settembre musica

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settembre musica
Città
di Torino
Assessorato
per
la Cultura
domenica 31 agosto 1986, ore 21
Teatro Carignano
«Noche de flamenco y folklore»
Omaggio a Federico Garcia Lorca
SETTEMBRE MUSICA
Enrique Morente è nato a G r a n a d a ed ha perfezionato i suoi studi
di canto a Madrid. È entrato in seguito nella compagnia di Pepe
Marchena, espressione f r a le più importanti di rielaborazione e divulgazione del flamenco, rappresentando, all'interno del gruppo,
il legame più diretto con la cultura musicale andalusa.
H a adattato e trascritto poemi di autori quali Miguel Hernàndez
e Manuel Machado e si è esibito nei principali teatri internazionali,
fra cui il Lincoln Centre di New York e l'Olimpia di Parigi.
L o accompagnano abitualmente nelle sue esibizioni i chitarristi José Carbonell « M o n t o y t a » , Agustin Carbonell Serrano e Francisco
Cortés U r b a n o , tra i più apprezzati esecutori di musica flamenca.
Manolete è nato a G r a n a d a da u n a famiglia di artisti. Strettamente
legato alla tradizione gitana, si è esibito con le maggiori formazioni
flamenche e nei principali festival internazionali, e f f e t t u a n d o tournées che hanno toccato anche il C a n a d a e il Giappone. Si dedica
inoltre alla coreografia e all'insegnamento della danza.
La Cynthia, Rafael M u n o z Porras e la Margarita con la loro danza, Ramon Suarez Salazar e R a m o n Jiménez Salazar con la loro
voce e i chitarristi J u a n Santiago Maya e Felipe Maya Losada costituiscono uno dei più importanti gruppi di ricerca e riproposta degli
elementi originari della tradizione flamenca.
La canzone
Enrique Morente, canto
José Carbonell Munoz,
Agusti'n Carbonell Serrano,
Francisco Cortés Urbano, chitarre
La danza
Manuel Santiago Maya,
Cynthia Ann Johnston,
Rafael Munoz Porras,
Margarita Garcia Bueno, danzatori
Ramon Suarez Salazar,
Ramon Jiménez Salazar, canto
Juan Santiago Maya,
Felipe Maya Losada, chitarre
Omaggio a Federico Garcia Lorca
Credo che per l'uomo europeo non ci siano molte strade per
giungere in prossimità della conoscenza di qualsivoglia manifestazione artistica ed espressione umana; ci sono piuttosto diversi ordini di percorrenza.
Così, accostandosi ad una Noche de flamenco, si può cercare di apprendere o di ricordare qualche nozione sulla Spagna musicale, sul cante (canto), baile (danza) e toque (assolo
di chitarra) flamenco, verificandola poi nello "spettacolo";
oppure si assiste, con disponibilità al coinvolgimento emotivo, a questo complesso rito andaluso, riservandosi riflessioni ed approfondimenti tecnici e storici a posteriori.
Nello spazio di un breve programma di sala si può solamente proporre una mappa per l'approccio al tema, con la speranza di stimolare la curiosità del lettore paziente.
Ho usato la parola spettacolo tra virgolette, perché il flamenco va ben oltre: si chiama anche canto hondo, canto profondo, nel duplice senso di radicato nell'anima gitana e di
intensità espressiva, di pathos. La superficialità e l'intrattenimento sono estranei al flamenco, anche in un'occasione
"concertistica" come questa. È pur vero che già nel secolo
scorso i cafés cantantes dell'Andalusia ospitavano esibizioni anche per i turisti, ma ciò non toglie che il flamenco sia
prima di tutto "una filosofia di vita e che abbia un forte legame con il dolore, più che con la gioia: il dolore per la scomparsa di un amico o per la perdita di un amore". Così si è
espresso Antonio Gades, il formidabile protagonista di Carmen Story e soprattutto di Bodas de sangre, due film di Carlos Saura che hanno affascinato migliaia di spettatori. In
effetti il riferimento alla Morte è esplicito e qui può venire
in mente un'altra forma di canto e danza di grandissima tradizione ed importanza anche nella storia della musica: il samba brasiliano e la sua filosofia di vita, diametralmente
opposta. Flamenco e samba sono coltivati in scuole piccole
o grandi, ricche o povere, ma che alimentano tradizioni il
cui senso supera di gran lunga l'aspetto folclorico.
Il samba del Brasile è dinamico, è movimento che porta all'esteriorizzazione, al contatto umano, alla gioia della vita;
la sua malinconia è permeata di ottimismo; il concetto di perdita, di fine in una canzone brasiliana è di solito espresso con
una poesia piena di dolcezza e di forza rasserenante.
Il flamenco della Spagna, dell'Andalusia, ha una bellezza opposta: è una bellezza alla quale si può non essere sensibili,
ma che chiede rispetto, come la bellezza della corrida. Al di
là dei luoghi comuni, non si parla di Spagna senza parlare
di toros, di chitarra, di flamenco e di Amore e Morte. Il bai-
le flamenco, come molte figure dei matadores, nell'arena,
è una forma di staticità; sembra una contesa con spazio e
volume. I movimenti sono trattenuti, le figure "inchiodate"
alla loro cornice; gli sprazzi di movimento, l'effiorescenza
di una coloratissima sottana in rotazione non sembrano altro che inganni, che provocazioni. Tutto il cuadro flamenco
(il gruppo di cantanti, ballerini e chitarristi) è immerso in un
fluido magnetico, segreto, che si addensa gradualmente sul
tablao (la pedana) già prima che incominci l'esibizione: i cantanti di flamenco, per prosperare, hanno bisogno della notte che si prolunga, della marzanilla che scorre, di
un'atmosfera fuori del tempo, fuori di tutto, che si crea a
poco a poco.
I cantanti stessi, prima di entrare nel vivo flamenco, seguono una sorta di vocalizzo rituale che suggerisce ai chitarristi
sia l'ambito tonale (il discorso a questo proposito sarebbe
ovviamente molto complesso), sia l'atmosfera espressiva della
quale sono pregni in quel determinato momento.
Si inserisce anche lo strano concetto che gli spagnoli hanno
del empo: il più completo disprezzo. Nel suo bellissimo libro sul mondo delle corride, il francese Jean Cau dice che
lo spagnolo "regola la sua vita secondo un ritmo segreto e
l'orologio (di solito enorme) che orna il suo polso ha il valore di un amuleto (...) Ogni attimo, in questo paese, è un 'eternità (...) Qui il tempo non si guadagna: lo si perde, lo si
spreca con una generosità folle". Dunque il tempo non scorre, è fatto di irregolari sequenze di quadri, di situazioni e all'interno di queste c'è l'immobilità o il movimento al
rallentatore, come quello delle braccia dei ballerini, come il
tendersi dei loro corpi, l'inarcarsi delle loro schiene in un risucchio interiore: in tutta questa tensione c'è il fremito dei
tacchi e delle chitarre, questi sì, talvolta rapidissimi e l'esplosione gutturale del canto con l'incitazione dei compagni fatta di voci e di battimani con un ritmo quanto mai difficile.
Ma perché questo drammatico vincolo nello spazio e nel tempo? Forse perché il canto profondo sembra avere origine nei
disperati canti e lamenti dei prigionieri (carceleras) e si esprime anche nell'immota venerazione quasi feticistica delle immagini sacre - dorate e ricchissime - delle processioni.
II flamenco ha ascendenze arabe, hindu, ebraiche e, come
tante espressioni di vita meridionale, è fatto di passione e di
verità fiammeggianti. Come il mondo dei toros, della bianca calce torrida, delle poesie di Garda Lorca e degli uomini
che si chiamano "Montoyta", "Manolete", e di tutti gli altri, questo mondo andaluso sembra "così chiuso, così avvitato sul proprio asse da far venire le vertigini" (Jean Cau);
allora non importa granché sapere che ci sono più di 65 for-
me di flamenco, che ci sono differenti opinioni sull'origine
del termine stesso, che l'uso delle nacchere non è autentico
e via discorrendo. Il senso del flamenco che non è illustrato
e codificato nei manuali dobbiamo invece trovarlo in quei
suoni, in quelle espressioni - che talvolta sono anche di alegria - in quei movimenti di grande bellezza che si compiono
di fronte a noi, in quei versi di Federico Garcia Lorca che
ci paiono così poco "sensati". Liberiamoci da razionalità e
preconcetti e lasciamoci investire dalle suggestive emanazioni di una notte andalusa.
Paolo Robotti
giovedì 4 settembre, ore 16
Teatro Nuovo (Sala Valentino)
L'Art pour l'Art
Rudolf Kelber, "direttore
Ariane Arcoja, mezzosoprano
Hans Wilhelm Goetzke, clarinetto
Henze
El Rey de Harlem
(Teatro immaginario I)
per voce e piccola orchestra su
testo di Federico Garcia Lorca
Le Miracle de la Rose
(Teatro immaginario II)
per clarinetto e tredici strumenti
leggere di musica
Scarsi sono i contributi dell'editoria italiana alla comprensione ed
all'analisi di "quell'espressione popolare di arte e pensiero" (così
come la definisce Anselmo Gonzàles Climent) che è il canto flamenco. Oltre alle antologie della "Piccola Fenice" (1) e dell'editore Saba tetti (2), il bibliofilo può fare riferimento alle Guide culturali della
Bompiani (3) o, se interessato agli sviluppi tematico-testuali del caute
jondo, ad un vecchio Almanacco letterario dello stesso editore (4).
Più recenti e ricchi di apparato iconografico il volume dette edizioni IGIS (5), attento tanto ai rapporti fra cultura egemone e subalternità gitana che a quelli fra cante jondo e blues, e la pubblicazione
di Giorgio Mancinelli (6), nata anch 'essa da un 'accurata ricerca "sul
campo" e che del primo ricalca i contenuti, ampliandoli, in alcuni
casi, settorialmente (si veda, in particolare, il capitolo relativo alla
Missa Flamenca).
Assai più ampie sono le possibilità di scelte editoriali per chi conosce Io spagnolo, delle quali diamo una succinta selezione e che spaziano dalle raccolte di canti (7) (8), agli studi teorico-musicali (9)
ed ai testi di approfondimento più specificamente storiografico (10)
(11). Infine, per quanto riguarda, ancora, la letteratura e la musicologia "colte" si veda il fondamentale apporto etnografico di Manuel de Falla (12), con Garcia Lorca promotore ed organizzatore
dello storico concorso per l'esecuzione del canto jondo di Granada
del 1922.
Alessandro Schelotto
(1) Antologia del canto flamenco (a cura di Elena Clementelli) ,
Parma, Guanda 1961.
(2) M. UFFREDUZZI, Canti Zigani, Genova, Sabatelli 1973
(3) R. LEYDI-S. MANTOVANI, Dizionario della musica popolare europea, Milano, Bompiani 1970
(4) L. PELLISARI, «L'evoluzione poetica del flamenco», in Almanacco letterario Bompiani 1964
(5) Arte nomade (a cura del gruppo ARCA) , Milano, IGIS edizioni 1980
(6) G. M A N C I N E L L I , Gli zingari, Roma,. Lato Side 1982
(7) M. BARRIOS, Antologia del Cant^ Flamenco, Madrid, Zafiro S.A. 1978
(8) F. P E D R E L L , Cancionero Musical Phpular Espaiìol, Barcellona, Boileau 1958
(9) H. ROSSI, Teoria del Cante Flamenco, Folklore Espaiìol, Madrid, Studium 1969
(10) B. INFANTE, Origines de lo Flamenco y secreto del cante jondo, Junta de Andalucia, Sevilla, Consejeria de Cultura 1980
(11) A. BALOUCHE, Cante jondo. Su origen y evolución, Madrid,
Studium 1955
(12) M. DE FALLA, Escritos sobre mùsica y mùsicos (a cura di
F. Sopegna) , Madrid 1950
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