L`UNIONE SARDA L`UNIONE SARDA Laconi, un palazzo per le

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L`UNIONE SARDA L`UNIONE SARDA Laconi, un palazzo per le
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Rassegna stampa
Beni culturali
della Sardegna
Segni di una grande civiltà
a cura del Servizio Promozione
Testata
L’UNIONE SARDA
Data
10 dicembre 2010
Sezione
Cronaca regionale
Laconi, un palazzo per le anime di pietra
I menhir di 5000 anni fa nella casa dei marchesi Aymerich
Di LELLO CARAVANO
LACONI La nuova casa delle anime di pietra è un elegante palazzo neoclassico, un tempo dimora dei marchesi
Aymerich, con la carta da parati della tappezzeria francese Dufour, due corti interne, spettacolare finestra sul paese di
Sant'Ignazio, sulla Giara, sulla verdissima valle che porta alla piana e al golfo di Oristano. Le anime sono imprigionate
dentro blocchi in trachite, uomini-divinità che pesano anche 15-20 quintali. Gli operai dell'impresa Casula le sollevano
con una piccola gru, le adagiano per terra, le sistemano su una colata di gesso con la delicatezza che si riserva a una
straordinaria opera d'arte di cinquemila anni fa, quando nelle campagne di Laconi si compì una rivoluzione: quella
dell'uomo agricoltore-allevatore-cacciatore che cominciò a allineare le grandi pietre per seguire i cicli lunari in funzione
delle semine. In quel momento e per la prima volta rappresentò se stesso nei menhir (parola bretone che indica una
pietra lunga), celebrando così il suo trionfo. Quell'uomo non era solo. Nello stesso periodo dalla Bretagna al Caucaso
altre genti sollevavano pesanti monoliti, li scolpivano e vi tracciavano dei segni: era una civiltà omogenea, europea, tutta
occidentale, e anche la piccola Sardegna faceva parte di questo mondo. Genna Arrele, Cirquittus, Perda Iddocca Stonehenge di casa nostra - collegate con i circoli megalitici del resto d'Europa, molti anni prima che sorgessero i
nuraghi.
CULTO EUROPEO DELLE PIETRE FITTE Le grandi sale del palazzo con la facciata in trachite progettato dall'architetto
Gaetano Cima a metà dell'Ottocento sono un cantiere. Giulio Melosu e Antonino Frongia guidano le operazioni del
trasloco dei menhir: «Sono uno diverso dall'altro, bisogna prestare molta attenzione». I giovani della società che
gestisce il Museo civico - Luca, Mariano, Linetta, Annarita, Marianna - sistemano il piazzale e lo ripuliscono dalle foglie.
«Ce la faremo per il 18?», chiede qualcuno sulla porta d'ingresso del palazzo che si affaccia su piazza Marconi. Giorgio
Murru rassicura tutti. L'archeologo, direttore del Museo delle Statue menhir, sta spendendo ogni energia per la buona
riuscita dell'avvenimento, al quale ha dedicato anni di studio e ricerca. Un'impresa che sarà coronata il 18 dicembre: tra
una settimana, Laconi, città di santi tra le pietre fitte, inaugurerà il Museo della Statuaria preistorica della Sardegna, la
più grande e completa esposizione europea dedicata ai menhir. Sessanta sculture saranno esposte tra il piano terra e il
primo piano della casa dei marchesi, acquistata e restaurata dal Comune, che ha fortemente voluto l'iniziativa
(supervisione del ministero dei Beni culturali con la soprintendenza di Sassari e Nuoro). Quaranta sono in arrivo dal
vecchio museo, ospitato finora nel piano basso del Municipio, dove un tempo si trovavano le carceri, altre venti saranno
portate da Isili, Nurallao, Genoni, Ruinas, Villa Sant'Antonio, Allai, Samugheo.
IL PAESE DEI SANTI Laconi - piccola Assisi del Sarcidano che ospita il convento dei francescani e la casa natale di
Sant'Ignazio, su santixeddu entrato nei cuori dei cagliaritani - racconterà chi erano i sardi che cinquemila anni fa
abitavano questa terra luogo dell'anima e di misticismo. Celebrerà un popolo che non sapeva scrivere ma scrutava il
cielo, e con l'aiuto delle pietre allineate o in circolo individuava il momento propizio per le semine. Il museo sarà la casa
degli antenati. «Diventerà la casa dei sardi - spiega l'archeologo Murru - I menhir testimoniano l'impresa di quegli uomini
che cominciarono a rappresentare se stessi, trasformando il capo, l'eroe in divinità, mettendo in secondo piano la Dea
madre. Sarà il più importante museo a livello mediterraneo ed europeo per la qualità delle sculture esposte e perché qui
è presentata l'evoluzione delle pietre, prima semplicemente sbozzate, poi con una chiara raffigurazione umana, sia
maschile sia femminile. I visitatori potranno capire che il mondo dei sardi cominciò molto prima dei nuraghi ed è un
mondo altrettanto straordinario».
Nella prima sala, all'ingresso, è stato sistemato un gruppo di menhir, il primo scoperto nel 1969 a Genna Arrele da un
cacciatore e segnalato all'archeologo Enrico Atzeni. Sono poggiati su grandi piedistalli in acciaio, a circa un metro
d'altezza, un modo per rendere merito agli artisti della preistoria e ai giganti in pietra, che venivano estratti da due cave
di trachite - Mind'e Putzu e Conca Zerfalius - distanti anche due chilometri dai luoghi di insediamento. Mattoni, pietre e
gesso li sostengono, mentre la terra è stata messa in superficie, per ricordare che la loro casa originaria era la
campagna del Sarcidano. In un'altra sala c'è un vero affollamento di menhir, una specie di foresta. «Ho voluto creare
questo senso di pieno, di bosco, perché anche questo era il messaggio che ci hanno trasmesso. A Pranu Maore, vicino
a una tomba, ce n'erano tanti. Come dire: ci siamo», spiega Giorgio Murru, allievo di Giovanni Lilliu, che riveste anche il
compito di cooordinatore scientifico della Fondazione Barumini sistema cultura.
SIMBOLI E MISTERI Nella sala cinque si resta incantati davanti a un'altra statua di Pranu Maore (due metri e venti di
altezza), ai segni lasciati con rudimentali attrezzi di pietra sul duro blocco in trachite: gli occhi, l'uomo capovolto (che
indica il trapasso verso l'aldilà), il pugnale, simbolo di rango. Le luci ben indirizzate aiuteranno i visitatori a capire quei
simboli, che spiegano i misteri delle sculture di Laconi. Quella pietra gigante lavorata dall'uomo vuole ricordare che lì era
sepolto un capo, un eroe, elevato a divinità. Dice anche che la civiltà dei metalli stava cambiando il mondo, che le armi
scolpite (simili a quelle ritrovate nei corredi funerari) rappresentavano la forza, il potere. Dice infine che quell'agricoltorepastore preistorico sapeva disegnare, come indicano le braccia che si trasformano in compiute forme geometriche.
UMBERTO E VERSAILLES Al primo piano del palazzo è un alternarsi di menhir, mostre, eleganti sale, come quella
centrale con un grande caminetto. Poi c'è quella dove dormì Umberto di Savoia, il re di Maggio. Altre stanze hanno
ancora la carta da parati con immagini neoclassiche a colori che rimandano a Parigi, ci sono la Senna, i monumenti
della Ville Lumiere amata dagli aristocratici, Versailles, Notre Dame, l'Arco di Trionfo. Tra i tesori riscoperti e recuperati,
la carta dei Cinque continenti, che un vecchio intonaco aveva nascosto per anni. I locali si affacciano anche sulla piccola
e sulla grande corte del palazzo che un tempo era anche fattoria e caseificio. Da qui lo sguardo spazia ancora più
lontano: non solo il tacco e il bosco di Atza 'e Carradore, il magnifico parco con la cascata e il castello medievale, ma
anche monte Sant'Antine di Genoni, il Grighine, il monte Arci dell'ossidiana. Quasi a ribadire una centralità di Laconi
come luogo dell'anima. «Quell'uomo di cinquemila anni fa - aggiunge ancora Murru - aveva contatti con altre genti,
viveva una globalizzazione culturale grazie a un mare amico, il Mediterraneo».
STRAORDINARIA AVVENTURA Sessanta monoliti nelle grandi stanze del palazzo dei marchesi, quasi duecento sparsi
nelle campagne firmano un itinerario di grande suggestione, un salto indietro nel tempo, a cominciare da Cirquittus, un
anello di sette perdas fittas (una di brillante quarzo), che le accurate ricerche degli astronomi hanno individuato come un
misuratore del ciclo del sole e della luna. Un altro mistero, in parte svelato, delle anime in trachite che saranno celebrate
dal 18 dicembre e che raccontano la straordinaria avventura dei sardi di cinquemila anni fa.
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