Quando l`Osteopatia dà una mano all`Odontoiatria Da dove viene
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Quando l`Osteopatia dà una mano all`Odontoiatria Da dove viene
Quando l’Osteopatia dà una mano all’Odontoiatria L’Odontoiatria rappresenta una branca specialistica della Medicina rivolta ad un distretto molto circoscritto del corpo umano. Tale “ristrettezza” di campo d’azione, unitamente ad un operare fortemente influenzato dall’abilità manuale, dall’innovazione tecnologica e dall’evoluzione dei materiali, spesso esclude il professionista da una visione olistica del paziente precludendogli, in molte situazioni, l’acquisizione di informazioni e dati utili ad un completo approccio diagnostico e terapeutico. Infatti, occuparsi di occlusione nel senso più ampio del termine pone spesso il professionista di fronte a difficoltà (pensiamo alle sindromi algico-disfunzionali dell’ATM, alle problematiche verticali nelle riabilitazioni protesiche, alle recidive in campo ortodontico) le cui cause a volte si collocano lontano, nello spazio e nel tempo, dal punto di origine. L’Osteopatia, in questo senso, può essere di grande aiuto avendo grande considerazione dell’apparato stomatognatico e ottime conoscenze sulle interrelazioni tra questo e il resto dell’organismo. L’invito alla riflessione sull’approccio interdisciplinare è rivolto in particolar modo a chi si occupa di Odontoiatria Infantile e di Ortodonzia dell’età dello sviluppo in quanto particolarmente sensibile, per la natura stessa della professione che esercita, a tematiche di prevenzione e riconoscimento precoce della patologia. Da dove viene… L’Osteopatia è stata fondata più di un secolo fa dal Dr. Andrew Taylor Still - medico statunitense - il quale intuì empiricamente una nuova lettura della fisiopatologia dell’organismo umano basandosi su osservazioni dell’anatomia tali per cui fu possibile ipotizzare un intervento diretto sul paziente senza intermediari chimici né interventi “invasivi” (come farmaci e chirurgia). In sintesi, i principi sui quali il Dr. Still basò questo approccio terapeutico sono: la globalità del corpo umano, la relazione tra struttura e funzione, la capacità di autoguarigione dell’organismo. Di conseguenza l’Osteopatia, attraverso l’arte manuale dell’ascolto palpatorio fine dei tessuti (si dice, infatti, che le mani dell’osteopata devono “sentire, vedere e pensare”), offre una soluzione terapeutica restituendo alle strutture del corpo la capacità di svolgere la loro funzione in modo corretto. Occorre a questo punto soffermarsi su ciò che si intende, in tale ambito, per “struttura” allargando l’orizzonte concettuale a tutto il connettivo in ogni sua forma: dal connettivo denso delle fasce al tessuto osseo, ai liquidi che lo attraversano, ai visceri, al sangue e alla linfa e al sistema neurovegetativo che ne regola la fisiologia. Il movimento percepito dalle mani dell’osteopata esperto non è quello macroscopico delle articolazioni, ma il movimento intrinseco del tessuto; su questo livello di ascolto il terapeuta indaga circa la presenza di alterazioni della motilità di un tessuto alla cui origine si colloca una distorsione nell’informazione neurovegetativa che ne regola l’omeostasi. Scopo dell’intervento manuale è quello di regolarizzare l’informazione in modo da restituire al tessuto coinvolto uno stato di drenaggio ottimale e un’integrità di segnale bioelettrico delle componenti cellulari. …dove sta andando… Negli ultimi decenni ha acquisito sempre maggiore importanza nell’ambito della terapia osteopatica la tecnica cranio-sacrale elaborata nei lontani anni Trenta dal Dr. W.G. Sutherland (osteopata allievo del Dr. Still) il quale fu il primo ad ipotizzare che le suture tra le ossa del cranio fossero conformate in modo tale da garantire un seppur minimo movimento: questa mobilità prende il nome di “respirazione cranica primaria”, ha un ritmo di circa 12/14 pulsazioni al minuto ed è importantissima per mantenere il corretto equilibrio del SNC. Ogni trauma, piccolo o grande che sia, dagli interventi odontoiatrici e chirurgici al passaggio nel canale del parto alla nascita, ad incidenti o cadute anche banali, possono limitare o bloccare il suddetto movimento con gravi conseguenze su diverse strutture e/o apparati . Infatti, il sistema muscolo-scheletrico contrae stretti rapporti con il sistema nervoso e il sistema circolatorio tanto che anche una modica disfunzione articolare e/o una contrattura muscolare possono favorire l’insorgenza di svariati disturbi non facilmente riconducibili al problema originario, né in termini strettamente topografici né cronologici. Perché seguirla? Salute non significa esclusivamente “assenza di patologia” ma, in senso lato, coincide con “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità” (OMS, 1948) il che presuppone un organismo in equilibrio. L’Odontoiatra, in sede di prima visita, potrebbe trarre vantaggio da un punto di vista diagnostico e terapeutico da una serie di dati relativi alla storia remota del paziente in particolare traumi, incidenti ed interventi chirurgici per quanto riguarda l’adulto e andamento della gravidanza, parto, eventuali disturbi del periodo post-natale nel bambino. Disturbi del sonno, reflusso, irritabilità, predisposizione alle affezioni naso-gola non solo sono eventi molto frequenti nel piccolo bambino ma, se presenti in anamnesi, possono indirizzare l’odontoiatra verso un approccio multidisciplinare utile a rimuovere eventuali “interferenze”. In particolare è sempre utile indagare i seguenti aspetti: Andamento gravidanza (contrazioni precoci o minacce d’aborto, posizione podalica del bambino anche se risolta, presenza di aderenze per eventuali precedenti laparoscopie, cicatrici da cesareo) Parto (durata del travaglio, somministrazione precoce di ossitocina, manovre esterne ostetriche, giri di funicolo, taglio cesareo soprattutto se espletato in urgenza) Neonato (capacità, o meno, che il bambino ha avuto di attaccarsi subito e bene al seno, eventuale presenza di rigurgito, disturbi del sonno, stipsi ostinata o coliche importanti) Eventi traumatici post natali (cadute anche banali, in particolare traumi facciali e sacrali). Naturalmente, da un punto di vista osteopatico la presente trattazione risulta lacunosa e superficiale, intende solo rappresentare un’apertura utile ad ampliare gli orizzonti diagnostici sulla base dell’osservazione che spesso l’occlusione e la sua patologia fanno parte di un quadro sindromico generale. Concludendo, possiamo quindi affermare che saper riconoscere in sede di 1° visita una “disfunzione osteopatica”, e conseguentemente consigliarne un trattamento adeguato, può aiutare l’Odontoiatra a sgombrare il campo da potenziali fattori di disturbo e/o di recidiva aiutando il paziente a raggiungere più velocemente e più facilmente risultati stabili.