02/09/2006 La Sicilia: La plastica inquina ma non è velenosa

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02/09/2006 La Sicilia: La plastica inquina ma non è velenosa
LA PLASTICA INQUINA MA NON E’ VELENOSA
2 Settembre 2006, PAGINA 2 LA SICILIA
Primo Levi racconta che durante la prigionia ad Auschwitz si salvò dall’inedia mangiando
candele. Da buon chimico, sapeva che la paraffina è simile alle sostanze grasse, viene perciò
attaccata dai nostri enzimi e trasformata in acqua, anidride carbonica ed energia metabolica.
Ebbene, il Polietilene (la plastica più diffusa) non è altro che paraffina a più alto peso
molecolare, cioè di dimensioni molto più grandi. Sono queste dimensioni che impediscono agli
enzimi di attaccare con efficacia il Polietilene, che si accumula per lunghi periodi sul terreno.
Tuttavia, dopo un certo lasso di tempo anche il Polietilene viene degradato ed assimilato dagli
enzimi, e sparisce senza lasciare traccia. Il Polietilene non è velenoso, anzi può essere un
alimento. I contadini delle serre lo sanno bene, tanto da considerarlo un concime per il
terreno!
Questa premessa aneddotica mi serve per commentare un articolo: “La Plastica in Mare ci sta
Avvelenando” (23 Agosto 2006, p 3), che a mio avviso ha bisogno di un approfondimento.
L’articolo esordisce così:” La plastica è un’emergenza planetaria. Il materiale che doveva
risolvere problemi d’inquinamento, invece sta causando una modifica nella catena alimentare,
provoca gravi malattie endocrine, colpisce gli apparati di riproduzione sessuale dell’uomo e di
tutti gli animali. Una della cause del cancro alla prostata è ricondotta proprio alla plastica
dispersa nell’ambiente”.
Le plastiche sono composti organici costituiti da molecole di grandissime dimensioni, i
materiali polimerici. Per intenderci, materiali polimerici (biologici) sono anche il DNA, le
proteine, i polisaccaridi. Imitando la natura, da oltre 70 anni sono state sviluppate tecnologie
atte a produrre artificialmente nuovi materiali polimerici (plastiche, fibre, gomme), utilissimi
e di basso costo, che costituiscono generi di larghissimo consumo.
Le materie plastiche, prodotte in milioni di tonnellate annue, non potrebbero essere vendute
se fossero tossiche, o addirittura velenose. Come per tutti i prodotti immessi in circolazione,
esistono controlli e severi protocolli di nocività a livello nazionale ed internazionale. Tuttavia,
la dispersione nell’ambiente di enormi quantità di materie plastiche crea gravissimi problemi
di inquinamento. In realtà, nessuno ci obbliga a disperderle nell’ambiente. Al contrario,
abbiamo la possibilità di riciclarle e di riutilizzarle in vari modi, tutti economicamente
vantaggiosi. Basta volerlo e organizzarsi meglio. Inoltre, già esiste la tecnologia per produrre
le “Plastiche Biodegradabili e Biocompatibili”, che hanno brevi tempi di vita nell’ambiente. Il
loro impiego eviterebbe l’inquinamento ambientale, ma costano troppo e vengono quindi
impiegate col contagocce!
Dati spazio e tempo sufficienti, lo smaltimento nel terreno della delle plastiche più diffuse
come Polietilene, Polipropilene, Nylon, ecc, non presenta problemi di inquinamento tossico.
Nell’ambiente marino, a causa della relativa carenza di flora batterica sui fondali, il tempo di
permanenza delle materie plastiche è ben maggiore e l’ambiente fluido favorisce la diffusione
della polvere plastica anche a grandi distanze dalla costa. Inoltre, questa polvere si deposita
sui fondali, e la plastica viene ingerita dai pesci più piccoli assieme a plancton e alghe.
E’ vero che alcune plastiche, quando si degradano, possono generare piccole molecole
dannose l’organismo. Il Policarbonato, materiale di cui sono costituiti i popolarissimi CD, per
idrolisi genera il bisfenolo, un potente estrogeno che esperimenti effettuati sui topi hanno
dimostrato in grado di alterare gli equilibri endocrini e causare danni alla prostata. Tuttavia,
se ingerite, le plastiche non vengono digerite dagli animali. Non ne hanno il tempo e vengono
eliminate come feci. E’ dubbio che il policarbonato ingerito dai pesci abbia il tempo di essere
idrolizzato. Gli esperimenti di cui sopra sono stati compiuti iniettando bisfenolo puro (non la
plastica tal quale) nei topi.
Le sostanze altamente velenose, responsabili per i danni al nostro organismo: DDT, Diossina,
Policlorobifenili (Pcb), e idrocarburi aromatici policiclici, non sono materie plastiche! Sono
composti chimici di piccole dimensioni, altamente tossici e cancerogeni . La loro produzione è
oggi bandita in tutto il mondo, ma esse si trovano già in quantità sensibili disperse
nell’ambiente, retaggio del cattivo uso che ne è stato fatto nel passato. Esse vengono assorbite
e incorporate nei vegetali e nei pesci che mangiamo perché i corpi solidi presenti nei mari e
nel terreno: alghe, plancton, residui vegetali e carboniosi, acidi umici, plastiche, funzionano
tutti da centri di assorbimento di questi veleni. Ecco perché la dispersione di grandi quantità
di plastiche nell’ambiente (marino e terrestre) è dannosa.
Una volta assorbiti dal nostro organismo, DDT, Diossina, Policlorobifenili (Pcb), e idrocarburi
aromatici policiclici sono capaci formare dei “composti di intercalazione”, detti così perché
queste molecole si intercalano fra due basi nucleiche e costringono il DNA ad assumere forme
non idonee alla normale riproduzione, originando le neoplasie degenerative (i tumori). Oltre a
questo effetto degenerativo, che provoca la morte dell’individuo, ma appunto per questo non
ha conseguenze sulla discendenza, queste molecole (dette mutageni), possono anche provocare
una mutazione nel patrimonio genetico dell’uomo. In pratica, il pezzo di DNA contenente i
composti di intercalazione viene “saltato” nella trascrizione del codice genetico, dando così
luogo a modifiche del patrimonio genetico della discendenza. L’organismo mette in atto, già a
livello cellulare, delle difese che riducono fortemente l’incidenza di queste mutazioni, ma la
risultante è positiva e i danni prodotti da questi veleni sono una realtà. E’ difficile proporre
una strategia che, nel breve periodo, ci permetta di difenderci dagli effetti di queste sostanze
nocive.
Per ciò che riguarda la plastica, quello che si può e si deve fare è di riciclarla accuratamente
evitandone una ulteriore dispersione nell’ambiente. Il riciclo della plastica (non il semplice
suo impiego come combustibile) può diventare una grossa e diversificata attività industriale,
fonte di lavoro e di ricchezza, ed evitare l’inquinamento ambientale che ci minaccia.
Giorgio Montaudo