NEW Dossier Legacoop Cooperazione Internazionale

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NEW Dossier Legacoop Cooperazione Internazionale
BUONE PRASSI DI
COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE
COOPERATIVE DI LEGACOOP
VERSO L’EXPO 2015
A cura della cooperativa LAMA Development and Cooperation Agency
Sommario
Nota introduttiva ................................................................................................................................. 3
1. Introduzione ..................................................................................................................................... 4
2. Metodologia ..................................................................................................................................... 6
3. Evidenze riscontrate......................................................................................................................... 6
Quali attori ....................................................................................................................................... 7
La tipologia degli interventi ............................................................................................................. 7
Risorse Umane ............................................................................................................................... 11
Modalità di finanziamento ............................................................................................................. 13
Un insieme di buone pratiche ........................................................................................................ 15
4. Proposte operative e strategiche................................................................................................... 16
I) Promozione delle buone pratiche .............................................................................................. 17
II) Fare rete ..................................................................................................................................... 18
III) Professionalità e competenze................................................................................................... 19
IV) Finanziamenti ........................................................................................................................... 20
V) Le prospettive dell’EXPO di Milano 2015 .................................................................................. 21
5. Conclusioni ..................................................................................................................................... 21
2
Nota introduttiva
Oggetto del presente dossier è la mappatura delle cooperative italiane che realizzano o
sostengono progetti di cooperazione internazionale e di solidarietà nei Paesi in Via di Sviluppo. La
ricerca è stata realizzata dalla cooperativa LAMA Development and Cooperation Agency di Firenze
a seguito dell’incarico affidatole da Legacoop Lombardia.
Scopo duplice della mappatura è quello da un lato di avere una fotografia precisa e
rappresentativa del mondo cooperativo italiano legato a Legacoop attivo nel settore della
solidarietà internazionale, dall’altro di mettere in luce le buone pratiche che possono trovare
visibilità, essere promosse e sviluppate in un percorso che inizi ora fino all’Expo 2015 di Milano.
Dalla mappatura si evince che il mondo cooperativo italiano è un attore fortemente attivo negli
interventi di solidarietà e sviluppo della cooperazione internazionale (74 progetti in 35 Paesi).
Numerosi sono i progetti finanziati e realizzati dalle cooperative, molteplici sono le tipologie
d'intervento, alcune delle quali spiccano per il loro carattere innovativo. Questo studio però non
riporta un semplice elenco delle realizzazioni quanto vuole essere un primo spunto per una più
ampia riflessione strategia sul modo di creare partnership internazionali per lo sviluppo per le
cooperative di Legacoop.
Sulla base delle interviste sono stati identificati alcuni canali e strumenti attraverso i quali
promuovere e dare maggior forza alle attività di cooperazione internazionale. Oltre alle più
classiche forme di promozione e diffusione (conferenze, eventi, incontri, ecc.) lo spunto dell’Expo
2015 di Milano e l’opportunità del percorso di incontri denominati “Giornate dell’Economia
Cooperativa – GECO” (inaugurate a Gennaio 2009) offrono un naturale percorso nel quale poter
strutturare una presenza finalizzata a rafforzare lo sviluppo delle attività internazionali.
Emergono inoltre alcune proposte di ordine strategico per stimolare la promozione di alcune
buone prassi che oggi, seppur presenti, possono essere ancora maggiormente ricercate:
• l’intensificazione di reti tra le cooperative, per aumentare stabilità, sinergie ed opportunità;
• il ricorso a fonti di finanziamento esterni e composite, seguendo la logica del funding mix;
• la valorizzazione degli interventi di cooperazione internazionale in chiave strategica.
3
1. Introduzione
Questa indagine risponde all’esigenza maturata da parte di Legacoop Lombardia di avere
un quadro maggiormente esaustivo della realtà del mondo cooperativo italiano coinvolto in
progetti di cooperazione internazionale. Inizialmente l’interesse era posto solo sulla realtà
lombarda, successivamente invece si è ritenuto importante allargare lo spazio di indagine
anche ad esperienze di altre regioni.
Nel 2008 Sara Vicari e Pasquale De Muro1 del Dipartimento di Economia dell’Università
degli Studi di Roma 3 avevano già condotto uno studio/mappatura su questo tema. Vista però
la vastità del mondo Legacoop appariva comunque utile procedere nell’approfondimento,
soffermandosi più che da un punto di vista di analisi di tipo accademico (il ruolo delle
cooperative nella cooperazione internazionale) da un punto di vista operativo (buone prassi ed
innovazione delle cooperative nei progetti di cooperazione internazionale). I risultati infatti
dimostrano non solo che vi sono davvero numerose realizzazioni, ma che probabilmente
ancora molte in altre regioni sono presenti ma non visibili. Il focus dell’indagine sono state le
Regioni Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, con delle integrazioni sui progetti più
interessanti del Piemonte.
Ulteriore elemento di stimolo nella volontà di Legacoop Lombardia è l’opportunità offerta
dall’EXPO del 2015. Come si evince dallo slogan dell’evento, Feeding the Planet, Energy for Life,
il tema dell’Esposizione Universale di Milano sarà il diritto ad un’alimentazione sana, sicura e
sufficiente per tutto il pianeta, con uno sguardo attento al tema dello sviluppo di energie e
tecnologie rinnovabili e sostenibili. Di conseguenza l’EXPO di Milano rappresenta per il mondo
cooperativo un’opportunità per presentare e mettere in luce il patrimonio di competenze ed
esperienze maturate nel settore della cooperazione internazionale.
Il presente documento può essere diviso in due parti: la prima più direttamente in linea
con le riflessioni già avviate nello studio di Vicari e De Muro, cercando di dare però un taglio più
pratico/funzionale. La seconda parte, invece, in conseguenza delle evidenze emerse dalla
ricerca,
ambisce a fornire una prima bozza di possibili linee d’indirizzo che potranno
concretizzarsi in futuri orientamenti strategici ed operativi da parte di Legacoop, in particolare
in prospettiva dell’EXPO 2015.
1
Imprese cooperative e lotta alla povertà – Il contributo di Legacoop, Vicari S., De Muro P., Università degli Studi
Roma Tre, Legacoop, 2008
4
Si può affermare che la cooperazione e la solidarietà internazionali sono tematiche care al
mondo cooperativo e non così infrequenti: i diversi interventi realizzati dalle cooperative
italiane che promuovono il modello cooperativo anche nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS)
possono essere considerati validi contributi ai programmi internazionali di lotta alla povertà.
Oltre a ciò, vi sono più casi di interventi spesso significativi caratterizzati da un alto grado
d’innovatività e replicabilità.
Appare consolidata la considerazione che nel sostenere interventi di cooperazione
internazionale le cooperative contribuiscono “naturalmente” a rafforzare:
1. la diffusione di valori di democraticità, responsabilità, radicamento nel territorio
come potenzialità di crescita per i PVS, soprattutto nell’ottica di raggiungimento dei
Millenium Development Goals (gli Obiettivi del Millennio fissati nell’ambito dell’ONU).
2. l’approccio bottom up (dal basso verso l’alto) che costituisce il modo delle
cooperative di costruirsi come imprese, insieme alla centralità assunta dal lavoratore,
come strumento per la messa in moto di processi di empowerment, attraverso i quali
trasformare le fasce sociali più deboli da destinatarie dell’aiuto ad attori attivi;
3. il trasferimento infine delle buone pratiche di gestione imprenditoriale che
costruiscono la capacità di gestire attività produttive importanti sia dal punto di vista
economico che dello sviluppo sociale locale.
Il modello portato dalle cooperative diventa così un elemento strategico nella lotta alla povertà
a maggior ragione in quei contesti caratterizzati da alta informalizzazione dell’economia, bassa
tutela dei lavoratori, ed assenza di pari opportunità.
I paragrafi che seguono riassumono dunque le tipologie, i settori, l’entità, i modelli di
finanziamento e le pratiche di intervento maggiormente diffusi. All’interno di questa indagine
un focus particolare è dato ai diversi tipi di partenariato e relazioni instauratisi tra cooperative
del Nord del Mondo ed omologhe cooperative del Sud. Considerata la tutto sommato scarsa
visibilità di molti di questi interventi è sorprendente il grado di innovazione che dimostrano. Le
criticità rilevate, che vengono analizzate e riviste con proposte nel capitolo 4, offrono lo spunto
di riflessione adatto ad iniziare un percorso di messa in rete strategica degli interventi del
mondo cooperativo. L’ottica del co-sviluppo, uno sviluppo cioè che apporta benefici ad
entrambi i soggetti coinvolti (finanziatore/finanziato) è la direzione che già autonomamente
alcune cooperative hanno iniziato ad esplorare, con risultati assolutamente incoraggianti.
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2. Metodologia
La mappatura è stata effettuata sulla base di questionari scritti ed orali che sono stati
sottoposti alle cooperative coinvolte in progetti di cooperazione internazionale. Le cooperative
sono state individuate mediante un’analisi ad ampio raggio che ha coinvolto le Associazioni di
Categoria, i Comitati Territoriali e le persone che a diverso titolo ricoprono ruoli utili a
comprendere la mappa degli interventi attualmente in corso. Partendo da quanto già descritto
nello studio del 2008 di Sara Vicari e Pasquale De Muro, particolare attenzione è stata data alla
situazione regionale (e dunque ai soggetti citati) di Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e
Piemonte.
Una volta identificate le cooperative attive nel settore, sono stati contattati i responsabili
di progetto ed, ove non presente questa figura, la persona di riferimento. E’ stato dunque
proposto un questionario concernente:
- tipo d’intervento;
- tipologia dei partners;
- entità del finanziamento al progetto da parte della cooperativa;
- presenza o meno di attività di trasmissione di know how e tecnologia al partner
beneficiario.
Un approfondimento specifico è stato dedicato a valutare l’interesse a dare visibilità al
proprio progetto in occasione dell’EXPO 2015.
3. Evidenze riscontrate
Dall’analisi dei dati emerge un quadro degli interventi di cooperazione internazionale che, pur
caratterizzato da un’ampia varietà, trova alcuni significativi elementi di continuità, primi spunti
per un eventuale “approccio alla cooperazione internazionale” di Legacoop. E’ importante
individuare, comprendere e contestualizzare queste tendenze al fine di formulare delle
proposte strategiche ed operative.
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Quali attori
Le evidenze dimostrano che non esiste una correlazione significativa tra dimensioni della
cooperativa (in termini di fatturato e numero dei soci) e realizzazione di progetti di
cooperazione internazionale. Esistono ovvero cooperative di grandi dimensioni che non sono in
alcun modo coinvolte in progetti di cooperazione internazionale ed altre che, nonostante le
dimensioni esigue, vi partecipano a diversi livelli. Dalla stessa indagine sugli attori si evince
l’esistenza di una correlazione positiva, seppure non molto consistente, tra dimensioni della
cooperativa e tipologia d’intervento: la maggior parte degli interventi che prevedono l’avvio di
attività d’impresa, infatti, è realizzata da cooperative di medie grandi dimensioni. Le
cooperative di piccole dimensioni sono solitamente coinvolte in progetti di solidarietà pura nei
quali l’aiuto allo sviluppo avviene attraverso il finanziamento di attività preesistenti rispetto al
loro intervento.
Si osserva inoltre che le diverse categorie di cooperative non operano allo stesso modo.
Fra le cooperative che promuovono vera e propria attività d’impresa, ad esempio, spiccano le
cooperative di produzione e lavoro seguite da quelle agroalimentari e di consumo ed infine
dalle cooperative di abitanti.
La tipologia degli interventi
Abbiamo diviso le tipologie di intervento in tre insiemi:
-
solidarietà: si fa riferimento ad interventi di carattere occasionale all’interno dei quali
prevale la logica del dono;
-
avvio/sostegno d’impresa: si intendono tutti quei progetti che prevedono trasferimento
di conoscenze, tecnologie e che effettuano sostegno ad un’attività generatrice di
reddito nei PVS;
-
co-sviluppo: fa riferimento a quei progetti nei quali la cooperativa ed il suo partner del
Sud del Mondo traggono, o si strutturano per trarre, un beneficio anche di natura
7
economica da una comune attività che abbia però un forte e positivo impatto sociale sul
territorio in cui è realizzata.
Numerose sono le teorie economiche sullo sviluppo che suggeriscono una revisione della
classica dicotomia finanziatore/beneficiario: il beneficiario non deve più essere destinatario
passivo dell’aiuto, ma deve parimenti contribuire attivamente. Non solo, la struttura di
governance dei progetti di cooperazione internazionale deve vedere una partecipazione di
entrambe le parti nelle strutture di governo dei progetti e dei programmi di cooperazione
internazionale. Inoltre, si ritiene che gli interventi di cooperazione internazionale debbano
tendere sempre più verso modelli di attività auto-sostenibili, lasciando gli interventi umanitari
alle situazioni di emergenza. In entrambe le direzioni citate, partenariato e auto-sostenibilità, le
cooperative possono ricoprire un significativo ruole nel trasferimento di conoscenze
organizzative e nella promozione di attività quali ad esempio lo start - up d’impresa. Impresa
che, vale la pena ricordarlo, porta con sé i valori di democraticità, dignità del lavoro e cooperazione.
Come si evince dal grafico il 64% degli interventi mappati appartiene alla categoria della
solidarietà
Progetti mappati
coinvolgimento
per tipologia d'intervento
il
più
34%
vedono
complesso
un
di
trasferimento di know-how e capacità di
impresa che non la semplice contribuzione a
9%
27%
64%
mentre
Solidarietà
sostegno/av
vio d'impresa
Co-sviluppo
dono. All’interno di questa area,il 27%
appartiene alla categoria “avvio/sostegno di
impresa” ma ben il 9% sul totale è
rappresentato da progetti di co-sviluppo, È
un dato questo di grande interesse sul quale torneremo in seguito.
Di frequente si osserva comunque una ripartizione dei fondi tra attività di carattere
umanitario da un lato, come le adozioni a distanza (Unicoop Tirreno, ad esempio, oltre a
numerosi progetti di cui è promotrice, dal 2001 realizza un programma che ha permesso
l’adozione a distanza di oltre 700 bambini) o il sostegno a case d’accoglienza (il Consorzio
Etruria finanza una casa d’accoglienza gestita da una suora nel Sud del Brasile), ed attività di
sostegno all’impresa più o meno approfondito dall’altro. Fra queste ultime ci sono gli interventi
significativi nell’ambito dell’energia e dell’ambiente (come quelli promossi dalla Cooperativa
piemontese Tea che mirano a promuovere l’adozione di energie rinnovabili nei PVS o di Coop
8
Lombardia che in Burkina Faso realizza uno dei più innovativi programmi sulla riforestazione
valorizzando le competenze tradizionali che diventano punti di forza di attività generatrici di
reddito
quali
la
produzione/vendita
del
compost),
nell’ambito
della
promozione
dell’imprenditoria locale (uno emepio è il progetto della cooperativa lombarda Piacenza 74 che
in partnership con la cooperativa Tecnohabitat sostiene la creazione di una cooperativa edilizia
in Brasile), o infine interventi che strutturano partnership tra enti omologhi per settore e/o per
struttura organizzativa in un PVS (la Cooperativa Muratori e Braccianti - CMB di Carpi insieme
all’Associazione Lombarda delle cooperative di Produzione e Lavoro - AlcoPL ad esempio, dal
2009 è coinvolta in un progetto di cooperazione internazionale in partnership con una
cooperativa di produzione e lavoro del Malawi).
Non è raro osservare cooperative che immettono contemporaneamente le risorse
finalizzate alla cooperazione internazionale sui due binari paralleli, solidarietà e sostegno
all’impresa. Dal lato dell’aiuto puro vengono finanziati per lo più progetti avviati da altri enti
quali ONG, Associazioni ed Enti religiosi. Tutti questi soggetti terzi talvolta sono locali, ma più
frequentemente sono organismi italiani che statutariamente si occupano di cooperazione o
solidarietà internazionale. Nell’ambito della solidarietà dunque gli interventi sono i più vari:
sostegno ad un centro d’accoglienza (è il caso della Coop Rousseau che in Palestina oltre al
finanziamento della struttura d’accoglienza si occupa anche della formazione di un’ equipe di
educatori), finanziamento alla ricostruzione di un villaggio (la Coop Piacenza 74 attraverso
l’appoggio ad un padre missionario collabora alla ricostruzione di un villaggio in Brasile),
sostegno per il rafforzamento di una
struttura ospedaliera (il progetto della
Progetti mappati
Coop Niguarda, ad esempio, prevede
per ambito
la ristrutturazione di un ospedale in
Senegal
e
successivamente
la
10%
5%
6%
1%
Edilizia
Sanità
2%
1%
15%
promozione di percorsi di educazione
Sostegno a soggetti
economici locali
Assistenza alle fasce
più deboli
Agricoltura/ zootecnia
sanitaria), finanziamento di un centro
di formazione professionale (è ciò che
Obiettivo Lavoro realizza in Brasile per
stimolare l’impiego lavorativo). In
Energia
Assistenza all'infanzia
Microcredito
Artigianato
29%
14%
Formazione professionale
16%
alcuni dei casi analizzati nella categoria “solidarietà” i fondi erogati non vengono destinati ad
un progetto specifico, ma vengono donati a sostegno generico delle attività di organizzazioni
9
umanitarie internazionali come l’UNICEF e la FAO (è il caso, ad esempio, della Cooperativa
Muratori Sterratori ed Affini di Prato, di CONAD e della cooperativa CCPL).
Laddove una cooperativa italiana promuove il modello imprenditoriale cooperativo
attraverso un progetto di partnership internazionale in un PVS, l’impegno, il coinvolgimento e
lo scambio tra le parti coinvolte è senza dubbio maggiore. In questo tipo d’intervento il
trasferimento di denaro è soltanto uno degli aspetti del progetto. Elemento fondante è, invece,
la creazione di un rapporto di partenariato tra la cooperativa italiana e il partner locale, in cui la
prima non è più semplice erogatrice di fondi, ma svolge un ruolo significativo nelle fasi di
progettazione ed implementazione delle attività. Ugualmente il partner locale non è soltanto
ricettore del dono ma si confronta anche sugli elementi di “struttura, organizzazione e
gestione” del comune progetto. Tale rapporto di partenariato consente un trasferimento di
competenze, know - how, e buone pratiche d’impresa dal Nord al Sud del mondo che si
completa con quanto al contrario può essere condiviso. Sono vari gli esempi meritevoli di
attenzione, ne citiamo alcuni: il Consorzio Etruria è attivo da anni in Burkina Faso dove
sostiene la creazione di una cooperativa edilizia
Progetti mappati
attraverso il supporto tecnico, l’invio di
per strumenti utilizzati
materiale tecnologico, ed attrezzature di
cantiere. Boorea insieme ad Unieco, Cantine
3%
61%
18%
6%
1%
11%
Donazione fondi
Formazione
Campagne di informazione
Partenariato
commerciale
Assistenza tecnica
Trasferimento di
tecnologie
Riunite,
Coopselios,
Progeo
ed
Unipeg
promuove un complesso progetto in Brasile. Il
progetto prevede di rafforzare il sistema
agricolo
delle
cooperative
attraverso
la
formazione e la fornitura di strumenti e
tecnologie appropriate. Il loro partner locale è Fetraf, l’associazione che riunisce migliaia di
contadini e cooperatori agricoli in Brasile. Un altro esempio meritevole d’attenzione è quello
del programma “Stop world poverty” di COOP. Tale programma prevede la realizzazione di 14
progetti in diversi Paesi del Mondo (principalmente filiera alimentare, zootecnica, artigianato)
ed ha come fine principale quello di stimolare le popolazioni locali alla realizzazione di iniziative
economiche auto-sostenibili. Per far questo COOP da un lato provvede al finanziamento dei
progetti dall’altro garantisce l’assistenza tecnica nelle varie fasi: aiuto al microcredito per i
piccoli produttori in fase start-up, monitoraggio in itinere, aiuto per le garanzie di certificazione
di qualità, sicurezza dei prodotti, packaging e certificazioni equosolidali. Infine COOP ne
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sperimenta la diffusione e vendita sul mercato italiano. Un approccio di questo genere,
rivoluzionando il rapporto finanziatore/beneficiario, risolve molte delle problematiche insite
nella cooperazione internazionale di tipo ortodosso. L’enfasi è posta sullo sviluppo delle
autonome capacità delle persone all’interno di una comunità e sulla capacità della stessa
comunità di auto organizzarsi in vista di uno sviluppo di cui è essa stessa promotrice (nel
progetto promosso da Coop Lombardia in Burkina Faso, ad esempio, vi è un programma
specifico di sostegno all’imprenditorialità femminile nell’ambito della produzione di stoffe e
saponi).
Dalla mappatura effettuata si evince che i settori maggiormente coinvolti nella
promozione d’impresa cooperativa sono quelli relativi al settore agroalimentare e dell’edilizia
(ulteriore esempio da citare è il progetto realizzato da Granarolo in Tanzania dove insieme
all’ONG CEFA ha promosso la costituzione di una cooperativa di allevatori di mucche da latte). Il
trasferimento di competenze avviene nella maggior parte dei casi tramite missioni periodiche
da parte di una delegazione italiana della cooperativa finanziatrice. Ci sono però anche casi in
cui viene organizzata una visita in Italia da parte del personale del partner del Sud (ad esempio
la Coop Samarcanda, competente nel settore dell’inserimento lavorativo, ha organizzato dei
corsi di formazione a Firenze per i propri partners). Il monitoraggio del progetto viene
effettuato talvolta attraverso una figura che presente in maniera costante in loco, ma nella
maggioranza dei casi viene invece viene effettuato a distanza da parte di personale della
cooperativa coinvolto spesso a titolo volontario nel progetto. Questo dato può talvolta risultare
un elemento di debolezza rispetto al positivo sfruttamento di tutte le opportunità derivanti
dall’essere impegnati in progetti di cooperazione internazionale.
Due ambiti d’interventi rimangono marginali nonostante il loro ruolo significativo nelle
agende internazionali: l’ambito dell’ energia (a parte la macroscopica interessante eccezione di
TEA) e quello del microcredito.
Risorse Umane
Dall’indagine emerge che le problematiche maggiormente diffuse sono legate alla
difficoltà di dare continuità al progetto. Aldilà di alcune eccezioni, nella stragrande maggioranza
dei casi osservati non esistono all’interno delle cooperative delle figure professionali dedicate
che svolgono come attività unica o prevalente quella relativa al progetto di cooperazione
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internazionale. Molto spesso quest’ attività viene esercitata nel tempo residuale da parte di
alcuni soci maggiormente sensibili al tema della solidarietà internazionale. In alcuni casi la
mancanza di un soggetto di riferimento è emblematico di una cooperazione poco strutturata
che si risolve in progetti occasionali e/o momentanei; in altri casi tale mancanza non è
sinonimo di cattiva o debole gestione, ma solo di inadeguatezza delle risorse umane a
disposizione. Si constata inoltre che in molti casi il volontariato gioca ancora un ruolo cruciale
nella sensibilizzazione e promozione di questi interventi.
Dalle interviste effettuate risulta che la presenza di un organico poco strutturato rende
problematica l'attività di monitoraggio del progetto. Questa richiede in effetti un dispiego di
forze non necessariamente massiccio, ma tuttavia continuo. Molte delle cooperative
intervistate percepiscono questo aspetto gestionale come una delle principali difficoltà dei
progetti. Un'altra problematica fortemente sentita è quella che emerge nel paragrafo
precedente, ovvero la ripartizione dei fondi su più progetti, comportamento che in taluni casi
può sfociare nella ‘dispersione’ di risorse. Attualmente si considera infatti che i finanziamenti a
pioggia non siano la modalità di aiuto più efficace. Al contrario sembra più efficace stimolare un
tipo di cooperazione che può sì avere carattere multisettoriale, ma che vede comunque il suo
focus circoscritto ad un unico delimitato obiettivo.
Un altro dato emerso dalla mappatura è quello relativo alla capacità delle cooperative di
fare rete. Sono vari gli esempi a dimostrazione di quanto detto: uno fra questo è il CS & L
Consorzio Sociale che ha condotto un progetto di cooperazione internazionale in Senegal in
partnership con la Cooperativa il Giardinone. Esempi come questo, o il citato progetto di
Boorea in Brasile o quello di CMB in Malawi, mandano un messaggio positivo non solo al
mondo Legacoop ma anche a quello delle altre organizzazioni impegnate in progetti e
programmi di sviluppo nei PVS. In effetti, si può aggiungere che le cooperative che operano in
maniera isolata sono un’eccezione: solitamente si tratta di cooperative che portano avanti
progetti di solidarietà e non di sostegno d’impresa. La tendenza a far rete, dunque, esiste e
sembra un fenomeno in crescita, a maggior ragione per i progetti più innovativi.
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Modalità di finanziamento
Per quanto riguarda i finanziamenti dei progetti, i canali perseguiti dalle cooperative sono
molteplici. In alcuni casi decidono di destinare una percentuale fissa del fatturato, in altri, come
nella maggior parte delle cooperative di consumo, viene utilizzata la modalità dei “punti” dei
soci, i quali spontaneamente dunque decidono se indirizzarne il valore a questa finalità. Alcune
cooperative erogano finanziamenti in maniera occasionale, altre invece finanziano delle
Fondazioni da loro create allo specifico scopo di realizzare progetti di utilità sociale. Alcune
cooperative sociali, poi, come la cooperativa Zora, partecipano ai progetti di cooperazione
internazionale non attraverso la donazione di fondi, bensì attraverso il lavoro di propri
operatori (nel caso citato si tratta di educatori che assistono persone disabili della popolazione
Saharawi). Ulteriore forma di finanziamento è quella
Progetti mappati
per fonti di finanziamento
della cooperativa sociale Viaggi Solidali che s’impegna
a spendere circa il 30/40% dei fatturato proveniente
dalla
48%
2%
3%5%3%
5%
8%
4%
21%
vendita
dei
pacchetti
viaggio
nei
PVS
promuovendo quindi doppiamente l’economia locale.
In generale si riscontra che la natura cooperativa
delle società permette più facilmente di destinare
risorse alla solidarietà/cooperazione internazionale
rispetto all'attribuzione di una parte dei profitti come
Interne
Soci
Enti
pubblici
Fondazioni
Altre
imprese
Fund
raising
presso
privati
Vendita
prodotti
del
progetto InOrg.
ternazionali
Associazioni di
categoria
avviene per le s.p.a. ed s.r.l. Nonostante questa
peculiarità, alcuni tra gli intervistati hanno comunque
sollevato il problema degli effetti della crisi finanziaria
internazionale sulla capacità di dedicare risorse alla
cooperazione internazionale. Tendenzialmente però al
momento nessuno degli intervistati dichiara di voler
ridimensionare nel breve periodo l’intervento nel quale è impegnato.
Totalmente assente dallo scenario dei finanziamenti è il mondo bancario che, pur avendo
per più motivi legami con il mondo delle imprese cooperative, non sembra essere stato mai
coinvolto in maniera strutturata in iniziative delle tipologie citate insieme a Legacoop o sue
associate.
13
Categorie di Partner
Per quanto riguarda l’analisi dei partner delle cooperative, si osserva che il 23% delle
cooperative intervistate intrattiene una partnership diretta con un soggetto omologo locale.
Quando ciò accade però questo tipo di partenariato si caratterizza per numerose peculiarità
positive. In primo luogo i soggetti omologhi possono mettere in atto azioni che vanno ben oltre il
puro trasferimento di risorse: attraverso un tutoraggio attivo, infatti, le imprese donatrici possono
accompagnare la crescita e lo sviluppo delle organizzazioni beneficiarie mettendo in opera diverse
attività nelle quali possono spendersi direttamente. In secondo luogo l'impresa donatrice può nel
tempo offrire consulenza di carattere gestionale, di marketing, di organizzazione di impresa e di
assistenza tecnica che possono crescere anche oltre la dinamica della solidarietà. Così facendo
avviene inoltre un trapasso di memoria storica delle esperienze che l'impresa tutor ha
interiorizzato nel corso della sua esistenza e che possono avere rilevanza significativa per lo
sviluppo dell’organizzazione beneficiaria.
Progetti mappati
per partners
A questi aspetti se ne aggiunge un ulteriore: si nota
come un tutoraggio attivo di questo tipo crei una
sensibilizzazione delle persone coinvolte rispetto alle
problematiche dei Paesi in Via di Sviluppo che viene
2%8%
42%
5%
17%
3%
23%
condivisa dal personale delle imprese in maniera molto
più marcata rispetto a come avverrebbe attuando una
semplice donazione. Nonostante le indubbie potenzialità
di questo approccio, tuttavia, dalla mappatura emerge
ONG ed
Onlus
Fonda zioni
Enti rel igios i
Orga nis mi
internazi ona li
Enti
pubbl ici
Coopera ti ve ed
impres e
As s ocia zi oni di
ca tegoria
che esso viene messo in pratica soltanto da un numero
molto esiguo di cooperative. La maggior parte di queste si
rapporta
ad
un
Ente
Terzo
che
solitamente
è
un’associazione o una ONG (42%), più raramente una
fondazione (3%) o un ente pubblico (17%).
Nei casi osservati, molte delle cooperative finanziano un Ente Terzo in virtù del
radicamento di tale organizzazione sullo stesso territorio di appartenenza della cooperativa. Da
questo punto di vista è dunque una scelta strategica di partenariato locale che va ugualmente
considerata positivamente. Ne è esempio la scelta da parte della cooperativa imolese Sacmi e
della cooperativa Iter di Ravenna di sostenere un Centro di Formazione in Brasile gestito e
14
finanziato da parte del Comitato Sao Bernardo, ente ONLUS avente sede ad Imola. Quando
però la rete di partenariati è costruita solo tra soggetti italiani il trapasso di conoscenze e know
- how che il mondo cooperativo potrebbe mettere a disposizione dei processi di sviluppo è
molto più debole ed ha inoltre spesso effetti più blandi in termini di sensibilizzazione dei soci e
dei dipendenti delle cooperative stesse.
Un insieme di buone pratiche
Dalla mappatura emerge che non sono rari i casi in cui le cooperative mettono in atto buone
pratiche di cooperazione internazionale innovativa: il trasferimento di know - how tecnico e
tecnologico, ad esempio, insieme al supporto in fase di formazione della struttura d'impresa sono
elementi significativi spesso presenti e del tutto peculiari del modo di fare cooperazione delle
cooperative di Legacoop. Un altro punto di forza è rappresentato dalla correlazione tra settore in
cui opera la cooperativa e settore d'intervento; questo è un punto doppiamente favorevole: da un
lato il fatto di operare nello stesso settore rende possibile quella trasmissione di conoscenze alla
quale abbiamo già fatto riferimento, dall'altro la cooperativa italiana in tal modo ha la
possibilità di allargare la sua conoscenza del mercato internazionale, stabilendo dei ponti
che possono portare sul lungo periodo allo sviluppo di iniziative di internazionalizzazione. È una
prospettiva questa ancora poco esplorata sulla quale però i progetti di co-sviluppo sembrano
poter contare.
Il partenariato tra cooperative consente di superare una tra le maggiori criticità del
sistema della cooperazione internazionale dello sviluppo: nell'aiuto legato alla logica del dono non
c'è condivisione del rischio e di conseguenza l'interesse da parte del donatore di monitorare e
valutare ciò che viene finanziato è inferiore. In maniera speculare il beneficiario non
avendo responsabilità diretta della gestione del denaro ricevuto ha incentivi meno forti a mettere
in atto atteggiamenti virtuosi. Questo problema viene notevolmente ridotto in tutti i casi osservati
in cui
le cooperative non si pongono come semplici donatrici, ma effettuano supporto,
affiancamento e tutoring dei progetti; questo approccio permette così di incentivare un
processo di auto-sviluppo sostenibile e consapevole.
Uno strumento utile nella direzione del trasferire responsabilità al partner è sicuramente
l’uso di finanziamenti microcreditizi più che di contributi, pratica che responsabilizza i beneficiari,
che sanno di dover restituire il capitale ricevuto,
e che li aiuta ad avere un controllo
15
maggiormente rigoroso ed efficiente delle risorse. Si riscontra tuttavia la rarissima presenza di
questo genere di interventi nei progetti sostenuti dalle cooperative. Vista la vastità delle
tipologie di progetti di microcredito, e la scarsa strutturazione di molti di questi, sarebbe
consigliabile che eventuali iniziative del genere venissero realizzate in partenariato con soggetti
che abbiano maturato già esperienza nel settore.
Il progetto che Unicoop Tirreno realizza in Burkina Faso con una cooperativa locale che
produce fagiolini rappresenta un’ulteriore buona pratica: l'aiuto
alla
commercializzazione
nazionale ed internazionale dei prodotti locali dei PVS, vera pratica di co-sviluppo, è un’iniziativa
che intende distribuire benefici sia al finanziatore che al finanziato. Inoltre, se si pensa che i
principi cooperativi di adesione volontaria con attenzione all'assenza di discriminazione nella
composizione sociale dell'organizzazione anche in un caso del genere viene perseguita, tale
tipologia di interventi è interessante sia dal punto di vista dell’efficacia sociale che di quella
economcia.
Infine, il movimento cooperativo, nella promozione dei valori tipici del proprio modello
d'impresa, ha la possibilità di incentivare i propri partner beneficiari di progetti di cooperazione
allo sviluppo nel promuovere essi stessi pratiche di responsabilità sociale dirette all'ambiente ed
al benessere della popolazione a livello locale (è ad esempio il caso di CMB che chiede alla
cooperativa malawiana partner di co-finanziare l’acquisto di sacchi alimentari nei periodi di
carestia).
4. Proposte operative e strategiche
Da quanto emerge in questa indagine, le cooperative si distinguono per avere caratteristiche
tali da essere degli attori peculiari nel panorama delle organizzazioni che svolgono attività di
cooperazione internazionale. Quello che le distingue è la capacità di trasferire direttamente buone
pratiche d’azienda, proponendo però un modello fortemente caratterizzato a livello valoriale. Le
cooperative possono mettere a valore le proprie esperienze pregresse e trasmetterle ad un
partner di un Paese in Via di Sviluppo. A differenza di ONG, Fondazioni ed Associazioni, le
cooperative hanno infatti un bagaglio di conoscenze tecniche e di gestione d’impresa che sono
fondamentali nella fase di start - up e di accompagnamento di un’attività generatrice di reddito in
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un paese emergente. Introduciamo 5 indicazioni di strategia come primi elementi per una
discussione futura più approfondita e strutturata.
I) Promozione delle buone pratiche
In conseguenza di quanto detto, le buone pratiche di cooperazione emerse forniscono le
basi per costruire delle linee guida che potrebbero caratterizzare il “modo di Legacoop” di fare
buona cooperazione internazionale. Far emergere le buone pratiche, però, deve essere soltanto il
primo passo di un processo teso alla circolazione ed alla sensibilizzazione di quanto riscontrato
come positivo e di cui si auspica dunque una replicazione.
Numerosi sono i canali attraverso i quali questa circolazione può avvenire:
•
incontri tra i diversi operatori coinvolti nel settore di appartenenza della cooperativa che
promuove il progetto;
•
dibattiti ed analisi tematiche all'interno di eventi di più ampio respiro come ad esempio le
Giornate dell’Economia Cooperativa (GECO), a partire già dall’edizione di Gennaio 2011;
•
rapporti e documenti di indirizzo da parte delle Associazioni di categoria sugli interventi di
cooperazione internazionale in relazione a prospettive di mercato per le cooperative
italiane;
•
patrocinio e sostegno da parte di Legacoop per le iniziative maggiormente significative e
realizzate in rete tra più cooperative.
A partire dalle esigenze emerse dalle cooperative intervistate sarebbe inoltre significativo:
•
coinvolgere in maniera strutturata il mondo bancario o delle fondazioni bancarie
nell’agevolare il co-finanziamento delle iniziative con forte imprenditorialità;
•
coinvolgere le Istituzioni e gli Enti Locali italiani nel riconoscere e dunque sostenere i
progetti di cooperazione internazionale delle cooperative italiane, in special modo quelli di
co-sviluppo;
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•
condividere le buone prassi con il sistema cooperativo europeo ed internazionale
presentando le riflessione ad una Tavola Rotonda nell’ambito dell’Alleanza Cooperative
Internazionale (ACI) di Ginevra.
II) Fare rete
Dalla mappatura emerge una tendenza delle cooperative a far rete tra loro. Questa
inclinazione a fare sistema va alimentata e promossa. La rete consente infatti di creare delle
sinergie fra le diverse attività progettuali a vantaggio di un maggiore respiro dei singoli interventi.
Un coordinamento strutturato tra le cooperative di Legacoop coinvolte in progetti di cooperazione
internazionale potrebbe permettere la valorizzazione delle esperienze di cooperazione
internazionale più significative ed innovative. La sinergia tra le cooperative può inoltre aiutare a
ridurre gli sprechi di risorse (in termini ad esempio di abbattimento di costi fissi di gestione,
monitoraggio e valutazione) ed evitare, attraverso una buona circolazione delle informazioni, la
possibile duplicazione degli interventi. Attualmente nel panorama nazionale esistono varie reti
meritevoli di attenzione: una fra queste è il gruppo piemontese Enercoop che vede associate dieci
cooperative attive nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico. Tramite la
creazione di tale gruppo avviene uno scambio di conoscenze e know - how fra le stesse
cooperative che, stimolando la sinergia, vuole renderle più competitive sul mercato nazionale ed
internazionale, stimolando la partecipazione a bandi di gara europei anche finalizzati a finanziare
interventi a favore dei PVS nel settore energetico. Un altro esempio di rete, leggermente diverso
dal precedente, è la emiliana Cooperativa Boorea, nata con lo scopo di promuovere lo sviluppo
attraverso la diffusione della forma cooperativa nel mondo. Boorea riunisce un numero cospicuo
di cooperative, ma anche società spa ed srl. A differenza del caso precedente i settori di attività
delle cooperative associate sono i
più diversi ed i progetti di Boorea riflettono questa
diversificazione: si va dal sostegno a progetti per ragazzi disabili in Libano e Vietnam alla
promozione di cooperative agricole in Bosnia. In analogia con Enercoop la creazione di questa rete
permette uno spillover di conoscenze che si traduce in un allargamento del numero dei progetti
ed in una maggiore incisività degli stessi. Anche la Cooperativa Niguarda ha ottenuto finanziamenti
da altre cooperative partner per i propri progetti di cooperazione internazionale. Coop Liguria e
Coop Lombardia circa vent’anni fa iniziarono invece insieme il citato progetto in Burkina Faso.
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Da un punto di vista finanziario, infine, la creazione di una rete aumenta anche le linee di
finanziamento alle quali si può accedere e permette di far fronte alla crisi raccogliendo risorse
diversificate a beneficio di interventi di maggior rilievo. Laddove esista una rete ben strutturata, le
cooperative che a causa della crisi si trovano ad avere minori risorse da destinare alla
cooperazione non sono necessariamente obbligate ad interrompere i propri progetti di
cooperazione internazionale, potendo infatti contare, a fronte della riduzione delle proprie risorse,
sull’immissione di fondi da parte altri finanziatori italiani o europei.
III) Professionalità e competenze
Un altro punto rilevante sul quale occorre soffermarsi è quello relativo alle risorse umane
dedicate ai progetti di cooperazione internazionale all’interno delle cooperative. Come già rilevato
precedentemente, dalla nostra mappatura emerge che in molti casi le risorse umane sono, in
questo settore, poco strutturate. Molto spesso è assente la figura del Responsabile di Progetto, e
di frequente si osserva la persistenza di un forte spirito di volontariato fra i soci promotori di
iniziative di cooperazione internazionale. Questo spirito di volontariato è senz’altro da valorizzare,
ma non può rappresentare l’unica tipologia di risorsa umana dedicata ai progetti. È necessario
affiancare ai volontari delle figure che siano dotate non solo di volontà e motivazione, ma anche di
competenza, professionalità ed esperienza per poter realmente aumentare la qualità degli
interventi.
Tale necessità emerge con una certa forza per quanto concerne la fase di monitoraggio e
valutazione (M&V) dei progetti avviati. Alcuni degli intervistati infatti hanno espresso delle
difficoltà in merito all’assicurare continuità di attenzione al progetto nel tempo, proprio per la
scarsità delle risorse umane a disposizione. Un buon M&V è fondamentale per garantire impatto,
qualità e rigore nel controllo delle risorse. Alcune cooperative si affidano ad organizzazioni come
ONG, altre fanno ricorso a risorse interne, altre ancora ad agenzie specializzate. In alcuni casi
rispetto alla necessità di M&V il ricorso ad una ONG viene ritenuto una soluzione troppo costosa e
che, nel introdurre un soggetto spesso interessato anche all’implementazione del progetto, non è
ritenuta appropriata. Se dunque nello strutturare e realizzare progetti il partenariato cooperativa
– ONG è certamente virtuoso, in materia di Monitoraggio e Valutazione società di consulenza,
singoli consulenti o Università sono soggetti certamente preferibili.
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Importantissima è la possibilità di promuovere il ruolo del personale volontario per tutti gli
aspetti riguardanti gli scambi, la formazione e l’accompagnamento tecnico dei beneficiari dei
progetti. Su quest'ultimo aspetto la strada percorsa da gran parte dei progetti mappati sembra
essere già ad oggi ricca di sperimentazioni.
IV) Finanziamenti
Quello dei finanziamenti è un aspetto fondamentale non solo per quanto riguarda la fase di
avviamento dei progetti, ma anche per quanto concerne la sostenibilità degli stessi. Unire le
risorse delle cooperative, specie se di piccole dimensioni, per finanziare progetti che abbiano un
impatto più significativo ed una maggiore stabilità nell'approvvigionamento finanziario è, come
abbiamo già sottolineato, un aspetto fondamentale presente ma rafforzabile.
Ancora
Progetti mappati
più
importanti
nell'attuale
congiuntura economica, sebbene come detto
per volume economico
poco
praticate,
sono
le
forme
di
co-
finanziamento esterne di carattere pubblico o
17%
52%
30%
0 – 50000 €
50000
-200000 €
> 200000 €
privato ad integrazione di quanto destinato
dalle
cooperative
(sotto
forma
di
accantonamenti, donazioni, punti soci, etc.)
alla cooperazione internazionale.
Solo
una
minima
parte
delle
cooperative intervistate infatti ha ricevuto forme di sostegno di questo tipo per i propri progetti,
da istituzioni pubbliche regionali ed europee (es. Cooperativa di Studio e Ricerca Sociale Marcella
– Europa dell’Est), da Fondazioni e Comuni (Cooperativa Sociale Rousseau) ed Enti pubblici
(Consorzio Etruria).
Rispetto alla dimensione il 52% dei progetti è di piccole dimensioni (0-50.000€). Non tutte
le cooperative intervistate hanno dichiarato la somma esatta impiegata per il sostegno del
progetto. Alcuni interventi, in special modo quelli di solidarietà, sono stati negli anni finanziati con
piccole somme, erogate però in maniera costante. Mentre un terzo circa degli intervistati si
impegna in progetti di medie dimensioni (< 200.000€), vi sono alcuni interventi, in special modo
quelli delle cooperative di consumo, che oltrepassano anche significativamente i 500.000€. È
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chiaro infatti che le caratteristiche delle cooperative di consumo permettono un funding mix tra
soci, impresa e partner virtuoso che in parte può essere preso ad esempio per realizzazioni da
parte di altre categorie di cooperativa.
V) Le prospettive dell’EXPO di Milano 2015
Dalle interviste effettuate risulta che attualmente l'interesse per l'EXPO da parte del mondo
cooperativo è solo potenzialmente presente, rimanendo ad uno stato “dormiente” sensibile però a
stimoli e promozione. Appare indubbio che l’occasione dell’EXPO può essere l’occasione per
cominciare a mettere a sistema l'esperienza fino ad oggi maturata e per renderla sistematica e
visibile. Attraverso alcune delle attività sopra citate di promozione delle esperienze e delle buone
pratiche, si potrebbe sicuramente alzare l'attenzione del mondo cooperativo sull'opportunità
offerta dall'EXPO, ed al tempo stesso attirare l'attenzione di soggetti quali enti pubblici,
fondazioni, imprese sulle attività delle quali abbiamo provato a delineare limiti e punti di forza.
Infine, EXPO 2015 può essere anche il “pretesto” giusto per affrontare un ragionamento più
ampio sul senso di creare rapporti internazionali per le cooperative, tema che in questo mondo
sempre più integrato ed interdipendente potrebbe avere risvolti significativi anche per l’attività
economica stessa delle cooperative di Legacoop.
5. Conclusioni
Dalla mappatura emerge dunque che ad oggi le 30 cooperative di Legacoop intervistate sono
promotrici di numerose iniziative di cooperazione internazionale con 74 progetti in 35 Paesi del
mondo. Nella maggior parte di questi interventi le cooperative si pongono come donatori rispetto
a progetti di solidarietà condotti da altre organizzazioni, prevalentemente da ONG ed associazioni
no profit. D’altra parte esiste una cospicua casistica di progetti (38% del totale) che prevede invece
sostegno ed avvio d’impresa nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Questo tipo di approccio è
senz’altro più sostenibile rispetto alle forme di aiuto più tradizionali. La capitalizzazione delle
conoscenze e delle esperienze delle cooperative italiane permette un trasferimento di conoscenze
e know how verso i partners dei PVS che rende questa modalità di intervento da privilegiare. Per
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quanto concerne le buone prassi messe in luce dalla mappatura, se ne osservano molteplici. In
primo luogo si osserva una disponibilità delle cooperative a far rete. Questo è un fattore di non
trascurabile importanza in quanto consente di mettere a sistema le esperienze di cooperazione più
significative ed innovative. Nella maggior parte dei casi, inoltre, si osserva una correlazione tra
settori degli interventi ovvero tra il settore d’attività dell’impresa finanziatrice e quello
d’intervento del progetto. Anche quest’aspetto è da valorizzare in quanto permette l’adozione di
strumenti come corsi di formazione, assistenza tecnica, e trasferimento di tecnologie, che sono
vitali per uno sviluppo sostenibile. Interessanti sono poi i casi riscontrati di co-sviluppo, cioè di
progetti che sono strutturati con l’intento di condividere i benefici del partenariato tra i soggetti
coinvolti, superando la logica monodirezionale finanziatore – finanziato. Pur considerando che
iniziative di questo genere sono spesso piuttosto giovani, i risultati conseguiti sono comunque
incoraggianti.
Ulteriore aspetto che emerge dalla mappatura è il messaggio che le cooperative, in virtù
della loro adesione ai valori cooperativi, tendono a trasferire ai propri partner dei PVS fino ad
incentivarli a promuovere essi stessi pratiche di Responsabilità Sociale. Per quanto concerne le
proposte strategiche, queste derivano dalla presa in considerazione dei principali problemi e delle
più interessanti opportunità emerse dall’esperienza internazionale delle cooperative di Legacoop.
La necessità di assicurare continuità a progetti, ad esempio, è un incentivo a ricorrere a
finanziamenti esterni o compositi con la finalità non solo di aumentare i possibili canali di
finanziamento, ma anche, attraverso una diversificazione del portafoglio, di garantire maggiore
stabilità nel tempo dei flussi di aiuto. Ad oggi il ricorso ai finanziamenti esterni (ad esempio bandi
regionali, nazionali, europei, ma anche da parte di fondazioni private e bancarie) è minimo. Un
altro aspetto da curare è il rafforzamento delle reti tra cooperative seppur abbiamo visto essere
disponibili a costruirle. Oggi esistono dei sistemi di rete degni di attenzione, ma sono ancora molte
le cooperative che agiscono in maniera isolata.
Un aspetto problematico che emerge è quello relativo alle risorse umane. Nella gran parte
delle cooperative intervistate il personale dedicato ai progetti di cooperazione internazionale non
è dedicato specificamente a questa attività. Al contrario, il volontariato gioca ancora un ruolo
determinante in questo settore: se ciò è da un lato un punto di forza, dall’altro in alcuni casi rende
difficile assicurare professionalità e continuità ai progetti. In particolare, attività come il
monitoraggio e la valutazione con obiettivo di apprendimento, miglioramento delle performance
e comunicazione dei risultati potrebbe trovare maggior efficacia nel ricorrere all’impiego ad hoc di
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risorse esterne. Sarebbe auspicabile, di conseguenza, pur continuando a valorizzare il lavoro
volontario, muoversi parallelamente verso una maggiore professionalizzazione delle risorse
umane dedicate ai progetti. Infine, pur proseguendo nella direzione del co-sviluppo, può essere
forse interessante avviare una riflessione sul senso di una “buona” internazionalizzazione per le
cooperative di Legacoop che vede nella cooperazione internazionale allo sviluppo non solo
un’occasione di solidarietà ma, avvicinando o affiancando attività di cooperazione internazionale
ad attività economiche oltre confine, una possibilità per un nuovo modello di imprenditoria
fondato sulla co-operazione transnazionale.
Allegati
Allegato I – Organizzazioni e cooperative contattate per lo studio
Allegato II – Grafici
Allegato III – Griglia delle cooperative mappate
Allegato IV – Carta geografica degli interventi
LAMA Development and Cooperation Agency
Via Brunetto Latin, 73
50133 Firenze
www.LDCA.eu
[email protected]
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