Il proprietario noleggiatore sarebbe stato chiamato a risponderne solo se l'infortunio
avesse trovato causa nel malfunzionamento e/o in deficienze antinfortunistiche della macchina. La Corte d'Appello di Firenze aveva confermato la
condanna
degli imputati, a eccezione del datore di lavoro, il quale era stato ritenuto estraneo alla vicenda per non essere stato in alcun modo informato del
lavoro da svolgere sul terreno del terzo. In particolare, la Corte aveva spiegato le seguenti valutazioni:
- il RSPP era l'unico ad aver parlato con il genero del proprietario del terreno sulla natura dei lavori da svolgere e, invece di inviare una macchina
adeguata e un operatore competente e preparato, ne aveva scelta una non idonea per quel tipo di scavo (come rilevato dai tecnici dellaASL);
- la macchina era condotta da un operatore senza alcuna esperienza di scavi (avendo al più effettuato lavori di scavo per qualche buca di un metro, un metro e mezzo), né gli erano state fornite indicazioni circa le modalità da seguire per il lavoro e le misure di protezione da adottare;
- l'effettuazione di scavi rientrava in una tipologia espressamente contemplata nel Piano di sicurezza della società;
- il mancato rispetto delle previsioni del D.P.R. n. 164/1956 aveva creato una situazione di pericolo anche per coloro che necessariamente
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operavano sul bordo dello scavo o vi si recavano per controllarne l'andamento (proprio come la vittima dell'infortunio);
- l'eventualità che qualcuno potesse scendere all'interno dello scavo non poteva essere esclusa, avuto riguardo alle modalità di posizionamento degli anelli, tant'è che lo stesso operatore aveva avuto necessità di calarsi nella prima buca per proseguire lo scavo ancor più in profondità; dunque, la condotta della vittima non poteva ritenersi imprevedibile.
La Corte di Appello aveva ritenuto macroscopica, inoltre, la colpa dell'operatore, avendo effettuato lo scavo senza adottare alcuna misura di
sicurezza, a nulla rilevando che lo stesso non rivestisse la qualifica di preposto; nè poteva ritenersi che non avesse autonomia decisionale, posto che il committente, pensionato e privo di qualsiasi competenza in materia di movimento terra e scavi, non gli aveva dato alcuna indicazione circa le
modalità di effettuazione dello scavo. In ogni caso secondo i Giudici di secondo grado l'operatore aveva violato anche «gli ordinari precetti di
diligenza e perizia essendo evidente l'assoluta pericolosità di uno scavo con quelle caratteristiche». Con il ricorso per Cassazione il RSPP aveva
ribadito che la fattispecie negoziale intercorsa era inquadrabile contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata nello schema di un
contratto di nolo a caldo e non in quello di un appalto d'opera; dunque, il RSPP era chiamato a rispondere limitatamente alle condizioni della
macchina e alla formazione dell'operatore, al fine di garantirne doti di capacità nell'espletamento della propria attività lavorativa e, conseguentemente, condizioni di sicurezza. Il lavoratore dal canto suo aveva dedotto che a suo carico erano stati ipotizzati doveri ed obblighi
propri del datore di lavoro, essendo stato chiamato a rispondere dell'uso di una macchina, ritenuta inadeguata, che a lui era stata affidata dal suo
datore di lavoro.
La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, osservando:
- quanto al RSPP, che l'assunto difensivo limitante la posizione di garanzia al solo obbligo di assicurare le condizioni di sicurezza in relazione alle
caratteristiche tecniche della macchina escavatrice, non poteva essere accolto, giacchè, a prescindere dalla natura del contratto stipulato, i Giudici del merito avevano accertato, in fatto, che l'imputato doveva ben sapere a quale uso era destinato il macchinario richiestogli. Avendo il
committente proprietario del terreno precisato l'oggetto della prestazione richiesta (non essendo concepibile che avesse chiesto di mandargli una
macchina sic et simpliciter senza alcuna indicazione circa il lavoro da svolgere), l'onere di assicurare il correlativo adempimento in situazione di
sicurezza e in regime di garanzia, anche in relazione all'eventuale interferenza di terzi estranei, spettava all'imputato, quale noleggiatore, e al
lavoratore dipendente, quale operatore addetto alla conduzione della macchina. Al contrario sia l'attrezzatura di lavoro sia l'operatore si rivelarono
inidonei a svolgere il lavoro oggetto del contratto; il che non solo rende evidente la colpa, ma secondo i Giudici di legittimità anche
l'inadempimento contrattuale da parte del noleggiatore;
- quanto alla colpa del dipendente per aver proceduto a effettuare lo scavo senza predisporre
le previste armature atte a prevenire il pericolo di frana e senza approntare sistemi di protezione dello scavo idonei a evitare che persone presenti
sul posto vi si potessero calare, non vale a escluderla l'asserita inesperienza in lavori del genere e la mancanza di informazione e di formazione
professionale da parte del datore di lavoro; invero, l'imputato aveva precisato di avere comunque effettuato in precedenza qualche buca, sia pure
di ridotte dimensioni, sicché non poteva non percepire, durante l'esecuzione del lavoro, il concreto pericolo derivante dalle seguenti circostanze di fatto:
- uso di una macchina rivelatasi, nel corso delle operazioni, inadeguata;
- mancanza di armature nello scavo;
- assenza di qualsiasi forma di protezione che impedisse l'accesso allo scavo;
- presenza di persone nelle immediate vicinanze dello scavo stesso.
Né rileva la circostanza che, essendo lo stesso un «semplice lavoratore subordinato operatore di macchine per la movimentazione terra» (come
precisato nel ricorso), dovrebbe andare esente da responsabilità, non potendo rispondere delle eventuali omissioni e violazioni normative riconducibili al datore di lavoro; al contrario, è risultata da parte sua la violazione di specifiche disposizioni di legge. Ai sensi dell'art. 6 D.P.R. n. 547/1955 (attuale art. 20 D.Lgs. n. 81/2008), i lavoratori devono «segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti le
deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza e di protezione, nonchè le altre eventuali condizioni di pericolo di cui venissero a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza e nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli»;
dunque, il lavoratore, dopo avere iniziato le operazioni di scavo senza la predisposizione delle armature necessarie per evitare il pericolo di frana
del terreno, non avrebbe dovuto proseguire nel lavoro, stante la evidente inidoneità della macchina escavatrice (come poi accertato anche dalla ASL), mentre avrebbe ben potuto (e dovuto, proprio in forza della disposizione citata), sospendere il lavoro.
P. Soprani
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Il Sole 24 Ore, Il Sole 24 Ore - Ambiente & Sicurezza, 2009, 5, pg. 104, annotata da P. Soprani
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