Le note che girano intorno

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Le note che girano intorno
20
settembre2002
vitamine recensioniletterarie,cinematograficheemusicali acuradiPaoloBoschi
t LIBRI
John Grisham,
Il momento di uccidere
(Mondadori)
Ogni leggenda letteraria deve pur
avere un inizio: nel caso di John Grisham, universalmente noto come
padre canonico del cosiddetto legal
thriller, la leggenda comincia nel
1989 con Il momento di uccidere,
recentemente ristampato da Mondadori nella collana “I Miti”.
Il romanzo d’esordio dello scrittore
americano presenta nel suo complesso una sorta di grammatica tematica di base dei plots giudiziari ad
alta tensione che hanno in seguito
caratterizzato la sua carriera. La storia, ambientata a Clanton, Mississippi, prende avvio con la violenza ed il
tentato omicidio ai danni di una
bambina di colore di otto anni da
parte di due giovani bianchi, ubriachi, razzisti e privi di scrupoli. Il padre, l’operaio Carl Lee Hailey, ex
eroe del Vietnam, si convince che la
legge non gli renderà giustizia: in
preda a furore omicida crivellerà
con un’arma da fuoco i due colpevoli davanti ad una folla di testimoni.
Il momento di uccidere continua
focalizzandosi sull’ostico interrogativo etico sul quale saranno chiamati
a deliberare i giurati del processo intestato a Carl Lee: è stato lo spontaneo atto di giustizia di un padre o
l’esecuzione sommaria di un giustiziere? Il caso conquista le attenzioni
dell’opinione pubblica nazionale ed
in breve spacca in due la nazione: in
Tribunale si accende una lotta serrata senza esclusione di colpi tra il cinico procuratore dell’accusa e Jack
Brigance, giovane avvocato difensore di belle speranze, aiutato da una
studentessa di legge, da un collega
divorzista e dal suo mentore alcolizzato ed idealista. Nel frattempo
l’esemplarità del processo riversa su
Clanton sterminati cortei coloured,
e fa risbocciare nella contea il germe
razzista del Ku Klux Klan.
Dal punto di vista narrativo Il momento di uccidere, nonostante gli
affioranti eccessi di retorica, è in assoluto uno dei romanzi più rettilinei
ed appassionati di Grisham, avvincente fino all’ultima pagina come
ogni thriller che si rispetti.
P. Gomez - M. Travaglio,
L’odore dei soldi
(Editori Riuniti)
Nel vortice delle recenti interferenze
tra Politica e Magistratura, segnaliamo questo volume, scritto a quattro
mani da Peter Gomez, giornalista de
“L’Espresso”, e Marco Travaglio,
penna de “La Repubblica” e già autore con Elio Veltri del bestseller
L’odore dei soldi. Il sottotitolo de
La repubblica delle banane è la
miglior definizione per l’oggetto di
ricerca intorno al quale i due agguerriti cronisti si sono esercitati:
“Affari e malaffari di trenta potenti
nelle sentenze dei giudici”. Stando
a questa particolare prospettiva
molti protagonisti di primo piano (o
ex protagonisti) della politica italiana risulterebbero aver subito procedimenti giudiziari quali mandati di
cattura, rinvii a giudizio e sentenze
avverse. Ed ecco in breve i nomi dei
soliti noti: pare che Andreotti abbia
mentito ben ventitré volte ai giudici
pagina precedente
su fatti di varia natura; pare che Berlusconi, primo indagato a diventare
presidente del Consiglio, abbia corrotto la Guardia di Finanza e finanziato illegalmente Craxi; pare che
l’ex ministro Martelli abbia intascato
tangenti e ne abbia versate; pare
che Romiti sia pregiudicato per falso
in bilancio, mentre il trio Bossi-De
Michelis-La Malfa per la maxitangente Enimont, Biondi e Dell’Utri
per frode fiscale; pare infine che
Sgarbi abbia truffato lo Stato, lavorando alla Soprintendenza di Venezia tre giorni in tre anni.
La repubblica delle banane non
lesina
neppure
sui
peccati
dell’Opposizione: D’Alema, ad
esempio, avrebbe ricevuto soldi sottobanco da un imprenditore legato
a doppio filo con la malavita e Bassanini sarebbe stato condannato in
primo grado per abusivismo edilizio.
Ce n’è anche per Montezemolo,
Occhetto, Formigoni, Visco, Previti e
molti altri. Per quanto il condizionale resti d’obbligo, la progressione
delle trenta personalità inquieta, e
l’appendice “Il Parlamento delle impunità” (ben cinquanta attualmente tra inquisiti, imputati, condannati
e assolti in corner) risulta a dir poco
allucinante. Prefazione di Curzio
Maltese.
t FILM
About a boy - Un ragazzo
regia di Chris e Paul Weitz,
con Hugh Grant, Toni Collette,
Rachel Weisz, Nicholas Hoult;
commedia;
Gran Bret./Usa; 2002; C.
I fratelli registi di American Pie tornano con About a boy, traslazione
sul grande schermo del romanzo Un
ragazzo di Nick Hornby. Protagonista del film di Chris e Paul Weitz è
Hugh Grant nei panni di Will Freeman,
impenitente
donnaiolo
sull’orlo dei quarant’anni, irresponsabile, egoista, insicuro, affascinante: single convinto, Will vive in un
appartamento dotato di ogni com-
fort immaginabile, non ha figli e
può permettersi di non lavorare grazie ai diritti d’autore di un’insulsa
canzoncina di Natale (che ovviamente odia) composta dal padre
alla fine degli anni Cinquanta. Del
tutto schivo dei legami affettivi duraturi, Will ha riempito le sue giornate di unità di trenta minuti, il
periodo ideale per non stancarsi tra
un quiz televisivo ed un disco, un locale alla moda ed un libro. L’ultima
illuminazione del protagonista per
trovare nuove fidanzate a tempo
determinato consiste nel frequentare la Spat, un’associazione di ragazze-madri: nel tentativo di abbordare
una delle più carine il nullafacente
protagonista conoscerà il dodicenne Marcus, figlio anche lui di madre
single, hippy, depressa e spesso
sull’orlo del suicidio. Marcus, adolescente fuori dal tempo e dalle
mode,
dopo
aver
scoperto
l’inganno di Will (un inesistente figlioletto), comincerà a frequentarlo
quotidianamente instaurando con
lui un rapporto di reciproca amicizia, assai efficace per contrastare le
rispettive paure: Marcus imparerà
ad integrarsi tra i compagni di scuola (che lo deridono giorno dopo
giorno), Will a riempire un’esistenza
vuota ed effimera con un rapporto
sentimentale più maturo. About a
boy è una commedia leggera come
un fiocco di neve, che riesce però ad
affrontare delicati temi sociali in
modo divertente ed ironico. Nel cast
accanto ad un Hugh Grant in gran
forma spicca anche il sorprendente
Nicholas Hoult. Colonna sonora originale firmata da Blady Drawn Boy
Da vedere: ha tutti i numeri per diventare uno dei successi della
stagione.
Asterix & Obelix:
missione Cleopatra,
regia di Alain Chabat,
con Gérard Depardieu,
Christian Clavier,
Monica Bellucci;
commedia/fantastico;
Fran./Germ.; 2002; C.
Nonostante non se avvertisse granché l’esigenza, il grande successo
ottenuto da Asterix & Obelix contro Cesare ha ‘costretto’ i produttori ad allestire l’immancabile
sequel, ancora più faraonico del
prototipo, rispetto al quale presenta
una storia più articolata e fedele alla
fonte fumettistica. L’episodio dal
quale è stato tratto il film di Alain
Chabat s’intitola Asterix e Cleopatra, in assoluto uno dei migliori mai
realizzati dalla premiata coppia formata da René Goscinny e Albert
Uderzo, che crearono il personaggio
di Asterix nel lontano 1959. La trama prende avvio con un’animata discussione tra Cleopatra e Giulio
Cesare riguardo alla grandezza della
civiltà egizia. Davanti all’alterigia dimostrata dall’amato condottiero, la
splendida regina lancia il guanto di
un’impossibile sfida: se sarà in grado di erigere in pieno deserto ed in
soli tre mesi il palazzo più grande e
magnifico che mai si sia visto, Cesare dovrà riconoscere la grandezza
del suo popolo. Il proibitivo incarico
viene affidato all’architetto più glamour del periodo, ovvero Numerobis: se riuscirà nell’impresa, sarà
coperto d’oro, mentre se fallirà, diventerà cibo per i reali coccodrilli.
Temendo l’avverarsi della seconda
ipotesi, Numerobis decide di farsi
aiutare da alcuni Galli dotati di una
pozione prodigiosa: trattasi ovviamente del piccolo Asterix e del grosso Obelix, prontamente accorsi in
Egitto accompagnati dal druido Panoramix e da Idefix, l’inseparabile
cagnolino di Obelix. Asterix &
Obelix: missione Cleopatra rispetto alla puntata d’esordio punta
meno sugli effetti speciali e più sulla
verve delle battute: nonostante i richiami all’attualità e citazioni cinematografiche talora intriganti (a Il
Gladiatore ed alla saga di Guerre
stellari, per esempio) il film resta
però assai distante dal graffiante
humour del fumetto di Goscinny &
Uderzo.
t DISCHI
Sheryl Crow, C’mon C’mon
[Universal]
Nei suoi primi tre album Sheryl
Crow ha dato prova di grande talento in fase compositiva, sfoggiando
uno stile vocale all’occorrenza seducente e vellutato, o duro e aggressivo,
e
dimostrando
sempre
un’ottima padronanza nelle esibizioni live (culminate nell’ottimo Live
in Central Park). Nelle quattordici
tracce di C’mon C’mon, quarto album di studio della cantautrice
americana, è d’obbligo segnalare il
trittico d’apertura, in perfetta linea
con la solarità che emerge dalla copertina: il ruspante pop-rock di Steve McQueen è seguito a ruota dal
raggiante singolo Soak up the sun
(e con un titolo così non potrebbe
essere altrimenti), ideale per le onde
FM, e quindi dai ruvidi riff di chitarra
di You’re an original, in duetto
con la guest-de-luxe Lenny Kravitz.
Poi, con Safe and sound, arriva anche la prima ballata in scaletta, dal
suono vagamente liquido, ideale
preludio all’ottimistico country della
titletrack ed ai densi sentimenti di
sapore West Coast di It’s so easy,
in coppia con Don Henley, ottimo
esempio di collaborazionismo musicale – oltre alle apparizioni del leader degli Eagles e di Kravitz in
C’mon C’mon figurano anche le
voci di Liz Phair, Stevie Nicks,
Emmylou Harris e Gwyneth Paltrow
– nonché una delle migliori canzoni
di tutto il disco. Subito dopo la malinconica ballata Over you, arriva
anche il rock più graffiante della
tracklist, ovvero Lucky Kid, dotato
di sprazzi di elettronica e di un contagioso riff centrale: transeamus
sulle successive (e non memorabili)
Diamond road, It’s only love e
Abilene, per arrivare di slancio alla
OSSERVATORIOMUSICALE
Le note che girano intorno
Con settembre continuano a dominare le classifiche le canzoni e gli album che hanno colorato l’estate 2002. In America per quanto riguarda la chart degli album la top ten presenta comunque molte sorprese: il nuovo numero uno è Nellyville, il nuovo disco di Nelly,
davanti a The Eminem Show, l’ultimo album del rapper bianco di Detroit, ed a The rising, l’irresistibile ritorno del boss Bruce
Springsteen, di nuovo accompagnato dalla
E-Street Band. Tra i primi dieci figurano October road del redivivo James Taylor, Let go
della giovanissima Avril Lavigne, la compilation di artisti vari Now 10, Unleashed di
Toby Keith, Reanimation dei Linkin Park, la
colonna sonora di XXX –il film del lancio
americano della nostra Asia Argento, recente
conquistatrice della copertina di “Rolling Stone” – ed infine The fix di Scarface. Nelly è il
dominatore incontrastato anche della classifica americana dei singoli: Nelly è infatti riuscito
a piazzare al numero uno (seppure in compagnia di Kelly Rowland) Dilemma ed a conquistare la seconda piazza con Hot in herre. Il
terzo gradino del podio dei singoli appartiene
invece a Complicated di Avril Lavigne. Rivoluzionate ma non troppo le classifiche della
vecchia Europa per quanto riguarda gli album:
i più gettonati su scala continentale sono rispettivamente The Eminem Show di Eminem, The rising di Bruce Springsteen, Laundry service di Shakira, Reanimation dei
Linkin Park, Come away with di Norah Jones, My tribute to the King di Helmut Liotti, A new day has come di Celine Dion, Heathen chemistry degli Oasis, Missundaztood di Pink. Per quanto riguarda i singoli europei guida la relativa classifica Without me
di Eminem, davanti ad A little less conversation di Elvis Presley vs. Jxl (realizzata per il
ventennale della scomparsa di The Pelvis) e
Underneath your clothes, il nuovo hit single di Shakira. L’album più gettonato nel Regno Unito è Imagine di Eva Cassidy, davanti
a By the way dei Red Hot Chili Peppers
(nemo propheta in patria...) e Magic Hotel
di Toploader. Restano in top ten Come away
with me di Norah Jones, Missundaztood
di Pink, Escape di Enrique Iglesias, Heathen
chemistry degli Oasis e The Eminem
Show. Come al solito concludiamo la nostra
carrellata con l’Italia: il numero uno appartiene ai Red Hot Chili Peppers, davanti al Greatest Hits di Giorgia ed a The rising di
Springsteen. Seguono a ruota Ligabue, Mango, Avril Lavigne, Tiziano Ferro con Rosso
relativo, Eminem, gli Oasis e The best di
Umberto Tozzi. Novità e conferme anche tra i
singoli che vanno per la maggiore a livello nazionale: trattasi nell’ordine di Asereje delle
Las Ketchup, Complicated di Avril Lavigne,
Kiss Kiss delle provocante Holly Valance,
Bye the way dei ‘piccanti’ RHCP, il tormentone Le vent nous portera dei Noir Désir,
A little less conversation di Elvis, Without me di Eminem, L’amore ci cambia la
vita dell’inossidabile Gianni Morandi, gli ultimi Coldplay di In my place ed infine Wherever you will di The Calling. Alla prossima.
P.B.
dinamica chiusa dell’album, che alterna la contagiosa Hole in my
pocket, la splendida essenzialità di
Weather Channel (altra perla
dell’album) ed infine le atmosfere
rarefatte che colorano Missing,
l’intensa ballata finale. Non è un capolavoro ma un album che dimostra
che la vena creativa di Sheryl Crow
ha ancora numerose cartucce in serbo, in attesa di un’altra Run Baby
Run...
Suzanne Vega,
Songs in red and gray [A&M]
Suzanne Vega, classe 1959, ha
sfondato a metà degli anni Ottanta
conquistando prima i favori della
critica con l’album d’esordio del
1985 (Suzanne Vega), e mettendo
a segno a sorpresa due anni dopo
un bestseller internazionale come
Solitude Standing. Da allora la
bella e raffinata cantautrice newyorchese non è mai più riuscita a cavalcare l’onda burrascosa dei mercati
discografici. Così, dopo Days of
open hand (1990), il più ermetico
99,9° F (1992) e Nine objects of
desire (1996), sono arrivate anche
le tredici tracce di Songs in red and
gray: nel frattempo la Vega si è
sposata, è diventata madre, ha scritto con buon esito una raccolta di
racconti in versi (ovvero Solitude
Standing, pubblicata in Italia da
Minimum Fax) ed ha continuato a
comporre canzoni di grande lirismo
ed impatto visivo perfettamente in
linea con il resto della sua produzione musicale. Queste canzoni in rosso e grigio danno l’idea di rapidi
schizzi che circoscrivono un ambiente, raccontano un ricordo, descrivono una persona: il risultato sfiora la
maniera a livello tematico, mentre
sul fronte puramente musicale
l’artista americana sembra aver voluto aggiungere nuove sonorità ai
suoi toni tipicamente acustici. Le
tredici tracce di Songs in red and
gray presentano nel complesso un
gran numero di ballate, in genere
insostenibilmente malinconiche –
l’apripista Penitent, la bozzettistica
Soap and Water, l’essenziale e lirica titletrack, l’intensa Priscilla, la
struggente Harbor song e la nostalgica St. Clare –, un pugno di
rock ombrosi – Widow’s Walk , It
makes me wonder, If I were a
weapon, dal contagioso riff di basso, e la ritmata Solitaire –, un paio
di idillici e ridenti pezzi tra pop, country e rock (Last Year’s Trobles e
Machine Ballerina) ed infine un
brano solarmente folk come il ridente (’ll never be) Your Maggie
May.
Un bel disco che poco aggiunge alla
carriera di Suzanne Vega ma che
conserva alta la qualità complessiva
del suo repertorio.
I libri sono cortesemente offerti
dalla libreria SEEBER,
Via Tornabuoni 70/r, Firenze
Tel. 055215697
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