½ TRIBUTARIE 2009

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½ TRIBUTARIE 2009
Mauro Cernesi
NOVITÀ TRIBUTARIE
2009
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© 2001 RCS Scuola S.p.A. – Milano
© 2004 RCS Libri S.p.A. – Milano
Edizione febbraio 2009
Hanno collaborato alla realizzazione dell’opera:
Coordinamento editoriale: Marina Atteritano
Coordinamento redazionale: Matteo Vavassori
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dell’Editore, né come invito all’acquisto di prodotti. Le illustrazioni o riproduzioni sono state riportate a
scopo esclusivamente didattico, anche nel caso in cui vengano nominate imprese o banche esistenti;
pertanto non rappresentano situazioni o rapporti reali e non indicano prezzi, tassi, valute e altre
condizioni effettivamente applicati.
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INDICE
Introduzione
4
1. Il primo decreto fiscale del governo Berlusconi
(Aggiornamento di scienza delle finanze. TG304 pagg. 388 segg.; TG419 pagg. 305 segg.; TG512
pagg. 449 segg.)
5
2. La manovra d’estate: una finanziaria anticipata
8
(Aggiornamento di scienza delle finanze. TG304 pagg. 175 segg.; TG419 pagg. 77 segg.; TG512 pagg.
174 segg.)
3. La manovra d’estate: le misure fiscali
11
(Aggiornamento di scienza delle finanze e di Economia aziendale. TG304 pagg. 261 segg.; TG419
pagg. 214 segg.; TG512 pagg. 280 segg.; TE582MA1 pagg. 242 segg.)
4. La manovra d’estate: le misure sul lavoro
18
(Aggiornamento di Economia aziendale e di Diritto. TG581LA2 pagg. 118 segg.; TG461 pagg. 468
segg.)
5. La legge finanziaria
(Aggiornamento di scienza delle finanze. TG304 pagg. 388 segg.; TG419 pagg. 305 segg.; TG512
pagg. 449 segg.)
21
6. Il decreto legge n. 185/2008
24
(Aggiornamento di scienza delle finanze e di Diritto. TG304 pagg. 29 segg.; TG419 pagg. 26 segg.;
TG512 pagg. 35 segg.; TG640 pagg. 419 segg.)
7. Gli altri provvedimenti legislativi
35
(Aggiornamento di scienza delle finanze e di Economia aziendale. TG304 pagg. 261 segg.; TG419
pagg. 215 segg.; TG512 pagg. 281 segg.; TE582MA1 pagg. 242 segg.)
8. Il nuvo modello unico “mini”
(Aggiornamento di scienza delle finanze. TG304 pagg. 307 segg.; TG419 pagg. 318 segg.; TG512
pagg. 348 segg.)
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INTRODUZIONE
L’anno 2008 sarà ricordato come l’anno della grande crisi economica mondiale. Originatasi nel
mercato finanziario statunitense, la crisi si è rapidamente diffusa su scala planetaria e si è trasferita
all’economia reale. Diverse nazioni hanno scelto di indirizzare i propri interventi potenziando gli
investimenti pubblici, altri hanno preferito limitare la pressione fiscale per dare respiro ai consumatori
e alle imprese. In Italia, dopo le elezioni del 13 e 14 aprile 2008, che hanno visto la vittoria del centro
destra, si è insediato alla guida del Paese il IV Governo Berlusconi. La politica fiscale di quest’ultimo
si è caratterizzata per il varo di diversi decreti legge emanati per far fronte alla grave crisi economica.
Appena insediato il nuovo Consiglio dei ministri, riunitosi per la prima volta a Napoli, ha varato il
primo decreto legge fiscale (decreto legge n. 93 del 27 maggio 2008, convertito nella legge n. 126 del
24 luglio 2008). Questo decreto, dal titolo “Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto
delle famiglie”, dispone, tra l’altro, l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, la ristrutturazione dei mutui
e la detassazione degli straordinari. Successivamente è stata definita la manovra annuale di finanza
pubblica 2009, caratterizzata da due novità. Si è registrata, in primo luogo, l’anticipazione temporale
dell’adozione delle misure tese al miglioramento dei conti pubblici e al perseguimento degli obiettivi
programmatici del Governo. Tali provvedimenti sono stati adottati, infatti, con il decreto legge n. 112
del 25 giugno 2008 (cosiddetta manovra d’estate), convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del
6 agosto 2008, con l’introduzione, tra l’altro, della cosiddetta Robin Hood Tax su petrolieri, banche e
assicurazioni. In secondo luogo, è stato introdotto per la prima volta il principio della triennalità della
manovra di finanza pubblica, conferendo al processo di bilancio natura più propriamente
programmatica, e non semplicemente previsionale. In pratica, la programmazione di bilancio non è più
riferita a un solo anno, come avveniva in passato, ma è predisposta rispetto al triennio di riferimento.
In questo modo il nostro bilancio si è allineato allo standard europeo che è tutto costruito su bilanci per
obiettivi di medio termine (triennali). La legge finanziaria 2009 (legge n. 203 del 22 dicembre 2008),
pertanto, non ha innovato sostanzialmente il quadro normativo vigente. In particolare, la legge
finanziaria 2009, oltre a fissare i limiti in termini di saldo netto da finanziare e ricorso al mercato, per
l’anno 2009 e il triennio 2009-2011, contiene solo alcune disposizioni essenziali riguardanti proroghe
fiscali in determinati settori dell’economia (agricoltura e autotrasporto), interventi relativi alle gestioni
previdenziali e risorse destinate ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego, nonché le solite tabelle
delle assegnazioni annuali previste dalla legge. Inoltre, il Governo, ritenuta la straordinaria necessità e
urgenza di fronteggiare l’eccezionale situazione di crisi internazionale, allo scopo di favorire
l’incremento del potere di acquisto delle famiglie attraverso misure straordinarie rivolte in favore dei
lavoratori, dei pensionati e delle imprese, ha emanato, in data 29 novembre 2008, nonostante la scarsità
di risorse disponibili, il decreto legge n. 185 (cosiddetto decreto anti-crisi). Il provvedimento è stato
convertito in legge il 27 gennaio 2009, sul filo di lana, dal Senato (legge n. 2 del 28 gennaio 2009).
Nelle pagine che seguono ci soffermeremo su questi provvedimenti, analizzando le norme che più da
vicino interessano i programmi di Economia aziendale, Diritto e Scienza delle Finanze. Lo scopo del
fascicolo è quello di fornire del materiale utile e facilmente consultabile ai fini didattici, tralasciando
tutti quegli aspetti tecnici che possono interessare i soli addetti ai lavori. A tale scopo ai vari argomenti
trattati sono stati affiancati strumenti utilizzabili in classe per rendere la lezione più partecipata, usando,
per esempio, domande per verificare le conoscenze, approfondimenti per comprendere meglio le
modifiche apportate dal legislatore, tabelle riepilogative ed esempi.
Mauro Cernesi
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1. IL PRIMO DECRETO FISCALE DEL GOVERNO BERLUSCONI
L’Imposta comunale sugli immobili
In base a quanto stabilito dal d.l. n. 93/2008 (convertito con l. n. 126 del 24 luglio 2008) è stata
eliminata l’ICI sull’abitazione principale. Per abitazione principale s’intende quella in cui il
contribuente ha la residenza anagrafica o la dimora abituale. L’esenzione ha valore per il solo periodo
in cui la casa è stata effettivamente utilizzata come abitazione principale. Il taglio riguarda anche le
pertinenze dell’abitazione principale. Alle pertinenze, infatti, si applica la normativa generale contenuta
negli articoli 817 e seguenti del Codice civile, in base alla quale il loro regime giuridico è quello del
bene principale. Per qualificare un immobile come pertinenza, è sufficiente che esistano un rapporto
oggettivo di asservimento rispetto al bene principale e la volontà del possessore di adibire la pertinenza
a servizio o ornamento del bene stesso. Non ha alcuna rilevanza la circostanza che la pertinenza sia
dotata di rendita catastale autonoma. In pratica, cantine, garage, box auto sono considerati esenti anche
se dotati di rendita catastale autonoma, purché posti a servizio dell’abitazione principale. Restano
esclusi dall’esenzione gli immobili di categoria A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) e A9 (castelli e
palazzi di eminente pregio artistico o storico), che continuano però a usufruire delle agevolazioni
previste in precedenza per l’abitazione principale (aliquota agevolata del comune e detrazione di
103,29 euro rapportata ai mesi durante i quali l’immobile è stato utilizzato come tale). La detrazione di
103,29 euro rimane anche per l’unità immobiliare posseduta in Italia, a titolo di proprietà e usufrutto,
dai cittadini italiani non residenti nel Paese, a condizione che non risulti locata. Se l’immobile A1, A8 e
A9 costituisce contemporaneamente abitazione principale di più persone tenute al pagamento dell’Ici,
la detrazione va suddivisa tra loro in parti uguali anche se la loro quota di possesso è diversa.
L’esenzione dall’ICI si applica anche nei seguenti casi (assimilati all’abitazione principale):
unità abitativa posseduta dal soggetto passivo non assegnatario della casa coniugale, a seguito di
provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del
matrimonio, a condizione che questi non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un
immobile destinato a sua abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale;
unità immobiliare appartenente a cooperativa edilizia a proprietà indivisa, adibita ad abitazione
principale del socio assegnatario, nonché alloggio regolarmente assegnato da I.A.C.P. (ora A.C.E.R.);
unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da cittadino italiano residente all’estero per
ragioni di lavoro, a condizione che la stessa non risulti locata;
unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da anziano o disabile che acquisisce la
residenza in istituto di ricovero o sanitario a seguito ricovero permanente, a condizione che la stessa
non risulti locata;
unità immobiliare posseduta da un soggetto che la legge obbliga a risiedere in altro Comune per ragioni
di servizio, qualora l’unità immobiliare risulti occupata, quale abitazione principale, dai familiari del
possessore;
abitazione concessa dal possessore in uso gratuito a parenti in linea retta fino al primo grado, purchè gli
stessi la occupino quale loro abitazione principale (residenza anagrafica).
Si propone una tabella di sintesi sull’Imposta comunale sugli immobili.
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Riferimento
normativo
Presupposto
Soggetti
passivi
Base
imponibile
Aliquota
Esenzioni
Detrazioni
Pagamento
dell’imposta
L’IMPOSTA COMUNALE SUGLI IMMOBILI (ICI)
L’Imposta comunale sugli immobili è stata introdotta con il d.lgs. n. 504 del 30 dicembre
1992 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1993.
Possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato
destinati a qualsiasi uso.
Proprietari o i titolari di altri diritti reali di godimento (usufrutto, uso e abitazione).
La base imponibile dei fabbricati è costituita dalla rendita catastale aumentata del
coefficiente di rivalutazione (attualmente il 5%) e moltiplicata per un coefficiente diverso a
seconda della categoria catastale.
Il coefficiente per il quale va moltiplicata la rendita rivalutata è uguale a:
• 100 per le abitazioni, gli alloggi collettivi e i fabbricati a destinazione varia (gruppi
catastali A, B e C con esclusione delle categorie A10 e C1);
• 50 per gli uffici, gli studi privati (categoria A10) e gli alberghi, teatri, banche, ecc.
(categoria D);
• 34 per i negozi e le botteghe (categoria catastale C1).
Per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D sforniti di rendita, interamente
appartenenti alle imprese e distintamente contabilizzati, come base imponibile si assume il
valore che risulta dalle scritture contabili, debitamente aggiornato con i coefficienti stabiliti
ogni anno con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze.
L’aliquota è determinata dal Comune, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere
compresa normalmente tra il 4 e il 7 per mille. L’imposta deve essere calcolata sulla base dei
mesi di possesso nel corso dell’anno; il mese durante il quale il possesso si è protratto per
almeno 15 giorni è calcolato per intero.
Sono esenti dal pagamento dell’Imposta comunale gli immobili utilizzati come abitazione
principale. Restano esclusi dall’esenzione gli immobili di categoria A1, A8 e A9 utilizzati
come abitazione principale (l. n. 126 del 24 luglio 2008)
Per gli immobili di categoria A1, A8 e A9 utilizzati come abitazione principale è concessa
una detrazione di imposta di 103,29 euro, rapportata ai mesi nei quali l’immobile è stato
utilizzato come dimora abituale. Detta detrazione non può essere ridotta da delibere
comunali. I Comuni possono, però, deliberare aumenti della detrazione base fino a 258,23
euro o anche oltre, fino ad abbattere totalmente l’imposta dovuta per questa abitazione; in
alternativa, i Comuni possono deliberare che l’imposta dovuta per l’abitazione principale
possa essere ridotta del 50%.
Il pagamento dell’imposta avviene in due rate. La prima rata (dal 1° al 16 giugno), in
acconto, deve essere pari al 50% dell’imposta dovuta calcolata utilizzando le aliquote e le
detrazioni dell’anno precedente. La seconda rata (dal 1° al 16 dicembre) deve essere versata
a saldo dell’imposta dovuta utilizzando aliquote e detrazioni dell’anno in corso. È possibile
versare il dovuto in un’unica soluzione entro la scadenza della prima rata basandosi sulle
aliquote dell’anno corrente. Alcuni comuni consentono di effettuare un versamento
complessivo alla scadenza della seconda rata. Il versamento può essere effettuato su appositi
bollettini di conto corrente postale o tramite il modello F24. In caso di pagamento tramite
bollettino, ogni Comune indica il proprio c/c oppure il c/c del concessionario alla riscossione,
che riscuote appunto l’imposta al posto del Comune. Dall’anno 2007 il pagamento deve
essere effettuato con arrotondamento all’euro per difetto se la frazione è inferiore a 49
centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo (art. 1 comma 166 l. 296/2006).
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Esempio di calcolo
Il signor Rossi è proprietario al 100% di un appartamento categoria A1 (abitazione signorile), la cui
rendita catastale è di 1.290,00 euro. L’immobile è stato adibito ad abitazione principale per tutto
l’anno, il Comune applica l’aliquota del 5,25 per mille.
Rendita rivalutata 1.290,00 x 1,05 = 1.354,50
Base imponibile 1.354,50 x 100 = 135.450,00
Imposta dovuta su base annua 135.450,00 x 5,25: 1000 = 711,11
Imposta dovuta in base alla quota, ai mesi di possesso 711,11 x 100 / 100 x 12 / 12 = 711,11
Imposta dovuta tenendo conto delle detrazioni base spettanti con arrotondamento all’euro
711,11 - 103,29 = 607,82 che arrotondato diventa 608,00 euro
L’eliminazione dell’ICI sull’abitazione principale ha provocato diversi commenti negativi. Perché
eliminare un’imposta locale che secondo la logica economica è efficiente ed equa? Da un punto di vista
economico, infatti, questa imposta si basa sul principio del beneficio, cioè si paga in relazione al
beneficio della spesa pubblica. Essa può essere moderatamente progressiva attraverso detrazioni alla
base, garantendo quanto stabilito dalla Costituzione sulla capacità contributiva (art. 53). L’ICI,
colpendo una base imponibile immobile, non consente, inoltre, fenomeni di mobilità delle basi
imponibili ed evita la competizione fiscale. Attraverso un controllo diretto dei cittadini sugli
amministratori locali l’ICI permette di giudicare il governo locale e di controllare la spesa.
RISPONDI A QUESTE DOMANDE E VERIFICA LE TUE CONOSCENZE
1. Cosa s’intende per principio del beneficio?
2. Cosa s’intende per capacità contributiva?
3. Quali sono i caratteri di un’imposta locale?
4. È più efficiente un’imposta locale o un’imposta statale?
5. Spiega perché L’ICI, colpendo una base imponibile immobile, non consente fenomeni di mobilità delle
basi imponibili ed evita la competizione fiscale.
Molti economisti sostengono, poi, che l’abolizione dell’ICI è contraria ai principi di base del
federalismo e avvantaggia soprattutto i contribuenti più ricchi.
MATERIALE PER LA DISCUSSIONE
Si propongono alcuni spunti per la discussione in classe tratti da uno stralcio di un articolo di Pietro Reichlin
apparso sul sito www.lavoce.info dal titolo “Lo strano caso dei federalisti anti-Ici”.
(…) Forse Berlusconi vuole abolire l’Ici perché ritiene ingiusta o inefficiente la tassazione degli immobili?
Che sia inefficiente tassare gli immobili è contrario alla più elementare logica economica. Se tassi il lavoro o
le attività finanziarie, la gente lavora di meno e investe all’estero. Se tassi gli immobili (ai livelli attualmente
vigenti in Italia) gli effetti negativi sull’offerta sono nettamente inferiori: una modesta riduzione degli
investimenti immobiliari e qualche cittadino che trasferisce la residenza in un altro paese. In tutte le nazioni
sviluppate esistono tasse sui patrimoni, oltre che sul lavoro e sui consumi. In Italia la pressione sui patrimoni
è tra le più basse tra i paesi Ocse: preferiamo tassare il lavoro e i profitti d’impresa. Dovremmo fare il
contrario: nel nostro paese lavorano troppe poche persone e le imprese sono troppo piccole. Negli Stati
Uniti, la tassa sugli immobili serve ai governi locali per finanziare scuole, infrastrutture e programmi sociali.
Uno dei motivi principali per delegare alle giurisdizioni locali la tassazione della casa, è proprio il fatto che
questo bene è meno mobile di qualsiasi altra forma di ricchezza. (….)
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2. LA MANOVRA D’ESTATE: UNA FINANZIARIA ANTICIPATA
Quest’anno per la prima volta la manovra finanziaria è stata “di fatto” approvata dal Governo a e
votata dal Parlamento prima della pausa estiva, in anticipo rispetto alle scadenze tradizionali che sono
settembre per il via libera dell’esecutivo e dicembre per l’approvazione delle Camere. Per chiarezza di
trattazione ricordiamo, così come previsto dalla legge (art. 1 della l. n. 468/1978), che la manovra si
deve basare su due fondamentali momenti cui corrispondono altrettante scadenze per la presentazione
alle Camere dei relativi documenti da parte del Governo:
PROVVEDIMENTO
TERMINI DI PRESENTAZIONE
ALLE CAMERE
Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef). 30 giugno
- Disegno di legge di approvazione del bilancio annuale e 30 settembre
pluriennale;
- disegno di legge finanziaria;
- relazione previsionale e programmatica e bilancio
pluriennale programmatico.
Disegni di legge collegati alla manovra finanziaria 15 novembre
(provvedimenti collegati).
Il nuovo esecutivo con la presentazione del decreto fiscale, successivamente convertito in legge dal
Parlamento, contestualmente al Dpef, prima della sessione di bilancio, ha individuato non solo le linee
programmatiche della manovra (Dpef), ma anche le misure attuative (decreto legge fiscale) da porre in
essere immediatamente, molto prima della Finanziaria vera e propria. L’anticipo di una parte
sostanziosa della manovra con un decreto legge, prima dell’avvio della sessione di bilancio, ha
permesso al Parlamento di esaminare una finanziaria snella e di valutare compiutamente gli altri
provvedimenti normativi destinati a completare la manovra e in particolare il federalismo fiscale. La
finanziaria vera è propria è stata, invece, presentata al Parlamento a settembre e approvata il 22
dicembre 2008. Si tratta di una finanziaria “snella” senza micro-misure e senza interventi per lo
sviluppo, contenente solo norme che hanno impatto effettivo sui grandi saldi della Finanza pubblica. Si
è evitato così il cosiddetto “assalto alla diligenza” che da tempo si verifica puntualmente durante la
discussione e l’approvazione della legge finanziaria. Questo modo di operare non è piaciuto alle
opposizioni. Tra le tante obiezioni, quella dell’uso del decreto legge per varare di fatto una legge
finanziaria; in questo modo, il Parlamento è stato “svuotato” del suo potere e della capacità di
raccogliere le istanze della società. Una manovra votata in pochi minuti in Consiglio dei ministri sotto
forma di decreto legge e successivamente convertita in legge con voto di fiducia delle Camere ha
certamente “strozzato” il dibattito parlamentare. Secondo il ministro dell’Economia e delle Finanze
Giulio Tremonti, invece, l’approvazione “anticipata” è stata decisiva per rendere più efficace e urgente
la sua applicazione, in funzione della crisi economica che sta investendo il nostro Paese, soprattutto a
causa dei rincari energetici e dell’aumento dei prezzi al consumo. In verità, il ministro aveva tentato di
anticipare, prima del 30 settembre, anche la presentazione e l’approvazione del disegno di legge
Finanziaria 2009, ma il Quirinale si è opposto fermamente a tale intenzione.
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MATERIALI PER LA DISCUSSIONE
Finanziaria, lo stop del Quirinale. “No al via libera senza trasparenza”
(…) Con una lunga nota ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è intervenuto sull'“ipotesi di
un completamento della manovra attraverso la presentazione anticipata del disegno di legge Finanziaria
limitato alla definizione dei saldi e delle tabelle”. Il riferimento è esplicito: il ministro dell'Economia aveva
intenzione di presentare, per un primo esame o addirittura per un varo, la legge Finanziaria 2009 durante il
consiglio dei ministri di ieri (ndr primo agosto 2008) e il Quirinale ha di fatto bloccato l'operazione. Le
motivazioni del Colle sono tecniche ma assai esplicite: “L'attuale sistema di contabilità generale - spiega la
nota che sottolinea come non si tratti di un “formalismo” - richiede che la Finanziaria sia presentata
contestualmente al progetto di bilancio a legislazione vigente in mancanza del quale risulterebbe ardua la
stessa verifica delle coperture”. In altre parole, la Finanziaria non si può presentare senza il bilancio del 2009
che indica, in base all'andamento tendenziale delle spese già approvate per legge, come andranno i conti il
prossimo anno, e dunque senza sapere quanto spenderemo non possiamo intervenire con tagli, tasse e non
possiamo individuare le relative coperture. Siccome a metà anno il progetto della legge di bilancio non si
può ancora fare perché è troppo presto (bisogna vedere gli effetti della manovra appena varata, approvare
nota di aggiornamento e la Relazione previsionale e programmatica), se ne deduce che è meglio avere meno
fretta e rimandare tutto alla sessione autunnale come è di prassi. (…) Il Colle (…) ha colto l'occasione per
sottolineare l'esigenza di una riforma delle decisioni di bilancio dal quale sono spesso scaturiti esiti che
hanno “mortificato il Parlamento” (…).
Roberto Petrini, Repubblica, 2 agosto 2008
RISPONDI A QUESTE DOMANDE E VERIFICA LE TUE CONOSCENZE
1. Per quale ragione “tecnica” il Presidente della Repubblica non era d’accordo all’ipotesi di presentazione
del disegno legge sulla Finanziaria 2009 prima del 30 settembre 2008?
2. Quali possono essere i motivi che hanno spinto il Governo Berlusconi a ipotizzare una presentazione
anticipata del progetto di legge della Finanziaria 2009?
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Si propone uno schema con tutte le definizioni che possono essere utili per capire questo argomento.
PAROLE DA CONOSCERE
In base all’art. 77, comma 2, della Costituzione, il Governo può, in casi straordinari di
necessità e urgenza, emanare, sotto la propria responsabilità, provvedimenti provvisori con
forza di legge. Tali provvedimenti, denominati decreti legge (art. 15, l. n. 400/1988),
devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro sessanta giorni dalla loro
pubblicazione, altrimenti perdono efficacia sin dall’inizio.
Voto
di Ponendo il voto di fiducia su una proposta il Governo avverte espressamente il Parlamento
che un rifiuto equivale a una disapprovazione dell’indirizzo politico dell’esecutivo. Il voto
fiducia
contrario del Parlamento costringe il Governo alle dimissioni.
Complesso di provvedimenti legislativi approvati dal Parlamento su proposta del Governo
Manovra
finalizzato al riequilibrio della finanza pubblica
finanziaria
Acronimo di Documento di programmazione economico-finanziaria. È il documento con il
Dpef
quale si individuano gli andamenti tendenziali e si fissano gli obiettivi sulle principali
grandezze di bilancio per un orizzonte temporale pluriennale.
Sessione di Periodo di tempo (generalmente dal 1° ottobre al 31 dicembre) in cui il Parlamento in
un’apposita sessione esamina e approva i disegni di legge presentati dal Governo in materia
bilancio
di finanza pubblica. Nella sessione sono presi in esame:
• il bilancio annuale e pluriennale di previsione che riporta le previsioni delle entrate e
delle spese dello Stato nell’anno o nei tre anni a venire;
• la legge finanziaria e una o più leggi collegate (cosiddetti collegati di sessione) in cui si
raccolgono tutte le modifiche legislative di un determinato settore (di solito fiscale) per
raggiungere gli obiettivi fissati nella legge finanziaria.
Strumento con cui operare modifiche e integrazioni a disposizioni legislative aventi riflessi
Legge
sul bilancio dello Stato. Le sue determinazioni sono recepite nel progetto di bilancio redatto
finanziaria
a legislazione vigente attraverso apposita “nota di variazione” allo stesso presentata dal
Governo.
Legge
di Legge con la quale è adottato il bilancio di previsione dello Stato. Essa fissa i limiti e i
contenuti della gestione finanziaria dello Stato e ne autorizza l’esecuzione.
bilancio
Decreto
legge
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3. LA MANOVRA D’ESTATE: LE MISURE FISCALI
La Robin tax
La novità fiscale più rilevante contenuta nel d.l. n. 112/2008 (convertito con l. n. 133 del 6 agosto
2008), è quella che il ministro Giulio Tremonti ha definito la Robin Hood Tax. Quest’ultima colpisce
gli utili “straordinari” nei settori del petrolio, dell’energia e del gas. Si tratta di una mossa di
comunicazione vincente, in quanto riporta alla mente un personaggio positivo nell’immaginario
collettivo che “toglie ai ricchi per dare ai poveri”. Nel caso specifico i ricchi sono i petrolieri che
accrescono i loro profitti nell’attuale congiuntura, mentre i poveri, sono i cittadini costretti a
fronteggiare il caro-petrolio e il caro-prezzi. In verità si tratta di un provvedimento che trasferisce solo
una piccola parte degli introiti ai meno abbienti, alimentando misure come la social card, mentre la
parte maggiore del gettito resta all’erario. La social card è finanziata non solo dalla Robin Hood tax,
ma anche dai conti correnti dormienti. La nuova carta può, inoltre, essere finanziata da contributi del
settore privato e sconti dei settori commerciali.
LA SOCIAL CARD
La Social Card, detta anche Carta Acquisti, è una normale carta di pagamento elettronico, simile alle carte di
credito in circolazione nel nostro Paese. L’unica differenza con queste ultime è che con la Carta Acquisti le
spese, invece che essere addebitate al titolare della carta di credito, sono addebitate e pagate dallo Stato. La
Social Card può essere utilizzata per effettuare acquisti in tutti i negozi alimentari abilitati al circuito
Mastercard. Della nuova carta possono usufruire gli anziani, di età compresa tra i sessantacinque e i
sessantanove anni, con trattamenti pensionistici non superiori a 6.000 euro l’anno e le famiglie numerose
con basso reddito. Il beneficio è stato esteso anche ai pensionati con più di settanta anni, ma con un reddito
non superiore a 8.000 euro l’anno. La Card spetterà, inoltre, anche alle famiglie che hanno a carico figli
sotto i tre anni, ma anche in questo caso la soglia di reddito non dovrà superare i 6.000 euro. Il calcolo del
reddito è eseguito con l’indicatore di situazione economica equivalente (Isee o “riccometro”). Anziani e
famiglie potranno avere la carta acquisti se titolari di una sola utenza elettrica o di gas, possessori di un solo
autoveicolo e di una sola casa, e con meno di 15.000 euro di risparmi in banca. La carta acquisti ha un valore
di 40 euro mensili e verrà ricaricata bimestralmente. È una carta anonima che si ricarica ogni due mesi di 80
euro e con 120 euro subito spendibili al momento del ricevimento della stessa. Con la Carta si possono
anche avere sconti nei negozi convenzionati che sostengono il programma. Si tratta di una misura lodevole
che va incontro alle esigenze di quelli definiti “nuovi” poveri. Molte sono state, però, le critiche sulla
realizzazione del programma e sul funzionamento della Social card.
In cosa consiste esattamente la Robin Hood Tax? L’intervento si articola in due pilastri: l’addizionale
Ires di 5,5 punti percentuali (dal 27,5% al 33%) e l’introduzione di nuove regole per la valutazione
delle scorte.
Addizionale Ires
Dal 2008 è prevista un’addizionale Ires del 5,5% per i soggetti che nel periodo d’imposta precedente
hanno conseguito un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro e che operano nei seguenti settori:
a) ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;
b) raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli
lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale;
c) produzione o commercializzazione di energia elettrica.
Sono esclusi dall’ambito soggettivo di applicazione dell’addizionale Ires, le società che realizzano in
misura marginale e non prevalente ricavi riconducibili alle attività nel settore energetico rispetto al
totale dei ricavi conseguiti e i soggetti che producono energia elettrica mediante fonti non inquinanti, in
particolare mediante l’impiego di biomasse e mediante la fonte solare, fotovoltaica o eolica.
11
MATERIALE PER LA DISCUSSIONE
La Robin tax può essere traslata?
Il d.l. n. 112/2008 – in pieno boom delle quotazioni del greggio – ha introdotto a carico delle imprese del
settore petrolifero e dell’energia elettrica una addizionale del 5,5% sull’Ires. Uno dei rischi maggiori di una
imposta che colpisce i petrolieri (tra cui anche l’ENI, di cui lo stesso Governo è azionista) e le aziende del
settore elettrico è quello di poter “traslare” l’imposta in avanti, facendo ricadere il peso sui consumatori..
Come ha osservato il Prof. Carlo Scarpa, ordinario di Economia politica, dal sito www.lavoce.info, “anche
se la teoria ci dice che questo (ndr la traslazione sui consumatori) dovrebbe avvenire solo per le imposte
indirette, spesso anche le imprese che si trovano di fronte a un aumento delle imposte sul reddito aumentano
i prezzi per mantenere i margini di utile. E questo giochino riesce particolarmente bene ove la domanda è
rigida, come nel caso dell’energia (benzina come elettricità)”. Il legislatore resosi conto, però, di questo
pericolo ha previsto una norma specifica per cercare di arginare il fenomeno. Infatti, il decreto prevede che
“è fatto divieto agli operatori (…) di traslare l’onere (…) sui prezzi al consumo” stabilendo, inoltre, che
“L’Autorità per l’energia (…) vigila sulla puntuale osservanza della disposizione”. Secondo Scarpa, però,
l’autorità non ha gli strumenti e le risorse per questo compito: “sui prezzi della benzina l’Authority non ha
alcuna competenza, poiché questi da parecchi anni sono liberi. E se anche improvvisamente si volesse
tornare a un sistema di prezzi amministrati, vorrei capire come si potrebbe distinguere tra aumenti dei
prezzi finali dovuti a variazioni del prezzo del petrolio e aumenti dovuti alla traslazione dell’imposta. Sfido
chiunque a riuscirci in modo giuridicamente robusto. Comunque, se anche all’Authority venissero date
competenze (e risorse) specifiche per tale nuovo compito, è facile prevedere che le imprese del settore
riuscirebbero ad adeguare i prezzi verso l’alto ben prima che tali controlli divengano effettivi. In altri
termini, l’aumento di imposta sui petrolieri, lo pagheremo noi alla pompa, anzi, con ogni probabilità la
stiamo già pagando. E nessuno ci può fare alcunché.” Stessa cosa per l’energia elettrica “l’imposta grava sia
su chi produce, sia su chi vende, ovvero graverà sulla bolletta finale due volte. E purtroppo anche qui i
controlli dell’Authority non possono essere gran che efficaci. I prezzi all’ingrosso sono liberi da diversi anni
(nel 2004 è partita la borsa elettrica) e l’unico modo di effettuare questo controllo sarebbe dire “scusate,
abbiamo scherzato”, e chiudere (unico paese in Europa…) il mercato all’ingrosso dell’energia elettrica,
sottoponendo il prezzo all’ingrosso a un regime di prezzi amministrati”. Il problema quindi esiste!
Recentemente Marco Bellinazzo su Il Sole 24 Ore del 6 febbraio 2009 è ritornato sul problema con un
articoli dal titolo “Pressing sulle imprese per gli effetti della Robin tax” sottolineando come l’Autorità per
l’energia elettrica e il gas ha deciso di lanciare un’azione di moral suasion attraverso controlli e verifiche
effettuate dalla Guardia di Finanza allo scopo di avviare una collaborazione con gli operatori del settore. In
verità l’Autorità, presieduta da Alessandro Ortis, aveva già chiesto alle aziende petrolifere l’invio di
documenti fiscali tra cui i bilanci, dai quali desumere degli indicatori, come il margine operativo lordo
unitario (il cosiddetto Molu), delle politiche di prezzo praticato; tale controllo non aveva portato, però, a
grandi risultati. Gran parte degli operatori interessati a questi controlli ha rilevato, infatti, che la
predisposizione dei dati contabili richiesti dall’Autorità comporta una costosa modifica dei sistemi contabili
adottati e che, peraltro, non sempre una maggiorazione del Molu può essere ricollegata alla traslazione
dell’imposta. Si consideri comunque che la mancata cooperazione degli operatori del settore può essere
sanzionata dall’Autorità competente solo da un punto di vista amministrativo. In ogni caso per il 2009
l’Autorità ha previsto un modello obbligatorio (autocertificazione) per tutte le aziende destinatarie della
Robin tax da trasmettere telematicamente, entro marzo 2009, con le notizie sui prezzi effettuati. Per
completezza di informazioni occorre rilevare che quattro società che operano nel settore energetico
(Raffineria di Roma, Totalgaz Italia, Eridis e Total Italia) hanno presentato ricorso al Tar Lombardia per
annullare i provvedimenti con cui l’Autorità ha fissato i criteri e le modalità di verifica del rispetto del
divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta.
RISPONDI A QUESTE DOMANDE E VERIFICA LE TUE CONOSCENZE
1. Cosa s’intende per traslazione dell’imposta?
2. Perché la domanda di energia è rigida?
3. In caso di domanda elastica è possibile traslare l’imposta?
4. Cos’è un’Authority?
5. Cosa s’intende per moral suasion?
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Nuove regole per la valutazione delle scorte
Il secondo pilastro si materializza sotto forma di una tantum sul valore delle scorte. Infatti, per i
soggetti che operano nei primi due settori citati aventi, nel periodo d’imposta precedente, un volume di
ricavi superiore a quello previsto per l’applicazione degli studi di settore, le scorte dovranno essere
valutate solo con il metodo della media ponderata o del primo entrato primo uscito (Fifo), anche se in
bilancio si applica un altro metodo. È stata, infatti, eliminata la possibilità di avvalersi dei criteri
alternativi del cosiddetto Lifo a scatti annuali e delle relative varianti (per esempio, il Lifo continuo).
L’intervento normativo fonda il suo presupposto sulla considerazione che l’adozione del metodo Lifo
(secondo il quale le unità acquistate nel periodo più recente vengono cedute per prime), in un sistema di
prezzi crescente, può dar luogo a un valore delle rimanenze finali inferiore a quello corrente e, dunque,
a un differimento a tempo indeterminato della tassazione del relativo plusvalore. Di contro, l’adozione
obbligatoria del metodo Fifo o del costo medio ponderato comporta, invece, l’applicazione sulle
quantità esistenti a fine esercizio di prezzi più vicini a quelli correnti.
Lifo (Last in, first out –
ultimo entrato, primo
uscito)
Fifo (First in, first out –
primo entrato, primo
uscito)
DIFFERENZA TRA LIFO E FIFO
Si basa sull’ipotesi che le quantità acquistate o prodotte più recentemente siano
le prime a essere vendute o utilizzate nella produzione.
Si basa sull’ipotesi che le quantità acquistate o prodotte per prime siano le prime
a essere vendute o utilizzate nella produzione.
Il maggior valore delle rimanenze finali, determinato in sede di prima applicazione della nuova norma,
non formerà reddito imponibile, ma sarà soggetto a un’imposta sostitutiva Irpef, Ires e Irap del 16%. Il
versamento si può effettuare in unica soluzione, al saldo delle imposte 2008, ovvero in tre rate annuali
di pari importo, con interessi del 3%. La nuova disciplina della valutazione delle rimanenze e
dell’imposizione sostitutiva dei plusvalori emergenti si applica anche ai soggetti che redigono il
bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (Ce) n. 1606/2002 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002 (si tratta delle società che utilizzano i criteri
Ias/Ifrs).
Interventi su banche e assicurazioni
A differenza di quanto previsto per le società del settore energetico, il maggior prelievo per banche e
assicurazioni non è ottenuto con un aumento dell’aliquota Ires, ma con un allargamento della base
imponibile. Il d.l. n. 112/2008 prevede, infatti, una parziale indeducibilità degli interessi passivi per
banche, enti finanziari e società assicurative che erano state escluse dalle precedente finanziaria del
Governo Prodi (l. n. 244 del 24 dicembre 2007), dalle penalizzazioni che avevano interessato le altre
società di capitali appartenenti ad altri settori. Per le società che non hanno optato per il consolidato
fiscale nazionale, la parziale indeducibilità degli interessi passivi, sia ai fini Ires che Irap, è così fissata:
•
•
in misura pari al 3%, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007;
in misura pari al 4%, a decorrere dal periodo d’imposta successivo.
Per le società bancarie e le assicurazioni che, invece, applicano il consolidato fiscale nazionale è
prevista una normativa particolare finalizzata a ridurre i fenomeni di doppia tassazione. In pratica, sono
integralmente deducibili gli interessi passivi “infragruppo” sino a concorrenza degli interessi passivi
sostenuti dai partecipanti al consolidato a favore dei soggetti estranei al medesimo gruppo societario.
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Esempio
Supponiamo che una società bancaria (A) ha sostenuto interessi passivi per 100, di cui 60 maturati a
favore di B (società in consolidato fiscale con A) e 40 verso terzi. Ipotizziamo, altresì, che la società B
abbia interessi passivi per 10 verso soggetti estranei al gruppo. Il nuovo meccanismo, introdotto dal
provvedimento, permette di dedurre integralmente, nella dichiarazione di gruppo, il minore importo tra
60 (interessi all’interno delle società del gruppo) e 50 (interessi del gruppo verso terzi). In pratica, la
società A renderà indeducibile, nel proprio modello Unico, il 4% di 60, mentre la consolidante, nella
dichiarazione del gruppo, opererà una variazione in diminuzione del 4% su 50.
Il decreto fiscale ha poi ridotto dallo 0,40% allo 0,30% del valore dei crediti la percentuale di
deduzione delle svalutazioni per gli enti finanziari. L’eccedenza rispetto al tetto fiscale può essere
scalata nell’arco di diciotto anni, contro gli attuali nove.
SVALUTAZIONE DEI CREDITI PER GLI ENTI CREDITIZI E FINANZIARI
Prima
Dopo la manovra d’estate
La svalutazione dei crediti risultanti in bilancio La svalutazione dei crediti risultanti in bilancio
derivanti dalle operazioni di erogazione del credito derivanti dalle operazioni di erogazione del credito
alla clientela risultano deducibili in ciascun alla clientela risultano deducibili in ciascun esercizio
esercizio nel limite dello 0,40%
nel limite dello 0,30%
L’eccedenza è deducibile in quote costanti nei nove L’eccedenza è deducibile in quote costanti nei
esercizi successivi.
diciotto esercizi successivi.
Anche per le svalutazioni per le quali è già iniziata la procedura di deduzione diluita in nove anni è
necessario procedere a una nuova ripartizione in quote costanti per il numero di anni che mancano al
compimento del diciottesimo esercizio.
Per le compagnie di assicurazione si riduce anche la deducibilità Ires della variazione di riserva dei
sinistri relativi al ramo danni, per la parte riferibile al lungo periodo. La percentuale scende dal 60%
al 30% di quanto iscritto in bilancio, con ripartizione delle eccedenze nell’arco di diciotto anni, contro
gli attuali nove. Si considera componente di lungo periodo il 75% e non più il 50% della medesima
riserva sinistri. L’eccedenza rispetto alla predetta soglia diviene deducibile in quote costanti nei 18 e
non più 9 esercizi successivi.
Stock option
Sono state apportate modifiche anche sulle stock option. È stata, infatti, abrogata la lett. g-bis dell’art.
51, comma 2, del TUIR, che prevedeva, al ricorrere di determinate condizioni, l’esclusione da Irpef e,
conseguentemente, da imposizione contributiva, delle assegnazioni di azioni ai dipendenti, la cosiddetta
stock option. L’abolizione del regime agevolato si applica alle azioni assegnate ai dipendenti o
amministratori a decorrere dal 25 giugno 2008. Come si ricorderà la tassazione agevolata delle stock
option, introdotta nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 505/1999, aveva già subito diverse limitazioni,
nel corso del 2006.
L’abolizione ha effetto anche nei confronti dei titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente, in
particolare gli amministratori con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
I redditi di lavoro dipendente e assimilato derivanti dalle stock option diventano quindi soggetti alle
ordinarie modalità impositive (tassazione con aliquota progressiva Irpef della plusvalenza).
L’esenzione fiscale di cui all’articolo 51, comma 1, lettera g-bis, continua, invece, a operare solo per le
azioni offerte con assegnazione gratuita alla generalità dei dipendenti (cosiddetti “piani di azionariato
popolare) prima del 25 giugno 2008 per i quali il dipendente ha già esercitato l’opzione
originariamente ricevuta mantenendo il possesso delle azioni assegnate.
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Cooperative
Nei confronti delle società cooperative di consumo e loro consorzi, considerate a mutualità prevalente,
l’ammontare soggetto a tassazione degli utili netti annuali destinati a riserva indivisibile aumenta dal
30% al 55%. È, inoltre, previsto l’obbligo di destinare il 5% dell’utile netto annuale al Fondo di
solidarietà per i cittadini meno abbienti, istituito dallo stesso d.l. n. 112/2008. Tale disposizione è
applicabile all’utile risultante dal bilancio in corso al 25/06/2008 e a quello successivo ossia, per le
cooperative con esercizio solare coincidente con l’anno solare, all’utile dell’esercizio 2008 e 2009.
Sugli interessi erogati dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci persone fisiche, a fronte
dei prestiti erogati, la ritenuta d’imposta passa dal 12,50% al 20%.
Interventi per esercenti arti e professioni e piccole imprese
La manovra estiva si caratterizza, infine, per una serie di interventi a favore di esercenti arti e
professioni e piccole imprese.
Abolizione della tracciabilità per gli esercenti arti e professioni
Con la manovra d’estate 2008 (d.l. n. 112/2008), a decorrere dal 25 giugno 2008, è stato abrogato sia
l’obbligo di far transitare tutti gli incassi su un conto corrente da cui attingere per spese e prelievi, sia il
divieto di incassare le parcelle in contante per importi superiori a determinate soglie.
APPROFONDIMENTO
La lunga storia della tracciabilità
Il precedente esecutivo Prodi, come è noto, con la cosiddetta Manovra d’estate 2006 (d.l. n. 223/06), per
evitare l’uso del contante per gli esercenti arti e professioni e fermare possibili evasioni, aveva previsto
alcuni adempimenti per i professionisti. In particolare, era stato modificato l’art. 19 del D.P.R. 600 del 1973,
in ordine alle scritture contabili dei professionisti, prevedendo l’obbligo (numeri 3 e 4 dell’art. 19):
• della tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali da utilizzare per l’attività professionale. Tali
conti dovevano essere utilizzati per compiere prelevamenti per il pagamento delle spese sostenute e per
far affluire obbligatoriamente i compensi riscossi nell'esercizio della funzione professionale;
• di riscuotere i compensi in denaro esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero
altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico,
salvo per importi unitari inferiori a 100 euro.
L’Agenzia delle entrate (circolare n. 28/2006) successivamente a chiarimento della prima prescrizione aveva
affermato che l’obbligo di tenuta del conto corrente non significava obbligo di tenuta di un conto corrente
dedicato esclusivamente alla professione, ma era possibile utilizzare anche conti personali; l’importante era
far transitare tutte le operazioni relative all’attività su un conto corrente personale (in pratica, sullo stesso
conto potevano comunque affluire operazioni miste).
In merito alla secondo obbligo si sono succeduti diversi interventi legislativi. Innanzitutto in fase di
conversione del decreto legge fu stabilito che il limite di 100 euro si dovesse applicare a partire dal 1° luglio
2008, mentre dal 12 agosto 2006 (data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 223/06) e
fino al 30 giugno 2007 il limite al di sotto del quale i compensi potevano essere incassati in contanti era stato
fissato in 1.000 euro. Per il periodo compreso tra il 1° luglio 2007 e il 30 giugno 2008, infine, il limite era
stabilito in 500 euro. Il provvedimento incontrò le dure critiche dei vari ordini professionali e delle
opposizioni tanto da costringere il legislatore a rivedere il dettato normativo nella Finanziaria 2007 (l. n.
296/2006). In questo secondo provvedimento era stata ulteriormente diluita la prescrizione, attraverso la
fissazione di nuove date per gli importi massimi:
• il limite di 1.000 euro dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008;
• il limite di 500 euro dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009;
• il limite di 100 euro a decorrere dal 1º luglio 2009.
Con il d.l. n. 112/2008 è stato definitivamente cancellata ogni norma sulla tracciabilità dei compensi per i
lavoratori autonomi.
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Elenchi clienti e fornitori
La manovra estiva del 2008 ha soppresso l’obbligo di invio degli elenchi clienti e fornitori. A seguito
di tale soppressione, le operazioni poste in essere nel corso del 2008 - tanto quelle attive (fatture
emesse), tanto quelle passive (fatture ricevute) – non saranno oggetto di alcuna comunicazione. Il d.l. n.
112/2008 oltre a eliminare l’obbligo di presentazione, sopprime altresì la disposizione che prevedeva la
sanzione applicabile alle irregolarità commesse. Peraltro, in forza del principio del favor rei (non
punibilità di un fatto che non costituisce più violazione punibile in base a una legge sopravvenuta) non
sono sanzionabili i comportamenti omissivi commessi con il vecchio regime.
Violazione uso del contante
Il d.l. n. 112/08, con decorrenza 25 giugno 2008, modifica le disposizioni dell’articolo 49 del d.lgs. n.
231 del 21 novembre 2007, portando da 5.000 euro a 12.500 euro, il tetto per il denaro contante e i
titoli al portatore liberamente trasferibili. Anche il limite di assegni bancari e postali in forma libera,
prima fissato a 5.000 euro sale ora a 12.500 euro. Inoltre, per gli assegni in forma libera viene meno
l’obbligo di indicare il codice fiscale del girante, mentre resta l’imposta di bollo di 1,50 euro. Sale
sempre a 12.500 euro (l’importo precedente era di 5.000 euro) il saldo massimo consentito al 30 giugno
2009 per i libretti di deposito bancari o postali al portatore. Rimane in vigore la regola che vincola
l’assegno emesso a favore del traente (ossia il titolo in cui nello spazio destinato al beneficiario è
indicato “a me stesso” o “a me medesimo”); tale titolo può essere incassato esclusivamente dal traente
stesso, senza alcuna possibilità di girarlo a un soggetto diverso rispetto alla banca che effettuerà il
pagamento.
TRASFERIMENTO DI CONTANTI E ASSEGNI
Limite al trasferimento Il limite per i trasferimenti in contanti è stato alzato da 5.000 euro a 12.500 euro.
in contanti
Sono liberamente trasferibili per importi sotto i 12.500 euro.
Assegni
La girata è valida anche senza l’inserimento del codice fiscale del girante.
Girate degli assegni
Libretti di deposito al I libretti di deposito al portatore dovranno essere estinti ovvero il loro saldo dovrà
essere ridotto a somma inferiore a 12.500 euro entro il 30/06/2009.
portatore
Da segnalare, infine, le novità in tema di accertamento; in particolare, il potenziamento del cosiddetto
redditometro per la determinazione del reddito delle persone fisiche e l’introduzione di un nuovo
istituto: l’adesione semplificata. Analizziamo brevemente le norme fiscali più importanti.
Le attività in tema di accertamento
Accertamento in base al redditometro
Nell’ambito delle attività di verifica da svolgere nel triennio 2009-2011, è previsto un piano
straordinario volto a potenziare l’utilizzo del “redditometro” quale strumento di accertamento sintetico
del reddito delle persone fisiche (art. 38, comma 4 e seguenti, d.p.r. n. 600/1973), cosiddetto
“redditometro”. In particolare, saranno sottoposti a controllo i contribuenti che non hanno indicato
nella dichiarazione dei redditi alcun debito d’imposta e per i quali sussistono elementi significativi di
capacità contributiva. In tale attività, i Comuni saranno chiamati a collaborare segnalando
all’Amministrazione finanziaria eventuali situazioni rilevanti per la determinazione sintetica del reddito
di cui sono a conoscenza.
Adesione al processo verbale di constatazione
È stata introdotta una nuova forma di deflazione del contenzioso, simile, per certi versi,
all’accertamento con adesione (cosiddetta adesione semplificata). In pratica, è esteso l’accertamento
con adesione anche ai processi di constatazione in materia di imposte sui redditi e di Iva. L’adesione,
16
che dovrà avere a oggetto esclusivo il contenuto integrale del verbale, comporterà la riduzione delle
sanzioni a un ottavo del minimo (nel tradizionale accertamento con adesione le sanzioni sono ridotte a
un quarto). Il nuovo istituto permette, quindi, al contribuente di definire, anticipatamente rispetto
all’atto di accertamento vero e proprio, la propria posizione nei confronti dell’Amministrazione
finanziaria, venutasi a determinare a seguito di un controllo, con evidente beneficio in termini di
riduzione delle sanzioni. L’adesione del contribuente deve avvenire entro i 30 giorni successivi alla
data di notifica del verbale, mediante comunicazione all’Ufficio delle Entrate e alla Guardia di finanza;
entro i 60 giorni successivi alla comunicazione da parte del contribuente, l’Ufficio deve notificare
l’atto di definizione dell’accertamento.
L’adesione ai processi verbali di constatazione consente di definire le sole sanzioni amministrative, a
differenza dell’accertamento con adesione, che consente anche la definizione delle imposte.
Allo scopo di fornire un quadro completo delle novità fiscali della manovra estiva, si propone una
tabella di sintesi sulle altre novità contenute nel provvedimento.
LE ALTRE PRINCIPALI NOVITÀ FISCALI PREVISTE NELLA MANOVRA
Reinvestimento delle Con una norma tesa a favorire il reinvestimento delle risorse derivanti dal
disinvestimento di partecipazioni detenute in società di persone o di capitali, è
plusvalenze
previsto che le plusvalenze (qualificate e non) derivanti dalla cessione di
partecipazioni al capitale in società di persone o di capitali, costituite da non più di
sette anni, possedute da almeno tre anni, sono esenti da tassazione. Il beneficio
dell’esenzione è subordinato alla condizione che, entro due anni dal conseguimento,
le plusvalenze medesime siano reinvestite in società di persone o di capitali che
svolgono la medesima attività, mediante la sottoscrizione del capitale sociale o
l’acquisto di partecipazioni al capitale delle medesime, sempreché si tratti di società
costituite da non più di tre anni.
L’ammontare massimo della plusvalenza esente è quantificato nel quintuplo del costo
sostenuto dalla società ceduta per l’acquisizione di beni materiali diversi dagli
immobili, di beni immateriali o di spese di ricerca nei cinque anni precedenti alla
cessione.
Residenza fiscale in È stata introdotta un’ulteriore presunzione di residenza fiscale in Italia per le società e
gli enti residenti all’estero. È, infatti, stabilito che si presumono residenti in Italia,
Italia
salvo prova contraria, le società e gli enti che detengono più del 50% delle quote dei
fondi immobiliari chiusi e sono controllati, direttamente o indirettamente, da soggetti
residenti in Italia. A tali fini, si considerano controllati: le società o enti in cui
un’altra società o ente dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria; le società o enti in cui un’altra società o ente dispone di voti sufficienti a
esercitare un’influenza dominante; le società o enti che sono sotto l’influenza
dominante di un’altra società o ente, in virtù di particolari vincoli contrattuali.
Per potenziare il contrasto all’evasione fiscale, i Comuni devono confermare
Residenze estere
all’Agenzia delle entrate, entro i sei mesi successivi alla richiesta dei contribuenti di
iscrizione all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), che il richiedente ha cessato
di risiedere nel territorio nazionale.
È introdotta, nell’ottica del federalismo fiscale, una norma programmatica con la
Studi di settore
quale, dall’anno 2009, gli studi di settore saranno elaborati su base regionale o
comunale. L’elaborazione, su base regionale o comunale, avverrà con criteri di
gradualità entro il 2013, garantendo la partecipazione dei Comuni.
Garanzia
su È stato abolito l’obbligo di prestare garanzia, a mezzo fideiussione o ipoteca su beni
rateizzazioni
delle immobili, in caso di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo di importo superiore a
somme iscritte a ruolo 50.000 euro. Restano tuttavia valide le garanzie già prestate. Il provvedimento
consente anche di variare il termine di scadenza delle rate concordate in relazione alle
particolari esigenze del contribuente.
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4. LA MANOVRA D’ESTATE: LE MISURE SUL LAVORO
Con la manovra estiva 2008 sono state introdotte non solo novità fiscali ma anche significative
modifiche alla normativa sul lavoro. Tra queste spicca l’introduzione del libro unico del lavoro, che
sostituisce il libro paga e il libro matricola, la reintroduzione del lavoro a chiamata e l’ampliamento
dei contratti occasionali di tipo accessorio.
Libro unico sul lavoro
Il libro paga e il libro matricola sono sostituiti dal libro unico del lavoro, nel quale sono iscritti tutti i
lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi (anche nella modalità a progetto) e gli
associati in partecipazione con apporto lavorativo; non è, invece, previsto l’obbligo di iscrivere i soci di
società o i familiari del titolare dell’impresa. Con riferimento a ciascun lavoratore, il libro unico del
lavoro deve contenere i seguenti dati:
• nome, cognome e codice fiscale;
• ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative
posizioni assicurative;
• tutte le dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, comprese le somme a
titolo di rimborso spese, indicando specificatamente le somme erogate a titolo di premio o per
prestazioni di lavoro straordinario;
• le trattenute a qualsiasi titolo effettuate (per esempio, le trattenute fiscali, contributive o sindacali) e
le detrazioni fiscali;
• i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare e alle prestazioni ricevute da enti e istituti
previdenziali;
• un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da
ciascun lavoratore subordinato, nonché le ore di straordinario, le eventuali assenze dal lavoro,
anche non retribuite, le ferie e i riposi; nell’ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una
retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al
lavoro.
Il libro unico del lavoro deve essere compilato, per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del
mese successivo. La registrazione dei dati variabili può avvenire con un differimento non superiore a
un mese, a condizione che di ciò sia data precisa annotazione sul libro unico del lavoro. Per
semplificare gli adempimenti documentali connessi alla gestione del rapporto di lavoro, il decreto
prevede che la consegna al lavoratore, da parte del datore di lavoro, di copia delle scritturazioni
effettuate nel libro unico del lavoro faccia venire meno l’obbligo di consegnare al lavoratore la busta
paga.
Il libro unico del lavoro può essere tenuto attraverso:
• elaborazione e stampa meccanografica su fogli mobili o a ciclo continuo, con numerazione di ogni
pagina e vidimazione prima dell’utilizzo presso l’INAIL;
• stampa laser, con autorizzazione preventiva, da parte dell’INAIL, alla stampa e generazione della
numerazione automatica;
• supporti magnetici, sui quali ogni singola scrittura costituisca documento informatico e sia
collegata alle registrazioni in precedenze effettuate o a elaborazioni automatiche dei dati,
garantendo in ogni momento la consultabilità, la inalterabilità e la integrità dei dati, nonché la
sequenzialità cronologica delle operazioni eseguite.
La conservazione del libro unico del lavoro avviene presso la sede legale del datore di lavoro o in
alternativa, previa comunicazione alla Direzione provinciale del Lavoro territorialmente competente,
presso lo studio dei consulenti del lavoro e degli altri professionisti abilitati (dottori commercialisti ed
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esperti contabili o avvocati) o presso la sede dei servizi e dei centri di assistenza delle associazioni di
categoria delle imprese artigiane e delle altre piccole imprese. Il datore di lavoro ha l’obbligo di
conservare il libro unico del lavoro per la durata di cinque anni dalla data dell’ultima registrazione.
Quanto alle sanzioni che sono comminate per la violazione delle nuove disposizioni, il d.l. n. 112/2008
prevede, per esempio, l’applicazione di una sanzione:
• da 500,00 a 2.500,00 euro, per la violazione dell’obbligo di istituzione del libro unico;
• da 200,00 a 2.000,00 euro, per l’omessa esibizione del libro agli organi di vigilanza;
• da 150,00 a 1.500,00 euro, per l’omessa o infedele registrazione dei dati che determini differenti
trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali;
• da 100,00 a 600,00 euro, in caso di registrazioni effettuate oltre il termine previsto.
Reintroduzione del lavoro a chiamata
La manovra d’estate, tra le varie novità concernenti il mercato del lavoro, ha previsto anche la
reintroduzione del lavoro intermittente (lavoro a chiamata o job on call), a soli sei mesi dall’entrata in
vigore della l. n. 247/2007 (governo Prodi), attuativa del Protocollo Welfare che, all’articolo 1 comma
45, aveva abrogato tale fattispecie contrattuale.
RIPRENDIAMO I CONCETTI
Job on call
Il contratto a chiamata, o lavoro intermittente, o job on call è il contratto mediante il quale un lavoratore si
pone, a tempo determinato o indeterminato, a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la
prestazione lavorativa “chiamandolo”, di volta in volta, a eseguire una determinata attività, nel rispetto di un
periodo minimo di preavviso (un giorno). Il lavoratore, pertanto, alterna periodi in cui esegue la prestazione
lavorativa a periodi di “attesa”. Il lavoratore che garantisce la sua disponibilità in caso di chiamata aveva
diritto a ricevere un’indennità mensile. Il lavoro intermittente trova la sua origine nell’esperienza
statunitense, dove è particolarmente diffuso nel settore terziario e della Pubblica amministrazione. In
Europa, invece, il solo Paese in cui ha trovato diffusione è l’Olanda, dove assume la denominazione di job
on call o stand by workers. In Italia, il primo approccio a tale figura contrattuale è stato frutto della
contrattazione collettiva; in seguito pur in assenza di una specifica disciplina, si è fatto ricorso a forme di
lavoro intermittente soprattutto nel settore del terziario, per sopperire a esigenze temporanee e occasionali
(picchi di produzione), estranee al normale ciclo produttivo. Significativa l’esperienza dell’azienda
Elettrolux Zanussi che tentò nel 2000 di introdurre questa nuova tipologia contrattuale, ma fu bloccata da un
referendum dei lavoratori. Con il d.lgs. n. 276/2003, attuativo della legge Biagi, questo tipo di contratto ha
trovato un’organica regolamentazione (artt. da 33 a 40). Recentemente, con la legge sul welfare (l. n.
247/2007), questo tipo di contratto era stato eliminato dal nostro ordinamento. La stessa legge sul welfare
aveva previsto, però, l’introduzione di un nuovo contratto molto simile (contratto di lavoro discontinuo), da
applicare solo nel settore del turismo e dello spettacolo. Con la manovra d’estate il contratto a chiamata è
stato nuovamente introdotto nel nostro ordinamento.
Con la reintroduzione di tale tipologia contrattuale il legislatore ha previsto l’abrogazione dei commi
47, 48, 49 e 50 dell’articolo 1 della l. n. 247/2007, che disciplinavano una particolare forma di lavoro a
prestazioni discontinue nei soli settori del turismo e dello spettacolo.
Ampliamento dei contratti occasionali di tipo accessorio
Il d.l. n. 112/2008 (manovra d’estate) interviene anche sui contratti occasionali di lavoro accessorio
sostituendo integralmente la disciplina contenuta nell’articolo 70 del d.lgs. n. 276/2003. Secondo la
nuova definizione di questa tipologia di lavoro, che era stata recentemente resa operativa solo nel
settore della vendemmia, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono le attività lavorative di
19
natura occasionale rese nell’ambito di lavori domestici, di giardinaggio, di pulizia e manutenzione di
edifici, strade, parchi e monumenti, dell’insegnamento privato supplementare, di manifestazioni
sportive, culturali o caritatevoli e attività agricole di carattere stagionale, dell’impresa familiare
(limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi), della consegna porta a porta e della vendita
ambulante di stampa quotidiana e periodica. Se ne possono anche avvalere i giovani di meno di 25
anni, iscritti a un ciclo di studi presso l’università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado.
Rispetto alla precedente versione scompare il riferimento ai “soggetti a rischio di esclusione sociale o
comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro ovvero in procinto di uscirne” e la platea di coloro
che possono svolgere prestazioni occasionali di natura accessoria è estesa a tutti i lavoratori.
RIPRENDIAMO I CONCETTI
I contratti occasionali di tipo accessorio
Il lavoro accessorio consiste nello svolgimento di attività lavorative di natura occasionale, retribuite
attraverso “buoni” (cosiddetti voucher), del valore di 10 euro, che il committente acquista presso le rivendite
autorizzate. Il lavoratore percepisce il compenso, restituendo al concessionario il buono ricevuto dal “datore
di lavoro”. Il lavoratore, una volta ricevuto il buono, lo “converte” presentandolo presso un concessionario
del servizio, il quale trattiene un importo:
• del 13% del valore nominale del buono, a titolo di contribuzione previdenziale alla Gestione separata
INPS ex L. 335/95;
• del 7% del valore nominale del buono, a titolo di premi INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali;
• del 5%, a titolo di rimborso spese.
Il compenso residuo è invece esente da qualsiasi imposizione fiscale. I compensi per il lavoro occasionale di
tipo accessorio non possono superare però i 5.000 euro per anno solare. Con la circolare INPS n. 81 del
31/07/2008 sono stati introdotti in via sperimentale due procedimenti per la gestione del buono (voucher).
L’uno prevede l’accredito del corrispettivo al lavoratore occasionale mediante procedura telematica
(vuocher telematico) utilizzando una carta magnetica tipo bancomat; il secondo procedimento, invece,
prevede l’acquisto e la riscossione dei buoni (voucher) cartacei, attraverso gli sportelli e uffici delle poste
italiane e la collaborazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per ciò che attiene la stampa di tali
buoni.
20
5. LA LEGGE FINANZIARIA
La finanziaria 2009 (l. n. 203 del 22 dicembre 2008) è stata pubblicata sul S.O. n. 285 alla Gazzetta
Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 2008 e sostanzialmente conferma le disposizioni previste
dall’originario disegno di legge presentato dal Governo nel mese di ottobre. Va ribadito che, rispetto al
passato, la finanziaria 2009 ha un contenuto “ridotto”, in quanto si inserisce nella programmazione del
triennio 2009-2011 per il quale una consistente parte delle disposizioni fiscali sono contenute nel d.l. n.
112/2008, convertito dalla l. n. 133/2008, in materia di sviluppo economico, semplificazione,
competitività, stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria. La finanziaria “snella” è
composta da quattro articoli e da pochi commi, in tutto 72, sfatando la consuetudine consolidata delle
Finanziarie con più di 1.000 commi. Si pensi, solo per fare esempi recenti, alla finanziaria 2007,
composta da un solo articolo comprendente 1.364 commi, o alla finanziaria 2008, composta da 1.193
commi, ammassati in tre articoli.
LA STRUTTURA DELLA FINANZIARIA “SNELLA”
Articolo Titolo
Risultati differenziali.
1
Proroghe fiscali, misure per l’agricoltura e l’autotrasporto, gestioni previdenziali, risorse
2
destinate ai rinnovi contrattuali e ai miglioramenti retributivi per il personale statale in
regime di diritto pubblico, ammortizzatori sociali e patto di stabilità interno.
Ulteriori norme in tema di tutela di finanza pubblica.
3
Fondi e tabelle. Entrata in vigore.
4
Commi
4
50
11
7
La nostra analisi si soffermerà sull’articolo 2 della legge finanziaria, che contiene le principali misure
di interesse fiscale per le imprese e le persone fisiche, consistenti prevalentemente in proroghe di
alcune agevolazioni.
Irap per le imprese agricole
La finanziaria dispone, innanzitutto, a favore dei soggetti che operano nel settore agricolo, nonché
delle cooperative della piccola pesca e dei loro consorzi, la conferma dell’applicazione dell’aliquota
agevolata dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) dell’1,9% per gli anni d’imposta 2008 e
successivi. Con la disposizione in esame si è prevista l’applicazione “a regime” dell’aliquota agevolata
per questi settori, evitando per il futuro di dover ricorrere annualmente a provvedimenti di proroga.
Disposizioni a favore degli autotrasportatori
Nel provvedimento sono previsti, inoltre, diversi interventi di supporto per le imprese di autotrasporto
conto terzi. In particolare:
• le disposizioni della legge finanziaria 2006 (l. n. 266/2005), già precedentemente estese all’anno
2008 (l. n. 224/2007) sono applicate anche per l’anno 2009. La norma prevede che le somme
versate nel periodo d’imposta 2008 a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale sui premi di
assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore
adibiti a trasporto merci, di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate, fino
alla concorrenza di 300 euro per ciascun veicolo, possono essere utilizzate in compensazione dei
versamenti effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009, nel limite di spesa di 75 milioni di euro;
• per il periodo d’imposta 2008, la deduzione forfetaria di spese non documentate di cui all’art. 66,
comma 5, primo periodo del Tuir, spetta anche per i trasporti personalmente effettuati
dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35% di
quello spettante per i medesimi trasporti nell’ambito della regione o delle regioni confinanti.
21
APPROFONDIMENTO
Art. 66, comma 5, del Tuir
Ai sensi dell’art. 66, comma 5, primo periodo del Tuir, il reddito delle imprese di autotrasporto è ridotto a
titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, di un importo pari a 7,75 euro per i trasporti
personalmente effettuati dall’imprenditore, oltre il comune in cui ha sede l’impresa ma nell’ambito della
regione o delle regioni confinanti e 15,49 euro per i trasporti effettuati oltre tale ambito. Con la nuova
norma, introdotta dalla finanziaria, per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore, all’interno del
comune in cui ha sede l’impresa, spetta una deduzione forfetaria pari al 35% di quella spettante per i gli
stessi trasporti nell’ambito della regione e delle regioni confinanti (2,71 euro pari al 35% di 7,75%). Per le
medesime imprese, sempre a norma dell’art. 66 del Tuir, compete, altresì, una deduzione forfetaria annua di
154,94 euro per ciascun motoveicolo o autoveicolo avente massa complessiva a pieno carico non superiore a
3.500 chilogrammi; tale deduzione spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione del trasporto,
indipendentemente dal numero dei viaggi.
Nei limiti di spesa stanziati (30 milioni di euro) è prevista, poi, la rideterminazione dei seguenti
importi:
le indennità di trasferta o missione fuori dal territorio comunale, percepite nel 2009 da dipendenti
addetti alla guida di imprese di autotrasporto;
le deduzione forfetaria di cui le imprese di autotrasporto possono beneficiare, in alternativa alla
deduzione anche analitica delle spese sostenute, in occasione delle trasferte fuori comune dai propri
dipendenti;
la percentuale di spese per lavoro straordinario degli addetti alla guida dipendenti di imprese di
autotrasporto che non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini fiscali e contributivi.
Nel limite di spesa di 40 milioni di euro, verrà attribuito un credito di imposta corrispondente a una
quota parte della tassa automobilistica pagata per l’anno 2009 per ciascun veicolo di massa
complessiva non inferiore a 7,5 tonnellate, posseduto e utilizzato per attività di autotrasporto conto
terzi. Il credito di imposta è fruibile in compensazione ma non è rimborsabile, non concorre alla
formazione dell’imponibile Ires, Irpef e Irap, non rileva ai fini del rapporto di cui agli art. 61 e 109,
comma 5 del Tuir.
Detrazioni Irpef al 19%
Per l’anno 2009, agli insegnanti di scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo, è riproposta la
detrazione del 19% sulle spese documentate, sostenute per l’aggiornamento e la formazione
professionale ed effettivamente rimaste a proprio carico. Il limite massimo di spesa è di 500 euro e,
quindi, l’importo massimo della detrazione sarà di 95 euro.
Relativamente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008 e a quelli successivi, sono prorogate
le disposizioni che prevedono una detrazione del 19% sulle spese documentate per il pagamento delle
rette per la frequenza dell’asilo nido, sostenute dai genitori per i figli di età compresa tra i tre mesi e i
tre anni. Il limite di spesa fissato per il calcolo della detrazione è di 632 euro annui per figlio, la
detrazione massima usufruibile è di 120 euro (632 euro x 19%) per ogni figlio. Per l’agevolazione non
c’è differenza rispetto al tipo di nido frequentato, pubblico o privato.
Anche per il 2009 è consentita la detrazione del 19% per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di
trasporto pubblico (locale, regionale e interregionale). La detrazione spetta per un importo massimo di
spesa di 250 euro, con un risparmio d’imposta di 47,50 euro (250 euro x 19%). Il beneficio spetta
anche per gli abbonamenti dei familiari a carico, sempre entro lo stesso limite di spesa.
22
Accise
Si contrae del 40% l’accisa sul gas metano per gli utilizzatori industriali (cosiddetti “grandi
consumatori”), termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1 milione 200 mila metri cubi per anno.
La finanziaria introduce, a regime, inoltre, le agevolazioni fiscali relative:
• all’impiego di gasolio e gpl usati come combustibili per riscaldamento in zone geografiche
svantaggiate, aree montane e altri specifici territori nazionali (Regione Sardegna e altre isole
minori). Ricordiamo che lo sconto è di 0,0258 euro per litro di gasolio o chilogrammo di GPL;
• crediti d’imposta per ogni chilowattora di calore fornito tramite reti di teleriscaldamento alimentate
a biomassa o con energia geotermica. Ricordiamo che il credito d’imposta è incrementato per un
importo pari a 0,015 euro per ogni chilowattora di calore fornito.
Sono prorogate, per tutto l’anno 2009, le agevolazioni sul gasolio e sul gas di petrolio liquefatto
impiegate nelle frazioni parzialmente non metanizzate dei comuni ricadenti in determinate zone
(finanziaria 2002). L’agevolazione consiste nella riduzione del costo del gasolio di 0,026 euro per litro
e del GPL per 0,026 euro per chilogrammo. Per tutto il 2009 è esente da accisa il gasolio utilizzato
nelle coltivazioni sotto serra.
APPROFONDIMENTO
Le accise
Le accise (dal francese accise e dal latino accisia che significa “tagliare”), dette anche imposte di
fabbricazione e consumo, sono un gruppo di imposte indirette erariali che gravano su determinati prodotti,
nonché sulla loro importazione nel territorio dello Stato. Per i prodotti sottoposti ad accisa l’imposta è
dovuta al momento della fabbricazione o della importazione, o al momento dell’emissione al consumo. Le
principali imposte sono le seguenti: imposta di fabbricazione sugli spiriti e sulla birra, imposta di
fabbricazione sugli oli minerali, imposta di consumo sull’energia elettrica, imposta di consumo sul gas
metano, imposta di consumo sugli oli lubrificanti e sui bitumi. Le accise sono disciplinate dal d.lgs. n.
504/1995 (Testo unico sulle accise, cosiddetto TUA). Tali imposte, oltre a garantire all’erario un cospicuo
gettito, possono essere utilizzate per finalità extra tributarie (politica del consumo energetico, politica dei
trasporti ecc.) o servire per effettuare manovre finanziarie, attraverso le quali lo Stato si garantisce un nuovo
gettito con piccole variazioni alle relative aliquote.
Interventi di recupero del patrimonio edilizio
È prorogata al 31 dicembre 2011 la detrazione Irpef del 36% relativa alle spese sostenute, nei limiti di
48.000 euro per unità immobiliare, per interventi di recupero del patrimonio edilizio già prevista per
gli anni 2008, 2009, 2010 dalla finanziaria 2008.È prorogata anche la detrazione d’imposta nel caso di
acquisto di immobili facenti parte di fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione e da
cooperative edilizie, sempreché gli interventi siano eseguiti entro il 31 dicembre 2011 e che
l’alienazione o l’assegnazione avvenga entro il 30 giugno 2012 (termini già fissati rispettivamente al 31
dicembre 2010 e al 30 giugno 2011 dalla legge finanziaria 2008). Con la finanziaria 2009 sono
prorogate al 2011 anche le agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio, per
quanto riguarda l’Iva; in particolare, l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata al 10% spettante per le
spese di ristrutturazione edilizia eseguite negli immobili a uso abitativo ovvero per le spese sostenute
dalle imprese costruttrici su interi fabbricati, finalizzate al recupero del patrimonio edilizio.
23
6. IL DECRETO LEGGE N. 185/2008
Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di fronteggiare l’eccezionale situazione di crisi
internazionale favorendo l’incremento del potere di acquisto delle famiglie attraverso misure
straordinarie rivolte in favore dei lavoratori, dei pensionati e delle imprese, il Governo ha emanato, in
data 29 novembre 2008, nonostante la scarsità di risorse disponibili, un decreto legge anti-crisi. Il
provvedimento è stato convertito in legge il 27 gennaio 2009, sul filo di lana, dal Senato (l. n. 2 del 28
gennaio 2009, in G.U. n. 22 del 28 gennaio 2009, S.O. n. 14). Riepiloghiamo, di seguito, le principali
novità che interessano le famiglie e le imprese.
Bonus straordinario per le famiglie a basso reddito
La norma prevede l’introduzione di un bonus straordinario, per il solo anno 2009, per i soggetti
residenti, componenti un nucleo familiare a basso reddito, scaglionato in relazione alla numerosità del
nucleo, agli eventuali componenti portatori di handicap e al reddito complessivo familiare riferiti al
periodo d’imposta 2007 o, in alternativa, al periodo d’imposta 2008 (vedi tabella).
Bonus
200 euro
300 euro
450 euro
500 euro
600 euro
1.000 euro
1.000 euro
ATTRIBUZIONE DEL BONUS
Soggetti
Reddito complessivo
Titolari di reddito di pensione e unici componenti del Non superiore a 15.000 euro
nucleo familiare.
Nucleo familiare di due componenti.
Non superiore a 17.000 euro
Nucleo familiare di tre componenti.
Non superiore a 17.000 euro
Nucleo familiare di quattro componenti.
Non superiore a 20.000 euro
Nucleo familiare di cinque componenti.
Non superiore a 20.000 euro
Nucleo familiare oltre cinque componenti.
Non superiore a 22.000 euro
Nucleo familiare in cui vi siano figli a carico del Non superiore a 35.000 euro
richiedente portatori di handicap.
Tale beneficio, attribuito a un solo componente del nucleo familiare del richiedente, non costituisce
reddito né ai fini fiscali né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali né per il rilascio
della social card. Per beneficiare del bonus è necessario che il richiedente sia residente in Italia; per gli
altri componenti del nucleo familiare del richiedente (coniuge non separato, figli a carico, altri familiari
a carico), invece, non è richiesta la residenza nel territorio dello Stato.
Il bonus straordinario spetta a condizione che il richiedente e gli altri componenti del nucleo familiare
abbiano percepito nell’anno 2008 redditi rientranti esclusivamente in una o più delle seguenti categorie:
• redditi di lavoro dipendente o da pensione;
• taluni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (compensi percepiti da soci di cooperative di
produzione e lavoro, redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,
remunerazioni dei sacerdoti, compensi percepiti da soggetti impegnati in lavori socialmente utili,
assegni periodici corrisposti al coniuge);
• redditi diversi derivanti da attività commerciali o da attività di lavoro autonomo non esercitate
abitualmente; il possesso di tali redditi non è di ostacolo alla fruizione del bonus a condizione che
gli stessi siano percepiti esclusivamente dal coniuge del richiedente o dagli altri familiari a carico
(diversamente, il possesso di questi redditi, da parte del soggetto richiedente esclude dalla fruizione
del bonus);
• redditi fondiari per un ammontare non superiore a 2.500 euro (tale somma deve intendersi riferita
alla somma dei redditi fondiari prodotti dall’intero nucleo familiare). Il possesso dei redditi fondiari
è compatibile con la fruizione del bonus a condizione che gli stessi si accompagnino a una o più
delle altre tipologie di reddito indicate dalla norma.
24
APPROFONDIMENTO
Il bonus famiglia
Si propone uno stralcio di un articolo di Tonino Morina apparso sul “Il Sole 24 Ore” del 2 dicembre 2008
dal titolo “Il bonus famiglia è limitato”, che evidenzia alcune particolarità del bonus.
Piccoli imprenditori e professionisti esclusi dal bonus per la famiglia. La partita Iva, anche per una piccola
attività d'impresa, arte o professione, esclude infatti la possibilità di accesso al bonus straordinario introdotto
dal decreto legge anti-crisi. Sono esclusi anche i titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo derivante
da partecipazione in società di persone, commerciali o artigianali, in studi associati fra professionisti o in
società di capitali. L'articolo 1 del d.l. 185/2008 prevede infatti che il bonus straordinario per famiglie spetti,
per il solo 2009, ai lavoratori dipendenti, ai pensionati e ai non autosufficienti, anche se titolari di alcuni altri
redditi, purché siano diversi da quelli derivanti dall'esercizio per professione abituale di un'attività d'impresa
o di lavoro autonomo. Rientrano tra i soggetti ammessi al bonus famiglia i titolari di reddito di lavoro
dipendente o di pensione che sono anche titolari di redditi fondiari, cioè redditi di terreni e fabbricati, da
considerare solo cumulativamente con il reddito di lavoro dipendente o di pensione, per un ammontare non
superiore a 2.500 euro. I redditi fondiari si distinguono in redditi agrari e dominicali dei terreni, e redditi dei
fabbricati. Questo significa, per esempio, che il dipendente o pensionato, che è anche titolare di redditi di
fabbricati per uno o più immobili dati in affitto per un ammontare superiore a 2.500 euro, è escluso dal
bonus per la famiglia. Al contrario, non è escluso dal bonus famiglia il dipendente o pensionato il cui reddito
complessivo del nucleo familiare rientra tra i limiti previsti dalla norma, che è anche titolare di un piccolo
terreno, che produce ortaggi e agrumi, per i quali ricava poco più di 2.000 euro l'anno e dichiara come
reddito dominicale e agrario l'importo di 250 euro. Ai fini del calcolo del reddito, si considerano componenti
del nucleo familiare chi richiede il bonus, il coniuge, anche se è non fiscalmente a carico, ma a patto che non
sia legalmente ed effettivamente separato, i figli e gli altri familiari fiscalmente a carico. Per familiari si
intendono, a norma dell'articolo 12 del Tuir, il coniuge non legalmente ed effettivamente separato, i figli,
compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi, gli affidati e gli affiliati nonché ogni altra persona
indicata nell'articolo 433 del Codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari
non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Per essere considerato a carico, il familiare deve
possedere un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
RISPONDI A QUESTE DOMANDE E VERIFICA LE TUE CONOSCENZE
1. Cosa s’intende per reddito di lavoro dipendente?
2. Quali sono i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente?
3. Cosa s’intende per reddito dei terreni e che differenza c’è tra reddito agrario e reddito dominicale?
4. Cosa stabilisce l’articolo 433 del codice civile.
Altri bonus
Il bonus per latte e pannolini
In fase di conversione del d.l. n. 185/2008 è stata introdotta una norma a favore delle famiglie per
rimborsare le spese sostenute per acquistare pannolini e latte artificiale per i neonati fino a tre mesi
d’età. Possono usufruire di questi rimborsi i soggetti che hanno diritto a ricevere i benefici della social
card. Le condizioni necessarie – come abbiamo visto – sono: cittadinanza italiana e un reddito non
superiore a 6.000 euro. Il calcolo del reddito è eseguito con l’indicatore di situazione economica
equivalente (ISEE o “riccometro”).
Il bonus energia
La prima stesura del decreto anticrisi aveva sollevato diverse proteste da parte degli operatori del
settore, consumatori/contribuenti ed eco-sostenitori per la sostanziale eliminazione delle agevolazioni
(detrazione Irpef o Ires del 55% da spalmare da un minimo di tre a un massimo di dieci annualità)
25
previste per le spese di ristrutturazioni con risparmio energetico e per la retroattività del provvedimento
stesso. La nuova stesura ha tenuto conto delle critiche sollevate, ma non ha eliminato del tutto i
problemi che ha creato. Il decreto anticrisi prevede, nella sua versione finale, infatti, che, per gli
interventi effettuati nel 2008, non vi saranno nuovi obblighi e nella prossima dichiarazione dei redditi si
potrà scegliere il numero di rate per usufruire della detrazione, da un minimo di tre a un massimo di
dieci annualità, come indicato dalla precedente normativa. Per le spese sostenute a partire dal 2009 lo
sconto del 55% dovrà essere distribuito in cinque rate annuali, pertanto non si potrà più scegliere la
ripartizione da tre a dieci rate. Quest’ultima regola vale anche per la parte dei lavori iniziata nel 2008
ma eventualmente non completata. Con la detrazione in cinque rate annuali, introdotta dall’anno 2009,
si può correre il rischio dell’incapienza fiscale, che si verifica quando lo sconto fiscale è superiore
all’imposta con l’impossibilità di godere del tutto della detrazione.
Mutui prima casa
Il decreto anti-crisi stabilisce che per i mutui in corso sulla prima casa il tasso variabile 2009 sarà
calcolato con riferimento al minimo tra il 4% al netto dello spread, spese varie e ogni altro tipo di
maggiorazione applicati, e il tasso contrattuale applicato alla data di sottoscrizione del mutuo. Tale
meccanismo di calcolo non trova alcuna applicazione se le condizioni contrattuali determinano una rata
di importo inferiore. Se il tasso supera il 4% lo Stato interviene e si accolla l’eventuale eccedenza e alle
banche spetterà un credito d’imposta utilizzabile in compensazione; il provvedimento non si applica
però se l’abitazione appartiene alle categorie A1 (abitazione signorile), A8 (ville) e A9 (castelli e
palazzi storici e artistici). Per i nuovi mutui, invece, a partire dal 1° gennaio 2009 le banche dovranno
assicurare alla clientela la possibilità di stipulare mutui garantiti da ipoteca per l’acquisto
dell’abitazione principale a un tasso d’interesse variabile agganciato al tasso ufficiale della Banca
centrale europea, oltre che al normale Euribor. Sempre per i mutui il decreto ha previsto sanzioni
pecuniarie per le banche che non applicano la legge sulla portabilità facendo pagare la surrogazione
dell’ipoteca che dovrebbe essere a costo zero per il mutuatario (la legge si applica alle banche
inadempienti dal primo gennaio 2009). Si tratta infatti di un costo che limita la concorrenza e
impedisce di trasferire il mutuo a un ente creditizio che offre condizioni migliori. Con le sanzioni,
inoltre, sarà alimentato il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa (previsto dalla
finanziaria per il 2008). Le sanzioni saranno decise dalla Banca d’Italia e le banche potranno fare
ricorso alla Corte d’appello di Roma.
26
PAROLE DA CONOSCERE
Contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una determinata
Mutuo
quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose
della stessa specie e qualità (art. 1813 c.c.). Il mutuo bancario è la forma più diffusa di
mutuo ed è quel prestito erogato da un istituto di credito, solitamente per importi di un
certo rilievo, contro la prestazione di una garanzia. Il caso tipico è il mutuo richiesto e
concesso per agevolare il mutuatario nell’acquisto o nella ristrutturazione della casa di
proprietà. Il mutuo bancario è una delle forme di finanziamento più diffuse. Con il mutuo,
la banca trasferisce una certa quantità di denaro al richiedente che, da parte sua, è tenuto
alla restituzione dell’importo concesso (capitale erogato) e al pagamento di interessi da
calcolare sulla base di un parametro finanziario (tasso di interesse). A garanzia del
rimborso viene richiesta l’iscrizione di ipoteca a favore della banca che permette all’istituto
di credito di rivalersi sull’immobile in caso di insolvenza. L’adempimento avviene in
modo graduale nel tempo (durata del mutuo), attraverso versamenti periodici (le rate). Gli
interessi sul debito residuo possono essere fissi oppure variabili e determinano in tal modo
diversi tipi di mutuo.
Tasso d’interesse Il tasso d’interesse è formato da un indice più lo spread. Quest’ultimo (letteralmente scarto
o margine) rappresenta il differenziale rispetto al prezzo di acquisto o di vendita di un
(mutuo)
determinato strumento finanziario. Nel caso del mutuo lo spread rappresenta la percentuale
della banca sull’importo totale di mutuo, ovvero la sua remunerazione. In pratica al tasso
d’interesse (fisso o variabile) viene aggiunta una maggiorazione, che rappresenta il
margine di guadagno della banca.
Il
tasso ufficiale della BCE è pari al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale
Tasso
ufficiale
della
Banca stabilito dalla Banca centrale europea (cosiddetto tasso Refi). In pratica, il tasso Refi
rappresenta il valore indicizzato che le banche sono tenute a pagare quando prendono in
centrale europea
prestito del denaro dalla BCE. Gli istituti bancari fanno ricorso a questa opportunità al
momento in cui si trovano ad affrontare periodi di carenza di liquidità
L’Euribor, acronimo di EURo Inter Bank Offered Rate (tasso interbancario di offerta in
Tasso Euribor
euro), indica il tasso medio con cui avvengono le transazioni finanziarie in euro tra le
banche europee. In un periodo di crisi finanziaria come l’attuale la fiducia tra gli istituti di
credito diminuisce e i tassi utilizzati per le transazioni finanziarie in euro fra le stesse
banche (cosiddette operazioni interbancarie) diventano instabili. In pratica, i tassi Euribor
scendono molto lentamente rispetto ai tagli del tasso ufficiale della BCE (tasso Refi) a tutto
discapito della clientela.
MATERIALE PER LA DISCUSSIONE
Si propongono alcune considerazioni che potranno stimolare la discussione in classe:
1. La norma stabilisce che il tetto massimo della rata per il 2009, dei mutui a tasso variabile o misto, è
calcolato in base a un tasso del 4% o in base al tasso applicato alla sottoscrizione del mutuo se più alto del
4%. Questo non significa che il tetto massimo del tasso è sempre il 4%. Infatti, se al momento della stipula il
tasso variabile è superiore al 4% lo Stato si accolla solo la differenza fra il tasso di stipula e il tasso
applicato. Un esempio chiarirà il meccanismo. Ipotizziamo un soggetto che ha stipulato un mutuo a tasso
variabile del 6%: il nostro contribuente continuerà a pagare il 6% in quanto lo Stato interverrà solo per la
parte di interesse che supera il 6% e non il 4%.
2. Con la possibilità introdotta dal decreto anticrisi di utilizzare l’indice MRO, il Governo ha cercato,
agganciandosi al tasso della BCE, di risolvere il problema dell’instabilità dell’Euribor e rendere
immediatamente efficace l’abbassamento dei tassi da parte della BCE. Sebbene i tassi BCE siano più stabili
rispetto all’Euribor occorre tenere presente, però, della componente spread. In pratica, le banche possono
applicare spread diversi a seconda che il parametro di riferimento della rata sia l’Euribor o il tasso BCE, con
il rischio che non cambi assolutamente nulla.
27
Clausole sui conti correnti
Il provvedimento stabilisce la nullità delle clausole relative alla commissione di massimo scoperto sui
conti correnti bancari se il saldo del cliente risulta a debito per un periodo continuativo inferiore a
trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido. Sono altresì dichiarate nulle le clausole che
prevedono una qualsiasi remunerazione alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del
cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall’effettivo prelevamento e quelle che prevedono
una remunerazione alla banca indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da
parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia
predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto
non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all’importo e alla durata
dell’affidamento richiesto dal cliente e sia specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con
cadenza massima annuale con l’indicazione dell’effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta
salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento.
APPROFONDIMENTO
La commissione di massimo scoperto
La commissione di massimo scoperto (CMS) è il compenso che la banca richiede a titolo di rimborso del
costo della liquidità che essa sopporta per il sostenuto rischio del totale utilizzo accordato al cliente
medesimo, indipendentemente dal fatto che le somme siano affidate o garantite. Essa viene calcolata come
una percentuale sull’importo massimo utilizzato dal cliente nel periodo di riferimento (solitamente
trimestrale). Di solito questa percentuale varia tra lo 0,125% e l’1% dell’importo massimo utilizzato. Il
calcolo trimestrale della CMS avveniva, in assenza di norme, in base agli usi bancari. In pratica, non solo le
diverse banche non applicavano gli stessi criteri uniformi, ma poteva accadere che uno stesso istituto di
credito poteva applicare criteri differenti ai conti correnti dei vari clienti, a seconda dell’importanza e della
forza contrattuale, rendendo variabile l’incidenza di detta commissione. Tre erano i criteri generalmente
utilizzati nella prassi dalle banche:
• il criterio assoluto, secondo cui la commissione si calcola sul massimo saldo debitore registrato nel
trimestre;
• il criterio relativo, in base al quale la commissione si calcola sul saldo dare registrato nel trimestre, ma a
condizione che il picco massimo faccia parte di una sequenza debitoria ininterrotta di almeno dieci
giorni;
• il criterio misto, secondo cui l’applicazione della commissione si calcola sul saldo massimo del periodo
purché nell’arco temporale considerato si sia verificata una esposizione debitoria di almeno dieci giorni.
Anche se il terzo criterio appare più equo, gran parte degli istituiti bancari fino a oggi ha applicato il criterio
assoluto in quanto più conveniente per la banca. In pratica, prima del decreto anticrisi, la commissione di
massimo scoperto (CMS) era applicata anche se nel trimestre il cliente affidato era andato in “rosso” per un
solo giorno. La l. n. 2/2009 ha colmato, finalmente questo vuoto legislativo presente nel nostro ordinamento
su tale materia. In sintesi, la norma ha previsto:
• la nullità della CMS se il saldo del conto corrente del cliente risulta a debito per un periodo di tempo
continuativo inferiore a 30 giorni;
• la nullità della CMS se il cliente non ha un’apertura di credito;
• la nullità delle clausole che prevedono una remunerazione per la banca per la sola messa a disposizione
di una linea di credito, indipendentemente dal suo utilizzo, salvo che il corrispettivo sia predeterminato,
con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura proporzionale all’importo e alla durata
dell’affidamento richiesto, fatta salva, in ogni caso, la facoltà di recesso del cliente.
28
Infine, la norma stabilisce che gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole,
comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della banca, dipendente
dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, ovvero qualunque clausola che
riguarderà la nuova commissione di massimo scoperto, saranno rilevanti ai fini dell’usura (artt. 1815
codice civile e 614 codice penale), per stabilire il livello dei tassi effettivi medi oltre il quale gli
interessi si intendono usurari; si tratta di una importante novità visto che finora la commissione di
massimo scoperto non era computata dalla Banca d’Italia nella determinazione del tasso usurario.
Conto
corrente
bancario
Tasso
usurario
PAROLE DA CONOSCERE
Il contratto di conto corrente bancario (o conto corrente di corrispondenza) è un contratto con il
quale la banca assume il mandato di compiere, per conto del cliente e dietro suo ordine,
pagamenti (di assegni tratti dal correntista sulla banca, di cambiali domiciliate, di fatture, di
imposte) e riscossioni (di assegni, cambiali, interesso o dividendi sui titoli depositati in
amministrazione ecc.), fornendo al cliente il servizio di cassa. Per poter stipulare un contratto di
conto corrente bancario occorre che il correntista abbia una disponibilità di fondi presso la banca.
Tale disponibilità può scaturire da un contratto di deposito bancario o di apertura di credito (o
anche da qualsiasi affidamento concesso dalla banca, come un mutuo o un’anticipazione
bancaria). L’importo delle diverse operazioni, è annotato sotto forma di addebitamento di
accreditamento, in un conto il cui saldo in conseguenza del regolamento del rapporto in conto
corrente è destinato a variare per effetto dei successivi versamenti e prelevamenti e rimane in
ogni momento disponibile per le operazioni del cliente.
La l. n. 108 del 7 marzo 1996 (Disposizioni in materia di usura) sancisce esplicitamente il
divieto di applicazione di interessi usurari. Ogni trimestre la Banca d’Italia pubblica i tassi
massimi applicabili alle varie categorie di finanziamento oltre i quali si configura il reato di
usura (cosiddetti tassi soglia). I tassi medi aumentati della metà rappresentano il tasso massimo
oltre il quale scatta il reato di usura.
Deduzione dall’Ires e dall’Irpef di parte dell’Irap
Nel decreto anti-crisi è prevista, a decorrere dal 2008, la deducibilità dal reddito di impresa di una
quota pari al 10% dell’IRAP, forfetariamente riferibile alle spese per interessi passivi ovvero per
personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni già previste (per contributi sulle
assicurazioni obbligatorie sugli infortuni, delle deduzioni forfetarie e contributive del cuneo fiscale,
delle deduzioni per spese relative ad apprendisti, disabili, contratti di formazione e lavoro e personale
addetto alla ricerca e sviluppo, delle deduzioni forfetarie per i soggetti in ragione della base imponibile
Irap). Il provvedimento ha il chiaro scopo di evitare l’intervento da parte della Corte Costituzionale che
è stata chiamata a esprimersi sui profili di legittimità della norma istitutiva dell’Irap (d.lgs. n.
446/1997) che esclude la deducibilità dell’imposta. La formulazione della norma non è chiara, ma
sembra, dopo le prime interpretazioni formulate dall’Agenzia delle entrate, che la deduzione sia
determinata nell’importo fisso del 10% dell’Irap pagata, a prescindere dalle effettive spese sostenute
per interessi passivi e costo del lavoro. Possono usufruire della deduzione Irap del 10% sull’Irpef o
sull’Ires: le società di capitali, le società di persone, le imprese individuali e gli esercenti arti e
professioni. Sono esclusi soltanto gli enti pubblici, quelli non commerciali relativamente all’attività
istituzionale e le imprese agricole individuali e società semplici. La deduzione segue il principio di
cassa, quindi la deduzione dovrà avvenire nel periodo di pagamento dell’Irap. Se per esempio
consideriamo l’anno 2008, l’importo deducibile sarà pari al 10% della somma degli importi versati a
titolo di saldo 2007 e acconto 2008, a nulla rilevando l’imposta liquidata nel modello Irap 2009 o
iscritta nel bilancio al 31/12/2008. Negli stessi limiti quantitativi, si accorderà il rimborso ai soggetti
che, alla data del 29/11/2008, hanno presentato istanza di rimborso del tributo regionale per le annualità
pregresse al 2008. Per i contribuenti che, invece, alla data del 29/11/2008 non avessero già presentato
l’istanza, verrà introdotto un meccanismo di richiesta in forma telematica, secondo regole da definire,
29
nel rispetto del limite temporale dei 48 mesi di cui all’art. 38 del d.p.r. n. 602/1973. I rimborsi saranno
effettuati nei limiti di un prefissato ammontare di risorse disponibili, secondo l’ordine cronologico di
presentazione.
Iva a esigibilità differita
Il provvedimento estende, a decorrere dal 2009, la disciplina della esigibilità differita dell’Iva (art. 6,
comma 5, d.p.r. 633/1972) – prevista prima del decreto anti-crisi solo per le operazioni effettuate nei
confronti dello Stato e degli altri enti pubblici – alle cessioni e prestazioni effettuate nei confronti della
generalità dei soggetti che agiscono nell’esercizio d’impresa, arte o professione. Tale meccanismo
subordina la esigibilità dell’Iva (soggetto che emette la fattura) e la detrazione del tributo (soggetto che
riceve la fattura) all’effettivo pagamento del corrispettivo (cosiddetta “Iva per cassa”).
Soggetto
Cedente o prestatore
Acquirente o Committente
EFFETTI DELL’IVA A ESIGIBILITÀ DIFFERITA
Effetto
Sospensione del pagamento dell’Iva fino al momento della sua percezione
Rinvio dell’esercizio alla detrazione dell’Iva sugli acquisti al momento del suo
effettivo esborso.
L’esigibilità differita non può essere applicata alle operazioni effettuate nei confronti dei privati
(mancherebbe, infatti, il punto di equilibrio nella sospensione della detrazione del tributo), ai soggetti
che si avvalgono dei regimi speciali Iva (per esempio, le cessioni effettuate dagli agricoltori o dalle
agenzie di viaggio in regimi speciali) e alle operazioni dove l’Iva è assolta con il meccanismo della
inversione contabile (per esempio, il reverse charge nel settore edile, nel settore dei rottami ecc.).
L’effettiva applicazione di questa nuova disposizione non è ancora operativa, in quanto occorre
aspettare la preventiva autorizzazione dell’UE e l’emanazione di un decreto attuativo che stabilirà le
regole applicative, oltre che il volume d’affari massimo entro cui il regime può essere applicato.
MATERIALI PER LA DISCUSSIONE
Vantaggi e svantaggi dell’Iva differita
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’Iva differita? Si propone uno stralcio di un articolo di Renato
Portale pubblicato sulle “Guide di norme e tributi” de “Il Sole 24 Ore” di Sabato 7 febbraio 2009.
Il sistema favorisce gli operatori di piccole dimensioni: potranno utilizzare maggiori disponibilità di cassa da
impiegare ai fini produttivi, anche se saranno obbligati a modificare la loro contabilità per rilevare in modo
distinto il flusso finanziario delle riscossioni, tenendo conto di eventuali pagamenti frazionati. In
quest’ultimo caso, poi, l’esigibilità va rilevata pro quota al momento in cui ciascun pagamento e l’imposta
relativa sono conteggiati nella liquidazione del periodo in cui è avvenuto il pagamento.
Sicuramente, saranno svantaggiati tutti i contribuenti che acquistano beni e servizi da soggetti che
dichiarano in fattura di utilizzare il metodo dell’Iva differita. Infatti, mentre oggi possono detrarre l’Iva al
ricevimento della fattura indipendentemente dal pagamento, con le nuove regole saranno costretti a rinviare
la detrazione dell’imposta, con l’obbligo di introdurre nella loro contabilità conti transitori per rilevare, oltre
la fattura, tutti i pagamenti effettuati (anche quelli frazionati). Ai fini Iva, infatti, essi potranno detrarre
l’importo solo nella liquidazione del periodo in cui è avvenuto il pagamento e, se questo è parziale,
dovranno rilevare l’Iva da detrarre pro-quota per ciascun pagamento.
C’è quindi da aspettarsi che i clienti (in particolare imprese di maggiore consistenza economica) faranno
pressione sui loro fornitori di minori dimensioni perché non adottino il sistema del differimento dell’Iva.
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Revisione speciale degli studi di settore
Al fine di tener conto degli effetti che la crisi economica e dei mercati produce su determinati settori e
aree territoriali, il d.l. n. 185/2008 ha previsto la possibilità di una particolare modalità di revisione e
integrazione degli studi di settore.
La revisione, disposta con apposito decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, previo parere
della Commissione di esperti, dovrà tenere conto dei dati desumibili dalla contabilità nazionale, dagli
elementi acquisibili presso istituti ed enti specializzati nell’analisi economica e delle segnalazioni degli
Osservatori regionali per gli studi di settore.
Valutazione dei titoli
Considerata l’eccezionale situazione di turbolenza nei mercati finanziari, viene introdotta una deroga al
criterio di valutazione di cui all’art. 2426, n. 9 del codice civile, che prevede che le rimanenze di titoli
siano iscritte in bilancio al costo di acquisto o al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del
mercato, se minore.
Per il bilancio dell’esercizio 2008, le imprese che redigono il bilancio in base alle norme del codice
civile possono valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al
loro valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio anziché al valore di realizzazione
desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole. Tale
misura, in relazione all’evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari, può essere
applicata anche all’esercizio 2009 se disposto da un apposito decreto del ministro dell’Economia e
delle Finanze.
Riallineamento e rivalutazioni volontari di valori contabili
Il decreto anti-crisi prevede la possibilità di effettuare dei riallineamenti dei valori fiscali ai valori civili
che derivano dall’adozione dei principi contabili internazionali (IAS/IFRS) o che derivano da
operazioni straordinarie, ottenendone il riconoscimento fiscale, oltre che la possibilità, per le società
che utilizzano i principi contabili nazionali, di operare una rivalutazione civile e fiscale del valore degli
immobili risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2007. In pratica, la norma prevede tre misure:
• per i soggetti IAS/IFRS, una disciplina facoltativa di riallineamento delle differenze tra valori civili
e fiscali, venutisi a creare per effetto della adozione degli IAS/IFRS e ancora esistenti alla data
dell’inizio del secondo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2007, con distinte
aliquote d’imposta per l’affrancamento a seconda del tipo dei disallineamenti e della modalità del
riallineamento (aliquota ordinaria Ires e Irap comprensiva delle maggiorazioni, oppure imposta
sostitutiva del 16%);
• la possibilità, per i soggetti IAS/IFRS e per quelli che non adottano i principi IAS/IFRS, di
affrancare i maggior valori iscritti in bilancio a seguito di conferimento di azienda, fusione e
scissione, a titolo di avviamento e sui beni diversi dalle immobilizzazioni materiali e immateriali
ricevute, versando l’aliquota ordinaria (comprese le eventuali maggiorazioni) dell’Ires e dell’Irap
(16% per l’avviamento e marchi di impresa);
• la possibilità di rivalutare, per i soggetti che non adottano i principi IAS/IFRS nella redazione del
bilancio, il valore dei beni immobili, a esclusione delle aree fabbricabili e degli immobili alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31
dicembre 2007. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e deve riguardare tutti i beni appartenenti alla
stessa categoria omogenea. Il saldo attivo risultante dalla rivalutazione eseguita deve essere
imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva, in sospensione d’imposta. Il maggiore
valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui
redditi (Irpef e Ires) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) a decorrere dal quinto
31
esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, con il
versamento di un’imposta sostitutiva del 7% per gli immobili ammortizzabili e del 4% relativamente agli immobili non ammortizzabili, da portare in diminuzione del saldo attivo della
rivalutazione. Il decreto legge incentivi di prossima pubblicazione in G.U. riduce il 7% al 3% e il
4% all’1,5%. È anche prevista la possibilità di affrancare il saldo attivo di rivalutazione con
l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, Ires e Irap ed eventuali addizionali del 10%. La
cessione anticipata del bene rivalutato comporta il venir meno degli effetti fiscali della
rivalutazione con l’effetto che le plusvalenze e le minusvalenze saranno determinate senza tener
conto del maggior valore iscritto in sede di rivalutazione.
Abolizione della trasmissione telematica dei corrispettivi
In base all’art. 37, commi da 33 a 37 ter, del d.l. n. 223/2006, era stato previsto, per tutti i soggetti Iva
non tenuti all’emissione della fattura, l’obbligo della trasmissione telematica dei corrispettivi, che la l.
n. 311/2004 aveva già introdotto in via facoltativa per la grande distribuzione. Si trattava, in pratica, di
inviare per via telematica all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita,
l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri. Il provvedimento, però, per entrare in vigore,
aveva bisogno di regolamenti attuativi che l’Agenzia delle entrate non ha mai emanato. Inoltre, con la
finanziaria 2007 era stato stabilito che i misuratori fiscali da commercializzare dal 2009 avrebbero
dovuto essere idonei alla trasmissione telematica dei corrispettivi. Con il comma 2 dell’art. 16 del d.l.
n. 185/2008 tali norme, mai entrate in vigore, sono state abrogate. Rimane in vigore per la grande
distribuzione commerciale la facoltà della trasmissione telematica dei corrispettivi in sostituzione dello
scontrino fiscale (l. n. 311/2004).
Compensazioni
Con il decreto anti-crisi si è provveduto ad abrogare la disposizione (peraltro mai operativa) che
subordinava la possibilità di effettuare compensazioni per importi superiori a 10.000 euro all’invio di
una richiesta di autorizzazione telematica all’Agenzia delle entrate. Il provvedimento, poi, al fine di
contrastare l’indebita pratica dell’utilizzo della compensazione di crediti inesistenti, prevede che:
• sia concesso un termine maggiore all’Amministrazione finanziaria per il recupero dei crediti
inesistenti (il termine è portato al 31/12 dell’ottavo anno successivo a quello dell’indebito utilizzo);
• siano inasprite le sanzioni a carico dei soggetti che utilizzano in compensazione nel modello F24
crediti in tutto o in parte inesistenti (la sanzione passa dal 100% al 200% dell’imposta);
• sia possibile l’utilizzo, in caso di mancato pagamento delle somme dovute in base all’atto di
recupero, della riscossione coattiva mediante ruolo straordinario;
• siano applicati i termini per l’iscrizione a ruolo a seguito di accertamento definitivo, per la notifica
delle cartelle di cui sopra.
Riduzione delle sanzioni in caso di ravvedimento
Le sanzioni da pagare in caso di ravvedimento operoso sono state diminuite. In particolare:
• da 1/8 a 1/12 del minimo, la misura della sanzione comminabile in caso di mancato pagamento del
tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua
commissione;
• da 1/5 a 1/10 del minimo, la sanzione comminabile nel caso in cui la regolarizzazione degli errori e
delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro
il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata
commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno
dall’omissione o dall’errore;
32
•
da 1/8 a 1/12 del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione,
se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, oppure per la tardiva
presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se
questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.
Ne consegue che per gli omessi versamenti, per i quali è prevista la sanzione del 30%, il ravvedimento
è oggi possibile con il versamento, oltre che degli interessi legali, della sanzione ridotta a 1/12 del
minimo, cioè al 2,5% (prima era il 3,75%), entro trenta giorni, e della sanzione ridotta a 1/10 del
minimo, cioè al 3% (prima era il 6%), oltre i 30 giorni ed entro il termine di presentazione della
dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione. Le nuove misure si
applicano ai ravvedimenti perfezionati dal 29 novembre 2008, indipendentemente dal momento in cui è
stata compiuta la violazione cui si pone rimedio.
Adesione agli inviti a comparire
Il decreto anti-crisi prevede un nuovo istituto che consente l’adesione diretta all’invito al
contraddittorio comunicato dall’Agenzia delle entrate. Si tratta di una misura che segue quella
recentemente introdotta, nella manovra estiva, riguardante l’adesione ai processi verbali di
constatazione (d.l. n. 112/2008). La nuova disposizione prevede che l’invito al contraddittorio
notificato dal fisco al contribuente contenga le maggiori imposte e le sanzioni potenzialmente dovute in
seguito alla motivazione contenuta nello stesso invito. Il contribuente può aderire direttamente alle
somme richieste con l’invito osservando determinate formalità e senza che vi sia la necessità di
presentarsi all’incontro con l’Ufficio. In caso di adesione, come previsto per i processi verbali di
constatazione, le sanzioni sono ridotte a un ottavo del minimo; inoltre, in caso di pagamento rateale non
occorre alcuna garanzia. La novità è operativa solo per gli inviti al contraddittorio che verranno emessi
dal 01/01/2009. Gli inviti a comparire dovranno contenere oltre i dati già previsti (periodo d’imposta
suscettibile di accertamento nonché il giorno e luogo della comparizione) anche le maggiori imposte,
ritenute, contributi, sanzioni e gli interessi dovuti in caso di definizione agevolata, nonché i motivi che
danno luogo alla determinazione delle suddette imposte, ritenute e contributi.
Nel caso di definizione dell’invito a comparire riguardante gli studi di settore è introdotta una
disposizione che prevede l’inibizione dell’ulteriore attività di accertamento di tipo presuntivo. La
norma vale per gli studi di settore relativi ai periodi d’imposta in corso al 31/12/2006 e successivi.
Eventuali accertamenti analitico presuntivi non possono, infatti, essere effettuati fino al 40% dei ricavi
o compensi definiti, con il limite quantitativo di 50.000 euro. Occorre rilevare che la percentuale del
40% non riguarda i ricavi o compensi dichiarati, ma quelli definiti. In altre parole, occorre considerare
la sommatoria dei ricavi dichiarati originariamente e quelli che scaturiscono dalle maggiori imposte
richieste con l’invito al contraddittorio. La preclusione opera nei soli casi in cui i dati dichiarati nel
modello dei dati relativi ai fini dell’applicazione degli studi di settore non risultino inficiati da infedeltà
tali da rendere applicabili le più rigorose sanzioni previste espressamente per tali fattispecie.
L’adesione diretta all’invito al contraddittorio è alternativo rispetto all’adesione ai processi verbali di
constatazione di cui alla manovra estiva.
Un’altra misura introdotta dal decreto anti-crisi riguarda le imprese di rilevanti dimensioni, con volume
d’affari o ricavi non inferiori a 300 milioni di euro. Per queste imprese è prevista la possibilità di un
controllo sostanziale delle dichiarazioni già entro l’anno successivo a quello della dichiarazione. Con
provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate saranno stabilite le modalità di riduzione del
predetto limite che sarà gradatamente portato fino a 100 milioni di euro entro il 31 dicembre 2011.
33
Posta elettronica certificata
Il decreto prevede l’obbligo per le nuove imprese costituite in forma societaria dell’indicazione del
proprio indirizzo di posta elettronica certificata (cosiddetto PEC) nella domanda di iscrizione nel
registro delle imprese. Le società già costituite al momento dell’entrata in vigore del decreto dovranno
comunicare entro tre anni l’indirizzo di posta elettronica certificata. L’iscrizione dell’indirizzo di posta
elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue eventuali variazioni sono esonerati dall’imposta
di bollo e dai diritti di segreteria. Tale obbligo è esteso anche ai professionisti iscritti in albi ed elenchi
istituiti con legge dello Stato, che dovranno comunicare ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo
di posta elettronica certificata entro un anno (in pratica entro il 29/11/2009). La PEC, in pratica, è un
sistema di comunicazione simile alla normale posta elettronica a cui sono aggiunte delle caratteristiche
di sicurezza e di certificazione della trasmissioni, che rendono i messaggi opponibili a terzi (dando alla
posta un valore legale).
Libri sociali in forma digitale
I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta da parte delle imprese sia obbligatoria
per disposizione di legge o di regolamento, o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni
dell’impresa, possono essere formati e tenuti con strumenti informatici. Lo prevede il nuovo articolo
2215-bis del codice civile, rubricato Documentazione informatica, aggiunto in sede di conversione del
d.l. n. 185/2008. Le registrazioni contenute nei documenti informatici devono essere rese consultabili
in qualsiasi momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario. Tali registrazioni
costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto,
riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Gli obblighi di numerazione progressiva, di
vidimazione dei libri e delle scritture sono assolti mediante apposizione, ogni tre mesi, della marcatura
temporale e della firma digitale (dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato). I libri, i
repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici hanno l’efficacia probatoria di cui agli articoli
2709 e 2710 del codice civile.
Abrogazione del libro soci nelle S.r.l.
Per effetto dell’abrogazione del n. 1 del comma 1 dell’art. 2478 c.c., il libro soci nelle s.r.l. è abolito. Di
conseguenza viene modificato l’art. 2472 del codice civile, prevedendo che, in caso di trasferimento
delle partecipazioni sociali lo stesso abbia effetto, di fronte alla società, dal momento del deposito
dell’atto presso il registro delle imprese, anziché dall’iscrizione nel libro soci. Viene stabilito che i 30
giorni entro i quali gli amministratori devono depositare presso il registro delle imprese l’apposita
dichiarazione richiesta nel caso di trasferimento dell’intera partecipazione appartenente a un solo socio
o di mutamento della persona del socio decorrano dall’avvenuta variazione della compagine sociale
anziché dall’iscrizione nel libro soci. Viene eliminato l’obbligo di deposito al registro delle imprese
dell’elenco soci in sede di deposito del bilancio d’esercizio. Le novità in esame si applicano dal
sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.
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7. GLI ALTRI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI
Di notevole, interesse, da un punto di vista fiscale sono, poi, il d.l. n. 207 del 30 dicembre 2008
(cosiddetto decreto mille proroghe) e il DPCM del 10 dicembre 2008, sulle specifiche tecniche del
formato elettronico elaborabile (XBRL), per la presentazione nel registro delle imprese dei bilanci
d’esercizio. Analizziamo le principali novità.
Il deposito del bilancio in formato elettronico elaborabile
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 31 dicembre il decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 10 dicembre 2008 che stabilisce le specifiche tecniche del formato elettronico
elaborabile per la presentazione dei bilanci di esercizio e consolidati e degli altri atti al Registro delle
imprese. Con tale decreto il ministro per la pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta
ha inteso dare impulso al processo di semplificazione e dematerializzazione dei procedimenti
amministrativi a beneficio delle imprese e far sì che l’Italia sia il primo Paese al mondo a prevedere
l’obbligo di usare il formato elettronico elaborabile XBRL (eXtensible Business Reporting Language)
per la presentazione dei bilanci. Il DPCM stabilisce che le imprese interessate al deposito (il deposito
dei bilanci è reso obbligatorio dall’art. 2435 del codice civile) dovranno presentare i bilanci e i relativi
allegati riferiti all’esercizio in corso al 31 marzo 2008 nel nuovo formato elaborabile. L’obbligo non
riguarderà, almeno nella prima fase, le società che redigono i bilanci secondo i principi contabili
internazionali Ias/Ifrs. La presentazione del bilancio in formato XBRL interesserà circa 1,2 milioni di
imprese. Il tradizionale e “statico” formato Pdf, utilizzato attualmente per l’inoltro dei bilanci alle
Camere di commercio sarà quindi sostituito dal “dinamico” formato XBRL. La presentazione dei
bilanci in formato “trattabile” è inoltre un formidabile fattore di semplificazione dei processi giuridici e
amministrativi agevolando l’elaborazione delle valutazioni finanziarie da parte sia degli istituti di
credito che dell’Agenzia delle entrate, nonché visure e accessi al credito. Le tassonomie dei bilanci
italiani, ovvero i codici di lettura che indicano al software quale dato inserire in ogni casella, sono già
state preparate nei due anni scorsi dalle principali organizzazioni economico-finanziarie del Paese,
riunite nell’Associazione italiana per lo sviluppo e la diffusione di tassonomie e di standard tecnologici
in campo economico-finanziario, XBRL Italia. Ne fanno parte Abi, Aiaf, Ania, Assonime, Banca
d’Italia, Borsa italiana, Confindustria, Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili, Isvap, Oic, Unioncamere. Per facilitare il passaggio al nuovo formato il software necessario
verrà messo a disposizione delle imprese gratuitamente da parte dei produttori dei principali programmi
gestionali (mediante upgrade dei loro prodotti) oppure si potranno sfruttare soluzioni semplici e
gratuite come quelle messe a disposizione da Unioncamere e Confindustria.
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PER SAPERNE DI PIÙ
L’XBRL
L’argomento del deposito del bilancio in formato elettronico elaborabile è certamente interessante. In
particolare, per i ragionieri programmatori rappresenta un argomento “stimolante” e degno di
approfondimento. A tal fine si propone uno stralcio di un articolo apparso sulla “Rivista quadrimestrale dei
dottori commercialisti di Brescia”, Brescia & Futuro, anno XVIII, n. 1/2007, a firma Luca Calzolari (Dottore
commercialista).
Il deposito del bilancio in formato elettronico elaborabile
(…) Ma di che cosa si tratta?
In parte è qualcosa di già conosciuto. Per esempio, la presentazione degli atti delle società al registro
imprese a mezzo dei software della famiglia Fedra è un formato elettronico elaborabile in quanto viene
automaticamente inserito negli archivi informatici tenuti da Infocamere, previo controllo da parte degli
addetti della Camera di Commercio. La novità consiste nel deposito dei bilancio in formato elettronico
“elaborabile” cioè nel sostituire l’attuale deposito di una fotocopia elettronica “il file in .pdf o .tif” con un
documento informatico a tutti gli effetti che permetta di facilitare lo scambio di informazioni finanziarie:
quello che è a livello mondiale il formato standard (eXtensible Business Reporting Language). Come
sappiamo, un documento informatico è una serie di istruzioni binarie che viene elaborato da uno specifico
programma al fine di ottenere il risultato desiderato. Il documento creato in un determinato formato
necessita generalmente del proprio programma per essere letto; pertanto, per leggere un documento creato in
formato .pdf sarà necessario un programma adeguato.Vi è invece un linguaggio di programmazione l’XML
(eXstensible Markup Language), che è indipendente dai programmi e viene interpretato direttamente dal
sistema operativo, e necessita esclusivamente del browser internet per la visualizzazione delle informazioni
contenute in un documento. È un metodo che consente di inserire dati strutturati, quali quelli contenuti in un
foglio di lavoro, in un file di testo che, seguendo indicazioni standard, possa essere letto in diverse
applicazioni. È un linguaggio che, per farla breve, contiene sia una descrizione della struttura dei dati (per
esempio se stiamo parlando di una rubrica descrive che ci sarà un campo per il nome, uno per il cognome e
uno per il numero di telefono) sia il contenuto dei dati (per esempio Paolo Rossi 030/3333, Ottavio Bianchi
030/4444) in una forma che possa essere letta da tutti i sistemi operativi, indipendentemente dal software
con cui si sono organizzati i dati. L’XBRL è uno standard aperto promosso internazionalmente da un
consorzio di organismi professionali (www.xbrl.org) che, basandosi sulla tecnologia XML, permette di
semplificare il flusso e l’utilizzo delle informazioni finanziare tra sistemi diversi, riducendo oneri e rischi
connessi all’interpretazione e rielaborazione dei documenti finanziari. Il concetto di base è quello di far
viaggiare, assieme ai dati di bilancio, gli identificativi dei campi oltre alle regole di validazione che possono
essere basate su normative differenti. Per fare questo è necessario definire e attribuire a ogni campo del
documento contabile il corretto identificativo della voce di bilancio. Questa operazione definisce la
tassonomia. A livello internazionale la tassonomia già definita è quella basata sui principi contabili
IAS/IFRSs (International Accounting Standards, International Financial Reporting Standards). Al fine di
definire la tassonomia da applicarsi in Italia per le imprese che redigono i bilanci secondo le norme del
codice civile italiano e i principi contabili nazionali è sorta l’associazione italiana per l’XBRL, con sede
presso l’Organismo Italiano di Contabilità.
RISPONDI A QUESTE DOMANDE E VERIFICA LE TUE CONOSCENZE
1. Che differenza c’è tra il formato pfd (o tif) e lo standard XBRL?
2. Quali sono i vantaggi che presenta l’uso del formato XBRL?
3. Quali sono i possibili utilizzi ai fini fiscali e contabili del formato XBRL?
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Il d.l. n. 207/2008 (cosiddetto decreto “milleproroghe, diventato legge il 24/02/2008)
Il decreto “milleproroghe” ha riscritto il calendario delle dichiarazioni annuali. Le scadenze del 31
luglio per persone fisiche, società di persone, società di capitali, enti commerciali e non, sono state
spostate al 30 settembre 2009. In pratica, le dichiarazioni dei redditi, dell’Iva e dell’Irap, da presentarsi
in via telematica, sono spostate dal 31 luglio al 30 settembre. Altra novità riguarda i sostituti
d’imposta, per i quali il termine di presentazione del modello 770 semplificato viene prorogato dal 31
marzo al 31 luglio, uniformandosi alla stessa scadenza del 770 ordinario. L’approvazione definitiva del
decreto è avvenuta il 24 febbraio 2009. Le nuove scadenze sono a “regime”; l’emendamento, infatti,
modifica il d.p.r. n. 322/1998 e il d.m. Finanze 164/1999 sugli adempimenti fiscali. Tra le modifiche
apportate al d.p.r. n. 322/1998 ce ne sono, poi, alcune necessarie a recepire l’uscita da Unico 2009
della dichiarazione Irap. Le modifiche non toccano, invece, le scadenze relativi ai pagamenti. Restano
immutati i termini per versare a saldo l’Iva 2008 (16 marzo) e quelli per il saldo 2008 e la prima rata di
acconto 2009 delle imposte sui redditi e sull’Irap (16 giugno o dal 17 giugno al 16 luglio, con lo 0,40%
in più). Le modifiche non toccano la scadenza del 30 giugno per le persone che possono presentare il
modello Unico 2009 presso gli sportelli postali. Nessuna modifica, infine, per i termini entro cui i
contribuenti devono presentare il modello 730: 30 aprile se presentato ai propri sostituti d’imposta o 31
maggio se presentano il modello al Caf o ad altri intermediari abilitati. Per la presentazione telematica
dei modelli 730 da parte dei Caf o degli altri intermediari abilitati è fissato un nuovo termine: il 15
luglio (in precedenza era il 25 giugno).
Nella tabella che segue sono riportate tutte le nuove scadenze. Le date evidenziate in grassetto sono
quelle modificate dal decreto milleproroghe.
LE SCADENZE DELLE DICHIARAZIONI FISCALI DOPO IL DECRETO LEGGE N. 207/2008
Presentazione del modello 730 da parte del contribuente al sostituto 30 aprile 2009
Modello
d’imposta.
730
Presentazione del modello a un Caf o a un intermediario abilitato.
31 maggio 2009
Trasmissione in via telematica all’Agenzia delle entrate dei modelli da parte 15 luglio 2009
dei sostituti d’imposta, dei Caf o degli altri intermediari abilitati.
Versamento saldo 2008 e prima rata di acconto 2009 delle persone fisiche e 16 giugno 2009
Modello
degli altri contribuenti con esercizio che coincide con l’anno solare.
Unico
Versamento saldo 2008 e prima rata di acconto 2009 delle persone fisiche e dal 17 giugno al 16
degli altri contribuenti con esercizio che coincide con l’anno solare con luglio 2009
l’aumento dello 0,40%.
Presentazione del modello per le persone fisiche che possono presentare alla 30 giugno 2009
posta.
Presentazione del modello in via telematica.
30 settembre 2009
Versamento
saldo
2008
e
prima
rata
di
acconto
2009
delle
persone
fisiche
e
16 giugno 2009
Modello
degli altri contribuenti con esercizio che coincide con l’anno solare.
Irap
Versamento saldo 2008 e prima rata di acconto 2009 delle persone fisiche e dal 17 giugno al 16
degli altri contribuenti con esercizio che coincide con l’anno solare, con luglio 2009
l’aumento dello 0,40%.
Presentazione del modello in via telematica.
30 settembre 2009
Versamento a saldo 2008.
16 marzo 2009
Modello
Iva
Presentazione in via telematica della dichiarazione Iva autonoma per i 30 settembre 2009
contribuenti non tenuti alla compilazione di Unico.
Presentazione in via telematica del 770 semplificato.
31 luglio 2009
Modello
770
Presentazione in via telematica del 770 ordinario.
31 luglio 2009
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8. IL NUOVO MODELLO UNICO “MINI”
Dal 2009, per i redditi 2008, alcune categorie di contribuenti possono scegliere di compilare una
versione mini, facilitata, del modello Unico per la dichiarazione dei redditi (PF – Persone fisiche). Si
tratta di un modello unico semplificato pensato soprattutto per dipendenti e pensionati che, al posto di
utilizzare il modello 730, preferiscono, per vari motivi, liquidare in proprio le imposte. Il 2 febbraio
2009 con un comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate è stata annunciata, infatti, la “nascita” del
nuovo modello Unico, denominato Mini. Così come spiegato dall’Agenzia, in un comunicato stampa,
il nuovo modello si presenta con righi ridotti nel numero, ma ampliati nelle dimensioni per rendere
maggiormente agevole la compilazione. I dati anagrafici, per esempio, che nel modello Unico ordinario
richiedono una pagina intera, sono condensati in un solo rigo, dove il contribuente si limiterà a indicare
nome, cognome, codice fiscale e domicilio fiscale. L’Unico Mini 2009, che interesserà 4 milioni di
contribuenti italiani (di cui 3 milioni di lavoratori dipendenti e un milione di titolari di altri redditi), è
breve e facile da riempire. Rispetto all’Unico normale, ha solo 4 facciate al posto di 8 e istruzioni
ridotte da 100 a 24 pagine. Il nuovo modello potrà essere utilizzato dai contribuenti residenti in Italia
che hanno percepito uno o più tipi di redditi tra: redditi di terreni e di fabbricati, di lavoro dipendente o
assimilati, di pensione, derivanti da attività commerciali e di lavoro autonomo non esercitate
abitualmente e che intendono fruire delle detrazioni e deduzioni per gli oneri sostenuti e delle
detrazioni per carichi di famiglia e lavoro. Essendo dedicato ai contribuenti che presentano le situazioni
più comuni e più semplici, è invece off limits per i titolari di partita Iva, per chi deve presentare la
dichiarazione per conto di altri (per esempio eredi o tutori) e per coloro che devono presentare una
dichiarazione correttiva nei termini o integrativa. In questo modello di dichiarazione dei redditi trovano
spazio tutte le agevolazioni introdotte per il 2008. In particolare, il nuovo modello accoglie - con
un’apposita colonna in cui indicare il reddito complessivo dei singoli familiari - il bonus straordinario
per le famiglie e la tassazione con imposta sostitutiva del 10% da applicare alle prestazioni di lavoro
straordinario e assimilate, nel caso in cui la scelta venga effettuata in sede di dichiarazione. Immutati,
invece, nella struttura i quadri RA e RB (redditi dei terreni e redditi dei fabbricati), dai quali, però, sono
tenuti fuori i casi più particolari (si pensi per esempio: mancata coltivazione del terreno, immobili
inagibili, canoni d’affitto in regime vincolistico o non percepiti per morosità). Modifiche e
semplificazioni anche per il quadro RC (redditi di lavoro dipendente e assimilati), che non ha la
tradizionale divisione in sezioni e non può essere utilizzato in presenza di compensi per lavori
socialmente utili, e per quello RP (oneri e spese), che comprende tutte le spese detraibili, comprese
quelle sostenute per la ristrutturazione, a eccezione degli oneri che comportano particolari complessità
nei calcoli. Versione ridotta, anche, per il quadro RN (determinazione dell’Irpef), dove sono stati
eliminati dei righi dedicati ai crediti d’imposta e di una serie di informazioni non necessarie perché
relative ai dati non presenti nei precedenti quadri. Il modello Mini si chiude con il riquadro destinato
alla richiesta del bonus straordinario per le famiglie a basso reddito e quelli relativi alla firma della
dichiarazione, all’impegno alla presentazione telematica e alla destinazione dell’8 e del 5 per mille.
L’Agenzia delle entrate ha già pubblicato sul suo sito il modello Unico Persone Fisiche Mini 2009 con
le relative istruzioni per la compilazione.
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PAROLE DA CONOSCERE
Il modello 730 è una dichiarazione dei redditi semplificata che i lavoratori dipendenti, i
Modello 730
pensionati, i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o i soggetti
equiparati ai lavoratori dipendenti (soci di cooperative, sacerdoti della Chiesa cattolica,
parlamentari nazionali, giudici costituzionali e tutti coloro che sono titolari di cariche elettive
ecc.) possono presentare al proprio sostituto d’imposta (datore di lavoro, ente pensionistico)
o a un centro di assistenza fiscale (CAF). La dichiarazione è detta semplificata perché tutti i
calcoli previsti per determinare l’imposta a debito o a credito sono a carico del soggetto che
presta l’assistenza fiscale. Al Caf (Centro di assistenza fiscale) è possibile presentare la
dichiarazione precompilata o richiedere l’assistenza alla compilazione. Il modello 730, che
interessa circa 13 milioni di contribuenti, è semplice da compilare, ci sono pochi calcoli da
fare, ma soprattutto il rimborso Irpef (o l’addebito delle imposte dovute) avviene,
direttamente nella busta paga o sul rateo della pensione, nel giro di pochi mesi.
Modello Unico Il modello Unico è un modello unificato tramite il quale è possibile effettuare più
dichiarazioni fiscali. Dal 1998 l’unico (persone fisiche) ha sostituito il modello precedente, il
(PF)
vecchio 740. Il modello unico (PF) può essere utilizzato da tutti i contribuenti. Ci sono
alcuni contribuenti che possono utilizzare soltanto questo modello. Si tratta di soggetti che
posseggono redditi d’impresa, di lavoro autonomo o alcune tipologie di redditi diversi
(proventi derivanti dalla cessione totale o parziale di aziende, proventi derivanti dall’affitto e
dalla concessione in usufrutto di aziende, plusvalenze derivanti dalla cessione di
partecipazioni), risiedono all’estero o presentano la dichiarazione per conto di un
contribuente deceduto. Esso è composto da un modello base e da diversi allegati, a seconda
delle differenti tipologie di reddito da dichiarare. Il modello Unico deve essere utilizzato
anche dai soggetti diversi dalle persone fisiche. In questi casi avremo Unico società di
persone (SP), unico società di capitali (SC), unico enti non commerciali (ENC).
Modello Unico Versione ridotta e facilitata del Modello Unico PF che possono utilizzare solo alcune
categorie di contribuenti. Il modello è utilizzabile dal 2009 per i redditi 2008.
Mini
Di seguito viene riportata la prima pagina del Modello Unico Mini 2009.
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