Yalla Italia

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Yalla Italia
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Ali Hassoun, Le tre grazie, Olio su tela, 2008
IL MENSILE
DELLE SECONDE
GENERAZIONI
PARLIAMO
DI SESSO
Erotismo e fede religiosa. Due termini che sembrano inconciliabili.
In realtà non è così. Nel mondo musulmano l’arte del piacere non è affatto un tabù.
Anche se imbarazzi e complessi non mancano. Yalla Italia alza il velo
DI RANDA GHAZY
S
essualità. Mondo musulmano. I due termini potrebbero sembrare,
ad una prima occhiata, un tantino ossimorici. Ma l’inghippo c’è. Sentite qua: «Quando i coniugi si accarezzano Dio li guarda con uno
sguardo pieno di bontà».
Oppure: «Non gettatevi sulle vostre donne come fanno gli animali ma
costruite un ponte fatto di dolci parole e di baci» (Maometto).
E ancora: «...Coltivate l’amore per le vostre donne come un giardino...
e date loro piacere e loro lo diano a voi...» (Corano).
Lo stesso profeta adorava i profumi e esortava le donne ad utilizzarli, e
l’intero mondo musulmano tradizionalmente vede il piacere sessuale come una “grazia di Dio” e una fonte di felicità ed intimità completa per la
coppia e non certo come peccato o come mero strumento di procreazione.
Attenzione però. Tutto ciò vale solo per le coppie sposate. Unite legalmente dal santissimo vincolo del matrimonio.
E così i giovani, specialmente coloro che si trovano nella fascia maggiormente in balìa di pulsioni sessuali, sono proprio quelli che devono astenersi dal cedere alla tentazione. Ma non pensiate che non ne parlino. O
non ci pensino. Le ragazze, tanto per dire.
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LA NOSTRA MISTERIOSA
CASA DI CARNE
DI PAOLO BRANCA
EDITORIALE
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l corpo è la nostra casa, come lo definisce la Bibbia è «la
tenda di carne» in cui abitiamo per tutta la vita… ma è
anche molto più di questo: con esso addirittura
finiamo per identificarci: “siamo” alti o bassi, chiari o scuri,
magri o grassi, poiché gli altri ci vedono così e attraverso il
corpo stabiliamo le nostre relazioni con essi. Lo sappiamo
bene e di conseguenza dedichiamo alla nostra immagine
una certa attenzione così come badiamo all’immagine
altrui. Immagine è però un concetto statico, mentre il
corpo cresce, si modifica, invecchia e la tentazione sempre
più frequente è quella di fissarne una fase cercando di
rimanere il più possibile giovani, freschi e attraenti. Si
perdono così i messaggi che il corpo invia a chi lo possiede
come a chi lo osserva. Nell’era delle biotecnologie e della
cosmesi esasperata ci riscopriamo paradossalmente un po’
analfabeti in materia: cosa sappiamo del nostro corpo e di
quello degli altri, al di là delle sensazioni superficiali che ci
possono dare le apparenze? Persino quando ci capita
qualche guaio, come un incidente o una malattia seria,
consegniamo la parte fisica di noi stessi ai moderni stregoni
della medicina o dell’estetica in passiva attesa che tutto
torni come prima, per chiudere al più presto la sgradevole
parentesi e metterci una pietra sopra. Magari riprendendo
tali e quali abitudini malsane che ci hanno portato
all’impasse.
Coi suoi cinque sensi ci trasmette ogni tipo di
informazione sul mondo, ma fa fatica a farsi ascoltare, a
meno che non alzi molto la voce. Ecco allora il corpo
martoriato degli affamati, delle vittime delle guerre o delle
catastrofi, dei malati cronici e dei decrepiti che si affaccia
urlando sui nostri schermi di quando in quando, in una
spettacolarizzazione della sofferenza tanto aggressiva
CHI SIAMO
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Il coordinamento di Yalla Italia è
curato da Martino Pillitteri.
Hanno collaborato a questo numero:
Imane Barmaki: 25, marocchina.
È laureata in economia
Ouejdane Mejri: 30, tunisina.
Insegna al Politecnico
Layla Joudè: 24, di origine siriana.
Frequenta lingue e comunicazione per
i media e per il turismo
Fatima Khachi:21, di origine
marocchina. Studia letteratura
straniera.
Ouissal Mejri: 28, di origine tunisina.
Dottoranda in Studi teatrali e
cinematografici
Rassmea Salah: 25, laureanta in Studi
arabo islamici all’Orientale di Napoli
Lubna Ammoune: 20, di origine
siriane. Studia farmacia
Meriem-Faten Dhouib: 28, tunisina.
È ricercatrice, insegnante e filologa
Sara Hejazi: 31, padre iraniano e
madre italiana. Lavora al Cesmeo.
Randa Ghazy: 22, origini egiziane.
Laureata in relazioni internazionali.
Fatima El Harki: 25, origine
marocchina. Master in diritti umani.
Karim Bruneo: 23, papà italiano,
mamma marocchina. Master in
Economia e Politiche Internazionali.
quanto effimera: di lì a pochi minuti la pubblicità di diete
e creme saprà rassicurarci. Un altro modo di enfatizzarlo è
proporlo patinato e condito, reso perfetto da qualche
ritocco truffaldino, coperto di accessori come un
manichino o scoperto al limite della decenza: «apri e gusta»
è lo slogan più appropriato per accompagnare tali
esibizioni.
Spaventati dai corpi martoriati e inebetiti da quelli
patinati, gli uni e gli altri situati ad anni luce dalla nostra
esperienza quotidiana, dimentichiamo o diamo per
scontate le funzioni regolari che fanno del nostro fisico il
trasmettitore e l’antenna più sofisticata che ci sia per la
nostra relazione con noi stessi e col mondo.
Più immaginato che realmente vissuto il corpo può
diventare una gabbia dalla quale non riusciamo a liberarci
perché troppo fragile rispetto all’uso smodato che ne
vorremmo fare o non coincidente con il nostro ideale di
bellezza, oppure un paravento dietro il quale ci
nascondiamo, illudendoci che restituisca di noi solo e
sempre quel che riteniamo opportuno.
L’ora della liberazione del corpo attende ancora che sia
fabbricato l’orologio che la scocchi, in barba a tutte le
nostre pretese esibizioni di spontaneità e persino di
trasgressione.
Rifletterci insieme può rappresentare un primo passo verso
una concezione più equilibrata della nostra esistenza,
magari solo una presa di coscienza che ci metta al riparo
dalle più evidenti contraddizioni di cui viviamo e soffriamo
e che ci impediscono di vivere pienamente ciò che persino
i bambini più piccoli intuiscono: nato da un gesto d’amore
il corpo che ci è dato è destinato ad essere il luogo della
tenerezza offerta e ricevuta, segno umile e potente della
relazione con gli altri che ci costituisce e ci mette alla prova.
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MISS ARAB
GLAMOUR
2009 VA A...
1) Rania, regina di Giordania: per
le doti di eleganza, semplicità e
raffinatezza e per il suo impegno
nel sociale.
2) Lalla Salma, regina del
Marocco: ragazza berbera che
sposando il re è la cenerentola
araba in Medio Oriente.
3) A pari merito le cantanti
libanesi May Hariri, Heyfa Wahbi,
Najwa Karam, Elyssa, Diana
Haddad, Nawal El Zoghbi, Miriam
Fares, l’attrice egiziana Yousra e
la regista libanese Nadine Labaki.
Premio Carisma 2009 a Nujood
Ali, la bambina yemenita di 10
anni che ha rotto la tradizione dei
matrimoni combinati fra bambini.
Nujood ha vinto il premio Donne
dell’anno 2008 attribuitole da
Glamour America insieme a
Hillary Clinton e Nicole Kidman.
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SPOSARSI. QUANDO PIACERE E DOVERE SI INCONTRANO
IL SESSO CONIUGALE
LA PUREZZA SULLA PELLE
DI RASSMEA SALAH
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olti penseranno che nella religione islamica la
sessualità sia un tabù da non trattare. Niente
di più falso. Del sesso si parla e si scrive in modo del tutto disinibito, senza né vergogne né timori. A
patto che, ed è questa l’unica clausola che vi consente di
accedere a tale dimensione, rientri nel contesto matrimoniale.
L’Islam nutre un vero e proprio culto verso la sessualità, ne delinea dei codici di comportamento e delle regole ben chiare e parla sempre di reciprocità nel soddisfare i bisogni del proprio partner. Nelle
private conversazioni “da donna”, nella
cerchia delle sorelle o cugine sposate, non
si fa certo uso di metafore. E ci si confida i
segreti più intimi, dalle reciproche esigenze alle proprie aspettative, fino al soddisfacimento (o meno, sigh!) delle stesse.
La percezione della virilità di un uomo
presso le proprie confidenti, infatti, passa
esclusivamente attraverso questi racconti.
Motivo per il quale ogni donna innamorata e orgogliosa del proprio marito lo elogia condendo il tutto con particolari veri o
presunti. Quasi facendo a gara per vincere
la fascia di “miss detentrice del marito migliore”.
L’atto in sé è il risultato
di un sentimento d’amore,
nulla è però lasciato al caso. Prima
dell’incontro amoroso, infatti,
entrambi i coniugi si sottopongono a
un doveroso rito preparatorio...
modo da non irritare la pelle della donna.
Tanto per l’uomo, quanto per la donna, l’incontro
coniugale deve essere piacevole attraverso tutti e cinque
i sensi.
«Le vostre spose sono per voi come un campo», recita il Corano (II, 223). L’uomo è l’agricoltore che deve
ararlo con amore, cura e devozione se vuole che la sua
terra dia i frutti sperati. Non si tratta solo di gettare il seme della procreazione. Si tratta invece di seminare nella
stagione giusta e di coltivare il campo rispettandone le
esigenze e le tempistiche. Il rapporto sessuale fra due
sposi è come quello fra un agricoltore e il
suo terreno: imprescindibile e necessario.
L’appagamento è un dovere
La sessualità è considerata uno degli elementi basilari su cui poggia un buon matrimonio, e quest’ultimo a sua volta è ritenuto essere l’adempimento di ben metà
della religione. Si può dunque immaginare che elevata importanza ricopra nella vita nuziale di un credente. Sposandosi, ogni
parte garantisce, per iscritto o dandolo per
scontato, l’“imta”: l’appagamento sessuale
dell’altro. Il sesso fra coniugi, così, assurge
a dovere coniugale.
I rapporti carnali fra una coppia implicano un insieme di regole non scritte alla
Anche l’uomo si depila
base delle quali vi è il principio della reciBenché l’atto in sé sia il risultato di un senprocità. Non è moralmente né religiosatimento d’amore - presumibilmente - sinmente accettabile per un marito soddisfacero e spontaneo, nulla è però lasciato al
re solo le sue naturali esigenze ignorando
caso. Prima dell’incontro amoroso, infatle necessità di sua moglie. Commetterebti, entrambi i coniugi si sottopongono a un
be in tal caso un peccato e nello stesso temdoveroso rito preparatorio. La donna si de- PRIMA NOTTE. Foto di gruppo per 84 coppie nella valle della Bekaa, in Libano.
po priverebbe la donna di un suo diritto
pila completamente il corpo con una cera
fondamentale.
bidi e setosi.
tradizionale che funge anche da scrub togliendo il priAgli occhi di Dio il sesso può diventare addirittura
L’uomo non è da meno, è tenuto a depilarsi le zone
mo strato di cellule morte, levigando la pelle e renden“sadaqa”, ricompensa, nel momento in cui si pensa di
ascellari e inguinali per una più profonda igiene e pulidola liscia come quella di un bambino. Poi si cosparge di
compiacere Dio nell’atto di prendersi cura del proprio
zia ed è tenuto a presentarsi alla donna pulito e profuoli di essenza che penetrano nei fori della pelle e ne esapartner, quando - in altre parole - il sesso non rappresenmato, con particolare attenzione alla barba che non delano il profumo durante la sudorazione. E infine si conti solo una gratificazione fisica individuale, bensì un’uve essere né lunga né ispida, bensì morbida e curata, in
cede un impacco ai capelli con l’henna che li rende mornione di anime e di cuori.
DI LAYLA JOUDÈ
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urante gli ultimi anni abbiamo
assistito nel mondo arabo al
boom nel campo della chirurgia
estetica: la nuova moda impone curve sode al posto giusto, nasini all’insù e labbra
carnose. Le giovani cantanti arabe ispirano le tendenze nel mondo arabo moderno, e così nascono le “labbra alla Alissa”, il
“naso alla Nawal el Zoughbi” e il “seno alla Haifa Wahbi”. I risultati? Indistinguibili l’una dall’altra e un fisico che sfida la
forza di gravità!
Fino a poco tempo fa si pensava che la
chirurgia estetica fosse riservata a un’élite
di ricchi e famosi, ma la qualità della vita
nel mondo arabo è migliorata, le abitudini sono cambiate e il bell’aspetto ha assunto maggiore importanza nella vita quotidiana. La donna araba spende mediamente 334 dollari all’anno per piacersi e
compiacere. E l’uomo non è da meno: un
terzo dei clienti delle cliniche di bellezza
di Dubai è oggi composto da uomini.
Secondo i dati delle Camere del
Commercio arabe, la vendita di prodotti
di bellezza e personal care nel 2007, nel
mondo arabo, ha generato circa 2,1 mi-
334 DOLLARI L’ANNO,
PER PIACERE
E PER PIACERSI
È quanto spende in prodotti estetici la donna araba.
Ma anche l’uomo non è da meno: un terzo dei clienti
delle cliniche di bellezza di Dubai è maschio...
liardi di dollari.
Dal 7 al 9 giugno Dubai ha ospitato la
quattordicesima edizione della fiera
«Beauty World Middle East 2009» in cui
12 aziende italiane hanno esposto nei loro stand cosmetici made in Italy. Questo
grande evento ha rivelato che gli Emirati
Arabi Uniti rappresentano il primo mercato per le esportazioni di cosmetici italiani in quest’area, con un valore di 58,4
milioni di euro nel 2008. Nell’ultimo anno l’incremento delle esportazioni è stato
del 9,1%. In particolare il Paese di mag-
giore attività è stato nel 2008 l’Arabia
Saudita, con un volume di importazioni
dall’Italia di quasi 29 milioni di euro.
Alla faccia della cosmetica “halal” che
si sta diffondendo in Europa negli ultimi
anni! Interventi, creme, make up e trattamenti estetici importati dall’Europa utilizzati in grandi Spa di lusso come la Six
Sense Spa ad Amman, collocata a 250
metri sotto il livello del mare, o il sontuoso 5 stelle Royal Meridien di Dubai.
Il mercato del personal care si rivela
quindi in controtendenza con la tanto
nominata crisi economica, infatti
L’Oréal, azienda numero uno al mondo
nel settore, sta aprendo nuove filiali in Kazakistan, Egitto e Pakistan.
Soleko, invece, azienda italiana leader
nel settore delle lenti a contatto, continua
ad esportare lenti a contatto colorate cosmetiche in Siria, Turchia, Arabia Saudita
e Marocco, con una quota di mercato del
prodotto superiore del 15% rispetto alla
quota di vendita in Italia.
Decisamente più economica, ma
sempre molto in voga come “operazione
estetica” per le donne arabe nella cura del
proprio corpo, è la depilazione, effettuata
con la Halawa, un impasto completamente naturale e gradevole grazie al particolare aroma caramellato, composta da
acqua, succo di limone e zucchero. La mania della cura del corpo e la famosa ceretta araba al caramello hanno perfino ispirato il titolo del film Caramel (Sukkar Banat), uno dei film libanesi più acclamati e
conosciuti a livello internazionale, uscito
nel 2007, ambientato in un salone di bellezzza di Beirut.
Proust diceva: «Lasciamo le belle donne agli uomini senza fantasia».
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ALLO SPECCHIO. DA RAGAZZA AVEVO IL COMPLESSO. INVECE UN GIORNO...
LA RIVINCITA DEI MIEI FIANCHI
DI MERIEM DHOUIB
O
ppure: quello che le donne dicono... nei bagni turchi.
Come tutte le ragazze del mondo ho scoperto il mio corpo all’età adolescenziale, quando il mio jassad (corpo in
arabo) si è sviluppato e si sono disegnate
due onde sulle mie cosce, quelle che sarebbero diventate l’emblema della mia femminilità e l’oggetto della mia rabbia contro gli altri. Come in quasi tutte le famiglie arabo-musulmane, una volta a settimana pure io vado al bagno turco ed è lì,
proprio in quel luogo pubblico, dove ho
scoperto i difetti e i pregi del mio corpo.
Lì le donne si accaniscono d’invidia e
di pettegolezzi contro tutte le altre che si
pavoneggiano mostrando i loro fisici perfetti. Lì ho sentito i vari commenti su chi
ha il seno a forma di mela chi a forma di
pera, chi ha le gambe storte e chi le ha dritte, chi ha le cosce da hargma (cioè piatto
fatto a base di piedi di animali), chi sembra una gazzella, chi ha la faccia da luna,
perché tonda, fino al giorno che ho sentito la triste e pura verità della harza, l’altissima autorità del bagno turco, la signora
che si occupa del bagno, delle cerette, dei
massaggi, dei gommage… insomma
quella che oggi si chiama estetista ed è pure diplomata, dirmi (pensate all’età di 15
anni): «Figlia mia che peccato, hai un viso
bellissimo, un seno perfetto, la vita stretta,
ma i fianchi a forma di “jarra” (anfora)».
DI IMANE BARMAKI
Fu una coppia di gay italiani che lavoravano nella moda
ad aprirmi gli occhi. Da quel giorno sono diventata
orgogliosa delle mie forme...
LA DONNA È LARGA. Una sequenza del film «Cous cous». Sensualità e generosità.
Mi ricordo soltanto di aver versato
una lacrima. Infatti dopo questo triste episodio, ho dovuto ascoltare anche i commenti di tante zie, cugine, sarte… Fin
quando un giorno sono scoppiata dicendo: «Ma ditemi un pochino, ogni volta
che vengo a trovarvi dovete farmi la visita
medica per misurarmi i fianchi, potrei dirvi lo stesso, che una ha il naso storto, la faccia brutta, i capelli crespi…».
Una bella rivincita, ma non ero ancora soddisfatta, visto che fino all’età di 19
LA MANDORLA,
STORIA DI ANIMA
E DI CARNE
anni mi vestivo sempre con abiti larghi,
con pantaloni due taglie più grandi coperta fino alle caviglie. A 20 anni avevo iniziato a lavorare in un albergo ad Hammamet come interprete e lì una coppia gay di
italiani che lavorava per una grande marca
di moda italiana, mi ha cambiato la vita.
Le parole rivelatrici furono: «I fianchi e le
forme piacciono a tanti uomini, perché li
nascondi?».
Con dei disegni mi hanno fatto vedere che cosa poteva andarmi bene e che cosa dovevo evitare di mettere. Da allora i
miei fianchi hanno avuto talmente tanto
successo che non sono più stati un problema relativamente complesso. Anzi, ho incominciato ad attirare una certa fascia di
età e uomini di certe origini. Avevo più
successo nelle zone più meridionali dei
Ppaesi: nel sud della Francia, nel sud dell’Italia…
Sembra la favola di Cenerentola ma la
verità è che quando uno accetta il proprio
corpo riesce a piacere di più agli altri. È vero anche che attiro di più gli uomini del
Sud e gli uomini di colore rispetto a quelli
del Nord. Prima mi offendevo ma è da
qualche anno che quando mi fanno un
commento per strada mi giro per vedere
l’origine della persona e poi mi metto a ridere e mi ricordo di quella frase che mi
aveva detto un mio amico: «I fianchi piacevano agli uomini perché erano il simbolo della fertilità».
Nedjma non è il vero nome dell’autore
essuna creatura di Dio poo dell’autrice di questo libro. Si sa solo che
trebbe sopportare di udire
questa persona è nata in Marocco e che vitante oscenità sulle labbra di
ve da qualche parte nel Maghreb, non ha
una donna». La Mandorla di Nedjma è un
mai mostrato il suo volto perché si dice che
libro erotico, un atto politico, che rompe il
penda una fatwa su di lei. La scelta del nopiù grande tabù della società marocchina:
me Nedjma non è casuale. È il nome della
raccontare, senza mezze parole e senza veli,
protagonista del romanzo Nedjma di Kail rapporto con il proprio corpo e con il corteb Yacine. Il romanzo descrive attraverso
Un libro che ha rotto il più grande tabù della società
po altrui, attraverso le esperienze di piacere.
una narrazione allegorica la storia di una
«Questo racconto è innanzitutto una
amata e contesa da quattro uomini,
marocchina. Storia di una donna che fugge dal marito che donna
storia di anima e di carne. Un amore che si
un’immagine trasparente dell’Algeria del
non le ha mai dato la felicità sessuale. Per fortuna della
dichiara, spesso crudamente, che non tie1956 di cui l’autore o l’autrice di La Manne conto di alcuna morale, salvo quella del
dorla
fa uso.
protagonista, le pagine alla fine traboccano di erotismo...
cuore. Attraverso queste righe, mescolanza
La Mandorla è romanzo che rappresendi sperma e di preghiera, ho tentato di abta il corpo della donna, in particolare la sua
battere le barriere che oggi separano il celevagina, come unico strumento dell’emanBadra decide a quel punto di prendere in mano la sua
ste dal terrestre, l’anima dal corpo, la mistica dall’eroticipazione femminile. Forse è un po’ troppo riduttivo! Sivita e di fuggire da quell’inferno in cui viveva, dove la donsmo. Solo la letteratura possiede l’efficacia di un’arma facuramente, con questo romanzo Nedjma ha voluto sotna non ha diritto ad essere felice: «Sono scesa a Tangeri
tale. Ne ho quindi fatto uso. Libera, brutale ed esultante.
tolineare aspetti che, grazie alla tradizione, sono diventadopo otto ore di viaggio e non era stato un colpo di testa.
Con l’ambizione di ridare alle donne del mio popolo
ti tabù: «Il profeta», come ha spiegato in un’intervista a
La mia esistenza andava dritta verso la catastrofe, come
quella voce che è stata loro confiscata da padri, fratelli,
un giornale francese, «adorava le donne e nei libri di teoun carro funebre ubriaco, e per salvarla non avevo altra
mariti».
logia musulmana ci sono interi capitoli che parlano solo
scelta che salire sul treno...»
È la testimonianza della protagonista Badra che, aldi sensualità, ma la tradizione è stata pervertita dagli inteA Tangeri Badra incontra l’uomo che ha segnato e
l’alba dei suoi 50 anni, ha deciso di raccontare tutti i suoi
gralisti. Gente che ha confiscato la mia religione. Trovo
tracciato il corso del resto della sua vita, l’uomo che le ha
peccati, di percorrere la strada della felicità che le è stata
ridicolo che la stessa civiltà che rideva e faceva l’amore codonato il suo stesso corpo, che le ha permesso finalmennegata per anni quando le è stato imposto il matrimonio
sì bene qualche secolo fa, oggi sia diventata incapace di
te di scoprirsi felice: «La felicità? È fare l’amore per amocon Hmed. «Hmed aveva 40 anni. Io ne avevo appena
amare, di godere».
re. È il cuore che rischia di scoppiare a forza di battiti,
compiuti 17. Era notaio, e il titolo gli conferiva un potequando uno sguardo insostituibile si posa sulla vostra
re spropositato agli occhi dei compaesani: era lui a farli
LA MANDORLA
bocca, quando una mano lascia una traccia di sudore dieesistere nei registri statali! Si era sposato due volte, e aveva
Nedjma è uno pseudonimo adottato
tro al ginocchio sinistro. È la saliva dell’essere amato che
ripudiato le sue mogli perché erano sterili».
dall’autrice (o autore) per evitare di
vi scivola in gola, zuccherata e trasparente. È il collo che si
Badra non ha mai amato suo marito ma aveva credusubire ritorsioni, un omaggio alla
allunga, che si libera delle contrazioni e della fatica, che
to che sarebbe servito a renderla una donna, a coprirla di
leggendaria protagonista del
diviene interminabile perché una lingua ne percorre tutattenzioni, di baci e di abbracci. Ma suo marito è stato soromanzo di Kateb Yacine. Il libro in
ta la lunghezza. È il lobo dell’orecchio che pulsa come
lo capace di cancellare ogni emozione positiva in lei, anItalia è uscito da Einaudi (pag. 180,
bassoventre. È la schiena che delira e s’inventa suoni e briche le sue risate. Dopo tre anni di matrimonio, in cui non
10,50 euro). Dello stesso
vidi per dire ti amo. È la gamba che si alza, consenziente,
ha mai conosciuto il piacere del sesso, suo marito ha perautore/trice Einaudi ha pubblicato
le mutandine che cadono come una foglia, inutile e fastiso le speranze di avere un figlio da lei e ha smesso di tocanche La traversata dei sensi.
diosa».
carla.
«N
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ALLO SPECCHIO. QUANDO UN FIGLIO TI FA SENTIRE BELLA
CORPO DI MAMMA,
CHILI SENZA COMPLESSI
DI OUEJDANE MEJRI
«M
i sa che tua figlia non sta per niente bene
in Italia… non vedi com’è dimagrita?».
Sono le tipiche parole che mia nonna
lancia a mia mamma ogni volta che torno a trovarla a
Tunisi. Ora che ho avuto un figlio e che sto perdendo
peso, giustamente, mia nonna non sapeva più a quale
santo rivolgersi. Lei ha cercato in tutti i modi di convincermi ad avere sei pasti completi al giorno per evitare di
“deperire” in questo periodo di allattamento. Io invece
continuo a ricorrere disperatamente a Google per trovare qualche ricetta magica per perdere peso senza danneggiare gli apporti nutrizionali che passano nel latte e a cercare un bel corso nelle palestre del vicinato per iniziare a
fare attività fisica.
Mi rendo conto di avere proprio bisogno di ritrovare il mio “peso forma” e di perdere questi chili in più che
fanno così felice mia nonna. Dieta, stile di vita, cura dimagrante, tutti vocaboli che vanno bene in Tunisia finché uno non è ancora sposato, ma appena varcata la soglia del matrimonio non dovrebbe più pensare a questi
aspetti futili, anzi ingrassare dal giorno successivo al matrimonio è solo segno dello star bene.
Ho sempre lottato per non ingrassare.
Ma la magrezza per me era
sinonimo di depressione.
Invece l’allegria portava sempre
peso in più. Alla fine la maternità
ha risolto tutti i problemi...
Dimagrire, perché mai?
Dea corpulenta della fertilità oppure ninfa snella della
bellezza? Grazie diverse in mondi vicini ma così lontani.
Cosa devo fare? Dimagrire in Italia per seguire i canoni
e sentirmi dire «ti trovo bene, sai?» oppure recuperare
peso e raggiungere così il benessere arabo simbolo di fasto e di abbondanza?
«Con il mio corpo faccio quello che voglio», sembra
uno slogan pubblicitario ma in realtà è la conclusione
alla quale sono arrivata dopo anni di convivenza con un
corpo che obbedisce ai miei ordini. Dimagrisci e dimaDI FATIMA KHACHI
P
enso ai cambiamenti che stanno
avvenendo in Marocco e con cui
ogni estate mi ritrovo faccia a faccia. Come è naturale, i cambiamenti li
ho notati soprattutto nei giovani, in particolare nelle ragazze. Infatti ogni volta
che vado in Marocco rimango colpita dai nuovi atteggiamenti delle mie coetanee.
La prima novità riguarda
soprattutto l’abbigliamento.
I capi prediletti sono appunto i “vestiti occidentali”, come vengono definiti dagli stessi marocchini per differenziarli da
quelli tradizionali. La
maggior parte di loro
indossa jeans molto
aderenti al corpo abbinati a top. E io, che cerco sempre di fare del
mio meglio appunto
per apparire il meno occidentale possibile, talvolta indossando anche la gellaba, in un Paese abbastanza
conservatore come il Marocco! La cosa più divertente è che,
nonostante i miei vani sforzi,
vengo subito riconosciuta come
“straniera”!
Le ragazze marocchine, come
tutte le ragazze del mondo, cerca-
grisce… formula magica dovuta ad un metabolismo più
veloce delle gambe di Bolt. Peccato che non sia solo nel
senso della perdita di peso ma anche e soprattutto in
quella di prendere splendidi chili adiposi. Mi ricordo la
risposta che mi aveva dato un giorno un’amica di famiglia, medico dietista, a un mio quesito disperato per cercare di trovare una dieta che funziona: «Chiudi la bocca,
cara» mi disse.
Un corpo alla tunisina
Pensandoci bene, il mio corpo è stato sempre lo specchio della mia anima (e non i miei occhi!) però lo è stato
alla tunisina. Infatti, quando vivo periodi di stress acuto
dimagrisco e quando sono felice prendo peso. Mi è sembrato più volte della mia vita di essere un membro della
famiglia Barbapapà che cambiavano forma secondo
quanto facevano nella loro giornata. Da vera donna mediterranea, mi porto l’eredità di fianchi larghi e di forme
abbastanza marcate e sinceramente ne vado ben fiera.
È chiaro che la tendenza a produrre quantitativi significativi di cellulite non è un grande affare, soprattutto quando vivi in un Paese nel quale un grammo di questa malefica sostanza va combattuto all’ultimo sangue.
In realtà, cerco di mascherare bene i miei difetti. Sicuramente attirando l’attenzione su quelli meno “gravi”.
Non potete immaginare la mia felicità quando sono
rimasta incinta, chiarissimo il motivo. Per di più è iniziato il periodo in cui anche i miei amici italiani, attentissimi alla linea, mi hanno ribadito che ora potevo mangiare per due. Credenza popolare alquanto errata, dicono i libri, ma io sinceramente quelle pagine facevo apposta a saltarle. In fondo, la gravidanza è un momento
in cui il corpo non ci appartiene più ed io ho voluto fare
un regalo a mio figlio, di farmi piacere mangiando ciò
che volevo così da dargli una mamma felice.
IL MAROCCO NON È PIÙ
IL PAESE
DELLE RAGAZZE CASTE
Ogno volta che torno al mio Paese resto stupita. Qui
le mie coetanee son più disinibite di me. Se mettono
il velo, spesso lo fanno per attirare l’attenzione dell’altro
sesso. E mandare a monte tutti gli stereotipi...
no di adottare tutte le possibili vie per provocare i ragazzi, che giustamente e saggiamente stanno al gioco. Una mia amica mi
ha detto che molte portano il velo non perché sono
state obbligate dai genitori o
per sentimento religioso, ma
perché sono più carine così.
Il velo è diventato anche
uno strumento per apparire brave ragazze di famiglia,
anche se poi andando a vedere cosa combinano, tanto
brave non sono. E io che
avevo intenzione seriamente
di mettere il hijab!
Altra novità è il trucco.
Raramente capita di vederle senza trucco. Le ragazze marocchine sono diventate delle grandi civette. La notizia che mi
ha sorpreso di più è stata questa: se una
ragazza vede un “boy” che è di suo gradimento, gli si presenta dicendogli che le è
piaciuto e vorrebbe una relazione sentimentale con lui. Infatti quando si esce la
sera in centro si rimane sbalorditi dal numero di coppiette, mano nella mano,
con o senza velo, in un Paese musulmano in cui le relazioni prematrimoniali sono proibite! Anzi, alcuni giardinetti sono frequentati solo da coppie giovanissime! Tutto questo però è alle spalle dei genitori, logicamente...
Quando vengono a sapere che vivo
in Italia non ci credono perché sono fin
troppo sobria per essere una che vive al-
l’estero. Infatti si aspettano altri comportamenti, come mettere il costume, ecc.
tant’è vero che ho ricevuto complimenti
per questa serietà e castità. Infatti gli
adulti ripetono sempre che la timidezza
e il pudore di una volta vanno sempre più
scomparendo.
Dai pettegolezzi si scopre che quella
ha perso la verginità con quello, che di
conseguenza è stato obbligato a sposarla,
oppure se è una disgraziata non ottiene
neanche questa possibilità per rimediare
al fatto compiuto.
Mi ricordo che non si parlava di certi argomenti tabù, come il sesso. Invece
oggi se chiedi a una tua amica di raccontarti una barzelletta, tutto il contenuto
attinge alla sfera sessuale. Anche i corteggiamenti che si sentono per strada sono
diventati molto più provocanti.
Gli adulti attribuiscono la causa di
tutto questo all’influenza occidentale
ma soprattutto alla parabola, grazie alla
quale si seguono telefilm soprattutto
messicani tradotti in arabo e la storia è
sempre la solita, trame rosa.
Comunque, quando ritorno in Marocco noto sempre qualcosa di nuovo e
talvolta mi sento come un pesce fuori
dall’acqua, perché non è questo il Marocco che mi ricordavo. Però per un certo verso mi piace, devo solo abituarmi alle novità. Un amico mi ha detto che sarei
stata più divertente se fossi meno casta.
Chissà.
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GRANDE SCHERMO. CHE NOSTALGIA PER L’ERA D’ORO DEI FILM EGIZIANI!
E IL CINEMA GIOCAVA SCOPERTO
DI OUISSAL MEJRI
A
ppena rientrata dalle vacanze in
Tunisia, il primo collega che incontro, il mio vicino di scrivania
in ufficio, esclama: «Ma come sei abbronzata! Però vedo che non ti è mancato il cibo, dovresti iscriverti in una palestra!». In
quel momento le sue parole mi hanno solo sfiorata e ho continuato a pensare al canone di bellezza che esiste dalle mie parti.
Come per l’oroscopo, si segue solo quando è interessante. Bene. Io ho deciso di seguire la bellezza tunisina. Una donna in
carne che incarna il fascino mediterraneo.
Il bello è ancora da definire ma ormai la
donna si presenta su diverse dimensioni.
Quale scegliere? Secondo i media ci sono
due parametri. Se vi capita di guardare dei
canali televisivi arabi come Rotana tv o
Al-jazeera, noterete che tante giornaliste
come Rania Al Baz o Khedija Ben Ghenna ormai portano il velo. Colori accesi e
trucco accentuato con un velo colorato
che segue le ultime mode. Un mix tra glamour e tradizione. Su Rotana Music, invece - un canale musicale che appartiene
allo stesso network di Rotana tv -, si vedo-
Oggi anche il mondo arabo
è invaso dal modello velina.
Cui si contrappone quello
integralista. In mezzo
non c’è più la purezza delle
grandi attrici che ballavano
la danza del ventre, senza
mai cadere nella volgarità
ANNI 50. Leila Mourad, star egiziana
no i video delle cantanti tutte rifatte come
Asala Nasr, Elissa, Nancy Agram, Nawal
Zoghbi, Insomma, le veline arabe. Un
modello di donna che diventa un marchio, innaturale, deciso dai media oppure
dai chirurgi estetici stessi. Si parla di corpi
perfetti, ma sono veramente perfetti? Li
chiamerei corpi gonfiati a dismisura.
Agli albori, nei film egiziani si vedeva
molto di più il corpo femminile rispetto
ad oggi. Vedere una donna scoperta che
ballava la danza del ventre era una scena
normale. Meravigliosa è stata la performance di Samia Gamal nel film L’amore
della mia vita di Henri Barakat del 1947.
Non sono mancate le ballerine nemme-
IL FATTORE “J”, OVVERO
AUDACIA DA SFOGLIARE
«Jasad» è un nuovo mensile che sta avendo un grande successo a Beirut. È diretto
da una donna. Il suo nome significa “corpo”. Un nome, un programma...
DI LUBNA AMMOUNE
tempo che nel mondo arabo cambi la sensibilità e la percezione che si ha nei confronti della sessualità. Dobbiamo rompere questi tabù
e frenare l’ipocrisia e la schizofrenia che regnano nei nostri Paesi non appena ci si avvicina ad argomenti che riguardano il corpo». Sono queste le parole con cui la rivista
trimestrale Jasad (corpo, in arabo) viene lanciata nel dicembre
2008 dalla sua fondatrice e direttrice, la
poetessa libanese Joumana Haddad (nella
foto). Più che chiedersi
quanto il mondo arabo sia preparato a ricevere tra le mani e nelle
proprie edicole una rivista come la sua, la responsabile del magazine interroga il passato
e il patrimonio poetico dedicato all’eros.
Il corpo di Jasad, come si può leggere nel primo editoriale, è nato come un progetto culturale, intellettuale, letterario, artistico, scientifico e sociologico, senza nessun
visibile limite alle ispirazioni. Un corpo che costantemente cresce e che continuamente si evolve. Un corpo vivente
che mangia, beve e respira, che è alla ricerca e si interroga,
che si trasforma, si riproduce, impara e riflette. In Jasad si
rispecchia il corpo della vita, del pensiero, del cuore, della
sessualità e del linguaggio. E rispecchia soprattutto il corpo del corpo, nel suo conscio e nel suo subconscio, in passato, presente e futuro. Riguarda tutto ciò che è proibito o
represso per andare oltre i clichés e i pregiudizi. Gli autori
che hanno abbracciato il progetto sono intellettuali, scrit-
«È
tori, studiosi e giornalisti arabi. Sono pagine che nascono
«perché i sistemi hanno condannato la nostra lingua e la
nostra libertà, ma nel dizionario ci sono termini che noi
abbiamo diritto di usare e bisogna chiamare gli elementi
col proprio nome. Esistono pagine di letteratura del X e
XI secolo in lingua araba che farebbero arrossire anche
l’autore occidentale moderno più osceno, siamo sempre
stati precursori nella letteratura erotica». Una delle frustrazioni della Haddad è questa castrazione sulla letteratura del corpo e la vera sfida è affrontare questa schizofrenia in arabo, con menti arabe e penne di autori arabi.
«Rappresento un po’ questa vendetta. Ho bisogno di
qualcosa che mi appassioni e mi provochi. Per questo credo in Jasad e nella mia poesia. Il corpo è l’universo dentro
cui si muove la mia lettura e la mia scrittura».
Perché il nome “Corpo”? Oltre che per il contenuto,
la parola “Jasad” inizia per “J”. E per “J” iniziano anche altre parole arabe come bello, deviante, provocatorio, universale e collettivo. E “J” sta per nuovo. Per novità audace
e intrepida, per immediata attrazione. “J” sta per risposta.
“J” sta per il ponte, l’ala, l’anima, la montagna, il precipizio e il limite. “J” è per ogni fame nello stomaco e per l’avidità all’interno di ogni fame. E “J” sta per l’embrione,
che crea la sua stessa luce quando esce alla luce.
Nel primo numero si è parlato di omosessualità, feticismo, masturbazione, cannibalismo e piacere. L’indice
segue uno schema costante: temi specifici del numero con
sezioni tipo “Parlando di corpo” (editoriale curato dalla
Haddad), “La mia prima volta” (storia personale rivolta ai
lettori)... A chi ha da ridire sui contenuti o sulle immagini della rivista, Joumana ribatte: «E voi cosa sapete a proposito di quelle tradizioni o della nostra eredità, o voi, discendenti di Abu Nuwas, Al-Nafzawi, Al-Sayouti, Al-Tifashi, Al Aghani ed eredi delle Mille e una notte? Questa è
letteratura intrisa di erotismo. Voglio risvegliare le donne
arabe, far capire che la sessualità non va soffocata. Perché
il corpo è la verità che tutti noi possediamo».
no nei film del maestro Youssef Chahine
che in La signora del treno del 1952 ci regala un momento magico di ballo sensuale e memorabile della splendida attrice
egiziana Leila Mourad, la Brigitte Bardot
araba. Le attrici ballerine che negli anni
50 hanno incantato sia gli uomini che le
donne, sono innumerevoli. Registi come
Zeinat Sedki, Tahia Karouka, Chadia, Faten Hamma, sono riusciti a valorizzare i
loro movimenti, le loro curve, la loro eleganza facendole ballare davanti alla macchina da presa senza mai scadere nella volgarità.
Le danze delle attrici ballerine del cinema arabo esaltano l’armonia del corpo
femminile e, pur mostrando gambe e decolleté, non sono mai state un oggetto sessuale. Il ritmo del loro movimento è un’estensione ritmata e una rappresentazione
in video dei tempi, dei ritmi, della musicalità e dei colori della vita degli egiziani.
A parte la nostalgia per loro, mi ha sempre incuriosito una domanda: chissà come avrebbe ballato la danza del ventre una
come Silvana Mangano? In fondo era una
mediterranea come noi...
BODY LANGUAGE.
MAI ACCAVALLARE
LE GAMBE!
DI FATIMA EL HARKI
S
e siete ospiti di un arabo, ci sono alcune piccole
regole, una sorta di galateo, da rispettare per
evitare situazioni “spiacevoli”.
• Mai entrare in una stanza e salutare le persone
sedute alla vostra sinistra prima di quelle che si
trovano alla vostra destra. Mai porgere prima la
guancia sinistra rispetto a quella destra salutando
una persona. Nella vita di un arabo, inizia tutto a
destra, persino le sacre
scritture.
• Togliersi le scarpe, prima di
accingersi su un tappeto.
Tuttavia prestare la massima
attenzione che una scarpa non
si trovi con la suola all’insù.
Oltre ad essere segno di
maleducazione, questa
circostanza è anche indice di
sfortuna in arrivo.
• Quando si è seduti, mai incrociare le gambe,
poiché questa è la posizione che si suole attribuire a
Lucifero.
• Le unghie lunghe sono viste in malo modo, perché
su di esse si posa il diavolo. Dovrebbe essere
parecchio piccolo per riuscire a posarcisi, tanto che
diventa quasi difficile anche solo riuscire ad
immaginare un Shaitan in dimensione mignon.
• Non sbadigliare senza mettere la mano davanti alla
bocca. Questo gesto condurrà di nuovo il diavolo
verso di voi per sputarvi in bocca.
• Quando vi servono da mangiare, se siete mancini,
è la vostra fine. La sinistra è la mano del demonio e
dei traditori, e ve lo faranno notare. Inoltre - è
questo è solo un senso un po’ più pratico - è che se
siete a sedere attorno ad un piatto gigante di cous
cous e mangiate con la sinistra, ostacolerete il vicino
di posto che si trova alla vostra sinistra.
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PROTAGONISTE. INTERVISTA A SHIRIN NESHAT, LA PIÙ FAMOSA ARTISTA IRANIANA
LA BELLEZZA DEL CORPO
SFIDA LE IDEOLOGIE
DI SARA HEJAZI
S
hirin Neshat, fotografa e artista iraniana, ha vinto quest’anno il Leone
d’argento a Venezia per la sua opera
composta da cinque installazioni video e
intitolata Donne senza uomini, ispirata al
romanzo della scrittrice Sharnoush Parsipour, anche lei iraniana. Di nuovo protagoniste dell’opera dell’artista sono le donne e i loro corpi, mentre attraversano momenti storici chiave per il Paese, come il
colpo di Stato organizzato dalla Cia e che
ha rovesciato il governo di Mossadeq negli anni 50 del Novecento, eventi raccontati in chiave metaforica e allegorica riprendendo alcuni temi cari alla poesia mistica persiana. Yalla Italia l’ha incontrata a
«Torino spiritualità», dov’è stata tra
le
protagoniste.
Sempre a Torino
l’artista è protagonista di un’esposizione con Shoja
Azari alla galleria
Noire contemporary art sino al 5 dicembre.
YALLA: Shirin, si può dire che lei ha inaugurato una corrente artistica di donne
iraniane il cui tema è stato proprio una
riflessione sulle vicende del Paese in relazione al ruolo femminile?
SHIRIN NESHAT: In realtà all’inizio non mi
sono mai posta il problema di diventare
ambasciatore della situazione delle donne
in Iran, ma come artista che ha vissuto fin
da giovanissima fuori dal Paese la mia era
più una ricerca personale del rapporto con
quello che avevo lasciato e che sentivo il
bisogno di riavere. Volevo, in un certo senso, riappropriarmi dell’Iran. E così sono
finita in qualcosa di molto più grande di
me. È come se questo mio monologo interiore si fosse gradualmente trasformato
Vive in Occidente. Ma nei giorni della rivolta di Teheran era
nel suo Paese. E oggi racconta lo stupore di quei momenti
DONNE SENZA. Fotogramma dall’ultimo film di Shirin Neshat, «Women without men».
in un dialogo. In un certo senso è il modo
più efficiente per affrontare temi sociologici, quello di rapportarsi in modo personale e introspettivo, come un individuo
che pone delle domande. Comunque dico sempre: io vivo fuori dall’Iran, non potrei mai essere un rappresentante di come
si vive nel Paese, non ho questo merito.
YALLA: La riflessione che nasce come suo
spunto personale al di fuori dell’Iran ha
preparato l’Occidente a guardare con occhio benevolo la produzione artistica che
invece oggi nasce all’interno dei confini
nazionali?
NESHAT: Certo, per lungo tempo ad Ovest si è avuta l’impressione che le donne ira-
niane fossero vittime della società, mentre
questo fiorire della produzione artistica e
letteraria negli ultimi tempi ha provato il
contrario. E ha anche colto l’Occidente di
sorpresa perché nessuno si aspettava una
così grande forza dalle donne, penso a Shirin Ebadi, Marjan Satrapi, Shadi Ghadirian e Goli Taraghi, e altre ancora. Questa
forza è poi ciò che si avvicina di più alla
realtà iraniana: abbiamo visto quest’estate, al tempo delle elezioni, la forza delle
giovani che sono scese per le strade a fare
campagna elettorale prima e per protestare poi.
YALLA: In quanto artista cosmopolita, ha
mai rischiato di essere fraintesa sia in Oc-
IRAN, OBBLIGO DI MINIGONNA
R
ecentemente mi sono accorta che le donne europee sono eccessivamente idealizzate nel mio Paese d’origine che è l’Iran. Anche se i corpi femminili non possono essere utilizzati per
fini pubblicitari, le migliaia di paraboliche nascoste nei giardini
delle case portano (di nascosto) nei salotti iraniani i volti perfetti e seducenti delle donne della pubblicità proveniente da Ovest
e hanno contribuito a creare degli stereotipi difficili da decostruire nella mente degli iraniani; tant’è che, appena si sparge la voce
che arriva un’amica, una conoscente, una parente dall’Italia, che
in questo caso sarei io, cominciano a crearsi grandi aspettative e
l’immaginazione galoppa. Pensano di vedermi arrivare elegantissima, mentre emano fragranze sofisticate di profumi francesi,
con il trucco perfetto e la messa in piega sotto il “ru-sari”, il foulard obbligatorio per le strade, e la minigonna e i tacchi a spillo
sotto il “ru-push”, il soprabito che serve a nascondere le forme.
Ed ecco la delusione nei loro occhi quando invece mi vedono, un intero carico di aspettative che si infrange contro i miei
jeans, e il mio volto senza trucco. La loro delusione è talmente
imbarazzante che mi sento in dovere di giustificarmi dicendo:
«In Italia non si usa tanto la minigonna, quest’anno…».
Non è solo una questione di seduzione, ma farsi belle in Iran
è qualcosa di imprescindibile dal rito della socialità. Da mia nonna, per esempio, ricevere ospiti significa prepararsi almeno un
giorno prima, e comprende anche la tappa obbligatoria dell’estetista, che quando non è possibile, viene sostituita da lunghe
applicazioni di impacchi per capelli, maschere per le mani e, per
le mie cugine più giovani, shopping compulsivo.
Ricevere ospiti significa infatti spesso anche intrecciare relazioni che potrebbero portare ad un eventuale matrimonio. In
Iran la bellezza è un indicatore sociale, è un investimento per il
futuro, è un azione di rispetto verso il prossimo, e non ha nulla a
che fare con l’obbligo di velarsi.
Un giorno ero stata invitata dagli zii, ma avevo passato tutta
la giornata fuori casa e raggiunsi la mia famiglia direttamente alla festa. Ovviamente non mi ero né truccata, né cambiata, come
al mio solito. Quando mia zia aprì la porta con un cordiale sorriso, una cruda realtà mi si rivelò dinanzi agli occhi: ero l’unica
senza minigonna e senza trucco. Notai un lieve disappunto negli occhi della zia, che però fece finta di nulla. Mia nonna era così indignata che non mi parlò fino a quando andai dall’estetista.
Ma se fossi stata iraniana al 100%, come dice lei, non sarebbe
stato così facile passarla liscia.
(S.H.)
cidente che in Iran?
NESHAT: In Iran molte persone non sono
abituate all’arte concettuale, per cui non
la capiscono, non la trovano familiare. Allo stesso modo in Occidente le persone sono abituate ad uno sguardo molto semplicistico sull’arte, per cui qualsiasi cosa io
faccia, come per esempio fotografare una
donna velata, può venire letta come «oh,
povere donne musulmane, guarda come
vivono male». Quando parli di Islam o di
politica iraniana sei subito bombardato da
banalizzazioni in Occidente.
YALLA: Il corpo è centrale nella sua produzione ed è sempre in relazione con gli
eventi storici, che in un certo senso lo attraversano. Come sta cambiando, secondo lei, l’immagine del corpo femminile
in Iran oggi?
NESHAT: Mi ha colpito molto quest’estate
in Iran vedere per le strade vecchi e giovani, uomini e donne… mi ha colpito la
contrapposizione tra la bellezza delle persone per le strade, in particolare le donne
con il loro trucco, vestite di verde, e l’atteggiamento di lotta per la causa politica.
Una contrapposizione tra la bellezza del
movimento verde e la violenza che su di
lui si è abbattuto. Penso alla faccia di una
giovane donna bellissima mentre sta per
scagliare una pietra contro i “basij”. Il corpo giocava in questo evento storico un
ruolo fondamentale, esprimeva la giustapposizione tra violenza e bellezza, speranza e disillusione. Questi elementi di
contrapposizione suscitano delle emozioni molto forti in me. Quando lavoravo sul
corpo, per esempio per la videoinstallazione di Zarin, che è una prostituta il cui corpo avrebbe dovuto suscitare il desiderio
erotico, ho fatto recitare una donna anoressica, proprio per creare questa contrapposizione, era un modo un po’ sovversivo
di usare il corpo di lei e presentarlo come
oggetto del desiderio sessuale.
YALLA: E infatti anche lei ha scelto di indossare il verde a Venezia…
NESHAT: Sì, siamo andati a Venezia indossando il verde proprio per dimostrare come anche solo l’atto di indossare un determinato colore abbia assunto un significato politico. Di nuovo vestirsi diventa un
modo sovversivo di confrontarsi con il governo, il verde diventa minaccioso per
l’ordine costituito, diventa simbolo di resistenza. Anche in questo caso l’Occidente è stato colto di sorpresa. La bellezza e la
forza giovanile c’è sempre stata in Iran, ma
il regime islamico ha promosso una propaganda che creava tutt’altra immagine
del Paese.
YALLA: In cosa sono diversi questi giovani iraniani rispetto alla vostra generazione che ha fatto la rivoluzione del 1979?
NESHAT: La nostra generazione era molto
più ideologizzata, eravamo attratti dal comunismo o da altre forti ideologie, come
l’islam politico. La nuova generazione
non è ideologizzata. Il loro messaggio è rivolto alla vecchia generazione ed è chiaro:
«Prego, andatevene a casa. Adesso tocca a
noi. Vogliamo libertà e democrazia».
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> da pagina 21
Seguite le conversazioni tra amiche, o dalla parrucchiera, o tra
parenti… il mito della prima notte di nozze, i dubbi sul sesso, la
passione per la lingerie sono supergettonati come argomento di
conversazione, e non sono mai inflazionati. Provate ad andare a
seguire le conversazioni tra amiche e parenti in un beauty center
o ai preparativi di un matrimonio. Ecco le questioni più “succose”, degli evergreen della conversazione al femminile:
«MA CI SARÀ INTESA?»
Un’obiezione tipicamente occidentale è questa: «Ma se non ci si
conosce sessualmente prima del matrimonio, come si fa a sapere
se c’è feeling?».
Buona questa. Immaginatevi: luna di miele, lui e lei alla resa
dei conti e…
«Amore, perdonami ma credo che non ci sia feeling»
«Ooops. E ora che facciamo?«
COSE DI DONNE. Una sequenza del film libanese «Caramel».
«Riproviamo?»
«Non so»
«Ehm…»
“…”
«Partitina a carte?»
No, non è questo il punto. Il problema non è verificare il feeling erotico. Anche perché non significa nulla. Voglio dire, l’eros
non è un campo totalmente sganciato dal resto, ha forti connessioni con molti altri aspetti di coppia: l’intesa intellettuale, emotiva, le sensazioni al tatto, la confidenza, il rispetto e la stima reciproca… se tutto il resto va a meraviglia mi riesce difficile credere
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che l’intimità si riveli disastrosa. E poi non si tratta di un tastino
che si accende o si spegne. L’intesa è anche qualcosa di magico
che va creato e coltivato gradualmente. In ogni caso, qualche timore ed un po’ di ansia da prestazione non mancano mai… e
così ci si ritrova, tra amiche, a viaggiare con la mente su come si
comporterà il proprio fidanzato al momento del dunque, e su
quali sorprese attendono la novella sposa…
«MA LUI SA GIÀ COSA FARE? PER TUTTI E DUE?»
Altra storia infinita. Secondo le dicerie più diffuse, la ragazza media musulmana si preserva con cura per il proprio coniuge, il primo e l’unico uomo della sua vita, ma in fondo in fondo predilige che lui abbia… ecco, diciamo “un po’ di esperienza”. Che non
sia troppo goffo. Che sappia cosa fare un po’ per tutti e due. Inutile dire che non tutte sposano questa scuola di pensiero… ma il
punto è che tutte le madri e le amiche del mondo ti diranno
«tranquilla, vedrai che sarà lui a guidarti, e saprà perfettamente
come fare». Insomma, è un requisito tacito.
La poveretta che arriva alla prima notte di nozze senza mai
aver avuto esperienze ravvicinate con un uomo se non con il proprio cuginetto di tre anni che un giorno l’ha vista in camicia da
notte, e che mai oserebbe chiedere consigli di natura sessuale alla madre o alle “grandi” della famiglia, si fida ciecamente del marito, che sicuramente la introdurrà alle gioie dell’intimità di coppia con tanto di lezioni e manuali per dilettanti.
«ALTRI FIDANZATI? CHI?? IOOO??»
Un’assurdità molto in voga è quest’altra. Su consiglio di amiche,
parenti, e il solito sciame di perfette esperte in materia, ogni fidanzatina resetta totalmente il suo passato. Alla fatidica domanda «Hai per caso avuto altri ragazzi oltre a me?», la nostra lei strabuzzerà gli occhi e si porterà una mano al cuore «Chi?? Ioooo??»,
poiché non s’ha proprio da confessare. Per una regola incomprensibile, occorrerà fingere di non aver mai avuto amici maschi,
fidanzatini, rapporti confidenziali o intimi con qualsiasi essere
di genere maschile se non appunto il cuginetto di cui sopra. Capace anche che al primo bacio la nostra bella si dimostri ancora
più inesperta di quello che in realtà non sia proprio per compiacere il suo lui, che si sentirà quindi taaanto fiero di essere il suo
primo uomo, il suo primo bacio, insomma il suo primo Tutto. E
ce ne sarebbero molte altre. Per non parlare dei dibattiti sui profumi, gli unguenti, le abitudini, gli accessori da utilizzare per essere l’amante perfetta.
Insomma, nel mondo musulmano erotismo e seduzione non sono dei tabù. Perlomeno non a parole…
Randa Ghazy
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ATTENTI AI
BACI SULLA
SPIAGGIA
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lcune osservazioni dell’unico maschio che si è introfulato in questo
numero di Yalla Italia... Secondo lo studio Gotham World, «esistono Paesi dove è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato per legge; in altri Paesi,
poco o nulla democratici, è vietato tutto ciò che non è espressamente permesso». Ecco allora alcune norme della sfera intima che la gente deve seguire in alcuni Paesi arabi. In Bahrein, un medico
che visita una paziente può toccarle i genitali ma non guardarli e, se ha proprio
necessità di vedere dove mette le mani,
è tenuto a guardare la zona attraverso
uno specchio. A Doha, una donna che
viene sorpresa nuda da un uomo si deve prima coprire il viso e poi, eventualmente, anche il corpo. In Giordania, secondo alcuni legislatori si deve fare sesso «almeno ogni quattro mesi». Negli
alberghi in Medio Oriente una coppia
autoctona non sposata non può prendere la stessa camera. Per dormire con il
proprio partner bisogna esibire il certificato matrimoniale. Poi, di nascosto
come in gita scolastica, lui e lei si ritrovano nello stesso letto ma almeno la forma è salvata. Nella maggior parte dei
Paesi islamici è giudicato di cattivo gusto ostentare pubblicamente comportamenti amorevoli tra ragazzo e ragazza. In Egitto si va in galera se ci si bacia
sulle labbra in pubblico. A Dubai, esattamente un anno fa, una coppia inglese
è stata arrestata e poi espulsa per aver
pomiciato sulla spiaggia di notte. Per le
autorità locali si trattava di sex on the
beach.
Karim Bruneo