SIEOG2015 Abstract 16 maggio

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SIEOG2015 Abstract 16 maggio
XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ginecologia - Endometriosi
SEVERITÀ DI DISCHEZIA E VOLUME DEL NODULO DI ENDOMETRIOSI RETTALE:
POSSIBILE RELAZIONE?
Di Donato N, Savelli L, Seracchioli R
S. Orsola Malpighi, Bologna
Razionale: Diversi studi hanno cercato di correlare la tipologia di dolore con la sede
dell’endometriosi tuttavia la relazione tra l’estensione dell’endometriosi profonda e la
severità della sintomatologia dolorosa necessita tuttora di essere chiarita. Lo scopo dello
studio è valutare l’esistenza di una relazione tra la severità della dischezia con il volume del
nodulo di endometriosi rettale.
Materiali e metodi:Studio retrospettivo basato su pazienti con endometriosi rettale
sottoposte ad asportazione chirurgica mediante shaving dal 2010 al 2013. Dati anamnestici
(età, terapia ormonale e pregressa chirurgia per endometriosi) e clinici (dischezia,
dispareunia, disuria, dismenorrea e dolore pelvico cronico) ed intra-operatori (presenza di
endometriosi ovarica e dimensioni del nodulo come diametro maggiore e volume mediante
formula dell’ovoide D1xD2xD3x0.5222) delle pazienti vengono registrati ed analizzati.
Risultati: Nell’analisi delle 82 pazienti incluse, 28(34.1%) pazienti lamentano dischezia
severa (Visual Analog Scale, VAS≥8) mentre 21(25.6%) assenza di dischezia. Dischezia
severa si associa significativamente a nodulo di endometriosi rettale più piccolo con
diametro maggiore di 24.6±5.57 mm verso 34.12±10.53 e volume di 11.5±1.85 verso
14.71±3.51(p<0.0001). Tale correlazione negativa tra severità della dischezia e dimensioni
del nodulo viene confermata anche dal Spearman Rank test (Rho: -.259; p: .009). Tutte le
altre variabili (età, terapia ormonale, pregressa chirurgia per endometriosi e presenza di
endometriosi ovarica) considerate non risultano influenzare la severità della dischezia nella
popolazione in studio.
Conclusioni: La dischezia si correla negativamente al volume del nodulo rettale e così noduli
più piccoli si associano a dischezia severa. Futuri studi prospettici sono necessari per
comprendere meglio la relazione tra dischezia e dimensione del nodulo e migliorare la
gestione chirurgica dell’endometriosi rettale
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LA STORIA NATURALE DELL’ ENDOMETRIOSI OVARICA
Di Donato N1, Savelli L 1, Jurkovic D2, Seracchioli R1
1
S. Orsola Malpighi, Unità di Ginecologia, Bologna
2
University College Hospital, Unità di trattamento e diagnostica ginecologica, Londra
Razionale: L’endometriosi ovarica per frequenza (55% dei casi di endometriosi) e
importanza sulla fertilità rappresenta argomento di interesse e di dibattito. Lo scopo dello
studio è descrivere la storia naturale dell’endometrioma e identificarne i fattori
potenzialmente influenzanti la crescita.
Materiali e metodi: E’ uno studio longitudinale-retrospettivo su pazienti in età fertile non in
terapia ormonale con diagnosi ecografica di endometriosi ovarica mediante due valutazioni
distanti temporalmente almeno 3mesi. Dati demografici, ginecologici-ostetrici delle pazienti
e dimensioni, lateralità dell’endometrioma vengono registrati insieme al calcolo del volume
attraverso la formula dell’ellisse (4/3 Π abc, con a, b, e c come semi-assi). La percentuale di
cambiamento dimensionale reale [r: (Vt2-Vt1/Vt1)x100%, con Vt1 e Vt2 come primo e
secondo volume] e mensile (r/intervello temporale mensile) vengono analizzate per ciascun
endometrioma.
Risultati: Nell’analisi delle 241 pazienti incluse, i dati risultano non-normalmente distribuiti
ed analizzati mediante test statistici non-parametrici. La mediana dell’intervallo mensile tra
le due ecografie risulta di 9 mesi (range 3-87) e la mediana del secondo volume (11 ml, range
interquartile 4-30) risulta essere significativamente maggiore del volume iniziale (8 ml, range
interquartile 3-19.5) (p: 0.013). Secondo la percentuale di cambiamento dimensionale
mensile, la maggioranza degli endometriomi (226/241) non cresce più del 5% ogni mese e
solo gli endometriomi con volume iniziale <20 ml presentano tendenza alla crescita mentre
gli altri rimangono invariati. Età, parità, indicazione ecografica, pregressa chirurgia per
endometriosi, lateralità dell’ endometrioma e presenza altra endometriosi non risultano
significativamente influenzanti la crescita dell’ endometrioma stesso.
Conclusioni: In pazienti in età fertile e non in terapia ormonale, la maggior parte degli
endometriomi non cresce più del 5% ogni mese e solo gli endometriomi più piccoli
dimostrano spiccata tendenza alla crescita. Studi futuri prospettici riguardo la storia
naturale dell’endometrioma sono necessari per una corretta gestione della patologia
endometriosica ovarica nel critico periodo fertile della donna.
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STORIA NATURALE DEGLI IMPIANTI ENDOMETRIOSICI PROFONDI DEL COMPARTO
POSTERIORE NON SOTTOPOSTI A TERAPIA MEDICA O CHIRURGICA
Scifo MC, Savelli L
Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Bologna
Razionale: Valutare quale sia l’evoluzione nel tempo dei noduli endometriosici profondi del
comparto posteriore (DIE) non sottoposti a rimozione chirurgica o a terapia medica.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo longitudinale su donne in età fertile con prima
diagnosi ecografica di DIE del comparto posteriore nel periodo da gennaio 2003 a dicembre
2009. Le pazienti incluse hanno scelto di non venir sottoposte a rimozione chirurgica del
nodulo né a terapia medica estroprogestinica o con analoghi del GnRHa. Tutte le TVS sono
state eseguite da un solo autore (L.S.) a tempo zero e al termine del follow up. Il nodulo
endometriosico è stato visualizzato in una scansione longitudinale bidimensionale e
misurato lungo i suoi due diametri massimi ortogonali. Il numero dei DIE per paziente e il loro
diametro medio sono stati confrontati al termine ed all’inizio del follow up.
Risultati: sono state reclutate 278 donne (età media 34 anni, range 19-44) con diagnosi
iniziale di DIE del comparto posteriore. 236 pazienti su 278 (85%) hanno completato il
follow-up. 25 pazienti hanno iniziato una qualche forma di terapia medica e 17 sono state
operate; pertanto 42 pazienti sono state escluse dallo studio. L’intervallo medio fra la prima
e l’ultima ecografia transvaginale è di 36 mesi (range 6-64). Il diametro medio dei DIE era di
27 mm (IQR 8-32) alla prima TVS e 30 mm (IQR 8-37) alla seconda (p 0.08). Durante il follow
up è stata diagnosticata la presenza di un secondo impianto endometriosico del comparto
posteriore in 30/236 donne (13% dei casi).
Conclusioni: Abbiamo dimostrato in una ampia popolazione di pazienti seguite a lungo senza
terapia medica che i DIE posteriori non aumentano di dimensioni. In una quota pari al 13%
dei casi viene diagnosticato, durante il follow up, un secondo impianto endometriosico non
visualizzato inizialmente
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CONFRONTO TRA L'ECOGRAFIA BIDIMENSIONALE (2DUS), ED ECOGRAFIA
TRIDIMENSIONALE (3DUS) E RISONANZA MAGNETICA (RM) NELLA DIAGNOSI DI
ENDOMETRIOSI PROFONDA
Perniciano M1, Saba L2, Alcazar JL3, Pascual M4, Ajossa S1, Cappai A1, Piras A1, Fabbri P1,
Pilla F1, Mostallino F1, Zanda V1, Angiolucci M1, Mais V1, Melis GB1, Guerriero S1,
1
Clinica Ostetrica Ginecologica dell’Università di Cagliari
Servizio di Radiologia dell’Università di Cagliari
3
Clinica Ostetrica Ginecologica dell’Università di Navarra, Pamplona, Spagna
4
Clinica Ostetrica Ginecologica dell’Università Dexeus, Barcellona, Spagna
2
Scopo dello Studio: Confrontare l'ecografia (2D),3D,RM nella diagnosi di endometriosi
profonda.
Materiale e Metodi: Sono state incluse nello studio 147donne con sospetto clinico di
endometriosi profonda pelvica, sottoposte a intervento chirurgico tra il 2009 ed il 2013
presso la Clinica Ostetrica Ginecologica dell’Università di Cagliari. L'ecografia è stata
eseguita su tutte le pazienti da un singolo esaminatore con la modalità “tenderness guided”.
Sono stati considerati 3 sedi di endometriosi: coinvolgimento intestinale, altre lesioni
posteriori(fornice posteriore vaginale, SRV,LUS), il compartimento anteriore(vescica).Dopo
l'ecografia 2D, è stata eseguita l’acquisizione 3D ed il volume memorizzato valutato
successivamente a distanza di 3mesi dallo stesso operatore. Prima dell'intervento e
successivamente alla valutazione ecografica tutte le pazienti sono state sottoposte anche a
RM. La performance diagnostica dei 3 test è stata espressa come
AUC,SPEC,SENS,VPP,VPN,LR + e LR-, con i loro rispettivi 95% CI.
Risultati: Le AUC per endometriosi con localizzazione intestinale erano simili per 2D,3D,MR
(rispettivamente 0.875, 0.91,0.931;p> 0.05),per altro posteriore(rispettivamente
0.807,0.838,0.858;p> 0.05) e per il coinvolgimento anteriore (rispettivamente
0.625,0.716,0.758; p> 0.05). Per il coinvolgimento intestinale, SPEC, SENS, il VPP e VPN, e
LR + e LR- erano rispettivamente, 90%, 85%, 87%, 88%,8.6,0.168, per ultrasuoni 2D;93%,
90%, 91%, 92%, 12 e 0.15 per ultrasuoni 3D; mentre per la RM era rispettivamente
94%,92%,92%,94%,15,0.08. Per le altre localizzazioni posteriori, la SPEC, la SENS, il VPP e
VPN, e LR + e LR- erano rispettivamente 87%, il 75%, 84%, 79 %, 5.7, 0.292 per l’ecografia
2D; 80%,87%,81%, 87%, 4,0.15 per eco 3D; per la RM erano rispettivamente 83%,
89%,83%,89%,5.187, 0.136.Per le localizzazioni anteriori,SPEC,SENS,VPP,VPN,LR +,LRerano rispettivamente 98%,27%,50%,94%,12.3, 0.744per ecografia 2D; 98%,
46%,63%,96%,20,0.558, per l’ecografia 3D; per la RM erano rispettivamente
97%,55%,60%,96%,18.54,0.468.
Conclusioni: In base al presente studio l’accuratezza diagnostica del 3D appare superiore
rispetto al 2D per tutte le localizzazioni esaminate, l’accuratezza diagnostica del 3D e della
RM sono simili.
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ENDOMETRIOSI DEL MUSCOLO RETTO DELL'ADDOME: EFFICACIA DELLA TERAPIA
CON DIENOGEST.
Impicciatore GG, Falò E, Recchi MS, Santomauro MP, Liberati M, Ricciardulli A
Razionale: L’endometriosi del muscolo retto dell’addome è una evenienza rara, ad oggi
soltanto 18 casi sono stati riportati in letteratura. In tutti i casi il trattamento di scelta è stato
quello chirurgico con completa escissione della lesione. Non ci sono dati riguardo l’efficacia
della terapia medica soprattutto con dienogest. In questo studio abbiamo valutato l’efficacia
del trattamento continuativo del dienogest sulla lesione endometriosica del muscolo retto
dell’addome.
Materiali e metodi: riportiamo un caso clinico di donna di 44 anni che giunge alla nostra
attenzione lamentando dolori addominali lancinanti esacerbati in concomitanza delle
mestruazioni. La donna è stata in precedenza sottoposta a miomectomia laparotomica e
successivamente a laparoscopia diagnostica per infertilità negativa per endometriosi pelvica.
Nel 2008 ha effettuato taglio cesareo a termine di gravidanza.
All’esame ispettivo si apprezza formazione nodulare in corrispondenza del terzo inferiore
del muscolo retto dell’addome di destra, di consistenza teso elastica mobile su i piani
superficiali e profondi. L’esame ecografico documenta formazione ipoecogena non
vascolarizzata a margini sfumati di 57 mmx 10 mm x 17 mm. L’esame TC eseguito con
mezzo di contrasto conferma la presenza della lesione che mostra un enhancement del
contrasto suggestivo di impianto endometriosico.
Risultati: La paziente, rifiutando il trattamento chirurgico, ha iniziato la terapia medica con
dienoget 2 mg, 1 cp al giorno da giugno 2014.
L’ultimo controllo ecografico eseguito a tre mesi dall’inizio del trattamento mostra una
riduzione della lesione endometriosica, di circà il 50 % ( 35 mm x 8 mm )e una risoluzione
della sintomatologia dolorosa con sostanziale miglioramento della qualità della vita.
Conclusioni: la terapia medica a lungo termine con dienogest è risultata efficace e sicura
anche sulle lesioni endometriosiche del muscolo retto dell’addome, rappresentando una
valida alternativa al trattamento chirurgico nei casi in cui quest’ultimo è controindicato e/o
in caso di scarsa compliance della paziente.
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SCAR ENDOMETRIOSIS: RUOLO DIAGNOSTICO E PREOPERATORIO DELL’ECOGRAFIA
TRANSADDOMINALE
Maiorana A, Incandela D, Izzo T, Giambanco L, Mercurio A, Alio W, Alio L
ARNAS Ospedale Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: L’endometriosi su cicatrice addominale rappresenta una delle manifestazioni
extrapelviche della patologia ed è riportata nello 0.03-1.08% di donne sottoposte a chirurgia
ostetrica o ginecologica.
Il sospetto della presenza di altre patologie quali l’ernia, il granuloma da filo di sutura, il
lipoma, ritardano la diagnosi che spesso è istologica.
Le caratteristiche ultrasonografiche della lesione possono orientarci verso una corretta
diagnosi ed un adeguato work-up preoperatorio.
Materiali e metodi: Lo studio, prospettico osservazionale, è stato effettuato su un Database
(Dicembre 2004- Giugno 2014) costituito da pazienti con diagnosi clinica, ecografica ed
infine istologica afferenti all’Ambulatorio per la diagnosi e cura dell’endometriosi dell’U.O.C.
di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale Civico di Palermo.
Ha valutato la sensibilità diagnostica dell’ecografia transaddominale nell’identificare il
nodulo endometriosico definendone sede, dimensioni e morfologia, dopo confronto con il
pezzo chirugico/istologico.
Risultati: 31 pazienti con età media di 32±4,5 anni. Soltanto tre pz avevano una precedente
diagnosi di endometriosi pelvica. Il 90.3% delle pazienti presentavano, all’esame obiettivo, un
nodulo in prossimità della cicatrice. Tutte le pazienti riferivano dolore catameniale (84%) o
cronico (16%). L’esame obiettivo ha confermato la presenza del nodulo.
Ogni donna è stata sottoposta ad ecografia transaddominale con color Doppler, che ha
evidenziato la presenza di una neoformazione ipoecogena disomogenea, a margini irregolari
con un anello iperecogeno periferico (completo o incompleto). Al color Doppler non è stata
evidenziata vascolarizzazione intralesionale. Dimensioni 26,8 ±13,8mm.
All’esame istologico del pezzo chirurgico, la diagnosi di endometriosi della parete
addominale è stata confermata in tutte le pz e le dimensioni del nodulo sono state di 38,6
±12,7mm
Conclusioni: La diagnosi di scar endometrioma deve essere sospettata in presenza di dolore
in prossimità di cicatrice post-chirurgia ostetrica o ginecologica.L’ecografia transaddominale
ha evidenziato, nel nostro studio, una sensibilità del 100% nel diagnosticare la lesione e nel
determinarne le caratteristiche ai fini del work-up preoperatorio.
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COMPLICANZE DURANTE LA GRAVIDANZA IN PAZIENTI AFETTE DA ENDOMETRIOSI
PROFONDA POSTERIORE STADIATA ECOGRFICAMENTE
Lauriola I1, Exacoustos C2, De Felice G3, Szabolcz B4, Zupi E3, Frusca T1,
1
Dipartimento di Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Parma
2
Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università degli
Studi di Roma ‘Tor Vergata’
3
Dipartimento di Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Siena
4
Dipartimento di Ostetrica e Ginecologica, Ospedale S. Giovanni Calibita Fatebenefratelli, Roma
Razionale: In Letteratura viene riportato un aumentato numero di complicanze ostetriche in
pazienti affette da endometriosi, ma tali studi di popolazione includono pazienti senza
distinguere modalità di diagnosi, sede e tipo della lesione endometriosica. L'obbiettivo di
questo studio retrospettico osservazionale è analizzare gli esiti della gravidanza in pazienti
con DIE posteriore diagnosticata laparoscopicamente e stadiata ecograficamente prima del
concepimento.
Materiali e Metodi: 101 pazienti con DIE posteriore, di età inferiore a 40 anni e desiderose
di prole, sono state inserite in questo studio. Tutte presentavano all'esame ecografico pre
concepimento un nodulo endometriosico profondo del compartimento pelvico posteriore di
dimensioni superiori a 2 cm. In tutte le pazienti la malattia endometriosica era stata
confermata mediante laparoscopia ed istologia. Tramite intervista telefonica sono state
ottenute informazioni sulla loro fertilità e sul decorso della loro eventuale gravidanza. Sono
stati raccolti ed analizzati dati inerenti al tipo di concepimento, numero di gravidanze
portate a termine, il decorso della gravidanza e le complicanze al parto.
Risultati: Delle 101 pazienti con DIE posteriore, 52 hanno ottenuto una gravidanza, 13
hanno abortito nel 1 trimestre e 41 hanno partorito. 18 pazienti hanno concepito mediante
tecniche di PMA. Durante il decorso della gravidanza 7 pazienti sono state ricoverate per
dolori addominali, 6 avevano placenta previa, 13 (13/39=33.3%) hanno partorito prima di 37
settimane. Le complicanze verificatesi al parto sono 2 isterectomie, 1 resezione intestinale, 2
lesioni vescicali, 1 pielonefrite, 4 estese adesiolisi con 2 salpingectomie, 1 lacerazione
vaginale causa di HPP severa.
Conclusioni: Le pazienti con DIE posteriore mostrano un’alta percentuale d’infertilità e di
complicanze durante la gravidanza e al parto. Ciò suggerisce che la gravidanza non e
risolutiva per la malattia e che l'ambiente endocrino in gravidanza potrebbe portare anche
ad attivazione della malattia.
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ADENOMIOSI ED ENDOMETRIOSI PROFONDA: RUOLO DELL’ECOGRAFIA
TRANSVAGINALE PER UN CORRETTO COUNSELLING E MANAGEMENT CLINICO
Lazzeri L1, Di Giovanni A2, Exacoustos C3, Pinzauti S1, Tosti C1, Malzoni M4, Zupi E1,
Petraglia F1
1
Università di Siena, Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Clinica Ostetrica e
Ginecologica, Siena
2
U.O. Endoscopia Ginecologica Avanzata Casa di Cura Malzoni – Avellino
3
Università Tor Vergata di Roma, Dipartmento di Biomedicina e Prevenzione, Clinica Ostetrica e
Ginecologica, Roma
4
U.O. Endoscopia Ginecologica Avanzata Casa di Cura Malzoni, Avellino
Razionale: L’endometriosi profonda rappresenta la più complessa forma di endometriosi.
Una corretta diagnosi clinico-strumentale rappresenta lo step fondamentale per la
successiva strategia terapeutica da adottare e per il successivo follow-up. La contemporanea
associazione di patologie uterine, quali l’adenomiosi rappresenta un fattore determinante
nella valutazione prechirurgica della paziente affetta da endometriosi profonda. L’obiettivo
del nostro studio è stato quello di identificare la possibile presenza di segni ecografici di
adenomiosi in un gruppo di donne affette da endometriosi profonda e di valutare in fase pre
e postoperatoria l’impatto dell’adenomiosi sulla sintomatologia dolorosa e sulle
caratteristiche del ciclo mestruale.
Materiali e metodi: Studio multicentrico che include 121 donne sottoposte ad intervento
chirurgico per endometriosi profonda. Tutte le pazienti sono state sottoposte in fase
preoperatoria a: valutazione clinica della sintomatologia dolorosa (dismenorrea,
dispareunia) tramite scala VAS, valutazione dell’entità del ciclo mestruale tramite il PBAC
score, ecografia transvaginale con lo scopo di valutare la sede e l’estensione della patologia
endometriosica ed i segni ecografici bidimensionali suggestivi di adenomiosi. La stessa
valutazione clinico-diagnostica è stata ripetuta dopo 3/6 mesi dall’intervento chirurgico in
55 donne sottoposte a follow-up.
Risultati: Il 48.7% (n=59) delle donne affette da endometriosi profonda mostra I segni
ecografici tipici di adenomiosi uterina . Prima dell’intervento chirurgico, i sintomi
dismenorrea e dispareunia risultano significativamente più elevati nel gruppo di donne con
adenomiosi associata ad endometriosi profonda (p < 0.001). Dopo 3/6 mesi dall’intervento
chirurgico entrambi i sintomi dolorosi si riducono significativamente, tuttavia nel gruppo di
donne con adenomiosi associata ad endometriosi profondano restano significativamente più
elevati (p < 0.001).
Conclusioni: L’adenomiosi è strettamente associata all’endometriosi profonda ed influisce
negativamente sulla sintomatologia dolorosa. La ricerca di segni ecografici di adenomiosi
risulta pertanto fondamentale per un corretto counselling e follow-up della paziente affetta
da endometriosi profonda.
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VECCHIE E NUOVE TECNICHE NELLA DIAGNOSI ECOGRAFICA DI ENDOMETRIOSI
PROFONDA: NUOVO ALGORITMO DIAGNOSTICO PARTENDO DA UNA SISTEMATIC
REVIEW E METANALISI.
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Esposito F1, Quaranta M2, Venturella R3, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
2
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
Razionale: L’ecografia trans-vaginale(ETV) è considerata oggi il gold-standard per la diagnosi
dell’endometriosi-profonda(EP). Sebbene la Risonanza-Magnetica-Nucleare(RMN)
sembrerebbe essere più accurata della ETV nella valutazione della severità della malattia, gli
elevati costi la rendono inadatta allo studio routinario della EP. Perciò, nuove tecniche di
ecografia-transvaginale-modificata stanno emergendo allo scopo di raggiungere
l’accuratezza della RMN. Scopo del nostro studio è stato definire un approccio evidencebased che venga incontro al clinico evidenziando quale sia la migliore tecnica nello studio
della EP a seconda della localizzazione.
Materiali e metodi: Abbiamo effettuato una sistematic-review e meta-analisi includendo
tutti gli studi con dati completi riguardo le caratteristiche di ciascuna delle seguenti
metodiche ecografiche impiegate nella diagnosi della EP: ETV, ecografia-trans-rettale(ETR),
sonovaginografia-con-soluzione-salina(SVSS), ETV-tenderness-guided(ETV-TG), ETV-rectalwater-contrast(ETV-RWC), ETV-con-preparazione-intestinale, ETV-sliding-sign.
Risultati: Abbiamo incluso 35 articoli nel nostro studio, di cui 32 eleggibili per l’analisi
statistica. La specificità della ETV è risultata superiore all’ 85% per ciascun sito di EP, mentre
la sensibilità variava tra il 50% (vescica,parete-vaginale,setto-retto-vaginale) e l’84%(rettosigma). La ETV-TG è risultata più accurata per i nodi vescicali, mentre la ETR e la ETV-RWC
sono sembrate superiori alla ETV per il retto-sigma(sensibilità=92.6%,specificità=95%).
Inoltre la ETV-RWC(sensibilità=97.1%) e la SVSS(specificità=84.5%) si sono dimostrate
promettenti nell’ individuazione dell’endometriosi del setto-retto-vaginale. La SVSS è
apparsa la metodica più accurata per la diagnosi di endometrosi dei legamenti utero-sacrali,
della parete-vaginale, dei fornici-vaginali, mentre ETR ed ETV-sliding-sign hanno mostrato
una sensibilità di due volte maggiore rispetto alla ETV nello studio dell’endometriosi del
cavo-di-Douglas.
Conclusioni: I nostri dati mostrano che le nuove tecniche di ecografia-transvaginalemodificata e la ETR dovrebbero essere effettuate da ecografisti altamente qualificati in
centri specializzati per lo studio dell’endometriosi. Queste tecniche dovrebbero essere
utilizzate quando l’ETV non è esaustiva nella valutazione della EP. Dunque, nelle strutture
adatte, specialisti esperti potrebbero offrire valutazioni ecografiche di secondo livello con
un’accuratezza analoga se non migliore rispetto alla RMN.
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LIVELLI DI CA-125 SIERICO NELLE PAZIENTI AFFETTE DA ENDOMETRIOSI IN
RELAZIONE ALLA LOCALIZZAZIONE DELLA MALATTIA ED AL TASSO DI GRAVIDANZA
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Quaranta M2, Venturella R3, Esposito F1, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale: Oggigiorno il gold-standard per la diagnosi dell’endometriosi è rappresentato
dalla laparoscopia in associazione alla conferma anatomo-patologica. La misurazione del Ca125 sierico rappresenta un test diagnostico non-invasivo la cui validità è accettata nell’
endometriosi in stadi avanzati(endometriosi moderata-severa) ma dibattuta negli stadi
precoci(minima-lieve). L’ obiettivo di questo studio è stato cercare una correlazione tra i
valori pre-operatori di Ca-125 e localizzazione della lesione
endometriosica(ovarica,extraovarica o mista ovarica-extraovarica). Obiettivo secondario è
stato la ricerca di eventuali correlazioni tra localizzazione di malattia e tassi di fertilità delle
pazienti affette.
Materiali e Metodi: Abbiamo condotto uno studio osservazionale prospettico su 249
pazienti sottoposte ad asportazione chirurgica (laparoscopica/laparotomica) di lesioni
endometriosiche presso il nostro centro. Criteri di inclusione sono stati la misurazione di Ca125 pre-operatorio e la conferma istologica di endometriosi. Le pazienti sono state divise in
tre gruppi a seconda della localizzazione anatomica di malattia: GruppoA(ovarica),
GruppoB(ovarica-extraovarica) e GruppoC(extraovarica). Di ciascuna paziente sono stati
misurati i valori pre-operatori di Ca-125 e valutata la pregressa storia ostetrica.
Risultati: 91 pazienti sono state incluse nel Gruppo A, 104 nel Gruppo B, 54 nel Gruppo C. Il
valore medio di Ca-125 pre-operatorio era 46.4 U/mL nel GruppoA(IQR 32.65-62.45 U/mL),
49.35 U/mL nel GruppoB(IQR 28.875-74.8 U/mL), e 26.8 U/mL nel GruppoC(IQR 22.17533.75 U/mL); Il 44% dei pazienti del GruppoC avevano valori di Ca-125 nella norma, rispetto
al 15.38% e 19.23% di GruppoA e GruppoB. Escludendo le gravidanze ottenute da tecniche
PMA, non avevano ottenuto gravidanze rispettivamente 47 pazienti nel GruppoA(51.65%),
63(60.58%) nel GruppoB, 34(62.96%) nel GruppoC, mentre avevano ottenuto almeno una
gravidanza 44 nel GruppoA, 41 nel GruppoB e 20 nel GruppoC.
Conclusioni: Nella nostra esperienza è emersa una correlazione tra valori di Ca-125 e
localizzazione di endometriosi, con valori più elevate nelle forme di endometriosi ovarica e
mista(ovarica-extraovarica). Nessuna relazione è emersa tra localizzazione di malattia tasso
di gravidanza.
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Ginecologia - Endometriosi
ENDOMETRIOSI PROFONDA COME MALATTIA DINAMICA: STUDIO PROSPETTICO
LONGITUDINALE ECOGRAFICO
Zorzi C 1, Stepniewska A 2, Scioscia M2, Trivella GB2, Zanini D2, Ceccaroni M2
2
1
Ospedale Sacro Cuore Ginecologia ed Ostetricia Negrar, Verona Italy
UCSC Ospedale Gemelli, Ginecologia e Ostetricia, Roma
Razionale: L’evolutività e la storia naturale dell’endometriosi profonda non sono ancora del
tutto chiare. Lo scopo di questo studio è stato di valutare l'evoluzione ecografica
dell’endometriosi in pazienti sintomatiche con e senza terapia ormonale.
Pazienti e Metodi: Un totale di 200 pazienti sono state valutate con un ecografia di II livello
eseguita da operatori esperti. Sono stati visualizzati e misurati noduli infiltranti il peritoneo
ed è stata formulata la diagnosi di endometriosi profonda. Le pazienti sono poi state
suddivise in due gruppi ed hanno eseguito terapia ormonale progestinica o estroprogestinica (54%) o nessuna terapia (46%).
Dopo circa un anno (media 320 gg) tutte le pazienti sono state sottoposte ad una ulteriore
ecografia di II livello eseguita dai medesimi operatori esperti e sono state rivalutate le
localizzazioni anatomiche e le dimensioni dei noduli di endometriosi profonda.
Risultati: Durante il tempo di osservazione, il diametro medio dei noduli del setto vaginale
era significativamente aumentato nel 18% dei pazienti (p<0.05)di cui nel 10% per un
aumento dell’estensione e 8% per insorgenza di noduli de novo. Le lesioni endometriosiche
del retto-sigma sono incrementate nel 28% delle pazienti (p<0.01) di cui il 14% per un
aumento dell’estensione dei noduli ed 14% per l’insorgenza di noduli de novo. Nel
compartimento anteriore a livello vescicale è stato riscontrata un incremento dei noduli
endometriosici nel 6% dei casi (3%incremento dimensionale, 3% de novo).
Il gruppo in trattamento con terapia medica estro-progestinica e soprattutto progestinica
sembra avere degli effetti positivi nel rallentamento dell’evoluzione della malattia (p<0.05).
Conclusioni: L'endometriosi profonda è una malattia dinamica. L'uso della terapia medica
sembra avere un effetto nel limitare la progressione della malattia sia per l’incremento
dimensionale delle lesioni sia per l’aumento delle sedi.
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Ginecologia - Gravidanza ectopica
VALUTAZIONE ECOGRAFICA, 3D E POWER DOPPLER DELLA SCAR PREGNANCY E
RISCHIO DI PATOLOGIA TROFOBLASTICA GESTAZIONALE: ANALISI DI 10 CASI
Vimercati A, De Gennaro AC, Chincoli A, Fascilla FD, Bettocchi S, Ceci O, Cassanelli F, Resta
L, Cormio G
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, II Unità Operativa di Ginecologia
ed Ostetricia, Bari
Razionale: Diagnosi e management della temibile gravidanza impiantata nella cicatrice del
taglio cesareo (“CSP”) risultano difficili e controversi; la patologia trofoblastica della CSP è
ancora più rara e rischiosa.
Materiale e Metodi: Nel periodo compreso tra gennaio 2009 e gennaio 2015 abbiamo
condotto una studio osservazionale prospettico di tutti i casi di CSP riferiti presso il nostro
centro di riferimento per la patologia della gravidanza iniziale (II UO Ginecologia e
Ostetricia, Università di Bari), includendo anche i casi inizialmente misconosciuti presso altri
centri. Sono stati valutati : parametri diagnostici ecografici e flussimetrici, trattamento e
follow-up
Risultati: Sono stati reclutati 10 casi di CSP, ad un epoca gestazionale compresa tra 5 e 16
settimane. L’iniziale diagnosi ecografica era corretta in 5 casi, trattati con embrioriduzione
sotto guida ecografica transvaginale con iniezione intraembrionaria di KCL associata ad
infusione locale e sistemica di methotrexate; 2 casi necessitavano di ulteriore trattamento
isteroscopico/laparoscopico. In un solo caso la curva di regressione della beta HCG e della
massa ectopica valutata ecograficamente e mediante analisi 3D power Doppler mostrava
valori in aumento, anche dopo il fisiologico flare up iniziale, facendo sospettare una patologia
trofoblastica della CSP, successivamente confermata (mola invasiva) dopo rimozione
chirurgica della massa. Dei 4 casi di CSP inizialmente misconosciuti e riferiti per profusa
metrorragia dopo aborto spontaneo o indotto (2 gravidanze gemellari) 2 casi esitavano in
isterectomia e in 1 era necessaria la rimozione chirurgica della massa. L’unico caso
diagnosticato tardivamente e progredito è esitato in un taglio cesareo urgente a 34
settimane (placenta previa percreta) complicato da isterectomia.
Conclusione: La valutazione ecografica ed in particolare la tecnica 3D power Doppler sono
risultate utili nella diagnosi precoce della CSP , nel monitoraggio post trattamento e ,
soprattutto, nella difficile diagnosi differenziale con la patologia trofoblastica.
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Ginecologia - Gravidanza ectopica
UTILIZZO DELL’ECOGRAFIA TRIDIMENSIONALE NEL MANAGEMENT DELLA
GRAVIDANZA ECTOPICA NON TUBARICA
Chiappa V1, Fruscio R2, Mariani EM3, Vergani P2
1
IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Ginecologia Chirurgica, Milano
Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ginecologia e Ostetricia, Monza
3
Ospedale San Gerardo, Ginecologia e Ostetricia, Monza
2
Obiettivo: Valutare il ruolo dell’ecografia tridimensionale (3D) nella diagnosi e management
delle gravidanze ectopiche non-tubariche
Cases presentation
Caso I: donna di 34 anni valutata presso il nostro centro a 8 sg per prima visita ostetrica.
All’ecografa transvaginale (TVUS) era visibile la cavità uterina vuota con sacco gestazionale
nella cervice. Il BCE era presente, il valore di HCG era 217762 U/ml. Durante la TVUS sono
stati acquisiti i volumi 3D in scala di grigi e Doppler. Alla valutazione offline è stata valutata
la vascolarizzazione peritrofoblastica mediante 3D Angio tool. Alla paziente è stato offerto
un accurate counselling per vagliare le opzioni terapeutiche e ha optato per il percorso
conservativo: è stata sottoposta a embolizzazione selettiva delle arterie uterine con schiuma
semipermanente dopo iniezione locale di Methotrexate attraverso I cateterini per
embolizzazione; 24 ore dopo il BCE era assente e il valore di HCG 155561 UI/ml. 48 ore
dopo lo studio 3D Angio mostrava la scomparsa della vascolarizzazione perotrofoblastica ed
è stata sottoposta e isteroscopia con rimozione del materiale ovulare senza complicanze.
Caso II: donna di 44 anni giunta in pronto soccorso per dolore pelvico e perdite ematiche
vaginali. In anamnesi 5 aborti spontanei con D&C. Alla TVUS era visibile reazione deciduale e
un sacco gestazionale interstiziale distorceva il profilo uterino alla ricostruzione 3D del
piano coronale. Le valutazioni seriate mostravano un calo spontaneo delle HCG
consentendo una gestione conservative. All’ecografia 3D il sacco gestazionale diveniva
sempre più piccolo e ipotonico, esitando in un’area vacuolare in prossimità del corno uterino;
le HCG si son negativizzate in 3 settimane e i cicli mestruali sono ripresi dopo 2 mesi.
Conclusioni: L’ecografia 3D è uno strumento efficace nella diagnosi e management delle
gravidanze ectopiche non tubariche. Si tratta di uno strumento facilmente accessibile e
riproducibile senza incremento dei costi come per altre metodiche di imaging
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Ginecologia - Gravidanza ectopica
RUOLO DEL LIVELLO SIERICO DEL PROGESTERONE NELLA GESTIONE DELLE DONNE
CON GRAVIDANZA A LOCALIZZAZIONE NON NOTA
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Naji O 2, Brown R2, Izzat F2, Abdulrahim B3
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
University Hospital of Coventry and Warwickshire - Department of Obstetrics and Gynecology NHS Trust - United Kingdom
3
Department of Obstetrics and Gynecology - NHS Trust - Northampton General Hospital–
Northampton, United Kingdom
2
Razionale: Con gravidanza ectopica a sconosciuta localizzazione (Pregnancy of unknown
location-PUL) si intende una condizione in cui vi è un test di gravidanza positivo senza
evidenza di una gravidanza intra o extrauterina alla valutazione clinico-strumentale
(ecografia transvaginale) o in laparoscopia. L’obbiettivo del nostro studio è stato quello di
valutare in termini di accuratezza diagnostica e sicurezza un protocollo clinico basato sui
livelli sierici di progesterone (s-PG) e HCG per la gestione delle donne con PUL per predire la
localizzazione del sacco gestazionale senza effettuare un intervento chirurgico, riducendo in
tal modo il numero di follow-up.
Materiali e Metodi: Abbiamo condotto uno studio retrospettivo tra giugno 2012 e maggio
2013 su un totale di 268 casi con sospetta diagnosi di PUL. Il protocollo di gestione
prevedeva che le pazienti clinicamente stabili con sospetta diagnosi di PUL e livello di sPG<20nmol/l avrebbero eseguito un dosaggio di HCG a sette giorni. Le pazienti invece con
sospetta PUL e s-PG>20nmol/l avrebbero eseguito una visita e un dosaggio di HCG a 48 ore.
Risultati: Delle 268 pazienti, 127(47%) presentavano un aborto spontaneo, 85(33%) una
gravidanza evolutiva, 30(11%) una gravidanza ectopica. Il drop-out è stato di 26 pazienti
(9%). Di tutto il campione 151 pazienti presentavano un valore di s-PG<20nmol/l e 114 un
valore >20nmol/l. Considerando le 30 pazienti con gravidanza ectopica, 20 donne
presentavano valori di s-PG<20nmol/l e 6 di queste sono state trattate chirurgicamente; 10
donne presentavano invece valori di s-PG<10nmol/l e 2 di queste sono state trattate
chirurgicamente.
Conclusioni: Un protocollo clinico di gestione delle sospette PUL basato sui livelli sierici di
hCG e PG non sembra essere efficace; infatti, sulla base dei nostri dati, alcuni casi di
gravidanza ectopica che necessitano di intervento chirurgico potrebbero potenzialmente
non essere diagnosticati in modo tempestivo
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Ginecologia - Gravidanza ectopica
PUL: DESCRIZIONE DI DUE CASI A DECORSO DIFFERENTE E REVISIONE DELLA
LETTERATURA
Mattioli G1, Rocca A2, Monterisi A1, Guarino A1, Di Benedetto L1, Torcia F1
1
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
2
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
Razionale: Pregnancy of unknown location (PUL) è un termine descrittivo coniato per
definire una condizione caratterizzata da test di gravidanza positivo (β-hcg > 5 UI/l),
assenza di segni di gravidanza intrauterina o extrauterina all'ecografia vaginale, assenza di
segni di sanguinamento intraddominale e/o evidenze di emoperitoneo. Nella PUL non è
quindi possibile, per definizione, determinare la localizzazione della gravidanza. Il tasso di
incidenza varia (5 - 42%).
Materiali e Metodi: Proponiamo due casi con criteri ecografici e di laboratorio riconducibili a
PUL, ma differente sintomatologia clinica.
Le pazienti avevano basso valore di β-hcg, con caratteristiche di gravidanza a carattere non
evolutivo nei controlli seriati e mancata visualizzazione della camera gestazionale.
Il caso 1 presentava dolore pelvico, scarse perdite ematiche vaginali rosso scuro e falda
fluida nel Douglas.
Il caso 2 era esente da sintomatologia algica.
Risultati: Il caso 1 è stato gestito con laparoscopia e revisione strumentale della cavità
uterina. L'ovaio sinistro presentava un corpo luteo con aspetto gravidico, in regressione,
mentre il materiale abortivo (endometrio gravidico e villi coriali) era localizzato a livello
intrauterino. E’ seguita una caduta di β-hcg con risoluzione del quadro clinico.
Il caso 2 in assenza di dolore è stato gestito con RCU ecoguidato per riscontro 3D di echi
addensati sul fondo uterino . L’esame istologico documentava decidua gravidica e villi coriali
in degenerazione fibrosa. E’ seguita negativizzazione β -hcg.
Conclusioni: I casi riportati evidenziano come la gestione dei casi di PUL non sia né facile, né
univoca. La diagnostica ecografica ed il quadro clinico giocano un ruolo sostanziale .
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Ginecologia - Gravidanza ectopica
GRAVIDANZA ETEROTOPICA: DIAGNOSI E TRATTAMENTO DI UN CASO CON
REVISIONE DELLA LETTERATURA RECENTE.
Addi G, Bianchi P, Marziani R, Corosu L, Milazzo G, Torcia F
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
Razionale: La gravidanza eterotopica rappresenta un evento raro , anche se più
recentemente il ricorso alle tecniche di procreazione assistita ne hanno incrementato la
frequenza. Consiste nella contemporanea presenza di una gravidanza evolutiva in sede
intracavitaria tipica, cui si associa la presenza di una seconda gravidanza a localizzazione
ectopica (tubarica, cervicale etc).
Materiali e metodi: Viene presentato un caso in gravidanza insorta spontaneamente con
localizzazione tubarica sinistra, diagnosticato in ambito di pronto soccorso con gli ultrasuoni.
L’esame deponeva per gravidanza evolutiva in utero corrispondente ad un età gestazionale
di 8 settimane con seconda gravidanza evolutiva impiantata nella salpinge sinistra con
embrione dotato attività cardiaca rilevabile e documentabile.
Risultati: La sintomatologia dolorosa e la presenza di emoperitoneo hanno ra rappresentato
l’indicazione all’intervento chirurgico laparoscopico urgente (salpingectomia) , scoraggiando
l’idea di trattamenti alternativi.
Conclusioni: L’occasione ha stimolato la revisione della letteratura recente dalla quale si
evince una certa difficoltà diagnostica e soprattutto una grande varietà di possibilità di scelta
terapeutica. La sede di impianto della gravidanza eterotopica , l’epoca gestazionale ed il
quadro clinico giocano un ruolo fondamentale in tal senso. Dal punto di vista diagnostico vale
la pena di ricordare che il riscontro di una gravidanza evolutiva in utero non è sufficiente per
concludere l’esame ecografico del I trimestre, soprattutto in presenza di dolore pelvico e di
valori aumentati delle b-HCG. La conoscenza del problema può rappresentare quindi lo
stimolo adeguato alla supposizione diagnostica.
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Ginecologia - Infertilità
MORFOLOGIA DEL SETTO UTERINO E IMPATTO SULL’OUTCOME RIPRODUTTIVO:
STUDIO OSSERVAZIONALE SU 180 PAZIENTI VALUTATE CON ECOGRAFIA
TRANSVAGINALE 3D.
Romeo V1, Exacoustos C1, Cobuzzi I2, Valli E1, Baiocco F3, Romanini M3, Zupi E4, De Felice G4
1
Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione/Cattedra Clinica
Ostetrica e Ginecologica, Roma
2
Università di Bari, Cattedra di Ginecologia e Ostetricia, Bari
3
Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, Ostetricia e Ginecologia, Roma
4
Università di Siena, Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Siena
Razionale: L’obiettivo di questo studio è quello di valutare con ecografia 3D pazienti con
utero setto o subsetto, correlando la morfologia uterina con l’outcome riproduttivo.
Materiali e metodi: Sono state valutate retrospettivamente 180 pazienti con utero setto
secondo la classificazione dell’AFS modificata da Salim nel 2003 , diagnosticato con
ecografia transvaginale 3D eseguita nella fase secretiva del ciclo mestruale. Nella scansione
coronale dell’utero venivano misurate la lunghezza e la larghezza del setto. La storia
riproduttiva veniva valutata in termini di : infertilità (incapacità a concepire dopo 12 mesi di
rapporti liberi non protetti), aborto (interruzione spontanea della gravidanza prima della 20°
settimana di gestazione), poliabortività (2 o più aborti), parto prematuro (prima delle 36
settimane di gestazione) e a termine. Si definiva setto completo il setto che raggiungeva
l’OUI, gli altri venivano considerati setti parziali o subsetti.
Risultati: Dei 180 casi di setto uterino 51 erano completi e 129 parziali. Le pazienti
presentavano infertilità nel 29,4%, almeno un aborto nel 18,3% e un bambino nato vivo nel
36,1% dei casi. Mentre la percentuale delle donne con almeno un aborto era
significativamente più alta nelle donne con setto parziale (34,8%) rispetto a quelle con setto
completo (15,6%) , non vi erano differenze negli altri outcome riproduttivi e nell’infertilità.
La lunghezza del setto non sembrava essere correlata all’outcome riproduttivo. La larghezza,
invece, risultava nelle pazienti con almeno un aborto maggiore (30.95 ± 7.37mm) e nelle
pazienti infertili significativamente minore(26.52 ± 7.59).
Conclusioni: I setti uterini completi e parziali mostrano differenti outcome riproduttivi. Nel
caso dei setti parziali la larghezza, e non la lunghezza, sembra avere un impatto sulla fertilità.
Setti sottili sono maggiormente correlati ad infertilità, setti spessi e parziali ad abortività.
Tale dato suggerisce che la forma del setto possa influenzare differentemente l’instaurarsi
della gravidanza.
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Ginecologia - Infertilità
VALUTAZIONE ECOGRAFICA CON 3D HYFOSY DELL’OCCLUSIONE TUBARICA
ISTEROSCOPICA CON ESSURE
Zizolfi B1, Exacoustos C2, Romeo V2, Lazzeri L3, Franchini M4, Zupi E5, Di Spiezio Sardo A1
1
Università degli studi di Napoli "Federico II", Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Napoli
Università di Roma "Tor Vergata", Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Roma
3
Università degli studi di Siena, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Siena
4
Ospedale P.Palagi, Firenze
5
Università degli studi di Siena, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Siena
2
Razionale:L’obiettivo dello studio è valutare, in pazienti sottoposte a sterilizzazione tubarica
isteroscopica con Essure, con un unico esame ultrasonografico tridimensionale (isterosalpingo-contrasto-sonografia con ExEm gel-foam (3DHyFoSy)), la posizione dei dispositivi e
la conseguente occlusione tubarica.
Materiali e Metodi: Sono state arruolate in questo studio prospettico 50pazienti sottoposte
a sterilizzazione tubarica, 45 per desiderio di contraccezione permanente e 5 infertili,
candidate a IVF, con sactosalpingi e controindicazioni all’intervento laparoscopico.
L’applicazione dei dispositivi Essure è stata eseguita in regime ambulatoriale. Tutte le
pazienti, 3 mesi dopo l’inserimento dei dispositivi, sono state sottoposte ad
isterosalpingografia(ISG) e 3DHyFoSy. Sono state valutate un totale di 95tube. Alla
scansione coronale ottenuta mediante tecnica 3D è stata descritta la posizione dei
microinserti secondo la classificazione proposta da Legendre. È stata poi eseguita la
3DHyFoSy che, con l’acquisizione volumetrica di utero e annessi durante iniezione del gelfoam, valutava l’occlusione tubarica. I risultati della 3DHyFoSy sono stati confrontati con
quelli dell’ISG. Inoltre, è stato valutato il dolore riferito dalle pazienti durante e dopo l’ISG e
la 3DHyFoSy.
Risultati:La posizione dell’Essure appariva corretta nel 75%dei casi e inadeguata nel 25%.
Alla 3DHyFoSy è stata osservata occlusione tubarica nell’89%dei casi. Nei 6 casi in cui si
evidenziava passaggio del gel attraverso le tube, 5 dispositivi avevano una posizione corretta
e solo in un caso la posizione risultava prevalentemente intracavitaria.
La posizione dei dispositivi e la pervietà tubarica sono state confermate
all’isterosalpingografia con una concordanza del 100%.
Confrontando il dolore riferito durante le due procedure diagnostiche, risultava uno score
medio più elevato per l’isterosalpingografia.
Conclusioni: La 3DHyFoSy consente un’accurata valutazione sia della posizione dei
dispositivi Essure che dell’occlusione tubarica. La 3DHyFoSy, effettuata in regime
ambulatoriale, potrebbe essere considerata uno strumento per il follow up della
sterilizzazione tubarica isteroscopica con Essure, riproducibile e con indubbi vantaggi per la
paziente legati alla mancata esposizione a radiazioni ionizzanti.
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Ginecologia - Infertilità
CLASSIFICAZIONE ESHRE/ESGE 2013 DELLE MALFORMAZIONI UTERINE:
RICLASSIFICAZIONE DEGLI UTERI ARCUATI E OUTCOME GRAVIDICI A CONFRONTO
CON UTERI SETTI E NORMALI
Cobuzzi I1,
Romeo V2,
Piancatelli R2,
Valli E
Ospedale Fatebenefratelli 'San Giovanni Calibita', Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Baiocco F
Ospedale Fatebenefratelli 'San Giovanni Calibita', Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Romanini ME
Ospedale Fatebenefratelli 'San Giovanni Calibita', Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Zupi E
Università degli studi di Siena, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Siena
Exacoustos C2
1Università degli studi di Bari, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Bari
2Università degli studi di Roma 'Tor Vergata', Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Razionale: Gli uteri arcuati con l’introduzione della classificazione ESHRE/ESGE del 2013
sono stati riclassificati in uteri normali/dismofici (classi U0/U1c) o setti parziali (U2a).
Correlazione tra morfologia uterina e problemi riproduttivi e confronto con gli uteri setti e
uteri normali per verificare il reale impatto sull’outcome ostetrico.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo su scansioni coronali archiviate nel periodo 20082014 ed ottenute con ecografia transvaginale tridimensionale di uteri arcuati, setti o normali
secondo la classificazione di Salim del 2003. Determinazione di 4 misure: larghezza della
sepimentazione (W), lunghezza della sepimentazione (L), spessore del miometrio sano (M) e
angolo di indentazione (α). Gli uteri arcuati sono stati riclassificati come U2a se la
sepimentazione era lunga più del 50% del miometrio sano o come U0/U1c se era meno del
50%. I problemi riproduttivi esaminati sono stati infertilità primaria e secondaria, presenza di
almeno un aborto e numero di nati vivi. P value minore di 0,5 è stato considerato
statisticamente significativo.
Risultati: I 362 uteri arcuati sono diventati 180(49,7%) setti parziali e 182 (50,3%)
normali/dismorfici. Gli uteri U2 avevano setti più lunghi, più larghi, un miometrio sano meno
spesso e un angolo minore rispetto agli uteri U0/U1c (L: 6,3±1,8 vs 4,3±1,0 mm; W: 26,8±5,0
vs 25,7±5,1 mm; M: 8,3±1,7 vs 11,0±2,4 mm; α: 128,4±10,1 vs 140,8±8,3°; p<0.05). I
problemi riproduttivi erano simili nei due gruppi. Nessuna differenza è stata evidenziata in
confronto ai 364 uteri normali mentre un numero di aborti statisticamente inferiore
risultava rispetto ai 129 uteri setti parziale (33,9 vs 45,8%; p<0.05).
Conclusioni: La riclassificazione degli uteri arcuati comporta severe implicazioni cliniche e
diagnostiche e può creare problemi nel counselling con donne subfertili. La classificazione
ESHRE/ESGE non è supportata da risultati retrospettivi e studi prospettici per stabilire i
criteri corretti per una metroplastica isteroscopica senza determinare un overtreatment.
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Ginecologia - Infertilità
RUOLO DELL'ECOGRAFIA 3D NEL WORK UP POST-METROPLASTICA
Nazzaro G, Salzano E, Di Spiezio Sardo A, Tirone M, Vaccarella M, Iazzetta R, Miranda M,
Locci M, De Placido G
Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologia, Centro di Sterilità/
Napoli
Razionale: Le malformazioni congenite dell’apparato genitale femminile sono alterazioni
anatomiche del tratto riproduttivo, risultato di uno sviluppo anomalo dei dotti di Muller e/o
dei dotti paramesonefrici, con un’incidenza globale del 4-7%. Il nostro obiettivo è definire il
ruolo dell’ecografia 3D nella valutazione della morfologia cavitaria delle malformazioni
uterine post metroplastica isteroscopica.
Materiali e metodi: La nostra popolazione di studio è costituita da 120 pazienti con
anamnesi di sterilità, sottoposte ad esame ecografico 3D in fase secretiva con ecografo
Samsung WS80A Elite. 64 pazienti presentavano cavità uterina regolare. Tra le restanti 56
pazienti, 40 presentavano utero setto. Venivano eseguite le seguenti misurazioni: profondità
del setto, distanza interostiale, distanza setto-sierosa. I dati venivano forniti
all’isteroscopista prima della metroplastica. Veniva eseguita valutazione ecografica
tridimensionale della cavità uterina postchirurgica. La ricostruzione tridimensionale era
ottenuta partendo da una scansione longitudinale dell’utero. Tale piano di scansione era
utilizzato per spostarsi lungo l’asse z in direzione anteroposteriore in modo da valutare
l’entità del setto residuo e la sua localizzazione lungo il diametro anteroposteriore.
Risultati: In 31 pazienti la morfologia cavitaria post-metroplastica appariva regolare; 9
pazienti presentavano residuo fibroso al fondo maggiore di 5 mm. In 5 pazienti, il setto
mostrava asimmetria verso la parete uterina posteriore o anteriore.L’ecografia
tridimensionale ha consentito di ridurre il numero di pazienti da sottoporre ad isteroscopia
di controllo post-metroplastica e di individuare le pazienti che necessitano di ulteriore
trattamento.
Conclusioni: Alla luce dei risultati ottenuti possiamo concludere che la valutazione
ecografica tridimensionale dovrebbe essere sempre offerta come indagine di primo livello
nel work up diagnostico della donna infertile. Il suo ruolo non si esaurisce nella valutazione
preoperatoria, ma apporta un prezioso contributo anche nella valutazione postchirurgica.
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Ginecologia - Infertilità
UTERO UNICORNE CON CORNO RUDIMENTALE ACCESSORIO COMUNICANTE: CASE
REPORT
Tirone M1, Salzano E1, Vaccarella M1, Iazzetta R1, Miranda M1, Locci M1, De Placido G1, Di
Spiezio Sardo A2, Lisbino M2, Nazzaro Giovanni1
1
Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologia, Centro di Sterilità/
Napol
i2Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologia Oncologica/ Napoli
Razionale: Le malformazioni uterine costituiscono un capitolo fondamentale
nell’eziopatogenesi dell’infertilità, data l’incidenza del 7-9% nella popolazione infertile
contro il 2-3% di quella fertile. Sebbene la diagnosi venga comunemente effettuata mediante
l’integrazione isteroscopia-laparoscopia, l’ecografia endovaginale tridimensionale consente
di migliorare le capacità diagnostiche.
Materiali e metodi: Giunge alla nostra osservazione la paziente P.L. con storia di sterilità. La
paziente esibisce isterosalpingografia, che evidenzia utero unicorne in assenza di cavità
rudimentali comunicanti, la tuba iniettata mostra normale decorso e calibro ectasico al terzo
distale ed RMN dell’addome inferiore, che evidenzia anomalia uterina rappresentata da
emiutero destro, con cavità rudimentale sinistra non in comunicazione.
Presso il nostro ambulatorio, con ecografo Samsung WS80A Elite, si esegue USG-TV, che
mostra un quadro contrastante rispetto agli esami precedenti.
Risultati: Dall’acquisizione tridimensionale si evidenzia una cavità uterina bipartita al corpofondo: l’emicavità destra presenta la caratteristica forma dell’utero unicorne, l’emicavità
sinistra appare rudimentale e non presenta ematometra. Si esegue valutazione Power Flow
imaging tridimensionale: l’arteria uterina sinistra non è visualizzata ed al fondo uterino si
osserva un caratteristico andamento della vascolarizzazione noto come “gamma sign”. Il
Multislice View, rendendo possibile rappresentare su monitor multiple sezioni del volume
acquisito, consente di studiare le due emicavità nello stesso volume e la posizione dell’una
rispetto all’altra. La possibilità di impostare lo spessore delle sezioni, consente di individuare
una sottile comunicazione di circa 1mm esistente tra le due emicavità. Tale riscontro
consente di spiegare l’assenza di ematometra nel corno rudimentale, reperto tipico in
presenza di corno accessorio non comunicante. Si pone diagnosi di utero unicorne con corno
rudimentale comunicante, classe U4.a della classificazione ESHRE/ESGE.
Conclusioni: Il caso mostra chiaramente che la tecnica tridimensionale fornisce
fondamentali informazioni per la corretta definizione della malformazione, in particolare il
Multislice View consente di studiare minuziosamente la cavità uterina, evidenziando dettagli
che possono sfuggire ad altri esami diagnostici.
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Ginecologia - Infertilità
DOSAGGIO SIERICO DI “STEM-CELL-FACTOR” IN PAZIENTI “POOR-RESPONDERS”
SOTTOPOSTE A PROCREAZIONE ASSISTITA: UN BIOMARKER PER STABILIRE SE
EFFETTUARE IL PICK-UP.
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Esposito F1, Quaranta M2, Venturella R3, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale: Il basso rapporto costo/beneficio dei trattamenti IVF nelle pazienti “poorresponder”(POR) ha posto le basi per la ricerca di nuovi biomarker per stabilire, con una
buona sensibilità, se eseguire o no il prelievo ovocitario(pick-up). Evidenze recenti
suggeriscono come lo “Stem-cell-factor”(SCF) svolga un’importante azione sugli ovociti, sulle
cellule tecali e sullo sviluppo follicolare. L’obbiettivo del nostro studio è stato quello di
valutare se la concentrazione sierica dell’SCF(s-SCF) al momento dell’induzione
dell’ovulazione possa essere considerata un nuovo strumento per stabilire se eseguire o no il
pick-up nelle pazienti POR più anziane.
Materiali e Metodi: Abbiamo condotto uno studio pilota-osservazionale di coorte su 37
donne infertili (43-50 anni), in attesa di trattamento IVF, stimate POR in accordo con i criteri
di Bologna. Le pazienti sono state inizialmente trattate con un protocollo standard (S-COH,
protocollo lungo-GnRH-agonista e FSH-ricombinante) e in caso di fallimento, sono state
trattate successivamente con un protocollo con supplementazione di LH (LH-COH, diverso
dal primo solo per l’aggiunta di LH-ricombinante)
Risultati: I due protocolli, S-COH e LH-COH, non hanno mostrato tra loro alcuna differenza
significativa in termini di concentrazioni di f(follicular)-SCF e di s-SCF. E’ risultata invece una
forte correlazione lineare tra le concentrazioni sieriche e follicolari di SCF [p800pg/mL, 2
ovociti-MII con valori >600pg/mL, 1 ovociti-MII con valori >400 pg/mL. Con valori di sSCF1000 pg/mL al momento del pick-up.
Conclusioni: Se i nostri dati verranno confermati, il dosaggio dell’s-SCF potrà rappresentare
uno strumento a basso costo, non invasivo, in grado di migliorare il rapporto costo/beneficio
dei trattamenti IVF nelle pazienti POR.
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Ginecologia - Infertilità
QUAL È IL MIGLIOR SUPPORTO DELLA FASE LUTEALE IN DIVERSI PROTOCOLLI DI
FECONDAZIONE-ASSISTITA PER OTTENERE IL MIGLIOR TASSO DI GRAVIDANZA?
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Quaranta M2, Venturella R3, Esposito F1, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale: Nei cicli di fecondazione assistita(IVF), le anomalie di concentrazione degli
ormoni sessuali durante la fase-luteale possono rappresentare un fattore limitante per
ottenere un buon “pregnancy-rate”. Sebbene, dopo un ciclo di IVF, vi siano numerose
evidenze sull’utilità di un supporto progestinico durante la fase luteale(LFS-luteal-phasesupport) non c’è consenso su quale possa essere la miglior dose e modalità di
somministrazione progestinica(PG) e i possibili vantaggi derivanti dalla supplementazione
con Estradiolo(E2) in diversi protocolli di stimolazione. L’obbiettivo del nostro studio è stato
quello di stabilire il miglior schema di LPS (bassa-dose-PG, alta-dose-PG, alta-dose-PG più
E2) per ottenere il miglior “clinical” ed “ongoing” “pregnancy rate” in base al protocollo di
stimolazione, al valore di E2 all’induzione, allo spessore endometriale al pick-up e all’età della
paziente.
Materiali e Metodi: Abbiamo condotto uno studio randomizzato su 360 donne sottoposte a
IVF: 180 trattate con protocollo lungo-GnRH-agonista(Group_A), 90 con protocollo cortoGnRH-agonista(Group_B) e 90 con protocollo corto-GnRH-antagonista(Group_C). Tutte le
pazienti sono state stimolate solo con r-FSH. Dopo la fertilizzazione ovocitaria le pazienti
sono state randomizzate in tre sottoGruppi: sottoGruppo_A1-B1-C1 (bassa_dose_PG:
200mg ovuli-vaginali due volte/die; sottoGruppo_A2-B2-C2 (alta_dose_PG: 200mg ovulivaginali tre volte/die più 100mg/die intramuscolo); subGroup_A3-B3-C3 (alta_dose_PG:
200mg ovuli-vaginali tre volte/die più 100mg/die intramuscolo più 2mg di E2 per via
vaginale due volte/die)
Risultati: Alte dosi di PG sono meglio di basse dosi dello stesso per aumentare sia il “clinical”
che “l’ongoing” pregnancy-rate. La supplementazione con E2 è fondamentale nel caso di
protocollo corto-GnRH-antagonista e fortemente suggerita in tutti i protocolli quando il
valore di E2 risulta <5nmol/L e lo spessore endometriale <10mm.
Conclusioni: Nel protocollo lungo-GnRH-agonista e in pazienti maggiori di 35 anni il
vantaggio della supplementazione con E2 durante l’LPS risulta ancora da confermare. In
tutte le altre condizioni, una supplementazione con alte dosi di PG sembrerebbe efficace per
ottenere un buon tasso di gravidanza.
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Ginecologia - Infertilità
LUNGHEZZA DEL CICLO-MESTRUALE: UN MEZZO PER MIGLIORARE L’ACCURATEZZA
DELLA RISERVA-OVARICA NELLA STIMA DEL POTENZIALE RIPRODUTTIVO DELLE
DONNE SOTTOPOSTE A FECONDAZIONE-ASSISTITA
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Quaranta M2, Venturella R3, Esposito F1, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale: Sebbene diversi autori abbiano confermato l’importanza della durata del ciclo
mestruale (MCL) nelle donne sottoposte a cicli di fecondazione assistita (IVF), tuttavia, solo
pochi studi sono stati condotti al fine di valutare se l’MCL possa essere un potenziale
indicatore di salute riproduttiva e di fertilità della donna. Lo scopo del nostro studio è stato
di valutare l’utilità dell’MCL nel predire, prima del trattamento, il numero di ovociti MII
ottenuti e l’OSI (ovarian-sensitivity-index) della paziente, prendendo in considerazione
diverse coorti sulla base dell’età e dei valori sierici di AMH.
Materiali e Metodi: Abbiamo condotto uno studio osservazionale-retrospettivo su 455
donne infertili normo-ovulatorie divise in diverse coorti a seconda dell’età (AGE_class_1:>40
anni, AGE_class_2:35-40 anni, AGE_class_3:26-34 anni, AGE_class_4:31 giorni,
MCL_class_2:30-31 giorni, MCL_class_3:28-29 giorni, MCL_class_4:26-27 giorni,
MCL_class_5:1.1 ng/ml).
Risultati: Nelle donne con età inferiore a 35 anni un MCL maggiore di 31 giorni può essere
indicativo di un buon OSI ed un maggior rischio di OHSS (iperstimolazione ovarica). Nelle
donne di età maggiore di 35 anni, ed in particolare in quelle di età maggiore di 40 anni, un
accorciamento dell’MCL può essere considerato un marker di “invecchiamento ovarico” e
può associarsi ad una risposta ovarica scarsa, un basso OSI e un ridotto tasso di
fertilizzazione ovocitario. Quando l’AMH sierico è inferiore a 1.1 ng/ml, nelle pazienti di età
maggiore ai 40 anni, l’MCL può aiutare a distinguere le vere pazienti “poor-responders” da
quelle sospette.
Conclusioni: Sebbene la valutazione dell’MCL rappresenti una strategia affidabile ed
economica per la valutazione dell’età ovarica e della presumibile risposta ai protocolli di iperstimolazione ovarica controllata, l’età cronologica rimane a tutt’oggi il parametro più
accurato nel predire la probabilità di ottenere una gravidanza.
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Ginecologia - Ecografia e uroginecologia
TRAINING DI PERSONALE INFERMIERISTICO IN FOLLICOLOMETRIA 3D
Zanette M, Rodriguez A, Vassena R, Franci S, Vernaeve V
Clinica Eugin, Barcellona, Spagna
Razionale: Il personale infermieristico dei servizi di riproduzione medicalmente assistiita
(PMA) é da sempre coinvolto nella cura e il maneggio del paziente. Ciononostante, il suo
ruolo nell’eseguire controlli ecografici rimane modesto. L’obiettivo di questo studio
prospettivo e’ quello di valutare le curve di apprendimento (learning curve) nell’ecografia 3D
transvaginale per il controllo ecografico della stimolazione ovarica (folliculometria) in
personale infermieristico senza nessuna esperienza previa in ecografia, mediante curve LCCUSUM.
Materiali e metodi: 8 infermiere con 2 anni di esperienza in una unitá PMA hano partecipato
allo studio. Inizialmente le infermiere hanno assistito a un corso teorico e hanno effettuato
20 ecografie transvaginali per localizzare correttamente le ovaie e l’utero mediante
ecografia 2D. Le volontarie (donatrici di ovociti) venivano controllate dall’ottavo girono di
stimolazione ovarica. Le donatrici venivano prima esaminate da un medico esperto per
decidere il percorso clinico, e immediatamente dopo dall’infermiera in training. Per lo studio
si usó un programma Voluson 8.0.1; la foliculometría 3D si effettuó mediante SonoAVC; se
ncessario, si effetuó anche una misurazione 2D, usando la misura media dei 2 diametri
perpendicolari pero ogni follicolo. Per identificare l’avenuto raggiungimento della
competenza, si ursarono delle curve LC-CUSUM personalizzate; i criteri di successo di ogni
ecografia erano: una differenze di ≤3 follicoli di ≥10mm di diametro e ≤2 follicoli di ≥14mm
di diametro, misurati in 3D, e ≤2 follicoli di differenza misurati in 2D tra infermiera e medico
esperto.
Risultati: 6 delle 8 infermiere hanno raggiunto la competenza nella folliculometria in 3D alla
ecografia numero 68, 106, 141, 153, 185 e 194, rispettivamente (la metá in numero di
donanti). Due di loro non hanno invece raggiunto la competenza alle 200 ecografie.
Conclusioni: Il personale infermieristico senza nessuna esperienza previa in ecografia
transvaginale puó raggiungere la competenza nella folliculometria 3D nel contesto di una
stimolazione ovarica.
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Ginecologia - Ecografia e uroginecologia
PROPOSTA DI UNO SCHEMA DI REFERTAZIONE PER L’ESAME ECOGRAFICO DEL
PAVIMENTO PELVICO NEL POST-PARTUM
Leombroni M, Buca D, Falò E, Frondaroli F, Liberati M
Policlinico SS Annunziata Chieti, Università G. D'Annunzio Chieti Pescara, Dipartimento MaternoInfantile, U.O.C. Ginecologia ed Ostetricia, Chieti
Razionale: La gravidanza ed il parto hanno un ruolo nel determinismo delle disfunzioni del
pavimento pelvico (PFD). Una diagnosi precoce nel post-partum delle eventuali lesioni a
carico delle diverse strutture del pavimento pelvico è considerata essenziale al fine di poter
istituire il prima possibile un trattamento riabilitativo e prevenire così le PFD.
L'obiettivo del lavoro è di proporre una scheda di refertazione ecografica delle diverse
strutture pelviche coinvolte nell’evento parto che possa, in un futuro studio prospettico,
mostrare elevata predittività nell’individuare le pazienti a rischio di sviluppare PFD.
Materiali e metodi: E' stata condotta un’ampia analisi della letteratura scientifica
relativamente all’impiego degli ultrasuoni nello studio del pavimento pelvico nel postpartum, e sono state selezionate le singole misurazioni e valutazioni ecografiche che hanno
mostrato maggiore efficacia nella predizione del PFD.
E’ stata quindi compilata una scheda di valutazione ecografica delle strutture del pavimento
pelvico che integra le suddette misure ecografiche.
Risultati: La scheda di refertazione che è stata prodotta comprende:
• l’ecografia 2D-TPUS per valutare l’ipermobilità uretrale, il descensus del collo vescicale e
degli organi pelvici, le avulsioni del muscolo elevatore dell’ano (LAM) e il residuo postminzionale.
• l’ecografia 3D-TPUS per lo studio dei danni al complesso sfinteriale dell'ano, delle lesioni
del LAM e la misura dello iatus genitale
• l’ecografia con sonda rotante a 360°, transvaginale e transanale, che, in casi selezionati, è in
grado di confermare le lesioni del LAM e la presenza di fistole.
Conclusioni: Lo schema di refertazione proposto consente, a nostro avviso, di integrare i
diversi parametri ecografici di valutazione dell’integrità del pavimento pelvico nel postpartum, e verrà testato prospetticamente per valutarne l’efficacia nella selezione delle
pazienti da inviare precocemente ai percorsi riabilitativi.
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Ginecologia - Ecografia e uroginecologia
RIPRODUCIBILITÀ DI OMNIVIEW-VCI NELLA MISURAZIONE DELL'AREA DELLO IATO
PELVICO E NELLA DIAGNOSI DI LESIONE DEL MUSCOLO ELEVATORE DELL’ANO
Montaguti E, Cariello L, Cataneo I, Salsi G, Sanlorenzo O, Pilu G, Rizzo N, Youssef A
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna, Italia
Razionale: Valutare la riproducibilità della tecnica “Omniview-Volume Contrast Imaging
(GE Healthcare)” per la misurazione dell’area dello iato pelvico in pazienti con e senza
sintomi di disfunzione del pavimento pelvico, a riposo, sotto contrazione e durante manovra
di Valsalva. Abbiamo valutato la concordanza intermetodo tra questa tecnica ed il metodo di
rendering3D.
Metodi: Sono state arruolate 35 donne sintomatiche e 35 asintomatiche. Per ognuna
abbiamo acquisito un volume 3D statico e due volumi dinamici, durante contrazione e
Valsalva. Ciascun set di dati 3D è stato analizzato mediante tecnica Omniview-VCI, due volte
da un primo operatore ed una volta da un secondo al fine di valutare la riproducibilità intra- e
inter-osservatore. Abbiamo poi misurato l’area dello iato pelvico con il metodo rendering3D
per valutare la concordanza inter-metodo. La riproducibilità e la concordanza inter-metodo
sono stati valutati mediante coefficiente di correlazione intraclasse (ICC) e mediante metodo
di Bland-Altman. Per ciascun volume è stata valutata la presenza o meno di avulsione
mono/bilaterale del muscolo elevatore dell’ano (LAM) con entrambe le metodiche.
Risultati: Le misurazioni dell'area dello iato pelvico mediante tecnica Omniview-VCI hanno
mostrato un’alta riproducibilità intra- ed inter-osservatore nella misurazione statica ed
anche nelle acquisizioni dinamiche. Inoltre, è stata dimostrata un’elevata concordanza tra la
nuova tecnica ed il metodo standard di rendering3D. L'area dello iato pelvico è risultata
significativamente maggiore nelle donne sintomatiche rispetto alle asintomatiche sia quando
misurata con la tecnica Omniview-VCI (13.18±2.30 vs. 15.85±4.49 cm2, P<0.001) sia
mediante metodo di rendering3D (13.12±2.35 vs. 15.77±4.5 cm2, P<0.001). La diagnosi di
avulsione dell’elevatore dell’ano ha mostrato un’ottima concordanza tra le due metodiche,
kappa di Cohen di 0,80 (95% CI, 0,71-0,89; P <0,001).
Conclusioni: Omniview-VCI è un metodo affidabile per la diagnosi di LAM e per la
misurazione dell'area dello iato pelvico in donne con e senza sintomi di disfunzione del
pavimento pelvico.
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Ginecologia - Flogosi pelvica (PID) ed annessiale
DRENAGGIO ECO GUIDATO ASSOCIATO A TERAPIA ANTIBIOTICA NEL
TRATTAMENTO DELL’ASCESSO TUBO-OVARICO: STUDIO COMPARATIVO
PROSPETTICO RANDOMIZZATO.
De Stefano MG, Riganelli L, Nelaj E, D’Arpe S, Salerno L, Fruci S, Piccioni MG
Dipartimento di scienze Ginecologiche, Ostetriche e Scienze Urologiche Università di Roma
"Sapienza", Roma
Razionale: Determinare l’efficacia del trattamento fra terapia antibiotica con drenaggio ecoguidato versus sola terapia antibiotica nelle pazienti affette da ascesso tubo-ovarico.
Materiali e metodi:
In questo studio prospettico sono state reclutate 21 donne con diagnosi ecografica, eseguita
con apparecchi Esaote MyLab-Seven, di ascesso tubo-ovarico e randomizzate in due gruppi.
Il primo gruppo, composto da 11 pazienti (gruppo A), ha ricevuto il trattamento di drenaggio
eco guidato più terapia antibiotica; il secondo gruppo costituito da 10 pazienti (gruppo B) ha
ricevuto la sola terapia antibiotica. Sono stati analizzati i dati demografici, la durata di
degenza ospedaliera, l’outcome del trattamento eseguito e le complicanze associate. Il
trattamento è stato considerato fallimentare nei casi in cui la paziente continuava ad avere
dolore pelvico, febbre, ascesso tubo-ovarico residuo o ricomparsa dell’ascesso entro tre mesi
dal trattamento. In questo caso le pazienti sono state sottoposte ad intervento chirurgico.
Risultati: In un follow up medio di 4 settimane è stata riportata una percentuale di fallimento
del 48% nel gruppo A e del 15% nel gruppo B. A tre mesi di follow up la percentuale di
fallimento è stata del 100% nel gruppo A e del 75% nel gruppo B. Tutte le pazienti del gruppo
A hanno recidivato e sono state per questo sottoposte a trattamento chirurgico.
Conclusioni: È raccomandabile non eseguire la procedura di drenaggio eco guidato per le
pazienti affette da ascesso tubo-ovarico. La sola terapia antibiotica è sufficiente per tentare
un management conservativo e la percentuale di recidiva è piu bassa rispetto al trattamento
combinato. Comunque al persistere dei sintomi e segni l’approccio chirurgico è
raccomandato.
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Ginecologia - Flogosi pelvica (PID) ed annessiale
PID DI ORIGINE NON GINECOLOGICA: DIAGNOSI E TRATTAMENTO DI UN CASO
Assorgi C1, Calabrese N2, Schimberni M1, Lombardi D1, Bordi G1, Torcia F1
1
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
2
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
Razionale: Il dolore pelvico acuto nella donna rappresenta quasi sempre il sintomo di una
patologia infiammatoria addominale. Negli USA i pazienti registrati in Strutture di
Emergenza per dolore addominale sono circa 8 milioni /anno, pari al 5 -10% del le richieste di
visita. Tale sintomo può essere la sola indicazione a un intervento chirurgico. La diagnosi
differenziale pone l’obbligo di esclusione di patologice non ginecologiche, spesso
gastroenterologiche o urologiche. Di queste, 1-3% è rappresentato dall’appendicopatia
acuta.
Materiali e metodi: Una Paziente di 24 aa, giunge in osservazione per algie pelviche in fossa
iliaca destra ed ipertermia. Esami ematochimici: leucocitosi neutrofila, PCR 16 mg/dl, b-hcg
negativa. L’ecografia vaginale documenta una voluminosa formazione retro-uterina
annessiale destra coinvolgente l’appendice aumentata di dimensioni, fissa, dolente e
l’annesso di destra.
Risultati: Per dolore ingravescente si procede ad intervento urgente con approccio
laparoscopico. L’utero e l’annesso di sinistra appaiono nella norma. La salpinge di destra
appare stirata in alto ed adesa al cieco e una volta mobilizzata stato appare
morfologicamente normale. L’ultima ansa ileale, il cieco e la regione appendicolare sono
coinvolte in un processo infiammatorio di tipo ascessuale. Si procede ad isolamento
dell’appendice, drenaggio della raccolta retro cecale e successiva appendicectomia con esito
istologico di appendicite acuta flemmonosa.
Conclusioni: Nonostante il miglioramento delle tecniche di imaging negli ultimi decenni, la
diagnosi differenziale tra dolore pelvico ginecologico e non, risulta ancora difficoltosa ed è
pertanto necessaria la conoscenza adeguata da parte dell’ecografista ginecologo della
totalità degli organi pelvici e delle loro patologie, in particolare quelle ad esordio acuto.
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Ginecologia - Patologia benigna dell’ovaio
CARATTERISTICHE ECOGRAFICHE DEI TUMORI BORDERLINE SIEROSI PAPILLARI
SUPERFICIALI DELL’OVAIO
Ludovisi M1,2 , Xulin Foo2, Mainenti S1, 2, Testa AC1, Arora R3, Jurkovic D2
1
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia
Gynaecology Diagnostic and Treatment Unit, University College Hospital, Londra, UK
3
Department of Hystopathology, University College Hospital, Londra, UK
2
Razionale: descrivere le caratteristiche ecografiche dei tumori borderline sierosi papillari
superficiali dell’ovaio (SSPBOTs) che rappresentano una variante morfologica rara dei
tumori borderline sierosi dell’ovaio.
Materiali e Metodi: In questo lavoro descriviamo le caratteristiche ecografiche, cliniche in 5
donne in stato premenopausale con diagnosi istologica di SSPBOTs.
Risultati: All’esame ecografico i SSPBOTs apparivano come lesioni solide, irregolari
localizzate sulla superficie ovarica, con scarsa e moderata vascolarizzazione all’esame color
Doppler. Questi parametri ecografici non sono specifici e l’unica caratteristica morfologica
che li differenzia dalle altre lesioni maligne è la presenza di ovaie normali circondate da
tessuto solido. In tutti e 5 i casi l’esame istologico deponeva per tumore sieroso borderline.
Conclusioni: la visualizzazione ecografica di tessuto ovarico normale consente di
differenziare i SSPBOTs dalle restanti formazioni ovariche maligne.
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Ginecologia - Patologia benigna dell’ovaio
TORSIONE OVARICA: UNA DIAGNOSI ECOGRAFICA DI NON UNIVOCA
INTERPRETAZIONE
Tirone M, Vaccarella M, Salzano E, Iazzetta R, Palmieri T, Locci M, Miranda M, De Placido G,
Nazzaro G
Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologi, Centro di Sterilità/
Napoli
Razionale: La torsione annessiale è una causa rara di dolore pelvico acuto nelle donne e
rappresenta il 2-3% delle emergenze chirurgiche ginecologiche.
E’ definita come rotazione, parziale o completa, dell'ovaio sul proprio peduncolo vascolare,
con interruzione parziale o totale del flusso di sangue, che determina la congestione del
tessuto e, se non trattata, porta alla necrosi. Nella maggior parte dei casi si associa a masse
ovariche (cisti, neoplasie) che fungono da fulcro per la torsione. Può verificarsi anche in
gravidanza per la presenza di una cisti luteinica ingrandita ed in seguito alla stimolazione
ovarica. Il sintomo caratteristico è il dolore pelvico, improvviso, severo, unilaterale e
intermittente.
Materiali e metodi: Giunge alla nostra osservazione la paziente S.V. di 23 anni per dolore
pelvico persistente e ritenzione urinaria. Anamnesi ginecologica: ovaie micropolicistiche e
precedente terapia estroprogestinica. Anamnesi patologica: episodio di dolore pelvico acuto
7 giorni prima trattato con antibioticoterapia per sospetta cistite. Esame ecografico eseguito
con ecografo Samsung WS80A Elite: ovaio destro prolassato nel cavo del Douglas, di volume
aumentato (95x56mm) e profilo irregolare; localizzazione periferica dei follicoli; intensa
vascolarizzazione stromale con aree transoniche irregolari e depositi di fibrina. Presente il
“whirpool sign” (torsione del peduncolo vascolare che appare iperecogeno con bande
ipoecogene concentriche). Ovaio sinistro in sede, di volume aumentato ad ecostruttura
micropolicistica. Falda liquida corpuscolata nel cavo del Douglas di 51x32mm.
Risultati: La nostra ipotesi diagnostica depone per edema ovarico secondario a rottura di
cisti ovarica o torsione. La paziente è sottoposta a laparoscopia diagnostica che conferma il
quadro.
Conclusioni: L’ovaio policistico è un fattore di rischio per la torsione ovarica inspiegabile in
età fertile.
L’ecografia è il primo step diagnostico in caso di dolore pelvico acuto; offre un’ottima visione
dell’ovaio, della vascolarizzazione e del peduncolo. Il Color Doppler è utile nella diagnosi di
torsione: alterato flusso venoso e/o arterioso.
31
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Ginecologia - Patologia benigna dell’utero
VALUTAZIONE ECOGRAFICA DEGLI ISTMOCELI PRE E POST ISTMOPLASTICA
RESETTOSCOPICA
Scifo MC1, Gubbini G2, Franchini M3, Savelli L4
1
Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Bologna
Divisione di Ginecologia, Casa di cura Madre Fortunata Toniolo, Bologna
3
Divisione di Ginecologia, IOT Palagi, Firenze
4
Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Bologna
2
Razionale: L’istmocele costituisce un difetto triangolare dello spessore dalla parete uterina
anteriore in posizione istmica, successiva ad un pregresso taglio cesareo. Esso può essere
causa di spotting ematico postmestruale, dolore sovrapubico, sterilità. Sono stati proposti
diversi trattamenti chirurgici dell’istmocele e di questi il più praticato è la istmoplastica
resettoscopica. Nessuno studio sinora ha valutato come si modifica l’aspetto ecografico degli
istmoceli dopo la correzione chirurgica. Lo scopo di questo studio è di analizzare precisi
parametri ecografici misurati per via transvaginale prima e dopo l’istmoplastica.
Materiali e Metodi: sono state prospetticamente reclutate 52 pazienti (età media 34 anni,
range 28-44) sintomatiche con diagnosi ecografica di istmocele. In ciascun caso sono stati
misurati in fase proliferativa precoce i seguenti parametri ecografici: base, altezza, angolo
della volta e spessore del miometrio sovrastante l’istmocele. Tutte le donne incluse sono
state sottoposte a istmoplastica resettoscopica con tecnica standard e 6 mesi dopo
l’intervento sono stati rivalutati i medesimi parametri ecografici da due autori (MC.S., L.S.).
Risultati: L’aspetto ecografico transvaginale dell’istmocele si modifica dopo istmoplastica: le
dimensioni della base e l’angolo della volta si riducono significativamente mentre l’altezza
del difetto e lo spessore del miometrio ad esso sovrastante non mostrano modifiche. In
particolare la mediana della base passa da 16 mm (range 1-44) a 7 mm (range 1-25) (p<0.05)
e la mediana dell’angolo della volta passa da 83° (range 69-180) a 72° (range 36-122)
(p<0.05).
Conclusioni: Il nostro studio prospettico dimostra per la prima volta che l’intervento di
istmoplastica resettoscopica modifica significativamente la morfologia e le dimensioni
dell’istmocele e che l’ecografia transvaginale è una metodica diagnostica in grado di valutare
l’effetto della terapia chirurgica su precisi parametri ecografici prestabiliti.
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ECOGRAFIA TRIDIMENSIONALE E ISTEROSCOPIA DIAGNOSTICA NELLA DIAGNOSI
DIFFERENZIALE DELLE MALFORMAZIONI UTERINE E DEI MIOMI UTERINI.
Piccioni MG, De Stefano MG, Gambaro AML, Colagiovanni V, Riganelli L, Monti M
Dipartimento di Scienze Ginecologiche, Ostetriche e Scienze Urologiche Università di Roma
"Sapienza", Roma
Obiettivo: Lo scopo dello studio è stato quello di confrontare l'accuratezza diagnostica tra
ecografia 3D rispetto all’isteroscopia diagnostica (ISC) nella valutazione delle malformazioni
uterine e dei fibromi uterini.
Materiali e metodi: Novantasei pazienti, con sospetta patologia della cavità uterina, sono
state arruolate presso il dipartimento di Ginecologia ed Ostetrica del Policlinico "Umberto I"
di Roma. Tutte le pazienti sono state sottoposte ad ecografia transvaginale 3D. Le ecografie
sono state eseguite con ecografi MyLab Seven-Esaote da un operatore qualificato.
Consecutivamente, la pazienti venivano sopposte ad ISC. La diagnosi di fibromi uterini è
stata confermata tramite esame istologico eseguito in seguito ad isteroscopia operativa per
tutti i casi in studio. La diagnosi di malformazioni uterine è stata confermata con la risonanza
magnetica (MRI) che rappresenta il gold standard.
Risultati: L’ecografia 3D mostra eccellente sensibilità (95,3%) e specificità (90,9%) nel
rilevamento di miomi uterini, ed eccezionale sensibilità (90,9%) e specificità (100%) e PPV
(100%) nella diagnosi di malformazioni uterine. L’Isteroscopia sembra avere forte sensibilità
(90,4%) e specificità (100%) e PPV (100%) nel rilevamento di miomi uterini, ed eccezionale
sensibilità (100%) e specificità (90,4%) nella diagnosi di malformazioni uterine. Entrambi i
metodi diagnostici hanno mostrato elevata precisione (93,7%) nella rilevazione dei miomi,
l’ecografia 3D ha una precisione leggermente superiore nella diagnosi delle malformazioni
uterine (96,8% vs 93,7%).
Conclusioni: L’ecografia 3D rappresenta una metodica molto affidabile nella valutazione
primaria dei miomi e delle malformazioni uterine e potrebbe essere utilizzata per evitare
isteroscopie diagnostiche inutili in donne che non presentano patologia endocavitaria.
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FOLLOW-UP DI 4 ANNI IN PAZIENTI SINTOMATICHE IN PREMENOPAUSA TRATTATE
CON MRGFUS PER FIBROMI UTERINI
Perniola G, Savone D, Di Donato V, Palaia I, Musella A, Tomao F, Fischetti M, Gasparri ML,
Pecorini F, Muzii L, Benedetti Panici P
Dipartimento di Scienze Ginecologiche, Ostetriche e Scienze Urologiche Università di Roma
"Sapienza", Roma
Razionale: Il trattamento ad ultrasuoni guidato da Risonanza Magnetica (Magnetic
Resonance-guided Focus Ultrasound Surgery, MRgFUS) è una terapia non invasiva dei
fibromi uterini, mediante ablazione termica. In letteratura, i tassi di successo riguardanti il
miglioramento sintomatologico sono pari all’80%, mentre la riduzione volumetrica media
dopo 24 mesi è pari al 40%. Il nostro Dipartimento ha seguito uno studio prospettico con un
lungo periodo di follow-up al fine di valutare l’elegibilità, la fattibilità ed i risultati della
MRgFUS in pazienti in premenopausa con fibromi uterini sintomatici.
Materiali e Metodi: Studio pilota prospettico per la valutazione della MRgFUS nel
trattamento di fibromi uterini sottosierosi/intramurali sintomatici. Sono stati valutati la
riduzione volumetrica ed il miglioramento sintomatologico dopo 3, 6, 12, 18, 24, 36 e 48
mesi. Ogni paziente è stata valutata tramite ecografia transvaginale e somministrazione
scritta o telefonica di un questionario (UFS-QoL, Symptom Severity Score, con un punteggio
quantitativo da 8 a 40), al fine di valutare la sintomatologia soggettiva prima del trattamento,
ed ogni modifica dopo diversi intervalli di tempo.
Risultati: Sono state incluse nello studio 44 pazienti che hanno eseguito il trattamento. Otto
(18%) sono state poi sottoposte ad intervento chirurgico di miomectomia, dopo una media di
60 giorni, a causa di severe algie pelviche e menometrorragie, nonostante il trattamento
eseguito. Per le altre pazienti, è stata registrata una riduzione volumetrica del 32% (p<.01)
dopo sei mesi, che ha raggiunto il 41% dopo un anno e il 49% dopo 4 anni. E’ stata
documentata una riduzione media del punteggio della scala SSS (prima del trattamento il
valore medio registrato è stato 23) pari a 4.4 punti dopo 3 mesi, 5 punti dopo 6 mesi,
documentando un plateau di circa 17 punti, dopo 6 mesi e fino ai 48 mesi di follow-up
(p<.01). Il tasso di fattibilità del trattamento, nel nostro studio, si è dimostrato pari al 78%.
Conlcusioni: Le pazienti trattate con MRgFUS, se accuratamente selezionate prima del
trattamento, ottengono una significativa riduzione dei sintomi, prevalentemente entro 3-6
mesi, successivamente raggiungendo una situazione sintomatologica stabile. Dal punto di
vista volumetrico e dimensionale, la riduzione volumetrica dei fibromi uterini è stata parziale
ed incompleta durante tutto il follow-up. In alcuni casi isolati, i miomi hanno avuto una
ripresa della crescita, causata dalla stimolazione ormonale ciclica.
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VARIANTE ATIPICA DI UTERO SETTO/BICORNE: ECOGRAFIA TRIDIMENSIONALE
VERSUS LAPAROSCOPIA.
Iazzetta R, Vaccarella M, Salzano E, Tirone M, Patrì A, Locci M, Miranda M, De Placido G
Nazzaro G
Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologi, Centro di Sterilità/
Napoli
Razionale: Evidenziare il ruolo dell’ecografia transvaginale tridimensionale nella diagnosi
delle malformazioni uterine miste ed il loro impatto sul management terapeutico.
Materiali e metodi: Giungeva alla nostra attenzione A.C., 35 anni, con storia di poliabortività.
Si sottoponeva ad isteroscopia e isterosalpingografia, che evidenziavano doppia cavità
uterina con duplicazione cervicale e setto vaginale. La paziente praticava resettoscopia per
correzione del setto vaginale. Conseguentemente a gravidanza extrauterina tubarica, la
paziente veniva sottoposta a salpingectomia laparoscopica, che evidenziava una depressione
del fondo uterino e poneva diagnosi di utero bicorne. Successivamente praticava USG-3D
(Samsung WS80A) che mostrava due emicavità con depressione fundica di 1cm e
vascolarizzazione mediana esclusivamente a carico della parete anteriore. Coesisteva setto
uterino di 25mm, scarsamente vascolarizzato, che raggiungeva l’OUI. Procedendo
posteriormente, l’incisura esterna tra le due emicavità si riduceva fino a scomparire, con
fondo convesso.
Risultati: Tale condizione rappresenta una forma ibrida (setto-bicorne) che non rientra
pienamente nella categoria U3.c (setto/bicorporale) della classificazione ESHRE/ESGE per la
particolare conformazione del fondo.
Conclusioni: Sebbene alla laparoscopia, la depressione del fondo orienti verso la diagnosi di
utero bicorne, occorre un’attenta valutazione, soprattutto in presenza di setti cervicali e
vaginali, al fine di identificare forme ibride. Non è indicato classificare i casi con depressione
fundica di 1 cm come utero bicorne, laddove l’isteroscopia e l’isterosapingografia dimostrano
che la cavità uterina è divisa in due fino all’OUI e oltre. I casi con depressione fundica che non
supera un terzo della parte superiore della cavità uterina in associazione ad un setto sono
candidati alla metroplastica isteroscopica, sotto guida laparoscopica per il maggiore rischio
di perforazioni uterine. L’esclusiva diagnosi laparoscopica di utero bicorne ha impedito il
corretto management della paziente. L’ecografia transvaginale tridimensionale ha fornito
fondamentali informazioni per la corretta definizione della malformazione, dando la
possibilità di una parziale correzione chirurgica, così da migliorare l’outcome riproduttivo
della paziente.
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VALUTAZIONE DELLE MASSE ANNESSIALI IN PREMENOPAUSA E IN MENOPAUSA
SECONDO LE “SIMPLE RULES”: STUDIO PROSPETTICO SU 391 CASI.
Cavallero C1, Sciarrone A1, Fuso L2, Piovano E3, Iskra L1, Sobrero S1, Macchi C3, Zola P3, Viora
E1
1
Centro di Ecografia e Diagnosi prenatale – Ospedale Sant’Anna AOU "Città della Salute e della
Scienza di Torino"
2
Ospedale Umberto I, Torino , Unità di Ostetricia e Ginecologia
3
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università di Torino, Unità di Ostetricia e Ginecologia
Razionale: Valutare le Simple Rules (SRs) ideate dal gruppo IOTA (International Ovarian
Tumor Analysis) su una popolazione con massa annessiale, eterogenea per patologia e
afferente in modo continuativo a un centro ecografico ginecologico-ostetrico di riferimento.
Materiali e Metodi: 391 donne con diagnosi clinica di massa annessiale sono state arruolate
nel 2013-2014 in un studio prospettico multicentrico in doppio cieco: 221 erano in
premenopausa e 170 in menopausa. Prima dell’intervento tutte le pazienti sono state
sottoposte a un’ecografia transvaginale eseguita da personale esperto, utilizzando i criteri
IOTA ed a dosaggio di biomarcatori (CA125, HE4 e algoritmo ROMA). Un secondo operatore
non esperto ha catalogato le masse secondo le SRs. In caso di non applicabilità o di
compresenza di criteri di benignità e malignità, il referto è stato rivalutato da un ecografista
esperto, che ha fornito un giudizio soggettivo di benignità o malignità secondo quanto
previsto dalle direttive regionali della Rete Oncologica di Piemonte e Valle d’Aosta. Di tutti i
casi è noto il referto istologico.
Risultati: Nel gruppo in premenopausa la sensibilità delle SRs+VS è risultata essere 0.86
(0.71-1.0), la specificità 0.97 (0.94-99), il valore predittivo positivo 0.72 (0.54-0.90) e il
valore predittivo negativo 0.98 (0.97-1.0). Nel gruppo in menopausa, invece, la sensibilità
delle SRs+VS è risultata essere 0.81 (0.71-0,91), la specificità 0.84 (0.77-91), il valore
predittivo positivo 0.75 (0.65-0.85) e il valore predittivo negativo 0.88 (0.32-0.94).
Conclusioni: L’ecografia transvaginale, eseguita e refertata secondo i criteri IOTA
utilizzando le Simple Rules e la valutazione soggettiva nei casi in cui le suddette non fossero
dirimenti, si è rivelata essere lo strumento migliore per definire la natura maligna o benigna
della massa annessiale, soprattutto nelle donne in età fertile. Nelle donne in menopausa
l’utilizzo dei biomarcatori, in particolare il CA125 in termini di sensibilità e HE4 di specificità,
permette di migliorare l’accuratezza diagnostica.
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CARATTERISTICHE ECOGRAFICHE DEI TUMORI SIEROSI EPITELIALI DELL’OVAIO:
“BORDERLINE, NON INVASIVE-LOW GRADE, INVASIVE LOW GRADE, INVASIE HIGH
GRADE”
Baima Poma C1, Mascilini F2, Moruzzi MC2, Ludovisi M2, Mainenti S2, Fuoco G2, Zannoni GF2,
Scambia G2, Testa AC2
1
2
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università degli studi di Torino, Torino, Italia
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia
Razionale:Lo scopo di questo studio è stato descrivere le caratteristiche cliniche ed
ecografiche dei diversi tipi di tumori sierosi epiteliali dell’ovaio.
Materiali e Metodi: In questo studio retrospettivo sono state incluse le pazienti con diagnosi
istologica di tumore epiteliale borderline o invasivo, sottoposte ad esame ecografico preoperatorio.
Risultati:
Tra le 262 masse analizzate 30 (11%) erano tumori borderline sierosi (25 pazienti in stadio I
e 5 in stadio II sec.FIGO, tutte con impianti non invasivi) e 232 (89%) erano tumori maligni
invasivi così suddivisi: 2 non invasive low grade, 8 invasive low grade, 222 invasive high
grade. Il diametro medio dei tumori borderline era 79.9 mm (range, 21-230 mm) e quello dei
tumori maligni 100 mm (range, 19–253 mm) (p=n.s.). La presenza di papille è stata osservata
in 22 tumori borderline (73%) e in 24 pazienti affette da tumore maligno invasivo (10%)
(p<0.001). Le papille dei borderline erano nel 47% dei casi in numero superiore a 4, irregolari
nel 64% e vascolarizzate al color Doppler nel 55% dei casi mentre quelle dei tumori maligni
invasivi si presentavano sempre irregolari (100%) e vascolarizzate al color Doppler nel 79%
dei casi. I borderline si presentavano come masse uniloculari solide (43%) o multiloculari
solide (50%) con piu’ di 6 loculi in sole 5 pazienti (17%). I tumori maligni erano
prevalentemente masse solide (59%) o multiloculari solide (37%) con più di 6 loculi nel 21%
dei casi.
Conclusioni: La presenza di papille è risultata essere una caratteristica dei tumori
borderline. L’esiguo numero dei casi di non invasive low grade e invasive low grade non ha
permesso di identificare caratteristiche ecografiche specifiche per questi gruppi istologici
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VALUTAZIONE ECOGRAFICA PREOPERATORIA DELLE MASSE ANNESSIALI MALIGNE:
CORRELAZIONE CON L'ISTOLOGIA
Ferrara L, Blanco MC, Cannone F, Caruso M, Ettore G
Dipartimento Materno-Infantile. ARNAS Garibaldi Nesima, Catania
Razionale: Valutare l’accuratezza dell’esame ecografico nella valutazione delle masse
annessiali sospette per malignita’. Definire quali masse sono difficili da caratterizzare in fase
preoperatoria.
Materiali e metodi: Lo studio e’ stato effettuato su un campione di 192 pazienti con massa
annessiale trattata chirurgicamente. L’esame ecografico preoperatorio, transvaginale e
transaddominale, e’ stato eseguito da un operatore esperto, secondo gli standard nazionali.
Per ciascuna massa, descritta secondo i criteri IOTA (International Ovarian Tumor Analysis),
e’ stato espresso un giudizio sul rischio di malignita’, mediante la “three step strategy” (1:
possibile “instant diagnosis”, 2: applicazione delle “simple rules”, 3: valutazione soggettiva da
parte di un operatore esperto utilizzando la “pattern recognition”). I casi sospetti per
malignita’ sono stati correlati con la diagnosi istologica.
Risultati: All’esame ecografico, 55 masse annessiali sono state giudicate maligne (includendo
sospetto di neoplasia primitiva borderline, primitiva invasiva e metastatica) ed in 5 casi non
e’ stato possibile formulare un’ipotesi diagnosica. La diagnosi di malignita’ e’ stata
confermata in 42 casi, con una percentuale di falsi positivi del 23%.
Nel campione preso in esame, abbiamo osservato 42 casi di patologia annessiale maligna;
l’esame ecografico ha espresso un giudizio di malignita’ (includendo neoplasie invasive o
borderline) in 41 di questi, con una percentuale di falsi negativi del 2,3%.
Conclusioni: L’esame ecografico nella nostra esperienza, in accordo con i dati della
letteratura, ha evidenziato un’elevata specificita’ nella diagnosi delle masse annessiali
maligne, ma ha mostrato un rilevante numero di falsi positivi. Le masse piu’ difficili da
caratterizzare preoperatoriamente, in maniera concorde ad altri centri, includono i
cistoadenofibromi (spesso masse multiloculari solide), lo struma ovarii, i fibromi-fibrotecomi
ovarici ed i tumori mucinosi (per la sovrapposizione delle caratteristiche ecografiche tra
cistoadenomi e borderline). Utile uno studio retrospettivo su una casistica più numerosa,
volto alla ricerca di ulteriori possibili segni ecografici patognomonici di tali masse.
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IL RISCHIO DI MALIGNITÀ DELLE CISTI OVARICHE UNILOCULARI: STUDIO DELLE
CARATTERISTICHE ECOGRAFICHE E CLINICO-ANAMNESTICHE
Ricciardulli A, Gustapane S, Pavone G, Di Giovanni S, Marrone L, Liberati M
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Razionale: valutare il rischio di malignità delle cisti ovariche uniloculari sulla base di
caratteristiche cliniche ed ecografiche, verificando la corrispondenza tra diagnosi ecografica
ed istologica ed indagare, in caso di discordanza, la possibile rilevanza dei singoli dati clinici,
anamnestici ed ecografici.
Metodi: Da Gennaio 2011 a Dicembre 2013, di 320 donne in età post-puberale con diagnosi
di cisti ovarica uniloculare afferite alla Clinica Ostetrica-Ginecologica, Ospedale
SS.Annunziata Chieti, 125 presentavano cisti uniloculari secondo la classificazione IOTA.
Utilizzando il t, Chi Square e il Mann-Whitney-U test sono stati comparati tra le pazienti con
diagnosi istologica di carcinoma e quelle con cisti benigne: età, menopausa, uso di estroprogestinici, patologie ginecologiche associate, familiarità per patologia oncologica e
caratteristiche ecografiche; tramite una regressione logistica multivariata è stato valutato
quale di queste caratteristiche, isolatamente, fosse associata al rischio di malignità. Valori di
P< 0.05 sono stati considerati statisticamente significativi.
Risultati: il tasso di malignità delle cisti uniloculari è stato del 2,4 % (1 carcinoma sieroso
micro-papillare non differenziato, 1 carcinoma sieroso borderline, 1 adenocarcinoma
moderatamente differenziato).
L’età media alla diagnosi è stata di 43,29±13.0 anni con una differenza statisticamente
significativa tra le pazienti con diagnosi di patologia maligna (65.0±10,6 anni) rispetto a
quelle con diagnosi istologica negativa (42,29±13 anni) (p=0.004). Il tasso di neoplasie in
menopausa si è rivelato significativamente superiore a quello delle pazienti in premenopausa (0,1% vs 0%) (p=0.01).
Nessuna differenza statisticamente significativa è stata riscontrata nel diametro medio delle
cisti maligne e benigne (4,37±2,9 vs 4,83±2,5 mm, p=0.771) e nelle caratteristiche
ecografiche (ecogenicità e Colour Doppler) (p>0.05). La regressione logistica ha evidenziato
come unico fattore di rischio di malignità la menopausa (OR: 1.87, 95% CI 1.1-3.2).
Conclusioni: la menopausa è il principale fattore di rischio nelle pazienti con cisti uniloculari
isolate; le caratteristiche ecografiche e i restanti dati clinico-anamnestici non ci hanno
permesso di identificare le pazienti a rischio di patologia maligna.
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CARATTERISTICHE ECOGRAFICHE DELLE MASSE OVARICHE CON PAPILLE
DIAGNOSTICATE E SOTTOPOSTE A CHIRURGIA DURANTE LA GRAVIDANZA
Mascilini F1, De Blasis I1, Di Legge A1, Moruzzi MC1, Pizzicalla S1, Savelli L2, Exacoustos C3
Timor-Trisch I4, Valentin L5, Zannoni GF6, Testa AC1
1
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia
Pronto Soccorso Ginecologico ed OBI, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola-Malpighi,
Bologna
3
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università Tor Vergata, Roma, Italia
4
Department of Obstetrics and Gynecology, NYU School of Medicine, New York, USA
5
University Hospital Malmo, Lund University, Sweden
6
Dipartimento di Anatomia Patologica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia
2
Razionale: valutare la percentuale di malignità delle formazioni ovariche con papille,
diagnosticate ecograficamente e sottoposte a chirurgia durante la gravidanza.
Materiali e Metodi: in questo studio retrospettivo multicentrico sono state raccolte le
caratteristiche ecografiche e istologiche delle pazienti con diagnosi ecografica di formazione
ovarica con papille in gravidanza, sottoposte ad intervento chirurgico. L’operatore ha
classificato le masse come benigne, borderline o invasive secondo la propria valutazione
soggettiva e le ha confrontate con il reperto istologico.
Risultati: sono state selezionate 34 pazienti. L’età media era 34 anni (range 23-43).
All’esame istologico 19 (56%) masse sono risultate benigne di cui 16 erano cisti
endometriosiche decidualizzate, 12 (35%) borderline e 3 (9%) invasive (2 teratomi immaturi
ed 1 carcinoma endometrioide). Il diametro massimo medio era maggiore nelle formazioni
invasive rispetto a quelle benigne e borderline (126 mm versus 60.5 e versus 62 mm, p <
0.05). La superficie delle papille era risultata irregolare nel 33% dei tumori invasivi, 83% dei
borderline e 21% dei benigni (p<0.005). Non c’erano differenze alla valutazione
colorDoppler. La maggior parte delle cisti endometriosiche decidualizzate (14/16, 88%)
mostravano papille tondeggianti e riccamente vascolarizzate e presentavano un contenuto a
vetro smerigliato. I tumori invasivi apparivano come masse multiloculari-solide nel 67% dei
casi (2/3) e uniloculari-solida in 1 caso. L’operatore ha suggerito una diagnosi corretta in 10
casi dei tumori benigni (10/19, 53%), in 8 casi di tumori borderline (8/12, 67%), e in nessun
caso dei tumori invasivi, la cui diagnosi ecografica in tutti e tre i casi è stata di tumore
borderline.
Conclusioni: lo studio ha dimostrato che la maggior parte delle formazioni ovariche
uniloculari-solide e multiloculari- solide con papille diagnosticate e sottoposte a chirurgia in
gravidanza sono di natura benigna o borderline. I tumori invasivi, rappresentati per lo più da
istotipi rari, mostrano ampie dimensioni e morfologia più complessa.
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RUOLO DELL'ECOGRAFIA NELLA VALUTAZIONE DELL'ALTO ADDOME NEL
CARCINOMA OVARICO AVANZATO
Tomao F, Perniola G, Boccia S, Fischetti M, Loprete E, Giannini A, Domenici L, Palaia I, Muzii
L, Benedetti Panici P
Università "Sapienza" Roma
Razionale: Il tumore residuo dopo citoriduzione primaria, è il fattore prognostico più
importante nel carcinoma ovarico avanzato (AOC). Evidenze scientifiche mostrano che la
rimozione della malattia diffusa all’alto addome incide sensibilmente sulla prognosi.
Questo studio ha l’obiettivo di stabilire l’efficacia dell’ecografia nello studio dell’alto addome,
comparando questa metodica con la tomografia computerizzata (TC) al fine di guidare il
chirurgo nella chirurgia citoriduttiva.
Materiali e metodi: Sono state arruolate 98 pazienti con sospetto AOC. I criteri di inclusione
sono stati la presenza di una massa pelvica, segni di malattia avanzata alla TC e livelli sierici
di CA125>500 UI/ml. L’esame ecografico è stato eseguito con il Voluson 730 Expert, sia con
la sonda endovaginale che con quella trans-addominale. Per il riscontro effettivo del grado di
diffusione è stato utilizzato come riferimento l’esame istopatologico.
La specificità (Sp), la sensibilità (Se), il valore predittivo positivo (PPV), il valore predittivo
negativo (NPV) e l’accuratezza dell’ecografia sono stati calcolati per ogni sede, comparando i
risultati con quelli ottenuti mediante TC.
Risultati: Se e Sp dell’ecografia sono state 100% per la valutazione dell’ ascite,
rispettivamente 95% e 91% per l’omento, 82% e 97% per il diaframma, 92% e 90% per il
peritoneo, 88% e 99% per il fegato. Nello studio del mesentere, dell’ intestino e dei linfonodi
la Se e la Sp dell’ecografia decrescono, con superiorità della TC nella valutazione delle ultime
due sedi.
L’accuratezza dell’ecografia si è mostrata inferiore nelle pazienti il cui BMI era ≥25
(p<0.0001); utilizzando la TC non sono emerse differenze significative in funzione di questo
parametro.
Conclusioni: L’ecografia dimostra un’ accuratezza accettabile nel valutare il coinvolgimento
dell’alto addome negli AOC.
Attraverso questa metodica si potrebbe ottenere una corretta programmazione
preoperatoria al fine di garantire una citoriduzione ottimale, permettendo una chirurgia più
mirata ed un eventuale approccio multidisciplinare con l’ausilio dei chirurghi generali.
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CARATTERISTICHE ULTRASONOGRAFICHE DELLE METASTASI OVARICHE DA
ADENOCARCINOMA COLORETTALE
Gustapane S, Pavone G, Di Giovanni S, Marrone L, Falò E, Liberati M, Ricciardulli A
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Razionale: descrivere le caratteristiche ultrasonografiche da noi riscontrate, suggestive di
metastasi ovariche da adenocarcinoma colorettale confermate successivamente da indagini
istologiche, immunoistochimiche e molecolari.
Metodi: riportiamo il caso di una paziente di 38 anni con anamnesi di adenocarcinoma
colorettale stenosante. La paziente giunge alla nostra attenzione per il riscontro al follow up
oncologico di una neoformazione annessiale destra. La suddetta neoformazione è stata,
quindi, valutata mediante un’ecografia transvaginale e descritta secondo la terminologia
IOTA. L’ecografia tranvaginale ha documentato in sede annessiale una neoformazione
multiloculare solida delle dimensioni di 59x38 mm. La componente cistica (40x15 mm)
presentava aspetto ipo-ecogeno a contenuto low-level; la componente solida (57x30 mm)
presentava aspetto ipo-iperecogeno con pareti esterne regolari ed interne irregolari,
vascolarizzata (Colour score 3) e non mobile alla pressione con sonda tranvaginale.
Risultati: Le caratteristiche ultrasonografiche di suddetta lesione ponevano il sospetto di un
secondarismo ovarico pertanto la paziente è stata sottoposta a PET-TC e a
laparoisterectomia con salpingo-ooforectomia bilaterale, resezione segmentaria del colon ed
ano preternaturale.
L’esame istologico, le indagini di immunoistochimica (CDX2+) e di morfologia molecolare
(MLH-1 e MSH-2) hanno confermato la diagnosi di metastasi ovarica da adenocarcinoma
colorettale.
Conclusioni: A differenza di altri casi riportati in letteratura, dove la caratteristica ecografica
principale delle metastasi ovariche da carcinoma colorettare è la multilocularità con
presenza di un elevato numero di loculi, nel nostro caso, invece, è la componente solida ad
essere preponderante.
In particolare nelle pazienti con anamnesi di carcinoma colorettale, le neoformazioni
annessiali con le suddette caratteristiche, dovrebbero essere sempre poste in diagnosi
differenziale tra metastasi ovariche e tumore ovarico primitivo al fine di garantire
un’adeguato managment della paziente.
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Ginecologia - Patologia maligna dell’ovaio
DETERMINAZIONE PRE-CHIRURGICA DI HE4 E R.O.M.A. SCORE: UNA POSSIBILE
STRATEGIA PER INCREMENTARE L’ ACCURATEZZA DELLA FROZEN-SECTION. UNO
STUDIO MULTICENTRICO CASO-CONTROLLO.
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Quaranta M2, Venturella R3, Esposito F1, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale:Numerose ricerche in ambito radiologico ed anatomo-patologico sono state
condotte negli ultimi anni al fine di individuare nuove strategie per incrementare
l’accuratezza diagnostica della frozen-section(FS) nei tumori borderline dell’ ovaio(BOTs),
ma la reale utilità dei markers sierici a tal fine è ancora ignota. Abbiamo condotto uno studio
multicentrico per valutare l’impatto della determinazione pre-operatoria di He4 e ROMAscore sull’accuratezza della FS nei BOTs.
Materiali e Metodi:Abbiamo condotto uno studio retrospettivo caso-controllo su donne con
masse ovariche unilaterali sottoposte a trattamento chirurgico adeguato con FS e diagnosi di
BOTs sierosi/mucinosi(alla FS o esame istologico definitivo) tra Marzo 2010 e Settembre
2013 presso i seguenti Centri: Università-di-Padova(Clinica-Ginecologica-eOstetrica,Dipartimento-di-Salute-della-Donna-e-del-Bambino),Università-di-Parma(Unitàdi-Ginecologia-Dipartimento-di-Scienze-chirurgiche),Ospedale-di-Vicenza(Uniità-diGinecologia-e-Ostetricia). Le pazienti sono state divise in GruppoA(He4 e Ca-125 noti) e
GruppoB(solo Ca-125 noto). Endpoint primario è stato confrontare l’accuratezza diagnostica
della FS tra GruppoA e GruppoB. Endpoint secondario è stato valutare i fattori clinicopatologici correlati con overdiagnosis/underdiagnosis alla FS.
Risultati:113 pazienti sono state incluse nello studio, 43 assegnate al GruppoA e 70 al
GruppoB. La FS ha identificato 57 BOTs-sierosi(50.5%), 25 BOTs-mucinosi(22.1%),1
carcinoma-ovarico(0.9%) e 30 casi senza atipie(26.5%). L’esame istologico definitivo ha
identificato 62 casi di BOTs-sierosi(54.9%), 37 casi di BOTs-mucinosi(32.7%), 7 casi di
carcinoma-ovarico sieroso(6.2%)e 4(3.5%) di carcinoma-ovarico mucinoso mentre 3
casi(2.7%) sono risultati negativi per atipia. La diagnosi FS-istologico definitivo è stata
consensuale in 68 casi(60.2%), underdiagnosis in 41 casi(36.3%), ed overdiagnosis in 4
casi(3.5%). Paragonando GruppoA e GruppoB, una diagnosi consensuale si è verificata nel
62.8% e 58.6% dei casi, un’underdiagnosis nel 25.6% contro il 41.4%( <0.05),
un’overdiagnosis nell’11.6% contro lo 0%P<0.01).
Abbiamo osservato un’associazione tra accuratezza diagnostica della FS e le seguenti
variabili: menopausa, visualizzazione ecografica di papille/setti/vascolarizzazione-atipica,
approccio chirurgico, istotipo, grading, e stadio FIGO(P<0.05).
Conclusioni:In caso di massa ovarica di dubbia malignità la nostra esperienza suggerisce che
la determinazione di He4 e ROMA-score dovrebbe essere considerata nella diagnostica
routinaria pre-operatoria.
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Ginecologia - Patologia maligna dell’utero (cervice/endometrio)
LA RIPRODUCIBILITÀ DEL COLOR SCORE PROPOSTO DALL’ INTERNATIONAL
ENDOMETRIAL TUMOR ANALYSIS (IETA) NELLA VALUTAZIONE DELLA
VASCOLARIZZAZIONE DELL´ENDOMETRIO
Cappai A1, Perniciano M1, Saba L1, Alcazar JL2, Pascual M3, Ajossa S1, Piras A1, Fabbri P1, Pilla
F1, Juez L3, Melis GB1, Guerriero S1
1
Clinica Ostetrica Ginecologica dell’Università di Cagliari
Università di Navarra, Pamplona, Spagna
3
Università Dexeus, Barcellona, Spagna
2
Scopo dello studio: Analizzare la riproducibilità intra- ed inter-osservatore del punteggio
colore (color score) proposto dall’ International Endometrial Tumor Analysis (IETA) nella
valutazione della vascolarizzazione dell´endometrio, per mezzo di uno studio multicentrico
europeo.
Materiali e Metodi: Son stati inclusi nello studio 68 volumi 3D Power Doppler
dell’endometrio valutati da 10 diversi esaminatori (4 esaminatori esperti e 6 specializzandi di
Ginecologia e Ostetricia del 3 ° e 4 °). Ogni esaminatore ha valutato i 68 volumi assegnando
un punteggio color score IETA ad ogni endometrio (1: assenza di vascolarizzazione, 2:
Vascolarizzazione scarsa, 3: vascolarizzazione moderata, 4: vascolarizzazione abbondante)
ripetendo la valutazione dopo 4 settimane. La riproducibilità inter- e intra-osservatore è
stata analizzata calcolando l'indice kappa ponderato. Il calcolo di riproducibilità intraosservatore è stata fatta usando la correlazione tra le due stime per ogni osservatore. Per il
calcolo della riproducibilità inter-osservatore è stata utilizzata la seconda delle misurazioni
effettuate da ciascun osservatore.
Risultati: La riproducibilità interosservatore è stato ottima per tutti gli operatori con un
indice kappa ponderato compreso tra 0,84 e 0,97 indipendentemente dal livello di
esperienza. La riproducibilità intra-osservatore è stata buona o ottima per tutti gli operatori
con un indice kappa ponderato compreso tra 0,76 e 0,96 indipendentemente dal livello di
esperienza.
Conclusioni: La riproducibilità del color score proposto dall’ International Endometrial
Tumor Analysis (IETA) nella valutazione della vascolarizzazione dell´endometrio valutando
volumi tridimensionale Power 3D è stata buona o ottima a prescindere dall'esperienza
dell'esaminatore.
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Ginecologia - Patologia maligna dell’utero (cervice/endometrio)
RUOLO PROGNOSTICO DELL’ECOGRAFIA TRANSVAGINALE IN PAZIENTI DOPO
GRAVIDANZA MOLARE PER LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DI NEOPLASIA
TROFOBLASTICA GESTAZIONALE
Giorgione V, Mangili G, Candiani M, Petrone M, Valsecchi L, Spagnolo D, Cavoretto P
Ospedale San Raffaele IRCCS, Ginecologia e Ostetricia, Milano
Razionale:La neoplasia trofoblastica gestazionale (GTN) rappresenta una rara complicanza
di gravidanza a termine, aborto e soprattutto mola idatidiforme (MI) parziale (rischio:0.51%) o completa (rischio:15%). L’ecografia transvaginale (TVUS) svolge un ruolo cruciale
indirizzando diagnostica e gestione. Recentemente, l’indice di pulsatilità delle arterie uterine
(UtPI) ottenuto con studio Doppler è stato proposto come fattore prognostico indipendente
per chemioresistenza. Lo scopo del presente studio è verificare il ruolo di TVUS ed UtPI
come fattori prognostici per lo sviluppo di GTN.
Materiale e metodi: Studio prospettico di 71 pazienti con diagnosi istologica confermata di
MI seguite dal 2010 al 2014 presso l’Ospedale San Raffaele dal momento della diagnosi o
inviate da altri centri in momenti successivi. Tutte pazienti sono state sottoposte ad TVUS
per lo studio di lesioni miometriali, ispessimento endometriale e Doppler per UtPI. E’ stato
verificato l’esito della malattia mediante monitoraggio clinico e βHCG. È stata eseguita
un’analisi univariata e multivariata mediante regressione logistica binomiale.
Risultati: Nelle 25 pazienti che hanno sviluppato GTN la presenza di nodulo miometriale
(65,4%vs24,4%; p < 0,0001) e di endometrio patologico (46,1%vs20%; p= 0,012) sia in
termini di spessore endometriale che di vascolarizzazione anomala sono più frequenti. UtPI
medio è risultato più basso nelle GTN rispetto a quanto osservato nelle 46 pazienti con
risoluzione completa (1,33±0,9vs2,25±0,7;p<0.0001). La differenza di UtPI rimane
significativa anche in assenza di noduli (p < 0,046) od alterazioni endometriali (p <0.0001).
All’analisi multivariata, il fattore prognostico per lo sviluppo di GTN più importante rimane la
presenza del nodulo miometriale (p= 0.031).
Conclusioni: Lo studio conferma il valore prognostico di TVUS per GTN e principalmente
evidenzia quello di UtPI. La riduzione di UtPI aumenta il rischio di GTN e sembra essere
secondario alla presenza di malattia miometriale. Il Doppler uterino potrebbe rivelarsi utile
per individuare un percorso diagnostico-terapeutico personalizzato in casi particolari.
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Ginecologia - Patologia maligna dell’utero (cervice/endometrio)
VALORE DIAGNOSTICO VOLUME ENDOMETRIALE E INDICI VASCOLARI
ENDOMETRIALI OTTENUTI DALL’APPLICAZIONE DELL’ECOGRAFIA
TRIDIMENSIONALE POWER DOPPLER ANGIOGRAPHY IN PAZIENTI AFFETTE DA AUB
Rossi A, Romanello I, Vogrig E, D'Aietti V, Baruzzo E, Marchesoni D
Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine, Clinica Ostetrica Ginecologica, Udine
Razionale: Circa il 12% delle pazienti che presentano sanguinamento uterino anomalo
(AUB) in post menopausa risultano affette da carcinoma endometriale. Il ricorso allo studio
ecografico bidimensionale dell’endometrio, facendo ricorso anche alla tecnica delle
sonoisterografia, grazie alle moderne sonde intracavitarie risulta la metodica più diffusa per
la caratterizzazione del pattern endometriale in tali pazienti. Obiettivo del nostro studio è
quello di valutare il valore diagnostico predittivo nei confronti del cancro endometriale
dell’ecografia tridimensionale con riferimento alla Power Doppler Angiography (3D PDA).
Materiali e Metodi: La metodica della 3D PDA permette di valutare il volume endometriale e
lo studio degli indici vascolari (Flow index, Vascularity index, Flow Vascularity Index) del
tessuto endometriale stesso. Criteri d’inclusione allo studio erano pazienti che presentavano
AUB in post menopausa e spessore endometriale maggiore di 4,5 mm alla valutazione
endometriale bidimensionale. Sulla base di una visione multiplanare dell’endometrio veniva
applicata la metodica della 3D PDA ottenendo il volume dell’endometrio e gli indici vascolari
sopraindicati dello stesso a 48 pazienti afferenti al nostro Servizio di Ecografia Ginecologica.
Risultati: Il 79% del nostro campione di pazienti presentava patologia benigna
dell’endometrio e il restante 21% cancro endometriale. Le pazienti affette da cancro
endometriale erano caratterizzate da maggior volume di tessuto endometriale e alti valori
degli indici vascolari endometriali rispetto alla pazienti affette da patologia benigna. Tutti i
parametri considerati avevano significatività statistica. Lo spessore endometriale e gli indici
vascolari considerati presentavano buoni valori di sensibilità e specificità allo studio della
curva ROC.
Conclusioni: La valutazione dello spessore endometriale secondo la metodica ecografica
bidimensionale unitamente al calcolo del volume endometriale e degli indici vascolari
ottenuti grazie alla 3D PDA costituiscono metodiche diagnostiche valide e affidabili.
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Ginecologia - Patologia maligna dell’utero (cervice/endometrio)
IL RUOLO DELL'ECOGRAFIA TRANSVAGINALE NEL MONITORAGGIO DELLE PAZIENTI
AFFETTE DA MOLA INVASIVA
Chiappa V1, Bogani G1, Bonazzi CM2, Giuliani D2, Fruscio R3
1
IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Ginecologia Chirurgica, Milano
Ospedale San Gerardo, Ginecologia e Ostetricia, Monza
3
Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ginecologia e Ostetricia, Monza
2
Introduzione: L’ecografia transvaginale (TVUS) e il dosaggio serico delle betaHCG
dovrebbero rappresentare le indagini di scelta per la diagnosi della patologia trofoblastica
gestazionale (GTN).
In caso di mola invasiva i reperti ecografici possono essere estremamente eterogenei: noduli
miometriali iso o ipoecogeni, multicistici, complessi, associati a spazi anecogeni (espressione
di foci emorragici, spazi vascolari, necrosi).
Queste aree potrebbero venire confuse con fibromi o adenomiosi.
Alla valutazione Doppler i noduli miometriali mostrano una vascolarizzazione aumentata,
caotica, tortuosa, in cui viene persa l’identità del singolo vaso.
Queste modificazioni vascolari possono persistere durante e dopo la chemioterapia.
Obiettivo di questa revisione di casistica è una valutazione critica del possibile ruolo
dell’ecografia nel monitoraggio delle pazienti affette da mola invasiva.
Metodi: Revisione dei casi di mola invasiva di un singolo centro. Le pazienti venivano
sottoposte a TVUS con valutazione Doppler e in scala di grigi il giorno 1 di ogni ciclo di
chemioterapia (MTX o EMA-CO) e ogni 3 mesi durante il monitoraggio per il primo anno
dalla fine ella chemioterapia.
Risultati: Cinque pazienti sono state seguite con TVUS durante e dopo la chemioterapia; in
tutti i casi, ove era presente malattia uterina, era evidente vascolarizzazione miometriale
aumentata e caotica con color aliasing, persistente anche dopo fine trattamento.
I noduli miometriali presenti alla diagnosi in genere regredivano ma in due casi sono rimasti
riconoscibili e delle stesse dimensioni anche durante il follow-up.
Conclusioni: TVUS rappresenta l’imaging di scelta per la valutazione basale della malattia
uterina nelle pazienti affette da mola invasiva, ma il suo ruolo nel monitoraggio è discutibile
in quanto al calo delle HCG in genere non corrisponde modifica dei reperti ecografici.
GTN è la più comune causa di malformazioni vascolari uterine (pseudoaneurismi, shunt
arterovenosi) riconoscibili al doppler e, nella nostra esperienza, persistenti dopo la fine del
trattamento come esiti della pregressa infiltrazione trofoblastica
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Ginecologia - Patologia maligna dell’utero (cervice/endometrio)
METASTASI UTERINA DI LINFOMA NON-HODGKIN: CASE REPORT.
Monica M1, Lauriola I1, Merisio C1, Berretta R1, Re F2, Frusca T1
1
2
Az.Ospedaliero-Universitaria, Dipartimento Ginecologia Ostetricia, Parma
Az.Ospedaliero-Universitaria, Dipartimento Ematologia, Parma
Razionale: Il linfoma Non-Hodgkin può avere interessamento extra-linfonodale, come
localizzazione primitiva o secondaria. Le localizzazioni extralinfonodali più frequenti sono il
tratto gastrointestinale e la cute, ma anche l’apparato genitale femminile (0.5% dei casi), in
particolare, negli stadi avanzati la vagina e la cervice rappresentano localizzazioni
secondarie più frequenti (75-85%).
La sintomatologia non è specifica, soprattutto il sanguinamento uterino anomalo.
In questo case report presentiamo le caratteristiche cliniche ed ecografiche di un raro caso di
metastasi cervicale di LNH.
Case report: Nel Dicembre 2014 giunge alla nostra osservazione una paziente, regolarmente
mestruata, per meno metrorragia. Anamnesi ginecologica negativa. In Aprile 2014 diagnosi
istologica su biopsia di linfonodo sovraclaveare di Linfoma a cellule-T Anaplastico, stadio IV
per diffuso coinvolgimento linfonodale, specie lomboaortico e iliaco sinistro. La paziente
viene sottoposta a 6 cicli di chemioterapia CHOP con successiva evidenza TC di
progressione linfonodale di malattia. Viene pertanto sottoposta a ulteriori terapie di
salvataggio (4cicli DHAP, IGEU and Ab anti-CD30), ma a Dicembre 2014, quando inizia la
sintomatologia genitale, ulteriore progressione di malattia alla indagine TC. La valutazione
ginecologica ha mostrato tessuto necrotico protrudente dalla cervice, completamente
trasformata e sanguinante che ecograficamente appare di dimensioni aumentate con
ecostruttura “lobulata”, da diffusi noduli tondeggianti ipoecogeni e notevolmente
vascolarizzati alla periferia, privi di calcificazioni e con enhancement posteriore. (Fig.1-2).
L’esame immunoistochimico su tessuto cervicale prelevato hanno rivelato lo stesso profilo
del tumore primitivo. Data l’estensione di malattia la paziente è stata inviata per radioterapia
pelvica palliativa.
Conclusioni: Con questo report abbiamo confermato le caratteristiche ecostrutturali della
localizzazione cervicale di LNH, segnalate da pochissimi autori in letteratura data la rarità
della condizione clinica, ovvero l’”aspetto pseudocistico” e l’”enhancement posteriore”.
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Ginecologia - Patologia maligna dell’utero (cervice/endometrio)
MONITORAGGIO ENDOMETRIALE NELLE PAZIENTI IN TERAPIA CON TAMOXIFENE:
RUOLO, TIMING ED ACCURATEZZA DELL’ ISTEROSCOPIA VERSUS ECOGRAFIA
TRANSVAGINALE.
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Quaranta M2, Venturella R3, Esposito F1, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale: Il monitoraggio endometriale ecografico della pazienti in trattamento con
tamoxifene(TAM) rappresenta la strategia più comune. Tuttavia, l’assenza di un cut-off
specifico per lo spessore-endometriale aumenta il numero di pazienti sottoposte ad
isteroscopia. Scopo del nostro studio è stato determinare ruolo, timing e indicazioni per
l’esecuzione dell’isteroscopia-diagnostica in pazienti TAM-treated in relazione alle
caratteristiche ecografiche ed istologiche endometriali.
Materiali e Metodi: Abbiamo eseguito uno studio-osservazionale di coorte su 151 pazienti
TAM-treated. Attraverso isteroscopia-diagnostica e biopsia abbiamo valutato lo statusendometriale delle pazienti. Di ciascuna paziente sono stati raccolti dati riguardo anamnesi
ginecologica, anni di terapia adiuvante, misurazione dello spessore endometriale ed
indicazione all’ esecuzione dell’isteroscopia.
Risultati: Il 100% delle pazienti sottoposte a isteroscopia-diagnostica per semplice follow-up
non ha mostrato evidenze di atipie-endometriali. Abbiamo evidenziato una correlazione tra
anamnesi positiva per AUB(abnormal-uterine-bleeding) e sospetto isteroscopico di atipia,
confermata all’istologia. L’isteroscopia ha mostrato una sensibilità dell’83,3%, specificità
dell’99%, valore-predittivo-positivo(PPV) dell’83,3% e valore-predittivo-negativo(NPV) del
99% nel diagnosticare atipie-endometriali. Non è stata trovata alcuna correlazione tra
inspessimento endometriale >5mm senza AUB e atipie. In modo analogo la durata del
trattamento non è risultata essere correlata all’inspessimento endometriale e ad atipie.
L’iperplasia-stromale-endometriale è stata diagnosticata all’esame istologico nel 70,5% delle
pazienti con inspessimento tra 5-10mm. Al contrario, nessuna atipia è stata diagnosticata
con inspessimento >5mm. L’ecografia eseguita utilizzando una soglia di cut-off di 5 mm per
lo spessore endometriale ha mostrato una sensibilità del 100%, specificità del 15%, PPV del
4% e NPV del 100% per la diagnosi di atipie-endometriali. Invece un cut-off ecografico di
10mm ha mostrato una sensibilità dell’84%, specificità del 69%, PPV del 10% e NPV del 99%.
Conclusioni: I pazienti a basso rischio trattati con TAM non richiedono una sorveglianza
endometriale diversa rispetto alla popolazione generale. L’isteroscopia-diagnostica
potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel determinare lo status endometriale dei pazienti
prima dell’inizio del trattamento con TAM.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
CURVA INDIVIDUALE DI APPRENDIMENTO PER LA MISURAZIONE ECOGRAFICA
DELLA BIOMETRIA FETALE
Zanini D, Iuriatti T, De Mitri P, Zorzi C, Basile F, Ceccaroni M, Scioscia M
Dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Verona, Italia
Razionale: L’ecografia ostetrica prevede una curva di apprendimento non ancora
quantificata. La biometria fetale rappresenta indubbiamente il primo approccio alla
metodica. Questo studio mirava a verificare il numero minimo di ecografie necessarie per
raggiungere un livello definito ottimale di accuratezza e per acquisire e mantenere la
competenza per i tre trimestri di gravidanza da parte di personale senza alcuna esperienza
ecografica.
Materiali e metodi: Dopo un corso teorico di tecnica ecografica, una ostetrica ha misurato la
biometria fetale in 150 donne gravide consecutive ripartite in 50 per ciascun trimestre di
gravidanza. Sono state misurate le dimensioni biometriche standard per epoca gestazionale.
Un medico ginecologo ecografista esperto, considerato come gold standard, ha ripetuto le
misure. L’analisi statistica dei dati è stata effettuata con le carte di controllo delle medie di
Shewhart considerando valido sia un errore del ±5% sia un errore del ±10% e con l’analisi
della somma cumulativa (CUSUM) considerando un errore pari al ±10%, rispettivamente per
l’ottenimento e il mantenimento della competenza.
Risultati: Il numero minimo di ecografie necessarie per raggiungere un livello di accuratezza
al 10% e al 5% è rispettivamente: nel primo trimestre CRL 1/26, DBP 1/46; nel secondo
trimestre DBP 2/43, CC 1/22, CA 1/40, LF 2/9; nel terzo trimestre DBP 1/25, CC 1/23, CA
1/27 e LF 5/5. La competenza viene raggiunta e mantenuta nel primo trimestre per il CRL
alla 45esima scansione e per il DBP alla 26esima. Nel secondo trimestre: DBP 45esima
misurazione, CC 26esima, CA 25esima e FL 46esima. Nel terzo trimestre: DBP 26esima
paziente, CC 26esima, CA 40esima, FL 45esima.
Conclusioni: Dopo un appropriato approccio teorico e poi pratico, l’apprendimento della
misurazione della biometria fetale, sotto forma di acquisizione e mantenimento della
accuratezza diagnostica, viene raggiunto in maniera statisticamente soddisfacente entro
massimo 46 ecografie per ciascun parametro valutato indipendentemente dall’epoca
gestazionale.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
VALUTAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE CEREBRALE FETALE MEDIANTE THREEDIMENSIONAL POWER DOPPLER ULTRASOUND ANGIOGRAPHY NELLE GRAVIDANZE
COMPLICATE DA RITARDO DI CRESCITA INTRAUTERINO
Rossi A, Romanello I, Vogrig E, Citossi A, Filip G, Marchesoni D
Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine, Clinica Ostetrica Ginecologica, Udine
Razionale: Valutazione della perfusione ematica nei distretti cerebrali nei feti affetti da
ritardo di crescita intrauterino (FGR) utilizzando la metodica 3D Power Doppler
Angiography (3DPDA).
Materiali e Metodi: 95 casi di gravidanza complicata da FGR e 208 casi di crescita fetale
appropriata per età gestazionale (AGA), utilizzati come casi controllo, con età gestazionale
(EG) 26° - 34° settimane sono stati sottoposti ad esame ecografico del cervello fetale con
metodica 3D-PDA. Feti affetti da FGR sono stati così suddivisi: Gruppo 1: Late-onset FGR
(EG >34 settiamane) con normali valori flussimetrici 2D Doppler dell’arteria ombelicale (UA)
e cerebrale media (MCA); Gruppo 2: Early-onset FGR (EG<34 settimane) con valori
flussimetrici 2D anormali per UA e nei limiti per MCA; Gruppo 3: Early-onset FGR con valori
flussimetrici 2D anormali sia per UA che per MCA.
Visualizzato in modalità multiplanare il cervello fetale, sono state definite due regioni di
interesse: la prima (Frontal Zone) è stata ottenuta tracciando il contorno della porzione
anteriore del cervello fetale al di sopra della linea perpendicolare che attraversa il cavo del
setto pellucido; la seconda (Temporal Zone) è stata definita da un rettangolo che raggiunge
entrambe le ossa temporali comprendendo al suo interno il cavo setto pellucido. Gli indici
vascolari considerati sono stati Flow Index, Vascularization Index, Vascularization Flow
Index.
Risultati: Nel feti affetti da late-onset FGR la metodica 3D-PDA dimostrava una aumentata
vascolarizzazione nella regione frontale e una vasocostrizione di quella temporale.
In entrambi i gruppi dei feti affetti da early-onset FGR considerati, la perfusione della zona
temporale risultava aumentata.
Conclusioni: 3D-PDA dimostra una redistribuzione del flusso ematico cerebrale nella
condizione late-onset FGR con incremento della perfusione a livello frontale (“frontal brain
sparing”). Un incremento della perfusione alla zona temporale si osserva nei casi di earlyonset FGR, anche in assenza di vasodilatazione della MCA rilevabile alla flussimetria
bidimensionale.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
È POSSIBILE LA PREVENZIONE DEL RITARDO DI CRESCITA INTRAUTERINO (IUGR)
MEDIANTE ASSUNZIONE DI OMEGA-3: META-ANALISI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI.
Saccone G, Di Cresce M, Sirico A, Saviano R, Maruotti G M, Sarno L, Esposito F G, Donadono
V, Capone A, Giudicepietro A, Martinelli P
Dipartimento Ad Attività Integrata Ostetricia, Ginecologia Ed Urologia - UOC Emergenze
Ostetrichee Ginecologiche - AOU Federico II
Razionale: Tutte le donne dovrebbero seguire una dieta bilanciata durante la gravidanza che
includa anche il consumo di pesce. Studi di livello 1 hanno dimostrato che il consumo di
pesce, grazie all’alto contenuto di omega-3, è associato a numerosi effetti benefici. Utilizzo
dell’omega-3 in gravidanza come supplementazione è ancora oggetto di dibattito. Scopo del
nostro studio è stato quello di valutare l’efficacia di una supplementazione giornaliera con
omega-3 nella prevenzione della restrizione di crescita intrauterina (IUGR) in donne con
pregresso IUGR.
Materiali e Metodi: Lo studio si basa su una review sistematica della letteratura con metaanalisi di tutti gli studi randomizzati (RCT). Sono stati inclusi solo gli studi su gravidanze
singole. Le gravidanze gemellari sono state esclude dall’analisi. Questa review è stata
registrata, prima dell’estrazione dei dati, su PROSPERO (CRD42015016232).
Risultati: Tre RCT che includono 575 donne con pregresso IUGR sono state analizzate. Le
donne randomizzate nel gruppo omega-3 hanno la stessa incidenza di IUGR rispetto ai
controlli (RR 1.11, 95% CI 0.81, 1.52), tuttavia partoriscono più tardi (meandifferences 1.4
settimane, 95% CI 1.28, 1.63) e hanno una latenza più lunga dalla randomizzazione al parto
(meandifferences 2 weeks, 95% CI 1.73, 2.08). Non sono state trovate differenze sulla
mortalità perinatale (RR 0.58, 0.30, 1.10).
Conclusioni: La supplementazione con omega-3 durante la gravidanza non previene IUGR in
donne con precedente IUGR.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
IL BRAIN SPARING EFFECT NEI FETI AFFETTI DA RESTRIZIONE DI CRESCITA È
ASSOCIATO A CAPACITÀ ACCELERATIVA E DECELERATIVA CARDIACHE RIDOTTE
Stampalija T1,
Unit of Ultrasound and Prenatal Diagnosis, Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo
Garofolo, Trieste,
Italy;
Casati D.
Department of Woman, Mother and Neonate, Buzzi Children’s Hospital, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Italy
Monasta L.
Clinical Epidemiology and Public Health Research Unit, Institute for Maternal and Child Health,
IRCCS Burlo
Garofolo, Trieste, Italy
Sassi R.
Department of Computer Science, Università degli Studi di Milano, Milan, Italy;
Rivolta MW
Department of Computer Science, Università degli Studi di Milano, Milan, Italy;
Muggiasca ML
Department of Woman, Mother and Neonate, Buzzi Children’s Hospital, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Italy;
Bauer A
Department of Cardiology, Munich University Clinic, Ludwig-Maximilians University, Munich
Germany and DZHK
(German Centre for Cardiovascular Research).
Ferrazzi E
Department of Woman, Mother and Neonate, Buzzi Children’s Hospital, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Italy;
Razionale: La Phase rectified signal averaging (PRSA) è una nuova metodica di analisi della
variabilità della frequenza cardiaca fetale (vFCF) che quantifica la capacità accelerativa (AC)
e decelerativa (DC) media del ritmo cardiaco. In precedenza abbiamo dimostrato che l'analisi
PRSA è capace di evidenziare l'attivazione del sistema nervoso autonomo (SNA) in caso di
ipossia acuta ed identifica una minore reattività del SNA nei feti con restrizione di crescita
intrauterina (IUGR). Lo scopo di questo studio era di valutare la relazione tra AC e DC della
FCF (registrata da elettrocardiogramma fetale trans-addominale [ta-fECG]) e le
caratteristiche Doppler-velocimetriche di feti IUGR, soprattutto rispetto all' indice di
pulsatilità dell'arteria cerebrale media (ACM-PI).
Materiali e metodi: In questo studio prospettico caso-controllo abbiamo reclutato 66 IUGR
tra 25-40 settimane di gestazione e 79 gravidanze non complicate appaiate per epoca
gestazionale. Per il gruppo IUGR il monitoraggio ta-fECG più vicino al parto è stato utilizzato
per l'analisi PRSA, e i parametri Doppler-velocimetrici sono stati ottenuti entro 48 ore dal
monitoraggio. AC e DC sono state calcolate con setting s=T=9. L'entità dell'associazione tra
AC/DC ed i parametri Doppler-velocimetrici è stata determinata mediante regressione
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logistica multivariata aggiustando per l'età gestazionale al monitoraggio.
Risultati: Nei feti IUGR AC e DC sono risultate significativamente associate al ACM-PI
(p=0.01 e p=0.005, rispettivamente), ma non al PI delle arterie uterine e ombelicale (tutti
p>0.05). Rispetto ai controlli, AC e DC erano significativamente inferiori nei feti IUGR con
MCA-PI <5°pcle (entrambi p<0,0001), mentre non vi erano differenze significative nei feti
IUGR con MCA-PI normale.
Conclusioni: Tramite l'analisi PRSA della vFCF, questo studio dimostra per la prima volta una
minore reattività del SNA, riflessa da una significativa riduzione della capacità accelerativa e
decelerativa cardiaca, in associazione ai cambiamenti del PI dell'arteria cerebrale media nei
feti IUGR da 25 settimane di gestazione al termine.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
RESTRIZIONE DI CRESCITA FETALE: CONFRONTI TRA LE RILEVAZIONI DOPPLER
VELOCIMETRICHE DI DIVERSI DISTRETTI CEREBRALI
Tintoni M, Buongiorno S, Ciliberti P, Mappa I, Ciardulli A, Guariglia L
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
Razionale: La vasodilatazione cerebrale fetale è un meccanismo adattativo correlato
all’ipossia cronica, definito dalla riduzione dell’indice di pulsatilità (PI) dell’arteria cerebrale
media (MCA). Studi hanno evidenziato, in fase di adattamento emodinamico, alterazioni
simili e in momenti diversi in tutte le principali arterie cerebrali fetali. Obiettivo del presente
studio è valutare, nei feti piccoli per epoca gestazionale (SGA), le differenze velocimetriche
Doppler nelle diverse aree cerebrali in relazione all’adattamento emodinamico.
Materiali e metodi: È stato effettuato uno studio prospettico con valutazione Doppler in 57
feti SGA (peso stimato < 10°pc). In base alle rilevazioni sono stati considerati 3 gruppi:
Gruppo A: senza alterazioni Doppler (n=28 casi); Gruppo B: PI dell’arteria ombelicale (UA) >
2SD con normale rapporto cerebroplacentare (MCA/UA PI >1) (n=12 casi); Gruppo C: UA PI
> 2SD, rapporto cerebroplacentare alterato (MCA/UA < 1) e MCA PI < 2SD (n=17 casi).
Gruppo di controllo sono stati considerati 29 feti con peso appropriato per l’epoca
gestazionale (AGA). La velocimetria Doppler di MCA, arteria cerebrale anteriore (ACA) e
posteriore (PCA) sono state acquisite secondo tecnica classica; la valutazione Doppler
dell’ACA è stata ottenuta in due segmenti definiti: ACA1e ACA2.
Risultati: Nel gruppo B si evidenzia una vasodilatazione sia a carico dell’ACA che della PCA
rispetto ai controlli (ACA 1.44±0.22 e PCA 1.30±0.27 vs 1.85±0.38 e 1.62±0.39) (p<0.001 e
p<0.05). L’analisi dei due segmenti dell’ACA evidenzia valori simili in tutti gruppi considerati.
Conclusioni: La vasodilatazione sia di ACA che PCA evidenziata nei feti SGA con alterazione
della sola UA e CPR nei limiti della norma (gruppo B), sembrerebbe suggerire che
l’adattamento all’ipossia si verifichi prima a carico della regione cerebrale frontale e
successivamente di quella occipitale, quando ancora l’irrorazione a carico dei nuclei della
base appare conservata. Questi dati confermano l’importanza, segnalata in letteratura,
dell’esame Doppler di tutti i distretti vascolari cerebrali fetali.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
CEREBRO-PLACENTAL RATIO 2: UN NUOVO PARAMETRO DOPPLER NELLA
VALUTAZIONE DEL BENESSERE FETALE
Rossi A, Filip G, Romanello I, Citossi A, Vogrig E, Marchesoni D
Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine, Clinica Ostetrica Ginecologica, Udine
Razionale: Cerebro-placental ratio (CPR), rapporto tra indice di pulsatilità (PI) arteria
cerebrale media (MCA) e PI arteria ombelicale (UA), esprime le variazioni della tensione di
ossigeno nel sangue fetale. CPR viene considerato superiore rispetto al valore isolato del PI
dell’arteria cerebrale media nel predire l’outcome fetale nei casi di restrizione di crescita
intrauterina (FGR). Diversi studi nel contesto del fenomeno di brain sparing dei feti FGR
suggeriscono che l’arteria cerebrale anteriore (ACA) dimostri una vasodilatazione patologica
più precocemente rispetto a quella della MCA favorendo la perfusione del lobo frontale
come risposta precoce all’ipossia cerebrale. L’obiettivo dello studio è definire un nuovo
parametro denominato CPR 2 per la valutazione del benessere fetale.
Materiali e metodi: definiamo come CPR2 il rapporto tra PI ACA e PI UA. Abbiamo applicato
sia CPR che CPR2 in 65 casi di gravidanze complicate da FGR utilizzando come casi controllo
163 feti con crescita appropriata per età gestazionale (AGA) tra le 24 e 36 settimane di
gestazione.
Risultati: I valori di CPR sia nel caso di feti AGA che FGR sono in accordo con quelli della
letteratura. Il grafico rappresentante i valori di CPR2 per età gestazionale nei feti AGA è
lineare rispetto alla curva del CPR. I valori di R2 del grafico del CPR2 nei feti AGA sono
comparabili a quelli ottenuti con il grafico del CPR nei feti sia AGA che FGR: questo risultato
suggerisce che il CPR2 possa essere considerato un parametro con propria dignità statistica.
Il grafico che rappresenta I valori di CPR2 per età gestazionale nei feti FGR è lineare ma i
valori di R2 sono bassi a causa del numero limitato di dati a disposizione.
Conclusioni: CPR2 potrebbe essere considerato un parametro promettente nella
valutazione della circolazione cerebrale fetale. Ulteriori dati sono necessari per lo studio del
CPR2 nei feti FGR.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
ISCHEMIA-MODIFIED ALBUMIN IN GRAVIDANZA
Rossi A, Ganzitti L, Simoncini L, Romanello I, Vogrig E, Marchesoni D
Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine, Clinica Ostetrica Ginecologica, Udine
Razionale: nelle gravidanze normali sembra sia necessario un ambiente intrauterino ipossico
per lo sviluppo precoce del trofoblasto. In tale contesto, livelli sierici materni elevati di
ischemia modified albumin (IMA) riflettono lo stress ossidativo associato allo sviluppo
placentare. Obiettivo dello studio è valutare livelli materni di IMA e PAPP-A (pregnancyassociated plasma protein A) comparando feti piccoli per età gestazionale (SGA) con
gravidanze normali.
Materiali e metodi: lo studio di tipo prospettico è stato condotto tra giugno 2013 e maggio
2014. Le concentrazioni di albumina sierica, IMA e PAPP-A sono state determinate in 81
donne gravide in tre diversi periodi: 1° trimestre, 2° trimestre e durante il post-partum. Sono
stati identificati due gruppi di soggetti: gruppo 1) madri con feti appropriati per età
gestazionale (AGA) e gruppo 2) madri con feti SGA. Le concentrazioni di albumina totale
sierica ed IMA sono state determinate in 198 donne non gravide come controlli.
Risultati: le concentrazioni sieriche di IMA aumentano durante la gestazione. I livelli sierici di
IMA/Albumina nel primo trimestre sono significativamente più alti nei soggetti del gruppo 2)
(p<0.05), mentre i valori sierici di PAPP-A MoM sono significativamente bassi (p<0.05).
Conclusioni: valori sierici elevati di IMA associati e bassi livelli di PAPP-A sono stati
riscontrati nel primo trimestre in caso di gravidanza con feti SGA e questo può riflettere i
cambiamenti del processo di placentazione che avvengono prima delle manifestazioni
cliniche dello SGA
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
CAPACITÀ PREDITTIVA DEL LIVELLO SIERICO MATERNO DELLA PAPP-A NEL PRIMO
TRIMESTRE DI GESTAZIONE RIGUARDO I NEONATI LARGE FOR GESTATIONAL AGE
Rossi A, Ganzitti L, Simoncini L, D'Aietti V, Citossi A, Marchesoni D
Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine, Clinica Ostetrica Ginecologica, Udine
Razionale: identificare le caratteristiche materne, i parametri ecografici del primo trimestre
e gli indici biochimici che sono predittori significativi di neonati large for gestational age
(LGA).
Materiali e metodi: tale studio trasversale osservazionale è stato condotto su 72 gravidanze
singole che si erano presentate per lo Screening delle Anomalie Cromosomiche presso il
nostro Servizio di Diagnostica Prenatale mediante translucenza nucale e biochimica materna
al Primo Trimestre di gestazione. E’ stata applicata la regressione lineare per sviluppare
modelli di previsione per LGA nel corso del primo trimestre.
Risultati: altezza materna, parità, fumo, procreazione medicalmente assisitita e pregnancyassociated plasma protein-A sono predittori significativi indipendenti per LGA. Il valore cutoff di PAPP-A espresso in MoM di 1.25, utilizzato per lo studio, è stato scelto per garantire
buona sensibilità e specificità sulla base di curva ROC elaborata.
Conclusioni: è possibile esprimere una previsione di deviazione del peso del neonato (LGA)
facendo ricorso al livello plasmatico della PAPP-A utilizzato come esame di routine nello
Screening delle Anomalie Cromosomiche nel Primo Trimestre.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
STEREOISOMERI DELL’INOSITOLO E MANAGEMENT OSTETRICO DELLA GRAVIDANZA
A RISCHIO DI GDM
Matarrelli B
ASL Lanciano Chieti vasto. Ginecologia. Lanciano
Vitacolonna E
Università di Chieti, Diabetologia, Chieti
Pavone G
Università di Chieti, Clinica Ostetrica
Liberati M
Università di Chieti, Clinica Ostetrica
Celentano C
Università di Chieti. Clinica Ostetrica
Razionale: Scopo del nostro studio è stato valutare l’incidenza di outcome avversi
(alterazione OGTT, incremento ponderale materno, accrescimento fetale, polidramnios,
epoca di gestazione e modalità di parto, ipoglicemia neonatale) in gravidanze ad alto rischio
per GDM (riscontro di iperglicemia nel I trimestre, >92 mg%) in seguito ad esposizione a
differenti stereoisomeri dell’inositolo.
Materiali e metodi: 157 gravide sono state valutate e distribuite in 4 popolazioni (55 dieta A,
44 myo-inositolo B, 29 D-chiro-iositolo C, 29 myo/D-Chiro-inositolo D). L’incidenza di OGTT
alterati, la necessità di terapia insulinica, l’incremento ponderale materno, la presenza di
somatometrie fetali superiori al 95° centile, ed il centile del peso alla nascita per epoca e
sesso sono stati comparati.
Risultati: L’incidenza di OGTT alterato è stato rispettivamente del 76% nella popolazione A,
del 5% in B, del 32 % in C, e 39% in D. La necessità di terapia insulinica è apparsa
significativamente inferiore nella popolazione B (2%), contro il 18% di A, il 16% di C ed il 17%
di D.L’incremento ponderale maggiore si è avuto nella popolazione A (3.9), contro 2.3 di B,
3.6 di C, e 2.7 di D. Anche l’incidenza di circonferenza addominale superiore al 95° centile si è
riscontrata in modo significativmente inferiore nella popolazione B (0%), control il 4% di A, il
11% di C ed il 6% di D. Tale atteggiamento si è potuto riscontrare anche nel percentile
inferiore per l’epoca ed il sesso nella popolazione B (43), contro 59 di A, 63 di C, e D.
Conclusioni: Dal nostro studio si evince che i differenti stereoisomeri dell’inositolo non
migliorano gli outcome ostetrici parimenti al solo myo-inositolo.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
I NEONATI AGA CON DEFLESSIONE DEL RITMO DI CRESCITA INTRAUTERINO SONO A
RISCHIO DI OUTCOME PERINATALE AVVERSO?
Vannuccini S, Bocchi C, Severi FM, Petraglia F
Università degli Studi di Siena - Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo - Clinica
Ostetrica e Ginecologica - Siena
Razionale: Lo scopo dello studio è i) identificare una popolazione di feti nati a termine di
peso adeguato per l’epoca gestazionale (AGA), ma che in epoca prenatale hanno evidenziato
una deflessione del ritmo di crescita fetale e ii) valutarne l’outcome alla nascita.
Materiali e Metodi: Sono state arruolate prospetticamente nel I trimestre 509 gestanti in
gravidanza singola, con datazione certa dell’epoca gestazionale. Criteri di esclusione:
malformazioni fetali, feti con diagnosi di IUGR, SGA, LGA, parto pretermine. La crescita
fetale è stata valutata in tre ulteriori controlli ecografici, a 22-24 settimane, a 30-34
settimane e nell’epoca più prossima al parto (37-41 settimane), mediante la valutazione della
biometria fetale. La circonferenza addominale (CA) è stata convertita in MoM (multipli della
mediana) secondo la rispettiva curva di normalità e sulla base della differenza (Delta MoM)
tra le consecutive valutazioni della CA sono stati identificati i feti che rallentavano il proprio
ritmo di crescita (Delta MoM<0 - casi) e quelli che mantenevano costante, o acceleravano la
crescita intrauterina (Delta MoM ≥0 - controlli). Valutazione dell’outcome neonatale: giorni
di degenza e ricorso a cure intensive.
Risultati: 455 gestanti sono state incluse nella popolazione in studio, costituita da 160 casi e
295 controlli. I neonati con Delta MoM CA negativo hanno presentato un maggior ricorso al
taglio cesareo urgente (43.7% vs 20.3%) (p=0.028), un maggior numero di giorni di
ospedalizzazione (4.1 gg vs 3.1 gg) (p=0.016) e un maggior ricorso a assistenza intensiva
neonatale (p=0.005) rispetto ai controlli.
Conclusioni: I feti che nascono di peso adeguato per l’epoca gestazionale, ma che in utero
hanno evidenziato una deflessione della crescita, non raggiungendo il loro potenziale di
crescita, sono esposti ad un rischio maggiore di outcome neonatale sfavorevole. La loro
corretta identificazione prenatale permette al perinatologo di garantire un adeguato
management intrapartum e una tempestiva assistenza neonatale.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
IPOSVILUPPO FETALE A TERMINE: LA PORTATA EMATICA DELLE ARTERIE UTERINE E
DELLA VENA OMBELICALE COME NUOVO STRUMENTO DI INDAGINE
FISIOPATOLOGICA
Mantegazza V, Rigano S, Di Martino DD, Basili L, Zullino S, Ferrazzi E
Ospedale dei bambini V. Buzzi, Unità di Medicina Materno Fetale, Milano, Università di Milano
Razionale: E’ stata valutata la portata ematica nelle arterie uterine (UTA) e nella vena
ombelicale (UV) in una popolazione di feti piccoli per epoca gestazionale (SGA) >34
settimane. Tale popolazione è stata confrontata con feti singoli normopeso di pari epoca, al
fine di capire se una quantificazione delle portate arteriose e venose consenta di classificare
questi feti SGA come in realtà “late intrauterine growth restricted” (late IUGR).
Materiali e metodi: Sono stati arruolati 63 feti singoli con biometria <10° centile, PI arteria
ombelicale e UTA normale. Ogni paziente è stata sottoposta ad ecografia: biometria fetale,
liquido amniotico, misurazione di calibro e velocità media di UTA e UV. E’ stata poi calcolata
la portata UTA e UV assoluta e normalizzata per peso fetale, sulla base di un modello
matematico ad hoc precedentemente proposto dal nostro gruppo.
Risultati: 9 casi sono stati esclusi a posteriori per peso alla nascita >10° centile. La portata
totale UTA nei casi è risultata significativamente ridotta rispetto ai controlli (p < 0,0001), per
riduzione del calibro del vaso, con velocità di flusso conservata. Normalizzando, però, la
portata UTA per il peso fetale i valori si distribuiscono in modo sovrapponibile ai range di
normalità per l’epoca (p=0,171). La portata UV nei casi è risultata significativamente ridotta
rispetto ai controlli (p < 0,0001), per riduzione della velocità del flusso, con calibro nella
norma per massa corporea fetale.
Conclusioni: la riduzione di portata UTA e UV che era già stata osservata in feti IUGR
precoci è stata riscontrata anche in questa serie. Dato che il flusso UTA normalizzato per
peso rientra nel range atteso, il peso fetale appare come una sua variabile dipendente.
Pertanto, questa serie, dal punto di vista emodinamico, si colloca pienamente nel continuum
della restrizione di crescita fetale, pur come la manifestazione più lieve di tale patologia.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
SCREENING DEI DISORDINI IPERTENSIVI DI ORIGINE PLACENTARE E
MATERNOGENICA NEL I TRIMESTRE
Stampalija T.
Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo Garofolo, Unit of Ultrasound and Prenatal
Diagnosis, Trieste
Lo Bello L.
University of Trieste, Department of Medicine, Surgery and Health Sciences, Trieste Trieste
Dimartino D.
Buzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and Neonate, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Milan
Monasta L.
Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo
Garofolo, Clinical Epidemiology and Public Health Research Unit, Trieste
Quadrifoglio M.
Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo Garofolo, Unit of Ultrasound and Prenatal
Diagnosis, Trieste
Zullino S.
Buzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and Neonate, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Milan
Cecotti V.
University of Trieste, Department of Medicine, Surgery and Health Sciences, Trieste Trieste
Mastroianni C.
Buzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and Neonate, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Milan
Signorelli V.
Buzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and Neonate, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, Milan
D'Ottavio G.
Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo Garofolo, Unit of Ultrasound and Prenatal
Diagnosis, Trieste
Ferrazzi E.
Buzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and Neonate, Biomedical and Clinical
Sciences School of
Medicine University of Milan, MilanBuzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and
Neonate, Biomedical and Clinical Sciences School of
Medicine University of Milan, Milan
Razionale: Attuali modelli di screening per i disordini ipertensivi in gravidanza (hypertensive
disorders, HD) si basano prevalentemente su una classificazione temporale (insorgenza
prima o dopo la 34-a settimana di gestazione). Con il presente studio abbiamo valutato
l’efficacia di un modello di screening del I trimestre nel distinguere tra i due fenotipi di HD,
placentare e maternogenica.
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Materiali e metodi: Questo è uno studio prospettico longitudinale su due coorti di pazienti
reclutate consecutivamente presso gli ospedali IRCCS Burlo Garofolo, Trieste, ed Ospedale
dei Bambini V. Buzzi, Milano. Sono state incluse gravidanze singole con feto non portatore di
aneuploidie o malformazioni. Durante l’ecografia del I trimestre è stato misurato l’indice di
pulsatilità medio delle arterie uterine (PI-UtA). La crescita fetale è stata valutata attraverso
biometrie seriate. HD sono stati distinti in placentari, se associati a restrizione di crescita
fetale (IUGR), o maternogenici, in caso di crescita fetale regolare. L’analisi multivariata ha
considerato: PI-UtA, BMI, parità e epoca al reclutamento. La performance del modello è
stata valutata mediante il calcolo delle aree (AUC) sotto le curve ROC.
Risultati: Sono state reclutate 4304 pazienti, di cui 22 con HD placentare e 112
maternogenica (15 HD precoce e 119 HD tardiva). Il PI-UtA è risultato significativamente
superiore nelle HD-placentari (2.30±0.59) rispetto a HD-maternogeniche (1.68±0.56;
p<0,001) e i controlli (1.60±0.51; p<0,001), mentre non c’erano differenze tra HDmaternogenica e controlli (p>0,05). Il modello predittivo è risultato superiore
nell’identificare HD-placentare (AUC 0.84) rispetto agli altri gruppi incluse HD-precoci.
Conclusioni: La miglior performance di un modello di screening basato sulle arterie uterine
nel I trimestre è stata ottenuta per HD di origine placentare, sottolineando la diversa origine
tra HD placentare e maternogenica. Questi dati confermano inoltre l’utilità di una
distinzione fenotipica piuttosto che temporale.
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Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
EFFETTI DEGLI STEROIDI SUL TIMO FETALE: VALUTAZIONI ULTRASONOGRAFICHE E
DI LABORATORIO
Mappa I, Ciliberti P, Buongiorno S, Catzola V, De Vita M, Tintoni M, Fattorossi A, Rosati P
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
Razionale: Scopo dello studio è determinare, dopo somministrazione steroidea, la variazione
delle dimensioni ultrasonografiche del timo fetale correlandola con lo studio della
popolazione linfocitaria, come riportato in letteratura.
Materiali e metodi: Lo studio prospettico consiste di 20 pazienti, di cui 14 eleggibili: 7 per il
gruppo controllo e 7 per il gruppo studio. Sono state considerate: caratteristiche materne
(età, BMI, parità), indicazioni ed epoca gestazionale al taglio cesareo (TC), APGAR score <7,
peso alla nascita, giorni di ricovero ed infezioni neonatali. Alle pazienti del gruppo studio
sono state somministrate due dosi di 12mg di betametasone a distanza di 24 ore, entro 7
giorni dal parto. Le biometrie fetali e timiche (diametro e circonferenza) sono state rilevate
entro 24 ore dal TC. Al fine di rendere confrontabili i risultati è stato considerato il rapporto
tra biometrie del timo e diametro biparietale (BPD), piuttosto che i valori assoluti. Analisi
citometrica delle popolazioni linfocitarie è stata effettuata su campione di sangue fetale
prelevato subito dopo il secondamento.
Risultati: Il diametro medio del timo è per il gruppo studio e quello controllo rispettivamente
33.89± 3.3 mm e 40.7±4.9 mm, mentre il perimetro medio 103.34±3.3 mm e 126.9±8.7 mm
(p<0.05). Il rapporto perimetro/BPD e diametro/BPD è 1.16±0.07 e 0.38±0.02 nel gruppo
studio versus 1.33±0.09 e 0.43±0.05 nel gruppo controllo (p<0.05). Lo studio della
popolazione linfocitaria ha fornito dati sovrapponibili tra i due gruppi, ad eccezione della
sottopopolazione di cellule T-regolatorie di specifica origine timica (p<0.05).
Conclusioni: I nostri risultati evidenziano una significativa influenza della somministrazione
di steroidi sia sulla riduzione di dimensioni del timo fetale che sulla sua funzionalità. Pur col
limite del ridotto campione studiato e la necessità di approfondimento e follow up a lungo
termine, è ipotizzabile una relazione tra i risultati ottenuti e atopia o malattie autoimmuni (Treg correlate).
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Crescita fetale normale, iposviluppo, macrosomia
CURVE DI CRESCITA FETALE CUSTOMIZZATE OTTENUTE MEDIANTE ANALISI DI
REGRESSIONE QUANTILE: UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO TRASVERSALE
Ghi T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Cariello L
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Rizzo L
Operations Research Center Massachusetts Institute of Technology Cambridge MA USA
Ferrazzi E
Ospedale Pediatrico Buzzi, Università di Milano, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia,
Milano
Periti E
Presidio Ospedaliero Centro Piero Palagi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Firenze
Prefumo F
Università di Brescia, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Stampalija T
Università di Trieste, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Trieste
Viora E
Ospedale S. Anna, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Torino
Verrotti C
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Rizzo G
Università di Roma Tor Vergata, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Roma
Razionale: L'obiettivo del nostro studio è stato di costruire curve di crescita biometriche
fetali tra 16 e 20 settimane di gestazione, customizzate in base alle caratterische, l'etnia e la
parità dei genitori.
Metodi: Mediante uno studio multicentrico trasversale sono state valutate 8070 ecografie
eseguite in gravidanze a basso rischio, tra le 16 e le 40 settimane di gestazione.
I parametri biometrici fetali ottenuti sono stati il diametro biparietale (BPD), la
circonferenza cranica (HC), la circonferenza addominale (AC) e la lunghezza del femore (FL).
Attraverso l'analisi di regressione quantile è stato esaminato l'impatto del peso, dell'altezza,
della parità e dell'etnia dei genitori sui percentili biometrici delle misure fetali considerate.
Risultati: L'altezza paterna e materna sono risultate delle covariate significative per tutte le
misure prese in analisi. Il peso materno influenza significativamente HC, AC e FL. La parità è
significativamente associata con il valore di BPD e HC. Si è visto che l'etnia centroafricana
correla con HC e FL mentre la nordafricana solo con il valore di FL.
Conclusioni: Nel nostro strudio abbiamo costruito le curve biometriche di crescita fetale
customizzate usando l'analisi di regressione quantile in una grande coorte di gravidanze a
basso rischio. Queste curve offrono il vantaggio di definire in maniera individualizzata i
ranges di normalità dei parametri biometrici fetali per ciascun specifico centile, corretto in
base all'altezza, al peso, alla parità ed all'etnia dei genitori.
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I risultati ottenuti sottolineano l'importanza di includere queste variabili nella valutazione
ecografica di routine per le anomalie di crescita fetale.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
RUOLO DELLA SONOBIOPSIA CON POWER DOPPLER 3D NELLO STUDIO DELLA
VASCOLARIZZAZIONE PLACENTARE NEL I TRIMESTRE
Bosi C, Pietrolucci ME, Rizzo G, Arduini A
Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Clinica Ostetrica Ginecologica, Roma
Razionale: La vascolarizzazione placentare anomala è legata a gravi complicanze ostetriche,
come il ritardo di crescita intrauterino e la preeclampsia; il suo riconoscimento nel I
trimestre riduce il tasso di morbidità e mortalità perinatali. L’obiettivo dello studio è stato
indagare la possibilità di valutare con sonobiopsia 3DPD la vascolarizzazione placentare.
Materiali e metodi: Sono state considerate gravidanze singole con feti senza anomalie
strutturali e cromosomiche, tra le 11 settimane e le 13 settimane e 6 giorni, 61 delle quali
con indici di vascolarizzazione placentare (VI), (FI) e (VFI) inferiori al 5° centile e 100
compresa tra il 5° e il 95°. Le acquisizioni sono state eseguite con ecografo Voluson 730
dotato di sonda 4-8 MHZ, usando le stesse impostazioni predefinite, dapprima su tutto il
volume placentare e, successivamente, su 3, 4 e 5 biopsie sferiche, utilizzando l’applicazione
VOCAL II. Gli indici ottenuti con le due tecniche e i tempi d’acquisizione sono stati analizzati
con il coefficiente di Pearson, il diagramma di Bland Altman, il test di Fisher e il test di
Withney.
Risultati: Le analisi statistiche hanno confermato che gli indici ottenuti con 4 e 5 sonobiopsie
sono paragonabili a quelli ottenuti sull’intera placenta, sia in caso di normalità che di
patologia (con 3 è stata dimostrata la tendenza alla sovrastima). Il tempo necessario per
eseguire 3, 4 e 5 sonobiopsie (mediane 287, 340 e 380 sec) è significativamente inferiore
rispetto a quello richiesto dalla valutazione dell’intera placenta (mediana 720 sec):
p<0,0001.
Conclusioni: Lo studio della vascolarizzazione placentare con la sonobiopsia 3DPD nel I
trimestre di gravidanza, con 4 o 5 biopsie, richiede tempi d’acquisizione minori garantendo
un’affidabilità pari a quello dell’intera placenta. Il vantaggio è considerevole potendo essere
applicato anche dopo la 14^ settimana, quando la placenta è ormai troppo grande per essere
studiata in toto.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
EFFETTO DELLA SUPPLEMENTAZIONE CON 5-METHYL-TETRAHYDROFOLATO SU
MISURAZIONI DOPPLER DELL’ARTERIA UTERINA
Saccone G, Di Cresce M, Graziano E, Mazzarelli LL, Maruotti GM, Morlando M, Migliucci A,
Sirico A, Saviano R, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA - UOC
Emergenze Ostetrichee Ginecologiche - AOU Federico II
Razionale: Studi osservazioni hanno dimostrato che l’acido folico (AF) pUò avere un ruolo
nella prevenzione di alcune complicanze della gravidanza, come il parto pretermine e la
preeclampsia. Il 5-methyl-tetrahydrofolato (5-MTHF) è la forma attiva e con maggiore
biodisponibilità orale dell’AF. Un recente studio retrospettivo ha dimostrato che una
supplementazione giornaliera di 15mg di 5-MTHF è associata ad una riduzione del rischio di
preeclampsia in donne con storia di preeclampsia nella gravidanza precedente. Scopo dello
studio è valutare se vi è una correlazione tra il 5-MTHF e la flussimetria dell’arteria uterina
in donne a rischio di sviluppare preeclampsia.
Materiali e Metodi: Studio retrospettivo sulle gravidanze singole afferite al nostro centro
nel periodo 2009-2013. Sono state incluse nello studio le donne a rischio di sviluppare
preeclampsia per storia di positiva di pregressa preeclampsia. Le donne che hanno assunto
15 mg di 5-MTHF sono state confrontate con un gruppo controllo. Tutte le donne incluse
nello studio hanno assunto 100 mg al giorno di acido acetilsalicilico. Il primaryoutcome dello
studio è la presenta di Notch bilaterale dell’arteria uterina.
Risultati: 103 donne sono state analizzate, di cui 52 sono state incluse nel gruppo 5-MTHF e
51 nel gruppo di controllo. Le caratteristiche clinico-anamnestiche dei due gruppi sono
risultate simili. Non sono state trovate differenze statisticamente significative nella presenza
(18 settimane) di Notch bilaterale (13.7% vs 38.5%; p-value = 0.06), PI (p=0.07) e RI (p=0.06)
dell’arteria uterina, confrontando le donne che hanno assunto supplementazione giornaliera
di 15 mg di 5-MTHF con il gruppo controllo.
Conclusioni: La supplementazione giornaliera con 15 mg di 5-MTHF non sembra avere un
effetto positivo sulle misurazioni Doppler dell’arteria uterina.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
DIFFERENZE TRA LA MISURAZIONE DELL’INDICE DI PULSATILITÀ DEL DOTTO
VENOSO FETALE CON TECNICA AUTOMATICA E CON TECNICA MANUALE.
Morlando M, Maruotti GM, Di Cresce M, Saccone G, Migliucci A, Sirico A, Sarno L, Mazzarelli
LL, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA - UOC
Emergenze Ostetrichee Ginecologiche - AOU Federico II
Razionale: Studi prospettici osservazionali hanno dimostrato l’utilità della valutazione delle
flussimetrie Doppler del dotto venoso fetale in feti affetti da ritardo di crescita ed alterazioni
flussimetriche. Lo scopo di questo studio è di esaminare la variabilità nella misurazione del
PIV (pulsatilityindex for veins) nel dotto venoso fetale effettuata con metodica automatica e
con metodica manuale.
Materiali e metodi: E’ stato condotto uno studio prospettico osservazionale. Due operatori
esperti nella valutazione delle flussimetrie Doppler fetali hanno effettuato lo studio
ecografico del feto, e dopo aver bloccato sullo schermo la stessa immagine, hanno ottenuto il
valore automatico e manuale del PIV del dotto venoso.Le misurazioni ottenute sono state
registrate e successivamente analizzate. La variabilità tra le due metodiche di misurazione è
stata analizzata con il test di Student per campioni appaiati e le differenze tra le due
metodiche sono state esplorate con il Bland-Altman plot ed i relativi intervalli di confidenza.
Risultati: La misurazione automatica e manuale del PIV del dotto venoso è stata effettuata
per 23 donne. La mediana dell’età materna al momento della misurazione è stata di 35 anni
(range interquartile 30-39), la mediana dell’epoca gestazionale al momento della
misurazione è stata di 33.6 settimane (range interquartile 31-36). La media delle misurazioni
del PIV del dotto venoso con metodica manuale è risultata essere significativamente
maggiore della media delle misurazioni effettuate con metodica automatica, con una
differenza media tra le due misurazioni di 0.064 (95% CI: 0.0184-1.266, p=0.003).
Conclusioni: La misurazione del PIV del dotto venoso fetale con metodica manuale risulta in
valori più elevati rispetto alla misurazione effettuata con metodica automatica. La
numerosità campionaria ridotta rappresenta la principale limitazione del nostro studio. E’
auspicabile che ulteriori studi vengano condotti al fine di confermare i nostri risultati su
campioni più estesi.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
VELOCIMETRIA DOPPLER ED OUTCOME AVVERSO NELL’INDUZIONE MEDICA DEL
TRAVAGLIO PER IUGR TARDIVO
Simeone S1, Carnarutto R2, Marchi L1, Rambaldi MP1, Giorgi MG1, Serena C1, Mecacci F1
1
2
AOU Careggi, SOD Medicina Prenatale, Firenze, Italia
Corso di Laurea in Ostetricia, Università di Firenze, Firenze, Italia
Razionale: Il ritardo di crescita intrauterino tardivo (late IUGR) rappresenta una delle
maggiori cause di mortalità/morbidità fetale. I trial internazionali che hanno esaminato i
benefici dell’induzione del travaglio rispetto al parto spontaneo nei late IUGR non sono stati
conclusivi, sebbene abbiano suggerito un ruolo dell’induzione nel ridurre il rischio di morte
fetale. Lo scopo dello studio è di identificare i fattori metodologici e materno-fetali legati ad
outcome avverso post induzione medica del travaglio per late IUGR.
Materiali e Metodi: Lo studio è stato condotto retrospettivamente su 154 pazienti con late
IUGR. Le variabili considerate sono state: parità, percentile di peso fetale<3°;
Dopplervelocimetria dell’arteria cerebrale media (ACM PI), arteria ombelicale (AO PI),
rapporto cerebro-placentare (CPR) ed arterie uterine (AAut); oligoamnios, Bishop score,
metodo di avvio dell’induzione, supporto dell’attività contrattile. Gli outcome considerati
sono stati: taglio cesareo (TC) o parto operativo (PO) per sofferenza fetale in travaglio o
distocia meccanica, ricovero in terapia intensiva neonatale (TIN), score di Apgar alla
nascita<7, pH<7.10.
Risultati: Su 154 pazienti esaminate, 67 hanno partorito spontaneamente (n=36) o sono
state sottoposte a TC elettivo (n=31) per precedente isterotomia/presentazione podalica. Il
parto è stato indotto in 87 pazienti, risultando nel 32% di TC, 5% di PO e 63% di parti
eutocici. Non sono stati registrati Apgar scores<7, né pH<7.10. I fattori significativamente
legati al TC/PO in travaglio sono stati (in analisi univariata): induzione con ossitocina
(p=0.002); in analisi univariata e multivariata: AO PI>95° centile (p=0.04/0.007) o ACM
PI<5° centile (p=0.04/0.024), CPR<5° centile (p=0.005/0.001). I reperti Doppler sono
associati a maggior rischio di ricovero in TIN (p=0.004, 0.02 e 0.005, rispettivamente).
Conclusioni: La velocimetria Doppler dell’AO, ACM e CPR è essenziale per la gestione e
l’identificazione dei feti con IUGR tardivo caratterizzati da outcome avverso.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
VALUTAZIONE DEGLI OUTCOME FETALI IN RELAZIONE A NUOVI INDICI DI
VELOCIMETRIA DOPPLER CEREBRALE FETALE IN GRAVIDANZE PROTRATTE
Ciliberti P, Buongiorno S, Ciardulli A, Tintoni M, Viggiano M, Cavaliere AF, Rosati P
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
Razionale: Obiettivo dello studio è valutare gli outcome fetali in gravidanze protratte
utilizzando nuovi indici di velocimetria Doppler cerebrale.
Materiale e metodi: Sono state studiate 231 gravidanze fisiologiche con feto singolo tra
40+0/7 e 41+6/7 settimane (gruppo A: 128 casi tra 40+0/7 e 40+6/7; gruppo B: 103 casi
41+0/7 - 41+6/7). Sono stati esaminati i casi in cui la velocimetria Doppler è stata effettuata
entro 48 ore dal parto (gruppo A: 72 casi; gruppo B: 78). I valori Doppler delle arterie
cerebrali media (MCA), anteriore (ACA) e posteriore (PCA) ed i rispettivi rapporti
cerebroplacentari (CPR) ottenuti, sono stati correlati alla diagnosi di sospetta ipossia fetale
al parto.
Risultati: Nel gruppo A una vasodilatazione, in caso di sospetta ipossia (n=17), è stata
riscontrata per i valori (media ± SD) di ACA e PCA (p<0,05), ma non per quelli della MCA,
qualora confrontati con quelli in assenza di tale condizione (n=55). Uguale risultato appare
evidente nell’analisi dei CPR (ACA/UA p<0.01; PCA/UA p<0.05). Nel gruppo B una
significatività statistica tra le diverse condizioni fetali considerate (16 vs 62 casi) appare
evidente per tutti i distretti cerebrali esaminati, sia valutando i singoli vasi che i rispettivi
CPR. Confrontando i pesi fetali alla nascita nei due gruppi, si evidenzia una differenza
statisticamente significativa per entrambi i periodi considerati.
Conclusioni: Si evidenzia fino a 40+6/7 settimane una gradualità della vasodilatazione nei
distretti cerebrali con alterazione prima dell’ACA e successivamente della PCA; la MCA non
appare modificata, nè i CPR. Dopo tale periodo è presente vasodilatazione in tutti i distretti
esaminati. Le differenze dei pesi alla nascita tra i gruppi, sembrerebbero evidenziare in alcuni
feti con diagnosi di sofferenza fetale un mancato raggiungimento del potenziale di crescita.
Sulla base dei presenti risultati, lo studio Doppler velocimetrico dei distretti cerebrali può
risultare utile nel management delle gravidanze protratte
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
RAPPORTO CEREBROPLACENTARE IN NUOVI DISTRETTI CEREBRALI FETALI NELLE
GRAVIDANZE PROTRATTE
Ciardulli A, Ciliberti P, Buongiorno S, Viggiano M, Tintoni M, Guariglia L
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
Razionale: Il ruolo del rapporto cerebro-placentare (CPR), considerato valido predittore
degli outcomes in caso di restrizione di crescita fetale (IUGR), appare essere ancora non ben
definito nelle gravidanze protratte. Recentemente è stato segnalato come in feti ‘late’ IUGR,
siano evidenziabili modificazioni degli indici velocimetrici Doppler più precocemente a carico
dell’arteria cerebrale anteriore (ACA) e posteriore (PCA) rispetto alla media (MCA), con una
redistribuzione del flusso ematico a livello cerebrale. Finalità del presente studio è quella di
ottenere valori di riferimento nella gravidanza protratta del CPR basati sulla valutazione
dell’ACA e della PCA.
Materiali e metodi: Sono stati studiati 231 feti in gravidanze fisiologiche singole tra 40+0/7
e 41+6/7 settimane (gruppo A: 128 casi tra 40+0/7 e 40+6/7 e gruppo B: 103 casi tra 41+0/7
e 41+6/7). Valori di normalità del CPR sono stati ottenuti utilizzando sia l’ACA che la PCA e
confrontati nei due diversi periodi considerati.
Risultati: I valori di normalità (media ±SD) del CPR nei due diversi periodi considerati sono:
CPR-ACA 1.49 ±0.33 e 1.44 ±0.26; CPR-PCA 1.39 ±0.26 e 1.40 ±0.25, nel gruppo A e B,
rispettivamente. Tali valori appaiono sovrapponibili nei due periodi della gravidanza, non
presentando variazioni nelle diverse epoche gestazionali.
Conclusioni: I valori di CPR ottenuti prendendo in considerazione nuovi distretti cerebrali
fetali recentemente segnalati quali predittivi degli outcomes nel periodo neonatale e
dell’infanzia possono essere utilizzati quale riferimento da affiancare e confrontare a quelli
già validati in letteratura al fine di implementare e migliorare il management della gravidanza
protratta.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
CONFRONTO DELLA VELOCIMETRIA DOPPLER IN DIVERSI SEGMENTI DELL'ARTERIA
CEREBRALE ANTERIORE E POSTERIORE FETALE DOPO 40 SETTIMANE
Buongiorno S, Ciliberti P, Ciardulli A, Mappa I, Tintoni M, Rosati P
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
Razionale: Per l’importanza della vascolarizzazione cerebrale in alcune patologie fetali,
recentemente sono stati indagati, oltre all’arteria cerebrale media (MCA), altri distretti
vascolari, quali l’arteria cerebrale anteriore (ACA) e la posteriore (PCA), che sembrerebbero
più precocemente correlarsi con esiti avversi. Finalità del presente studio è valutare la
capacita di rilevazione e la riproducibilità delle singole misurazioni dopo 40 settimane in due
segmenti anatomici sia per l’ACA che per la PCA.
Materiali e metodi: ACA e PCA sono state esaminate in 375 gravidanze fisiologiche singole
tra 40+0/7 e 41+6/7settimane. Sono stati considerati due diversi gruppi: gruppo A (197 casi)
tra 40 +0/7 e 40 +6/7 e gruppo B (178) casi tra 41+0/7 e 41+6/7 settimane. Il segmento
ACA1 è stato ottenuto all’origine dalla carotide interna nello stesso piano della MCA. Il
segmento ACA2 è stato ottenuto distalmente, tra la comunicante anteriore e l’arteria
pericallosa. La PCA è stata rilevata nella porzione posteriore del poligono del Willis,
identificando la PCA1 e la PCA2, rispettivamente prima e dopo la giunzione con l’arteria
comunicante posteriore.
Risultati: Tutti i distretti cerebrali sono stati studiati in 231 casi (61.60%): 64.97% nel gruppo
A e 57.87% nel gruppo B. Le percentuali di visualizzazione sono state nel gruppo A e B
rispettivamente 87.31% e 82.02% per l’ACA1, 77.66% e 65,17% per ACA2, 76.14% e 58,99%
per PCA1, 84.77% e 69,66% per PCA2 senza alcuna differenza statistica nelle percentuali di
rilevazione, seppure con percentuali minori per il gruppo B. I valori appaiono sovrapponibili
nei diversi segmenti delle arterie cerebrali studiate.
Conclusioni: La capacità di valutazione tra i diversi segmenti dei distretti cerebrali esaminati,
pur diversa, anche se non statisticamente significativa, evidenzia valori Doppler
velocimetrici tra loro sovrapponibili. Sulla base dei presenti risultati l’esame Doppler
velocimetrico cerebrale fetale può essere effettuato indifferentemente nei diversi segmenti
per l’ACA e la PCA.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
NOTCHING DELL’ ARTERIA OMBELICALE: CASE REPORT
Iazzetta R, Vaccarella M, Salzano E, Tirone M, Palmieri T, Locci M, Miranda M, De Placido G,
Nazzaro G
Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologi, Centro di Sterilità/
Napoli
Razionale: L’inserzione velamentosa/marginale del cordone ombelicale, la torsione, la
stenosi, il nodo vero ed il falso nodo di cordone sono anomalie anatomiche degli annessi
fetali, comunemente riscontrate nella pratica clinica e si associano ad un aumento di
morbilità e mortalità fetale. Nella maggior parte dei casi, la diagnosi di anomalie cordonali
e/o placentari avviene dopo il parto, mediante attento esame degli annessi fetali. La
distorsione, la torsione e la compressione dei vasi cordonali può determinare alterazioni
emodinamiche del flusso ematico associate ad un’alterazione dell’onda Doppler.
Materiali e metodi: Giunge alla nostra attenzione la paziente C.A. IV gravida (1para+2ab) nel
corso della 30° settimana di amenorrea, per lo studio morfologico del cuore fetale. All’esame
ecografico, eseguito con ecografo Samsung WS80A Elite, si evidenzia ipertrofia ventricolare
destra fetale. La paziente ha successivamente eseguito controlli ambulatoriali per la
valutazione della patologia cardiaca fetale. Al controllo ecografico eseguito a 37 settimane,
si evidenziava crescita fetale armonicamente corrispondente all’amenorrea e si segnalava
severo oligoidramnios. Alla flussimetria Doppler dell’arteria ombelicale si osservava
notching dell’ onda. Nella stessa giornata la paziente è stata sottoposta a taglio cesareo per
la severa riduzione del liquido amniotico associata alla presenza di alterazioni
cardiotocografiche. Alla nascita Apgar neonatale a 1 minuto 7.
Risultati: All’ispezione degli annessi placentari si evidenziava la presenza di nodo vero del
cordone ombelicale. E’ stato eseguito esame anatomo-patologico della placenta che è
risultato regolare.
Conclusioni: Questo caso conferma che il notching dell’arteria ombelicale può associarsi a
nodi veri o falsi del cordone ombelicale e tale condizione pertanto richiede una attenta
sorveglianza fetale. Il meccanismo fisiopatologico che determina il notching non è
perfettamente chiaro. La torsione e la compressione dei vasi del cordone, determinati dalla
presenza del nodo vero e dell’ oligoamnios associato, sembrano essere responsabili
dell’alterazione flussimetrica riscontrata.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
LA DOPPLERFLUSSIMETRIA OMBELICALE COME PREDITTORE DI INTOLLERANZA
ALIMENTARE NEI NEONATI PRETERMINE
Pace C
SCDU Ginecologia e Ostetricia 2U, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Gaglioti P
SCDU Ginecologia e Ostetricia 2U, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Coscia A
SCDU Neonatologia, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Oberto M
SCDU Ginecologia e Ostetricia 2U, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Cau Ma
Servizio Consultori Familiari, ASL Sassari
Palmeri A
SCDU Ginecologia e Ostetricia 2U, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Appeddu S
Università di Sassari
Olearo E
SCDU Ginecologia e Ostetricia 2U, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Plazzotta C
Flussi Informativi e Informatizzazione Sanitaria, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Biolcati M
Dipartimento di Schienze Chirurgiche, Università di Torino
Todros T
SCDU Ginecologia e Ostetricia 2U, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Razionale:I feti con restrizione di crescita fetale (FGR) e Dopplerflussimetria ombelicale
patologica (AUAD) sono ad aumentato rischio di NEC, poiché il distretto splancnico risente
della centralizzazione del flusso (“brain sparing”).
L’intolleranza alimentare del pretermine (FI) in genere precede cronologicamente la NEC e
potrebbe condividerne la patogenesi, sebbene i dati siano ancora scarsi.
Il nostro obiettivo è dimostrare una correlazione tra FGR+AUAD e FI.
In uno studio preliminare abbiamo analizzato i casi di NEC e FI diagnosticati presso la nostra
Terapia Intensiva Neonatale dal 2006 al 2012 (n=51): l’associazione FGR+AUAD era
presente nel 100% delle NEC (n=5/5) e nel 63% delle FI (n=29/46).
Metodi: Abbiamo definito la NEC secondo i criteri di Bell modificati e la FI come una
condizione richiedente sospensione dell’alimentazione enterale per >24 ore.
Abbiamo reclutato tutti i nati 10°centile).
Risultati: Abbiamo diagnosticato 30 casi di FI (incidenza 16.1%) e 1 caso di NEC (incidenza
0.54%).
La NEC e 53% delle FI (n=16/30) si sono verificate in feti FGR+AUAD.
Il rischio di sviluppare FI era significativamente aumentato nel gruppo A rispetto al gruppo C
(OR 4.13 [95%CI 1.71-9.95]), anche dopo stratificazione per epoca gestazionale (ma solo per
EG>28 settimane).
Conclusioni:
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I nostri dati indicano un rischio di FI 4 volte maggiore nei feti FGR+ AUAD rispetto ai
controlli pretermine normosviluppati.
L’associazione FGR+AUAD è un indicatore semplice e utile per l’identificazione dei neonati a
rischio di FI, che potrebbero beneficiare di strategie alimentari individualizzate.
Al di sotto delle 28 settimane tale indicatore perde significato in quanto è la prematurità
stessa a condizionare la prognosi.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
LA MACROSOMIA FETALE INFLUENZA LA FLUSSIMETRIA DOPPLER NELLE
GRAVIDANZE COMPLICATE DA DIABETE GESTAZIONALE
Sirico A
Università Federico II, Napoli, Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed
Odontostomatologiche
Rizzo G
Clinica Ostetrica e Ginecologica Università di Roma Tor Vergata, Roma
Maruotti GM
Università Federico II, Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed
Odontostomatologiche, Napoli
D'Aiello E
Clinica Ostetrica e Ginecologica Università di Roma Tor Vergata, roma
Morlando M
Università Federico II, Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed
Odontostomatologiche, Napoli
Arduini D
Clinica Ostetrica e Ginecologica Università di Roma Tor Vergata, Roma
Martinelli P
Università Federico II, Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed
Odontostomatologiche, Napoli
Razionale: L’obiettivo dello studio è quello di stabilire se i feti macrosomi in gravidanze
complicate da diabete gestazionale (GDM) mostrano differenti valori dell’indice di pulsatilità
dell’arteria ombelicale (UA-PI) rispetto ai feti non macrosomi.
Materiali e Metodi: Sono state reclutate 106 donne con GDM dalle 34 alle 41 settimane di
gestazione ed è stato correlato l’ultimo valore dell’UA-PI prima del parto con il peso
neonatale alla nascita. Le donne reclutate sono state divise in base al peso neonatale alla
nascita (> 4000 g o < 4000g) ed in base al percentile del peso alla nascita per l’epoca
gestazionale (> 90° centile o < 90° centile).
Risultati: 19/106 donne hanno partorito un neonato con peso alla nascita > 4000 g (17,9%)
mentre i neonati con percentile di peso alla nascita > 90° per l’epoca gestazionale sono
risultati 41/106 (38.7%). Il compenso glicemico è stato raggiunto in 80 donne con la sola
dieta ed in 26 donne con la terapia insulinica. La regressione logistica ha mostrato che solo
l’UA-PI è predittivo di peso alla nascita > 4000 g o > 90° centile a differenza dell’età, del BMI,
del tipo di terapia (dieta o insulina) e dell’epoca gestazionale. Il Mann-Whitney test ha
mostrato che l’UA-PI medio è più basso nel gruppo con peso alla nascita > 4000 g rispetto ai
controlli (PI= 0.69; 95% CI 0.64-0.74 vs PI=0.87; 95% CI 0.84-0.90; U=269.00; Z= -4.594;
p<0.001) e che l’UA-PI medio è più basso nel gruppo con peso alla nascita > 90 ° centile
rispetto ai controlli (PI= 0.79; 95% CI 0.74-0.84 vs PI=0.87; 95% CI 0.83-0.90;U=941.5; Z= 2.537; p=0.01). La regressione lineare ha mostrato una correlazione significativa tra UA-PI
ed il peso alla nascita (constant=1.425; slope -0.000160; r=0.491; residual SD=0.000027;
p<0.001) ed il percentile del peso alla nascita per l’epoca gestazionale (constant=1.026;
slope -0.002570; r=0.446; residual SD=0.000505; p<0.001).
Conclusioni: I feti macrosomici nelle gravidanze complicate da GDM mostrano valori più
bassi dell’UA-PI rispetto ai controlli. Resta da chiarire il valore dell’UA-PI nel predire la
macrosomia e gli outcome avversi.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
DIAGNOSI ECOGRAFICA DI EMORRAGIA FETO-MATERNA SEVERA: ESPERIENZA DEL
NOSTRO CENTRO E REVISIONE SISTEMATICA DELLA LETTERATURA
Bellussi F1, Perolo A1, Simonazzi G1, Ghi T2, Youssef A1, Rizzo N1, Pilu G1
1
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna,Ostetricia e Medicina dell'età
prenatale, Bologna.
2
Ospedale Maggiore-Università di Parma - Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia
Razionale: L'emorragia feto-materna è una causa probabilmente sottostimata di anemia
fetale, potenzialmente letale. Il tracciato cardiotocografico sinusoidale è da sempre
considerato il segno patognomonico di questa condizione. La stima ecografica
dell'emoglobina fetale mediante ecografia Doppler dell'arteria cerebrale media è stata
proposta nella diagnosi di anemia da emorragia feto-materna. L'obiettivo di questo studio è
valutare il ruolo dell’ecografia nella diagnosi di emorragia feto-materna severa.
Materiali e Metodi: Sono state eseguite una revisione sistematica della letteratura ed
un'analisi retrospettiva dei nostri casi di emorragia feto-materna. Sono stati inclusi i casi in
cui la diagnosi è stata confermata da test su sangue materno e in cui è stato valutato il
Doppler cerebrale fetale.
Risultati: Nello studio sono state incluse 36 gravide a 31 ± 4 settimane di gestazione (16, 36).
Di questi casi 32 sono stati tratti dalla revisione della letteratura e 4 dal nostro Ospedale. La
più frequente indicazione all’accesso in Ospedale è stata la riduzione della percezione dei
movimenti fetali (16). Altre indicazioni sono state: trauma (10), idrope fetale (3), prodromi di
travaglio (1), allargamento dell’atrio destro fetale (1), trasfusione feto-fetale (1). Il tracciato
cardiotocografico era disponibile in 28 casi ed è risultato sinusoidale in 18, non reattivo in 7,
patologico in altri 3. Il valore di emoglobina iniziale era 4.77 ± 1.89 g/dL, con l’eccezione di un
nato morto. In tutti i casi in cui questo dato era disponibile (24) si proceduto ad
emotrasfusione prima o dopo la nascita. Il picco di velocità sistolica a livello della cerebrale
media fetale (MCA-PSV) era 84 ± 18 cm/sec (>1.5 MoM in tutti i casi tranne uno).
Conclusioni: I risultati dello studio mostrano che il parametro più importante nella diagnosi
di emorragia feto-materna severa è il Doppler cerebrale fetale. Suggeriamo dunque di
includerlo nella valutazione di tutti i casi con sospetta emorragia feto-materna.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
TOXOPLASMOSI IN GRAVIDANZA E TERAPIA: QUALI CONSEGUENZE PER IL FETO?
Donadono V, Migliucci A, Quaglia F, Saviano R, Sansone M, Capone A, Giudicepietro A,
Mazzarelli LL, Di Cresce M, Maruotti GM, Martinelli P, Fagioli R, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA
UOC Emergenze Ostetrichee Ginecologiche
Razionale: La terapia per toxoplasmosi si basa sulla spiramicina per la riduzione della
trasmissione verticale dell’infezione e sulla pirimetamina/sulfadiazina che, raggiungendo il
feto in dosi terapeutiche, riduce i danni fetali. La pirimetamina/sulfadiazina ha potenziali
effetti avversi, principalmente tossicità ematologica, nella madre e probabilmente anche nel
feto. Lo scopo dello studio è stato ricercare l'anemia fetale attraverso la velocità di picco
sistolico in arteria cerebrale media (ACM-VPS) in relazione al trattamento per toxoplasmosi
in gravidanza (spiramicina vs pirimetamina/sulfadiazina) e come segno di infezione (bambino
infetto/non infetto).
Materiali e metodi: Lo studio è stato condotto su donne gravide con sospetta infezione
primaria da toxoplasmosi riferite all’ambulatorio di malattie infettive in gravidanza
dell’Università Federico II di Napoli tra Gennaio 2011 e Giugno 2011. È stata confrontata l’
ACM-VPS (normale/aumentata) a 30-36 settimane di gestazione nelle pazienti in
trattamento con spiramicina rispetto a quelle in trattamento con pirimetamina/sulfadiazina.
Questo dato è stato inoltre messo in relazione all’outcome del bambino (infetto/non infetto).
Risultati: Sono state incluse nello studio 82 gravide, 12 (14.6%) con sieroconversione in
gravidanza, 40 (48.8%) con infezione sospetta, 30 (36.6%) con infezione improbabile; 72
(75.6%) pazienti sono state trattate con spiramicina e 20 (24.4%) con
pirimetamina/sulfadiazina. La ACM-VPS fetale è risultato entro il range di normalità, per
epoca gestazionale, in tutti i feti. Ventuno bambini sono stati persi al follow-up. Nessun
neonato ha presentato anemia alla nascita. Nessun bambino è risultato infetto.
Conclusioni: Nella nostra casistica non è stato riscontrato nessun caso di alterazione della
ACM-VPS, sia nelle pazienti in trattamento con spiramicina che con
pirimetamina/sulfadiazina. In maniera corrispondente nessun bambino ha presentato
anemia alla nascita nonostante la terapia materna. Nessun bambino inoltre è risultato infetto
.L’input di questo piccolo studio vuole essere la futura individuazione di casi di anemia fetale
con possibile correlazione al trattamento prenatale con pirimetamina/sulfadiazina oppure
all’infezione congenita.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
VALUTAZIONE DELLE ARTERIE UTERINE NEI TRE TRIMESTRI DI GRAVIDANZA NEI
DISORDINI IPERTENSIVI DI ORIGINE PLACENTARE E MATERNOGENICA
Stampalija T1, Lo Bello L2, Monasta L3, Quadrifoglio M1, Cecotti V2, Ceccarello M1, D'Ottavio
G1, Ferrazzi E4
1
Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo Garofolo, Unit of Ultrasound and Prenatal
Diagnosis, Trieste
2
University of Trieste, Department of Medicine, Surgery and Health Sciences, Trieste Trieste
3
Institute for Maternal and Child Health, IRCCS Burlo Garofolo, Clinical Epidemiology and Public
Health Research Unit, Trieste
4
Buzzi Children’s Hospital, Department of Woman, Mother and Neonate, Biomedical and Clinical
Sciences School of Medicine University of Milan, Milan
Razionale: Nuove evidenze suggeriscono la presenza di due fenotipi distinti di disordini
ipertensivi (hypertensive disorders, HD) in gravidanza: di origine placentare e
maternogenica. Con il presente studio abbiamo voluto investigare i cambiamenti
longitudinali dell’indice di pulsatilità nelle arterie uterine (PI-Ut) nei tre trimestri di
gravidanza in donne che hanno sviluppato HD.
Materiali e Metodi: Questo è uno studio prospettico-longitudinale di pazienti arruolate
consecutivamente presso l’ospedale IRCCS Burlo-Garofolo di Trieste in occasione del test
combinato. È stato misurato PI-Ut e la biometria fetale nei tre trimestri. Dai registri
ospedalieri è stato raccolto l’outcome distinto in: 1) gravidanza fisiologica; 2) HD-placentare
definito come HD e restrizione di crescita fetale (IUGR); 3) HD-maternogenica, HD con
crescita fetale regolare; e 4) IUGR. È stato utilizzato Mann-Whitney test e i risultati sono
stati espressi come mediana corredata dall’intervallo interquartile.
Risultati: Sono state reclutate 1800 pazienti, di cui 14 HD-placentare, 49 HDmaternogenica e 47 IUGR. E’ stato possibile osservare un progressivo decremento di PI-Ut
nei tre trimestri in tutti i gruppi oggetto dello studio. I valori di PI-Ut nelle pazienti con HDplacentare è risultato essere significativamente superiore a tutti gli altri gruppi in tutti e tre
trimestri. Di seguito sono riportati i valori di PI-Ut nei tre trimestri: HD-placentare 2.17
(1.78-2.54), 1.3 (1.14-1.45) e 0.95 (0.8-1.22); gravidanza fisiologica 1,63 (1.33-2.01), 0.88
(0.74-1.04) e 0.68 (0.58-0.81); HD-maternogenica 0.68 (1.32-1.97), 0,94 (0.75-1.36) e 0.73
(0.63-0.95); IUGR 1.65 (1.45-2.00), 0.97 (0.82-1.18) e 0.76 (0.65-0.90), rispettivamente.
Conclusioni: Il nostro studio dimostra che nelle HD di origine placentare le resistenze
placentari, dovute verosimilmente ad un inadeguata trasformazione trofoblastica,
persistono fino al terzo trimestre di gravidanza a differenza delle HD di origine
maternogenica che sono pressoché sovrapponibili alle gravidanze fisiologiche. Questi dati
sottolineano l’importanza della classificazione fenotipica.
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Ostetricia - Flussimetria Doppler in Ostetricia
VALORI DI RIFERIMENTO DOPPLER VELOCIMETRICI IN DIVERSI SEGMENTI
DELL’ARTERIA CEREBRALE FETALE ANTERIORE E POSTERIORE IN GRAVIDANZE
PROTRATTE
Buongiorno S, Ciardulli A, Ciliberti P, Viggiano M, Tintoni M, Guariglia L
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
Razionale: Per lo studio della vascolarizzazione cerebrale fetale sono stati indagati, oltre
all’arteria cerebrale media (MCA), anche la cerebrale anteriore (ACA) e posteriore (PCA).
Obiettivo del presente studio è costruire valori di riferimento per l’ACA e la PCA tra 40+ 0/7
e 41+ 6/7 settimane ad integrazione delle tabelle di normalità riportate in letteratura fino a
40 settimane di gestazione.
Materiali e metodi: In 231 feti in gravidanze fisiologiche singole è stato valutato il pulsatility
index (PI) dell’ACA e della PCA dopo il termine della gestazione. Entrambi i vasi sono stati
studiati in 2 distinti segmenti (ACA1 e ACA2; PCA1 e PCA2) e l’andamento dei valori
ottenuti è stato valutato nei periodi esaminati (40+ 0/7 - 40+ 6/7; gruppo A, 128 casi e 41+
0/7 - 41+ 6/7; gruppo B, 103 casi). Il segmento ACA1 è stato ottenuto all’origine dalla
carotide interna nello stesso piano della MCA. Il segmento ACA2 è stato ottenuto
distalmente, tra la comunicante anteriore e l’arteria pericallosa. La PCA è stata rilevata nella
porzione posteriore del poligono del Willis, identificando la PCA1 e la PCA2 rispettivamente
prima e dopo la giunzione con la comunicante posteriore.
Risultati: Valori di normalità (media ±SD) sono stati ottenuti per i diversi segmenti delle
arterie studiate. Una vasodilatazione, statisticamente significativa con la sola eccezione per i
valori in PCA2, appare evidente con il progredire della gravidanza. [(ACA1=1.31 ±0.21 vs
1.23 ±0.16), (ACA2 =1.28 ±0.17 vs 1.23 ±0.14), (PCA1=1.24 ±0.16 vs 1.18 ±0.14) (p<0.01) e
(PCA=1.23 ±0.15 vs 1.20 ±0.15)]
Conclusioni: I nostri risultati in gravidanze protratte, sono sostanzialmente in linea con
quelli riportati in letteratura fino a 40 settimane, pur con valori inferiori di SD, e confermano
la tendenza ad una fisiologica vasodilatazione col progredire della gravidanza. Tali dati
appaiono utili valori di riferimento per il management della gravidanza protratta.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
STUDIO DELL’ANATOMIA FETALE E INDIVIDUAZIONE DI ANOMALIE MAGGIORI
NELLO SCREENING DEL PRIMO TRIMESTRE DI GRAVIDANZA: 10 SCANSIONI
STANDARD
Filardi G, Musone R, Fabbo A, De Simone S, Ciani V, Colosi E
Ospedale Misericordia Medicina della Riproduzione Grosseto
Razionale: Lo scopo del nostro lavoro è quello di convalidare l’utilizzo dell’ecografia del
primo trimestre non solo come screening per le anomalie cromosomiche, ma anche come
strumento in grado di individuare anomalie anatomiche fetali maggiori grazie all’uso di 10
scansioni standard.
Materiali e metodi: Il nostro è stato uno studio prospettico della durata di cinque anni, che
ha coinvolto pazienti con gravidanza singola che si sottoponevano a ecografia del I trimestre
per lo screening di cromosomopatie e alle quali è stata valutata l’anatomia fetale con
l’utilizzo di una ceck list prestabilita di scansioni ecografiche. Nel follow up sono state
previste un’ecografia al II al III trimestre come da protocolli della regione Toscana e la
valutazione dell’outcome neonatale.
Risultati: Nelle 5924 pazienti esaminate, la percentuale di malformazioni maggiori
riscontrata è stata dello 0,74%, molte delle quali sono state riscontrate al primo trimestre
(47.7%). E’ da notare che al primo trimestre, per le malformazioni relative alle strutture
neurologiche si è ottenuto una Detection Rate (DR) del 50%, mentre, per il tronco, il cuore e
lo scheletro si è ottenuta una DR leggermente inferiore (43,5%). Tutte le anomalie
anatomiche evidenziate al I trimestre rientrano nelle anomalie classificate come sicuramente
evidenziabili al I trimestre.
Conclusioni: L’ecografia del primo trimestre, avvalendosi di 10 scansioni standard, oltre che
ad essere un valido metodo di screening per cromosomopatie, riesce ad identificare molte
delle anomalie anatomiche maggiori.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
PENTALOGIA DI CANTRELL: UN CASO DI DIAGNOSI ECOGRAFICA IN PRIMO
TRIMESTRE
Di Cresce M, Maruotti GM, Saccone G, Fagioli R, Esposito G, Sarno L, Morlando L, Migliucci
A, Esposito FG, De Lorenzo LS, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA - UOC
Emergenze Ostetrichee Ginecologiche - AOU Federico II
Razionale: descrivere un caso di diagnosi ecografica di sospetta Pentalogia di Cantrell nel
Itrimestre di gravidanza.
Materiali e metodi: F.B., I gravida a 12 settimane + 3 giorni, è giunta alla nostra osservazione
per la valutazione ecografica della translucenza nucale. Nel corso dell’esame eseguito anche
con sonda trans vaginale è stata evidenziata una malformazione fetale complessa; in
particolare è stato osservato un voluminoso onfalocele per un difetto della parete anteriore
dell’addome. Attraverso il difetto di parete si è osservato erniazione di fegato ed anse
intestinali. Con l’ausilio del color doppler è stata inoltre confermata l’erniazione del cuore
attraverso un difetto del torace. Le due malformazioni a carico della linea mediana con
ectopia cordis ed onfalocele attraverso il difetto di parete addominale possono essere
suggestivi di una grave patologia quale la Pentalogia di Cantrell.
La biopsia dei villi coriali mostrò un carioipo fetale normale, con corredo cromosomico 46XY
Risultati: Successivamente, dopo attento counseling ostetrico e genetico, la paziente ha
optato per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Conclusioni: la pentalogia di Cantrell è una rara sindrome malformativa caratterizzata dalla
presenza delle seguenti anomalie: - difetto mediano sovraombelicale della parete
addominale; - difetto della parte anteriore del diaframma; difetto del pericardio
diaframmatico; - difetto dello sterno nella sua parte inferiore; - difetti intracardiaci congeniti.
La sua incidenza riportata oscilla tra 5.5 casi per 1 milione di nati vivi e 7.9 casi per 1 milione
di nati vivi. La sua tempestiva diagnosi, soprattutto grazie al miglioramento della qualità della
diagnostica ecografica, rende possibile un counselling adeguato già a partire dal I trimestre
di gravidanza.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
PATTERN ECOGRAFICI ANOMALI IN FOSSA CRANICA POSTERIORE NEL I TRIMESTRE
E OUTCOME FETALE
Volpe G1, Fanelli T2, Tempesta A2, Campobasso G2, Rembouskos G2, Passamonti U3, Volpe P2
1
U.O. Ostetricia e Ginecologia, Università degli Studi di Bari, Bari
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
3
U.O. Medicina Fetale, Ospedale Galliera, Genova
2
Razionale: Scopo del nostro studio è quello di descrivere l’aspetto ecografico dell’anatomia
delle strutture cerebrali contenute in fossa cranica posteriore in feti normali a 11-14
settimane, e di valutare l’outcome fetale quando uno dei tre spazi anatomici relativi al tronco
cerebrale, al 4° ventricolo e alla cisterna magna non è evidenziabile.
Materiali e Metodi: Abbiamo selezionato due gruppi di pazienti: un gruppo di controllo di
311 feti con un reperto ecografico normale e un gruppo di studio di 21 feti in cui uno dei 3
spazi anatomici sopra descritti non era evidenziabile. In tutti i casi è stata utilizzata la stessa
scansione usata per la valutazione della translucenza nucale .
Risultati: In tutti i feti in cui uno dei 3 spazi anatomici non era visualizzabile, era associata
una anomalia fetale severa ( Dandy-Walker complex, malformazione di Chiari II, cefalocele e
cromosomopatie). Nella maggior parte delle anomalie cromosomiche si rilevavano anche
altre malformazioni.
Conclusioni: Il nostro studio indica che il reperto ecografico in fossa cranica posteriore
caratterizzato dalla mancata visualizzazione di uno dei tre spazi anatomici non solo può
essere correlato alla presenza della malformazione di Chiari II, come già riportato in
Letteratura, ma anche di altre anomalie del tubo neurale come il cefalocele; inoltre sembra
rappresentare un importante fattore di rischio per le patologie cistiche della fossa cranica
posteriore e per le cromosomopatie.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
SIGNIFICATO DELLA PREVALENZA DELLE SEZIONI DEL CUORE FETALE NEL I
TRIMESTRE
Muto B, Fanelli T, Campobasso G, Rembouskos G, Volpe P
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Razionale: Valutare se la prevalenza delle sezioni del cuore fetale, evidenziata nella
scansione “4 camere” durante lo screening delle aneuploidie del I trimestre, può essere
considerata un segno precoce di cardiopatia.
Materiali e Metodi: In tutti i casi sottoposti a screening del I trimestre da Giugno 2012 a
Dicembre 2013 è stata eseguita una scansione 4 camere. In tutti i casi di sospetta
sproporzione, un operatore esperto in cardiologia fetale ha eseguito un’ecocardiografia
fetale a 15 - 16 settimane. Si è proceduto inoltre ad una dettagliata valutazione
dell’anatomia fetale ed è stato offerto lo studio del cariotipo fetale. Una ulteriore valutazione
ecografica a 19-21 settimane è stata eseguita nei casi in cui la gestazione è proseguita.
Risultati: Sono stati evidenziati 14 casi di sproporzione: 12 (85,5%) casi di prevalenza delle
sezioni cardiache destre, 2 (14,5%) delle sinistre. Otto casi presentavano anomalie
strutturali associate e in 7 di questi il cariotipo era anomalo. Due casi di sproporzione con
cromosomopatia hanno interrotto la gestazione prima della 14a settimana. In 9 (64%) casi di
iniziale sproporzione tra le camere cardiache a 16 settimane è stata diagnosticata la
presenza di una cardiopatia congenita (CC), inclusi 5 con cariotipo anomalo che nella stessa
data si sottoponevano ad interruzione di gravidanza. Le CC diagnosticate erano: coartazione
aortica (4), cuore sinistro ipoplasico (1), cuore destro ipoplasico (1), stenosi critica dell’arteria
polmonare (1), stenosi critica dell'aorta (2). Quattro dei suddetti 9 casi in cui la gravidanza è
proseguita hanno eseguito una ulteriore valutazione a 19-21 settimane e la cardiopatia è
stata confermata. Nei rimanenti 3 casi la sproporzione non è stata confermata a 16 e a 21
settimane.
Conclusioni: Il riscontro di una sproporzione nelle 4 camere cardiache a 11-14 settimane è
un importante fattore di rischio per CC e/o cromosomopatia (specie se associata ad altre
anomalie).
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
PATOLOGIA DELLA VALVOLA URETRALE POSTERIORE: CASE REPORT E UP-DATE
DELLA LETTERATURA
Falco ML1, Maruotti GM2, Graziano E2, Staiano S1, Mazzarelli LL2, Battista L1, Carbone L1,
Donadono V2, Martinelli P2, Tolino A1
1
2
Università degli Studi di Napoli Federico II, U.O.C. Ginecopatologia ed Ostetricia - Napoli
Università degli Studi di Napoli Federico II, U.O.C. Emergenze ostetriche e ginecologiche- Napoli
Razionale: descrivere diagnosi, possibili complicanze e management della patologia della
valvola uretrale posteriore (PUV) ( incidenza 1/8000-25000 nati), causa principale della
megavescica fetale. La PUV piò essere associata ad altre anomalie strutturali e
cromosomiche.
Materiali e metodi: paziente 38 anni II gravida I para giunta alla nostra osservazione a 13
settimane di amenorrea per la presenza di formazione circolare anecogena endopelvica da
riferirsi a megavescica. Il diametro vescicale massimo era 20mm. Nel corso dell’esame è stata
evidenziata la presenza di reni iperecogeni e moderato oligoamnios.
Risultati: La paziente ha eseguito valutazione del cariotipo fetale che non ha mostrato
anomalie numeriche né strutturali. Dopo counseling genetico la coppia ha optato per
interruzione della gravidanza.
Conclusioni: L’anomalo svuotamento delle vescica determina una sovradistensione delle vie
urinarie, con idro-uretero-nefrosi, danno renale ingravescente, oligo-anidramnios, ipoplasia
polmonare fino all’ insufficienza respiratoria neonatale nell’80% dei casi. I tassi di mortalità
perinatale sono quasi il 100% quando la funzionalità renale è compromessa; se è ancora
conservata, si può tentare una terapia decompressiva: cistocentesi e shunt vescicoamniotico presentano risultati deludenti. Mediante cistocentesi è possibile la valutazione
della funzionalità renale fetale tramite il dosaggio di elettroliti urinari e Osmolarità urinaria.
Un altro approccio terapeutico è l’ablazione (laser, diatermica o meccanica) delle valvole
uretrali per via cistoscopica, soprattutto dopo 18 settimane. L’outcome perinatale è
influenzato dal riconoscimento ecografico precoce di una dilatazione vescicale, diametro
longitudinale > 7 mm (Key-hole sign), e dall’epoca della correzione del difetto. Fattori
prognostici sfavorevoli sono rappresentati dalla displasia renale (presenza di cisti, cortex
renale iperecogena), aumento degli elettroliti e della beta2 microglobulina urinari,
oligoamnios severo ed esordio precoce. Il management in questi casi comprende
innanzitutto la determinazione del cariotipo fetale. E’ inoltre indicato un accurato studio
ecografico dell’anatomia fetale, onde diagnosticare eventuali alterazioni malformative
strutturali extraurinarie, presenti in circa il 30% dei casi.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
ACCURATEZZA DELL’ECOGRAFIA DEL PRIMO TRIMESTRE NELLA DIAGNOSI DI SPINA
BIFIDA: REVISIONE SISTEMATICA DELLA LETTERATURA
Rossi AC1, Prefumo F2
1
2
Ospedale della Murgia, OUC Ostetricia e Ginecologia, Altamura
Università di Brescia, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Razionale: revisione della letteratura sull’efficacia dell’ecografia a 11-13 settimane nella
diagnosi di spina bifida.
Materiali e metodi: ricerca in PubMed, EMBASE, Medline di articoli pubblicati tra Gennaio
2009 e Gennaio 2014 sulla diagnosi ecografica di spina bifida a 11-13 settimane. Parola
chiave utilizzate: spina bifida, first trimester ultrasound, intracranial translucency (IT),
prenatal diagnosis. Criteri di inclusione: ecografia eseguita a 11-13 settimane, diagnosi di
spina bifida nel primo trimestre basata su IT assente o diametro biparietale (BPD) <5°
percentile, IT valutata su sezione sagittale mediana, spina bifida confermata da ecografia del
secondo trimestre e/o esame postnatale, dati riportati come proporzioni.
Risultati: In 9 articoli, 44761 donne sono state sottoposte a screening a 11-13 settimane. La
spina bifida è stata diagnosticata all’ecografia del secondo trimestre e/o all’esame postnatale
in 187 feti, con una prevalenza di 4:1000. Il livello della spina bifida è stato toracico in 14 casi
(10,7%), lombare in 74 (57,1%), sacrale in 21 (16,1%), lombosacrale in 18 (13,8%),
toracolombare in 3 (2,3%); non specificato in 57 feti. La sensibilità dell’ecografia del primo
trimestre nell’identificazione della spina bifida è stata del 45,5% (85/187). Dei 187 casi di
spina bifida, 93 sono stati valutati mediante IT (49,7%), e 94 mediante BPD (50,4%).
L’assenza di IT ha identificato 50/93 (53,7%) casi di spina bifida, un BPD <5° percentile ne ha
identificati 35/94 (37,2%; p=0,028). In nessun articolo è stata riportata la visualizzazione
diretta della spina bifida nel primo trimestre.
Conclusioni: l’IT è in grado di identificare fino al 53% dei casi di spina bifida all’ecografia del
primo trimestre, e la sua sensibilità è superiore a quella del BPD <5° percentile.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
ACCURATEZZA DELL’ECOGRAFIA DEL PRIMO TRIMESTRE NELLA DIAGNOSI DI
ANOMALIE STRUTTURALI FETALI: REVISIONE SISTEMATICA DELLA LETTERATURA
Rossi AC1, Prefumo F2
1
2
Ospedale della Murgia, OUC Ostetricia e Ginecologia, Altamura
Università di Brescia, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Razionale: non c’è accordo in letteratura sull’accuratezza dell’ecografia del primo trimestre
nella diagnosi delle anomalie strutturali fetali.
Materiali e metodi: ricerca in PubMed, Medline, Embase, Cochrane Library di articoli
pubblicati tra Gennaio 2000 e Aprile 2011 sulla diagnosi ecografica di anomalie strutturali
fetali a 11-14 settimane. Parola chiave utilizzate: fetal anatomy, fetal echocardiography,
nuchal translucency, fetal structural anomalies, fetal malformations, prenatal diagnosis,
prenatal screening, and first trimester ultrasound. Criteri di inclusione: valutazione
dell’anatomia fetale eseguita a 11-14 settimane; diagnosi di anomalia strutturale confermata
all’ecografia del secondo trimestre. alla nascita, o all’esame autoptico.
Risultati: Sono stati identificati 19 articoli con un totale di 72821 feti; di essi, 957 sono
risultati affetti da anomalie strutturali (13 per 1000). La sensibilità complessiva
dell’ecografia del primo trimestre è stata di 472/957 (51%). La sensibilità più elevata è stata
riportata per le anomalie del collo (92%), mentre quelle degli arti (34%) e genitourinarie
(34%) sono risultate associate alla sensibilità più bassa. L’uso del Doppler, la presenza di
fattori di rischio o di anomalie multiple migliorano l’accuratezza dell’ecografia del primo
trimestre.
Conclusioni: a causa della storia naturale delle anomalie strutturali fetali, molte di esse non
vengono diagnosticate dall’ecografia del primo trimestre.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
DIAGNOSI ECOGRAFICA DI LIMB BODY WALL COMPLEX
Piazzese A1, Pace C1, Gaglioti P1, Oberto M1, Tandoi E2, Mastrurzo B1, Arduino S1, Sciarrone
A3, Todros T1, Viora E3
1
SCDU 2 Ostetricia e Ginecologia - Università di Torino AOU Città della Salute e della Scienza di
Torino
2
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia Università Degli Studi di Roma Tor Vergata
3
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Razionale: La sindrome Limb body wall complex (LBWC) è caratterizzata da gravi anomalie
multiple del feto (difetti della parete anteriore del corpo) e difetti degli arti, con o senza schisi
facciale, cordone ombelicale corto o assente ed inserzione addominale della placenta.
L’incidenza è di 1/14000 nati vivi ed ha un esito sfavorevole post natale. L'eziologia non è
nota e la diagnosi prenatale è possibile con l'ecografia nel I trimestre.
Materiali e Metodi: Valutazione dei casi diagnosticati presso il Centro di Ecografia
(Ospedale Sant’Anna, Torino) tra il 2011 e il 2014. Di ogni caso sono noti dati ecografici e
esito della gravidanza.
Risultati: La popolazione presa in esame è formata da 7 casi, di cui 1 gravidanza singola, 1
bigemina bicoriale biamniotica, 2 monocoriali biamniotiche e 3 monocoriali
monoamniotiche.
La diagnosi in 6 casi su 7 è avvenuta nel I trimestre.
In un solo caso la gravidanza è stata portata avanti per entrambi i gemelli (monocoriale
monoamniotica) ed è stata complicata da TTTS acuta (twin-to- twin transfusion syndrome) a
29 settimane di epoca gestazionale, con decesso del feto affetto in travaglio.
Nel caso della gravidanza bicoriale biamniotica è stata effettuata interruzione selettiva del
feto affetto nel I trimestre e la gravidanza si è conclusa a termine per il feto sano.
In tutti gli altri casi le donne hanno scelto di interrompere la gravidanza nel primo trimestre.
In tutti i casi è stato riscontrato un cariotipo fetale normale.
Conclusioni: La diagnosi ecografica di LBWC è possibile nel I trimestre di gravidanza. La
consulenza prenatale post diagnosi deve tener conto del fatto che si tratta di una anomalia
incompatibile con la vita per il feto affetto. In caso di gravidanza gemellare bisogna tutelare il
feto sano e valutare i rischi legati ad eventuale IVG in funzione della corionicità/amnionicità.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
CANALE ATRIOVENTRICOLARE COMPLETO TRA 11+0 E 13+6 SETTIMANE
GESTAZIONALI E PATERN ANOMALO DELLA TRICUSPIDE E DEL DOTTO VENOSO.
Rembouskos G, De Robertis V, Tempesta A, Campobasso G, Volpe P
Unità di Medicina Fetale, Ospedali Di Venere e Michele sarcone, Bari.
Razionale: Il canale atrioventricolare (CAV) è la cardiopatia congenita maggiore più
frequentemente associata allla Trisomia 21. La presenza di flusso anomalo attraverso
tricuspide e dotto venoso (DV) è stata associata con aneuploidie nonché con anomalie
cardiache. L’obiettivo del nostro studio è quello di valutare l’associazione tra CAV ed
anomalie del flusso attraverso la tricuspide e DV.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo, relativo agli ultimi 4 anni, dei casi con diagnosi di
CAV durante lo screening del I trimestre in una popolazione non selezionata (popolazione
generale e riferita per translucenza nucale - NT -aumentata) esaminata presso il nostro
centro. L’esame di screening è stato eseguito da operatori esperti in ecografia del I trimestre
ed ecocardiografia fetale. Lo screening comprende: valutazione della NT, dei marcatori
ecografici addizionali e delle 4 camere con outflow ed archi cardiaci. Tutti i casi di sospetto
CAV sono stati rivalutati da un esperto in cardiologia fetale (PV).
Risultati: Sono stati inclusi 24 casi con immagini diagnostiche di CAV completo. In 17 (71%) è
stata rilevata una cromosomopatia (12 trisomie 21, 4 trisomie 18, 1 trisomia 13) e 1
duplicazione della regione 8p23.1 evidenziata alla CGH array. In 14/24 (58%) casi è stato
riscontrato un rigurgito atrioventricolare (AVR). Il rigurgito AVR era presente nel 92% dei
feti con trisomia 21 (11 su 12). In 19/24 (79%) casi è stata riscontrata un’anomalia del DV (2
casi con agenesia e 20 con PI aumentato) senza differenza statisticamente significativa tra
feti con cariotipo normale ed anormale.
Conclusioni: La valutazione del flusso attraverso la tricuspide ha un alto potenziale nella
diagnosi prenatale della trisomia 21 con CAV associato. Il CAV ha un’alta associazione con
anomalia del DV indipendentemente dal cariotipo fetale.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
AGENESIA DEL DOTTO VENOSO TRA 11+0 E 13+6 SETTIMANE E RISCHIO DI
ANOMALIE GENETICHE: FATTORI PROGNOSTICI
Rembouskos G1, De Robertis V1, Volpe G2, Fanelli T1, Muto B1
1
2
Unità di Medicina Fetale, Ospedali Di Venere e Michele sarcone, Bari.
U.O.C. di Ginecologia ed Ostetrica, Università di Bari
Razionale: Esaminare l’associazione tra l’agenesia del dotto venoso (aDV), diagnosticata allo
screening del primo trimestre, e le anomalie genetiche.
Materiali e metodi: Studio prospettico della durata di 5 anni eseguito su 12,435 gravidanze
singole in una popolazione non selezionata (popolazione generale e riferita per NT
aumentata) con valutazione della translucenza nucale (NT) e del dotto venoso (DV). In caso
di aDV veniva studiato il decorso della vena ombelicale (VO). Nei casi di aDV in cui non è
stata eseguita diagnosi invasiva, la presenza di anomalie genetiche è stata valutata con
indagine post-natale (da 5 mesi a 4 anni di età).
Risultati: Sono stati inclusi 20 casi con esito noto. In 7 il decorso della VO era extraepatico e
nei restanti intraepatico. L’epoca gestazionale media era 12+3 settimane. La NT era
aumentata in 5 casi. Sono state riscontrate 4 cromosomopatie (23%) di cui 3 numeriche
(trisomie 21 e 13 e monosomia XO) ed 1 delezione 2p16. In tutti e 4 i casi la translucenza
nucale era maggiore del 95° centile; in tre casi il decorso della VO era intraepatico.
Conclusioni: La prognosi dei feti con diagnosi di aDV durante lo screening del I trimestre è
correlata con lo spessore della NT.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
REPERTI ECOGRAFICI AGGIUNTIVI NELL’ESAME STANDARD DEL II E III TRIMESTRE
SUCCESSIVI AD ESAME ANATOMICO PRECOCE DEL PRIMO TRIMESTRE
Pinto A, Morra C, Sorrentino S
Clinica Ruesch, Ruesch Thueris, Diagnosi Prenatale e Ginecologica, Napoli
Razionale: Valutazione dei reperti malformativi emersi nell’esame standard del II e III
trimestre in una popolazione a basso rischio, sottoposta ad esame ecografico anatomico
precoce del I trimestre.
Materiale e Metodi: Da luglio 2007 esaminata popolazione a basso rischio mediante
ecografia anatomica a 12-14 settimane con sonda transvaginale alta frequenza (12 Mhz).
Follow-up a 19-22 e 32-34 settimane e neonatale ad 1 anno. Sono stati esclusi markers per
cromosomopatie di I e II trimestre
Risultati: Popolazione analizzata 724 gravide;
Anomalie totali 71/724 casi (9,8%); malformazioni maggiori 45/724 (6,2%); malformazioni
minori 26/724 (3,6%).
La predittività di anomalie nel I, II, e III trimestre è stata rispettivamente:
Totali 28/71 feti (39,4%); 23/71 (32,4%); 18/71(25,3%);
Anomalie maggiori 20/45 (44,4%), 15/45 (33,3%), e 9/45 (20,0%);
Anomalie minori 8/26 (30,7%), 8/26 (30,7%) e 9/26 (34,6%).
Patologie diagnosticabili oltre il 50% dei casi nel I trimestre: acrania (100%), tetralogia Fallot
TOF (66%), canale atrioventricolare (100%), atresia tricuspide (100%); Megavescica
(100%),ureterocele (100%); labioschisi (50%), Agenesia radiale (100%); onfalocele (100%);
igroma cistico (100%); arteria ombelicale singola (100%).
Falsi negativi versus II trimestre: Agenesia Corpo calloso; Dandy-Walker; Difetti
interventricolari (80%) interatriali (66%), ventricolo sinistro ipoplasico, stenosi aortica, arco
aortico bovino (66,6%), interruzione vena cava inferiore.
Falsi negativi versus III trimestre: ostruzione uretero-pelvica (44%) varici vena ombelicale,
agenesia dotto venoso (50%),ostruzione vie respiratorie superiori.
Conclusioni: La predittività globale dell’esame anatomico per le anomalie maggiori è stata
del 44,4%, in linea con quella media di altri centri del 40,6%.
La valutazione delle patologie della fossa cranica posteriore e di quelle sottoencefaliche
permane indispensabile nel secondo trimestre, come anche per le patologie cardiache
valvolari.
L’esame del terzo trimestre riveste ruolo importante per le uropatie ostruttive, ureteropelviche (44%) e vascolari.
La capacità diagnostica di un esame anatomico avanzato nel 1 trimestre appare essenziale
per integrazione con le moderne tecniche genetiche (arrayCGH, MPS).
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel I trimestre
CASE REPORT: SETTO AMNIOTICO COMPLETO COSTRITTIVO
Volpe N, Lauriola I, D'Amato I, Kaihura CT, Cancemi A, Ghi T, Frusca T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Razionale: I setti amniotici sono strutture ecograficamente rilevabili durante la gravidanza,
di varia natura. Possono essere il risultato di sinechie uterine ricoperte da estensioni
dell’amnios e del corion, ovvero possono derivare da un anomalo sviluppo delle membrane
amniotiche. Ecograficamente appaiono come sepimenti incompleti o completi a seconda che
il margine distale sia fluttuante in cavità amniotica o raggiunga la parete uterina opposta. La
prognosi dipende dal possibile coinvolgimento di parti anatomiche fetali, o, in caso di setti
completi, dall’effetto costrittivo su feto o cordone. Presentiamo un caso di setto amniotico
completo, rilevato nel I trimestre, che comportato oligoidramnios e immobilizzazione del
feto.
Materiali e Metodi: analisi retrospettiva del caso alla luce del reperto istopatologico e
autoptico postabortivo.
Risultati: Paziente secondigravida, primipara, inviata a 12 settimane di gravidanza presso il
nostro servizio di diagnosi prenatale per riscontro di oligoidramnios precoce. In anamnesi un
pregresso taglio cesareo a termine. Alla valutazione ecografica si confermava la presenza di
un sacco gestazionale strettamente adeso al corpo fetale, pressoché immobile e in
iperflessione, con conseguente evidenza di liquido amniotico ridotto. Un sepimento, che
prendeva origine dalla parete uterina, apparentemente impediva la normale espansione
della camera gestazionale. Al successivo controllo ecografico, effettuato alla 16° settimana,
si confermava il quadro di grave oligoidramnios precedentemente rilevato, iperflessione e
movimenti fetali pressoché assenti. La paziente ha quindi optato per interruzione volontaria
della gravidanza. Il reperto autoptico ha confermato l’assenza di anomalie fetali associate.
Conclusioni: Un setto amniotico completo costrittivo può confinare il feto in una porzione
della cavità uterina, con aumentato rischio di outcome avverso. Pregressi interventi
sull’utero rappresentano un fattore di rischio predisponente, sebbene l’eziologia rimanga
spesso sconosciuta. Il riscontro ecografico di ridotti movimenti fetali con oligoidramnios fin
dal I trimestre ha un significato prognostico sfavorevole.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
L'AMNIOCENTESI MICROINVASIVA (M.I.A.- MICRO INVASIVE AMNIOCENTESIS)
Ghisoni L, Prada A, Castagna C, Mandia L, Crivelli M, Massari M, Cetin I
Ospedale Sacco, Clinica Ostetrico Ginecologica dell'Università di Milano
Razionale: l’amniocentesi è una procedura invasiva consolidata di diagnosi prenatale
eseguita a partire dalla sedicesima settimana di gestazione la cui tecnica standard è stata
descritta anche in un recente articolo da M.Cruz Lemini (Ultrasound Obstet Gynecol 2014;
44:727-731). Al fine di ottimizzare il prelievo di liquido amniotico, riducendo il fastidio ed i
rischi, viene proposta una tecnica modificata di esecuzione dell’amniocentesi, non descritta
precedentemente in letteratura, che prevede l’utilizzo di un doppio ago, un G 25 introdotto
all’interno di un G 20 che funge da guida esterna.
Materiale e metodi: l’amniocentesi microinvasiva viene effettuata con la medesima
preparazione rispetto a quella “tradizionale”. Dopo avere eseguito l’ecografia preliminare ed
avere individuato la tasca di liquido amniotico si procede all’introduzione dell'ago G 20 di
lunghezza appropriata rispetto alle spessore della parete addominale materna. L’ago viene
guidato fino alla superficie miometriale esterna ben evidenziabile con un’appropriato
ingrandimento dell’immagine ecografica. A questo punto l’ago G 25 viene introdotto
all’interno del G 20 attraversando il miometrio ed entrando nella cavità amniotica. Vengono
prelevati, attraverso un sistema vacutainer tra 10 e 15 cc. di liquido amniotico.
Risultati: sono state eseguite 30 amniocentesi microinvasive. In tutti i casi e’ stata ottenuta
una quantità di liquido amniotico sufficiente per l’analisi da effettuare. In tutti i casi il
prelievo è stato eseguito con successo alla prima inserzione del doppio ago. Non sono state
regsitrate complicazioni a breve-medio termine e le pazienti non hanno lamentato disturbi
nei giorni successivi al prelievo.
Conclusioni: i potenziali vantaggi dell’utilizzo di un ago di calibro inferiore per l’esecuzione
dell’amniocentesi introdotto all’interno di un ago di calibro superiore sono legati a nostro
avviso al non contatto diretto dell’ago che viene introdotto nella cavità amniotica con
superfici potenzialmente infette ed alla minore possibilità del verificarsi dell’effetto tenda
legata alla sezione inferiore dell’ago G 25 utilizzato.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
DESCRIZIONE DI UN PROGRAMMA DI FORMAZIONE VOLTO A FAVORIRE
L'ACCREDITAMENTO FMF DI PROFESSIONISTI IN PROVINCIA DI BOLZANO
Veneziano M, Verdi F, Braghetto M, Messini S
Centro Diagnosi Prenatale e Medicina Fetale, Reparto di Ginecologia ed Ostetricia, Ospedale di
Bolzano
Razionale: La performance di un test di screening dipende dalla standardizzazione della
metodica di laboratorio ed ecografica, mediante una procedura di accreditamento ed audit.
Nella nostra realtà, alcuni medici hanno eseguito traslucenze nucali sottraendosi all’audit
della FMF e della SIEOG utilizzando il calcolo del rischio fornito da un laboratorio. Da
quest’anno il laboratorio ha preferito refertare solo i dosaggi degli ormoni placentari.
Il momento era favorevole per offrire alcune giornate di istruzione pratica sulla traslucenza
nucale, presso il nostro Centro Diagnosi Prenatale, per accompagnare i Colleghi esterni nella
pratica di accreditamento.
Materiali e metodi: Un pomeriggio di ecografie eseguite in prima persona insieme ad una
delle operatrici del Centro permette ad ecografisti già formati e che abbiano già seguito il
corso online della FMF, di affinare le competenze per ottenere l’accreditamento. Trattandosi
di ecografisti già esperti, si ottiene rapidamente la standardizzazione della metodica, e si
migliora la performance del test. Contestualmente viene offerto al collega il sostegno
pratico nell’accesso al sito della FMF e nel processo di auditing. Grazie alla SIEOG, il nostro
Centro ha potuto dotarsi di un medico accreditatore, in modo da potere far sostenere nella
stessa sede la prova pratica prevista dalla FMF.
Risultati: Abbiamo osservato che in queste occasioni il collega, che si avvicina desiderando
ottenere accesso al calcolo del rischio per cromosomopatia, acquisisce competenze anche
per i markers accessori. La partecipazione al colloquio informativo sensibilizza sulla
necessità di una informazione esaustiva. In questo modo favoriremo l’accreditamento di 10
operatori.
Conclusioni: L’adulto apprende attraverso l’esperienza personale: comprende i suoi errori
nel contesto adatto, circondato dal rispetto degli altri professionisti. Le resistenze al nuovo,
presenti soprattutto nei professionisti più esperti, si modificano solo attraverso il
coinvolgimento in prima persona del discente.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
ALFAFETOPROTEINA SU SIERO MATERNO ELEVATA E RISCHI DI COMPLICANZE
MATERNO-FETALI: DIECI ANNI DI ESPERIENZA IN UN CENTRO DI III LIVELLO.
Dusini I1, Dall'Amico DC2, Grivon S1, Tancredi A1, Muccinelli E2, Sciarrone A3, Bastonero S3,
Gullino E3, Errante G3, Sdei S1, Alemanno MG3, Pagliano M1, Masturzo B3, Benedetto C1,
Viora E3,
1
SCDU I, Dipartimento Universitario di Scienze Chirurgiche. Ospedale Sant’Anna. Azienda
Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino
2
SS. Screening delle anomalie cromosomiche. Ospedale Sant’Anna. Azienda OspedalieroUniversitaria Città della Salute e della Scienza di Torino.
3
SSCVD. Centro di Ecografia e Diagnosi prenatale. Ospedale Sant’Anna. Azienda OspedalieroUniversitaria Città della Salute e della Scienza di Torino.
Razionale: L’alfafetoproteina è la principale proteina del plasma fetale, è prodotta dal sacco
vitellino embrionale e poi dal fegato fetale; a 15-20 settimane di gestazione è tipicamente
elevata nelle gravidanze con feti affetti da difetti di chiusura del tubo neurale (DTN) o della
parete addominale.
Scopo di questo studio è stato determinare ogni possibile associazione tra il riscontro di
elevati livelli di AFP su siero materno (MSAFP) non associati ad anomalie strutturali del feto
e complicanze materno-fetali.
Materiale e metodi: Tra il 2004 e il 2013 197.490 donne hanno effettuato lo screening per le
anomalie cromosomiche nel II trimestre presso il Laboratorio analisi dell’Ospedale
Sant’Anna di Torino. Di queste 2.159 hanno avuto un test positivo con il calcolo di un rischio
aumentato per DTN (MSAFP ≥ 2.5 Multipli di Mediana, MoM). Per 658 donne è stato
possibile raccogliere un follow up completo della gravidanza. I risultati di questi casi sono
stati confrontati con quelli di un gruppo di controllo di 2.115 donne con MSAFP compresa
tra 0.8 e 1.2 MoM.
L’analisi statistica è stata effettuata con il test di Mann-Whitney e il test Z mediante i
software SPSS® versione 22 ed EpiCalc 2000 versione 1.02.
Risultati: Il gruppo delle donne con MSAFP ≥ 2.5 MoM ha evidenziato un rischio aumentato
di complicanze materno-fetali tra cui: ipertensione indotta dalla gravidanza (PIH): 18.11% vs
1.37%, preeclampsia (PE): 10.23% vs 1.04%, ritardo di crescita intrauterino (IUGR): 18.11%
vs 0.80%, rottura prematura delle membrane (PROM): 28.34% vs 2.32%, parto pretermine:
31.04% vs 4.02% e basso peso alla nascita: 2659.14 g vs 3290.41 g.
Conclusioni: Il riscontro di livelli di MSAFP elevati al II trimestre non correlabili ad anomalie
strutturali del feto sono associati al rischio di complicanze materno-fetali e necessitano di un
più attento management della gravidanza.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
DALLA TRASLUCENZA NUCALE AL TEST INTEGRATO: ANALISI DELLA CASISTICA DI 15
ANNI ( 1999-2015) DELL’OSPEDALE VALDUCE DI COMO
Conturso R, Dallavalle C, Guzzetti L, Tenore A
Ospedale Valduce, UO Ginecologia e Ostetricia, Como
Razionale: valutare l’efficacia di uno screening ecografico eseguito secondo in criteri della
Fetal Medicine Foundation esteso a tutta la popolazione.
Materiali e Metodi: Dal 1999 abbiamo offerto la possibilità di effettuare a tutte le gravide
che si sono presentate presso i nostri ambulatori, tra la 11° e ka 13° settimana, una ecografia
effettuata secondo i criteri indicati dalla FMF, previo ottenimento del consenso informato
Dal 1999 al 2008 il rischio di cromosomopatie (T21, T18 E T13) è stato calcolato solo
mediante la misurazione della traslucenza nucale.
Dal 2009 ad oggi oltre alla misurazione della traslucenza nucale, per il calcolo del rischio,
abbiamo introdotto l’utilizzo della biochimica con il prelievo per l’analisi della PAPP-A e
della Free BHGG, eseguito presso il nostro laboratorio analisi con strumentazione approvata
dalla FMF e la ricerca di uno o più markers ecografici.
Il follow up è stato ottenuto direttamente dal registro della Sala Parto o mediante foglio
raccolta dati per le pazienti che hanno partorito in altre strutture.
Risultati: Dal 30/7/1999 al 10/3/2015 abbiamo eseguito complessivamente 22.730
ecografie.
Dal 1999 al 2008, con la sola misurazione della NT (13.336 pazienti), la detection rate per
laLA T21 è stata dell’87.5% con il 4.3% di falsi positivi.
Dal 2009 ad oggi, (9.394 pazienti) con il test integrato ed i markers, la detection rate è stata
del del 95% con il 3.7% di falsi positivi.
Conclusioni: L’ecografia di screening del I trimestre ha permesso di ottenere una elevata
detection rate per la T21. L’integrazione con la biochimica e i markers ecografici ha
ulteriormente migliorato l’efficacia del test.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
IL PRIMO TRIMESTRE AL CENTRO DI UN NUOVO MODELLO DI PERCORSO NASCITA
Ciani V, Fabbo A, Filardi G, De Simone S, Colosi E
Medicina della Riproduzione e Percorso Nascita, Grosseto
Razionale: Aumentare l’adesione delle pazienti al percorso nascita e alla visita del primo
trimestre, ridurre il numero dei primi accessi oltre le 12 settimane di gestazione. Individuare
più precocemente possibile il rischio ostetrico specifico di preclampsia, IUGR, parto
pretermine, diabete gestazionale, cromosomopatie e anomalie strutturali maggiori. Il fine è
quello di migliorare l’outcome materno fetale e razionalizzare le risorse.
Metodi: Lavoro prospettico a partire da Ottobre 2014 a Marzo 2015. Abbiamo costruito un
nuovo modello di percorso nascita che offre a tutte le gravide della provincia di Grosseto: a
8+0-10+0 settimane di gestazione un counselling seguito da prelievo per dosaggio di PAPPA, free beta hCG, PlGF e a 11+0-13+6 misurazione della pressione arteriosa media (MAP),
cervicometria, doppler arterie uterine, ecografia ostetrica, NT. Il calcolo del rischio è
effettuato con software della FMF.
Risultati: nel periodo in studio l’adesione al nuovo percorso nascita è stata maggiore del
90%. Delle donne reclutate, ad oggi circa il 15% è risultata nel gruppo a rischio e è stata
indirizzata a un percorso dedicato e seguita con protocolli specifici. Il gruppo a basso rischio
è stata invece indirizzata alle ostetriche territoriali per seguire il percorso di gravidanza
fisiologica
Conclusioni: La valutazione precoce del rischio di ciascuna gestante ha permesso di
individuare pazienti a basso rischio che seguiranno un percorso di gravidanza fisiologica,
gestito prevalentemente dalle ostetriche, e pazienti a rischio che seguiranno percorsi
dedicati e individualizzati in base al rischio individuato. Una tale organizzazione ha permesso
la razionalizzazione delle risorse ed un migliore impiego delle professionalità coinvolte con
un risparmio economico unito ad un miglioramento della qualità del servizio.
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Roma, 17-20 maggio 2015
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
MYOCARDIAL PERFORMANCE INDEX PER LA VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE
CARDIACA IN FETI CON TRANSLUCENZA NUCALE AUMENTATA ED IN FETI NORMALI
Accurti V, Muscatello A, Franchi V, Di Febbo G, Carta A, Carta G
Università degli Studi di L'Aquila, UOC Ginecologia ed Ostetricia a DU, Ospedale San Salvatore,
L'Aquila.
Razionale: Studi riguardanti la translucenza nucale hanno dimostrato che in feti con
cariotipo normale un suo aumento dovrebbe essere considerato un fattore di rischio
indipendente per malformazioni cardiache. È stato inoltre riscontrato che feti
cromosomicamente normali con NT aumentata presentano una regolare funzione sistolica,
ma indici diastolici alterati. Studi sulla funzionalità cardiaca hanno evidenziato che il
Myocardial Performance Index (MPI) rappresenta un indice di funzione ventricolare sia
sistolica, mediante il Tempo di Contrazione Isovolumetrica (ICT), sia diastolica, attraverso il
Tempo di Rilasciamento Isovolumetrico (IRT). Lo scopo dello studio è stato quello di
verificare la correlazione esistente fra l’alterata funzionalità diastolica e l’aumento della NT
mediante il MPI.
Materiali e Metodi: Sono state arruolate un totale di 66 pazienti in epoca gestazionale
compresa fra 11 e 13+6 settimane, con CRL fetale compreso fra 45 e 84 mm, inviate presso il
nostro Centro per esecuzione di test combinato (FMF). Tra queste un primo gruppo (A)
comprendeva feti con NT normale mentre un secondo gruppo (B) quelli con NT˃2,5 mm. In
tutti i feti è stato valutato il MPI mediante Doppler attraverso la valvola tricuspide. Di
ciascun dato ottenuto è stata calcolata la media e la deviazione standard e mediante
programma MATLAB è stato calcolato l’indice di correlazione fra IRT e NT in entrambi i
gruppi.
Risultati: La media del CRL è stata 65,26 mm (±7,9) con NT di 1,48 mm (±0,3) nel gruppo A e
rispettivamente 59,4 mm (±7,53) e 4,52 mm (±2,26) nel gruppo B. La media del IRT è stata
0,042 ms (±0,004) e 0,058 ms (±0,0007) rispettivamente nei gruppi A e B. L’indice di
correlazione è risultato 6% nel gruppo A e 42% nel gruppo B.
Conclusioni: Una alterata funzionalità diastolica miocardica potrebbe essere una concausa
dell’aumento della NT. Tale alterazione sembrerebbe poter essere confermata
precocemente attraverso la valutazione dell’IRT.
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Roma, 17-20 maggio 2015
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
CORRELAZIONE TRA ESITO FETO-NEONATALE E CONCENTRAZIONI SIERICHE DELLA
PROTEINA PLASMATICA–A ASSOCIATA ALLA GRAVIDANZA (PAPP-A) NEL PRIMO
TRIMESTRE DI GESTAZIONE
De Fazio R
SCDU 1 ginecologia e ostetricia -Dipartimento di Scienze chirurgiche - Università degli studi di
Torino
Dusini I
SCDU 1 ginecologia e ostetricia -Dipartimento di Scienze chirurgiche - Università degli studi di
Torino
Guaraldo V
SS Screening delle Anomalie cromosomiche – Dipartimento di Diagnostica clinica AOU Città della
Salute e della Scienza di Torino
Muccinelli E
SS Screening delle Anomalie cromosomiche – Dipartimento di Diagnostica clinica AOU Città della
Salute e della Scienza di Torino
Pavanello E
SS Screening delle Anomalie cromosomiche – Dipartimento di Diagnostica clinica AOU Città della
Salute e della Scienza di Torino
Grosso E
Genetica medica, dipartimento di medicina di laboratorio, AS città della salute e della scienza di
torino.
Naretto V
SS Screening delle Anomalie cromosomiche – Dipartimento di Diagnostica clinica AOU Città della
Salute e della Scienza di Torino
Sdei S
SCDU 1 ginecologia e ostetricia -Dipartimento di Scienze chirurgiche - Università degli studi di
Torino
Sciarrone A
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salutee della Scienza di Torino
Bastonero S
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salutee della Scienza di Torino
Gullino E
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salutee della Scienza di Torino
Benedetto C
SCDU 1 ginecologia e ostetricia -Dipartimento di Scienze chirurgiche - Università degli studi di
Torino
Viora E
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salutee della Scienza di Torino
Razionale: PAPP-A è una glicoproteina presente nel siero di donne gravide. La sua funzione
non è ancora definita pur essendone dimostrato il ruolo nei precoci processi angiogenetici di
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invasione trofoblastica.Clinicamente da circa 20 anni viene usata nello screening prenatale
essendo riconosciuta l’associazione tra PAPP-A bassa e la sindrome di Down.Recentemente
la letteratura ha ipotizzato l’associazione tra PAPP-A bassa e gravidanze complicate da:
aborto spontaneo, parto prematuro, basso peso alla nascita, ritardo di crescita,
ipertensione.Abbiamo identificato un percorso diagnostico per i casi di PAPP-A bassa
effettuando una consulenza genetica, ecografie di secondo livello a 18, 20 e 32 settimane ed
ecocardiografia fetale con lo scopo di confrontare l’esito di gravidanze con PAPP-A molto
bassa (<0,20 MoM) e PAPP-A normale (0.90 MoM < PAPP-A < 1.10 MoM).
Materiali e Metodi: Tra il 01/01/2011 e il 31/05/2014 abbiamo condotto uno studio
prospettico caso controllo selezionando 202 casi con PAPP-A <0,20 MoM e 408 controlli
con 0.90 MoM < PAPP-A < 1.10 MoM. Abbiamo incluso le pazienti con una CRL compresa
tra 40 e 80 mm e che han partorito presso il nostro dipartimento. Abbiamo escluso le
gravidanze gemellari. Abbiamo valutato: - l’esito feto-neonatale (aborto spontaneo, morte
endo-uterina, ITG, nati vivi); - l’epoca gestazionale al parto (< 34 settimane, 34-36settimane,
oltre 37 settimane); - la presenza di malformazioni feto-neonatali.
Risultati: Considerando le pazienti con screening negativo, cioè i casi in cui PAPP-A era
l’unico valorealterato, abbiamo osservato una differenza statisticamente significativa per:
ITG, parto < 34 settimane epresenza di malformazioni congenite di cui il 62 % interessano
l’apparato scheletrico
Conclusioni: L’aumentata incidenza del parto < 34 settimane può essere considerata
l’espressione fenotipica di un problema precoce di patologia vascolare dovuta ad un’alterata
angiogenesi. La forte associazione di malformazioni congenite, soprattutto scheletriche, è da
approfondire.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
APPROCCIO CONSAPEVOLE ALLA DIAGNOSI PRENATALE NON INVASIVA DEL PRIMO
TRIMESTRE. ESPERIENZA IN UN SINGOLO CENTRO E RISVOLTI PSICOLOGICI
MATERNI.
Viggiano M1, Vicidomini A1, Conte G2, Tintoni M1, Vidiri A1, Ciliberti P1, Scambia G1,
Cavaliere AF1
1
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento per la Tutela della Salute
della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente, Roma
2
Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A.Gemelli, Dipartimento di Neuroscienze, Istituto
di Psichiatria e Psicologia Clinica, Roma
Razionale: In molti paesi si include lo screening per rischio di cromosomopatie fetali del I
trimestre nei programmi di assistenza prenatale. La potenziale associazione tra screening e
ansia generata nella donna rimane un interessante dibattito aperto. Lo scopo del Nostro
studio è stato esaminare gli effetti psicologici sulla gestante che decide di eseguire un
approccio consapevole non invasivo alla diagnosi prenatale nel I Trimestre mediante Test
Combinato.
Materiali e metodi: Da marzo a settembre 2014, è stato condotto uno studio longitudinale
prospettico su un campione di 100 donne di età ³ 35 anni venute per effettuare Test
Combinato (secondo Fetal Medicine Foundation of London). Sono stati somministrati i
seguenti questionari: Stato-Trait Anxiety Inventory, Holmes e Rahe stress-Scale, BeckDepression Inventory, Symptom Checklist-90, Counselling test. Tali questionari sono stati
auto-compilati dalla paziente prima dell’esecuzione del Test Combinato e dopo consegna
dell’esito.
Risultati: Il numero di donne positive allo STAI-Y prima del test combinato è 38 (SD: 2,75);
dopo discussione dei risultati si riduce a 28 (SD: 3.14).
Non si è rilevato un effetto di rassicurazione nelle pazienti con preesistente stato ansioso
(4%), nonostante un basso rischio al test combinato. Tutte le pazienti hanno mostrato un alto
grado di soddisfazione per metodi utilizzati, approccio, counselling effettuato.
Abbiamo rilevato che tutte le pazienti erano ben informate circa il Test Combinato ma solo il
25% conosceva il test su sangue materno non invasivo di ricerca e analisi del DNA fetale
libero.
Conclusioni: La percentuale di pazienti positive per ansia è maggiore prima dell’esecuzione
del test combinato, riducendosi dopo consegna dei risultati.
Le donne con importanti livelli preesistenti di ansia non hanno ottenuto un effetto
rassicurativo e, nonostante l’esito a basso rischio del Test Combinato, hanno proseguito con
indagini invasive (amniocentesi).
Il test del DNA fetale libero su sangue materno non è ancora diffusamente noto.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
SCREENING DEL PRIMO TRIMESTRE: QUALE LIVELLODI COMPRENSIONE DA PARTE
DELLE PAZIENTI? L'ESPERIENZA DELLA SOC OSTETRICIA E GINECOLOGIA
DELL'OSPEDALE DI CUNEO
Pertusio A, Mellano R, Bono L, Volpi EO
SOC Ostetricia e Ginecologia, ASO S.Croce e Carle, Cuneo
Razionale: Il nostro lavoro è finalizzato alla valutazione del grado di comprensione delle
nozioni fondamentali dello screening del primo trimestre da parte delle Pazienti che vi
accedono.
Materiali e Metodi: L’indagine è stata effettuata tra il 1/5/2014 ed il 1/8/2014 presso l’ASO
S. Croce e Carle di Cuneo, sottoponendo a 201 pazienti in attesa di effettuare la misurazione
della NT un questionario composto da 22 domande a risposta multipla.
Risultati: L’83,6% delle donne dichiara di aver compreso il significato del test, contro il 16,4%
che non si ritiene soddisfatta dell’ informazione ricevuta: le donne italiane comprendono il
significato del test meglio delle straniere .
Tuttavia, il 15% dichiara che, in caso di esito negativo, il neonato non sarà certamente
affetto da Sindrome di Down, e solo il 13,5% ha compreso che il test non è in grado di
individuare la totalità dei feti affetti.
Secondo l’80% delle donne l’aborto è la principale complicanza della diagnosi invasiva, e
l’86,6% ha compreso che tale complicanza è indipendente dall’esito del cariotipo.
Se interrogate sul rischio post-test, il 41% ha correttamente compreso il rischio post-test di
Sindrome di Down in caso di esito positivo, ed il 27% in caso di esito negativo.
Inoltre, il 6,5% delle donne non terminerebbe la gravidanza in caso di esito patologico del
cariotipo.
Tali risultati sono indipendenti da età, parità e grado di istruzione. Nessuna differenza è stata
riscontrata tra donne che hanno ricevuto l’informazione dal Medico Specialista oppure da
un’Ostetrica
Conclusioni: Il livello di comprensione dei test di screening può essere migliorato: nostro
obiettivo sarà individuare uno strumento aziendale (colloqui informativi obbligatori
individuali o di gruppo) che permetta di completare la formazione delle Pazienti. Ci
proponiamo quindi di somministrare nuovamente il questionario in oggetto dopo un
opportuno intervallo di tempo per valutare l’efficacia del percorso di counselling attuato.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
ETÀ MATERNA, UNA INDICAZONE ANCORA ATTUALE ALLA DIAGNOSI PRENATALE
INVASIVA?
Lorenzi D1, Pozzi E1, Rampino M2
1
2
Azienda Ospedaliera di Pavia. Ospedale di Broni Stradella, Ginecologia e Ostetricia, Stradella (PV)
Istituti Ospitalieri di Cremona, Ginecologia Ostetricia, Cremona
Razionale: i test di screening prenatali ecografici (translucenza nucale) e biochimici (bi test),
vantano una migliore sensibilità e specificità rispetto alla sola età materna. Malgrado questo,
l’età rimane importante nonostante i rischi di perdita fetale ed gli alti costi. Scopo: valutare le
indicazioni per l’accesso all’invasiva nel nostro centro.
Materiali e metodi: studio osservazionale retrospettivo preliminare eseguito presso
l’ospedale di Broni-Stradella; sono stati analizzati 580 records di procedure invasive
prenatali (amnio/villocentesi) negli ultimi 6 anni. Lo studio rappresenta la fase iniziale di uno
più ampio, mirato all’analisi delle indicazioni nell’intero hinterland pavese. Le indicazioni
sono state codificate in gruppi:1 sola età materna; 2 test bi-test anomalo; 3 anomalie
ecografiche (malformazioni fetali, soft-marker, NT elevata) ; 4 anamnesi familiare su
indicazione del genetista; 5 infezioni (sieroconversioni da CMV e toxoplasmosi) ;6 richiesta
paziente-ansia materna.
Le pazienti con una doppia indicazione come età, più NT e/o biochimica, sono state
attribuite al secondo gruppo. I dati sono stati confrontati con l’esito dell’invasiva.
Risultati: l’età media è stata di 37 anni (da 19 a 48). Nel 78% la procedura è stata eseguita
esclusivamente per l’età. Restanti indicazioni: test combinato anomalo 6%; anomalie
ecografiche 4%; gruppo 4 1,7%; le infezioni prenatali il 5%; gruppo 6 6%.
Nel gruppo 2 (bitest positive), 24 pazienti su 36 avevano più di 35 anni; nel gruppo 3
(anomalie ecografiche) , 8 su 21 erano oltre 35 anni; complessivamente nel gruppi 4 e 5, 7
pazienti su 8 erano giovani.
Nel gruppo solo età materna ci sono stati 6 casi di trisomia (1%). Nei gruppi con indicazione
ecografica e biochimica 8% e 6%. Non ci sono state trisomie negli altri.
Conclusioni: questo studio conferma l’utilità degli screening ecografici e biochimici. Inoltre il
parametro “età” non giustifica il rischio di perdite fetali (2 casi risultati euploidi) e l’elevato
costo economico.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
TEST DI SCREENING PRENATALE DELLE ANOMALIE CROMOSOMICHE: L’ESPERIENZA
DELLA REGIONE PIEMONTE NEGLI ANNI 2007 - 2012.
Ruggeri V
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Viora E
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Muccinelli E
SS Screening delle anomalie cromosomiche – Dipartimento di Medicina di Laboratorio AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Mondo L
Servizio sovrazonale di Epidemiologia - ASL TO3 Regione Piemonte
Rusciani R
Servizio sovrazonale di Epidemiologia - ASL TO3 Regione Piemonte
Guaraldo V
SS Screening delle anomalie cromosomiche – Dipartimento di Medicina di Laboratorio AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Pavanello E
SS Screening delle anomalie cromosomiche – Dipartimento di Medicina di Laboratorio AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Dall'Amico D
SS Screening delle anomalie cromosomiche – Dipartimento di Medicina di Laboratorio AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Alemanno MG
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Bastonero S
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Errante G
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Gaglioti P
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Scali R
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Sciarrone A
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Todros T
SC2U Ostetricia e Ginecologia - Università di Torino AOU Città della Salute e della Scienza di
Torino
Razionale: Valutare i dati a disposizione relativi allo screening prenatale delle anomalie
cromosomiche in Piemonte, dal 01/01/2007 al 31/12/2012. Analizzare gli effetti legati
all’introduzione dell’Agenda di Gravidanza da gennaio 2010, in termini di diffusione e
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
compliance delle donne.
Materiali e Metodi: Analisi di Questionari CeDAP, Tracciati C elaborati dal Servizio di
Epidemiologia della Regione Piemonte ed Audit annuali prodotti dal Laboratorio Sant’Anna
di Torino negli anni 2007-2012.
Da ciascuna di queste 3 fonti si ricava il numero e la tipologia di test effettuati: test
combinato, test integrato e tri-test.
Risultati: Nel periodo in studio, il numero di nati/anno in Piemonte è pressoché costante:
107.608 nel triennio 2007-2009 versus 107.256 nel triennio 2010-2012. Il numero totale di
test di screening eseguiti nel nostro Laboratorio è stato di 132.143 di cui 63.280 nel primo
triennio e di 68.863 nel secondo triennio. Il numero di donne che hanno aderito alla proposta
di screening prenatale è aumentato di circa 9%, indipendentemente dalla nazionalità
(italiane o straniere) e dalla provincia di residenza Sono in aumento anche le donne con età
uguale o superiore a 35 anni che effettuano un test di screening passando da 4.310 nel 2007
a 6.695 nel 2012 con un incremento del 55 %. Il trend di diffusione di ciascuna tipologia di
test è analogo nelle 3 fonti utilizzate (CeDAP, tracciati C ed Audit del Laboratorio): il numero
di tritest eseguiti è in calo, mentre test integrati e combinati sono in aumento.
Conclusioni: L’utilizzo corretto dei codici di prestazione DRG, un’attenta compilazione dei
CeDAP e la centralizzazione del programma di screening prenatale regionale sono
indispensabili per migliorare la qualità della raccolta dati.
L’Agenda di Gravidanza ha avuto un impatto positivo sulla diffusione e compliance delle
donne alla proposta di screening prenatale delle anomalie cromosomiche.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
IMPATTO CLINICO DELL’ANALISI DEL DNA LIBERO NEL SANGUE MATERNO NELLA
POPOLAZIONE AD ALTO RISCHIO DOPO TEST COMBINATO
Boito S
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’,
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università di Milano
Rembouskos G
Unità di Medicina Fetale, Ospedali Di Venere e Michele Sarcone, Bari
Periti E
Struttura Semplice di Diagnosi Prenatale, Presidio Ospedaliero Piero Palagi, Azienda Sanitaria
Firenze.
Ischia B
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’,
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università di Milano
Baffero MG
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’,
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università di Milano
Fabietti I
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’,
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università di Milano
De Robertis V
Unità di Medicina Fetale, Ospedali Di Venere e Michele Sarcone, Bari
Cordisco A
Struttura Semplice di Diagnosi Prenatale, Presidio Ospedaliero Piero Palagi, Azienda Sanitaria
Firenze
Fratini E
Struttura Semplice di Diagnosi Prenatale, Presidio Ospedaliero Piero Palagi, Azienda Sanitaria
Firenze
Persico N
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale
Maggiore Policlinico, Università di Milano
Fogliani R
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale
Maggiore Policlinico, Università di Milano
Volpe P
Unità di Medicina Fetale, Ospedali Di Venere e Michele Sarcone, Bari
Fedele L
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia ‘L. Mangiagalli’, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale
Maggiore Policlinico, Università di Milano
Razionale: Lo scopo di questo studio prospettico è di valutare l’impatto clinico dell’analisi
del DNA libero nel sangue materno in gravidanze a rischio dopo test combinato a 11-13
settimane.
Materiali e metodi: In tutti i casi afferenti presso i nostri Centri per l’esecuzione di un esame
invasivo in seguito al riscontro di un rischio combinato > 1 su 250 per trisomia 21, 13 o 18, è
stata eseguita una dettagliata valutazione ecografica fetale ed un prelievo di sangue materno
che è stato inviato presso il laboratorio Natera (Natera Inc., California, US) per la valutazione
del rischio per trisomia 21, 18, 13 e monosomia X.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Risultati: Tra i 259 casi esaminati, il test del DNA libero ha classificato come ad alto rischio
35/37 feti con trisomia 21, 13/15 con trisomia 18, 5/6 con trisomia 13, 2/3 casi di
monosomia X, 2/10 con altre aneuploidie e 0/188 feti euploidi. In questo gruppo, la
translucenza nucale (NT) è risultata > 3.5 mm nell’80% dei casi. Nel gruppo di gravidanze in
cui il test del DNA libero è risultato a basso rischio (n=192) o l’analisi non ha permesso di
fornire un risultato (n=10), la NT era > 3.5 mm in tutti i casi con trisomia 21, 18, 13 e
monosomia X, nel 37.5% dei feti con altre aneuploidie e nel 16.5% di quelli euploidi.
Conclusioni: L’analisi del DNA libero nel sangue materno può ridurre in maniera significativa
il numero di esami invasivi nella popolazione di feti a rischio dopo test combinato. Tuttavia, il
riscontro ecografico di una NT > 3.5 mm rimane un’indicazione sufficiente all’acquisizione
del cariotipo fetale poichè, per una percentuale di falsi positivi di circa l’1%, permette di
identificare casi con anomalie cromosomiche risultati a basso rischio o senza esito dopo test
del DNA libero.
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
TEST CONTINGENTE PER LO SCREENING DELLA TRISOMIA 21 CON “CELL-FREE DNA
TEST” SU SANGUE MATERNO IN REGIONE TOSCANA
Colosi E1, Torricelli F2, Periti E3
1
Centro Medicina della Riproduzione e Percorso Nascita, Ausl9 Grosseto
Diagnostica Genetica AOU Careggi, Firenze
3
Centro Unico Diagnosi Prenatale, Ospedale Palagi Firenze
2
Razionale: Valutare la capacità di screening per le trisomie maggiori del test combinato,
seguito da cfDNA test sviluppato e brevettato presso Diagnostica Genetica AOU Careggi di
Firenze in gravidanza che presentano un rischio di trisomia 21 compreso tra 1:11 – 1:1000.
Materiali e Metodi: A tutte gestanti toscane che effettuato il test combinato viene proposto
il seguente protocollo. Alle pazienti con rischio >=1:10 viene offerta un’indagine diagnostica
invasiva. Alle gestanti che hanno avuto un calcolo del rischio compreso tra 1:11 e 1:1000
viene offerto di effettuare il cfDNA test. La capacità e il costo dello screening con cfDNA test
è stato valutato servendosi di meta-analisi di studi clinici
Risultati: Attualmente sappiamo che la percentuale di test combinati positivi corrisponde al
7% dei test effettuati. Ogni 100.000 pazienti che eseguono il test vengono effettuate 700
amniocentesi, con la diagnosi di 300 trisomie 21 ed una spesa approssimativa di € 490.000 e
circa lo 0,5-1% di aborti. I test combinati con rischio >1:10 a cui viene effettuata
amniocentesi rappresentano il 0,9% e mentre i test a rischio compreso tra 1:11 e 1:1000, a
cui può essere proposto il cfDNA, rappresentano il 15% dei test combinati effettuati.
Conclusione: Impiegare il cfDNA test come test contingente nel caso di rischio intermedio
permette di ridurre i rischi di aborto, contenere i costi delle indagini invasive e aumentare il
numero delle trisomie 21 individuate.
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
TRANSLUCENZA NUCALE AUMENTATA: DIAGNOSI, MANAGMENT ED OUTCOME DI
148 CASI
Di Martino DD1, Grimaldi AS2, Zullino S2, Spaccini L1, Rustico MA1, Ferrazzi E2
1
2
Ospedale dei bambini V. Buzzi, Unità di Medicina Materno Fetale, Milano
Ospedale dei bambini V. Buzzi, Unità di Medicina Materno Fetale, Milano, Università di Milano
Razionale: Il ruolo della traslucenza nucale (NT) nello screening delle anomalie
cromosomiche è ormai noto. Inoltre, una NT aumentata può essere associata ad un ampio
spettro di anomalie strutturali, sindromi genetiche ed esito perinatale sfavorevole.
L’obiettivo di questo studio è stratificare il rischio di tali condizioni sulla base del valore di
NT.
Materiali e Metodi: Studio prospettico sui casi di NT≥95° percentile osservati nel periodo
2012-2014. Sono stati considerati due gruppi: NT 95°-99° (n=39, Gruppo 1) e NT≥99°
(n=105, Gruppo 2). E’ stata sempre proposta la diagnosi prenatale invasiva (DPI) e uno studio
ecografico ed ecocardiografico dettagliato a 15-17, 20-22 e 30-32 settimane. Gli esiti
neonatali sono stati raccolti dalle cartelle cliniche e mediante follow-up telefonico.
Risultati: Sul totale di 2091 test combinati eseguiti nel periodo considerato, 148 (7%)
presentavano NT≥95° percentile. Il cariotipo, eseguito in 144 casi (97%), è risultato
patologico in 69 (48%) casi. In particolare, nel Gruppo 1 sono risultati patologici 8/39 (20%)
cariotipi eseguiti e nel Gruppo 2 61/105 (58%).
Considerando i casi con cariotipo normale, si sono rilevate anomalie strutturali in 3/31 (10%)
feti del Gruppo 1, e in 12/44 (27%) del Gruppo 2.
Sindromi genetiche si sono documentate in un caso nel Gruppo 1, e in quattro casi nel
Gruppo 2.
Una volta escluse le cause cromosomiche, la probabilità di sopravvivenza senza esiti è
risultata del 94% nel Gruppo 1 e del 70% nel Gruppo 2.
Conclusioni: Il rischio di anomalie cromosomiche e anomalie strutturali aumenta in modo
proporzionale all’aumentare del valore di NT. Inoltre il percentile di NT nel I trimestre
correla con l’esito neonatale.
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
TEST GENETICI PRENATALI NON-INVASIVI SU DNA LIBERO CIRCOLANTE NEL
PLASMA MATERNO: VALIDAZIONE E INTRODUZIONE NELLA ROUTINE DIAGNOSTICA
NEL SSR TOSCANO
Contini E1, Gerundino F1, Giachini C1, Benelli M1, Giuseppina M1, Colosi E2, Mazzi M3, Conti
A4, Periti E5, Giuliani C1, Sbernini F1, Marin F1, Frusconi S1, Torricelli F1, Pescucci C1
1
AOU Careggi, SOD Diagnostica Genetica, Firenze
AUSL 9, Centro Medicina della riproduzione e percorso nascita, Grosseto
3
AUSL 9, Genetica medica, Grosseto
4
Università Federico II, Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche, Napoli
5
O. Palagi, Centro Unico Diagnosi Prenatale, Firenze
2
Razionale: Lo screening non invasivo delle aneuploidie fetali (NIPT) – eseguito analizzando il
DNA fetale circolante presente nel plasma materno – si sta diffondendo velocemente, dati gli
elevati livelli di sensibilità/specificità emersi dai trials clinici (>98%); tuttavia in Italia viene
effettuato solo in ambito privato e spesso senza un’adeguata consulenza genetica. Il nostro
obiettivo è stato quello di validare una metodica di Sequenziamento Massivo in Parallelo
(MPS) per la NIPT delle principali aneuploidie fetali (T21, T13, T18), per introdurla nella
routine diagnostica.
Materiali e Metodi: Dal 2012 sono state reclutate oltre 2000 donne alla 9-12° settimana di
gestazione. Ai fini della validazione della NIPT, è stata selezionata una casistica (n=411)
arricchita di casi positivi per aneuploidie. I campioni di DNA estratto da plasma materno
sono stati sequenziati in cieco mediante MPS whole genome a basso coverage. I campioni
con almeno 10 milioni di reads sono stati considerati idonei per l’analisi bioinformatica. I
risultati sono stati confrontati con i dati della DP invasiva (se eseguita) o con il follow-up alla
nascita. La valutazione della frazione di DNA fetale, necessaria per valutare l’idoneità del
campione ed evitare falsi negativi, è stata eseguita con Digital PCR.
Risultati: Dei 411 campioni sequenziati, 371(90,3%) sono risultati idonei per l’analisi
bioinformatica; 52 erano positivi per aneuploidie (39 T21, 6 T13, 7 T18). La specificità del
test è risultata: >99.9% per T21, 98,4% per T13 e 99,6% per T18; la sensibilità >99.9% per
tutte e tre le aneuploidie analizzate.
Conclusioni: Data l’elevata accuratezza del test, questo screening è stato introdotto nella
routine diagnostica (SOD Diagnostica Genetica, AOUC Firenze), a partire dalla 10°
settimana di gestazione. Ad oggi hanno eseguito il test 108 donne in gravidanza, dopo
un’accurata consulenza pre-test. E’ in fase di definizione il percorso clinico che integri NIPT
con i test di screening/diagnosi prenatale convenzionali.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
MODALITÀ DI EROGAZIONE E RISULTATI NELL'APPLICAZIONE SISTEMATICA DEL
TEST COMBINATO COME VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ANOMALIA
CROMOSOMICA IN TOSCANA
Conticini S
Centro Unico Diagnosi Prenatale Palagi Firenze
Nannini S
Centro Unico Diagnosi Prenatale Palagi Firenze
Cordisco A
Centro Unico Diagnosi Prenatale Palagi Firenze
Colosi E
UO Medicina della Riproduzione Grosseto
Luchi C
UO Ostetricia e Ginecologia Pisa
Scognamiglio P
ASL 3 Pistoia
Pasquini L
AOU Careggi Firenze
Severi F
UO Ostetricia e Ginecologia Siena
Paoletti E
UO Ostetricia e Ginecologia Empoli (Fi)
Giorgi L
UO Ostetricia e Ginecologia Prato
Piazzesi G
USL 7 Poggibonsi (Siena)
Innocenti S
ASL 2 Lucca
Balderi M
ASL 12 Camaiore (Lu)
Vinciarelli E
ASL 7 Montepulciano (Si)
Periti E
Centro Unico Diagnosi Prenatale Palagi Firenze
Razionale: Verificare l'omogeneità dei percorsi assistenziali del test combinato in Toscana
Materiali e Metodi: Raccolta dei dati e dei risultati ottenuti nel periodo Gennaio2013Giugno2014;sono state confrontate le tipologie di metodo biochimico,l'epoca di esecuzione
del prelievo ematico,i marcatori biochimici utilizzati,il cut-off di positività del test,la figura
professionale coinvolta nella consegna del referto,l'eventuale valutazione del rischio di IUGR
o preeclampsia precoce,l'eventuale impiego di marcatori ecografici aggiuntivi.
Risultati: Hanno aderito alla raccolta dati 15centri(ASL Firenze,AOUCareggi Firenze,AOU
Pisa,AOU Siena,ASSLL
Arezzo,Grosseto,Massa,Viareggio,Pistoia,Empoli,Lucca,Livorno,Poggibonsi,Nottola,Prato)pe
r un totale di 35.477 gravidanze singole.
Il metodo biochimico è risultato il Kriptor/Dasit per 11 centri,PerkinElmer per 2,LaRoche per
1,altro metodo per 1.I marcatori biochimici utilizzati sono PAPP-A e FreeBetaHCG per
tutti,con l'aggiunta del PLGF da parte solo di AOUCareggi.Il cut-off utilizzato è stato
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unanimemente 1/250 al momento del test,utilizzando come rischio di base quello relativo
all'età materna al test.Il rischio intermedio(1/250-1/999)viene rivalutato con marcatori
ecografici aggiuntivi(come la visualizzazione dell'osso nasale)in 5 centri su 15.La consulenza
informativa è strutturata in fase pretest e post test in 4 centri su 15.L'incidenza globale di
falsi positivi è stata 1632 casi,pari al 4,6%,mentre la sensibilità nell'identificare i casi affetti
da anomalia cromosomica è stata del 94,9%,prendendo in considerazione non solo la
trisomia 21 ma tutte quelle diagnosticate,per un totale di 257.Tra queste 14(5,4%)non
rientravano tra le anomalie cromosomiche di cui il test combinato valuta il rischio(trisomia
21,18,13).Si sono rilevati 13 falsi negativi,(4,8%).
Conclusioni: Nonostante una certa diversità di applicazione della procedura nei 15 centri
aderenti,i risultati ottenuti sono in linea con quanto emerge in letteratura da parte dei
migliori centri di diagnosi prenatale.La sensibilità(95%)corrisponde a quanto ottenibile con
l'applicazione a tutta la popolazione dei test su DNA circolante fetale.Si conferma quindi
come primo step nello screening delle anomalie cromosomiche il test
combinato,ulteriormente migliorabile tramite omogeneizzazione delle procedure,mentre il
ruolo del cfDNA è da riservare ai casi dubbi al primo passaggio.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
DISTRIBUZIONE DEI VALORI DI NT IN RELAZIONE ALLA PATOLOGIA FETALE DI BASE
Pagani G, Stagnati V, Iuculano A, Mulas F, Floris M, Ibba RM, Monni G
Diagnosi Prenatale e Preimpianto, Terapia Fetale, Ospedale Microcitemico, Cagliari.
Razionale: La traslucenza nucale (NT) aumentata è un’espressione fenotipica riscontrabile in
diverse patologie fetali, dalle anomalie cromosomiche alle cardiopatie congenite. Ad oggi
tuttavia non esistono studi che confrontino la distribuzione dei valori di NT a seconda della
patologia fetale di base. L’ipotesi di questo studio è che a diverse patologie fetali
corrispondano diverse distribuzioni dei valori di NT.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo su tutte le pazienti con gravidanza singola afferite
per lo screening del I trimestre presso il nostro centro negli ultimi 10 anni. Sono stati definiti
4 gruppi di patologie:; a) feti con sindrome di Down senza cardiopatia, b) feti con sindrome di
Down e cardiopatia, c) feti con cardiopatia o altra trisomia, d) poliploidie. La distribuzione dei
valori di NT è stata valutata mediante la stima della densità sec. Kernel. Le distribuzioni son
state confrontate fra loro e rispetto a quella del gruppo di feti normali mediante test
ANOVA.
Risultati: In totale, sono state analizzate 66870 gravidanze. Di queste 352 (0,5%) erano
affette da sindrome di Down, di cui 80 (22,7% e 0,1% del totale) avevano una cardiopatia
maggiore associata, 482 (0,7%) avevano altre anomalie del cariotipo e 315 (0,5%) avevano
una cardiopatia congenita maggiore non associata ad alterazioni del cariotipo. La figura 1,
mostra la distribuzione dei valori di NT nelle varie classi. La distribuzione è risultata
significativamente diversa (p<0,001) in caso di presenza di cardiopatia associata a sindrome
di Down, rispetto alle altre classi.
Conclusioni: I dati di questo studio dimostrano come la distribuzione dei valori di NT sia
diversa in base alla patologia fetale, suggerendo un possibile effetto sinergico tra cardiopatia
ed anomalia cromosomica.
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Ostetricia - Screening sindrome di Down, Translucenza Nucale e biochimica, NIPT
IMPATTO DELLO SCREENING DEL PRIMO TRIMESTRE SULLA PERDITA FETALE POSTPROCEDURA IN DONNE CON INDICAZIONE ALLA DIAGNOSI INVASIVA PER ETÀ.
Pagani G, Iuculano A, Stagnati V, Mulas F, Floris M, Ibba RM, Monni G
Diagnosi Prenatale e Preimpianto, Terapia Fetale, Ospedale Microcitemico, Cagliari.
Razionale: L’età materna rappresenta in Italia una delle cause principali di accesso alla
procedura invasiva. Lo scopo di questo studio è stato valutare l’impatto dell’introduzione
dello screening del primo trimestre sulle perdite fetali post procedura invasiva in donne con
età ≥35 anni.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo su gravidanze singole in donne di età ≥35 anni
afferite presso il nostro centro per lo screening del primo trimestre negli ultimi 10 anni.
Nonostante il rischio di base > 1/250 preveda il diritto ad essere sottoposte a diagnosi
prenatale invasiva nei centri pubblici, ogni paziente inclusa nell’analisi si è sottoposta a
screening del I trimestre (sia NT che Test combinato). Sono stati valutati la riduzione del
rischio di base a valori <1/250, l’incidenza di diagnosi prenatale invasiva in pazienti con
rischio calcolato al primo trimestre < 1/250. Considerando un tasso di perdite fetali legate
alla procedura invasiva dell’ordine dello 0,3 %, è stato infine calcolato il numero di perdite
fetali post-procedura risparmiate.
Risultati: 23.778 pazienti sono state incluse nell’analisi. In 19896 (83,7%) casi, il rischio di
base si è ridotto a valori < 1/250 dopo esecuzione di test di screening del primo trimestre. Di
tali pazienti, 9024 (45,4%) hanno comunque optato per la diagnosi prenatale invasiva. In 45
casi (0,5%) è stata diagnosticata un’anomalia del cariotipo. In totale sono state risparmiate
10872 procedure invasive, per un totale di 32 perdite fetali potenzialmente evitate a fronte
di 54 anomalie del cariotipo non diagnosticate (per una prevalenza di 0,5%).
Conclusioni: I risultati di questo studio mostrano come una politica di screening del I
trimestre estesa alle donne over 35 possa ridurre l’accesso alle procedure di diagnosi
invasiva fino a 4/5 dei casi. Tuttavia, quasi la metà delle pazienti con un rischio calcolato
inferiore a 1:250 ha ricorso alla diagnosi prenatale invasiva.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
MANAGEMENT DI GRAVIDANZA SU SCAR: E’ SEMPRE NECESSARIO L’INTERVENTO
RADIOLOGICO?
Foti F1, Minneci G1, Forlani F2, Izzo T1, Di Liberto S1, Zizzo R1, Calì G1
1
2
ARNAS Ospedale Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
U.O.C. Ginecologia e Ostetricia ARNAS Ospedale Civico , Palermo
Razionale: Scopo del nostro studio è valutare l’efficacia del tamponamento intrauterino con
Foley come trattamento della gravidanza su scar (CSP) comparando due protocolli di
trattamento: uno con tale procedura e uno che prevedeva l’UAE (embolizzazione arterie
uterine).
Materiali e Metodi: Il nostro studio di coorte retrospettivo considera 30 pazienti con CSP,
che all’anamnesi presentavano amenorrea ed almeno un pregresso taglio cesareo, afferite
alla nostra Unità Operativa tra giugno 2010 e dicembre 2014. La diagnosi di CSP si basava
sui seguenti criteri ecografici: sacco gestazionale o placenta tra porzione istmica anteriore
uterina e vescica, impianto sulla cicatrice isterotomia, assottigliamento dello spessore
miometriale tra sacco gestazionale e vescica, aumento della vascolarizzazione sulla sede di
impianto placentare.
Dodici pazienti venivano trattate con: embolizzazione arterie uterine, infusione locale di
metrotrexate, isterosuzione, curretage. Diciotto trattate con: infusione locale di
metrotrexate, isterosuzione, curretage, tamponamento intrauterino con Foley. Tutte sono
state monitorate e si è registrata una stima di perdite ematiche e dei sintomi durante il
trattamento.
Risultati: Le pazienti arruolate presentavano: nove metrorragia; dodici asintomatiche, due
addominoalgie, sette algie pelviche e metrorragia. I due gruppi non presentavano
significative differenze in: età materna, parità, epoca gestazionale, intervallo di tempo tra
ultimo cesareo e CSP, livelli sierici di betaHCG, diametro maggiore del sacco gestazionale
pre-trattamento, perdite ematiche stimate, livelli sierici di betaHCG al quinto e settimo
giorno post-trattamento e tempo di risoluzione, giorni di ospedalizzazione, tempo di
scomparsa della CSP.
I nostri risultati mostrano che il posizionamento ecoguidato e il riempimento controllato del
Foley è un trattamento semplice per limitare complicanze emorragiche ed evitare rischi
chirurgici maggiori.
Conclusioni: L’embolizzazione delle arterie uterine, rispetto ad altre procedure, ha mostrato
alti tassi di successo per il controllo emorragico durante il trattamento, ma altra misura
emostatica alternativa è il tamponamento intrauterino con Foley, di cui il nostro studio ne
dimostra l’efficacia.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
VASA PREVIA E GRAVIDANZA: GESTIONE CLINICA E TIMING DEL PARTO
Di Cresce M, Saccone G, Mazzarelli LL, Maruotti GM, Simioli S, Quaglia F, Donadono V, Sirico
A, Tagliaferri S, Martinelli P
Dipartimento ad Attività Integrata Ostetricia, Ginecologia ed Urologia - UOC Emergenze
Ostetriche e Ginecologiche - AOU Federico II
Razionale: descrivere il decorso, la gestione e l’outcome di una gravidanza complicata da
insorgenza di vasa previa.
Materiali e metodi: A.M, secondi-gravida di 40 anni nella trentacinquesima settimana di
gestazione, è stata ricoverata presso l’A.O.U. – Federico II di Napoli. La nostra gestione è
stata basata su valutazioni cardiotocografiche, ecografiche e clinico-laboratoristiche
ripetute.
La diagnosi è stata confermata mediante esame ultrasonografico transvaginale (Voluson E8;
immagini allegate). Si è deciso di provvedere all’espletamento del parto mediante taglio
cesareo elettivo una volta raggiunta la trentottesima settimana di gestazione (37 settimane
+ 4 giorni), scongiurando così il pericolo del travaglio spontaneo.
Risultati: il corretto management della gravidanza ha permesso di far nascere un neonato di
sesso maschile e con score di Apgar rispettivamente di 8 e 9 ad 1 e 5 minuti. Tutti gli altri
paramenti fetali (peso alla nascita 2870gr ; lunghezza 49cm ; circonferenza cranica 35cm)
sono risultati nella norma. Ad oggi, al nostro follow-up neonatale, non risulta alcuna
complicanza rilevante.
Conclusioni: i vasa previa, sebbene rappresentino una complicanza relativamente rara in
gravidanza (incidenza riportata in letteratura tra 1/2000 ed 1/6000), possono complicare
seriamente il decorso della gravidanza stessa, andando dalla necessità di ricorrere al taglio
cesareo d’urgenza per il repentino peggioramento del benessere fetale, alla comparsa di
emorragia fetale potenzialmente letale, fino alla morte fetale. La corretta e tempestiva
diagnosi, il management accorto della paziente e la saggia scelta del timing del parto
rappresentano cardini insostituibili della corretta gestione di tali gravidanze.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
DIAGNOSI PRENATALE ECOGRAFICA DI ROTTURA IMMINENTE DI CORDONE
OMBELICALE CON ESTESA PSEUDOCISTI
Veneziano M1, Verdi F1, Messini S1, Favero G2
1
Centro Diagnosi Prenatale e Medicina Fetale, Reparto di Ginecologia ed Ostetricia, Ospedale di
Bolzano
2
Reparto di Ginecologia ed Ostetricia, Ospedale di Merano
Razionale: Anomalie cordonali (cisti o pseudocisti) lasciano i vasi del cordone privi di
sostegno e la trazione del cordone in occasione di giri intorno al corpo può causare la rottura
dei vasi con sanguinamento fino al decesso fetale. Spesso la diagnosi avviene solo dopo
avvenuta morte endouterina fetale.
Descriviamo un caso di estesa pseudocisti del cordone in cui è stata possibile la diagnosi
ecografica di imminente rottura del funicolo e l’estrazione cesarea del neonato vivo.
Materiali e metodi: La paziente, veniva inviata a 29 SG presso il nostro Centro per sospetta
anomalia del cordone ombelicale. I vasi cordonali apparivano avvolti per l’intera lunghezza
da una formazione cistica transonica di diametro di ca 2 cm, mentre non era visualizzabile
l’ecogenicità tipica della gelatina di Wharton. Tale cisti cordonale si restringeva bruscamente
a breve distanza dall’inserzione addominale e placentare. Il feto presentava IUGR lieve con
Doppler fetale nella norma. Si disponeva monitoraggio stretto CTG in regime di ricovero e
profilassi Bentelan.
Dopo una settimana comparivano sporadiche decelerazioni variabili al CTG e l’ecografia
dimostrava cordone strettamente avvolto intorno al corpo fetale e presenza di area ecogena
fluttuante all’interno della formazione cistica, interpretata come coagulo.
Si eseguiva taglio cesareo urgente per sospetta iniziale rottura dei vasi del cordone. Al
momento della estrazione podalica del feto, vivo e vitale, si osservava completa lacerazione
spontanea del cordone alla sua inserzione. Il brevissimo moncone veniva clampato
immediatamente.
Risultati: In casi selezionati di voluminose cisti del cordone, il monitoraggio serrato del
benessere fetale può rivelarsi utile per la prevenzione della morte intrauterina fetale. In
particolare appaiono sospetti la comparsa di immagini ecogene e di giri stretti intorno al
corpo fetale.
Conclusioni: In caso di formazioni transoniche di grandi dimensioni, valutare l’opportunità di
un monitoraggio fetale mediante ecografia e CTG seriati.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
DIAGNOSI ECOGRAFICA PRENATALE DELLA DISPLASIA MESENCHIMALE
PLACENTARE: ANALISI DI 4 CASI E REVIEW DELLA LETTERATURA
Tandoi E1, Parisi S2, Chiadò Florio Tin M3, Sciarrone A3, Gaglioti P3, Sdei S3, Petruzzelli P3,
Errante G3, Oberto M3, Pilloni E3, Comoglio F3, Masturzo B3, Alemanno MG3, Viora E3,
Todros T4
1
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia Università Degli Studi di Roma Tor Vergata
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città della Salute e della Scienza di Torino
3
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
4
SCDU 2 Ostetricia e Ginecologia - Università di Torino AOU Città della Salute e della Scienza di
Torino
2
Razionale: La displasia mesenchimale placentare (DMP) è una anomalia vascolare della
placenta (incidenza 0,02%). La diagnosi differenziale ecografica (ispessimento placentare,
lacune ipo-anecogene e dilatazione dei vasi coriali) va posta con la mola parziale. La DMP si
associa a cariotipo normale, più frequentemente femminile, e a livelli aumentati di AFP e
HCG. La diagnosi definitiva è istologica.
In letteratura sono disponibili pochi casi identificati in epoca prenatale. E' descritta una
associazione con ritardo di crescita intrauterino, morte intrauterina, parto pretermine,
pPROM, disturbi ipertensivi e sindrome di Beckwith-Wiedemann.
Materiali e Metodi: Presso l’Ospedale Sant’Anna di Torino dal 2009 al 2014 è stata posta
diagnosi ecografica prenatale di DMP in 4 casi, tutti confermati istologicamente. I parametri
analizzati sono: epoca gestazionale alla diagnosi, caratteristiche morfologiche placentari,
biometria fetale, dopplerflussimetria, livelli plasmatici di AFP e HCG, eventuale DPN, epoca
gestazionale al parto, modalità di parto, peso e sesso neonatale.
Risultati: Il sospetto ecografico è sempre avvenuto nel II trimestre: in tutti i casi il cariotipo è
risultato normale (in 3 casi è stato studiato il cariotipo fetale); valori elevati di AFP e HCG
sono stati evidenziati, rispettivamente, in 3 e 2 casi. Dopo counselling informativo una donna
ha richiesto interruzione della gravidanza. Nei restanti 3 casi è stato intrapreso un
monitoraggio ecografico e clinico; il parto è avvenuto a 34-36 settimane mediante taglio
cesareo con nascita di neonati di sesso femminile di peso compreso fra 10° e 50° centile. Si
sono verificati due casi di PROM ed un caso di IUGR.
Conclusioni: Una accurata valutazione placentare durante l’ecografia di screening del
secondo trimestre, può identificare un maggior numero di DMP in epoca prenatale. Questo
permetterà di ottenere maggiori informazioni sulla storia naturale e di aumentare la qualità
della consulenza prenatale, della gestione clinica ed ecografica per una ottimizzazione del
timing e modalità del parto.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
INVASIONE PLACENTARE ANOMALA: QUALE SCELTA CHIRURGICA?
Minneci G, Foti F, Forlani F, Di Liberto S, Izzo T, Zizzo R, Calì G
ARNAS Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: Al tradizionale trattamento dell’invasione placentare anomala (AIP) con
isterectomia, si affiancano tecniche conservative. Presentiamo la nostra esperienza al fine di
confrontare benefici e svantaggi dei vari approcci.
Materiali e metodi: Sono incluse nel presente studio retrospettivo le pazienti con diagnosi
ecografica di AIP trattate presso il nostro Istituto da gennaio 2004 a febbraio 2015.
Abbiamo considerato 4 gruppi:
- 50 pazienti sottoposte a isterectomia con inserimento intravascolare preoperatorio di
cateteri a palloncino per l’occlusione temporanea delle arterie iliache interne (A);
- 27 pazienti trattate con sola isterectomia (B);
- 4 pazienti con accretismo parziale trattate con embolizzazione delle arterie uterine e
conservazione dell’utero, lasciando in situ la porzione placentare infiltrata (C);
- 2 pazienti con accretismo parziale sottoposte a “Triple-P procedure”, con resezione della
porzione di miometrio invasa dalla placenta (D).
Outcome considerati: complicanze chirurgiche e perdite ematiche stimate.
Risultati: I gruppi A e B presentano pari perdite ematiche nei casi di accretismo, ma
differenze significative nei casi di placenta percreta. Le complicanze chirurgiche (lesioni
vescicali) hanno la stessa incidenza in tali gruppi e sono state tutte riparate durante lo stesso
intervento.
Nel gruppo C in 1 caso si è resa necessaria una seconda embolizzazione entro 24 ore.
Nel gruppo D in 1 caso l’intervento è stato convertito in isterectomia.
Conclusioni: Alle pazienti viene prospettata la possibilità di conservazione dell’utero con
placenta in situ, ma tale proposta non è accolta favorevolmente da donne pluricesarizzate,
con età media 35 anni e non desiderose di preservare la fertilità. Nella nostra esperienza,
l’isterectomia rimane il trattamento più frequentemente eseguito con outcome positivo.
Escludiamo la procedura Tripla-P nei casi di percretismo con invasione posteriore e laterale
dei parametri, ma ne valutiamo l’opportunità nei casi di accretismo parziale. Sottolineiamo,
quindi, l’importanza della diagnosi preoperatoria del grado di invasione placentare, al fine
della scelta terapeutica.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
GRAVIDANZA TRIGEMELLARE COMPLICATA DA PLACENTA PERCRETA
Zizzo R, Forlani F, Di Liberto S, Minneci G, Foti F, Izzo T, Calì G
ARNAS Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: Le anomalie dell’invasione placentare (AIP) costituiscono un tema emergente
nella patologia ostetrica. Con l’aumento del ricorso alle tecniche di PMA ci si chiede quale
possa essere l’impatto di questa patologia sulle gravidanze multiple in pazienti
precesarizzate.
Portiamo la nostra esperienza di una gravidanza tricoriale-triamniotica, in cui una delle tre
placente mostrava segni di percretismo, esplicitando l’iter diagnostico, operativo e i risultati
ottenuti.
Materiali e metodi: Lo studio si basa sulla revisione della letteratura e su un nostro caso.
Abbiamo compiuto una ricerca su PUBMED, riguardante i casi di AIP in gravidanze multiple.
Sono descritti pochi casi, e quelli riportati hanno avuto esito sfavorevole, sfociando spesso in
rotture d’utero in epoche gestazionali precoci.
Discussione: Paziente di 46 anni, IV gravidanza (FIVET) trigemellare, 3 pregressi tagli cesarei
(TC), giunge alla nostra osservazione alla 27ma settimana di gestazione.
La diagnosi di placenta percreta è stata posta secondo i criteri ecografici 2D e 3D.
E’ stato impostato follow-up clinico ed ecografico e pianificato modalità e timing del parto. Ai
controlli seguenti la diagnosi è stata confermata ed è stata osservata una progressione
dell’AIP, accompagnata a manifestazioni cliniche compatibili con preeclampsia lieve.
Alla 31esima settimana, in seguito a counseling multidisciplinare, si è deciso per
l’espletamento del parto dopo induzione della maturazione polmonare fetale.
Si è optato per TC previa mappatura placentare, con successiva isterectomia totale,
lasciando in situ la placenta sede di percretismo.
E’ stato seguito un protocollo preciso, che ha richiesto, oltre alla figura del ginecologo, la
collaborazione dell’urologo (posizionamento di stents ureterali), del radiologo interventista
(cateteri a palloncino nelle arterie ipogastriche), dei neonatologi e degli anestesisti.
La paziente non ha richiesto trasfusioni. Gli APGAR sono stati favorevoli.
Conclusioni: Il caso dimostra come l’utilizzo del counseling multidisciplinare, di un protocollo
collaudato e della radiologia interventistica rendano la gestione di percretismi in gravidanze
multiple assolutamente sovrapponibile ai percretismi in gravidanze singole.
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Roma, 17-20 maggio 2015
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
LIMITI ATTUALI NELLA DIAGNOSI DI CRETISMO PLACENTARE
Tintoni M1, Viggiano M1, Vidiri A1, Vicidomini AC1, Buongiorno S1, Rosati P1, Guariglia L1,
Valentini AL2, Gui B2, Miccò M2, Ninivaggi V2, Scambia G1, Cavaliere AF1
1
Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e
dell'Adolescente
2
Dipartimento di Scienze Radiologiche
Razionale: La diagnosi prenatale di placenta previa/accreta, determinante per migliorare
l’outcome gravidico, si basa essenzialmente su Ultrasuoni (US) e Risonanza Magnetica (MR) .
Lo scopo del nostro Studio è stato valutare i limiti delle tue tecniche nel definire presenza e
grado di cretismo.
Materiali e Metodi: Da Gennaio 2012 a Febbraio 2015 sono stati studiati 46 casi di
placenta previa ad Epoca gestazionale (E.G)≥ 30 settimane.
L’esame ecografico è stato effettuato da 2 esperti ecografisti applicando metodologia 2DUS (gray-scale, Power-Color Doppler) e 3D-US (multiplanare, angio- 3D e “body glass” e
VCI-A) per valutare:
- spazio ipoecogeno utero-placentare
- spessore miometriale
- interfaccia iperecogena tra sierosa uterina e parete vescicale
- lacune placentari
- aumentata vascolarizzazione con vasi tangenti alla superficie miometriale
L’esame MR è stato eseguito tra 32 e 36 settimane di E.G. da 2 esperti radiologi a cui non
era nota la diagnosi ultrasonografica.
La diagnosi definitiva è avvenuta al parto e mediante esame istologico.
Risultati: Sono stati osservati:
- 37 casi di placenta previa non accreta al parto: 1 caso diagnosticato come cretismo
mediante US ma non mediante MR ed 1 caso falsamente positivo sia mediante US che MR in
paziente con 3 pregressi tagli cesarei e prevalente inserzione placentare anteriore.
- 9 casi di placenta previa accreta (1 percrete, 1 increta, 7 accrete) (9 isterectomie): diagnosi
esatta in 9 casi mediante US versus 8 mediante MR
- 40% dei casi con impianto prevalente sulla parete anteriore, 40% posteriore, 20% senza
prevalenza di inserzione.
Conclusioni: La nostra esperienza ha mostrato che US e MR contribuiscono a false diagnosi
di cretismo , in particolare in caso di impianto anteriore con pregressi tagli cesarei. Dati
sono numericamente ancora insufficienti per una accurata analisi statistica ma
suggeriscono che se le 2 tecniche sono eseguite da operatori esperti non presentano falsi
negativi.
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Anomalie impianto placentare
ACCURATEZZA DELL’ECOGRAFIA NELLA DIAGNOSI DI ACCRETISMO NELLE PAZIENTI
CON PLACENTA PREVIA POSTERIORE
Pilloni E
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Alemanno MG
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Bastonero S
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Botta G
Servizio di Anatomia Patologica, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Errante G
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Gaglioti P
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Garofalo A
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Gullino E
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Sciarrone A
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Viora E
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Todros T
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Razionale: La placenta accreta è definita tale quando scompare la decidua ed il trofoblasto è
a diretto contatto con il miometrio, l’88% dei casi di placenta accreta risulta associato a
placenta previa.
Diversi studi dimostrano come la diagnosi di accretismo può essere effettuata mediante
l’ecografia, ma la maggior parte di questi analizza solo le placente anteriori.
L’obiettivo di questo studio è valutare l’accuratezza dell’ecografia nella diagnosi di
accretismo nelle placente previe posteriori.
Materiali e Metodi: 158 donne con placenta previa posteriore sono state valutate
ecograficamente (con metodica 2D e Color-Power-Doppler) dopo le 25 settimane di età
gestazionale nel periodo 2010-2014. E’ stata posta diagnosi di accretismo in presenza di
almeno 2 dei seguenti criteri: perdita della zona ipoecogena retro placentare, discontinuità
dell’interfaccia vescica-sierosa uterina, lacune turbolente, ipervascolarizzazione
dell’interfaccia vescica-sierosa uterina, perdita dell’arco vascolare parallelo al piatto basale e
vascolarizzazione irregolare intraplacentare.
La diagnosi definitiva è stata effettuata al momento del taglio cesareo o
dall’anatomopatologo in caso di isterectomia.
Risultati: 10/158 placente previe sono risultate essere accrete. In 5 casi è stata effettuata
isterectomia. Il sistema dei due criteri ha permesso di diagnosticare 6 placente accrete con
sensibilità 60 %, specificità 99%, valore predittivo positivo 85,7 % e valore predittivo
negativo 97,4 %.
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Conclusioni: I nostri dati dimostrano che la diagnosi di accretismo mediante l’ecografia è
possibile seppure con una bassa sensibilità (60%) a fronte di una elevata specificità (99%) con
elevato valore predittivo negativo. Tuttavia non esistono attualmente metodiche più
affidabili: la RMN risulta avere un’accuratezza sovrapponibile a quella dell’ecografia, a fronte
di costi maggiori. Anche la nostra casistica sembra confermare questi dati: in due casi di
placenta accreta è stata effettuata (successivamente all’ecografia che indicava un possibile
accretismo) la RMN con conferma di accretismo in un solo caso; inoltre un falso negativo
all’ecografia è risultato tale anche alla RMN.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
PLACENTA ACCRETA: DIAGNOSI PRENATALE, MANAGEMENT E COMPLICANZE
ASSOCIATE IN UN CENTRO DI RIFERIMENTO DI TERZO LIVELLO.
Morlando M, Maruotti GM, Di Cresce M, Saccone G, Migliucci A, Sirico A, Mazzarelli LL,
Esposito FG, Tagliaferri S, Fagioli R, Esposito G, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA
UOC Emergenze Ostetrichee Ginecologiche
AOU Federico II
Razionale: Il management della placenta accreta e’ gravato da una elevata incidenza di
complicanze. Il nostro scopo è di descrivere la diagnosi, il management e le complicanze in
donne con placenta accreta trattate presso un centro di terzo livello.
Materiali e metodi: Da gennaio 2006 a febbraio 2015 i casi con sospetto di placenta accreta
sono stati selezionati in base alla positivita’ dell’esame istologico e/o del riscontro
intraoperatorio. Dati relativi alle caratteristiche demografiche materne, alla diagnosi
ecografica, al management, alla diagnosi postoperatoria, alle complicanze materne, alle
trasfusioni effettuate ed ai giorni di degenza, sono stati analizzati in maniera retrospettiva.
Risultati: 43 casi sono stati osservati durante il periodo in esame. La mediana dell’eta’
materna e’ stata di 34 anni (IQR: 31-37.5), quella dei tagli cesarei pregressi di 2 (IQR:2-2). 39
donne sono state sottoposte ad isterectomia post-cesareo (90%). La diagnosi istologica ha
confermato: placenta accreta nel 16% dei casi, increta nel 21% e percreta nel 30%.
L’ecografia ha mostrato una sensibilita’ del 78% ed una specificita’ dell’8%. Il tasso di
complicanze e’ stato elevato, con il riscontro di lesione vescicale nel 27% della popolazione e
trasferimento in terapia intensiva nel 23%.La mediana delleunita’ di emoderivati trasfuse e’
stata di 6.5 (IQR: 4-9), e di 22 (IQR: 13-36) per i giorni di ricovero. Il numero di unita’ trasfuse
nelle pazienti dell’ultimo triennio in studio e’ risultato inferiore rispetto agli anni precedenti
(4.1 vs.7.9, p=0.01).
Conclusioni: Il management delle pazienti affette da placenta accreta e’ complicato da un
notevole tasso di complicanze. Affidare il management ad uno staffesperto nella gestione di
queste pazienti e’ cruciale per garantire un outcome ottimale.
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Ostetricia - Anomalie impianto placentare
PLACENTA CON COTILEDONE SUCCENTURIATO PREVIO ACCRETO. CASE REPORT.
Di Liberto S, Minneci G, Forlani F, Foti F, Izzo T, Zizzo R, Calì G
ARNAS Ospedale Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: La placenta accreta (PA) è un’anomala aderenza della placenta alla parete
uterina,viene classificata in placenta accreta, increta o percreta. L’incidenza di accretismo
placentare è aumentata in maniera esponenziale nel corso degli anni, parallelamente
all’incremento della quota di tagli cesarei.
Materialie metodi: L’ACOG ha segnalato un aumento di 10 volte negli ultimi 50 anni.I
pregressi tagli cesarei e l’età materna > 35 anni sono considerati tuttavia fattori di rischio
indipendenti per accretismo placentare. In particolare i criteri comunemente utilizzati
sono:l’assenza della zona ipoecogena retroplacentare tra miometrio e placenta (clear
space);le lacune vascolari placentari; l’assottigliamento o disorganizzazione della
delimitazione iperecogena fra sierosa e parete vescicale (“bladder line”).Il 3D power Doppler,
con la sua capacità di acquisire immagini multiplanari su piani coronali, assiali e sagittali e
mediante la tecnica rotazionale consente di visualizzare più accuratamente l’interfaccia
placenta-vescica permette un migliore studio del grado di invasione vescicale. E’ stato
proposto che il parto sia pianificato alla 34a-35a settimana di amenorrea ed in caso di epoca
gestazionale dubbia, previo accertamento della maturità polmonare fetale.
Risultati: Pz di29 anni gravida alla 28w di amenorrea , precesarizzata, giunta alla nostra
osservazione per ipertransaminasemia(Ast 207, ALT 278) ed ipertensione. L’ecoflussimetria
del cordone ombelicale ed il tracciato ctg era nei limiti mostrando buona reattività fetale.
L’ecografia transaddominale e transvaginale ha messo in evidenza normale biometria fetale
e normale liquido amniotico. La placenta era anteriore alta con cotiledone previo centrale
con forte sospetto di accretismo vs incretismo,per la presenza di notevole vascolarizzazione
della sede d’impianto , presenza di lacune vascolari, spazio ipoecogeno subplacentare e
bladder line a tratti interrotta.E’ stato eseguito consenso informato per accretismo
placentare, e stata eseguita profilassi per RDS con Bentalan.La gravidanza è in corso.
Conclusioni: L’obiettivo di questo case report è quello di porre molta attenzione alla regione
BUV ( Bladder, uteri, vagina) nella paziente precesarizzata.
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Ostetricia - Gravidanza iniziale
FLUSSIMETRIA DOPPLER DEL CORPO LUTEO ED EVENTI AVVERSI FETALI NEL PRIMO
TRIMESTRE DI GRAVIDANZA
Ricciardulli A, Santomauro MP, Giacci F, Marrone L, Gustapane S, Liberati M
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Razionale: L’obiettivo di questo studio prospettico è la valutazione degli indici flussimetrici
del corpo luteo nella predittività degli eventi avversi fetali nel primo trimestre di gravidanza.
Materiali e metodi: sono state inserite nello studio donne con Gravindex positivo (n = 275) e
con gravidanza intrauterina singola nel periodo compreso tra 5 settimane + 0 e 10 settimane
+ 6 gg di gestazione al controllo ecografico trans vaginale, di età media di 32,5 anni (range
18-43 anni). Sono state valutate e misurate le seguenti strutture: GS, CRL e sacco vitellino.
Sono state osservate le ovaie, per escludere la presenza di eventuali masse annessiali e per
identificare il corpo luteo. Posizionato il color/power-Doppler sul corpo luteo (“ring of fire”),
sono stati presi in considerazione PI e RI.
Risultati: L’incidenza di un esito negativo nella gravidanza precoce è risultato del 10,5%
(29/275; di cui 23 aborti spontanei e 6 gravidanze anembrioniche). L’aborto spontaneo è
esito negativo dipendente da ciascuno dei seguenti fattori: età materna avanzata, CRL più
piccolo, alto indice di resistenza del corpo luteo, aumentato rapporto CRL/sacco
gestazionale, aumentato rapporto sacco vitellino/sacco gestazionale. L’analisi statistica
effettuata sulla curva ROC ha rivelato che RI e PI sono altamente sensibili ed accurati nel
predire l’esito di una gravidanza anembrionica (83,33%), con un cut-off di 0,55 per RI e di
0,82 per PI.
Conclusioni: la funzionalità del corpo luteo e i livelli del progesterone prodotto, sono
strettamente dipendenti dalle caratteristiche del flusso vascolare. Nelle gravidanze
anembrioniche osservate, si sono riscontrati aumentati indici di resistenza e pulsatilità,
predittivi dell’esito negativo della gestazione, e gli stessi valori anomali sono stati associati
ad un deficit del progesterone e di funzionalità del corpo luteo gravidico, nelle donne con
difetto della fase luteinica.
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Ostetricia - Gravidanza iniziale
IMPATTO DELL'ETA' DELL'OVOCITA SULLA CRESCITA EMBRIO-FETALE IN
GRAVIDANZE DA PMA
Stagnati V, Mulas F, Pagani G, Iuculano A, Fratta S, Monni G
Diagnosi Prenatale e Preimpianto, Terapia Fetale, Ospedale Microcitemico, Cagliari
Razionale: L'età materna gioca un ruolo fondamentale nell'incidenza di complicanze
materno-fetali in gravidanze da procreazione medicalmente assistita (PMA).
Scopo dello studio è valutare se la crescita embrio-fetale nel primo trimestre possa essere
influenzata dall'utilizzo di ovociti/embrioni eterologhi da donatrici giovani, in gravidanze
ottenute mediante tecniche differenti di PMA.
Materiali e Metodi: Studio retrospettivo su gravidanze ottenute da PMA sottoposte a
ecografia di screening del primo trimestre dal 2005 al 2014 presso singolo centro. Sono
state escluse dall'analisi anomalie di cariotipo o struttura e gravidanze gemellari
monocoriali. Le gravidanze sono state datate sulla base del pick-up ovocitario. La lunghezza
cranio-caudale (CRL) e la traslucenza nucale (NT) sono state misurate e convertite in centili
sulla base dell'epoca gestazionale e del CRL, rispettivamente. I dati relativi a età materna,
gemellarità, CRL e NT >95° centile sono stati confrontati nei 3 gruppi: FIVET-ICSI omologa;
ovodonazione; embriodonazione.
Risultati: 791 feti da PMA sono stati inclusi nell'analisi, 652 (82,4%) da FIVET-ICSI omologa,
130 (16,4%) da ovodonazione, 9 (1,2%) da embriodonazione. L'incidenza di NT >95° centile
non è risultata significativamente differente nei 3 gruppi (p=0,35). Al contrario, i feti da
FIVET-ICSI omologa sono risultati avere un CRL significativamente più corto rispetto agli
altri 2 gruppi [46°centile(IQR33-57); 52°centile(IQR 42-71);52°centile(IQR 37-70);
rispettivamente per omologhe, ovodonazioni e embriodonazioni; p<0,001], nonostante l'età
materna risultasse significativamente inferiore in caso di FIVET-ICSI omologa [36anni(IQR
34-38); 44anni(IQR42-46); 43anni(IQR 42-46); rispettivamente per omologhe, ovodonazioni
e embriodonazioni p<0,001]. Il tasso di gemellarità era comparabile tra FIVET-ICSI
omologhe ed eterologhe, mentre non sono state riportate gravidanze gemellari dopo
embriodonazione.
Conclusioni: Nonostante un'età materna inferiore, in gravidanze da FIVET-ICSI omologa il
CRL al primo trimestre è significativamente inferiore rispetto a FIVET-ICSI da ovodonazione
o embriodonazione. Questi dati suggeriscono come l'età dell'ovocita possa essere un fattore
dirimente nella determinazione della crescita embrio-fetale nel primo trimestre, più dell'età
materna.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
STIMA DEL PESO FETALE IN SALA PARTO CON MISURAZIONE LINEARE DELLA COSCIA
FETALE
Iuriatti T, Zanini D, Zorzi C, Basile F, Ceccaroni M, Scioscia M
Dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Verona, Italia
Razionale: La stima ecografica del peso fetale (SEPF) è una informazione importante per la
gestione del travaglio e del parto. L’accuratezza delle formule attualmente in uso è
fortemente compromessa da una importante variabilità intra- e inter-osservatore
soprattutto in sala travaglio. La limitante principale è la misurazione di circonferenze (della
testa per impegno nello scavo pelvico e dell’addome per posizione fetale e contrazioni
uterine) in corso di travaglio di parto. Questo studio prospettico valuta l’attendibilità
dell’applicazione di una formula per la SEPF basata sulla misurazione lineare del tessuto
morbido (adiposo e muscolare) della porzione esterna della coscia fetale.
Materiali e metodi: La SEPF è stata effettuata in corso di travaglio su 71 donne a termine
con feto in presentazione cefalica utilizzando la formula in studio “Scioscia-2008” e
confrontata con due formule classiche (Hadlock-1985 e Shepard-1982). La correlazione con
il peso alla nascita è stato valutato con la correlazione di Pearson. L’errore è stato valutato
come differenza percentuale con segno e in valore assoluto tra SEPF e peso alla nascita.
Risultati: La mediana di peso neonatale era 3280g (range 2790-4060g). Tutte le formule
mostravano alta correlazione con il alla nascita (rispettivamente r 0.84, r 0.79 e r 7.78;
p<0.01) con una lieve tendenza alla sottostima (differenza percentuale media con segno
rispettivamente di -2.91, -4.88 e -4.01). L’errore assoluto medio (differenza tra SEPF e peso
alla nascita) era contenuto nel 10% in elevata proporzione (rispettivamente 91.5%, 85.9% e
87.3%).
Conclusioni: La formula in studio per la SEPF presenta una alta attendibilità di previsione per
lo meno quanto le formule classiche. La sua facilità di misurazione e l’esclusione di
misurazioni difficili da ottenere correttamente in travaglio la rendono particolarmente
indicata in sala travaglio sia per personale d’assistenza (medico e ostetrica) ecograficamente
esperto sia meno esperto.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
MISURAZIONE DELLA CICATRICE ISTEROTOMICA
PARAMETRO ECOGRAFICO NELLA VALUTAZIONE CLINICA DELLA PRECESARIZZATA
Rusconi C, Loffredo A, De Simoni M
OSPEDALE MORIGGIA-PELASCINI OSTETRICIA-GINECOLOGIA
GRAVEDONA ED UNITI
Premessa ed obiettivi: La scelta di ripetere un TC rispetto ad un parto di prova oltre che a
condizioni non mediche, si basa su valutazioni cliniche .
Vogliamo valutare se la misurazione ecografica dello spessore della cicatrice isterotomica
possa aiutare il clinico nella scelta delle donne a sottoporsi ad un parto di prova dopo
cesareo.
Materiali e Metodi: Dal 2011 al 2014 presso la nostra Divisione hanno partorito 979 donne
delle quali 112(11.5%)precesarizzate una volta .
Le nostre percentuali sec. le classi di Robson : 1(14%) 2a(19%)5(85.5%); di primo cesareo
13%.
In tutte le donne precesarizzate una volta , abbiamo eseguito la misurazione ecografica della
cicatrice isterotomica miometriale tra la 36 e 37 settimana .
La misurazione e' stata effettuata da due diversi operatori, a medio riempimento vescicale
con posizionamento della sonda addominale longitudinalmente ,eseguendo una media dei
valori.Sono stati raccolti per ogni donna le precedenti indicazioni al TC e l'anno di
esecuzione.
Risultati: Delle 112 donne ,70(62.5%)hanno scelto un TC ripetuto,42(37.5%)un parto di
prova e in questo ambito 23(55%)hanno avuto un parto vaginale , 19(45%) un TC.
Le misure rispetto all'anno del precedente cesareo : 1 anno (3mm).
Nei parti eutocici la media 3.2mm.
Abbiamo riscontrato :TC iterativi 5DIN(deiscenza incompleta a perimisio integro)tra 1.42.8mm,1DC(deiscenza completa a perimisio non integro con sacco +/- rotto)a 1.7mm;parti di
prova con TC 2DIN a 2.3 e 2.7mm,con parto vaginale 1DINE(deiscenza incompleta con
emorragia)isterectomia sub-tot. a 2.5mm.
Nelle indicazioni precedenti , unica evidenza il mancato impegno ,tutte terminate in TCe con
deiscenza in maggioranza ,anche nei TC iterativi.
Conclusioni: Riteniamo accettabile porre la definizione di : alto rischio <2.0mm,aumentato
<3.0mm ridotto >/= 3.0mm.
Aumentato se presente indicazione mancato impegno.
Questi dati vogliono stimolare studi randomizzati prima che, per decidere sulla sicurezza di
un parto vaginale di prova dopo cesareo,possa essere usata anche l'ecografia
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
PREDIZIONE DEL SUCCESSO DELL’INDUZIONE AL TRAVAGLIO DI PARTO MEDIANTE
L’UTILIZZO DELLA SONOELASTOGRAFIA CERVICALE
Accurti V1, Muscatello A1, Di Febbo G1, Di Nicola M1, Carra N2, Carta A1, Rizzo G2, Arduini
D2, Carta G1
1
2
Università degli Studi di L'Aquila, UOC Ginecologia ed Ostetricia, Ospedale San Salvatore, L'Aquila
Università Degli Studi di Roma, Tor Vergata, Roma
Razionale: L’induzione al travaglio di parto viene eseguita per indicazioni materne, fetali o
per entrambe anche in base alle condizioni ostetriche (Bishop score). Circa il 20% delle
induzioni ha come esito un taglio cesareo. Ci sono evidenze che la lunghezza cervicale, la
posizione dell’occipite fetale e le caratteristiche materne (età, epoca gestazionale, parità,
BMI) forniscano informazioni circa la predittività di un taglio cesareo. L’obiettivo del nostro
studio è stato quello di valutare l’utilizzo della sonoelastografia come metodica per predire il
successo nell’induzione del travaglio.
Materiali e Metodi: Abbiamo arruolato 79 pazienti sottoposte ad induzione (ossitocina o
prostaglandine) per diverse indicazioni tra Marzo 2012 e Febbraio 2013, alle quali è stato
eseguito un esame sonoelastografico e cervicometria preliminarmente all’induzione. Le
immagini sonoelastografiche sono state classificate mediante un Elastografic Index (EI) con
valori da 1 (soffice) a 5 (anelastica). I dati ottenuti sono stati analizzati mediante Pearson χ²
test e conseguente analisi multivariata con regressione logistica rispetto ad altre variabili
(età, parità, cervicometria). Infine è stata utilizzata la curva ROC per la validità diagnostica
dell’EI.
Risultati: Il χ² test ha fornito un p-value tale da confermale una relazione statisticamente
significativa tra EI e tipo di parto (p-value 7,767 e -05). L’analisi multivariata ha confermato
che EI di 4 o 5 (p:0,00509; p:0,00231), nulliparità (p: 0,00455) ed alti valori di cervicometria
(p: 0,06246) sono predittivi di taglio cesareo. Nella curva ROC l’area sotto la curva è stata di
0,88, valore molto significativo. Infine il cut-off del valore predittivo dell’EI è risultato ˃2 con
specificità dello 0,38 e sensibilità dello 0,92.
Conclusioni: La sonoelastografia potrebbe essere considerato un metodo obiettivo nella
predizione del successo dell’induzione del travaglio di parto.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
L'ANGOLO SOTTOPUBICO MISURATO MEDIANTE UN NUOVO METODO DI
ECOGRAFIA 3D E LA SUA CORRELAZIONE CON LA MODALITA' DEL PARTO
Salsi G
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Youssef A
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Montaguti E
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Cariello L
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Krsmanovic J
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Martelli F
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università di Tor Vergata, Roma, Italia
Pilu G
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Rizzo N
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Ghi T
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Razionale: Valutare la riproducibilità di una nuova tecnica di ecografia 3D di intensificazione
del contrasto (Oblique View eXtended Imaging: OVIX,Samsung) e della tecnica multiplanare
3D (MPT) nella misurazione dell'angolo sottopubico (SPA) in un gruppo di gravide a termine,
analizzando la concordanza fra i due metodi e la variabilità inter ed intra-operatore; studiare
la correlazione fra l’ampiezza dell’angolo sottopubico prima dell'inizio del travaglio e l'esito
del travaglio stesso.
Materiali e Metodi: Abbiamo acquisito un volume transperineale con ecografia 3D in
nullipare con gravidanza a termine prima dell'inizio del travaglio. Ogni set di dati 3D è stato
analizzato mediante gli algoritmi MPT e OVIX. L'angolo formato dai bordi inferiori dei rami
pubici (angolo sottopubico, SPA) è stato misurato due volte da un operatore ed una volta da
un secondo operatore per ogni tecnica al fine di valutare la riproducibilità intra ed interoperatore. La riproducibilità e l'accordo inter-metodo sono stati studiati per mezzo di
coefficiente di correlazione intra-classe e analisi Bland-Altman.
Risultati: N=145 donne. La misurazione dell’angolo sottopubico mediante OVIX ha mostrato
una riproducibilità eccellente intra-operatore ed inter-operatore. La tecnica MPT ha
mostrato una moderata concordanza intra-operatore e una buona riproducibilità interoperatore. La concordanza inter-metodo è risultata buona, ma le misurazioni effettuate con
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MPT appaiono significativamente più ampie rispetto alla tecnica OVIX.
Le modalità di parto sono risultate così distribuite: 83 parti spontanei, 62 parti operativi (40
cesarei e 22ventose). Lo SPA è apparso significativamente ridotto nelle donne sottoposte a
parto operativo rispetto a quelle che hanno partorito spontaneamente (116.8±10.3 vs
123.7±9.6°, P<0.001). Le curve ROC hanno mostrato una moderata accuratezza dello SPA
nella predizione dell’outcome.
Conclusioni: OVIX è una tecnica affidabile per la misurazione dell’angolo sottopubico. La
misurazione dello SPA mediante ecografia 3D transperineale prima dell'inizio del travaglio
sembra prevedere la probabilità di un parto operativo, ma non la durata del travaglio.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
ACCRETISMO PLACENTARE PARZIALE: DIAGNOSI ECOGRAFICA NEL TERZO STADIO
DEL TRAVAGLIO
Garofalo A1, Alemanno MG1, Gaglioti P1, Tandoi E2, Chiadò Fiorio Tin M1, Pilloni E1, Sochirca
O1, Viora E3, Todros T1
1
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia Università Degli Studi di Roma Tor Vergata
3
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
2
Razionale: La ritenzione placentare è un’importante causa di emorragia nel postpartum,
tuttavia, a tutt’oggi, non vi è consenso sul suo trattamento. L’accretismo placentare parziale
diagnosticato in paziente con placenta normoinserita, inoltre, riconosce gli stessi fattori di
rischio della placenta accreta su placenta previa.
Materiali e Metodi: 7 donne che hanno partorito tra il 2013-2014, hanno avuto un terzo
stadio del travaglio complicato da secondamento manuale incompleto e riscontro ecografico
di cotiledone residuo con aspetti di accretismo (perdita della zona sonolucente
retroplacentare e spessore miometrale <1mm). Di queste pazienti, 5 donne erano nullipare,
di cui 4 avevano avuto precedenti chirurgie sull’utero, e 2 donne erano pluripare, con
anch’esse pregressi interventi chirurgici sull’utero. Tutte le pazienti sono state sottoposte a
monitoraggio clinico-ecografico ed a controllo farmacologico delle perdite ematiche nelle
successive 24h dopo il parto.
Risultati: 4 donne hanno avuto <1000cc di perdite ematiche che si sono arrestate nelle 2h
dopo il parto; a 2 donne con >1000cc di perite ematiche è stato necessario il posizionamento
del pallone emostatico; una donna ha eseguito a 12h dal parto una revisione della cavità
uterina esitata in isterectomia peripartum per la persistenti perdite ematiche.
Successivamente alle dimissioni, è stato effettuato un follow-up ecografico ogni 2 settimane
dal parto: 3 pazienti hanno eseguito un intervento chirurgico di revisione a 4-6 settimane,
una volta constatata la quasi totale scomparsa della vascolarizzazione dei residui placentari;
nelle restanti 3 pazienti non è stato necessario nessun intervento chirurgico e si è
ecograficamente osservata la progressiva scomparsa dei residui placentari.
Conclusioni: Nel terzo stadio del travaglio complicato da secondamento manuale
incompleto e concomitante emorragia, una valutazione ecografica attenta è utile per poter
porre il sospetto di accretismo placentare parziale e permettere al clinico di scegliere una
condotta di attesa che nella maggior parte dei casi si associa a minor rischi materni e ad un
approccio conservativo, cruciale per il desiderio della paziente di future gravidanze.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
ARRESTO DEL SECONDO STADIO E POSIZIONE OCCIPITOPOSTERIORE: RUOLO
DELL’ECOGRAFIA NELLA MANOVRA DI ROTAZIONE MANUALE DELL’OCCIPITE
FETALE.
Masturzo B1, Piazzese A1, Paracchini S1, Roletti E1, Alemanno MG1, Chiadò Fiorio Tin M1,
Viora E2, Arduino S1, Gaglioti P1, Todros T1
1
SCDU 2 Ostetricia e Ginecologia - Università di Torino AOU Città della Salute e della Scienza di
Torino
2
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Razionale: l’arresto del secondo stadio del travaglio esita normalmente in parto operativo
(PO) o taglio cesareo. In feti in posizione occipitoposteriore (OP) il PO è correlato con una
maggior incidenza di complicanze materne e fetali. E’ noto che il successo della rotazione
manuale dell’occipite fetale (RMO) può esitare in una risoluzione del quadro di arresto del
travaglio e consentire un parto spontaneo (PS). In una casistica limitata abbiamo voluto
valutare se la conoscenza della posizione della colonna vertebrale fetale prima della
manovra di RMO potesse migliorare il successo della manovra e ridurre il numero di PO.
Materiali e metodi: presso l’ospedale S. Anna di Torino abbiamo valutato 24 primipare, a
termine di gravidanza, con arresto del secondo stadio del travaglio e feto in OP. In tutte è
stata tentata la manovra RMO. In 14 casi (gruppo A) non è stata eseguita un’ecografia atta a
fornire informazioni sulla posizione della colonna vertebrale fetale. In 10 casi (gruppo B) è
stata valutata la posizione della colonna vertebrale fetale (anteriore-laterale destra o
sinistra-posteriore).
Risultati: nei 2 gruppi non si sono registrate differenze significative per età e BMI materno,
peso fetale (2980 gr vs 3100 gr) ed Apgar al 5 minuto. Gruppo A: 3 PS e 11 PO, 11
episiotomie e 3 lacerazioni II-III grado. Gruppo B: 6 PS e 4 PO.; 6 episiotomie, 1 lacerazione I
grado, 3 perinei intatti. Il periodo espulsivo valutato dal momento del tentativo di RMO:
25’gruppo A vs 48’gruppo B (p>0.01). Le perdite ematiche: 328 ccl vs 155 ccl (>0.001).
Conclusioni: sebbene la casistica sia esigua e sia necessario aumentarla, la conoscenza della
posizione della colonna fetale prima di una RMO sembrerebbe correlarsi con una più’ alta
percentuale di PS e minori complicanze materne.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
ECOGRAFICA INTRA-PARTUM: RUOLO DEL DORSO FETALE NEL DETERMINARE LA
POSIZIONE OCCIPITALE E IMPLICAZIONI OSTETRICHE CORRELATE
Gizzo S1, Noventa M1, Vitagliano A1, Quaranta M2, Venturella R3, Esposito F1, Patrelli TS4
1
Universita degli Studi di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e Del Bambino, Padova, Italia
Universita degli Studi di Verona, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Verona, Italia
3
Universita degli Studi di Catanzaro, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Catanzaro, Italia
4
Ospedale Civile San Bortolo, Ginecologia ed Ostetricia, Vicenza, Italia
2
Razionale: Evidenze sempre più forti confermano come una presentazione fetale occipitoposteriore(OPP) durante il travaglio di parto sia associata a una lunghezza maggiore del
secondo-stadio, a tassi più elevati di episiotomia, a gravi lacerazioni perineali, ad
un’aumentata percentuale di parti operativi e di taglio cesareo. Obbiettivo primario del
nostro studio è stato di valutare il possibile ruolo della posizione della colonna vertebrale
fetale durante il primo e il secondo stadio del travaglio per determinare la probabilità di
presentazione OPP alla nascita. Obbiettivo secondario è stato quello di valutare le
implicazioni ostetriche (modalità di parto, lunghezza del travaglio, percentuale di analgesia)
della persistenza di presentazione OPP alla nascita.
Materiali e Metodi: Abbiamo condotto uno studio osservazionale di coorte in donne a
termine di gravidanza (fisiologica) con feto singolo in presentazione cefalica. Abbiamo
valutato: l’accuratezza dell’ecografia trans-addominale durante il travaglio nel predire l’OPP
fetale alla nascita, la possibile influenza della posizione della colonna vertebrale fetale nella
persistenza dell’OPP, l’andamento del travaglio, la richiesta di analgesia intra-partum, la
modalità di parto e il tasso di taglio cesareo(CS).
Risultati: l’accuratezza della posizione della colonna vertebrale fetale per predire l’OPP alla
nascita è stata alta al primo stadio del travaglio di parto. Durante il secondo stadio del
travaglio il tasso di CS(40,3%) e di parto-operativo(23,9%) è stato più alto nei feti OPP
rispetto a quelli occipito-anteriori (7% e 15.2% rispettivamente), in particolar modo nei feti
che presentavano la colonna vertebrale in posizione posteriore. Nei feti OPP e con colonna
vertebrale in posizione posteriore la lunghezza del travaglio e la richiesta di analgesia è
risultata superiore rispetto alle altre posizioni.
Conclusioni: La valutazione della posizione della colonna vertebrale fetale può essere utile
per il management ostetrico sia prima che durante il travaglio poiché risulta migliore
dell’OPP nel predire il successo o il fallimento del travaglio di parto.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
CORRELAZIONE TRA L’ANGOLO OCCIPITO-SPINALE E IL LIVELLO DELLA PARTE
PRESENTATA FETALE NEL PRIMO STADIO DEL TRAVAGLIO DI PARTO
Franchi L
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Mazzone E
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Krsmanovic J
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Azzarone C
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Bellussi F
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Azzerboni A
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Youssef A
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Rizzo N
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Pilu G
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Frusca T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Ghi T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Razionale: Durante il travaglio il feto va incontro a una progressiva flessione dell’estremo
cefalico per confrontare un diametro più favorevole alla discesa attraverso il canale del
parto. E’ possibile quantificare il grado di flessione della testa fetale in travaglio mediante
ecografia misurando l’angolo tra occipite e la colonna cervicale (Occipital Spine Angle o
OSA). Lo scopo di questo studio è valutare la correlazione tra l’ampiezza dell’OSA e il livello
della parte presentata.
Materiale e metodi: In questo studio osservazionale prospettico condotto presso
l’Università di Bologna e di Parma tra marzo 2014 e febbraio 2015 sono state incluse gravide
a basso rischio nella fase attiva del primo stadio del travaglio di parto (tra 3 e 6 cm
dilatazione). Nelle pazienti con feto in occipite anteriore e trasverso è stata eseguita
un’ecografia transaddominale misurando l’angolo compreso tra una linea tangenziale all’osso
occipitale e una linea tangente alla colonna fetale a livello cervicale (angolo OSA).
La misura dell’angolo è stata correlata con il livello della parte presentata valutato
clinicamente da un operatore indipendente.
Risultati: Nel periodo di studio sono state reclutate 117 pazienti nella fase attiva del I stadio
del travaglio: in queste la stazione fetale era a -3, -2 e -1 cm dal livello delle spine ischiatiche
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rispettivamente in 17 (14.5%), 79 (67.5%) e 21 (17.9%) casi.
Il valore mediano dell’OSA ha mostrato una correlazione diretta con il livello della parte
presentata mostrando valori significativamente maggiori nei casi con stazione più bassa
(119.3° stazione -3, 125.0° stazione -2 e 131.5° stazione -1; p value < 0.001).
Conclusioni: L’angolo occipito-spinale mostra valori significativamente maggiori in relazione
alla stazione fetale. Questo conferma che il grado di flessione della testa fetale aumenta
durante la progressione attraverso il canale del parto.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
CORRELAZIONE TRA L’ANGOLO OCCIPITO-SPINALE MISURATO NEL PRIMO STADIO
DEL TRAVAGLIO E LA MODALITA' DI PARTO
Krsmanovic J
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Azzarone C
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Bellussi F
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Azzerboni A
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Franchi L
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Mazzone E
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Youssef A
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Rizzo N
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Pilu G
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Frusca T
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Ghi T
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Razionale: E’ possibile quantificare il grado di deflessione della testa fetale in travaglio
mediante ecografia misurando l’angolo tra occipite fetale e la colonna cervicale (Occipital
Spine Angle o OSA). Lo scopo di questo studio è valutare la correlazione tra l’ampiezza
dell’OSA e stazione della testa fetale.
Materiale e metodi: In questo studio osservazionale prospettico condotto presso
l’Università di Bologna e di Parma tra marzo 2014 e febbraio 2015 sono state incluse gravide
a basso rischio nella fase attiva del primo stadio del travaglio di parto. Nelle pazienti con feto
in occipite anteriore o trasverso è stata eseguita un’ecografia transaddominale misurando
l’angolo compreso tra una linea tangenziale all’osso occipitale e una tangente alla colonna
fetale a livello cervicale (angolo OSA).
Tale misurazione è stata eseguita da due diversi operatori, in modo indipendente, per
valutare la riproducibilità intra e interoperatore. La misura dell’angolo è stata inoltre
correlata con la modalità del parto.
Risultati: Nel periodo di studio sono state reclutate 108 gravide, di cui 79 hanno avuto un
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parto spontaneo vaginale e 29 sono state sottoposte a intervento ostetrico (19 mediante
taglio cesareo e 10 mediante ventosa ostetrica). Il valore medio dell’OSA misurato nella fase
attiva del primo stadio è risultato 126,0 ± 9,8º.
Le misure dell’OSA hanno mostrato una molto buona concordanza intra- e discreta interoperatore (intraoperatore 0.857; 95% CI 0.797-0.900; interoperatore 0.774; 95% CI 0.670846).
L’OSA è risultato significativamente più piccolo nelle donne sottoposte ad intervento
ostetrico rispetto alle donne che hanno partorito spontanemente per via vaginale (122,4 ±
10,7º vs. 127,2 ± 9,4º; p<0,05).
Conclusioni: L’angolo occipito-spinale è un parametro riproducibile nella valutazione del
grado di deflessione della testa fetale. Inoltre valori più ristretti di OSA nel I stadio sembrano
predire il rischio di intervento ostetrico per distocia.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
DIAGNOSI DI NODO VERO DI CORDONE IN SALA PARTO: PRESENTAZIONE E
DISCUSSIONE DI UN CASO
Torcia F, Vitali M, Bruno G, Colicchio D, Schimberni M, Badia V
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
Razionale: Il riscontro di nodo vero di cordone ombelicale è evenienza rara. L’incidenza
varia dallo 0,3 al 2%. I fattori di rischio sono polidramnios, cordone lungo > 80 cm, diabete
gestazionale, monoamnioticità, multiparità, procedure invasive tipo amniocentesi, età
materna avanzata, poliabortività, obesità materna, gravidanza oltre il termine, anemia
materna. Si ritiene che la formazione possa avvenire fra la 9 e la 12 settimana di gestazione,
periodo in cui il liquido amniotico è presente in quantità relativamente abbondante. Sono
descritti casi di formazione di nodi veri in travaglio di parto. Tale reperto può decorrere
asintomatico o associare nell’11% morbidità perinatale ed aumento della frequenza di
morte intrauterina da 4 a 10 volte; altre complicanze sono oligoidroamnios, IUGR, taglio
cesareo. La diagnosi prenatale non è comune. In letteratura non sono descritti specifici
criteri diagnostici ecografici: alcuni autori ritengono non sia possibile diagnosticare un nodo
vero di cordone attraverso l’ecografia ed il color-doppler; altri affermano che un attenta
ecografia, supportato dal color doppler e/o dal 3D consenta una diagnosi precisa.
Materiali e metodi: Riportiamo il caso di una primigravida alla 39 settimana di gestazione,
ad inizio travaglio, con aspecifiche alterazioni del tracciato cardiotocografico (spikesvariabilità ridotta) che inducevano alla valutazione della velocimetria doppler. L’esame ha
evidenziato un’immagine decisamente sospetta per nodo vero di cordone.
Risultati: La Paziente, informata del sospetto diagnostico e dei possibili rischi , ha richiesto
l’espletamento del parto con t.c.. Il nodo vero di cordone è stato confermato e documentato.
Conclusioni: La diagnosi seppur casuale, è un’ulteriore dimostrazione dell’ausilio
dell’ecografia in sala parto a supporto delle tecniche utilizzate.
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Ostetricia - Ecografia in sala parto
INDUZIONE MEDICA DEL TRAVAGLIO DI PARTO NELLE GRAVIDANZE POST TERMINE:
STUDIO SUI TEMPI DI AZIONE DEL DINOPROSTONE E RUOLO DEL BMI
Rinoldo C, Mocera G, Vitrano G, Rizzo R, Venezia R
Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Palermo
Razionale: Impatto del tasso di accorciamento cervicale cervicometrico nella pre-induzione
del travaglio (IOL) di parto mediante Dinoprostone endovaginale nelle gravidanze posttermine e ruolo del BMI materno.
Materiali e Metodi: Studio descrittivo osservazionale su 23 pazienti, età compresa 22-36
anni, afferenti alla nostra U.O.C. dal Settembre 2014 al Marzo 2015, nullipare di 41+3/7 e
41+5/7 settimane di amenorrea con gravidanza singola, in assenza di fattori di rischio
materni e fetali, con score Bishop sfavorevole (< 6), pre-indotte con Dinoprostone 10mg
endovaginale; valutazione dell’età e BMI materno; studio dei parametri cervicometrici
mediante ecografia transvaginale prima della pre-induzione, dopo 60’,120’,180’e 240’; è
stato valutato il tempo intercorso tra la somministrazione del farmaco e l’espletamento e la
modalità di parto. E’ stato definito successo della procedura il parto spontaneo prima di 24h
e insuccesso il parto spontaneo dopo 24 ore, il parto operativo vaginale e il taglio cesareo.
Risultati: Dopo la somministrazione del Dinoprostone, l'intervallo di tempo in cui si ha il
massimo accorciamento cervicale è tra 60 e 120 minuti; tale rilevazione è stata osservata nel
70% delle pazienti.
Sono stati riportati 13 parti spontanei (57%), e di questi, 9 (69%) entro le 24 ore, mentre solo
4 (31%) oltre le 24 ore e10 tagli cesarei (43%). Le cause più frequenti di insuccesso sono
state la sofferenza fetale e il mancato impegno della parte presentata.
Tra le pazienti che hanno partorito spontaneamente, quelle normopeso hanno registrato un
tempo medio al parto < 24h (53,8%)
Conclusioni: la valutazione cervicometrica dell’accorciamento cervicale nelle prime 4 ore
dopo IOL con Dinoprostone, in relazione ai valori del BMI, si è dimostrato utile nel predire
l’outcome della procedura. Ulteriori analisi sono necessarie per confermare questi dati,
considerata l’esiguità del campione.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
ESAME AUTOPTICO VIRTUALE TRAMITE ECOGRAFIA 2D/3D, RM, RX SCHELETRO:
ACCURATEZZA DIAGNOSTICA, AFFIDABILITÀ ED APPROVAZIONE RISPETTO
ALL’AUTOPSIA CONVENZIONALE
Giancotti A
Policlinico Umberto I La Sapienza, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
D'Ambrosio V
Policlinico Umberto I La Sapienza, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Aliberti C
Policlinico Umberto I La Sapienza, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Marcoccia E
Policlinico Umberto I La Sapienza, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Saldari M
Policlinico Umberto I La Sapienza, Dipartimento Scienze Radiologiche, Oncologiche e Anatomo
Patologiche, Roma
La Torre R
Policlinico Umberto I La Sapienza, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Bastianelli C
Policlinico Umberto I La Sapienza, Dipartimento Scienze Urologiche, Ginecologiche e Ostetriche,
Roma
Managanaro L
Policlinico Umberto I La Sapienza, Dipartimento Scienze Radiologiche, Oncologiche e Anatomo
Patologiche, Roma
Razionale: Determinare accuratezza ed affidabilità dell’autopsia virtuale (virtuopsia) tramite
ecografia 2D/3D e RM. Valutare quale delle tecniche non invasive post-mortem aggiunge
maggiori informazioni alle indagini prenatali e per quali distretti anatomici. Confrontare i
risultati della virtuopsia con l’autopsia convenzionale. Individuare la metodica di studio post
mortem più adatta e offrire un’alternativa all’autopsia invasiva.
Materiali e metodi: Questo studio prospettico prevede l’arruolamento di tutte le donne con
richiesta di interruzione terapeutica della gravidanza. I criteri di esclusione sono: mancanza
di consenso informato, epoca gestazionale <12 settimane. Il protocollo prevede l’esecuzione
di una “virtuopsia”: ecografia, RM ed eventualmente, su indicazione del genetista, RX
scheletro post mortem del feto. In seguito si procederà all’autopsia convenzionale. Verranno
poi comparati i risultati di tutte le prestazioni.
Risultati: Sono state arruolate fino ad oggi 18 pazienti. Sono state riscontrate: 5 anomalie del
SNC, 4 patologie plurimalformative, 5 patologie scheletriche, 2 cromosomopatie, 1
cardiopatia ed 1 malformazione renale. Tutti i feti sono stati sottoposti ad ecografia postmortem, 16/17 a RMN, 8/17 a RX. L’autopsia convenzionale è stata eseguita in tutti i casi. Le
indagini strumentali hanno confermato nel 100% dei casi le diagnosi prenatali. Nel 24%
(4/17) le indagini postmortem virtuali hanno dato maggiori informazioni rispetto a quelle
prenatali. Nel 10 % (2/17) l’autopsia convenzionale è stata più accurata per la diagnosi
definitiva. Nel 52% la virtuopsia ha offerto informazioni supplementari importanti
all’autopsia in particolare nelle patologie scheletriche e del SNC.
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Conclusioni: I risultati preliminari sono propensi a convalidare la virtuopsia come tecnica di
supporto nell’analisi postmortem del feto, data l’accuratezza similare all’autopsia
convenzionale. Le indagini non invasive dimostrano inoltre superiorità nello studio di
patologie selezionate in quanto non inficiate dai fenomeni colliquativi che spesso ostacolano
la tecnica convenzionale. Inoltre tali tecniche hanno il vantaggio di essere maggiormente
accettate dalle donne delle diverse culture e religioni.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI ECOGRAFICA DI FEMORE CORTO ED OUTCOME NEONATALE: LA NOSTRA
ESPERIENZA.
D'Ambrosio V, La Torre R, D'Ambrosio V, Squarcella A, Gatto S, Marcoccia E, Giancotti A
Policlinico Umberto I La Sapienza Roma, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Razionale: Valutare l’associazione tra femore corto e patologie fetali ed esaminare
l’outcome della gravidanza.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo focalizzato sui feti con femore al di sotto del 5°
centile. I casi sono stati selezionati nel servizio di Diagnosi Prenatale del Policlinico Umberto
I di Roma dal 2007 al 2013. L’ età gestazionale è compresa tra 13,56 e 36,28 settimane. Le
informazioni sull’outcome neonatale sono state raccolte tramite anamnesi o compilazione di
questionari strutturati.
Risultati: Sono stati reclutati 83 casi. Le pazienti sono state quindi suddivise in due gruppi, in
base alla presenza di patologie associate: un gruppo composto da 42 casi associati a
IntraUterine Growth Restriction IUGR (33 casi- 78,5%) o Small for Gestational Age SGA (9
casi – 21,5%) ed un gruppo formato da 41 casi associati ad altre anomalie fetali, quali
displasie scheletriche (12 casi- 29,3%), malattie genetiche (2 casi – 4,8%), aberrazioni
cromosomiche (12 casi- 29,3%) o quadri polimarformativi (15 casi- 36,6%). Tra le pazienti
che hanno ricevuto diagnosi ecografica di femore corto il 22% dei casi (18/83) è andato
incontro ad aborto spontaneo, il 20% (17/83) delle donne ha scelto di optare per
l’interruzione volontaria di gravidanze ed il 58% (48/83) è esitato in gravidanza evolutiva. Di
quest’ultimo gruppo nel 34% delle pazienti (19/48) si è verificato un parto pretermine,
associato nel 25% (5/16) dei casi a morte neonatale.
Conclusioni: Il femore corto è un soft marker associato a numerose patologie fetali ed
outcome della gravidanza sfavorevole e necessita pertanto di un preciso inquadramento
diagnostico e di un approccio multidisciplinare.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI PRENATALE DI ANEURISMA DELLA VENA OMBELICALE: QUALE
OUTCOME?
Esposito FG, Tagliaferri S, Morlando M, Migliucci A, Di Cresce M, Saccone G, Mazzarelli LL,
Simioli S, Quaglia F, Fagioli R, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA - UOC
Emergenze Ostetrichee Ginecologiche - AOU Federico II
Razionale: descrivere il decorso, le metodiche diagnostiche e le possibili complicanze legate
all’aneurisma della vena ombelicale.
Materiali e metodi: S.G., 39 anni, nella 27 settimana di gestazione è stata ricoverata presso
l’AOU Federico II Napoli per metrorragia da placenta previa centrale, con sospetto
accretismo. La paziente è stata sottoposta a monitoraggi clinico-laboratoristici, ecografici e
cardiotocografici. All’esame ecografico viene riscontrata in sede intraddominale
extraepatica, in continuità con la vena ombelicale, una formazione anecogena di circa 12 mm
di diametro, positiva al color Doppler, da riferirsi ad aneurisma della vena ombelicale. Ai
controlli successivi tale formazione è risultata invariata per dimensione.
Risultati: la paziente viene sottoposta a taglio cesareo e successiva isterectomia totale nel
corso della 33a settimana di amenorrea. I parametri neonatali alla nascita risultano nella
norma per l’epoca (peso 2480 g, Apgar score 4-8,pH arterioso 7,33). Il neonato, data la sua
prematurità viene monitorato in TIN per circa 20 giorni. Successivamente viene sottoposto a
controlli ecografici, clinico-laboratoristici che permettono di escludere la presenza di
eventuali anomalie congenite e malformazioni.
Conclusioni: l’aneurisma della vena ombelicale è una patologia rara (3,5% delle 184
malformazioni cordonali) , probabilmente dovuta ad una malformazione congenita , che
risulta associata nella maggior parte dei casi ad un buon outcome neonatale. Tuttavia alcuni
studi dimostrano una sua associazione con malformazioni cardiache, idrope fetale, anomalie
cromosomiche e morte fetale e/o perinatale. Le cause principali di morte fetali risultano
incerte: trombosi della vena o, nei casi di aneurisma della porzione cordonale extrafetale,
emorragie intracordonali. La metodica ecografica permette una diagnosi precoce di tale
malformazione: pur non potendo modificare il management ostetrico,consente tuttavia di
identificare quei feti che sono a rischio di possibili complicanze fetali e neonatali.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
CORRELAZIONE TRA SEGNI ECOGRAFICI PRENATALI ED OUTCOME POST-NATALE IN
FETI AFFETTI DA GASTROSCHISI: REVIEW SISTEMATICA E META-ANALISI
D'Antonio F
Fetal Medicine Unit, Division of Developmental Sciences, St. George’s University of London,
London, UK
Virgone C
Department of Paediatric and Neonatal Surgery, St. George’s Healthcare NHS Trust and University
of London, London, UK
Rizzo G
Department of Obstetrics and Gynecology, Università di Roma Tor Vergata, Roma, Italy
Baud D
Materno-Fetal and Obstetrics Research Unit, Department of Obstetrics and Gynaecology,
University Hospital, Lausanne, Switzerland
Cohen-Overbeek T
Department of Obstetrics and Gynaecology, Division of Obstetrics and Prenatal Medicine, Erasmus
MC, Rotterdam, The Netherlands
Kuleva M
Maternité, Hôpital Necker-Enfants Malades, AP-HP, Université Paris Descartes, Paris, France
Salomon L
Maternité, Hôpital Necker-Enfants Malades, AP-HP, Université Paris Descartes, Paris, France
Flacco ME
Department of Medicine and Aging Sciences, University of Chieti-Pescara, Italy; EMISAC, CeSI
Biotech, Chieti, Italy
Manzoli L
Department of Medicine and Aging Sciences, University of Chieti-Pescara, Italy; EMISAC, CeSI
Biotech, Chieti, Italy
Khalil A
Fetal Medicine Unit, Division of Developmental Sciences, St. George’s University of London,
London, UK
Giuliani S
Department of Paediatric and Neonatal Surgery, St. George’s Healthcare NHS Trust and University
of London, London, UK
Razionale: La gastroschisis è un’anomalia congenita che ha registrato un’incidenza crescente
nell’ultima decade e che risulta associata ad outcome post-natali variabili. I precedenti studi
che hanno investigato il ruolo dell’ecografia prenatale nella predizione del rischio postnatale di questi bambini hanno riportato risultati contrastanti e non utili nel counselling
prenatale di tale malformazione. Lo scopo di questa meta-analisi è di valutare l’associazione
tra diversi segni ecografici prenatali ed outcome post-natali nei feti affetti da gastroschisi in
modo da proporre linee comuni di management.
Materiali e Metodi: I database di Medline, Embase, e Cohrane sono stati analizzati al fine di
ricercare pubblicazioni inerenti l’associazione tra ecografia prenatale ed outcome postnatale in feti affetti da gastroschisi. I segni ecografici analizzati sono stati: dilatazione intraaddominale (DIA), dilatazione extra-addominale (DEA), dilatazione gastrica (DG), spessore
della parete addominale (SPA), poliidramnios (PI), ed SGA, mentre gli outcome per i quali si è
cercata una correlazione sono stati: atresia intestinale, mortalità intrauterina e neonatale,
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
tempo intercorso tra l’intervento chirurgico e la nutrizione enterale, durata di ricovero in
ospedale e durata della nutrizione parenterale totale.
L’analisi statistica è stata eseguita utilizzando la regressione con modello random.
Risultati: 26 studi per un totale di 2023 feti affetti da gastroschisi sono stati inclusi in questa
meta-analisi. Una correlazione significativa è stata trovata tra la presenza di DIA e l’atresia
intestinale (OR: 5.48, 95% IC 3.1-9.8), polidramnios ed atresia intestinale (OR: 3.76, 95% IC
1.7-8.3) e DG e morte neonatale (OR: 5.58, 95% IC 1.3-24.1). Nessun altro segno ecografico
analizzato ha evidenziato alcuna associazione significativa con gli outcome in questione.
Conclusioni: La dilatazione intra-addominale, il polidramnios e la dilatazione gastrica sono gli
unici segni ecografici associati ad outcome avversi post-natali. I dati di questa meta-analisi
risultano utili per un corretto counselling della gastroschisi.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
AGENESIA DEL DOTTO VENOSO: DIAGNOSI E OUTCOME FETO-NEONATALE DI 35
CASI
Volpe P1, Alinovi F2, Muto B1, De Robertis V1, Volpe N2, Frusca T2
1
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
U.O. Ostetricia e Ginecologia, Servizio di Ecografia e Diagnosi Prenatale, Ospedale Maggiore,
Parma
2
Razionale: L’agenesia del dotto venoso (ADV) si associa a 2 pattern anatomici: uno in cui la
vena ombelicale drena nel sistema portale (drenaggio intraepatico) e il secondo in cui la vena
ombelicale bypassa la circolazione epatica (drenaggio extraepatico). L’obiettivo è valutare
l’outcome feto-neonatale nella ADV.
Metodi: Questo studio multicentrico osservazionale ha interessato sia gestanti sottoposte a
screening delle aneuploidie a 11-14 settimane e delle malformazioni fetali del II trimestre
che quelle inviate da altri ospedali per sospetta anomalia fetale. Per ciascun feto è stato
studiato il decorso della vena ombelicale, il circolo porto-ombelicale e la presenza/ assenza
del DV. Si è proceduto inoltre ad una dettagliata valutazione dell’anatomia ed è stato offerto
lo studio del cariotipo fetale.
Risultati: Sono stati diagnosticati 35 casi di ADV: 15 con drenaggio extraepatico e 20 con
drenaggio intraepatico. Dei 15 a drenaggio extraepatico (9 in vena cava inferiore, 5
direttamente in atrio destro e 1 in vena iliaca destra), 7 feti hanno sviluppato scompenso
cardiaco. In 7 casi erano presenti calcificazioni epatiche associate ad alterazione del circolo
portale.
In 26 gravidanze fu eseguito studio del cariotipo fetale che risultò anomalo in 7 (20%); in
questi casi erano presenti anche altre malformazioni.
Per quanto riguarda l’outcome, 6 gestanti optarono per l’interruzione della gravidanza. In 1
caso si è verificata morte in-utero e in due in epoca neonatale. Un caso è stato perso al
follow-up. Cinque pazienti presentano attualmente problematiche cliniche di natura epatica.
I restanti 20 pazienti non mostrano alcuna sintomatologia: essi presentavano il pattern
ecografico-anatomico con drenaggio intraepatico.
Conclusioni: L’associazione con anomalie fetali è significativa in entrambi i pattern anatomici
di ADV. Nei casi isolati a drenaggio intraepatico, la prognosi è buona. Nei casi di drenaggio
extraepatico, anche se isolati, il rischio di scompenso cardiaco e/o di alterazione della
funzionalità epatica rimane significativo.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
AMARTOMA MESENCHIMALE EPATICO FETALE E DISPLASIA MESENCHIMALE
PLACENTARE: UN CASE REPORT
Biagiotti R, Cordisco A, Periti E
Azienda Ospedaliera di Firenze
L’amartoma mesenchimale epatico è una lesione benigna che origina dal tessuto
mesenchimale del tratto portale e che si manifesta solitamente nei primi tre anni di vita. La
displasia mesenchimale della placenta è una rara anomalia caratterizzata da placentomegalia
con presenza di villi idropici che ricordano quelli della degenerazione molare.
Riportiamo un caso di amartoma mesenchimale epatico associato a displasia mesenchimale
placentare diagnosticato in epoca prenatale.
La gestante secondi gravida di anni trenta giunge alla nostra osservazione a trenta
settimane per una voluminosa lesione cistica dell’addome fetale. L’esame ecografico
evidenzia una lesione cistica transonica settata che si estende dal margine inferiore del
fegato fino alla pelvi, delle dimensioni di 128x 115x 99 mm. Il color Doppler non evidenzia
una significativa vascolarizzazione. E’ presente polidramnios. La placenta risulta spessa ed
iperecogena. A trentadue settimane insorge una mirror syndrome per cui viene espletato il
parto mediante taglio cesareo. Il neonato muore a tre ore dalla nascita per severa
compromissione respiratoria.
L’amartoma mesenchimale rappresenta una rara lesione epatica benigna, di incerta origine.
In prenatale la maggior parte dei casi si manifesta nel terzo trimestre. Ecograficamente si
presenta come lesione multicistica con setti spessi, più raramente ad ecostruttura mista o
solida, ipovascolarizzata. Può determinare l’insorgenza di idrope secondario nei casi a
prognosi sfavorevole.
La displasia mesenchimale placentare è una rara lesione placentare con incidenza stimata
dello 0.02%. Ecograficamente nel secondo trimestre la placenta appare ispessita con
multiple aree ipoecogene. Ad epoche gravidiche avanzate gli spazi cistici si superficializzano
verso il piatto coriale e possono non rendersi evidenti, come nel caso descritto. A differenza
della gravidanza molare il feto è nella maggior parte dei casi fenotipicamente normale.
In letteratura sono descritti sei casi di associazione tra amartoma epatico e displasia
mesenchimale placentare , il che ha portato a ipotizzare una via patogenetica comune.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
UN RARO CASO DI ENCEFALOCELE SFENO-ORBITARIO: INQUADRAMENTO
DIAGNOSTICO DIFFERENZIALE.
Izzo T, Minneci G, Di Liberto S, Forlani F, Foti F, Rotolo M, Zizzo R, Calì G,
ARNAS Ospedale Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: L’encefalocele è una erniazione del tessuto neurale dovuta ad un difetto osseo
del cranio, con o senza diretta comunicazione tra il SNC e la massa anomala. L’utilizzo della
tecnica di scansione ecografica 3D ha consentito di determinare con precisione la natura
della massa ponendo diagnosi di encefalocele sfeno-orbitario.
Materiali e metodi: Viene descritto un raro caso di encefalocele sfeno-orbitario. Sono stati
esaminati casi analoghi, per lo più case-report, riportati in letteratura su un intervallo di 6
anni (2009-2015). Il presente case-report fornisce informazioni sulla diagnosi differenziale
tra encefalocele sfeno-orbitario e masse orbitali cistiche fetali.
Risultati: Dai dati della latteratura emerge che l’encefalocele è una lesione congenita rara,
originata da difetti del mesoderma in corrispondenza della chiusura del tubo neurale. Può
essere causa di esoftalmo pulsatile e cecità. La frequenza è maggiore nel sesso femminile e
l’incidenza varia in relazione alle caratteristiche geografiche, all’etnia ed all’esposizione ad
agenti teratogeni. Gli encefaloceli basali sono meno comuni (1:35.000 nati vivi) e vengono
classificati in: sfeno-etmoidale, transfenoidale, sfeno-orbitario, trans-etmoidale e sfenomascellare.
La diagnosi differenziale di una massa orbitale cistica fetale include: teratoma orbitale , cisti
epidermoidi, emangioma o linfangioma, cisti congenita dell’ occhio, dacriocistocele, igroma
cistico anteriore, mucocele da fibrosi cistica.
Nel caso da noi esaminato -gravida che afferisce alla nostra struttura a 21+0 ws- l’aspetto
ecografico ipoecogeno della massa con echi interni, dato dal tessuto neurale in sede
orbitaria, ha consentito di porre diagnosi di encefalocele sfeno-orbitario.
Dopo counselling, la paziente decide di interrompere la gravidanza.
Conclusioni: Lo studio delle anomalie facciali è fondamentale al fine di escludere ulteriori
difetti fetali e/o cromosomopatie associate. Questo caso mette in luce l'importanza dello
studio ecografico tridimensionale delle masse oculari. Una corretta diagnosi conduce verso
un più completo counselling ed una capacità di scelta informata e consapevole della paziente.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
AGENESIA DEL DOTTO VENOSO: REVIEW SISTEMATICA E CASE SERIES
Tonni G
ASL Reggio Emilia, Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Civile Guastalla
Grisolia G
Ospedale Carlo Poma, Ostetricia e Ginecologia, Mantova
Prefumo F
Università di Brescia, Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Araujo Junior
Universidad Federal de Sao Paulo, Department of Obstetrics, Sao Paulo, Brazil
Ruano R
Baylor College of Medicine, Fetal Cardiology Center, Houston
Sepulveda W
Centro Diagnostico FetalMed, Santiago, Cile
Ricerca sistematica della letteratura medica è stata condotta mediante SCOPUS utilizzando
le seguenti parole chiave: agenesia del dotto venosos e diagnosi prenatale. Una Case Series
di casi di diagnosi prenatale di agenesia del dotto venoso viene inoltre riportata dagli autori.
Meta-analisi di 121 casi diagnosticati in epoca prenatale sono riportati. Dati di outcome
vengono analizzati sia nei casi isolati di agenesia del dotto venoso che nel caso di anomalie
congenite associate.
L'analisi sistematica di tutti i casi precedentemente riportati nella letteratura medica
fornisce al ginecologo clinico un importante strumento di counselling prenatale nonchè un
algoritmo clinico-diagnostico.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI PRENATALE DI TUMORI OROFACCIALI
Tonni G
ASL Reggio Emilia, Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Civile Guastalla
Palmisano M
ASL Reggio Emilia, Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Civile Guastalla
Granese R
Università di Messina, Ostetricia e Ginecologia, Messina
Giacobbe A
Università di Messina, Ostetricia e Ginecologia, Messina
Azzerboni A
Università di Messina, Ostetricia e Ginecologia, Messina
Sepulveda W
Centro Diagnostico FetalMed, Santiago, Cile
Araujo Junior
Universidad Federal de Sao Paulo, Department of Obstetrics, Sao Paulo, Brazil
Werner H
Universidad de Rio de Janeiro, Deprtment of Radiology, Rio de Janeiro
La diagnosi prenatale dei tumori orofacciali e del collo viene riportata su ampia casistica degli
autori.
Diagnosi ecografica antenatale al secondo e terzo trimestre di gravidanza nonchè MRI fetale
viene discussa in dettaglio. Il management clinico antenatale e l'outcome perinatologico
vengono trattati e riportati. Riscontri diagnostici istologici a conferma della diagnostica
strumentale prenatale vengono riportati.
Si mostra inoltre lo sviluppo di una tecnica avanzata basata sulla integrazione dei dati
ecografici 3D, di risonanza magnetica nucleare fetale al fine di costituire di un modello fisico
della lesione, di drammatica importanza nella programmazione del management perinatale
chirurgico-rianimatorio nel caso di eseguire procedure EXIT come avviene per i teratomi
giganti del collo.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
COUNSELLING PRENATALE INTEGRATO: NOSTRA ESPERIENZA
Pisaturo ML
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo UOC Ostetricia e Ginecologia Potenza
Zaccara A
Centro Pediatrico Bambino Gesù Basilicata
Paradiso RL
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo UOC Ostetricia e Ginecologia Potenza
Crocoli A
Centro Pediatrico Bambino Gesù Basilicata
Di Pierro G
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo UOC Ostetricia e Ginecologia Potenza
Salata M
Centro Pediatrico Bambino Gesù Basilicata
Schettini S
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo UOC Ostetricia e Ginecologia Potenza
Razionale: Con lo sviluppo della diagnostica prenatale ecografica e della medicina fetale si è
osservato un aumento dell’interazione multidisciplinare; il chirurgo pediatra ha esteso la sua
conoscenza sulle malformazioni fetali suscettibili di correzione in epoca post-natale e lo
specialista di diagnosi pre-natale si è formato in tema di prognosi post-chirurgica. Il “team
della prenatale” dovrebbe quindi prevedere la presenza congiunta di queste figure
professionali ogni volta che viene diagnosticata (o sospettata) una malformazione chirurgica.
Il contatto diretto tra lo specialista di medicina prenatale ed il chirurgo pediatria è altamente
raccomandato anche per garantire la continuità del counseling. In collaborazione con il
personale medico del Bambino Gesù abbiamo iniziato un Ambulatorio di Consulenza
Prenatale con tali caratteristiche.
Materiali e Metodi: Sono afferite presso il nostro Ambulatorio gravidanze a rischio con
diagnosi sospetta o accertata di malformazione congenita fetale.
Risultati: Dal 1 Luglio al 31 Dicembre 2014 sono state effettuate 19 consulenze prenatali
per anomalie malformative, soprattutto riguardanti l’apparato genito-urinario e
gastroenterico: la grande maggioranza (15 casi) ha riguardato malformazioni dell'apparato
urinario, in particolare anomalie di differenziazione e posizione (un caso di rene multicistico
ed uno di ectopia) e dilatazioni delle vie urinarie (13 casi). In due casi si trattava di un' ernia
diaframmatica e di un sequestro polmonare; dei rimanenti, uno era un grave disrafismo
spinale ed uno una rarissima agenesia vescicale con trasposizione genitale. Caratteristica
comune delle consulenze e' stata quella di essere effettuate "real time" con la presenza
congiunta del chirurgo e del ginecologo al momento dell' esame ecografico.
Conclusioni: Il percorso di counseling integrato dovrebbe essere favorito al fine di fornire
informazioni più precise sull’outcome, così da ridurre l'ansia dei genitori ed aiutarli a nel
processo decisionale. Questo tra l’altro migliora notevolmente la comunicazione
interdisciplinare ed assicura una migliore “care” per il post-natale.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI ECOGRAFICA PRENATALE DI ERNIA INGUINO-SCROTALE FETALE
Paradiso RL, Pisaturo ML, Rosa F, Curcio C, Di Pierro G, Straziuso E, Schettini S
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo UOC Ostetricia e Ginecologia Potenza
Razionale: L’ernia inguino-scrotale congenita rappresenta il difetto della parete addominale
più comune in età pediatrica; solo eccezionalmente è stata diagnosticata in epoca prenatale
mediante esame ecografico.
Materiali e Metodi: E’ giunta alla nostra osservazione paziente secondigravida, di anni 32,
ricoverata alla 38^ settimana per “anomalie del tracciato cardiotocografico”; al controllo
ecografico del feto si osserva in regione perineale “formazione sacciforme di 7 cm, riferibile
allo scroto, nel cui contesto si visualizzano i testicoli ed aree anecogene multiple dotate di
movimenti di tipo peristaltico, non si evidenzia il pene”. Si pone diagnosi di Ernia Scrotale
Fetale.
Risultati: La paziente partorisce spontaneamente un feto vivo di sesso maschile, del peso di
3900 gr. L’esame clinico del neonato evidenzia una voluminosa ernia inguino-scrotale
bilaterale ed un piede equino-varo-supinato bilaterale. Il bambino dopo circa 2 settimane
viene sottoposto ad intervento chirurgico per l’ernia. Il follow-up ad 1 anno conferma la
buona riuscita dell’ intervento chirurgico.
Conclusioni: Gli Elementi Ultrasonografici necessari per una diagnosi prenatale di ernia
inguino-scrotale sono: massa scrotale contenente aree fluide e strutture tipo “multicistiche”
con o senza evidenza dei testicoli. Altre condizioni che possono determinare distensione ed
aumento di volume dello scroto fetale sono: l’idrocele, i tumori testicolari , la torsione
testicolare, masse teratomatose di meningoceli della regione sacrale e perineale.
L’osservazione di movimenti di tipo peristaltico nell’ambito della massa scrotale rappresenta
l’elemento patognomonico per la diagnosi differenziale di ernia scrotale. Una volta posta la
diagnosi è necessario rivalutare attentamente l’intera anatomia fetale (ostruzioni intestinali,
masse addominali, anomalie strutturali associate) e programmare controlli periodici fino alla
nascita. La correzione chirurgica si impone tempestivamente poiché entro il primo anno di
vita il rischio di incarcerazione e strozzamento è pari al 30%.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
APPLICAZIONE DELLA TECNICA DI CGH-ARRAY IN CASO DI RISCONTRO
ECOGRAFICO DI MALFORMAZIONI FETALI
Ettore C1, Barone C1, Bartoloni G2, Bianca S1, Pappalardo E3
1
Genetica Medica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima, Catania
Anatomia Patologica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima, Catania
3
Dipartimento Materno Infantile, U.O. Ginecologia e Ostetricia, Ospedale Garibaldi Nesima,
Catania
2
Razionale: L’array-CGH è una tecnica citogenetica molecolare in grado di rilevare la
presenza di varianti nel numero di copie (CNV) all’interno del genoma. Nei casi in cui non è
possibile formulare una diagnosi certa dal solo riscontro ecografico, la Chomosomal
Microarray Analysis (CMA) permette un incremento diagnostico medio del 7% nei confronti
della rilevazione di microsbilanciamenti cromosomici rispetto al cariotipo e un incremento
significativo nei casi con malformazioni multiple di circa il 9,1%. Questo lavoro permette una
valutazione dell’uso della CMA in diagnosi prenatale in base alle linee guida SIEOG-SIGU
2014.
Materiali e metodi: la casistica (18 casi in 36 mesi) raccolta presso il Centro di Diagnosi
Prenatale dell’ARNAS Garibaldi di Catania, è costituita da gravidanze selezionate in base al
riscontro ecografico di anomalia congenita isolata e multipla, riscontro di riarrangiamento
cromosomico de novo, anche se apparentemente bilanciato, diagnosticato mediante
cariotipo al fine di individuare la possibile presenza di sbilanciamenti criptici correlati
all’anomalia cromosomica strutturale. È stato eseguito cariotipo fetale e successivamente
CGH genome-wide su liquido amniotico.
Risultati: in 14 riscontri ecografici di anomalie fetali (tra cui 6 casi di malformazioni multiple,
7 di cardiopatie complesse ed 1 malformazione isolata) cariotipo normale, array-CGH
normale; è stato eseguito in tutti i casi l’esame autoptico fetale che ha confermato la diagnosi
ecografica. In 4 casi di riscontro ecografico di anomalie fetali nel II trimestre, cariotipo fetale
normale, l’array- CGH ha evidenziato microsbilanciamenti genomici, rispettivamente cuore
sinistro ipoplasico associato a Sindrome di Jacobsen, Tetralogia di Fallot e Sindrome di
DiGeorge, Cardiopatia complessa e microsblianciamento genomico da traslocazione criptica
paterna, Microdelezione 8q22.2 di origine paterna ed oloprosencefalia, Ipoplasia cerebellare
e cariotipo 46,XY,-5,+der(5)(5qter->5p12::Yq12->Yqter).
Conclusioni: il cariotipo tradizionale non può essere sostituito dalla CMA, l’uso dell’array in
diagnosi prenatale può dare delle risposte sia per la gravidanza in atto sia per la
programmazione di gravidanze future.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI PRENATALE DI TERATOMA CISTICO IN TESTICOLO RITENUTO:
CARATTERIZZAZIONE MEDIANTE ECOGRAFIA 2D E 3D. CASO CLINICO.
Salsi G, Bellussi F, Cataneo I, Morganelli G, Gabrielli S, Pilu G, Rizzo N, Youssef A
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna,
Italia
Razionale: Un teratoma in un testicolo ritenuto può essere una rara causa di massa cistica
intra-addominale. Non sono stati fino ad ora descritti criteri specifici che possano orientare
con precisione verso questo tipo di diagnosi.
Materiali e Metodi: Riportiamo il caso di una primigravida inviata presso il nostro centro in
seguito al riscontro ecografico di una cisti intra-addominale fetale nel corso di una
gravidanza fisiologica.
L’utilizzo dell’ecografia 2D e 3D e del Color Doppler ha permesso di formulare una probabile
diagnosi di teratoma testicolare basandosi sui seguenti criteri:
- Feto maschio;
- Cisti uniloculare anecogena di 2 cm a margini regolari localizzata nell’emiaddome sinistro
fra il rene sinistro e la vescica, separata da entrambi e contenente al suo interno una piccola
porzione solida scarsamente vascolarizzata;
- Emiscroto omolaterale vuoto;
Risultati: La gravidanza è esitata in un parto spontaneo a 37 settimane e gli accertamenti
strumentali sul neonato sono risultati concordi con la diagnosi preliminare prenatale.
Pertanto si è proceduto ad asportazione della massa nel corso della terza giornata di vita e
l’esame istologico ha confermato la diagnosi di teratoma maturo in testicolo ritenuto.
Conclusioni: L’importanza di questo caso clinico risiede nell’aver consentito di individuare
pochi semplici criteri ecografici in grado di orientare verso una diagnosi altrimenti non
immediata di teratoma in testicolo ritenuto. Di conseguenza è stato possibile fornire alla
paziente un counseling prenatale adeguato indirizzandola verso una gestione ottimale del
neonato ed un precoce intervento chirurgico.
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NUOVA MUTAZIONE DEL GENE SOX9 C358C>T IN FETO AFFETTO DA DISPLASIA
CAMPOMELICA
Papppalardo E
Dipartimento Materno Infantile , U.O. Ginecologia e Ostetricia, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
Barone C
Genetica Medica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
Bartoloni G
Anatomia Patologica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
Baffico A M
Laboratorio di Genetica, Ospedale Galliera, Genova
Mura I
Laboratorio di Genetica, Ospedale Galliera, Genova
Bianca S
Genetica Medica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
Ettore C
Genetica Medica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
Razionale: La displasia campomelica (CD) è una displasia scheletrica, autosomica dominante
a penetranza completa. Generalmente è sporadica de novo con rari casi di ricorrenza con
mutazioni germinali. E’ caratterizzata da incurvamento di femori e tibie, ipoplasia scapolare,
torace stretto con 11 paia di coste, anomalie del cingolo pelvico e piedi torti. Altre
caratteristiche sono macrocefalia, ipertelorismo, ponte nasale depresso, orecchie a basso
impianto, palatoschisi e faccia appiattita, XY sex reversal. È causata da mutazioni della
regione codificante di SOX9 e più raramente da altri riarrangiamenti cromosomici
coinvolgenti SOX9. Considerando la gravità della patologia, diventa fondamentale la
diagnosi prenatale ecografica che evidenzia la brevità delle ossa lunghe.
Materiale e metodi: La paziente 30enne, giungeva presso il nostro centro di diagnosi
prenatale alla 21° settimana di gestazione per riscontro ecografico di piede torto bilaterale.
All’esame ecografico è stato evidenziata inoltre la presenza di brevità ed incurvamento di
femori e tibie. Il cariotipo fetale era 46,XX. La coppia decideva per l’IVG. L’autopsia fetale
confermava le anomalie scheletriche con caratteristici spuntoni ossei nella parte mediana di
entrambe le tibie evidenziando anche macrocefalia, ipertelorismo, ponte nasale depresso,
microretrognatia, orecchie a basso impianto e faccia appiattita. L’Rx fetale evidenziava 11
paia di coste.
Risultati: Su DNA estratto da muscolo fetale si eseguiva analisi molecolare del gene SOX9
che evidenziava, nell'esone 1, la mutazione c.358C>T (p.Arg120Cys) allo stato eterozigote.
Tale mutazione, de novo, non risulta ad oggi descritta in letteratura; tuttavia si ritiene che
correli con la CD in quanto localizzata in un dominio funzionale importante per l'attività della
proteina (DNA binding domain, HMG1/2 high mobilitygroup box). Inoltre, nell'aminoacido
adiacente, era stata precedentemente descritta una mutazione causa di CD.
Conclusione: La diagnosi molecolare di CD da mutazione de novo, ha permesso di offrire alla
coppia un counseling corretto definendo un rischio di ricorrenza per CD dell’1%.
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ECOGRAFIA DEL II TRIMESTRE DALLO SCREENING ALLA DIAGNOSTICA
Massarenti I
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Viora E
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Gaglioti P
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Sciarrone A
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Bastonero S
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Scali R°
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Alemanno MG
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Todros T
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Razionale: Valutare l’appropriatezza delle richieste delle ecografie diagnostiche in base ai
criteri riportati nella Carta dei Servizi
Materiali e metodi: L’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino ha emesso in data
28/12/2012 la Carta dei Servizi, Garanzie cliniche ed organizzative per la prenotazione,
effettuazione e refertazione dell’ecografia diagnostica in gravidanza che descrive le modalità
e i criteri clinici per la prenotazione appropriata dell’ecografia diagnostica in gravidanza, le
informazioni fornite e la modalità di refertazione.
Questo lavoro si propone di valutare l'appropriatezza dell’invio al Centro di Riferimento dai
servizi territoriali in base ai sopracitati criteri di appropriatezza per l'ecografia diagnostica,
mettendo a confronto i dodici mesi precedenti la pubblicazione di tale documento con l’anno
successivo. Sono state prese in esame le ecografie di screening del II trimestre effettuate
presso la SOC di Ginecologia e Ostetricia dell’ASL CN2 nel 2012-2013, valutando il numero
di ecografie eseguite, il numero di ecografie diagnostiche richieste, la motivazione,
l’appropriatezza dell’invio al Centro di Ecografia dell’Ospedale S. Anna di Torino (Centro di
Riferimento) in base ai criteri riportati nella Carta dei Servizi ed ai seguenti indicatori:
n°invii/n°esami effettuati, n° invii/n°di patologie riscontrate, età gestazionale all’invio, tempo
intercorso fra invio ed esecuzione dell’esame, esiti.
Risultati: Dal 01/01/2012 al 31/12/2013 presso l’ASLCN2 sono state effettuate 1174
ecografie di screening del II trimestre. Dai nostri dati emerge che l’introduzione della Carta
dei Servizi ha raggiunto i suoi obiettivi, riducendo le richieste improprie di ecografie
diagnostiche del II trimestre dal 15.8% al 7.7%, migliorando l’appropriatezza dell’invio
dall’84% al 92%, riducendo le prestazioni improprie dall’8.3% del 2012 al 4.2% del 2013. Si è
così contribuito all’ottimizzazione dell’attività del Centro di riferimento con conseguente
riduzione delle liste di attesa dai 6 giorni a 2.7 giorni.
Conclusioni: Tali promettenti risultati supportano un modello meritevole a nostro avviso di
diffusione ad altre realtà.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
POLIDRAMNIOS E SINDROME GENETICA: VARIABILI ECOGRAFICHE PREDITTIVE
Ischia B
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento della Donna del
Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Boito S
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento della Donna del
Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano,
Crovetto F
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento della Donna del
Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Crippa B
UOC di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Dipartimento della Donna del Bambino e del
Neonato, Fondazione IRCCS Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Bedeschi AF
UOD Genetica Medica, Dipartimento della Donna, del Bambino e del Neonato, Fondazione IRCCS
Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Colombo L
UOC di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Dipartimento della Donna del Bambino e del
Neonato, Fondazione IRCCS Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano,
Baffero GM
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento della Donna del
Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Fabietti I
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento della Donna del
Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Fogliani R
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento della Donna del
Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Mosca F
UOC di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Dipartimento della Donna del Bambino e del
Neonato, Fondazione IRCCS Ca' Granda- Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Fedele L
Clinica Ostetrica Mangiagalli, UOC di Ostetricia e Ginecologia, Clinica Mangiagalli, Dipartimento
della Donna del Bambino e del Neonato, Fondazione IRCC Ca' Granda- Ospedale Maggiore
Policlinico, Milano
Razionale: Il polidramnios è una condizione in cui l’indice di liquido amniotico è ≥ 24 cm o la
falda massima è ≥ 8 cm. Il polidramnios può essere idiopatico oppure causato da patologie
materne o fetali ed è riconosciuta un’associazione con sindromi genetiche non evidenziate in
utero. Obiettivo dello studio è valutare se esiste una correlazione tra dati prenatali
ecografici e diagnosi di sindrome genetica postnatale nelle gravidanze complicate da
polidramnios.
Materiali e metodi: Abbiamo registrato i dati materni, fetali e postnatali in 209 gravidanze
singole con diagnosi di polidramnios seguite presso il nostro centro tra il 2005 e il 2014. La
severità del polidramnios è stata classificata in base alla falda massima come lieve (8-10 cm),
moderata (10,1-12,9 cm) e severa (≥ 13 cm) e in tutti i casi è stato effettuato il profilo
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
biofisico fetale. L’analisi statistica è stata eseguita con il programma IBM SPSS 19.0 (New
York, USA), usando il t-test di Student, ANOVA e Pearson-χ2 per l’analisi univariata e la
regressione logistica per l’analisi multivariata.
Risultati: La diagnosi di polidramnios è stata posta in media a 30.1 settimane (SD ±3.4). La
popolazione è stata stratificata in tre diversi gruppi in base all’eziologia: diabete
gestazionale, anomalia strutturale fetale e idiopatica rispettivamente in 24 (11.5%), 84
(40.2%) e 101 (48.3%) casi. Dopo la nascita è stata diagnosticata una sindrome genetica in 23
casi (11%). L’analisi multivariata ha evidenziato che i parametri ecografici in grado di predire
la presenza di una sindrome genetica sono il grado di severità del polidramnios (p=0.004, OR
4.5 [95%CI: 1.6–12.3]) e la riduzione dei movimenti fetali (p=0.001, OR 10.8 [95%CI: 2.6–
46]), indipendentemente dall’eziologia del polidramnios.
Conclusioni: La severità del polidramnios e la riduzione dei movimenti fetali correlano in
modo significativo ed indipendente con la presenza di una sindrome genetica.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
LA DIAGNOSI PRENATALE INVASIVA: ESPERIENZA DELLA REGIONE PIEMONTE NEGLI
ANNI 2007-2012
Ruggeri V
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Sesia C
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Mondo L
Servizio sovrazonale di Epidemiologia - ASL TO3 Regione Piemonte
Rusciani R
Servizio sovrazonale di Epidemiologia - ASL TO3 Regione Piemonte
Dall'Amico D
SS Screening delle anomalie cromosomiche – Dipartimento di Medicina di Laboratorio AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Sciarrone A
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Alemanno MG
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Scali R
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Pagliano M
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Sdei S
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Bastonero S
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Errante G
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Gullino E
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Todros T
SC2U Ostetricia e Ginecologia - Università di Torino AOU Città della Salute e della Scienza di
Torino
Viora E
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Razionale: La maggiore diffusione dei test di screening anche fra le donne di età uguale o
superiore a 35 donne dovrebbe portare ad un diminuzione della diagnosi prenatale invasiva
e l’introduzione dell’Agenda di Gravidanza da gennaio 2010 in Regione Piemonte dovrebbe
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
favorire tale fenomeno.
Materiali e Metodi: L’obiettivo dello studio è valutare i dati relativi alle procedure di
diagnosi prenatale invasiva (DPI) in Regione Piemonte nel periodo 2007-2012, considerando
la diffusione delle procedure e le caratteristiche delle donne che le effettuano mediante
l’analisi dei Questionari CeDAP e Tracciati C elaborati dal Servizio di Epidemiologia.
Risultati: Sono stati analizzati i dati relativi a 32.916 procedure di DPI. Si è osservato un
decremento complessivo: le amniocentesi passano da 4.480 nel 2007 a 3.185 nel 2012, non
contrastato dal lieve aumento del numero di CVS che passano da 1.216 nel 2007 a 1.674 nel
2012. Nelle donne con età uguale o maggiore di 35 anni vi è stato un costante aumento di
quelle che hanno scelto di eseguire un test di screening prima della diagnosi invasiva. Le
donne, sia italiane sia straniere, eseguono lo stesso tipo di procedura, con un rapporto di
circa 3 a 1 tra amniocentesi e prelievo dei villi coriali e graduale aumento dei CVS. Vi è stata
una progressiva concentrazione delle sedi di prelievo: nel 2012 circa 50% delle DPI è stato
effettuato nel Centro di Ecografia e diagnosi prenatale dell’Ospedale Sant’Anna.
Conclusioni: Si è osservata una graduale riduzione complessiva delle procedure di DPI dal
2007 al 2012 (15,1% versus 13,6% dei parti), percentuale decisamente minore rispetto alla
maggior parte delle regioni italiane.
Tali dati sono ancora più interessanti se si considera il progressivo incremento delle donne di
età ≥35 anni (29.2% nel 2007 vs 33,7% nel 2012).
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
ANOMALIE OSTRUTTIVE DEL BASSO TRATTO DELLE VIE URINARIE: FLOW CHART
DELLA DIAGNOSI PRENATALE ECOGRAFICA E DEL MANAGEMENT CLINICO IN
GRAVIDANZA
Marilli I, Gulino FA, Leanza V, D'Agati A, Palumbo MA
Università degli studi di Catania, Istituto di Patologia Ostetrica e Ginecologica, P.O. "Santo
Bambino", Dipartimento di Chirurgia, Divisione di Ostetricia e Ginecologia, Catania
Razionale: Le ostruzioni fetali del basso tratto delle vie urinarie sono un ampio gruppo di
malformazioni (incidenza 2.2 casi/10000 nati) gravate da un’elevata mortalità e morbilità
infantile. La diagnosi prenatale precoce permette la valutazione della gravità dell’ostruzione
e, con buona approssimazione, l’individuazione della causa che la determina.
Materiali e Metodi: Una ricerca bibliografica degli articoli pubblicati tra il 2000 e il 2015 su
PUBMED/MEDLINE è stata eseguita utilizzando le parole chiave: LUTO, PUVs, urethral
atresia, fetal hydronephrosis, prune-belly syndrome, percutaneous vescicoamniotic
shunting, fetal cystoscopy, con particolare attenzione a valutazione clinica antenatale,
management in gravidanza ed outcome neonatale. Sulla base dei risultati ottenuti abbiamo
costruito una flow chart per la diagnosi e il management clinico in gravidanza.
Risultati: Le uropatie ostruttive sono diagnosticate nel 50% dei casi all’ecografia morfologica
di II trimestre e nell’80% dei casi dopo la 28a settimana. Nei casi a rischio è necessario
procedere a un’attenta valutazione ecografica del volume del liquido amniotico, delle
dimensioni e del parenchima renale, del sistema di raccolta e della vescica. Segni ecografici
caratteristici di uropatia ostruttiva sono l’idronefrosi unilaterale e/o bilaterale, le alterazioni
del parenchima renale, l’oligo-anidramnios, la dilatazione vescicale associata a un variabile
aumento dello spessore della parete, il “key-hole sign” (dilatazione dell’uretra prossimale). La
contemporanea presenza di megavescica e oligodramnios sono predittivi di una eziologia
ostruttiva, con sensibilità del 60% e specificità del 98%. Nonostante queste anomalie siano
spesso sporadiche e isolate, non è rara l’associazione con anomalie di altri apparati e/o
anomalie cromosomiche.
Conclusioni: La flow-chart proposta permette al ginecologo di diagnosticare, sulla base dei
segni ecografici riscontrati, una uropatia ostruttiva, di individuarne la possibile eziologia, e
gestire al meglio la gravidanza in presenza di feti affetti da tale sindrome. Il trattamento
medico-chirurgico successivo è frutto di un approccio integrato multidisciplinare, che
coinvolge ginecologo, genetista e urologo pediatra.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
ASSOCIAZIONE TRA IPOPLASIA DELL'OSSO NASALE, MICROGNATIA, ERNIA
DIAFRAMMATICA, DIV, DISPALSIA MESOMELICA: CASE REPORT
Tirone M, Salzano E, Vaccarella M, Iazzetta R, Patrì A, Locci M, Miranda M, De Placido G,
Nazzaro G
Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II/ UOC Ostetricia e Ginecologi, Centro di Sterilità/
Napoli
Razionale: L’ecografia morfostrutturale prevede la valutazione della biometria fetale,
dell’impianto e della struttura della placenta, della quantità di liquido amniotico, del collo
dell’utero, ma consente soprattutto uno studio morfologico dei distretti anatomici
esplorabili nel feto.
Materiali e metodi: Giungeva alla nostra osservazione per esame morfologico fetale del II
trimestre la signora C.S., 29 anni, II gravida (1 para) nel corso della 22° settimana di
amenorrea.
All’esame ecografico, eseguito con ecografo Samsung WS80A Elite, il feto appariva
polimalformato.
Allo studio ecografico dello splancnocranio si osservava ipoplasia dell’osso nasale e
micrognatia, la lingua appariva spostata superiormente e posteriormente. Allo studio del
torace si osservava imponente ernia diaframmatica con protrusione dei visceri addominali
nella cavità toracica; le anse ileo-coliche e il lobo sinistro del fegato erniavano nel torace
sinistro rendendo impossibile identificare il polmone omolaterale e determinando lo
spostamento del cuore oltre il mediastino a sinistra. L’esame cardiaco fetale, condotto
attraverso immagini in scala di grigi e realtime, ha evidenziato prolungati episodi di
bradicardia sinusale ed ampio difetto interventricolare muscolare e perimembranoso. Alla
valutazione dell’apparato muscoloscheletrico periferico si repertava displasia mesomelica
destra, con lunghezza del segmento radiale di 13 mm e del segmento omerale di 33 mm
senza visualizzazione del carpo e del metacarpo. A carico dell’arto superiore sinistro si
visualizzavano, parzialmente, il carpo ed il metacarpo con scarsa identificazione delle falangi.
Si osservava, inoltre, spiccata cifosi.
Risultati: La paziente decideva di sottoporsi, pertanto, ad amniocentesi ecoguidata da cui
risultava cariotipo fetale maschile nella norma.
Conclusioni: Tale associazione di anomali splancniche, facciali, cardiache e scheletriche non
è, sorprendentemente, associata ad alcun difetto cromosomico. Non abbiamo trovato
analoghe diagnosi in letteratura. Il caso presentato non sembra essere inquadrabile nelle
sindromi già note.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI PRENATALE DELLA S. DI PFEIFFER TIPO 2: CASE REPORT
Pizzuti A, Aliberti C, Marchionni E, D'Ambrosio V, Giancotti A
Policlinico Umberto I Roma la Sapienza, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Razionale: La sindrome di Pfeiffer è caratterizzata dall'associazione tra craniosinostosi,
pollici larghi e deviati, alluci grandi e parziale sindattilia delle mani e dei piedi, spesso
associate a difetti viscerali e ritardo dello sviluppo. La diagnosi prenatale ecografica è stata
effettuata solo occasionalmente. Il case report mostra come l'utilizzo di varie tecniche
diagnostiche contribuisca a raggiungere una diagnosi definitiva, importante per determinare
il rischio di ricorrenza per una successiva gravidanza.
Materiali e Metodi: Una primigravida di 32 anni, afferisce presso il nostro centro di Diagnosi
Prenatale, per un sospetto quadro sindromico. Viene eseguita ecografia 2D/3D alla 22a
settimana di gestazione e una consulenza genetica. Dopo un adeguato counseling la coppia
decide di interrompere la gravidanza. Vengono effettuate come indagini post mortem:
ecografia, RMN, RX scheletro fetale ed esame molecolare sul materiale fetale.
Risultati: L’ecografia prenatale mostrava: biometria dell’estremo cefalico intorno al 95°
centile con aspetto a trifoglio e marcata incisura delle ossa della sutura coronale,
ipertelorismo, microftalmia bilaterale. Alterazione del profilo fetale con fronte sfuggente,
ipoplasia dell’osso nasale ed impianto basso dei padiglioni auricolari. Sospetto canale
atrioventricolare. Lieve incurvamento dei tratti mesomelici degli arti superiori. Modica
divergenza dell’indice. L’ RX fetale mostrava un quadro compatibile con "cloverleaf skull"
associato a sinostosi radio-ulnare e grave dolicocefalia, prominenza delle bozze frontali,
orbite di dimensioni superiori alla norma e spiccato ipertelorismo. Clinodattilia del V dito
bilateralmente, con "sovrapposizione" di numerose falangi. Le indagini molecolari hanno
confermato il sospetto diagnostico di Sindrome di Pfeiffer, con riscontro della mutazione
c.870G>T(p.Trp290Cys) del gene FGFR2, risultata de novo nel feto.
Conclusioni: L'approccio multidisciplinare e l'utilizzo di più tecniche diagnostiche può
guidare la ricerca di specifiche mutazioni genetiche per la diagnosi di quadri sindromici rari.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DIAGNOSI PRENATALE DI MEGALOURETRA CONGENITA IN UN FETO DI SESSO
FEMMINILE AFFETTO DA PSEUDOERMAFRODITISMO
Mazzarelli Ll
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Forte A
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Simioli S
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Di Meglio A
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Di Meglio L
UNIVERSITA' DI NAPOLI FEDERICO II, NAPOLI
Di Meglio G
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Di Meglio F
Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ROMA
Sica C
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Spinelli Ml
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
Ruffolo A
UNIVERSITA' DI NAPOLI FEDERICO II, NAPOLI
Urciuoli M
Seconda Università degli Studi DI NAPOLI, NAPOLI
Ventruto V
Institute of Genetics and Biophysics, CNR ,NAPOLI
Razionale: Si riporta, la prima diagnosi ecografica prenatale di megalouretra in un feto di
sesso femminile affetto da pseudoermafroditismo.
Materiale e Metodi: Primigravida di 22 anni, nel corso della 18 settimana di amenorrea.
In una scansione trasversa addominale, riscontro di una formazione mediana, protrudente,
transonica, tubulare. Tale formazione, avascolare è in continuità con la vescica, parzialmente
repleta. Regolare il parenchima renale e la quantità di liquido amniotico. Assenza di altre
anomalie. Non evidenziabile con certezza il fenotipo genitale. La formazione è da riferire a
megalouretra.
L’esame autoptico evidenzia: genitali esterni ambigui; escrescenza di 0.8 x 0.6 mm da
riportare a pene, senza evidenza di sacco scrotale. Gonadi femminili (ovaie). Inspessimento
della muscolatura vescicale con uretra dilatata.
Cariotipo molecolare : normale corredo cromosomico femminile.
Risultati: La megalouretra congenita è una rara forma di uropatia ostruttiva funzionale,
causata da disgenesia dei corpi cavernosi penieni e della spongiosa con conseguente
dilatazione dell’uretra peniena. Pochi i casi riportati dalla Letteratura; si manifesta
solitamente come anomalia isolata, ma è stata riportata anche in associazione con la
sindrome VACTERL.
Nella diagnosi differenziale rientrano: l’estrofia della vescica, la duplicazione e il diverticolo
ureterale.
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:Conclusioni. La contemporanea presenza di una patologia dell’apparato genitale maschile,
in concomitanza con ovaie regolari nella pelvi fetale, rendono questo caso unico nel suo
genere.
La diagnosi in oggetto è, infatti, il primo caso, riportato in Letteratura, di megalouretra
congenita in un feto con pesudoermafroditismo femminile. In accordo con la consulenza
genetica potrebbe trattarsi non di un caso isolato, ma di una nuova sindrome genetica.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
INTESTINO IPERECOGENO FETALE: FOLLOW-UP DELLA GRAVIDANZA E SCREENING
INFETTIVOLOGICO
Masini G, Ledda C, Cavalli I, Gaini C, Franchi C, Pasquini L
Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi/Università di Firenze, Centro di Medicina Fetale e
Diagnosi Prenatale, Dipartimento Assistenziale Integrato Materno Infantile, Firenze
Razionale: Valutare l’outcome feto-neonatale dell’intestino iperecogeno con particolare
riguardo per le infezioni fetali.
Materiali e Metodi: Studio osservazionale retrospettivo su 204 pazienti con diagnosi di
intestino iperecogeno seguite presso il Centro di Medicina Fetale dell’AOUCareggi da Luglio
2006 a Dicembre 2014. Per ogni paziente sono state eseguite ecografie di follow-up per
valutare l’evoluzione e l’associazione con altre anomalie, sierologia materna per
toxoplasmosi, parvovirus B19, citomegalovirus, herpes simplex I e II, rosolia, varicella zoster,
sifilide. Sono stati offerti la determinazione del cariotipo e lo screening per fibrosi cistica sui
genitori con conferma sul feto mediante indagini specifiche in caso di test positivo.
Risultati: Su un totale di 214 feti con intestino iperecogeno la diagnosi è stata fatta nel II
trimestre nell’84% dei casi e c’è stata una regressione nel 58%. L’anomalia risultava isolata
nel 39.7% dei casi. Il 3,2% presentava anomalie cromosomiche (3 casi di trisomia 21, 2
trisomie 18, 1 trisomia 13, 1 mosaicismo per trisomia 2) e l’1% era affetto da fibrosi cistica.
La sierologia materna per infezioni è risultata positiva in 12 casi (5.6%): 6 per infezione da
citomegalovirus, 4 da parvovirus, 1 da toxoplasma, 1 da sifilide. In 2 casi i feti sono risultati
positivi al citomegalovirus, in 2 al parvovirus, con necessità di trasfusioni in utero. In 1 caso di
toxoplasmosi materna è stato eseguito trattamento con spiramicina ed il neonato è risultato
non infetto. L ’infezione da sifilide è stata confermata sul feto. Il 21.4% dei feti affetti
presentava infine ritardo di crescita.
Conclusioni: L’ecografia di II livello deve guidare gli accertamenti successivi alla diagnosi, ma
un attento follow up è raccomandabile in tutti i casi indipendentemente dal grado e dalla
regressione dell’iperecogenicità intestinale poiché frequentemente non è un rilievo isolato.
Lo screening infettivologico potrebbe limitarsi al citomegalovirus, al parvovirus, alla
toxoplasmosi e alla sifilide.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
INCIDENZA DI TORCH E PARVOVIRUS B19 POSITIVI NELLE GRAVIDANZE
COMPLICATE DA POLIDRAMNIOS ISOLATO
Gaini C, Seravalli V, Masini G, Di Tommaso M, Franchi C, Pasquini L
Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi/Università di Firenze, Centro di Medicina Fetale e
Diagnosi Prenatale, Dipartimento Assistenziale Integrato Materno Infantile, Firenze
Razionale: Lo screening infettivologico materno viene routinariamente offerto alle pazienti
in caso di diagnosi ecografica di polidramnios. Tuttavia la reale necessità di tale screening
recentemente è stata oggetto di discussione. Lo scopo dello studio è valutare l’incidenza di
infezioni fetali in caso di diagnosi ecografica di polidramnios isolato.
Materiali e Metodi: Studio osservazionale retrospettivo di tutte le gravidanze singole a cui è
stato diagnosticato un polidramnios isolato presso il Centro di Medicina Fetale e Diagnosi
Prenatale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi dal 1 Luglio 2006 al 31 Dicembre
2013. Mediante consultazione del database Astraia sono stati riscontrati 290 casi di
polidramnios. Di questi sono stati inclusi solo i casi in cui era stata eseguita la sierologia
materna per toxoplasmosi, parvovirus B19, citomegalovirus, herpes I e II, rosolia e sifilide e
successivamente sono stati esclusi tutti i casi dei quali non è stato possibile avere il followup.
Risultati: Di 290 casi di polidramnios 56 sono sati esclusi perché associati a diabete,
patologia ostruttiva del tubo digerente, isoimmunizzazione, anomalie
cromosomiche/sindromi genetiche. Dei restanti 234 casi di polidramnios isolato la sierologia
materna è risultata positiva in 3 casi (1.3%): 2 infezioni da parvovirus ed 1 infezione da
toxoplasma. In tutti e tre i casi i neonati sono risultati non infetti
Conclusioni: La maggior parte delle pazienti (98.7%) con polidramnios isolato sono risultate
negative allo screening infettivologico dando un’incidenza di TORCH positivo dello 1.3%. Nei
soli 3 casi in cui la madre è risultata infetta il neonato era negativo. Di conseguenza nella
nostra esperienza in caso di diagnosi ecografica di polidramnios isolato lo screening materno
per infezioni fetali sembra non essere vantaggioso.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
EFFICACIA DELLA RETE ECOGRAFICA OSTETRICA NELLA IDENTIFICAZIONE DELLE
MALFORMAZIONI FETALI NELLA POPOLAZIONE GENERALE: NOSTRA ESPERIENZA
Cordisco A1, Gaddi V2, Lozza V1, Farruggia A1, Conticini S1, Biagiotti R2, Periti E1
1
2
Azienda Sanitaria di Firenze, Presidio Ospedaliero P.Palagi
Azienda Sanitaria di Firenze
Razionale: Valutare l'efficacia del percorso assistenziale in ecografia ostetrica che prevede
l'esecuzione di un esame ecografico per trimestre, con l'invio dei casi sospetti ai centri
regionali di secondo livello per la definizione del percorso diagnostico terapeutico.
Materiali e metodi: Sono state presi in studio gli esami ecografici di I livello e II livello
effettuati presso il Centro di Diagnosi Prenatale della Azienda Sanitaria Firenze nel periodo
gennaio 2011-dicembre 2014 e le diagnosi di difetti fetali post natali. Le caratteristiche
materne e i risultati ecografici sono stati archiviati nel sistema di refertazione View-Point,
GE Medical System, Milwaukee, USA. I dati raccolti dietro consenso informato sono stati
elaborati in forma aggregata e anonima mediante strumenti informatici. Si è stabilita la
sensibilità e specificità della ecografia di screening e di secondo livello nel diagnosticare
malformazioni fetali maggiori, distinguendo tra anomalie diagnosticate, non diagnosticabili,
non diagnosticate.
Risultati: I casi di malformazione fetale identificati tramite screening ecografico sono stati
433 su 10077 esami totali, pari al 4,29%. L'incidenza di gravidanza singola, gemellare e
trigemina è stata rispettivamente dell'’89,14%, 9,69% e1,15%. L’epoca gestazionale media
alla diagnosi è stata 21,71 settimane. Tutti i casi sono state sottoposti ad esame ecografico di
II livello, il 7,62% ha sostenuto esami infettivologici il 10,85% una risonanza magnetica fetale
ed il 20,09% un ecocardiografia fetale. Nel 44,75% dei casi è stato effettuato un esame
invasivo per la determinazione del cariotipo fetale. Le anomalie riscontrate alla nascita sono
state giudicate non diagnosticabili per la tipologia o la comparsa tardiva nel 48,15%,
diagnosticate in ambito prenatale nel 37,03% e non diagnosticate, cioè falsi negativi, nel
14,82%.
Conclusioni: L' efficacia della rete assistenziale nell'identificare le malformazioni fetali
ritenute diagnosticabili è dell' 85,18%, con risultati che si discostano a seconda del tipo di
apparato considerato.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
DISPLASIA MESENCHIMALE DELLA PLACENTA: NOSTRA ESPERIENZA
Mazzarelli LL1, Forte A1, Simioli S1, Di Meglio A1, Di Meglio G1, Sica C1, Spinelli Ml1,
Di Meglio L2, Di Meglio G3, Ruffolo A1
1
DIAGNOSTICA ECOGRAFICA E PRENATALE ANIELLO DI MEGLIO, NAPOLI
UNIVERSITA' DI NAPOLI FEDERICO II, NAPOLI
3
Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ROMA
2
Razionale: La displasia mesenchimale della placenta è una rara condizione, caratterizzata da
iperplacentosi, diffuso aspetto cistico placentare e dilatazione aneurismatica dei vasi a livello
del piatto coriale. Si associa a ritardo di crescita intrauterino, morte endouterina fetale e con
alcune sindromi, quali la Beckwith-Wiedemann, con una prevalenza dello 0.02%.
Materiali e Metodi: In due anni sono stati sospettati ecograficamente 13 casi di displasia
mesenchimale. La diagnosi è stata del II trimestre, 19 - 25 settimane. In 1 caso si trattava di
una gravidanza gemellate bicoriale, con interessamento di una sola placenta. Tutti i casi
presentavano ritardo di accrescimento, oligoamnios, alterazioni flussimetriche di severità
variabile. Si sono verificate due morti endouterine fetali, 2 pazienti sono state perse, 1
HELLP sindrome, 5 casi di preeclampsia , 2 ipertensioni gestazionali. Per tutte le 9 pazienti si
è verificato un parto prematuro iatrogeno (29-33 settimane). Tutti i feti presentavano
regolare anatomia ecograficamente esplorabile. La diagnosi istologica è stata confermata
solo laddove era stato informato l’anatomopatologo del sospetto Clinico( 6 casi).
Risultati: I casi osservati, hanno mostrato caratteristiche comuni a quanto riportato in
Letteratura: iperplacentosi con multipli vacuoli, ritardo di accrescimento, oligoamnios. Il
Doppler ha evidenziato anomalie delle flussimetrie fetali (riduzione della fase diastolica,
centralizzazione del circolo, alterazione del dotto venoso), alterazioni flussimetriche delle
arterie uterine.
Conclusioni: La displasia mesenchimale della placenta è associata ad avverso outcome della
gravidanza.
Il tasso di complicanze materne è del 9%: preeclampsia, HELLP sindrome, ipertensione
gestazionale, con un parto pretermine iatrogeno.
E’necessario un attento counseling della paziente per le possibili e gravi complicanze
materno-fetali associate ed un intensivo monitoraggio delle condizioni cliniche di entrambi i
comparti. La diagnosi ecografica è solo di sospetto e visto che mostra caratteristiche simili
alla mola vescicolare è necessario eseguire sempre diagnosi definitiva istologica,informando
l’anatomopatologo del sospetto diagnostico.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
IL SEGNO DELLA TRIPLA BOLLA: DOPPIO DIAFRAMMA DUODENALE
Ghi T1, Bellussi F2, Maroni E2, Youssef A2, Rizzo N2, Pilu G2
1
Ospedale Maggiore di Parma, Università degli Studi di Parma. Dipartimento di Ostetricia e
Ginecologia
2
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna, Ostetricia e Medicina
dell'Età Prenatale, Bologna
Razionale: Una primigravida di 30 anni è stata inviata al nostro Ospedale Universitario
a 33settimane di gestazione per un sospetto di atresia duodenale con polidramnios, descritti
per la primavolta nel corso di un’ecografia eseguita a 28 settimane. L’ecografia morfologica
mostrava un fetosingolo normoconformato, di dimensioni appropriate per l’epoca
gestazionale. Era stata inoltre eseguita un’amniocentesi che dimostrava un cariotipo
normale maschile.
Materiali e Metodi: L’ecogafia eseguita nel nostro ospedale ha confermato la presenza
di polidramnios ma al posto del classico segno della doppia bolla ha evidenziato, a
livello dell’intestino fetale, tre strutture anecogene separate. (Voluson E8 Expert, GE Health
care). Il quadro ecografico a 35 settimane confermava i precedenti reperti ed era complicato
da ascite. In considerazione del deterioramento delle condizioni fetali, si è proceduto in tale
occasione adespletamento del parto mediante taglio cesareo, portando alla nascita di un
neonato maschio vivo evitale, immediatamente trasferito in Chirurgia Pediatrica.
Risultati: Nel primo giorno di vita, il neonato è stato sottoposto ad intervento chirurgico,
durante il quale è stato asportato il diaframma duodenale. Il primo decorso postoperatorio è
stato complicato da persistente occlusione intestinale, per cui il neonato è stato
sottoposto a relaparotomia. Nel secondo intervento è stato trovato un secondo diaframma
duodenale che è stato asportato. Il decorsopost-operatorio è stato regolare. Il paziente oggi
ha un anno di vita ed è in buone condizioni.
Conclusioni: L’inusuale segno ecografico della tripla bolla può rivelarsi importante nella
diagnosi e nel management dell’atresia duodenale. Esso sembrerebbe infatti essere la
manifestazione ecografica della presenza di un doppio diaframma duodenale. E’ dunque
importante validare conulteriori studi questo reperto ecografico per confermarne il valore
diagnostico e per migliorare lagestione chirurgica di questi casi.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
VALUTAZIONE TRIDIMENSIONALE DELLA COMMISSURA IPPOCAMPALE NEI FETI
CON AGENESIA COMPLETA ISOLATA DEL CORPO CALLOSO
Contro E
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna, Ostetricia e Medicina dell'Età
Prenatale, Bologna
Ghi T
Ospedale Maggiore di Parma, Università degli Studi di Parma.
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia
Bellussi F
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna, Ostetricia e Medicina dell'Età
Prenatale, Bologna
Nanni M
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna, Ostetricia e Medicina dell'Età
Prenatale, Bologna
Egan A-Ugrinovic G.
Department of Maternal-Fetal Medicine, ICGON, Hospital Clinic, University of Barcelona
Sanz-Cortes M.
Department of Maternal-Fetal Medicine, ICGON, Hospital Clinic, University of Barcelona
Grisolia G
Ospedale Carlo Poma, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia,
Mantova
Puerto B
Department of Maternal-Fetal Medicine, ICGON, Hospital Clinic, University of Barcelona
Rizzo N
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna, Ostetricia e Medicina dell'Età
Prenatale, Bologna
Pilu G
Policlinico Universitario Sant'Orsola Malpighi-Università di Bologna, Ostetricia e Medicina dell'Età
Prenatale, Bologna
Razionale: L’Agenesia completa e isolata del corpo calloso è una delle più comuni
malformazioni cerebrali fetali. La sintomatologia clinica varia significativamente dai casi
asintomatici con capacità cognitive normali a quelli con un grave ritardo mentale. La
presenza di ulteriori commissure interemisferiche ed il loro potenziale ruolo sono state
recentemente oggetto di interesse in letteratura. L’obiettivo di questo studio è valutare
la prevalenza e l’aspetto ecografico della commissura ippocampale nei feti con agenesia
completa isolata del corpo calloso, mediante ecografia tridimensionale con tecnica
multiplanare.
Materiali e Metodi: Si tratta di uno studio multicentrico osservazionale. In tre centri di terzo
livello (Bologna, Mantova e Barcellona) sono stati ricercati retrospettivamente i volumi
di feti con agenesia completa ed isolata del corpo calloso. Due operatori hanno ricercato
l’eventuale presenza della commissura ippocampale sul piano coronale e sul sagittale,
rielaborando le acquisizioni tridimensionali. Sono stati inseriti in quest’analisi solo i casi
in cui il follow-up postnatale ha confermato la diagnosi di agenesia del corpo calloso.
Risultati: Sono stati inseriti in questo studio volumi ecografici registrati tra novembre
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2007 afebbraio 2013. La commissura ippocampale era visibile nel piano coronale e sagittale
in 27/41 casi (65.8%) e assente o non chiaramente riconoscibile in 14 casi. L’analisi
qualitativa dei due operatori era concordante nel 100% dei casi.
Conclusioni: La commissura ippocampale può essere visualizzata in più del 50% dei feti
con agenesia completa del corpo calloso. Si tratta di una commissura interemisferica
residua che normalmente è nascosta dal corpo calloso. Sono necessari ulteriori studi per
stabilire l’impatto clinico e l’outcome pediatrico associati alla presenza di questa
commissura.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
CASE REPORT – VOLUMINOSO TERATOMA LATEROCERVICALE CONGENITO
OSTRUENTE LE VIE AEREE: DALLA DIAGNOSI PRENATALE AL TRATTAMENTO EX
UTERO INTRAPARTUM (EXIT)
Volpe N, D'Amato I, Kaihura CT, Migliavacca C, Dall'Asta A, Ghi T, Frusca T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Razionale: La presenza di una massa ostruttiva a livello del collo fetale pone di fronte al
problema della respirazione neonatale alla nascita. Al fine di favorire la sopravvivenza
neonatale è necessario intervenire prontamente per garantire la pervietà delle vie aeree,
mediante EXIT (Ex Utero Intrapartum Treatment).
Materiali e Metodi: Analisi retrospettiva del caso 4 mesi dopo la nascita.
Risultati: Paziente di 28 anni, terzigravida primipara, è stata inviata presso il nostro servizio
di diagnosi prenatale, per il riscontro di polidramnios a 31 settimane di gestazione. All’esame
ecografico è stato confermato il polidramnios e riscontrata una voluminosa massa tumorale
nel collo fetale, con ecostruttura disomogenea, caratterizzata da aree cistiche e
calcificazioni, di dimensioni complessive 7 x 6 cm. Mediante successiva risonanza magnetica
fetale è stato confermato il sospetto di compressione di esofago e vie aeree. A 34 settimane,
effettuata la profilassi con corticosteroidi, la paziente è stata sottoposta a taglio cesareo
elettivo con EXIT. Tale tecnica prevede l’estrazione della sola testa fetale e spalla
omolaterale alla massa, attraverso la breccia isterotomica, permettendo di mettere in
sicurezza le vie aeree mediante intubazione, diretta o tramite approccio
laringobroncoscopico, oppure praticando tracheostomia. La circolazione utero-placentare è
conservata e monitorata ecograficamente, a garanzia dell’ossigenazione fetale, durante tutta
la procedura. L’EXIT-team è stato multidisciplinare, con la partecipazione di ostetrici,
neonatologi, otorinolaringoiatri, anestesisti e chirurghi maxillo-facciali. L’intervento
definitivo di asportazione della massa è stato eseguito con successo una settimana dopo la
nascita, con conferma istopatologica del sospetto diagnostico. L’outcome neonatale è stato
favorevole, in assenza di complicanze cliniche alla dimissione e follow up.
Conclusioni: Un intervento tempestivo sulle vie aeree fetali, preservando
contemporaneamente la circolazione feto-placentare (EXIT), rappresenta il gold standard
per garantire la pervietà delle vie aeree in questi neonati. La diagnosi prenatale è necessaria
a pianificare adeguatamente tale procedura.
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Ostetricia - Diagnosi di malformazioni ed anomalie nel II trimestre
STUDIO ECOGRAFICO 3D DELLE COSTOLE FETALI
De Petrillo P, Colicchio D, Vitali M, Corosu L, Scarani S, Torcia F
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
Razionale: Lo studio delle costole fetali non rientra nella valutazione di gravidanze a basso
rischio e quindi nello screening eseguito nel corso della gravidanza. Tale valutazione può
essere condotta tuttavia in termini numerici e morfologici. Sia l’aumento che la riduzione del
numero possono rappresentare elementi di sospetto per patologia cromosomica mentre le
anomalie morfologiche sono inquadrabili nell’ambito dell emalformazioni scheletriche o di
sindromi genetiche. L’ obiettivo è di rivalutare l’associazione delle anomalie costali con la
patologia fetale malformativa e con le aneuploidie
Materiali e metodi: Lo studio della gabbia toracica prevede l’utilizzo del 3D e può essere
condotto in diversi atteggiamenti fetali .Il primo momento è stato rappresentato dalla
ricerca dell’immagine statica ottimale per poter procedere alla valutazione morfologica e
numerica di tutte le costole.Dall’ esperienza fin qui maturata, l’immagine maggiormente
utile ai fini diagnostici è risultata più facilmente ottenibile con il feto a dorso anteriore e la
testa lievemente flessa. Non è risultata rilevante la presentazione.Per tale motivo sono in
corso di arruolamento pazienti alla 20-22° settimana di gestazione che abbiano già eseguito
o meno diagnosi prenatale invasiva per il cariotipo.Presupposto fondamentale per
l’inclusione allo studio e la disponibilità espressa dai genitori ad eseguire un Rx torace
neonatale nei casi sospetti. La perdita al follow – up sarà in ogni caso motivo di
esclusione.Saranno viceversa incluse le gravidanze già caratterizzate da anomalie
malformative maggiori o minori o risultate positive per aneuploidie od anomalie
cromosomiche.Nel caso di interruzione sarà richiesto lo studio Rx del feto.Non è prevista
l’elaborazione off - line delle immagini e dei volumi acquisiti.
Risultati: Si riporta la tecnica di acqusizione delle immagini
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Gravidanza gemellare
LA GRAVIDANZA MONOCORIALE MONOAMNIOTICA: DIFFICOLTÀ DELLA GESTIONE
CLINICA
Palumbo E, Chianchiano N, Sorrentino M, Tornabene M, Polizzi M, D'Anna MR
Ospedale Buccheri La Ferla FBF. Dipartimento Materno Infantile Palermo
Razionale: La gravidanza monocoriale monoamniotica (Mo/Mo)ha una incidenza di 1/8000
gravidanze in generale, 1/20 delle monocoriali e 1/100 delle monozigotiche. La mortalità
perinatale è del 55%, dopo le 24 settimane del 4.5% . Il management più adeguato non è
ancora standardizzato.
Materiali e Metodi: Studio di coorte retrospettivo su 9 gravidanze monocoriali
monoamniotiche dopo 26 settimane di gestazione, seguite presso l’Ambulatorio di medicina
fetale-gravidanza gemellare, Dipartimento Materno-Infantile Ospedale Buccheri La Ferla di
Palermo negli anni 2003-2014. 5 pazienti (gruppo A) sono state assistite in regime di
ricovero dalla 28+0 settimana e taglio cesareo elettivo dopo 32+0 settimane, 4 (gruppo B)
con monitoraggio ambulatoriale e taglio cesareo elettivo dopo 32+0 settimane.
Risultati: L’età media materna è stata di 33 anni (24-41), 6/9 (66%) primipare, 9/9 (100%)
concepimento spontaneo. L’outcome perinatale nei due gruppi (A vs B) è risultato
sovrapponibile: mortalità neonatale di 0/10 (0%) vs 0/8 (0%),ammissione alla UTIN in 10/10
(100%) vs 8/8,, peso alla nascita 1.830 + 365 g vs 1.774 + 248 g. Si è verificato un solo caso di
IUFD dei due feti I in una paziente che non ha osservato il timing dei controlli, esclusa dalla
casistica
Conclusioni: L’alta mortalità della gravidanza monoamniotica è principalmente una
conseguenza di anomalie fetali e di aggrovigliamento dei cordoni. Con una sorveglianza
stretta dopo 26-28 settimane, la morte intrauterina è rara (0% nella nostra serie). Dato che
l’outcome perinatale è statisticamente sovrapponibile nei regimi di sorveglianza inpatient e
outpatient, il management della Mo/Mo può essere effettuato o anche in regime
ambulatoriale, fino al momento della programmazione del taglio cesareo,effettuato sempre
dopo somministrazione di betametasone,
Limiti del nostro studio: studio retrospettivo, campione poco numeroso.
Vantaggi del nostro studio: dati simili a quelli riportati in letteratura. Fase iniziale di uno
studio prospettico.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
GEMELLI MONOCORIALI DIZIGOTI DISCORDANTI PER SESSO E PER CARIOTIPO
MOLECOLARE: DUE CASE REPORTS.
Cavenaghi G1, Zullino S1, Spaccini L1, Rustico MA1, Lanna M1, Faiola S1, Schena V1, Ferrazzi
E2
1
2
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Unità di Diagnosi Prenatale e Terapia Fetale, Milano
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Università di Milano
Razionale: L'osservazione di casi di gemelli monocoriali dizigoti (MCDZ) ha portato a
confutare la convinzione che i gemelli MC dovessero essere necessariamente monozigoti.
Questa condizione potrebbe essere riconducibile alla fecondazione di due ovuli da parte di
due spermatozoi, fusione precoce dei trofoblasti e conseguente placentazione monocoriale.
Materiali e Metodi: Nel periodo Gennaio 2004 -Aprile 2014, su un totale di 1519 gravidanze
MC osservate presso il Centro di Diagnosi Prenatale dell’Ospedale V Buzzi-Milano, si sono
documentati due casi di gemelli MCDZ. La monocorialità è stata confermata attraverso lo
studio macroscopico ed istologico della placenta; la zigosità nel primo caso sulla base della
discordanza di sesso genotipico, nel secondo mediante analisi di microsatelliti su DNA da
liquido amniotico (LA).
Risultati:
1. Gravidanza MCBA spontanea, cariotipo su villi coriali 46,XY. A 24 settimane, per sospetto
di ambiguità genitale in un gemello, veniva prelevato LA che documentava, in questo, un
cariotipo 46,XX. Alla nascita sia il maschio che la femmina, con normali genitali esterni,
presentavano su sangue periferico un cariotipo a mosaico con entrambe le linee cellulari
(46,XX/46,XY).
2.Gravidanza MC/BA da ICSI, translucenza nucale 3,6 mm in un gemello.
Il cariotipo su LA risultava femminile normale in entrambi. L’array-CGH rilevava nel gemello
con NT aumentata una duplicazione di 600Kb in 16q23.3 presente anche nel cogemello,nel
quale si documentava anche una duplicazione di 300Kb in 15q13.3. A 20 settimane, per
sindrome da trasfusione feto-fetale, veniva trattata mediante laser. La dizigosità è stata
dimostrata dall’ereditarietà delle duplicazioni (la prima dal padre, la seconda dalla madre) e
dall’analisi di segregazione dei microsatelliti.
Conclusioni: La monocorialità non è sempre sinonimo di monozigosità.Il campionamento di
entrambi i gemelli per individuare anomalie cromosomiche discordanti e la condizione di
gemellarità MCDZ è mandatoria soprattutto nei casi di discordanza fenotipica emersa
all’ecografia.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Gravidanza gemellare
GRAVIDANZA MONOCORIALE E ANOMALIE DISCORDANTI: 10 ANNI DI ESPERIENZA
DI UN SINGOLO CENTRO.
Zullino S1, Cavenaghi G1, Rustico MA1, Lanna M1, Faiola S1, Spaccini L1, Schena V1, Ferrazzi E2
1
2
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Unità di Diagnosi Prenatale e Terapia Fetale, Milano
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Università di Milano
Razionale: Nonostante i gemelli monocoriali (MC) siano monozigoti, quindi con genotipo
identico, possono presentare discordanze per molte malformazioni che rendono complessa
la gestione della gravidanza. L’obiettivo di questo studio retrospettivo è riportare la diagnosi,
la gestione (condotta di attesa, interruzione selettiva mediante clampaggio, interruzione
della gravidanza) e l’esito neonatale di una coorte di gemelli MC complicati da anomalia
discordante.
Materiali e metodi: Dal database delle gravidanze MC riferite tra Gennaio 2004-Dicembre
2014, sono state identificate quelle complicate da anomalie discordanti maggiori, definite
come letali, richiedenti chirurgia post-natale o causa di disabilità neurologica/fisica. E’ stata
proposta l’acquisizione del cariotipo per entrambi i gemelli e la Risonanza Magnetica qualora
indicata. L’esito della gravidanza e l’outcome neonatale sono documentati.
Risultati: Delle 1599 gravidanze MC osservate, 135(8%) presentavano un’anomalia
discordante (eg media alla diagnosi 19 settimane, 12-34). Le anomalie più frequenti
riguardavano il SNC (49, 36%), il cuore (26, 19%), le anomalie multiple (16, 12%). Il cariotipo
è risultato normale in tutti gli 87 casi (64%) studiati in utero.
Delle 82(61%) pazienti in condotta di attesa, 9 (11%) si sono complicate con la morte in utero
del gemello malformato, 5(6%) di ambedue i gemelli, 1(1%) con aborto. 44(33%) pazienti
hanno optato per l’interruzione selettiva del gemello malformato, procedura complicata da
morte del cogemello in 6 casi (13%). Il 7% ha interrotto la gravidanza.
107(79%) pazienti hanno partorito a una eg media di 34 settimane (25-40). 170/270 (63%)
gemelli sono nati vivi, con peso medio di 2300 gr (700-3300), 22(13%) sono morti in epoca
neonatale, 25(15%) sono stati sottoposti a chirurgia maggiore, 9(5%) presentano disabilità
neurologica/funzionale.
Conclusioni: Stabilita la diagnosi e accertata la severità, la gestione della gravidanza MC con
anomalia discordante dovrebbe essere individualizzata in base alla severità e alle scelte della
famiglia, bilanciando i rischi di ogni opzione terapeutica.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
GRAVIDANZA MONOCORIALE COMPLICATA DA MORTE IN UTERO DI UN GEMELLO:
FATTORI DI RISCHIO DI DANNO CEREBRALE NEL COGEMELLO SOPRAVVISSUTO
Zullino S1, Lanna M1, Rustico MA1, Faiola S1, Righini A2, Spaccini L1, Schena V1, Ferrazzi E3
1
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Unità di Diagnosi Prenatale e Terapia Fetale, Milano
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Dipartimento di Radiologia e Neuroradiologia, Milano
3
Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Università di Milano
2
Razionale: La morte in utero (MEF) di un gemello monocoriale (MC) espone il cogemello a
morte o danno cerebrale, a causa dell’anemia ed ipossia tissutale provocati dall’acuto
passaggio di sangue dal gemello superstite al gemello che sta morendo, attraverso le
anastomosi vascolari.
Obiettivo: identificare i fattori di rischio di danno cerebrale nel cogemello sopravissuto.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo di tutte le gravidanze MC complicate da MEF di un
gemello osservate nel periodo 1999-2014, escluse le gravidanze con MEF di un gemello
successiva a trattamento laser per trasfusione feto-fetale, o a feticidio selettivo. I cogemelli
sopravvissuti sono stati sottoposti ad ecografia dedicata e Risonanza Magnetica (RM).
Risultati: La MEF di un gemello si è osservata in 79/1528 (5%) casi. In 57 (72%) l’evento ha
complicato 14 casi con discordanza di crescita (sIUGR), 28 TTTS non trattate, 8 discrepanze
di liquido amniotico, 1 sequenza anemia-policitemia, 6 anomalie discordanti; nel 28% la
gravidanza non era complicata (NC). L’età gestazionale media alla MEF è stata 22 settimane
(17-36). In 11/79 sopravvissuti (14%) si sono documentate lesioni cerebrali confermate con
RM: 8 nel gruppo delle MC complicate (2 da sIUGR, 4 TTTS, 1 anomalia discordante), 4 nel
gruppo NC.
Fattori di rischio di lesioni cerebrali sono stati:
- la presenza di complicanza precedente la MEF: 2/14 (14%) casi sIUGR, 4/28 TTTS (14%),
1/6 (17%) anomalie discordanti, 4/22 (18%) NC, con lesioni leucomalaciche più frequenti
negli sIUGR (2/2) vs 2/4 TTTS e 1/4 NC;
- l’eg avanzata (sIUGR mediana 27 settimane, vs 23,22,24 settimane nel gruppo TTTS, NC,
anomalia discordante, p=0.005)
Conclusioni: La morte in utero di un gemello è associato a danno cerebrale del sopravvissuto
nel 14% dei casi. Gli esiti severi si sono osservati quando la MEF è avvenuta in eg più
avanzata, e con più frequenza nelle gravidanze complicate da sIUGR.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
DISPLASIA MESENCHIMALE PLACENTARE IN GRAVIDANZA GEMELLARE
MONOCORIALE BIAMNIOTICA, COMPLICATA DA MIRROR SYNDROME
Minneci G, Foti F, Izzo T, Di Liberto S, Forlani F, Zizzo R, Calì G
ARNAS Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: La displasia mesenchimale placentare (PMD) è una rara anomalia recentemente
riconosciuta. Con il presente case report e la revisione della letteratura, intendiamo fornire
maggiori informazioni per il counseling alle pazienti su prognosi e implicazioni di tale
patologia.
Materiali e metodi: Abbiamo descritto un caso di PMD in gravidanza gemellare, complicato
da Mirror Syndrome (MS), e ricercato sistematicamente su PubMed gli articoli pubblicati
fino a febbraio 2015 su “placental mesenchymal dysplasia”. Criteri di inclusione sono stati la
diagnosi ecografica e istologica di PMD e la descrizione degli outcome. Particolare
attenzione è stata posta alle patologie materne/fetali associate.
Risultati: La paziente, alla 7° gravidanza para 2 gemellare monocoriale biamniotica, viene
inviata alla nostra osservazione a 13 settimane di amenorrea per l’anomalo aspetto
ecografico della placenta. Essa si presenta ingrossata, idropica, sede di numerose aree
cistiche, suggerendo un quadro di PMD. Entrambi i feti appaiono anatomicamente normali,
con crescita regolare e spazi amniotici conservati. La diagnosi differenziale con la mola
parziale è confermata da cariotipo normale ed aumento di alfa-fetoproteina. A 19 settimane,
l’area displastica appare più estesa. La paziente presenta emodiluizione (repentino calo di
emoglobina ed ematocrito), proteinuria, significativo incremento ponderale, edemi diffusi,
versamento pleurico e pericardico, come da quadro di MS. La paziente, informata della
possibile evolutività della patologia e dei rischi correlati, sceglie un trattamento d’attesa. In
letteratura, la gravidanza con PMD presenta un outcome normale solo nel 10% dei casi; nei
restanti risulta complicata da parto pretermine, anomalie fetali come ritardo di crescita,
Beckwith-Wiedemann syndrome, cisti epatiche, morte intrauterina, patologie materne quali
ipertensione gestazionale, preeclampsia, HELLP syndrome. Non è stata riportata ad oggi
un’associazione con MS.
Conclusioni: I pochi dati disponibili su PMD e MS ne rendono difficile la diagnosi, che appare
però fondamentale in relazione ad un outcome invariabilmente negativo. Tale quadro
richiede quindi una sorveglianza intensiva.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
LA REALIZZAZIONE DI UN CENTROHUB PER LA FETOSCOPIA LASER A PALERMO:UNA
NUOVA OPPORTUNITA' PER IL SUD ITALIA
Chianchiano N, Palumbo E, Tornabene M, Sorrentino M, Polizzi M, Macaluso AG, D'Anna MR
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Razionale: Realizzazione rete assistenziale hub e spoke per la diagnosi e terapia delle
complicanze della gravidanza monocoriale con riduzione della mortalità fetale dal 90% della
fase pre-intervento, al 10% della fase post-intervento, riduzione del flusso di pazienti dalla
nostra regione ad altre.
Materiali e Metodi:
1^ fase: richiesta ed acquisizione del finanziamento del progetto secondo l’accordo StatoRegioni, da parte dell’Assessorato alla Salute;
2^: utilizzo dei fondi erogati per eseguire corsi di aggiornamento nelle singole ASP ed
Aziende Sanitarie Autonome della Sicilia;
3^: realizzazione del centro hub di chirurgia fetale laser presso il Dipartimento Materno
Infantile dell’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo;
4^: collegamento dei centri spoke al centro hub.
Risultati: Nel mese di gennaio 2015 sono in monitoraggio 9 gravidanze: 2 con TTT-S V stadio
ed integrità neurologica del superstite MRI verificata, 1 con discordanza di liquido amniotico
regredita e giunta ad oggi a 32 settimane, 4 senza complicanze ma ancora entro le 24
settimane.
Nel gennaio 2015 si è attivata la procedura di ablazione laser delle anastomosi vascolari in
fetoscopia; sono state trattate tre pazienti: 1 con TTT-S III stadio a 24 settimane, ad oggi con
normalizzazione del profilo flussimetrico dei due feti, del riempimento vescicale dell’exdonatore e con una residua discordanza di liquido amniotico, 1 con TTT-S II stadio a 18
settimane ad oggi regredita allo stadio di discordanza di liquido amniotico e normale
riempimento vescicale dell’ex-donatore, ed una terza a 23 settimane con TTT-S stadio III.
Conclusioni: La realizzazione della rete assistenziale è una strategia fondamentale per la
diagnosi e terapia di patologie poco frequenti.
La nostra struttura si è proposta come centro hub per l’assistenza della gravidanza
monocoriale. L’outcome delle gravidanze seguite nel 2014 ed i risultati delle pazienti
assistite nel gennaio 2015 dimostrano la validità della strutturazione della rete hub&spoke
per la gravidanza monocoriale.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
GEMELLI CONGIUNTI: UTILITÀ NELL’APPROCCIO DIAGNOSTICO ECOGRAFICO
COMBINATO 2D/3D
Costa D1, Pappalardo E1, Barone C2, Bartoloni G3, Bianca S2, Ettore C2
1
Dipartimento Materno Infantile, U.O. Ginecologia e Ostetricia, Ospedale Garibaldi Nesima,
Catania
2
Genetica Medica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
3
Anatomia Patologica, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Garibaldi Nesima Catania
Razionale: I Gemelli Monocoriali monoamniotici costituiscono solo l’1-2% dei gemelli
monoovulari. I gemelli congiunti o siamesi ne rappresentano l'anomalia più rara e peculiare,
suscitando da sempre vasto interesse nella comunità medica e nella popolazione generale,
per la rarità e le presentazioni insolite.
I gemelli congiunti presentano una incidenza compresa tra 1/50.000 e 1/100.000 parti.
L’origine della patologia si attribuisce all’incompleta divisione della massa cellulare
embrionale, che si realizza durante la terza settimana successiva alla fecondazione.
L'eziologia dei gemelli congiunti è sconosciuta. In generale anomalie di cariotipo, razza,
ereditarietà, ordine di nascita, o consanguineità non sembrano influenzare il processo.
L’esame ecografico è essenziale per la diagnosi prenatale, e l’individuazione precoce delle
multiple anomalie fetali si avvale oggi di tecniche di ricostruzione multi planare 3D,
imprescindibili nell’approccio di casi di malformazioni complesse, e di indubbia utilità nel
counselling genitoriale e nella formulazione prognostica.
Materiali e Metodi: Vengono descritti due interessanti casi di diagnosi prenatale di gemelli
congiunti, uno del tipo dicefalo- parapago ed uno del tipo ischiopago, afferiti all’Unità di
Medicina Fetale dell’Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale Garibaldi
Nesima di Catania, avvalendosi dell’ecografia bidimensionale ed in particolare dell’utilizzo
dell’ultrasonografia tridimensionale (3D) per la dettagliata caratterizzazione della singole
anomalie.
Risultati: Nello studio prenatale del caso dei gemelli congiunti, sebbene la diagnostica
ecografica 2D sia risultata essenziale per il riconoscimento della malformazione, l'ecografia
3D e la ricostruzione rendering di superficie sono stati in grado di dimostrare più
chiaramente e con migliore impatto visivo la sede di congiunzione dei gemelli e la grave
distorsione dell’anatomia fetale.
Conclusioni: Lo studio ultrasonografico 3D fornisce una rappresentazione accurata delle
anomalie caratterizzanti i gemelli monozigoti congiunti e svolge un importante ruolo nel
counselling con la paziente, costituendo un valido supporto e strumento decisionale per il
management della gravidanza.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
VALUTAZIONE CARDIOLOGICA MATERNA DURANTE GRAVIDANZA GEMELLARE
NON COMPLICATA CON PARTICOLARE ENFASI SULLA FUNZIONE DIASTOLICA
Ghi T1, Degli Esposti D2, Montaguti E3, Rosticci M3, Tancredi S4, Youssef A3, Pilu G3, Borghi
C2, Rizzo N2
1
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Dipartimento di Medicina Interna, dell'invecchiamento e delle malattie renali, Sant'OrsolaMalpighi, Università di Bologna, Italia
3
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna, Italia
4
Dipartimento di Anestesiologia, Sant'Orsola-Malpighi, Università di Bologna, Italia
2
Obiettivi: valutare i cambiamenti della funzione sistolica e diastolica materna in donne con
gravidanza gemellare non complicata.
Metodi: Un gruppo di donne con gravidanza gemellare sono state sottoposte ad
ecocardiografia transtoracica M-mode, 2D color Doppler e Doppler tissutale (TD) durante il
primo (11-13 settimane), il secondo (20-24 settimane), il terzo (28- 32 settimane) trimestre e
nel post-partum (6 mesi dopo il parto).
Risultati: Da gennaio 2012 a settembre 2013, 30 donne con gravidanza gemellare non
complicata sono state incluse in questo studio prospettico. Tutte le gravidanze erano
biamniotiche, di cui 24 bicoriali e 6 monocoriali. Nel complesso vi sono stati 60 nati vivi con
un’epoca gestazionale media alla nascita di 37 ± 1 settimane ed un peso medio alla nascita di
2532 ± 313 gr. Durante la gravidanza è stato osservato un peggioramento significativo della
funzione sistolica ventricolare sinistra espressa dalla frazione di eiezione, dalla frazione di
accorciamento e dalla contrattilità longitudinale S1. Questi reperti persistevano alterati
anche alla valutazione post-partum.
Per quanto riguarda la funzione diastolica, i nostri dati hanno mostrato una progressiva e
significativa riduzione della velocità dell'onda E al Doppler pulsato ed un aumento dell’onda
A dal primo al terzo trimestre. Simili cambiamenti sono stati documentati anche per le
velocità di picco delle onde E1 ed A1 al Doppler Tissutale, valutate a livello della valvola
mitrale e tricuspide. Dopo il parto i parametri di funzionalità diastolica sono tornati a valori
comparabili a quelli ottenuti nel primo trimestre.
Conclusioni: In gravidanze gemellari non complicate vi sono cambiamenti significativi della
funzione sistolica e diastolica materna che si verificano dal 1° al 3 ° trimestre. Inoltre, mentre
i parametri di funzionalità diastolica si normalizzano dopo la gravidanza, una disfunzione
sistolica relativa sembra persistere anche dopo il parto.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
LA LUNGHEZZA CERVICALE NEL SECONDO TRIMESTRE IN GRAVIDANZE TRIGEMINE
NON È SUFFICIENTE A PREDIRE IL PARTO PRETERMINE
Pagani G, Stagnati V, Fichera A, Prefumo F
Università di Brescia, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Razionale: studi recenti hanno suggerito una lunghezza cervicale di 25 mm come cut-off per
l'alto rischio in gravidanze trigemine. Lo scopo di questo studio è di verificare il valore
predittivo della lunghezza cervicale (LC) nei confronti del parto pretermine (PPT) in
gravidanze trigemine.
Materiali e metodi: studio retrospettivo su gravidanze trigemine seguite presso un singolo
centro. La LC è stata misurata per via transvaginale in un'epoca compresa tra le 18 e le 23
settimane di gestazione. Sono state escluse dall'analisi: gravidanze complicate da TTTS e
parti pretermine iatrogeni. E' stato valutato il valore predittivo positivo della LC per PPT
prima delle 32 e 34 settimane. Per tali casi sono stati calcolati il cut-off ottimale e la
distribuzione della LC. Un'analisi di regressione logistica è stata eseguita per valutare
l'associazione con il parto pretermine.
Risultati: nell'analisi sono state incluse 30 gravidanze. LA CL non è risultata
significativamente differente tra il gruppo di pazienti che hanno avuto un PPT prima e dopo
32 (p=0,42) o 34 settimane (p=0,12). L'AUC della LC è risultata di 0,61 (95% CI 0,36-0,86)
per la predizione del PPT <32 settimane e di 0,68 (95% CI 0,46-0,89) per la predizione del
PPT < 34 settimane. Il cut-off ottimale è risultato di 36 mm per entrambi gli outcomes
indagati. Il rischio relativo di PPT per le pazienti con LC < 36 mm è risultato di 2,0 (95% CI
0,43-9,32) per PPT < 32 settimane e 1,5 (95% CI 0,88-2,57) per PPT <34 settimane. Dopo
regressione, la LC non è risultata associarsi al PPT (OR 0,83, 95CI 0,61-1,14, p=0,24).
Conclusioni: nelle gravidanze trigemine la lunghezza cervicale non si associa al PPT e
pertanto è necessario lo sviluppo di metodi di screening più accurati
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
MISURAZIONE DELLA LUNGHEZZA CERVICALE PER LO SCREENING DEL PARTO
PRETERMINE IN GRAVIDANZE GEMELLARI: STIAMO FACENDO LA COSA GIUSTA?
Pagani G, Stagnati V, Fichera A, Prefumo F
Università di Brescia, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Razionale: il raccorciamento cervicale nel secondo trimestre è considerato un fattore
predittivo di parto pretermine. Una recente meta-analisi ha suggerito una lunghezza
cervicale di 20 mm come cut-off per l'alto rischio in gravidanze gemellari. Lo scopo di questo
studio è di verificare il valore predittivo della lunghezza cervicale (LC) nei confronti del parto
pretermine (PPT) in gravidanze gemellari.
Materiali e metodi: studio retrospettivo su gravidanze gemellari seguite presso un singolo
centro. La LC è stata misurata per via transvaginale in un'epoca compresa tra le 18 e le 23
settimane di gestazione. Sono state escluse dall'analisi: gravidanze complicate da TTTS e
parti pretermine iatrogeni. E' stato valutato il valore predittivo positivo della LC per PPT
prima delle 32 settimane e per tali casi sono stati calcolati il cut-off ottimale e la
distribuzione della LC. È stata eseguita un'analisi di regressione logistica per valutare
l'associazione tra le caratteristiche della gravidanza e il parto pretermine.
Risultati: nell'analisi sono state incluse 940 gravidanze. L'AUC della LC per la predizione del
PPT prima delle 32 settimane è risultata di 0,65 (95% CI 0,58-0,71). Il cut-off ottimale è
risultato di 36 mm (sensibilità 64%, specificità 63%, PPV 13%, NPV 94%, accuratezza 63%). Il
rischio relativo di PPT per le pazienti con LC < 36 mm è risultato di 2,35 (95% CI 1,53-3,60;
p<0.001). Dopo correzione per i fattori confondenti, solo la LC è risultata associata in
maniera indipendente al PPT (OR 0,94; 95% CI 0,92-0,96,;p<0,001)
Conclusioni: Nelle gravidanze gemellari, la lunghezza cervicale si associa in modo
indipendente al PPT. In considerazione dell'eziologia multifattoriale e delle manifestazioni
cliniche eterogenee del PPT, sembra sia necessario lo sviluppo di modelli predittivi
complementari al fine di identificare un maggior numero di casi di PPT.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
PREDIZIONE DELL'OUTCOME FETALE IN GRAVIDANZE GEMELLARI MONOCORIALI:
RUOLO DELLA DISCORDANZA DI VELOCITÀ DI PICCO IN ARTERIA CEREBRALE MEDIA
Stagnati V, Fichera A, Pagani G, Prefumo F
Università di Brescia, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Razionale: determinare se una discordanza di velocità di picco in arteria cerebrale media
(PSV-MCA) si associa a outcome fetale sfavorevole in gravidanze gemellari monocoriali non
altrimenti complicate.
Materiali e metodi: studio retrospettivo su gravidanze monocoriali biamniotiche seguite in
centro di secondo livello dal primo trimestre al parto (2008-2013). Criteri di esclusione sono
stati: mancata valutazione nel primo trimestre; anomalie fetali di cariotipo o struttura;
diagnosi di sindrome da trasfusione feto fetale (TTTS) o twin anemia polycythemia sequence
(TAPS); IUGR selettivo con o senza anomalie dopplervelocimetriche diagnosticato prima
delle 28 settimane. La PSV-MCA è stata misurata in entrambi i gemelli ogni 2 settimane e
ogni valore convertito in multipli della mediana (MoM). Gli outcomes valutati sono stati:
IUGR selettivo alla nascita (peso neonatale inferiore al 5° centile) e discordanza di peso alla
nascita (ITGD) >25%.
Risultati: 136 gravidanze monocoriali sono state incluse nell'analisi. La discordanza di PSVMCA, valutata nel terzo trimestre, è risultata significativamente correlata sia allo IUGR alla
nascita (p<0,001) sia all'ITGD (p<0,001), anche in seguito ad analisi di regressione logistica
(OR= 21/0,1MoM). Dall'elaborazione di curve ROC, il cut-off di 0,30 MoM è risultato
associarsi ai migliori dati di sensibilità e specificità (per lo sIUGR: sensibilità 0,7; specificità
0,69; VPN 0,89 - per l'ITGD: sensibilità 0,83; specificità 0,72; VPN: 0,98)
Conclusioni: una discordanza di PSV-MCA superiore a 0,30 MoM è predittiva di sIUGR e
ITGD al parto.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
STORIA NATURALE DELLA GRAVIDANZA GEMELLARE MONOCORIALE BIAMNIOTICA
Fichera A, Prefumo F, Marella D, Valcamonico A, Frusca T
Università di Brescia, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Brescia
Razionale: descrivere gli esiti delle gravidanze gemellari monocoriali biamniotiche seguite
presso un unico centro a partire dal primo trimestre.
Materiali e metodi: studio retrospettivo su gravidanze monocoriali biamniotiche seguite dal
primo trimestre al parto (2001-2012), con un controllo nel primo trimestre e controlli
almeno ogni due settimane dalle 16 settimane. Escluse dall’analisi le gravidanze complicate
da sequenza TRAP, morte endouterina di uno o entrambi i feti al controllo del primo
trimestre, riferite da altri centri, o con dati incompleti.
Risultati: sono state incluse 300 gravidanze. Sono sopravvissuti 2 neonati in 259/300
gravidanze (86,4%); uno in 22/300 (7,3%) e nessuno in 9/300 (6,3%), con una mortalità
complessiva di 60/600 (10%). Il tasso di morte fetale <24 settimane è stato di 43/600 (7,2%),
la mortalità perinatale 17/557 (3%) e la mortalità neonatale 5/545 (0,9%). La sindrome da
trasfusione feto-fetale (TTTS) è stata diagnosticata in 33 casi (11%), una discordanza di peso
alla nascita >25% in 35 (11,6%), e anomalie strutturali maggiori in 10 (3,3%). Dopo le 32
settimane, il rischio prospettico di morte endouterina fetale e stato di 1 su 248 (0,4%) per
gravidanza. All’analisi di regressione logistica, i fattori significativamente associati con
mortalità feto-neonatale sono stati la TTTS (OR 9; 95% CI 5% 3,6-22,8) ed il parto
pretermine <32 settimane (OR 5; 95% CI 1,8-15,5).
Conclusioni: nonostante il monitoraggio intensivo, le gravidanze gemellari monocoriali
biamniotiche devono continuare ad essere considerate ad alto rischio, specialmente prime
delle 24 settimane. il rischio di morte endouterina fetale dopo le 32 settimane è basso. La
TTTS ed il parto pretermine <32 settimane sono i maggiori fattori di rischio di mortalità.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
VELOCIMETRIA DOPPLER DELLE ARTERIE UTERINE E SVILUPPO DI COMPLICANZE
NELLE GRAVIDANZE GEMELLARI
Masini G, Tordini C, Pietrosante A, Gaini C, Franchi C, Pasquini L
Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi/Universita' di Firenze, Centro di Medicina Fetale e
Diagnosi Prenatale/Dipartimeto Assistenziale integrato Materno Infantile, Firenze
Razionale: Valutare l’efficacia della velocimetria doppler delle arterie uterine nella
predizione di complicanze nelle gravidanze gemellari.
Materiali e metodi: Studio osservazionale retrospettivo sulle gravidanze gemellari che
avevano eseguito la velocimetria doppler delle arterie uterine transaddominale tra 19+0 e
26+6 settimane. Sono stati valutati PI, RI e presenza di notch. Per quanto riguarda l’esito
della gravidanza si è valutato: l’epoca gestazionale del parto, l’incidenza di pre-eclampsia,
ritardo di crescita, distacco di placenta e morte intrauterina. Le variabili categoriche sono
state analizzate utilizzando Fisher’s exact test, mentre le variabili continue sono state
confrontate utilizzando U-test di Mann-Whitney. Sono stati calcolati specificità, valore
predittivo e likelihood ratio con intervalli di confidenza al 95% di significatività per un cut off
di PI medio superiore al 95° percentile e la presenza di notch bilaterale nelle arterie uterine.
Risultati: Sono state incluse 517 gravidanze gemellari: 400 (77,4%) bicoriali e 117 (22,6%)
monocoriali. L’epoca gestazionale mediana era di 24+1settimane (range 19+1–
26+4settimane). La mediana dei valori di PI medio era 0,75 e il 95° percentile era di 1,14.
Nello 0,6% dei casi era presente notch bilaterale. L’ipertensione e la pre-eclampsia si sono
verificate in 31 (6%) casi. 67 (12,9%) gravidanze sono state complicate da ritardo di crescita
di entrambi i feti e 144 (27,8%) di un solo feto. Ci sono stati 5 (1%) casi di distacco di
placenta, 5 (1%) casi di morte intrauterina di un solo feto e 2 (0,4%) casi di morte intrauterina
di entrambi, 41 (7,9%) casi di parto pretermine precoce. La specificità è risultata superiore al
95% per tutti i parametri sia considerando il PI medio delle uterine che il notch bilaterale da
solo, tuttavia il valore predittivo positivo è basso.
Conclusioni: La velocimetria doppler delle arterie uterine presenta un basso valore
predittivo positivo per lo sviluppo di complicanze.
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Gravidanza gemellare
IL MONITORAGGIO ECOGRAFICO NELLA GRAVIDANZA BIGEMINA MONOCORIALE
MONOAMNIOTICA: QUALE STRATEGIA?
Cantanna E
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Arduino S
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza,
Bossotti C
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Borgarello V
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Libanori E
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Piazzese A
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Ingala A
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Viora E
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza Torino
Todros T
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Le gravidanze monocoriali-monoamniotiche sono rare e non vi è consenso su quali debbano
essere il monitoraggio ed il timing del parto per contenere il tasso di mortalità ante e
perinatale (10-20%).
Il nostro protocollo di monitoraggio è: biometria bimestrale da 16 settimane associata a
doppleflussimetria ombelicale (DF), misurazione del liquido amniotico e visualizzazione delle
vesciche con ricovero a 29 settimane per monitoraggio cardiotocografico due volte al giorno
e DF bisettimanale. L’espletamento del parto mediante taglio cesareo elettivo (TC) viene
effettuato tra 32 e 33 settimane. Delle ventinove gravidanze monocoriali monoamiotiche
afferite presso il nostro ambulatorio dal 2005 al 2015 su un totale di 1360 abbiamo seguito
secondo questi criteri ventiquattro casi escludendo tre aborti e due interruzioni
terapeutiche di gravidanza.
La mediana dell’età gestazionale al parto è stata 32 settimane [27-35]. In cinque casi (20%) il
parto e’ avvenuto < 32 settimane (TTS acuta, CTG patologico, travaglio inarrestabile,
patologia materna) Complessivamente la sopravvivenza è stata del 94% (45/48). Le morti
perinatali sono state tre (cardiopatia, feto malformato), nessun caso di morte endouterina.
Tra i sopravvissuti (45) tutti i neonati hanno richiesto assistenza in terapia intensiva. In 26
casi (58%) c’e’ stato distress respiratorio: di questi nove erano nati < 32 settimane (9/26,
35%), in un caso di questi si è verificata un’emorragia cerebrale in associazione.
Nella nostra casistica abbiamo avuto tassi di mortalita’ ante e perinatale inferiori rispetto a
quanto riportato in letteratura, probabilmente attribuibili al tipo di monitoraggio da noi
condotto. In considerazione dell’elevato tasso di distress respiratorio ipotizziamo che uno
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
stretto monitoraggio consenta di posticipare ulteriormente l’epoca del parto migliorando
contemporaneamente la morbilità neonatale.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
IL RUOLO DELL’ECOGRAFIA NELLA VALUTAZIONE DELL’INFILTRAZIONE
MIOMETRIALE IN CASI DI GRAVIDANZA GEMELLARE CON MOLA COMPLETA E
COESISTENTE FETO.
Chiappa V
IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Ginecologia Chirurgica, Milano
Bogani G
IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Ginecologia Chirurgica, Milano
Bonazzi CM
Ospedale San Gerardo, Ginecologia e Ostetricia, Monza
Giuliani D
Ospedale San Gerardo, Ginecologia e Ostetricia, Monza
Fruscio R
Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ginecologia e Ostetricia, Monza
Introduzione: Le gravidanze gemellari in cui una mola completa coesiste con feto sano
(CHM&CF) rappresentano una rara condizione (1: 22,000 – 100,000 gravidanze).
La gestione è controversa in quanto pochi casi sono descritti in letteratura e molte le
possibili complicanze: emorragia severa, early-onset precampsia, ipertoroidismo, patologia
trofoblastica persistente dopo l’interruzione/termine della gravidanza.
Obiettivo di questa revisione di casistica è una valutazione critica del ruolo dell’ecografia al
momento della diagnosi e counselling di queste pazienti.
Metodi: Revisione dei casi di un singolo centro: le pazienti venivano sottoposte a ecografia
transvaginale e transaddominale alla diagnosi di CHM&CF, con valutazione 3D
dell’interfaccia tra la mola completa e il miometrio.
Risultati: Nel periodo 2010-2013 quattro pazienti sono state trattate per CHM&CF: tre
riferite a 18-20 sg e una a 34 sg per sospetta displasia mesenchimale.
Due pazienti, nonostante l’esclusione ecografica di infiltrazione miometriale, han deciso di
interrompere la gravidanza a 18 e 20 sg; all’imaging dopo travaglio abortivo non era
presente infiltrazione miometriale.
Una paziente a 20 sg ha deciso di proseguire la gravidanza; il sacco molare era previo e a 22
sg è andata incontro a travaglio abortivo dopo rottura spontanea del sacco molare e
emorragia severa. La quarta paziente è stata riferita per taglio cesareo in sospetta displasia
mesenchimale: al cesareo in realtà il feto era coesistente con mola completa in involuzione.
Conclusioni: L’ecografia dovrebbe essere la metodica di scelta per la valutazione basale dei
casi di CHM&CF. Nella nostra esperienza l’ecografia si è rivelata adeguata nel predire
l’infiltrazione miometriale sia alla valutazione dinamica bisimensionale che al 3D.
Il caso di sospetta displasia mesenchimale rivelatosi al cesareo CHM&CF è un esempio di
come anche questi casi se non trattati/interrotti hanno una chance di esitare in un parto del
feto coesistente alla mola senza complicanze.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
LA DISCREPANZA DI CRESCITA FETALE > 25% NELLA GRAVIDANZA BIGEMINA
BICORIALE: SGA O FGR?
Bossotti C
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Arduino S
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza,
Cantanna E
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Borgarello V
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Libanori E
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Gaglioti P
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Masturzo B
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Benedetto G
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Viora E
Centro di Ecografia e Diagnosi Prenatale, AOU Città della Salute e della Scienza Torino
Todros T
SC2U, Università di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino
Nel trattamento dei feti piccoli per l’età gestazionale (SGA) è importante differenziare gli
SGA costituzionali da quelli affetti da restrizione di crescita intrauterina (FGR): il
monitoraggio ed il trattamento sono diversi. Gli FGR possono essere identificati sulla base
della curva di crescita rallentata, del Doppler uterino e/o ombelicale patologici, del peso
stimato < 3° centile.
Non ci risulta che questa diagnosi differenziale sia stata considerata quando si verifichi
l’iposviluppo di un gemello nella gravidanza bicoriale, malgrado in questo caso sia di cruciale
importanza, in quanto la decisione di espletare il parto a favore del piccolo può
rappresentare un danno per l’altro gemello.
Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su 28 gravidanze bicoriali con
discrepanza di crescita riconoscendo 15 SGA e 13 FGR.
Per nessuno SGA e’ stato anticipato il parto a favore del piccolo: tutti (30) sono nati > 35
settimane, con buoni esiti.
Tra gli FGR la mediana dell’eta’ gestazionale al parto e’ stata 35 settimane [30 – 37]. In due
casi il parto e’ stato espletato per patologia materna, in quattro per travaglio inarrestabile,
nei restanti sette su indicazione fetale tra 31 e 37 settimane. Tutti i neonati (26) sono
sopravvissuti. Di questi il 70% degli FGR (9/13) e il 40% dei cogemelli normocresciuti (5/13)
ha richiesto assistenza in terapia intensiva.
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La principale complicanza e’ stato il distress respiratorio che si e’ verificato nel 30% degli
FGR (4/13) e nel 38% dei cogemelli normocresciuti (5/13).
La diagnosi differenziale ecografica può condizionare il management ed il timing del parto. In
caso di SGA l’epoca del parto non deve essere anticipata. Nei feti FGR il monitoraggio
ecografico deve essere più stringente ed il timing del parto bilanciato tra i rischi in utero per
il feto FGR e la prematurità iatrogena per il feto con accrescimento regolare.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
GRAVIDANZA MONOCORIALE TRIAMNIOTICA COMPLICATA DA DOPPIA ANOMALIA
FETALE: CASE REPORT E REVISIONE DELLA LETTERATURA
Capuano P
Clinica Ginecologica e Ostetrica 2
DIMO, Università di Bari
D'Addario V
Clinica Ginecologica e Ostetrica 2
DIMO, Università di Bari
Viene riportato un raro caso di gravidanza trigemina monocoriale tri-amniotica insorta dopo
PMA (ICSI). Il primo feto presentava morfologia e biometria normali per l’epoca
gestazionale; il secondo risultava affetto da ostruzione urinaria bassa con marcata
distensione della vescica ed iniziali segni di idronefrosi: il terzo era un acardio nel quale si
riconoscevano due abbozzi femorali. La diagnosi è stata effettuata alla 14^ settimana in
paziente inviata con sospetto di gravidanza bigemina con un feto affetto da megavescica. La
paziente aveva già eseguito NIPT che non aveva evidenziato aneuploidie. Dopo un
counselling sulle possibili evoluzioni di tale gravidanza multipla complicata e sui possibili
trattamenti intrauterini, la paziente ha optato per l’interruzione di gravidanza.
Una review della letteratura ha evidenziato solo 3 casi di gravidanza trigemina monocoriale
complicate dalla presenza di un feto acardio con gli altri due normali.
Vengono discussi i possibili meccanismi patogenetici di tale rara varietà di gravidanza
monocoriale e i possibili trattamenti intrauterini.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
RUOLO DELL'INTERLEUCHINA 16 IN GRAVIDANZE GEMELLARI COMPLICATE DA
DIFETTO DI CRESCITA INTRAUTERINO SELETTIVO: UN NUOVO MARCATORE
Giunta G
Department of Woman’s and Child’s Health, University of Padua
Visentin S
Department of Woman’s and Child’s Health, University of Padua
Cosma C
Laboratory Medicine, University of Padua, Padua
Faggian D
Laboratory Medicine, University of Padua, Padua
Cosmi E
Department of Woman’s and Child’s Health, University of Padua
Introduzione: Le gravidanze gemellari rappresentano un modello naturale di ritardo di
crescita selettivo. Lo spessore intima medio aortico fetale e neonatale (aIMT) si è visto
correlato ad un aumento rischio di disfunzione endoteliale. L’ interleuchina 16 (IL 16), una
citochina infiammatoria con proprietà chemotattiche, sembra rivestire un importante ruolo
in presenza di un danno endoteliale.
Scopo dello studio: (1) Comparare nel contesto delle gravidanze gemellari lo spessore aIMT
tra feti sIUGR, small for gestational age (SGA) e di peso appropriato per epoca gestazionale
(AGA) e (2) Determinare l’espressione dell’ IL-16 nel sangue cordonale dei feti sIUGR, SGA
ed AGA.
Materiali e Metodi: sono state prese in considerazione 42 gravidanze gemellari. I feti sono
stati classificati in tre gruppi: feti sIUGR (peso fetale stimato (EFW) < 10° percentile con
indice di Pulsatilità (PI) nell’arteria ombelicale > 2 SD), feti SGA (EFW < 10° percentile e con
normale Doppler velocimetria dell’arteria ombelicale), e feti con EFW compreso tra il 10° e il
90° centile. L’ aIMT è stata misurata ad un’ epoca gestazionale media di 32 settimane
gestazionali. Un campione di sangue cordonale è stato ottenuto subito dopo l’espletamento
del parto.
Risultati: Si sono ottenute 10 coppie caratterizzate dalla coppia sIUGR-AGA, 10 coppie SGAAGA e 22 coppie AGA-AGA. L’ aIMT risultava essere maggiore nei feti sIUGR e SGA rispetto
gli AGA (p <0.0002). L’ IL-16 era significativamente aumentata nei gemelli sIUGR rispetto gli
AGA (737,43 pg/ml vs 342,38 pg/ml p 0.0007) e negli sIUGR rispetto agli SGA (419,55 pg/ml,
p 0.01). Si è riscontrata infine nei feti sIUGR una correlazione negativa tra il peso alla nascita
ed IL -16 (p 0.009).
Conclusioni: Questi risultati sembrano sostenere anche nel modello gemellare la presenza di
un danno endoteliale subclinico correlato al basso peso alla nascita e ad alterazioni Doppler
flussimetriche.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
VALENZA DEL TEST COMBINATO NELLE GRAVIDANZE GEMELLARI
Gaini C
azienda ospedaliero universitaria careggi, centro di medicina fetale, firenze
Conticini S
azienda sanitaria firenze, centro di diagnosi prenatale ospedale piero palagi, firenze
Cordisco A
azienda sanitaria firenze, centro di diagnosi prenatale ospedale piero palagi, firenze
Bruni L
azienda ospedaliero universitaria careggi, centro di medicina fetale, firenze
Periti E
azienda sanitaria firenze, centro di diagnosi prenatale ospedale piero palagi, firenze
Pasquini L
azienda ospedaliero universitaria careggi, centro di medicina fetale, firenze
Obiettivo: Valutare la performance del Test Combinato nel primo trimestre per il calcolo del
rischio di trisomia 21 nelle gravidanze gemellari, utilizzando la misurazione della
translucenza nucale e il dosaggio della biochimica materna (PAPP-A e BhCG).
Materiali e Metodi: Studio osservazionale retrospettivo su 187 gravidanze gemellari che
hanno eseguito il Test Combinato presso il Centro di Medicina Fetale di Careggi nel periodo
Giugno 2010-Ottobre 2014. Sono state escluse 57 gravidanze in quanto non
corrispondevano ai criteri di inclusione richiesti (gravidanze trigemine e quadrigemine,
assenza della biochimica, outcome della gravidanza sconosciuto, mancata determinazione
del cariotipo fetale). Sono stati calcolati Sensibilità e Specificità del test.
Risultati: Il numero di gravidanze gemellari incluse nello studio è stato di 130 per un numero
complessivo di 260 feti screenati per il rischio di trisomia 21, trisomia 13 e 18. Su 260 feti
esaminati 37 ( 14%) hanno avuto un rischio ricalcolato al momento dello screening per
trisomia 21 >1:250. In 16 feti su 50 (32%) è stato determinato il cariotipo fetale tramite
amniocentesi; in 30 feti su 50 (60%) tramite villocentesi e per 2 feti (8%) non è stato
determinato il cariotipo per scelta materna.
Conclusioni: La Sensibilità del Test Combinato nelle gravidanze gemellari prese in esame è
risultata del 100% mentre la specificità è risultata del 86.1% con un tasso di falsi positivi del
13%. I risultati ottenuti dal nostro studio mostrano una sensibilità e specificità del Test
Combinato sovrapponibile rispetto a quella descritta nei maggiori studi in letteratura. Il Test
Combinato può quindi essere ritenuto un valido strumento di screening per la trisomia 21
nelle gravidanze gemellari.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
RUOLO DELL’EMBRIORIDUZIONE NELLA GESTIONE DELLE GRAVIDANZE TRIGEMINE
Gaini C
azienda ospedaliero universitaria careggi, centro di medicina fetale, firenze
Carri G
azienda sanitaria firenze, centro di diagnosi prenatale ospedale piero palagi, firenze
Lozza V
azienda sanitaria firenze, centro di diagnosi prenatale ospedale piero palagi, firenze
Masini G
azienda ospedaliero universitaria careggi, centro di medicina fetale, firenze
Periti E
azienda sanitaria firenze, centro di diagnosi prenatale ospedale piero palagi, firenze
Pasquini L
azienda ospedaliero universitaria careggi, centro di medicina fetale, firenze
Obiettivo: Valutare se la procedura di embrioriduzione nelle gravidanze trigemine tricoriali
triamniotiche riduce il rischio di aborto prima delle 24 settimane e di parto prematuro prima
delle 32 settimane.
Materiali e Metodi: Studio multicentrico retrospettivo su 107 gravidanze trigemine TCTA
seguite presso la Diagnosi Prenatale dell’Ospedale Piero Palagi e del Centro di Medicina
Fetale di Firenze nel periodo gennaio 2007-dicembre 2014. Sono state incluse nello studio
99 gravidanze trigemine tricoriali con 3 feti vivi all’ecografia del primo trimestre (11-13⁺6
settimane) a cui è stata proposta l’embrioriduzione o la prosecuzione della gravidanza come
trigemina. In entrambi i casi le gravidanze sono state seguite con un’ecografia ogni 4
settimane. Gli outcomes valutati per entrambi i gruppi sono stati il rischio di aborto prima
delle 24 settimane, il parto prematuro prima delle 32 settimane e l’età gestazionale media al
parto.
Risultati: Delle 99 gravidanze trigemine incluse 72 (72.7%) hanno optato per la prosecuzione
della gravidanza come trigemina, mentre 27 (27.3%) hanno deciso di sottoporsi alla
procedura di embrioriduzione nel primo trimestre. Nel gruppo di attesa il tasso di aborto
prima delle 24 settimane è stato dell’8.3% mentre nel gruppo di gravidanze sottoposte ad
embrioriduzione è stato dell’ 11.1% mentre la percentuale di parto prematuro prima delle 32
settimane è stata del 37.5% nel gruppo di attesa e di 11.1% nel gruppo embrioridotto. L’età
gestazionale media al parto è stata di 31.8 (24.9-35.6) nel gruppo di attesa e di 35.6 (27.040.0) nel gruppo di embrioridotte. E’ stato osservato un maggior incremento di peso (478
grammi) nei neonati delle gravidanze sottoposte ad embrioriduzione.
Conclusioni: I nostri dati confermano che l’embrioriduzione non presenta ne un aumento
significativo di abortività ne vantaggi significativi in termini di morbilità perinatale mentre ha
comportato prolungamento della gestazione e un incremento di peso alla nascita.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
LA GRAVIDANZA GEMELLARE MONOCORIALE MONOAMNIOTICA CON DUE SACCHI
VITELLINI: CASE REPORT
Di Giovanni S
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Pavone G
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Gustapane S
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Impicciatore G
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Liberati M
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Ricciardulli A
Ospedale Clinicizzato "S.S.Annunziata", Università degli Studi "G.d'Annunzio" Chieti
Razionale: in passato la determinazione dell’ amnioticità nelle gravidanze gemellari
monocoriali basata sul numero di sacchi vitellini nel I trimestre era considerato un buon
indicatore. Alla luce dell’aumento dei casi di discordanza tra numero di sacchi vitellini ed
amnioticità riportati in letteratura, riportiamo un caso riscontrato nel nostro centro a
conferma della scarsa attendibilità di questa metodica nel I trimestre.
Materiali e Metodi: riportiamo il caso di una II gravida (1 prec. aborto spontaneo) di anni 34,
afferita a 7 w + 1 g di gestazione presso l’ U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia dell’ Ospedale SS.
Annunziata di Chieti per eseguire un’ecografia del I trimestre.
Risultati: l’esame ecografico ha rilevato la presenza di due embrioni dotati di battito cardiaco
con CRL rispettivamente di 11,7 mm e 11,2 mm, numero 2 di sacchi vitellini, assenza di
membrana interamniotica tra i due embrioni, pertanto è stata formulata la diagnosi di
gravidanza gemellare monocoriale monoamniotica. Un ulteriore controllo ecografico a 9 w +
4 g ha confermato la diagnosi di gravidanza monocoriale monoamniotica (2 embrioni con
BCE e 2 sacchi vitellini). La conferma diagnostica definitiva è avvenuta nel corso della XI
settimana di gestazione in cui non si è visualizzata la presenza di membrana amniotica. Sono
stati eseguiti controlli ecografici ogni due settimane a partire dalla xx settimana, con
valutazione di accrescimento, flussimetria Doppler e liquido amniotico. Il taglio cesareo è
stato eseguito in urgenza a 31 settimane +5 giorni per AEDF di un gemello, previa
esecuzione di maturità polmonare con due dosi di Bentelan 12 mg a distanza di 24 ore.
Conclusioni: la diagnosi di monoamnioticità delle gravidanze gemellari monocoriali non
dovrebbe basarsi unicamente sul numero di sacchi vitellini rilevati nell’ecografia del I
trimestre precoce (tra 7 e 9 settimane), bensì sulla mancata visualizzazione della membrana
interamniotica divisoria confermata da controlli successivi.
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Ostetricia - Gravidanza gemellare
CURVE DI CRESCITA FETALE CUSTOMIZZATE NELLE GRAVIDANZE BIGEMINE NON
COMPLICATE
Ghi T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Piastra A
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Cariello L
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Franchi L
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
F Bellussi
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Morselli Labate A
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Nardi E
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
N. Rizzo
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
G Pilu
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Frusca T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Razionale: Confrontare tra gravidanze gemellari e singole i parametri biometrici ottenuti
nel III trimestre ponendo attenzione alla diversa corionicità.
Materiale e metodi: È stata eseguita una raccolta retrospettiva dei dati biometrici ottenuti
in tutte le gravidanze bigemine non complicate seguite presso l’Università di Bologna tra il
Marzo 2007 ed il Dicembre 2013 e sottoposte ad uno o più esami ecografici tra la 23 e la 35
settimana di gestazione. I parametri ottenuti nelle diverse settimane di gravidanza sono stati
confrontati con un campione di gravidanze singole non complicate. Inoltre è stato eseguito
un confronto tra le gravidanze bicoriali vs monocoriali.
Risultati: E’ stato ottenuto un campione di 175 gravidanze bigemine di cui 41 monocoriali
(23.4%) e 134 bicoriali (76.6%). Rispetto al gruppo di controllo di 359 gravidanze singole,
tutti i parametri biometrici rilevati nelle gravidanze bigemine ad eccezione del DBP hanno
mostrato valori globali significativamente diversi (p <.0001). Per alcuni di questi parametri
(DBP e peso stimato) il trend di accrescimento è risultato significativamente inferiore nel
periodo di osservazione tra 23 e 35 settimane. Il confronto tra i parametri biometrici
ottenuti nelle gravidanze bicoriali vs alle gravidanze monocoriali ha mostrato nel primo
gruppo valori globali significativamente maggiori di CC e femore. Viceversa il trend di
crescita di tutti i parametri biometrici considerati è risultato pressochè sovrapponibile tra i
due gruppi
Conclusioni: Questi dati sembrano confermare che ad eccezione del DBP tutti i parametri
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
biometrici delle gravidanze bigemine nel III trimestre sono significativamente più piccoli
rispetto a quella delle gravidanze singole e per alcune misure (BBP e peso) la differenza si
accentua nel corso della gravidanza. Nelle gravidanze bicoriali rispetto a quelle monocoriali i
valori di CC e femore sembrano significativamente maggiori senza differenze nel trend di
accrescimento delle varie misure.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
DIAGNOSI PRENATALE, OUTCOME E FOLLOW-UP IN 213 CASI DI SPINA BIFIDA
Masini L, Noia G, De Santis M
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica, Roma
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica, Roma
Rendeli C
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Clinica Pediatrica, Roma
Caldarelli M
Università Cattolica del Sacro Cuore, Neurochirurgia Infantile, Roma
Massimi L
Università Cattolica del Sacro Cuore, Neurochirurgia Infantile, Roma
Tamburrini G
Università Cattolica del Sacro Cuore, Neurochirurgia Infantile, Roma
Lanzone A
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica, Roma
Caruso A
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica, Roma
Obiettivo: Mediante l’analisi di 213 casi, osservati dal 1980 al 2014, verificare eventuali
cambiamenti riguardo la diagnosi prenatale, l’esito gestazionale e l’outcome pediatrico delle
gravidanze con feto affetto da Spina Bifida (SB). La casistica è stata divisa in 2 gruppi: Gruppo
1 (1980 - 1994), 72 casi; Gruppo 2 (1995 - 2014), 141 casi.
Materiale e Metodi: Le 213 gravidanze con feto con SB sono state seguite dalla diagnosi al
termine di gravidanza. Il parto è stato programmato, mediante taglio cesareo, nelle SB
aperte. I nati sono stati sottoposti a chiusura precoce del difetto spinale e, quando
necessario, è stato effettuato posizionamento di shunt ventricolo-peritoneale o III
ventricolo-stomia. Il follow-up è stato effettuato da un team multidisciplinare.
Risultati e Conclusioni: Nei 213 casi di SB (190 aperti, 23 chiusi), la diagnosi prenatale è
stata effettuata in 113 feti: 2 casi nel I trimestre, 108 nel II trimestre, 93 nel III trimestre. Nei
10 casi di SB non diagnosticati prenatalmente (4.7%), era stata diagnosticata
Ventricolomegalia (VM) in 6 feti. Nel Gruppo 1 la diagnosi prenatale era stata effettuata nel
III trimestre nel 66.7% (48 casi) ed in 7 feti (9.7%) il difetto non era stato identificato; nel
Gruppo 2 la diagnosi prenatale è stata effettuata nel II trimestre nel 65.3% dei casi e in 3 feti
(2.1%) il difetto spinale non è stato diagnosticato. L’esito della gravidanza è noto in 208 casi:
2 aborti spontanei, 37 interruzioni di gravidanza (eseguite in altra sede), 169 parti (32
pretermine, 137 a termine; 11 vaginali, 158 mediante taglio cesareo). Dei 165 nati vivi
(77.5% della casistica), 145 neonati (87.9%) hanno effettuato correzione del difetto spinale e
109 neonati hanno eseguito interventi per idrocefalia. La mortalità perinatale o infantile è
stata del 23.6% nel Gruppo 1 e del 9.9% nel Gruppo 2.
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Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
DIAGNOSI, ASSOCIAZIONE E OUTCOME DELLE PICCOLE CISTI INTEREMISFERICHE
FETALI
Tempesta A
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Campobasso G
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Volpe G
U.O. Ostetricia e Ginecologia, Università degli Studi di Bari, Bari
De Robertis V
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Rembouskos G
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Volpe P
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Razionale: Dimostrare l’outcome delle cisti cerebrali interemisferiche con diametro
massimo ≤ 10mm diagnosticate in epoca prenatale.
Materiale e Metodi: In questo studio retrospettivo ed osservazionale della durata di 6 anni
sono state esaminate sia le gestanti sottoposte a screening delle malformazioni fetali
maggiori del II trimestre sia quelle inviate per sospetta malformazione congenita.
In ciascun caso è stato eseguito uno studio dettagliato dell’anatomia fetale ed un esame
accurato dell’encefalo mediante neurosonografia fetale; tutti i feti sono stati poi sottoposti
follow-up prenatale per valutare la potenziale evoluzione della lesione cistica
interemisferica; in tutti i casi in cui erano presenti altre anomalie associate, è stato offerto lo
studio del cariotipo fetale. Sono state escluse dallo studio le cisti della fossa cranica
posteriore.
Risultati: Sono stati riscontrati 22 casi di cisti interemisferiche (cisti del setto pellucido, del
cavum veli interpositum, della lamina quadrigemina e del cavum vergae). Di queste 9 (40,9%)
erano isolate, 7 (31,8%) erano associate a patologie cerebrali, 3 (13,6%) ad anomalie
extracerebrali, 3 (13,6%) a malformazioni cerebrali ed extracerebrali, di cui una con
cromosomopatia.
Delle lesioni cistiche diagnosticate, 5 sono regredite spontaneamente nel III trimestre; 15
sono rimaste invariate; solo 1 è aumentata di dimensioni (da 5 x 4 mm a 21 settimane a 12 x 9
mm a 29 settimane). La prognosi dipendeva dalle patologie associate; infatti in tutti i casi in
cui le cisti erano isolate l’outcome era favorevole.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Conclusioni: le lesioni cistiche interemisferiche fetali ≤ 10 mm tendono a rimanere stabili nel
corso della gravidanza; la loro presenza suggerisce uno studio attento della restante
anatomia cerebrale ed extracerebrale in virtù della loro significativa associazione con altre
anomalie. Quando isolate, l’outcome è favorevole.
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Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
NOMOGRAMMI DI CRESCITA DELLA CORTECCIA DELL'INSULA E DELLA SCISSURA
SILVIANA DURANTE LA GRAVIDANZA: STUDIO CROSS-SEZIONALE
Spinelli M.
Department of Neurosciences, Reproductive Sciences and Odontostomatology, University of
Naples “Federico II”, Italy
Sica C.
Private Prenatal Diagnostic Centre “Diagnostica ecografica Aniello Di Meglio s.r.l.
Di Meglio L.
Private Prenatal Diagnostic Centre “Diagnostica ecografica Aniello Di Meglio s.r.l.
Di Meglio A.
Private Prenatal Diagnostic Centre “Diagnostica ecografica Aniello Di Meglio s.r.l.
Martinelli P
Department of Neurosciences, Reproductive Sciences and Odontostomatology, University of
Naples “Federico II”, Italy
Razionale: Lo studio ecografico prenatale della corteccia cerebrale fetale rappresenta a
tutt’oggi una sfida anche per ecografisti esperti. Lo scopo di questo studio è fornire
nomogrammi ecografici di sviluppo della scissura silviana (SF) e della corteccia dell’insula (IC)
durante la gravidanza, nonché valutare la riproducibilità di queste misurazioni, allo scopo di
fornire uno strumento utile per il miglioramento della diagnosi dei difetti di migrazione.
Metodi: Questo è uno studio cross-sezionale eseguito tra aprile e dicembre 2014. Sono state
incluse 280 gravidanze fisiologiche, a basso rischio, tra 18 e 33 settimane di amenorrea. La
misurazione delle SF e IC è stata eseguita per via trans-addominale attraverso la scansione
trans-talamica standard. In 38 casi la misurazione è stata ripetuta in cieco da un secondo
operatore. La relazione tra i valori di SF e IC e l’epoca gestazionale (GA) è stata espressa
attraverso l’analisi di regressione. La variabilità inter-osservatore è stata espressa
attraverso il coefficiente di correlazione intraclasse (ICC).
Risultati: In tutti i casi è stata ottenuta una adeguata misurazione di SF ed IC. Sia SF
(constant= -5.43; slope= 0.62; r=0.81, p<.0001) che IC (constant= -2.41; slope= 0.81; r=0.86,
p<.0001) correlano in modo lineare con GA. E’ stata altresì osservata una elevata
riproducibilità delle misurazioni (ICC=0.97 95% CI 0.94-0.98).
Conclusioni: La valutazione biometrica di SF e IC può essere eseguita facilmente attraverso
la scansione transtalamica standard ed è riproducibile. Dal momento che i nomogrammi
correlano con GA, il loro utilizzo potrebbe rappresentare un utile strumento per stimare lo
sviluppo della corteccia fetale, nonché per facilitare la diagnosi, il couselling ed il
management dei difetti di maturazione corticale.
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Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
INFEZIONE DA ROSOLIA IN GRAVIDANZA: LA NOSTRA ESPERIENZA
Donadono V, Migliucci A, Quaglia F, Mazzarelli L L, Morlando M, Sirico A, Sarno L, Simioli S,
Capone A, Esposito FG, Esposito G, Fagioli R, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA
UOC Emergenze Ostetrichee Ginecologiche
Razionale: L’obiettivo di questo studio è stato valutare il ruolo dell’ecografia nella diagnosi
prenatale di infezione rubeolica in gravidanza e la relazione con l’outcome ad un anno di vita.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo condotto su una popolazione di 234 donne riferite
al centro di malattie infettive in gravidanza dell’Università Federico II di Napoli tra Gennaio
1999 e Gennaio 2012. Nei casi confermati di infezione durante la gavidanza sono state
eseguite periodiche ecografie fetali ricercando i segni prenatali ecografici di infezione
(cataratta, microftalmia, microcefalia, calcificazioni cerebrali, malformazioni cardiache,
epatosplenomegalia, IUGR). E’ stato poi raccolto l’outcome a un anno dalla nascita.
Risultati: Sulla base dei criteri diagnostici del CDC (centers for disease control and
prevention), sul totale delle 234 gravide sono risultati: 69 (29.5%) casi di infezione
confermata, 100 (42.7%) casi di infezione sospetta, 65 (27.8%) casi di infezione esclusa. Tra
le pazienti con infezione confermata 9 (13%) hanno interrotto la gravidanza, 7 (10.1%) hanno
avuto un aborto spontaneo, 10 ( 14.5%) hanno eseguito un aborto terapeutico a seguito di
amniocentesi risultata positiva e/o di segni ecografici di infezione, 14 (20.3%) hanno
partorito un bambino infetto da rosolia, 29 (42%) hanno partorito un bambino non infetto. In
particolare tra i 14 bambini con infezione congenita 10 (71.4%) erano asintomatici, 4 (28.6%)
presentavano una sindrome da rosolia congenita (CRS). In tre bambini con CRS le
malformazioni erano state evidenziate in epoca prenatale all’ecografia: feto 1 mostrava
calcificazioni cerebrali; feto 2 mostrava difetto interventricolare; feto 3 presentava
cardiomegalia, difetto interatriale, epatoslenomegalia, ascite, IUGR in associazione a
iperecogenicià intestinalà, polidramnios, iperplacentosi. La specificità dell’ecografia è
risultata essere del 100% mentre la sensibiltà del 21.4%.
Conclusioni: L’ecografia ha elevata sensibilità nella diagnosi di infezione intrauterina tranne
che in presenza di importanti anomalie. Il limite inoltre dell’ecografia è l’individuazione di
anomalie delle funzioni sensoriali.
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Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
ECOGRAFIA E RISONANZA MAGNETICA NELLA DIAGNOSI DELLE ANOMALIE DELLO
SVILUPPO CORTICALE: UN RARO CASO DI MICROCEFALIA ASSOCIATA A
POLIMICROGIRIA.
Galli L
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Ghi T
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Kaihura CT
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Volpe N
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Musarò A
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Ormitti F
Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma, U.O. di Neuroradiologia, Parma
Frusca T
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Introduzione: La microcefalia è definita da una circonferenza cranica <3 DS della norma. Tra
le cause troviamo anomalie della migrazione neuronale con disordini dello sviluppo corticale.
Presentiamo un caso di microcefalia fetale in cui, dopo un primo sospetto ecografico di
lissencefalia, è stata posta diagnosi alla risonanza magnetica (RM) di polimicrogiria.
Case-Report: O.O.veniva inviata a 28 settimane per circonferenza cranica <5° centile.
Presso la Nostra U.O. si diagnosticava microcefalia associata ad anomalie delle
circonvoluzioni della convessità cerebrale, in particolare a livello del lobo frontale,
compatibili con lissencefalia. La RM cerebrale confermava la riduzione della biometria
cranica e mostrava l’alterazione bilaterale del profilo corticale in sede fronto-parietale come
da probabile anomalia dello sviluppo corticale riferibile a polimicrogiria. Al successivo
controllo ecografico, effettuato alla 34° settimana, si visualizzavano fini indentazioni “a
dente di sega” del profilo della corteccia fronto-parietale compatibili con il referto della RM.
A 36 settimane veniva effettuato taglio cesareo urgente per travaglio di parto in
presentazione podalica, con nascita di feto di 2100 gr e normali APGAR e pH ombelicale. Le
indagini neurologiche postnatali confermavano il quadro di polimicrogiria descritto in epoca
prenatale.
Discussione: La microcefalia si associa ad elevata probabilità di outcome neurologico
sfavorevole. Ad oggi l’ecografia prenatale è poco accurata nella diagnosi di alterazioni
corticali in quanto la migrazione neuronale si completa nel III trimestre e pertanto l’ecografia
del II trimestre risulta normale. Nondimeno,lo studio dell’encefalo richiede una conoscenza
dell’anatomia corticale che solitamente è competenza dei centri di II livello. La diagnosi di
microcefalia deve porre il sospetto di associate anomalie dello sviluppo corticale ed indurre
all’esecuzione di RM, dotata di maggiore potere risolutivo. Nel nostro caso l’ecografia
precoce aveva interpretato come lissencefalia il quadro di polimicrogiria. L’ecografista
esperto, una volta posta diagnosi, deve quindi inviare la paziente all’esecuzione di RM per la
corretta classificazione del quadro.
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
EMORRAGIA CEREBRALE FETALE INFRATENTORIALE: DIAGNOSI PRENATALE E
REGRESSIONE IN UTERO.
Colicchio D
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
Vitali M
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
Badia V
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
Manganaro L
Dipartimento di Scienze radiologiche “Sapienza” Università di Roma
Caldarelli M
Istituto di neurochirurgia “Università Cattolica del Sacro Cuore” di Roma
Torcia F
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
Razionale: La diagnosi prenatale di emorragia intracranica fetale è rara (incidenza 1:10.000
gravidanze). Nel 47% dei casi esistono condizioni predisponenti: traumi materni, disturbi
della coagulazione fetali (immunizzazione- Rh, trombocitopenia, TTTS, emofilia fetale), abuso
materno di farmaci o droghe, ipossia intrauterina ed infezione materna TORCH. Spesso
l’eziologia rimane ignota. L’emorragia intracranica è classificata come intracerebrale,
intraventricolare o infratentoriale (fossa cranica posteriore) ed extracerebrale (ematoma
subdurale). Essa associa circa 40% di decessi fetali in epoca perinatale. Tra i sopravvissuti <
del 50% hanno un neurosviluppo normale.
Materiali e metodi: La nostra esperienza riguarda una primigravida di 26 anni, con anamnesi
negativa per fattori predisponenti, alla 23 settimana di gestazione con ecografia
deponente per una formazione di mm 36x33, scarsamente vascolarizzata al color-doppler
localizzata in sede infratentoriale.
La RM conferma vasto ematoma tra i foglietti del tentorio che risale verso la grande falce in
posizione epidurale di mm 48 x 25 con intensità di segnale compatibile con emorragia in fase
subacuta precoce con iniziali fenomeni compressivi sul verme cerebellare.
Risultati: La Coppia decide di non eseguire diagnosi prenatale invasiva e di portare a termine
la gravidanza. Controlli ecografici settimanali documentano una progressiva stabilizzazione
e regressione volumetrica della formazione con completa risoluzione alla 32 settimana di
gestazione. Sono in corso i controlli neonatali.
Conclusioni: In letteratura non sono descritti criteri diagnostici ecografici, ma si ritiene di
caratterizzare e monitorizzare l’emorragia con i seguenti paramentri: sede, dimensione,
ecogenicità, presenza di pareti ventricolari iperecogene ed irregolari, foci iperecogeni
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
intraventricolari o parenchimali suggestivi di coaguli. La RM fetale sembra valida per
confermare la diagnosi, ma raramente aggiunge informazioni.
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Ostetricia - Neurosonologia e malformazioni SNC
EMORRAGIA TALAMICA FETALE: ITER DIAGNOSTICO E FOLLOW –UP PERINATALE.
Vitali M
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
Colicchio D
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
De Petrillo P
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia
Manganaro L
Dipartimento di Scienze radiologiche “Sapienza” Università di Roma
Caldarelli M
Istituto di neurochirurgia “Università Cattolica del Sacro Cuore” di Roma
Torcia F
Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e Medicina Translazionale –“Sapienza” Università di
Roma - Sezione di Ginecologia e Ostetricia (Dir. Prof. D.Caserta)
Razionale: La diagnosi prenatale di emorragia intracranica (ICH) ha un’ incidenza di circa
1:10000 gravidanze. La più diffusa classificazione divide le emorragie in intracerebrali ed
extracerebrali (ematoma subdurale). Le intracerebrali sono suddivise in infratentoriali
(fossa cranica posteriore) ed intraventricolari ; queste ultime sono distinte in IV gradi di
gravità crescente. Rimangono di difficile categorizzazione le lesioni emorragiche delle altre
strutture cerebrali.
Materiali e metodi: Riportiamo un caso di emorragia isolata in sede talamica sinistra. Si tratta
di una secondi gravida di 41 aa, con anamnesi negativa per i fattori predisponenti che si
riscontrano nel 47% circa dei casi di ICH ( traumi materni, disturbi della coagulazione fetali,
abuso materno di farmaci specifici e droghe, ipossia intrauterina ed infezione materna del
gruppo TORCH) , cariotipo fetale euploide con feto portatore del gene mutato per F.C..
L’ecografia della 33° settimana evidenzia in sede talamica sinistra una formazione isolata
iperecogena con nucleo centrale anecoide di 21 mm scarsamente vascolarizzata al ColorDoppler. Non evidenza di altre lesioni e di ventricolomegalia. La RM fetale depone per
focolaio emorragico talamico sinistro e segnala assottigliamento del corpo calloso.
Risultati:Nei successivi controlli condotti settimanalmente la formazione risulta invariata
per dimensioni e caratteristiche eco strutturali. La consulenza neurochirurgica ha
indirizzato all’ espletamento del parto tramite T.C.. Sono in corso gli accertamenti postnatali.
Conclusioni: La rarità di questi casi non consente un’elaborazione soddisfacente a formulare
prognosi post-natali rassicuranti. Esiste tuttavia il convincimento dei neurochirurghi che
l’espletamento anticipato del parto non sia influente ai fini prognostici se non in caso di
ventricolomegalia fetale ingravescente.
211
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RUOLO DELLA RM FETALE NELLA DIAGNOSI DELLE PATOLOGIE INFETTIVE IN
GRAVIDANZA
Bernardo S.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Vinci V.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Saldari M.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Giancotti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Aliberti C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Pizzuti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
Silvestri E.
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Catalano C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Manganaro L.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Razionale: Lo scopo dello studio è stato di definire il ruolo della Risonanza Magnetica (RM)
Fetale nella valutazione delle alterazioni cerebrali da infezioni in gravidanza.
Materiali e metodi: Abbiamo effettuato da Settembre 2012 a gennaio 2015 circa 52 RM
fetali per il sospetto di danni parenchimali cerebrali fetali in donne con sieroconversione per
CMV o Toxoplasma. L’età materna era compresa tra 18 e 42 anni (media 33 anni) e l’età
gestazionale tra le 19 e le 33 settimane di gestazione (media 25 SG). Tutte le risonanze sono
state effetuate su magnete 1,5T senza bisogno di sedazione materna.
Risultati: Sul totale delle 52 RM effettuate sono risultate positive 14 (il 27 %circa) rivelando
un’incidenza della patologia di circa il %. LA RM ha evidenziato le seguenti lesioni cerebrali:
lesioni ischemico-emorragiche 2casi, microcefalia in 3 casi, microencefalia 1 caso, cisti
subependimali 5 casi, setti intraventricolari 3 casi, anomalie della girazione 5 casi, lesioni del
polo temporale ventricolare 6 casi. La ventricolomegalia è stata riscontata nella quasi
totalità dei casi come reperto associato. In (8/14 casi), la RM ha aggiunto informazioni ai dati
ecografici. Il follow up post-natale è stato effettuato con l’ecografia transfontanellare e, nei
casi di difficile interpretazione, con la RM; 6/14 casi sono invece andati incontro ad
interruzione e 2/14 casi a morte in utero.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Conclusioni: La RM Fetale è una metodica di imaging di III livello che può essere applicata
nella diagnosi dei danni cerebrali da infezioni in gravidanza e fornisce informazioni rigurdo
l’alterazione parenchimale e l’entità ed estensione del danno clastico da lesion ischemicoemorragiche; tutto ciò risulta di aiuto nella valutazione dell’eventuale planning terapeutico o
counselling con i genitori sull’outcome della gravidanza.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RUOLO DELLA RM FETALE NELLA DIAGNOSI DELLE PATOLOGIE URO-GENITALI.
Bernardo S1, Vinci V1, Saldari M1, Giancotti A2, Aliberti C2, Pizzuti A3, Silvestri E4, Catalano
C1, Manganaro L1
1
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
2
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia,
Roma
3
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
4
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Razionale: L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’accuratezza dellla RM Fetale
nell’individuazione e caratterizzazione delle malformazioni uro-genitali.
Materiali e Metodi: Da marzo 2011 a gennaio 2015 abbiamo effettuato 60 RM in feti con
sospetto di malformazioni del tratto uro-genitale o con esame ecografico dubbio a causa
dell’ologoidramnios. La RM in tutti i casi è stata effettuata su magnete 1.5T e non c’è stato
bisogno di sedazione materna.
Risultati: La RM ha individuato: 5 urinomi, 1 urinoma associato a stenosi del giunto pieloureterale, 6 valvole uretrali posteriori, 1 reni multicistici, 7 rene policistico ,1 rene policistico
associate a vescica ipertrofica, 1 stenosi del giunto pielo-ureterale, 6 reni ectopici, 2
megauretere, 8 pielectasia isolata, 2 idroureteronefrosi, 4 cisti annessiali emorragiche, 2
rene a ferro di cavallo, 1 mega vescica, 3 agenesie renali (1 bilaterale), 7 duplicazioni della
pelvi renale con uretere ectopico, 2 teratoma sacrococcigeo, 1 malformazione della cloaca.
La RM fetale ha confermato la diagnosi ecografica in 39/60 casi, ha escluso la diagnosi
ecografica in 10/60 casi e ha cambiato la diagnosi nei restanti 11 casi. Inoltre, la RM Fetale
ha aggiunto in 10 casi la diagnosi di alterazione dell’intensità di segnale dei polmoni nei feti
con oligo-anidramnios.
Conclusioni: La RM fetale è una metodica complementare nella diagnosi di malformazione
del tratto genito-urinario; inoltre è possibile aggiungere informazioni sullo stato di
maturazione dei polmoni, elemento fondamentale per la gestione della gravidanza.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RUOLO DELLA RM FETALE NELLA DIAGNOSI DELLE PATOLOGIE GASTROINTESTINALI.
Bernardo S.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Vinci V.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Saldari M.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Giancotti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Aliberti C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Pizzuti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
Silvestri E.
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Catalano C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Manganaro L.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Razionale: Derterminare il ruolo della RM Fetale nella diagnosi e nella caratterizzazione
delle patologie del tratto gastro-intestinale fetale.
Materiali e Metodi: Questo è uno studio prospettico, condotto da dicembre 2010 a gennaio
2015, includendo 27 feti con sospetto ecografico di malformazioni del tratto gastrointestinale.
L’esame di risonanza è stato effettuato tra la 24esima e la 38esima settimana di gestazione.
La RM in tutti i casi è stata effettuata su magnete 1.5T e non c’è stato bisogno di sedazione
maternal.
In tutti i feti l’esame di RM è stato effettuato entro una settimana dall’esame ecografico.
Abbiamo incluso feti con diagnosi ecografica di : onfalocele (n=3); dilatazione delle anse
intestinali (n=7; associate ad ascite in 4 casi); formazione cistica addominale (n=5); atresia
esofagea (n=2); anse intestinali iperecogene (n=3), peritonite meconiale (n=3); ascite isolata
(n=2).
Risultati: La risonanza magnetica è stata in grado di porre una corretta diagnosi in in 25 feti.
Dei 25 feti, la RM fetale ha cambiato la diagnosi in 5 casi di cisti addominali ed in un caso di
anse intestinali iperecogene, escludendo anomalie intestinali. La RM è stata in grado di
aggiungere informazioni nel caso di dilatazione delle anse intesinali, in quanto è stata in
grado di rilevare il livello di ostruzione ed in 2 casi la presenza di una dilatazione
215
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
conseguente a microcolon. I 2 casi erroneamente interpretati sono stati: un caso di sospetta
cisti del coledoco che si è rivelata all’intervento chirurgico una duplicazione gastric e
un’ascite isolatata che si è rivelata un linfangioma cistico.
Conclusioni: I nostril risultati preliminary suggeriscono che la RM può aggiungere
informazioni suplementari all’esame ecografico consentendo una migliore gestione postnatale del piccolo paziente.
216
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Roma, 17-20 maggio 2015
raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RUOLO DELLA RM FETALE NELLA DIAGNOSI DELLE LESIONI ISCHEMICOEMORRAGICHE CEREBRALI.
Bernardo S.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Vinci V.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Saldari M.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Giancotti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Aliberti C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Pizzuti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
Silvestri E.
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Catalano C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Manganaro L.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Razionale: L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’accuratezza dellla RM Fetale
nell’individuazione e caratterizzazione delle lesioni ischemico-emorragiche e di valutare
l’estensione del danno parenchimale.
Materiali e Metodi: Da settembre 2012 a gennaio 2015 abbiamo effettuato 271 RM
dell’encefalo fetale nel sospetto di malformazioni cerebrali o infezioni da CMV con sieroconversione. La RM in tutti i casi è stata effettuata su magnete 1.5T e non c’è stato bisogno di
sedazione materna. Tutti gli esami di RM sono stati effettuati entro una settimana dell’esame
ecografico.
Risultati: La RM fetale ha individuato lesion ischemico emorragiche in 19/271 feti, rivelando
un’incidenza della patologia di circa il 7%. La RM ha confermato la diagnosi in 3/19 casi con
sospetto ecografico di lesion ischemico-emorragica associata a ventricolomegalia. In 1/19
casi con ecografia positica per lesion emorragica cerebellare, la RM ha confermato il dato
aggiungendo la valutazione dell’estensione ischemica parenchimale. In 8/19 cases con
sospetto ecografico di ventricolomegalia (n=3), agenesia del corpo calloso (n=2), ipoplasia
del verme (n=1), oloprosencefalia (n=1), spina bifida (n=1) la RM ha individuato lesioni
ischemico-emorragiche non evidenziate all’esame ecografico. In 7/19 feti con sospetto
ecografico di lesione occupante spazio la RM ha cambiato la diagnosi evidenziando un
ematoma extra-assiale associato a malformazione dei seni durali. I risultati sono stati
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confermati con la fetopsia o con il follow-up diagnostico post-natale.
Conclusioni: La RM è una metodica di imaging valida per la diagnosi delle lesioni ischemicoemorragiche in quanto permette di valutare, inoltre, l’estensione del danno parenchimale
cerebrale.
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Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RUOLO DELLA RM FETALE NELLA DIAGNOSI DELLE ANOMALIE DEL MASSICCIO
FACCIALE FETALE.
Bernardo S.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Vinci V.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Saldari M.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Giancotti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Aliberti C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Roma
Pizzuti A.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
Silvestri E.
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Catalano C.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Manganaro L.
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
Razionale: L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’accuratezza dellla RM Fetale
nell’individuazione e caratterizzazione delle anomalie del massiccio facciale fetale.
Materiali e Metodi: In questo studio prospettico abbiamo incluso 50 feti con diagnosi
ecografica di anomalie cranio-facciali. La RM in tutti i casi è stata effettuata su magnete 1.5T
e non c’è stato bisogno di sedazione materna. Tutti gli esami di RM sono stati effettuati entro
una settimana dell’esame ecografico. I dati ottenuti sono stati posti a confronto con la
valutazione diagnostica post-natale.
Risultati: La RM ha diagnosticato anoftalmia (n = 2), micrognazia (n = 11), labioschisi (n = 12),
labiopalatoschisi (n = 9), dacriocistocele (n = 1), proboscide (n = 1), agnazia (n = 2),ipoplasia
oculare (n = 1), ciclopia (n = 1), coloboma (n = 3), masse del massiccio facciale (n=2). La RM è
stata in grado di effettuare la diagnosi corretta nel 100% dei casi. LA RM ha aggiunto
informationi in 13 casi (26%), escluso la diagnosi in 5 casi (10%) and confermato il rilievo
ecografico in 32 feti (64%).
Conclusioni: La RM è una metodica di imaging valida per la diagnosi delle anomalie del
distretto cranio-facciale, in molti casi necessaria per un corretto planning dell’EXIT e per
guidiare in management pre-operatorio.
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Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
IL “TAIL SIGN” NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLE PATOLOGIE VERMIANE NEI
FETI SOTTO LE 24 SETTIMANE: RUOLO DELLA RM FETALE
Bernardo S1, Vinci V1, Saldari M1, Giancotti A2, Aliberti C2, Pizzuti A3, Silvestri E4, Catalano
C1, Manganaro L1
1
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
2
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia,
Roma
3
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
4
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Razionale: l’obiettivo dello studio di RM Fetale è stato quello di definire il ruodo del “tail
sign” nella diagnosi differenziale delle patologie del verme cerebellare.
Materiali e metodi: Abbiamo incluso nello studio 70 casi di feti con età gestazionale al di
sotto delle 24 settimane. Nello studio abbiamo valutato la biometria del cervelletto e del
verme cerebellare, il IV ventricolo, l’angolo pontocerebellare, la cisterna magna e l’inserzione
del tentorio. Nella rivalutazione dei casi abbiamo notato che i casi patologici presentavano
un ipointensità lineare sulle immagini pesate in T2 corrispondente alla porzione inferiore del
verme, il “tail sign”; questo segno radiologico corrisponde istologicamente al tetto del IV
ventricolo che risulta sollevato e displastico.
Risultati: La Risonanza Magnetica Fetale ha individuate l’alterazione del verme in 67/70 casi
e ha escluso la diagnosi ecografica nei restanti 3 casi. Abbiamo diagnosticato in 35/70 la
malformazione di Dandy-Walker, in 4/70 una agenesia parziale del verme, in 13/70
l’ipoplasia del verme, in 9/70 una malrotatione del verme, in 2/70 una mega cisterna magna,
in 2/70 una ipoplasia ponto-cerebellare, in 3/70 una rombencefalosinapsi, in 2/70 casi lesioni
ischemico-emorragiche. I risultati delle RM Fetale sono stati posti a confronto con la
fetopsia, nel caso dell’interruzione di gravidanza o con il follow-up post natale (ecografia o
RM). I nostril risultati sono stati confermati in 68/70 casi ed esclusi in 2/70. Il “tail sign” è
stato riscontato nel 100% delle Dandy-Walker; non è stato invece riscontrato nell’ipoplasia
e nella malrotazione.
Conclusioni: Dai dati del nostro studio possiamo concludere che la RM Fetale rappresenta
una tecnica di imaging appropriato nella diagnosi delle patologia della fossa cranica
posteriore e che il “tail sign” è dirimente nella diagnostica differenziale delle patologie
vermiane. Alla luce di questi dati la RM risulta utile nella gestione della gravidanza.
220
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RUOLO DELLA RM FETALE NELLA DIAGNOSI DELLE TROMBOSI DEI SENI DURALI.
Bernardo S1, Vinci V1, Saldari M1, Giancotti A2, Aliberti C2, Pizzuti A3, Silvestri E4, Catalano
C1, Manganaro L1
1
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Radiologiche,
Oncologiche e Anatomopatologiche, Roma
2
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia,
Roma
3
Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Roma
4
Ospedale San Camillo-Forlanini, Dipartimento di Anatomia Patologica, Roma
Razionale: L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’accuratezza dellla RM Fetale
nell’individuazione e caratterizzazione delle trombosi dei seni durali e l’estesione del danno
cerebrale.
Materiali e metodi:L’età gestazionale media dei feti inclusi nello studio è stata di
25settimane +2 giorni (range 20-28 settimane). Il numero complessivo di feti studiati è stato
9, sulla base del riscontro ecografico. In tutti i casi la RM fetale ha confermato la diagnosi di
trombosi aggiungendo l’entità della dilatazione e studiando l’intero encefalo per l’aggiunta
dei dati sull’estensione dell’insulto parenchimale.
Risultati: Dei 9 casi, 3 hanno avuto un outcome clinico normale. Due gravidanze sono state
interrotte per decisione materna e mostravano, oltre all’alterazione vascolare, un disordine
di migrazione neuronale rispettivamente nell’emisfero destro e sinistro. Altre 3 mostravano
già in utero segni di scompenso cardiaco grave e alla fetopsia sono stati riscontrati segni di
trombosi del seno durale occipital associate alla presenza di emangiomi. Un neonato, in cui la
trombosi si è sviluppata in seguito ad una malformazione durale, è deceduto al quarto mese.
Conclusioni: La RM è una metodica di imaging valida per la diagnosi delle anomalie dei seni
durali, consentendo inoltre di quantificare il danno parenchimale permette una gestione
migliore della gravidanza.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - RMN ed anomalie fetali
RMN ED ECOGRAFIA A CONFRONTO NELLA DEFINIZIONE DELL'OUTCOME
NEUROPSICOMOTORIO NEI FETI CON INFEZIONE DA CYTOMEGALOVIRUS
Recchi M
Università di Chieti, Clinica Ostetrica
Tortora D
Università di Chieti, Istituto di Radiologia
Parruti G
ASL di Pescara, Malattie Infettive
Matarrelli B
ASL Lanciano Chieti Vasto. Ginecologia di Lanciano
Liberati M
Università di Chieti. Clinica Ostetrica
Caulo M
Università di Chieti, Istituto di Radiologia
Celentano C
Università di Chieti. Clinica Ostetrica
Razionale: L'obiettivo dello studio e'stato quello di individuare il valore prognostico delle
lesioni cerebrali riscontrate mediante risonanza magnetica fetale (RMN fetale) e mediante
ecografia di II livello in feti con infezione da cytomegalovirus (CMV) .
Materiali e metodi: Immagini ecografiche e sequenze RMN dell'encefalo fetale sono state
analizzate retrospettivamente in 15 feti con infezione congenita accertata, in seguito ad
infezione materna primaria in gravidanza. Tali riscontri prenatali sono stati messi in
relazione a risultati di valutazione di sviluppo neuropsicomotorio postnatale, effettuata
tramite test di Griffith. Sono stati applicati per l'analisi statistica test non parametrici
(Mann-Whitney, Wilcoxon).
Risultati: Anomalie cerebrali fetali, correlate all'infezione da CMV, sono state riscontrate in
1/15 feti tramite ecografia e in 12/15 feti tramite RMN. Ecograficamente è stato individuato
un caso di ipoplasia cerebellare. Mediante RMN sono stati evidenziati 5 casi di
ventricolomegalia, 2 di cisti subependimali, 3 di setti intraventricolari, 2 di lesioni ipointense
in T2, 1 di microencefalia, 2 di ipoplasia cerebellare, 1 di anomalia corticale, 5 di lesioni
temporali polari. E' stata riscontrata una correlazione significativamente positiva tra
ipoplasia cerebellare e deficit udito-linguaggio (p=0.040) e deficit locomotorio (p=0.067) , tra
lesioni ipointense in T2 e deficit coordinazione occhio mano (p=0.072), tra cisti
subependimali e deficit coordinazione occhio-mano (p=0.072).
Conclusioni: Lo studio dell'encefalo fetale mediante RMN appare aggiungere all'esame
ecografico informazioni circa l'outcome neuropsicomotorio dei bambini congenitamente
infetti al CMV, permettendo ,pertanto, di fornire un piu'accurato counselling alla coppia di
futuri genitori.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
VALUTAZIONE PRELIMINARE DEI PARAMETRI ECOCARDIOGRAFICI FUNZIONALI NEL
MANAGEMENT DELLE GRAVIDANZE COMPLICATE DA IUGR
Giancotti A1, Pasquali G1, D'Ambrosio V1, Candelieri M1, De Filippis A1, De Oronzo MA1, La
Torre R1, Ventriglia F2
1
2
Policlinico Umberto I La Sapienza Roma, Centro Diagnosi Prenatale, Roma
Policlinico Umberto I La Sapienza Roma, Cardiologia Pediatrica, Roma
Razionale: analizzare l’efficacia predittiva dell’ecocardiografia funzionale nella gestione
delle gravidanze complicate da IUGR. Lo studio funzionale del cuore fetale assume un ruolo
fondamentale nella valutazione di tutte quelle condizioni fetali a rischio di scompenso
cardiaco ed emodinamico come ad esempio IUGR, TTTS, anemia fetale, infezioni congenite,
diabete e patologie autoimmuni materne. La valutazione funzionale del cuore fetale ha
utilizzato nel nostro studio il TEI-Index come parametro guida nella gestione terapeutica e
nel timing del parto in associazione agli altri noti parametri predittivi di benessere fetale
come velocimetria Doppler arteriosa e venosa e cardiotocografia.
Materiali e Metodi: sono state arruolate 20 pazienti con gravidanza complicata da IUGR
(Gruppo Studio) le quali sono state sottoposte a monitoraggio del benessere fetale mediante
cardiotocografia, velocimetria Doppler e misurazione del Tei-index. Abbiamo analizzato
retrospettivamente l’outcome di 20 gravidanze complicate da IUGR (Gruppo Controllo)
nelle quali il management non aveva incluso lo studio della funzionalità miocardica tramite
Tei-Index.
Risultati: nel Gruppo Studio la mediana del punteggio Apgar nel 1° e nel 5° minuto è stata di
7 e 9 rispettivamente; nel Gruppo Controllo la mediana è stata di 5 e 8 rispettivamente. Un
Apgar inferiore a 7 al 1° minuto ha avuto un’incidenza inferiore nel Gruppo Studio rispetto al
Gruppo Controllo (P-Value 0,04). La concentrazione dei lattati nel sangue alla nascita è
risultata significativamente minore nel Gruppo Studio rispetto al Gruppo Controllo (P-Value
0,04)
Conclusioni: La valutazione del Tei Index nel Gruppo Studio ha permesso di svelare la
presenza di disfunzione miocardica precocemente rispetto alla comparsa delle alterazioni
flussimetriche fetali. La valutazione antepartum del benessere fetale attraverso il Tei-Index
in associazione alla Velocimetria Doppler arteriosa e venosa ha consentito un monitoraggio
più accurato della gravidanza ma soprattutto una valutazione più adeguata del timing del
parto permettendo di migliorare l’outcome neonatale rispetto alle sole flussimetria e
cardiotocografia
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
VALUTAZIONE ECOGRAFICA DELLA FUNZIONALITÀ CARDIACA A 11-14 SETTIMANE
DI GRAVIDANZA IN FETI CON NT AUMENTATA.
Serafini A
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
Fesslova V
Ospedale di San Donato, dipartimento di Cardiologia, San Donato
Candiani M
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
Spagnolo D
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
Inversetti A
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
Giorgione V
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
Cavoretto P
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
Razionale: L’aumento della translucenza nucale (NT) può rappresentare una variante
normale ma si associa a mortalità endouterina, a numerose anomalie fetali e non è possibile
trovarne una spiegazione patofisiologica univoca. Recentemente è stata descritta una
associazione tra disfunzione cardiaca ed aumento di NT. Lo scopo dello studio è investigare
se la funzionalità cardiaca a 11-14 settimane di gravidanza in feti euploidi e strutturalmente
normali con NT aumentata sia differente da quella di feti con NT normale.
Materiali e Metodi: studio retrospettivo su casi di screening del primo trimestre del nostro
centro tra Gennaio 2013 e Giugno 2014, con esclusione di patologie pregravidiche,
gravidanze multiple, da ART e ed anomalie fetali strutturali o cromosomiche. Sono stati
valutati CRL, NT, Doppler tricuspidale (velocità onda E ed A, rapporto E/A, rigurgito) e
Doppler del dotto venoso (indice di pulsatilità PIDV e velocità onda a). Analisi statistica:
confronto di medie delle misure cardiache in feti con NT normale ed aumentata e studio di
regressione.
Risultati: 35 feti con NT aumentata >95º centile hanno presentato significativo aumento di
onda E, rapporto E/A, rigurgito tricuspidali e riduzione dell’onda a del dotto venoso rispetto
a 242 con NT ≤95º centile (gruppo NT >95º vs gruppo NT ≤95º; media-DS/percentuale;
velocità onda E: 0,24-0,04 vs 0,22-0,04, p=0,01;rapporto E/A: 0,41-0,07 vs 0,4-0,07, p<0,01;
incidenza rigurgito tricuspide: 5,7% vs 0,8% p=0,01; PIDV: 1,1-0,3 vs 1.0-0,1 p<0,01;
velocita’ dell’onda a: 0,04-0,06 vs 0,06-0,03 p<0,05; incidenza di onda a reverse: 5,7% vs
1,2% p=0,01, rispettivamente). La regressione ha evidenziato che E/A e PIDV aumentano
significativamente all’aumentare di NT (r=0,4070; r 2=0,1657 p<0,01; r=0,1922;
r2=0,03695 p<0,01, rispettivamente).
Conclusioni: i nostri feti con NT aumentata sembrano avere una miglior capacità di
rilassamento del ventricolo destro probabilmente per un effetto compensatorio
dell’aumentato postcarico destro, che spiegherebbe l’aumentata incidenza di rigurgito
tricuspidale e l’aumento del PIDV.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
VALUTAZIONE ECOGRAFICA DELLA FUNZIONALITÀ CARDIACA A 11-14 SETTIMANE
DI GRAVIDANZA IN FETI DA IVF.
Serafini A1, Fesslova V 2, Candiani M1,Viganò P1, Papaleo E 1, Inversetti A1, Cavoretto P1
1
IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, Milano
2
Policlinico di San Donato Milanese, Dipartimento di Cardiologia, San Donato Milanese
Razionale: Le tecniche di fecondazione in vitro (IVF) sono state recentemente associate a
rimodellamento cardiaco e vascolare nel terzo trimestre di vita fetale. Non è ancora chiaro
quando si manifestino le prime modificazioni della funzione cardiaca in questi feti. Lo scopo
dello studio è investigare se la funzionalità cardiaca a 11-14 settimane di gravidanza in feti
da IVF e’ differente da quella di feti da concepimento spontaneo.
Materiali e Metodi: studio retrospettivo su casi di screening del primo trimestre del nostro
centro tra Gennaio 2013 e Giugno 2014, con esclusione di patologie pregravidiche,
gravidanze multiple, da ovodonazione e ed anomalie fetali strutturali o cromosomiche. Sono
stati valutati CRL, NT, Doppler tricuspidale (velocità onda E ed A, rapporto E/A, rigurgito) e
Doppler del dotto venoso (indice di pulsatilità PIDV e velocità onda a). Analisi statistica:
confronto di medie delle misure cardiache in feti da ART e concepimento spontaneo.
Risultati: I 200 feti da concepimento spontaneo ed i 72 da IVF non hanno dimostrato
differenze significative per CRL, NT od alcuno dei parametri di funzionalità cardiaca fetale
valutati (gruppo ART vs spontaneo; media-DS/percentuale; velocità onda E: 0,22-0,04 vs
0,23-0,04;p:ns; rapporto E/A: 0,56-0,06 vs 0,56-0,07;p:ns; incidenza rigurgito tricuspide:
1,0% vs 1,2%; p:ns; PIDV: 1,05-0,2 vs 1.07-0,12; p:ns; velocita’ dell’onda a: 0,04-0,06 vs 0,040,06;p:ns; incidenza di onda a reverse: 1,0% vs 0.8%;p:ns, rispettivamente).
Conclusioni: questo primo studio esplorativo sulla funzionalità cardiaca fetale ad 11-14
settimane in feti IVF, rileva che il metodo di concepimento non sembra influire sulla
funzionalità cardiaca fetale a tale epoca. E’ possibile che le modificazioni avvengano
successivamente e o che possano essere più sottili e quindi rilevabili solo con misure più
sofisticate. Saranno necessari studi prospettici a diverse epoche gestazionali per
confermare l’ipotesi ed eventualmente capire quando si manifestino le prime alterazioni.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
OUTCOME PERINATALE IN FETI CON ARCO AORTICO DESTRO ISOLATO
D'Antonio F
Fetal Medicine and Cardiology Unit, Division of Developmental Sciences, St. George’s University of
London, London, UK
Khalil A
Fetal Medicine and Cardiology Unit, Division of Developmental Sciences, St. George’s University of
London, London, UK
Carvalho JSC
Fetal Medicine and Cardiology Unit, Division of Developmental Sciences, St. George’s University of
London, London, UK
Razionale: Lo scopo di tale studio è stato quello di analizzare l’outcome perinatale in feti con
arco aortico destro isolato.
Materiali e Metodi: Studio di coorte di feti con arco aortico destro isolato. Gli outcome
analizzati sono stati: tasso di anomalie cromosomiche, delezione 22q11.2, anomalie extra
cardiache associate, anomalie cardiache ed extra cardiache diagnosticate solo alla nascita,
sintomi dovuti alla presenza di vascular ring. Una meta analisi di dati individuali è stata
inoltre condotta. Un’ analisi di Kaplan Meier è stata inoltre effettuata al fine di valutare
l’insorgenza di sintomi da compressione tracheobronchiale.
Risultati: 307 feti con diagnosi prenatale di arco aortico destro isolato sono stati analizzati.
L’incidenza di anomalie cromosomiche e delezione 22q11.2 è stata rispettivamente di 9.64%
(95% IC 6.6-13.2) e 6.14% (95% IC 3.6-9.3). Il tasso di anomalie extra cardiache associate alla
presenza di arco aortico destro e diagnosticate all’ecografia è stato 14.52% (95% IC 10.618.9), mentre quello di anomalie cardiache ed extra cardiache diagnosticate solo alla nascita
di 4.67% (95% IC 2.5-7.5) e 3.59% (95% IC 1.2-7.1). Il tasso di insorgenza di sintomi e la
necessità di intervento chirurgico in bambini con arco aortico destro isolato formanti un
vascular ring e con un follow-up di almeno 24 mesi sono stati 22.68% (95% IC 14.1-32.6), e
15.17% (95% IC 8.1-23.9). L’analisi di Kaplan Meir ha mostrato come nella quasi totalità dei
casi analizzati I sintomi hanno avuto luogo entro i primi due anni di vita.
Conclusioni: La presenza di anomalie cromosomiche in feti con arco aortico destro isolato si
è rilevata essere significativamente inferiore a quanto precedentemente riportato nelle serie
pediatriche. I dati di questo studio dimostrano come un follow-up neonatale seriato
specialmente nei primi due anni di vita risulta indispensabile al fine di una corretto
management della condizione
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
RUOLO DELLE SCANSIONI 4 CAMERE E 3 VASI NELLO SCREENING DELLE
CARDIOPATIE CONGENITE
Fanelli T, De Robertis V, Tempesta A, Rembouskos G, Volpe P
U.O.D. Medicina Fetale e Diagnosi Prenatale, Ospedale Di Venere- Bari e M. Sarcone- Terlizzi
Razionale: Esaminare la fattibilità delle scansioni 4-camere e 3 vasi nel I trimestre da parte di
operatori con una buona esperienza nello screening delle aneuploidie del I trimestre e delle
malformazioni fetali del II trimestre e di valutarne l’attendibilità diagnostica come metodica
di screening per le cardiopatie congenite (CC) in una popolazione a basso rischio.
Materiali e Metodi: La valutazione del cuore fetale attraverso le scansioni delle 4-camere e
dei 3 vasi è stata eseguita nel I trimestre in occasione dello screening delle aneuploidie da
Gennaio 2013 a Settembre 2014. In tutti i casi di CC sospettata allo screening, un operatore
esperto in cardiologia fetale ha eseguito un’ecocardiografia fetale entro la 16a settimana.
Nei casi di normalità e in quelli di sospetta CC in cui la gestazione è proseguita, è stata
eseguita una ulteriore valutazione ecografica del cuore fetale a 19-21 settimane.
Risultati: Lo studio ha incluso 4250 gestanti, sottoposte a screening del I trimestre per le
aneuploidie o inviate da altri ospedali per sospetta anomalia fetale. Nel 96% dei casi (4080) è
stato possibile ottenere le suddette scansioni. Nel 7% (28) è stato necessario eseguire anche
una ecografia transvaginale. La scansione delle 4 camere e dei 3 vasi appariva anomala in 32
casi (7,8%). Undici (34%) sono stati esclusi per interruzione di gravidanza entro le 14
settimane (per cromosomopatie e/o anomalie associate), pertanto non è stato possibile
ottenere una conferma post-mortem. Dei rimanenti 21 casi, in 19 (59%) è stata confermata
la presenza di CC. All’ecografia del II trimestre sono state individuate ulteriori 6 CC non
evidenziate allo screening del I trimestre.
Conclusioni: La fattibilità dello screening delle CC nel I trimestre attraverso le scansioni
delle 4-camere e dei 3 vasi è alta. Le suddette scansioni consentono di individuare il 76%
delle CC diagnosticate in epoca prenatale.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
IL FORAME OVALE RESTRITTIVO NELLA TRASPOSIZIONE SEMPLICE DEI GROSSI VASI:
VALUTAZIONE PRENATALE E POSTNATALE.
Simonazzi G.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Curti A.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Moro E.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Perolo A.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Prandstraller D.
U.O. Cardiologia Pediatrica, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Contoli M.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Farina A.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Rizzo N.
U.O. Ostetricia e Medicina Età Prenatale, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Razionale: Obiettivo primario dello studio è valutare la correlazione tra forame ovale
restrittivo (FOR) e caratteristiche cliniche di neonati con trasposizione semplice dei grossi
vasi (TGV). Obiettivo secondario è verificare se il monitoraggio prenatale sia in grado di
modificare gli esiti neonatali.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo osservazionale, condotto dal 2010 al 2014, che ha
incluso i neonati con diagnosi prenatale di TGV semplice, confermata alla nascita.
In epoca prenatale, è stato considerato indicativo di FOR un septum primum fisso con ridotta
mobilità o ridondante. In epoca postnatale, è stato usato come cut-off un diametro del FO <4
mm.
E’ stato considerato quale outcome primario la presenza di manifestazioni critiche della TGV
alla nascita, in relazione alle caratteristiche del FO. Gli esiti perinatali, in rapporto alla
valutazione prenatale del FO hanno costituito l’outcome secondario.
Risultati: Sono stati inclusi nello studio 40 neonati con TGV semplice, di cui 35 (87,5%) con
diagnosi prenatale.
Il FO si presentava restrittivo al controllo postnatale nel 60% dei casi. Tale reperto si è
associato a manifestazioni critiche della TGV, con particolare riferimento alla necessità di
eseguire più di frequente l’atriosettostomia secondo Rashkind (5 casi versus 0, p 0.048).
La valutazione prenatale del FO è stata eseguita in 20 casi. Tre feti presentavano un FOR
(15%), di cui due confermati alla nascita. Su 17 pazienti con FO pervio, 8 presentavano una
restrizione di vario grado alla nascita (sensibilità 20%, specificità 90%). Non sono emerse
differenze riguardo agli esiti perinatali, in rapporto al monitoraggio prenatale, ad eccezione
della cianosi (17 casi versus 7, p 0.015).
Conclusioni: Il FOR si conferma un fattore prognostico negativo in caso di TGV. Il riscontro
prenatale di FOR non sembra predire con elevata accuratezza gli esiti neonatali, ma
giustifica una condotta più prudente.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
ANEURISMA DEL DOTTO ARTERIOSO: CASE REPORT
Palumbo E
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Chianchiano N
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Tornabene M
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Corselli F
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Polizzi M
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Macaluso AG
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
D'Anna MR
Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Dipartimento Materno Infantile, Palermo
Razionale: Riportiamo un caso di aneurisma del dotto arterioso in feto a termine,
identificato grazie all’ uso routinario della scansione tre vasi nel terzo trimestre,
rafforzando l’ importanza che essa può avere nella diagnosi delle cardiopatie tardive.
Materiali e Metodi: Donna di 19 aa , giunge presso l’ ambulatorio di ecografia ostetrica
dell’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo a 33 wks , dove si riscontra un’anomalia di forma
e decorso del dotto arterioso. I precedenti controlli ecografici erano nella norma, così come
la restante anatomia esplorabile in quell’epoca. L’aneurisma congenito del Dotto Arterioso
(DAA) ha un 'incidenza rara (1,5-2,2% ) . L'eziologia e la patogenesi non sono ben conosciute.
Complicanze gravi quali: rottura spontanea dell’aneurisma, dissezione, eventi
tromboembolici, compressione dei tessuti circostanti, infezioni e morte improvvisa sono
stati descritti nel periodo postnatale. Tuttavia nella maggior parte dei casi si assiste a
chiusura spontanea dopo la nascita .
Risultati: Durante i controlli si notò, una progressiva dilatazione del dotto, un decorso
tortuoso ad S e un ’ ampia apertura in aorta discendente al di sotto dell’istmo. La donna ha
partorito a 37.2 ws, con taglio cesareo, un neonato di sesso maschile del peso di 2850 gr , 910 di apgar , trasferito in UTIN e sottoposto ai controlli. L’ecocardiografia eseguita dopo 24
ore dimostrava una spontanea chiusura del dotto senza ricorso a terapia farmacologica o
chirurgica. Il neonato è stato dimesso e sottoposto follow-up ambulatoriale.
Conclusioni: Diverse teorie sono state descritte per spiegare la patogenesi del DAA , ma
l’esatto meccanismo rimane incerto. I controlli nel tempo di questi bambini, sono giustificati
dall’ associazione con patologie del connettivo. La DDA è quindi un’anomalia identificabile
nel terzo trimestre di gravidanza grazie alla scansione tre vasi , ricordando che molte
patologie non sono diagnosticabili sulla scansione quattro camere ed assi lunghi.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
TACHICARDIA SOPRAVENTRICOLARE FETALE CON E SENZA IDROPE NON-IMMUNE.
DIAGNOSI E MANAGEMENT DI DUE CASI CLINICI.
Belluomo G
Dip. Materno - Infantile – U.O. Ginecologia e Ostetricia – ARNAS Garibaldi Nesima (CT)
Pappalardo E
Dip. Materno - Infantile – U.O. Ginecologia e Ostetricia – ARNAS Garibaldi Nesima (CT)
Campisi M
Dip. Materno - Infantile – U.O. Cardiologia Pediatrica – ARNAS Garibaldi Nesima
Castellano D
Dip. Materno - Infantile – U.T.I.N. – ARNAS Garibaldi Nesima (CT)
Motta A
Dip. Materno - Infantile – U.T.I.N. – ARNAS Garibaldi Nesima (CT)
Ettore G
Dip. Materno - Infantile – U.O. Ginecologia e Ostetricia – ARNAS Garibaldi Nesima (CT)
Razionale: La tachicardia sopraventricolare (SVT) è la causa più frequente di tachiaritmia
fetale e complica clinicamente il 10% delle gravidanze con alterazioni della FCF. La SVT è
causa nota di idrope fetale non immune (NIFH) (36-64% di SVT) con un alta incidenza di
mortalità perinatale. Non vi è una linea uniforme di trattamento della SVT. E' nota l’efficacia
della terapia antiaritmica somministrata alla madre con passaggio transplacentare al feto,
ma talvolta il management ostetrico è reso difficoltoso dalla presenza di NIFH e segni di
scompenso cardiocircolatorio fetale che richiedono un intervento immediato. Riportiamo
due casi di SVT fetale diagnosticati prima della 35 SA - con e senza NIFH - trattati nel nostro
dipartimento al fine di confrontare il management ostetrico con le proposte attuali esistenti.
Materiali e Metodi: Caso I: Secondigravida nullipara 36 anni, SVT fetale con NIFH
riscontrata a 33 SA. FCF 272 bpm. Taglio cesareo (TC) in urgenza: neonata di 2000 gr apgar
6 a 1min, intubata a 5 min. Caso II: primigravida 38 anni, SVT fetale senza NIFH riscontrata
alla 26 SA. FCF 232 bpm. Terapia antiaritmica con Digossina e Flecainide. Ecocardiografia a
35 SA: ritmo sinusale. Ricovero a 38 SA per PROM. TC per indicazione cardiologica: neonato
di 3080 gr, apgar 9-10, 1-5 min.
Risultati: Caso I: Nonostante la rianimazione cardiopolmonare e la stabilizzazione post
natale del ritmo cardiaco la bambina è deceduta dopo 8 giorni. Caso II: Ecocardiogramma
post natale nella norma, ECG: ritmo sinusale. Sviluppo neurologico nella norma a 1 aa di
follow up.
Conclusioni: La SVT fetale, soprattutto se associata a NIFH ha una elevata mortalità fetale.
Attualmente non vi sono linee terapeutiche standardizzate per il management della SVT
fetale. E’ necessario un focus attento alla gestione delle aritmie fetali, al timing d'intervento e
alla collaborazione tra ostetrici, cardiologi pediatri e neonatologi.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
CORRELAZIONE TRA PARAMETRI CARDIOVASCOLARO, DANNO ENDOTELIALE E
PROFILI LIPIDICO IN GRAVIDANZE GEMELLARI COMPLICATE DA DIFETTO DI
CRESCITA SELETTIVO.
Giunta G, Visentin S, Sarai S, Trevisanuto D, Cosmi E
Department of Woman’s and Child’s Health, University of Padua
Introduzione: Feti affetti da restrizione della crescita fetale hanno dimostrato avere un
maggior rischio cardiovascolare sia a breve che a lungo termine.
Scopo dello studio: valutare la funzione cardiovascolare in gravidanze gemellari con
restrizione di crescita selettiva (sIUGR).
Materiali and Metodi: si tratta di uno studio prospettico che considerava 10 gravidanze
gemellari con crescita fetale corrispondente ad epoca di amenorrea e 10 gravidanze
gemellari complicate da presenza di un feto affetto da sIUGR, diagnosticato dopo la 32^
settimana di gestazione (peso fetale stimato < 10mo percentile ed Indice di Pulsatilità (PI)
dell’arteria ombelicale > 2 SD. La funzionalità cardiaca dei feti è stato valutata mediante
ecocardiografia fetale, in particolare si sono valutati: spessore della valvola mitralica
anteriore, lo spessore intima media aortico fetale (aIMT). Il profilo lipidico è stato valutato
mediante prelievo cordonale subito dopo il parto.
Risultati: Gemelli con sIUGR presentavano un cuore con forma più globulare; lo spessore
della valvola mitralica anteriore risultava essere maggiore negli sIUGR rispetto ai controlli; si
è infine trovata una correlazione positiva tra i parametri cardiovascolari, aumento della
aIMT e il PI dell’arteria ombelicale. Inoltre il profilo lipidico dimostrava la presenza di una
displidemia fetale nel gruppo sIUGR.
Conclusioni: il modello gemellare confermerebbe l’esistenza di una programmazione
cardiovascolare fetale già messa in evidenza nelle gravidanze singole complicate da IUGR. I
risultati ottenuti sembrerebbero sostenere la presenza di nuovi markers cardiaci di
compromissione endoteliale in presenza di un basso peso alla nascita ed alterazioni Doppler.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
CASE REPORT – DIAGNOSI PRENATALE E IMPATTO EMODINAMICO PERINATALE IN
UN CASO DI FISTOLA FRA CORONARIA SINISTRA E SENO CORONARICO
Kiener A1, Kaihura CT1, Cavalli C2, Volpe N1, Frusca T1, Zidere V3
1
Università di Parma, U.O. di Ginecologia e Ostetricia, Parma
Università di Parma, U.O. di Neonatologia, Parma
3
Harris Birthright Research Centre, King's College, Londra
2
Razionale: Le fistole coronariche (CAF) rappresentano anomalie congenite rare con una
prevalenza di 1:50000 nati vivi. Dalla pubblicazione del primo caso di CAF nel 1996, ad oggi,
in letteratura sono descritti 13 casi, nell'84% dei quali la fistola drenava in ventricolo destro.
La prognosi, in presenza di una CAF, dipende dalle dimensioni del difetto e dalla tempestività
della diagnosi. La diagnosi prenatale, sebbene difficile, è di grande ausilio nella pianificazione
di un trattamento postnatale.
Riportiamo il primo caso fetale di CAF tra arteria coronarica sinistra e seno coronarico.
Materiali e Metodi: analisi retrospettiva del caso alla luce dell’esito postnatale e review della
letteratura.
Risultati: Paziente secondipara di 35 anni, inviata presso il nostro Centro di Diagnosi
Prenatale, a 22 settimane di gestazione, in seguito al riscontro di “disproportion”, con
prevalenza delle sezioni cardiache destre sulle sinistre. All’esame ecografico è stata
confermata la dilatazione dell’atrio destro, in associazione ad una marcata dilatazione del
seno coronarico in cui drenava un vaso efferente, emergente dall’aorta a livello postvalvolare, riferibile ad ampia fistola (7,5 mm) fra arteria coronaria sinistra e seno coronarico.
Contestualmente veniva evidenziato un flusso retrogrado diretto dal dotto arterioso all'arco
aortico, riconducibile al furto coronarico determinato dal gradiente pressorio fra circolo
sistemico e circolo coronarico.
Il parto è avvenuto a 38 settimane, per via naturale (peso 2500 gr, Apgar 9 e 10). Il neonato è
stato sottoposto ad intervento cardiochirurgico a 24 ore dalla nascita, con esito sfavorevole.
Conclusioni: In letteratura sono descritti rari casi di CAF isolata diagnosticati in epoca
prenatale. Il caso descritto rappresenta il primo riscontro fetale di CAF tra coronaria e seno
coronarico. L'ampiezza della fistola ha influito negativamente sull'emodinamica,
determinando un’alterazione della cinetica ventricolare destra e un importante furto
coronarico, con conseguente ischemia miocardica ed esito sfavorevole.
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Ostetricia - Ecocardiografia fetale
RISCHIO DI DELEZIONE 22Q11.2 IN FETI CON ARCO AORTICO DESTRO IN ASSENZA DI
CARDIOPATIE ASSOCIATE
Volpe N
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Perolo A
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
De Robertis V
Ospedali Di Venere e Sarcone, Unità di Medicina Fetale, ASL Bari
Cataneo I
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Campobasso G
Ospedali Di Venere e Sarcone, Unità di Medicina Fetale, ASL Bari
Frusca T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Ghi T
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Unità Operativa Complessa di Ostetricia e
Ginecologia, Parma
Pilu G
Policlinico S.Orsola Malpighi, Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Bologna
Volpe P
Ospedali Di Venere e Sarcone, Unità di Medicina Fetale, ASL Bari
Razionale: la delezione 22q11.2 si correla a malformazioni cardiache, in particolare quelle
del cono tronco. Il presente studio si propone di definire il rischio di delezione 22q11.2 nei
feti con diagnosi prenatale di arco aortico destro in assenza di altre anomalie intracardiache
(AAoDx-noAIC)
Materiali e Metodi: studio retrospettivo che include i feti con AAoDx-noAIC identificati
ecograficamente presso tre centri di riferimento dal 2004 al 2014. In ciascun caso è stato
eseguito un esame ecografico dettagliato, con valutazione del timo e dei vasi del collo fetale,
al fine di identificare eventuali anelli vascolari (AV). A ciascuna paziente è stata offerta la
possibilità di un approfondimento diagnostico, prenatale o postnatale, per lo studio del
cariotipo fetale e, mediante FISH (Fluorescent In Situ Hybridization), per la ricerca della
delezione 22q11.2. Per ciascun caso la diagnosi è stata confermata mediante ecocardiografia
ed esame clinico dopo la nascita, o mediante esame autoptico in caso di interruzione della
gravidanza.
Risultati: In 7 degli 82 casi raccolti è stata riscontrata una delezione 22q11.2 (8,5 %, 95% CI
3,8 – 17,3 %). L’incidenza di tale anomalia è risultata particolarmente elevata nei casi in cui il
timo appariva ipoplasico o assente (7/7), nei feti in cui era presente un anello vascolare
(3/22), ovvero in caso di associazione con anomalie extra-cardiache (3/11). La diagnosi di
AAoDx-noAIC è stata confermata dopo la nascita in tutti i casi.
Conclusioni: La delezione 22q11.2 è presente nell’8,5% dei feti con diagnosi prenatale di
AAoDx-noAIC. Il rischio è maggiore nei casi con timo piccolo o assente, o in presenza di
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anello vascolare o altre anomalie extra-cardiache. Al contrario, nella nostra casistica la
delezione 22q11.2 non è stata mai riscontrata in presenza di un timo di dimensioni normali.
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Ostetricia - Ecografia e parto pretermine
ANALISI DEI PATHWAYS GENETICI ASSOCIATI AL PARTO PRETERMINE SPONTANEO
A MEMBRANE INTEGRE ED ALLA ROTTURA PRE-TRAVAGLIO DELLE MEMBRANE
AMNIOCORIALI.
Capece A1, Vasieva O2, Meher S3, Alfirevic Z3, Alfirevic A3, Arduini D1
1
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, Italia
Istituto di Biologia Integrata, Università di Liverpool, Liverpool, Gran Bretagna
3
Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Istituto di Medicina Traslazionale, Università
di Liverpool, Liverpool, Gran Bretagna
2
Razionale: Il parto pretermine (PP) ha un’eziologia multifattoriale, con una forte
componente genetica. La predisposizione genetica dei due sottotipi, il parto pretermine
spontaneo a membrane integre (PPs) e la rottura pre-travaglio delle membrane amniocoriali
(PPROM), e le loro differenze, non sono ancora state studiate. Il nostro obiettivo è valutare
se i geni materni ed i polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs), precedentemente associati al
PP, possono essere utilizzati per:
- distinguere i marcatori genetici materni coinvolti nel PPs e nella PPROM;
- distinguere e chiarire i meccanismi fisiopatologici coinvolti nel PPs e nella PPROM.
Materiali e metodi: Attraverso la nostra strategia di ricerca abbiamo individuato 15 studi di
associazione condotti su 3.600 donne. Un totale di 248 SNPs in 102 geni sono risultati
associati in modo statisticamente significativo (p<0.05) al PPs, e 39 SNPs in 33 geni alla
PPROM. Questi geni sono stati caricati nel software Ingenuity Pathway Analysis (IPA) per
eseguire l’analisi dei pathways genetici e dei networks associati al PPs ed alla PPROM.
Risultati: I fattori di trascrizione (FT) specifici del PPs sono il recettore dei glucocorticoidi
(NR3C1), il recettore gamma peroxisome proliferator-activated (PPARG) ed il fattore 3 di
regolazione dell’ interferone (IRF3). I FT specifici della PPROM sono il recettore 2 degli
estrogeni (ESR2) e dal trasduttore di segnale e attivatore della trascrizione 1 (STAT1). Il
fattore di trascrizione infiammatorio NFkB è legato sia al PPs che alla PPROM, tuttavia, la
loro risposta infiammatoria è nettamente diversa.
Conclusioni: I pathways coinvolti nell’eziologia del PPs sono l’asse di regolazione
autoimmune ed ormonale, mentre per la PPROM sono coinvolti i disordini ematologici e
della coagulazione, il metabolismo del collagene, la degradazione della matrice e
l’infiammazione locale. Il nostro studio ha, inoltre, individuato nuovi geni candidati al PPs ed
alla PPROM, che dovrebbero essere ulteriormente indagati in ampi studi di coorte.
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Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
OLIGOIDRAMNIOS NELLA GRAVIDANZA FISIOLOGICA A TERMINE : MANAGEMENT
ED OUTCOME NEONTALE
D'Arpe S, De Stefano MG, Franceschetti S, Schiavi M, Piccioni MG
Sapienza Università di Roma
Razionale: Studio prospettico con l’obiettivo di valutare l’effetto del oligoidramnios
sull’outcome della gravidanza fisiologica a termine.
Materiali e Metodi: Studio caso-controllo eseguito su gruppo di studio composto da 174
donne in gravidanza singola fisiologica a termine con diagnosi di oligoidramnios (AFI< 5°
percentile) e gruppo di controllo composto da 200 donne in gravidanza singola fisiologica a
termine, afferite presso il DAI di Ginecologia ed Ostetricia dell’Università di Roma Sapienza
tra Gennaio 2013 e Gennaio 2015. Criteri di esclusione: gravidanza gemellare o complicata
da patologia materna o fetale. Parametri materni valutati: età materna, parità, età
gestazionale al ricovero e al parto, modalità del parto.Parametri valutati con Esaote MyLab
Seven : volume di liquido amniotico, indici di velocimetria Doppler dell’arteria ombelicale e
dell’arteria cerebrale media. Parametri neonatali valutati: peso, indice Apgar, pH del cordone
ombelicale , permanenza in terapia intensiva neonatale, complicanze neonatali maggiori,
peso placentare.
L’analisi statistica è stata realizzata mediante il test T D Student e del test esatto di Fischer.
La significatività è stata posta per valori di probabilità p < 0,05.
Risultati: Non sono state rilevate differenze significative per età materna, età gestazionale
al ricovero, età gestazionale al parto, ed indici di velocimetria Doppler. Nel gruppo di studio il
parto è avvenuto mediante TC nel 72.3% dei casi (p<0.05). Il peso del neonato alla nascita ed
il peso della placenta sono risultati significativamente inferiori nel gruppo di studio, ma non
sono state rilevate differenze significative per indice di Apgar , pH del cordone, e incidenza
di complicanze neonatali.
Conclusioni: L’oligoidramnios appare correlato a riduzione del peso della nascita, ma non si
associa ad un aumento della morbidità neonatale. Questo dato, anche se preliminare, induce
a ritenere l’oligoidramnios a termine come una condizione parafisiologica che non dovrebbe
influenzare il management della gravidanza.
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Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
FUNZIONE ENDOTELIALE, ARTERIAL STIFFNESS E PROPRIETA’ ELASTICHE
DELL’AORTA IN DONNE CON UNA STORIA DI PREECLAMPSIA AD ESORDIO PRECOCE
O TARDIVO
Orabona R1, Sciatti E2, Vizzardi E3, Bonadei I3, Valcamonico A1, Metra M3, Frusca T4
1
Università degli Studi di Brescia, Unità di Medicina Materno-Fetale, Dipartimento di Ginecologia e
Ostetricia, Brescia
2
Università degli Studi di Brescia, UOC Cardiologia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche,
Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Brescia
3
Università degli Studi di Brescia, UOC Cardiologia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche,
Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Brescia
4
Università degli Studi di Brescia, Unità di Medicina Materno-Fetale, Dipartimento di Ginecologia e
Ostetricia, Brescia; Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia,
Parma
Razionale: Valutare funzione endoteliale, arterial stiffness e proprietà elastiche dell'aorta
ascendente in donne con una storia di preeclampsia (PE) ad esordio precoce o tardivo e la
loro correlazione con epoca gestazionale (EG) alla diagnosi di PE, velocimetria Doppler delle
arterie uterine (AUt) all'esordio della patologia e peso neonatale.
Materiali e metodi: 30 casi con pregressa PE ad esordio precoce, 30 con una forma tardiva
della patologia e 30 controlli sono stati ricontattati a distanza di 6 mesi-4 anni dal parto e
sottoposti allo studio di: 1. funzione endoteliale mediante tonometria arteriosa periferica
(PAT), 2. arterial stiffness tramite pulse wave analysis (PWA); 3. ecocardiogramma dell'aorta
a 4 livelli (seni di Valsalva, giunzione seno-tubulare, tratto tubulare, arco aortico) con
valutazione delle proprietà elastiche mediante M-mode, tissue Doppler e strain tissutale.
Risultati: I casi complicati da PE ad esordio precoce mostrano un’alterazione di tutti i
parametri PAT e PWA studiati mentre quelli ad insorgenza tardiva presentano solo
un’aumentata rigidità arteriosa. I diametri aortici ai 4 livelli sono significativamente maggiori
in tutti i casi rispetto ai controlli. Le donne con una storia di PE ad esordio precoce
presentano un’alterazione significativa sia delle proprietà elastiche sia dello strain tissutale
della parete aortica rispetto ai casi di PE tardiva ed ai controlli. L’EG alla diagnosi di PE è
predittiva di tutti i parametri studiati. Inoltre, la velocimetria Doppler delle AUt all’esordio
della patologia predice le proprietà elastiche aortiche.
Conclusioni: Donne con una storia di PE ad esordio precoce hanno un’alterazione
significativa di funzione endoteliale, arterial stiffness e proprietà elastiche aortiche. I casi ad
insorgenza tardiva della patologia mostrano una maggiore rigidità arteriosa e diametri
dell’aorta ascendente superiori ai controlli.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
VALUTAZIONE ECOGRAFICA DELLA PLACENTA E POSSIBILE RISCHIO DI MORTE
ENDOUTERINA FETALE
Chincoli A1, De Gennaro AC1, Resta L2, Cannone R1, Esposito G1, Curci G1, Vimercati A1
1
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, II Unità Operativa di
Ginecologia e Ostetricia, Bari
2
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, Unità Operativa di Anatomia
Patologica Universitaria, Bari
Razionale: Valutare l’utilità di segni ecografici placentari nel predire il rischio di morte
endouterina fetale (MEF).
Materiali e Metodi: E’ stato condotto uno studio retrospettivo osservazionale su 34 casi di
MEF giunti presso la II Unità operativa di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico
Universitario di Bari dal 2010 al 2014. Per ognuno dei casi sono state rivalutate le ecografie
eseguite nel corso della gravidanza, allo scopo di evidenziare eventuali alterazioni placentari
predittive di esito sfavorevole della gravidanza.
Risultati: Delle 34 MEF (prevalenza 1,4%)7 sono state escluse dallo studio per
incompletezza dei dati e inadeguata refertazione ecografica. Sulla base della classificazione
ReCoDe (The Relevant condition at Death) del 2005 i 27 casi sono state suddivisi in base al
presunto fattore eziologico: 3 da causa inspiegata(11,1%), 4 da causa fetale(14,8%), 6 da
causa materna (22,2%), 2 da causa funicolare (7,4%) e 12 da causa placentare (44,5%).
Analizzando nello specifico quest’ultimo gruppo abbiamo rilevato la presenza di segni
ecografici a carico della placenta in 7 casi (58,3%): 1 placenta spessa disomogeneamente
ipoecogena (jellylike)(14,9%), 3 placente di dimensioni inferiori o uguali a 10 cm associate a
ritardo di crescita intrauterino nel III trimestre (40,4%) , 1 placenta con lacune vascolari
maggiori di 5 cm (14,9%), 1 corioangioma (14,9%) e 1 placenta di spessore aumentato
(14,9%).
Conclusioni: Sebbene non esistano protocolli che indichino lo screening di segni ecografici di
patologia placentare, specie nella popolazione a basso rischio, la conoscenza di tali quadri
ultrasonografici placentari potrebbe essere utile nell’individuare le pazienti da sottoporre ad
un monitoraggio seriato clinico- ecografico della gravidanza.
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raccolta Abstact ricevuti – draft per topic 16 maggio
Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
INFEZIONE PRIMARIA DA CMV IN GRAVIDANZA E MARKERS ECOGRAFICI:
ESPERIENZA DI UN CENTRO DI III° LIVELLO
De Gennaro AC1, Chincoli A1, Calvario A2, Carbonara S3, Amendolara M1, Miccolis A1,
Vimercati A1
1
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, II Unità Operativa di
Ginecologia ed Ostetricia, Bari
2
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari,Unità Operativa di Microbiologia
e Virologia , Bari
3
Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari,Unità Operativa di Malattie
Infettive, Bari
Razionale: Valutare l’impatto clinico - prognostico delle anomalie ecografiche nel
management dell’infezione primaria da Cytomegalovirus (CMV) in gravidanza.
Materiali e Metodi: tra gennaio 2007 e dicembre 2014 sono state reclutate
prospetticamente 139 pazienti riferite per un’infezione primaria da CMV, presso
l’ambulatorio delle infezioni in gravidanza della II° U.O. di Ginecologia ed Ostetricia del
Policlinico Universitario di Bari. Per ognuna è stata eseguito counselling multidisciplinare,
eventuale amniocentesi e controlli ecografici mensili; inoltre dal 2012 le paziente con
infezione certa sono sottoposte a trattamento off- label con Immunoglobuline iperimmumi
CMV specifiche (Cytotect Biotest®) previo consenso informato.
Risultati: la trasmissione materno fetale è stata del 28,06%. In 39 feti con infezione
congenita da CMV, in 30 casi(76,9%) non sono state evidenziate anomalie ecografiche,
diagnosticate invece in 9 pazienti (23,1%). In particolare 5 anomalie isolate del SNC (55,5%):
3 aloni iperecogeni periventricolari e 1 calcificazioni cerebrali e 1 agenesia del corpo calloso.
Nei restanti 4 casi (44,5%) abbiamo evidenziato 2 ritardi di crescita intrauterini associati ad
iperecogenicità intestinali, e 2 reni iperecogeni . Nel gruppo di pazienti senza segni
ecografici l’outcome neonatale è stato di 25 positivi asintomatici (83,3%) e 2 positivi
sintomatici(6,7%); 3 pazienti hanno optato per l’interruzione di gravidanza(10%). Nel gruppo
con segni ecografici invece, 2 casi sono esitati in morte endouterina fetale(22,2%), 2 pazienti
hanno deciso per l’ interruzione di gravidanza(22,2%) mentre i 5 nati sono risultati tutti
positivi sintomatici (55,6%).
Conclusioni: il limite ecografico della diagnosi di infezione fetale nei casi di infezione
primaria da CMV è noto. I possibili segni ecografici correlati all’infezione fetale costituiscono
un utile fattore prognostico dell’outcome fetale associati a esami complementari come la
risonanza magnetica fetale in casi selezionati.
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Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
MISURAZIONE ECOGRAFICA DEL TESSUTO ADIPOSO VISCERALE E SOTTOCUTANEO
MATERNI IN PAZIENTI CON DIABETE GESTAZIONALE
D'Ambrosi F1, Persico N1, Crovetto F1, Colosi E2, Fabietti I1, Baffero GM1, Fedele L1, Rossi G1
1
Fondazione IRCCS 'Ca' Granda', Ospedale Maggiore Policlinico, Clinica Ostetrica 'L. Mangiagalli',
Milano
2
Centro Medicina della Riproduzione e Percorso Nascita, AUSL9 Grosseto
Razionale: La distribuzione preferenziale del tessuto adiposo nel compartimento viscerale
rappresenta un fattore associato con lo sviluppo di disordini metabolici. L’obiettivo di questo
studio è di valutare la presenza o meno di differenze nello spessore ecografico del tessuto
adiposo viscerale e sottocutaneo materni in pazienti con diabete gestazionale rispetto a
controlli normali.
Materiali e metodi: Il tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo sono stati misurati mediante
ecografia transaddominale in gestanti afferenti al nostro Centro per controlli ostetrici di
routine tra le 24 e le 29 settimane gestazionali. Tutte le pazienti sono state sottoposte a
carico orale di glucosio (OGTT) da 75g come test diagnostico per diabete gestazionale
secondo i criteri stabiliti dall’International Association of Diabetes and Pregnancy Study
Groups (IADPSG).
Risultati: Durante il periodo di studio sono state esaminate 56 pazienti con OGTT positiva e
116 controlli con una normale risposta al carico di glucosio. L’analisi multivariata ha
mostrato che, tra le variabili esaminate, sia lo spessore del tessuto adiposo viscerale che
quello sottocutaneo sono influenzati dal peso materno. Di conseguenza, le misurazioni sono
state convertite in multipli della mediana (MoM). I valori, espressi in MoM, dello spessore del
tessuto adiposo viscerale sono risultati significativamente più elevati nelle pazienti con
diabete gestazionale rispetto ai controlli (1.32 vs 1.01, p<0.01). Non è stata rilevata alcuna
differenza significativa nei valori MoM del tessuto adiposo sottocutaneo tra i due gruppi
(1.18 vs 1.07, p=0.097).
Conclusioni: Lo spessore ecografico del tessuto adiposo viscerale a 24-29 settimane di
gestazione è aumentato in pazienti con diagnosi di diabete gestazionale secondo i criteri
stabiliti dalla IADPSG. Studi prospettici su un ampio numero di gravidanze potrebbero
valutare l’utilità della misurazione del tessuto adiposo viscerale come fattore di rischio per lo
sviluppo di diabete gestazionale e come fattore predittivo della risposta individuale alla
terapia dietetica o insulinica.
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Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
VOLUME DELL’ISTMOCELE: C’È UNA CORRELAZIONE CON LE DIFFERENTI TIPOLOGIE
DI SUTURE EFFETTUATE DURANTE TAGLIO CESAREO?
Montaguti E1, Gabrielli S1, Bevini M1, Cattani L1, Bernabini D1, Rapacchia G1, Youssef A1,
Farina A1, Ghi T2, Pilu G1, Rizzo N1
1
Ostetricia e Ginecologia, Ospedale S. Orsola Malpighi, Università di Bologna, Italia
2
Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Maggiore, Università di Parma, Italia
Obiettivi: valutare la presenza di difetti della cicatrice (CSDs, caesarean scar defects) in
donne che sono state sottoposte ad un taglio cesareo, comparare la prevalenza di CSDs a
seconda del tipo di sutura (singolo strato; doppio strato; punti staccati e singolo o doppio
strato con aggiunta di punti staccati a scopo emostatico) ed infine correlare i CSDs con la
distanza dall’orifizio uterino interno (OUI).
Metodi: Abbiamo condotto uno studio di coorte osservazionale longitudinale che ha incluso
donne con gravidanza singola che sono state sottoposte a taglio cesareo (primo o iterativo)
effettuato secondo tecnica di Joel-Cohen da un ostetrico esperto tra ottobre 2009 e giugno
2012. Sono state escluse donne con diabete mellito di tipo I, disordini del tessuto connettivo,
miomi nel segmento uterino inferiore, malformazioni uterine e pregresse miomectomie.
Dopo 12 mesi dal parto ogni donna è stata sottoposta ad una valutazione clinica e ad
ecografia transvaginale allo scopo di osservare la presenza di CSDs e lo spessore di
miometrio residuo (RMT, residual myometrium thickness). L’analisi statistica è stata
effettuata mediante student t-test, regressione lineare e multivariata.
Risultati: Sono state arruolate 97 donne. Non è stata osservata alcuna correlazione tra la
tipologia di sutura eseguita e l’entità del CSD. All’analisi multivariata, la distanza
dell’istmocele dall’OUI ed una deficiency ratio (rapporto tra il miometrio residuo rispetto allo
spessore miometriale totale) < 50% si sono mostrate indipendentemente e positivamente
correlate al volume dell’istmocele stesso.
Conclusioni: Tra tutte le possibili associazioni delle CSDs con i parametri utilizzati, abbiamo
notato una correlazione significativa tra il volume dell’istmocele e la distanza dell’istmocele
rispetto all’OUI, nonché tra il volume dell’istmocele ed una deficiency ratio < 50%.
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Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
CISTI OVARICA FETALE: DIAGNOSI ECOGRAFICA, STORIA NATURALE E REVIEW
DELLA LETTERATURA
Izzo T, Minneci G, Di Liberto S, Foti F, Forlani F, Zizzo R, Rotolo M, Calì G
ARNAS Ospedale Civico, U.O.C. Ginecologia e Ostetricia, Palermo
Razionale: Le cisti ovariche fetali (Focs) sono masse cistiche intra-addominali riscontrabili
più frequentemente –1:2500 nati vivi- in corso di diagnosi prenatale. Tendono a
manifestarsi nel terzo trimestre di gestazione e si presentano come lesioni isolate unilaterali
e benigne. Scopo dello studio è valutare l'utilità di un’indagine ecografica nella diagnosi di
Focs.
Materiali e metodi: Presentiamo un caso di risoluzione spontanea di cisti ovarica fetale ed
eseguiamo una review della letteratura (1994-2015).
Risultati: Paziente di 33 aa, giunge in osservazione alla 31+5 ws di gestazione. L’aspetto
ecografico di una lesione cistica settata di 37.5 mm, in sede pelvica, adiacente alla vescica, in
un feto di sesso femminile, suggerisce una diagnosi di Foc.
L’anatomia del tratto gastrointestinale ed urinario appare normale.
Un controllo ecografico, eseguito dopo due settimane, rivela la risoluzione spontanea della
suddetta formazione cistica.
Le cisti ovariche fetali hanno origine da follicoli ovarici stimolati da un picco ormonale (FSH
fetale, estrogeni materni, hCG) e necessitano, pertanto, la maturazione dell’asse ipotalamoipofisi-ovaio fetale. Una riduzione dello stimolo ormonale spiega la possibile risoluzione
spontanea della cisti ovarica fetale.
È riportata in letteratura l’associazione tra DM, immunizzazione Rh, ipotiroidismo e cisti
ovariche fetali, così come il riscontro di polidramnios (nel 18% dei casi), ascite ed anemia
fetale; tuttavia, nel nostro caso nessuna di queste patologie si è manifestata.
Le complicanze, citate in letteratura includono: compressione di visceri, rottura della cisti,
emorragia e, più frequentemente, torsione ovarica.
Conclusioni: I risultati ottenuti confermano quanto riportato in letteratura: la diagnosi
prenatale di cisti ovarica fetale prevede un approccio di tipo conservativo, con monitoraggio
ecografico seriato. Un approccio chirurgico è da valutare solo in caso di sospetta torsione,
emorragia e severa anemia fetale.
Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
RUOLO DEL MONITORAGGIO ECOGRAFICO IN PAZIENTI CON GRAVIDANZE
OTTENUTE DA OVODONAZIONE
Masturzo B1, Piazzese A1, Paracchini S1, Roletti E1, Attini R1, Comoglio FM1, Arduino S1,
Gaglioti P1, Todros T1, Viora E2
1
SCDU 2 Ostetricia e Ginecologia - Università di Torino AOU Città della Salute e della Scienza di
Torino
2
Centro di Ecografia e diagnosi prenatale – Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia AOU Città
della Salute e della Scienza di Torino
Razionale: le gravidanze da ovodonazione (OD) sono gravidanze ad alto rischio. Nelle varie
casistiche la preeclampsia (PE) registra incidenze tra il 20 ed il 50%. Meno chiaro è il
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XIX Congresso Nazionale SIEOG
Roma, 17-20 maggio 2015
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versante fetale dove sembra esserci una più alta percentuale di feti piccoli per età
gestazionale. E’ importante differenziare gli SGA costituzionali (small for gestational age) dai
feti affetti da restrizione di crescita intrauterina (FGR) per il tipo di monitoraggio e
trattamento previsto. Gli FGR si identificano sulla base della curva di crescita rallentata,
Doppler uterino e/o ombelicale patologici, un peso stimato inferiore al terzo centile.
Partendo da questi presupposti, abbiamo valutato l’accrescimento fetale in un gruppo di
gravidanze spontanee (GS) versus un gruppo OD.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo (2008-2014) condotto presso Ospedale Sant’Anna,
Torino. È stata presa in esame una popolazione di primipare, con gravidanza singola,
composta da 293 GS e 89 OD. Sono state esaminate ecografie di accrescimento seriate (28,
32 e 35 settimane di gestazione). Sono stati paragonati i pesi dei neonati divisi per epoca
gestazionale (nel gruppo OD si è rilevato un 23% di parto pretermine dovuto alla necessità di
anticipare il parto per il peggioramento delle condizioni cliniche materne).
Risultati: L’incidenza di PE nelle OD è stata 25,8 %. Nonostante tale percentuale, nel gruppo
OD si è registrato 1 solo caso di FGR e 17 SGA (19%). Nelle GS: 4% di PE (n 11) e 5 casi di
IUGR.
Conclusioni: sebbene le OD siano gravidanze ad alto rischio, tale rischio coinvolge il
versante materno, mentre il versante fetale, seppur gravato da un’alta incidenza di parti
pretermine non sembrerebbe gravemente compromesso. L’alta incidenza di SGA nelle OD
non giustificherebbe un intensivo monitoraggio ecografico, mentre è mandatorio un
monitoraggio delle condizioni cliniche materne.
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Ostetricia - Ecografia e patologie gravidiche
L’INFEZIONE DA CITOMEGALOVIRUS IN GRAVIDANZA: ESPERIENZA DI UN CENTRO
DI RIFERIMENTO.
Migliucci A, Donadono V, Quaglia F, Saviano R, Mazzarelli LL, Tagliaferri S, Simioli S,
Giudicepietro A, Morlando M, Sarno L, Di Cresce M, Maruotti GM, Martinelli P
DIPARTIMENTO AD ATTIVITÀ INTEGRATA OSTETRICIA, GINECOLOGIA ED UROLOGIA - UOC
Emergenze Ostetrichee Ginecologiche - AOU Federico II
Introduzione: L’infezione da Citomegalovirus rimane, ad oggi, una delle più comuni cause di
handicap neurologici di natura infettiva. Circa il 10% dei bambini alla nascita risultano
sintomatici.
Materiali e metodi: Il seguente è uno studio retrospettivo osservazionale condotto dal 2000
al 2013 presso il nostro centro di malattie infettive in gravidanza. Sulla base dei risultati
sierologici, abbiamo fatto diagnosi di sieroconversione precoce e tardiva da citomegalovirus
in gravidanza, oltre che di infezione periconcezionale e reinfezione. Abbiamo offerto
diagnosi prenatale mediante un’amniocentesi eseguita a 21-22 settimane di gestazione per
la ricerca del genoma virale su liquido amniotico e controlli ecografici seriati alla ricerca di
segni di infezione fetale da CMV. Abbiamo infine raccolto dati sull’outcome neonatale ad un
anno dalla nascita.
Risultati: Dal 2000 al 2013 sono giunte presso il nostro centro 474 gravide con sospetta
infezione da CMV in gravidanza. E’ stata fatta diagnosi di sieroconversione precoce in 114
(24.1%)casi, tardiva in 26 (5.5%) donne, infezione periconcezionale in 62 (13.1%) gravide e
reinfezione in 28 (5.9%) casi. 98 (42.6%) gravide si sono sottoposte a amniocentesi risultata
positiva in 16 casi (16.33%). In tutti i casi si trattava di donne con diagnosi di siero
conversione precoce in gravidanza: tutti i bambini sono nati infetti alla nascita. La sensibilità
e specificità dell’amniocentesi sono risultate rispettivamente del 45% e 100%. In 43 bimbi
(18.7%) è stata fatta diagnosi di infezione congenita da CMV alla nascita, associata a sintomi
clinicamente manifesti in 11 casi (25%). L’incidenza dei sintomi neonatali è risultata più alta
in donne con sieroconversione precoce.
Conclusioni: Allo stato attuale non esiste ancora un trattamento sicuro ed efficace per
ridurre il rischio di infezione da CMV in gravidanza e pertanto non raccomandiamo uno
screening universale nelle prime settimane di gestazione.
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