L`organizzazione costituzionale - Campus
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Lettura L’organizzazione costituzionale Il finanziamento dei partiti politici I partiti politici sono associazioni private. Tuttavia, poiché svolgono funzioni indispensabili alla vita democratica, da molti anni si è posta l’esigenza di un finanziamento pubblico che possa integrare i contributi privati, di per sé sempre insufficienti, e che possa evitare il finanziamento illegale, proveniente soprattutto dalle cosiddette “tangenti” pagate dai privati imprenditori in cambio di favori pubblici. Nel 1978, con un referendum abrogativo, i cittadini si espressero a favore dell’abolizione del finanziamento pubblico. Quel voto, peraltro, fu aggirato sostituendo il “finanziamento” con il “rimborso delle spese elettorali sostenute da ciascun partito”. Per partecipare alla distribuzione di queste risorse, occorre che il partito abbia ottenuto almeno un eletto. L’attuale normativa prevede inoltre un regime fiscale agevolato per le erogazioni liberali in denaro fatte dai privati cittadini a favore di partiti. I partiti che hanno goduto di questo finanziamento sono tenuti, una volta all’anno, a presentare ai Presidenti delle Camere un rendiconto dell’utilizzazione delle somme ricevute. Di fronte a numerosi e ripetuti scandali (fondi usati per spese personali), la legge n. 96 del 2012 ha ridotto l’ammontare del contributo pubblico (che, nel 2008 ammontava, ad esempio, a più di 206 milioni di euro per il “Popolo della libertà”, e a più di 180 milioni per il “Partito democratico”) e ha istituito un controllo sulla veridicità dei rendiconti dei partiti. Si vedrà se questa legge potrà ridurre la corruzione della politica, vero cancro della democrazia. © Mondadori Education L’organizzazione costituzionale Le conseguenze del sistema elettorale sulla vita politica Le conseguenze dei sistemi maggioritari: il numero dei partiti Il primo importante effetto dei sistemi maggioritari è la semplificazione del numero dei partiti, fino a giungere al bipolarismo (il raggruppamento dei partiti in due poli alternativi) e, in alcuni casi, al bipartitismo (la sopravvivenza di due soli partiti). Per comprendere questo aspetto dei sistemi maggioritari, si deve considerare che per essere eletti occorre raggiungere il maggior numero di voti (rispetto a quello ottenuto dagli altri candidati). I partiti politici affini presenteranno allora un candidato comune per non disperdere i voti. La dispersione, infatti, fa il gioco degli avversari. Questa concentrazione, alla fine, determina una sfida elettorale tra due soli candidati, l’uno di destra e l’altro di sinistra (per esempio il conservatore e il laburista, in Gran Bretagna). ESEMPIO Immaginiamo che in un collegio vi siano tre possibili candidati che possono ottenere voti attorno al 30, al 30 e al 40% ciascuno. Se si presentano tutti e tre, verrà eletto quello che ottiene il 40%. Ma se gli altri due decidono di coalizzarsi, presentando una sola candidatura comune, il candidato unico otterrà il 60% dei voti e sconfiggerà l’altro, fermo al 40%. Ecco all’opera ciò che potrebbe chiamarsi la forza aggregante dei sistemi maggioritari. Le conseguenze dei sistemi maggioritari: il moderatismo Per vincere, i due candidati devono sperare di spostare a proprio favore gli elettori indecisi. Ma gli elettori indecisi sono solo quelli di centro, cioè i moderati. Gli estremisti, di destra e di sinistra, sanno bene come votare e nessuno potrà mai convincerli a passare al partito opposto. Per poter ottenere il consenso degli indecisi, occorrono candidati e programmi moderati, centristi. Per questo, i due partiti della Gran Bretagna sono – per usare una terminologia del nostro linguaggio politico – di centro-destra e di centro-sinistra e, almeno finora, le tendenze politiche estremistiche non sono riuscite ad affermarsi. Gli eletti dei due partiti formano, in Parlamento, due gruppi, l’uno di maggioranza e l’altro di opposizione. Con questo tipo di elezioni, perciò, vengono determinati non solo gli eletti ma anche la maggioranza parlamentare. Il capo del partito che ha vinto le elezioni formerà il Governo e potrà contare su una maggioranza compatta e stabile che lo sostiene. L’elettore perciò, votando per il candidato al Parlamento, vota in realtà anche per il Governo. Gli eletti del partito che ha perso le elezioni sono costretti all’opposizione, fino a che, eventualmente, le successive elezioni non ribaltino i risultati. © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale I sistemi proporzionali: la debolezza delle maggioranze I sistemi elettorali proporzionali determinano effetti opposti. Essi non promuovono né la concentrazione della vita politica (e infatti, dove sono adottati, come è accaduto per molti anni in Italia, esistono di solito molti partiti, il c.d. “multipartitismo”); né la moderazione verso il centro delle forze politiche (infatti esistono partiti con programmi politici accentuatamente di destra e di sinistra). Essi, infine, non contribuiscono a formare maggioranze compatte e quindi governi stabili e forti sostenuti da una solida maggioranza parlamentare. Se ci si chiedesse perché, malgrado ciò, i sistemi elettorali proporzionali continuano a essere adottati in vari Paesi, la risposta si trova nella loro caratteristica fondamentale, che è un pregio formidabile dal punto di vista della democrazia: essi non alterano il panorama politico esistente, lasciando a tutti i partiti, anche ai più piccoli, l’opportunità di sopravvivere e, in un possibile futuro, di crescere. Legge elettorale: la sentenza della Corte costituzionale Sulla legge elettorale vigente fino al 2013, descritta nel testo, è intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014. La Corte ha dichiarato l’incostituzionalità di due aspetti della legge, che sono stati perciò eliminati: il premio di maggioranza e l’assenza del voto di preferenza. Il premio di maggioranza è stato considerato illegittimo, a causa della sua misura eccessiva (il 55% dei seggi al partito o raggruppamento più forte degli altri, anche se piccolo) e a causa della sua irrazionalità (il diverso criterio di attribuzione alla Camera e al Senato). L’assenza del voto di preferenza è sembrato in contrasto col diritto costituzionale degli elettori di scegliere la persona dei propri rappresentanti e di non vedersela imporre dai partiti. Amputata dei due aspetti sopraddetti, la legge che ne è risultata è di natura strettamente proporzionale, col diritto degli elettori (aggiunto dalla Corte) di esprimere una preferenza entro la lista di candidati predisposta dai partiti. Attualmente (aprile 2014) è in corso un procedimento legislativo di riforma elettorale che mira a ripristinare la logica maggioritaria, tenendo conto delle indicazioni della Corte costituzionale, procedimento del quale, al momento, non si può ancora prevedere l’esito. © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale I parlamenti all’estero Il Parlamento italiano si compone di 630 deputati e 315 senatori (oltre ai senatori a vita); si tratta, nel complesso, di quasi mille parlamentari, molti se confrontati con quanto accade in altri Paesi. Una domanda ricorrente è: “ma non sono troppi tutti questi parlamentari?”. In astratto, non esiste un “giusto numero” di membri del Parlamento. L’esperienza di altri Paesi mostra che i numeri possono, a grandi linee, essere confrontabili con i nostri, soprattutto se si considera la sola Camera dei deputati. In Gran Bretagna la Camera dei comuni si compone di 659 membri; nella Repubblica federale di Germania il Bundestag (la Camera votata dai cittadini) è formato attualmente da 603 rappresentanti; in Francia l’Assemblea nazionale è composta di 577 membri, mentre il Congresso dei deputati spagnolo ne ha soltanto 350. Oltreoceano, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti si compone di 435 membri. ESEMPIO Si potrebbe obiettare, però, che in Italia la somma fra deputati e senatori è maggiore, mentre in tutti questi paesi la seconda Camera si compone di un numero limitato di rappresentanti (per esempio il Senato statunitense si compone di 100 membri). In effetti la vera anomalia italiana sta nella duplicazione di strutture e funzioni fra due Camere aventi identici poteri. Anche in Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna il Parlamento è bicamerale, ma la seconda Camera (Camera dei Lords, Bundesrat o Senato che sia) svolge funzioni diverse; non c’è, quindi, una duplicazione. Questa duplicazione, peraltro, non è priva di effetti positivi, come la possibilità di correggere, nella seconda Camera, gli eventuali errori o leggerezze della prima. Attualmente, in Italia, sembra prevalere l’esigenza di evitare doppioni e moltiplicazioni dei tempi del lavoro parlamentare, esigenza che potrebbe portare a sostituire il Senato con una “Camera delle Regioni”, avente poteri nelle questioni rilevanti per le autonomie locali, lasciando alla sola Camera dei deputati le funzioni prettamente politiche. Molte costituzioni contemporanee hanno invece optato per un assetto monocamerale, in grado di garantire, secondo alcuni, una più rapida approvazione delle leggi. Hanno parlamenti monocamerali, per esempio, oltre a molti stati di nuova formazione, la Svezia, la Danimarca, la Grecia, il Portogallo, l’Ungheria. © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale L’ostruzionismo parlamentare L’ostruzionismo consiste in atti e iniziative dei parlamentari di per sé leciti ma usati con lo scopo di impedire alla maggioranza di giungere alla deliberazione. Costituiscono ostruzionismo le migliaia di emendamenti a una proposta di legge, presentati per guadagnare tempo e così ritardare o impedire di arrivare al voto; oppure i discorsi numerosi e interminabili; oppure ancora le questioni (pregiudiziali d’incostituzionalità, richiami al regolamento, interruzioni per “fatto personale”) che vengono continuamente sollevate per deviare il dibattito dal suo oggetto ecc. ESEMPIO Si tratta di iniziative in sé perfettamente legittime ma il loro eccesso costituisce un caso tipico di abuso di un diritto. Contro l’ostruzionismo, i regolamenti (la riforma più recente è del 1997) prevedono misure restrittive: per esempio limiti al numero degli emendamenti che ciascun parlamentare può far porre in votazione, limiti di tempo agli interventi ecc. La “questione di fiducia” posta dal Governo è anch’essa uno strumento antiostruzionistico in quanto, come si è detto, fa decadere tutti gli emendamenti, costringendo la camera a votare direttamente il testo del Governo. Non si può dimenticare, però, che l’ostruzionismo è anche l’estrema difesa della libertà delle minoranze parlamentari, contro le sempre possibili prepotenze della maggioranza. Il compito di assicurare la funzionalità delle procedure parlamentari senza però violare la libertà delle minoranze ricade interamente sui Presidenti delle Camere. La loro posizione e il loro compito sono quindi delicatissimi e di grande responsabilità, soprattutto nei momenti di tensione tra le forze politiche. La coalizione di Governo Nei regimi parlamentari, il Governo si regge sull’appoggio del Parlamento, cioè dei partiti che dispongono della maggioranza. Poiché nel nostro sistema politico nessun partito raggiunge da solo la maggioranza occorre che si formino coalizioni tra i partiti. I Governi repubblicani sono sempre stati Governi di coalizione. Per di più, occorre precisare che si tratta di coalizioni eterogenee, cioè tra partiti che © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale spesso hanno interesse, più che a collaborare per un programma comune, a combattersi per migliorare le proprie posizioni, gli uni a danno degli altri. Ciò ostacola la formazione di indirizzi unitari e favorisce una mentalità secondo la quale la partecipazione al Governo di un partito è un semplice strumento per il proprio potere. Le conseguenze sono di tre tipi: la corruzione della vita politica, l’inefficienza e l’instabilità governativa. Il primo dato (la corruzione) è provato dai numerosi scandali che infiorano la nostra vita pubblica; il secondo (l’inefficienza) risulta all’evidenza, per esempio, dallo stato dell’amministrazione e dei servizi pubblici; il terzo (l’instabilità) è documentato dal fatto che la durata media dei nostri Governi è inferiore ai dodici mesi. Anche allo scopo di fronteggiare questi gravi difetti del sistema di governo del nostro Paese, sono state proposte da tempo riforme costituzionali indirizzate a evitare gli eccessi dei Governi di coalizione, soprattutto attraverso l’introduzione di nuovi sistemi elettorali che valgano a impedire l’eccessiva frammentazione dei partiti in Parlamento. Le riforme elettorali introdotte finora, però, hanno piuttosto aggravato che ridotto questi mali. Gli organi governativi non necessari Il Consiglio di gabinetto Esso trae il suo nome dal Cabinet che, in Gran Bretagna, è il comitato ristretto dei Ministri più importanti. La scelta dei Ministri che entrano a farne parte dipende sia dall’importanza del Ministero di cui sono a capo, sia dall’esigenza di rappresentare tutti i partiti della coalizione. Quest’organo coadiuva il Presidente nella direzione politica generale del Governo. La sua funzione è di assistere il Presidente del Consiglio, ferme restando le attribuzioni del Consiglio dei Ministri. I Ministri che entrano a farne parte sono scelti direttamente dal Presidente stesso. I comitati interministeriali Quando decisioni di Governo coinvolgono più Ministri, competenti in materie affini, ma non tutto il Consiglio dei Ministri, si possono istituire con legge dei comitati interministeriali e attribuire a essi tali decisioni. Tra i più importanti, si possono ricordare: il CIPE (comitato per la programmazione economica), una sorta di super-governo dell’economia, cui spettano importantissime decisioni di politica economica, che si vorrebbero sottrarre alla gestione personale dei singoli ministri e il CISR (comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica). I sottosegretari e i vice-ministri I sottosegretari sono dei collaboratori dei Ministri © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale delegati a seguire particolari settori dell’amministrazione. Il loro nome deriva dal fatto che i Ministri si chiamavano un tempo “segretari di Stato”. Sono organi governativi ma non partecipano al Consiglio dei Ministri (ad eccezione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che vi partecipa con le funzioni di segretario e senza diritto di voto). La qualifica di vice-ministro spetta a quei sottosegretari (in numero non superiore a dieci) che hanno competenze per vaste aree amministrative (corrispondenti ai dipartimenti, che sono le strutture amministrative più ampie all’interno dei Ministeri). Grazie anche al titolo di cui si fregiano, i vice-ministri hanno una visibilità politica maggiore e possono essere invitati a partecipare al Consiglio dei Ministri senza diritto di voto. L’alto numero dei sottosegretari (quasi sempre superiore a quello dei Ministri) si spiega, oltre che con il numero crescente di affari di cui i Ministri si occupano, anche con ragioni di equilibrio politico nel Governo di coalizione: al Ministro di un partito si affiancano sottosegretari o vice-ministri degli altri partiti. I Commissari straordinari del Governo Si tratta di agenti per conto del Governo, incaricati di compiere qualche missione speciale e temporanea (per esempio il Commissario per la lotta alla mafia o per la crisi dei rifiuti in Campania). Essi vengono anche chiamati Alti Commissari. I ministeri I ministeri costituiscono i settori fondamentali in cui si articola l’amministrazione dello Stato. A capo dei vari ministeri sono posti i Ministri, i quali – come abbiamo visto sopra – svolgono una importante funzione di collegamento tra l’indirizzo politico del Governo e l’attività della pubblica amministrazione. In base all’articolo 95, ultimo comma, della Costituzione, l’organizzazione dei ministeri e il numero degli stessi sono determinati con un provvedimento legislativo. Si può dunque dire che esiste in questa materia una riserva di legge, sia pure di carattere “non assoluto”. Ad ogni Governo, però, il numero e le competenze dei ministeri possono variare. I ministeri dell’attuale (aprile 2014) “Governo Renzi” sono i seguenti: 1. Ministero degli Affari esteri 2. Ministero dell’Interno 3. Ministero della Giustizia 4. Ministero della Difesa © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Ministero dell’Economia e delle Finanze Ministero dello Sviluppo economico Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali Ministero dell’Ambiente, tutela del territorio e del mare Ministero delle Infrastrutture e trasporti Ministero del Lavoro e politiche sociali Ministero della Salute Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Ministero dei Beni culturali e turismo Si noti che il numero dei ministeri e quello dei Ministri non coincidono necessariamente. Esistono infatti, come sappiamo, i cosiddetti Ministri senza portafoglio, i quali non sono a capo di un ministero e non dispongono di stanziamenti specifici nel bilancio dello Stato, ma appartengono ugualmente al Governo. I Ministri senza portafoglio svolgono funzioni di natura politica e, per gli aspetti organizzativi, fanno riferimento quasi sempre alla Presidenza del Consiglio. Le questioni particolari di cui si occupano i Ministri senza portafoglio sono definite nel momento della formazione del Governo e possono essere di vario tipo. Nel Governo attualmente in carica sono affidate a Ministri senza portafoglio le seguenti questioni: le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento; la semplificazione e la Pubblica Amministrazione; gli affari regionali. L’impedimento e le dimissioni L’impedimento del Presidente della Repubblica può essere temporaneo o permanente. In caso di impedimento temporaneo (per esempio per malattia o per un viaggio all’estero ecc.) è sufficiente l’intervento in qualità di supplente del Presidente del Senato. Anche se la Costituzione nulla dice in proposito, è chiaro che il Presidente del Senato deve limitarsi a compiere gli atti ordinari indispensabili al funzionamento delle istituzioni (per esempio la promulgazione delle leggi o l’emanazione degli atti del Governo), ma deve astenersi da quelli (come per esempio lo scioglimento delle Camere) che pregiudicano l’andamento generale della vita politica e possono attendere la ripresa delle funzioni da parte del Presidente. Vi possono però essere anche casi di impedimento permanente (per esempio, una malattia irrimediabile, come l’ictus cerebrale che colpì il Presidente Segni nel 1964). In tal © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale caso – accertato il carattere permanente della malattia – il Presidente della Camera indice l’elezione del nuovo Presidente. La stessa regola vale in caso di morte o dimissioni del Presidente in carica. Rientra tra le valutazioni insindacabili del Presidente della Repubblica la decisione circa le proprie dimissioni. In quanto atto personale del Presidente, le dimissioni, a differenza di tutti gli altri atti presidenziali, non richiedono la controfirma ministeriale. Nel 1992 il Presidente Cossiga ha fatto uso del potere di dimissioni due mesi prima del termine del suo mandato, di fronte a una situazione politica che richiedeva la pienezza dei poteri presidenziali, mentre la posizione del Presidente in quel momento era indebolita dal fatto che ci si trovava nel “semestre bianco”. In tal modo si è aperta la strada all’elezione anticipata di un Presidente dotato di tutti i suoi poteri. E nel 1999 il Presidente Scalfaro si è dimesso qualche giorno prima della scadenza del suo mandato essendo già stato eletto il suo successore, per evitare una sovrapposizione. Gli organi della giurisdizione ordinaria Quali siano gli organi della giurisdizione ordinaria, non è detto dalla Costituzione. Essa parla soltanto della Corte di cassazione (art. 111) e per il resto rinvia alla legge (art. 108, primo comma). Di seguito è illustrato il quadro dei principali organi giudiziari: a. il giudice di pace, che dal maggio 1995 ha preso il posto del giudice conciliatore. È un magistrato onorario, presente in tutti i Comuni più importanti, scelto dal Consiglio superiore della Magistratura tra ex magistrati, avvocati, notai, insegnanti di materie giuridiche, funzionari dello Stato operanti nel settore della giustizia. È competente in materia civile nelle cause più semplici o di minor valore, nelle cause “di vicinato” (distanze, liti condominiali ecc). Nella materia penale, il d.lgs. n. 274 del 2000 affida alla sua competenza le cause più semplici e quelle relative ai reati meno gravi; b. il Tribunale, che è l’organo giudiziario con la competenza civile e penale più ampia. Il Tribunale è un organo prevalentemente monocratico, cioè composto da un solo giudice. In questa composizione, il Tribunale giudica come organo d’appello sulle decisioni del giudice di pace, oltre che come giudice di primo grado. Solo per le cause civili e penali di maggiore complessità e delicatezza o di maggiore gravità, il Tribunale è composto da un collegio di tre giudici. c. la Corte d’assise, che è giudice penale di primo grado “a partecipazione popolare”. Essa è composta di 8 giudici: 2 togati e 6 popolari, estratti periodicamente da liste di cittadini aventi certi requisiti di istruzione e moralità. La competenza della Corte © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale d’assise riguarda i cosiddetti “reati di sangue” (omicidio e ogni delitto doloso da cui derivi la morte di una persona) e i reati che mettono in pericolo la sicurezza dello Stato (terrorismo, eversione ecc.): tutti reati puniti con le pene più gravi (l’ergastolo o la reclusione superiore ai 24 anni). L’organo di appello contro le sentenze della Corte d’assise è la Corte d’assise d’appello, composta anch’essa da otto giudici, due togati e sei popolari, aventi requisiti d’istruzione più elevati; d. la Corte d’appello, che è l’organo di appello contro le decisioni del Tribunale, in materia sia civile che penale ed è composta da tre magistrati. La sua circoscrizione (cioè l’ambito territoriale di competenza) è detta distretto e di solito coincide col territorio di una Regione; e. la Corte di cassazione è unica e ha sede in Roma ed è l’organo di chiusura del sistema giudiziario. A essa ci si rivolge normalmente in sede di ricorso contro le sentenze in grado d’appello. È suddivisa in diverse sezioni, civili e penali, composte da cinque magistrati ciascuna. Nelle cause di maggiore importanza e quando si tratta di dirimere contrasti tra le sezioni singole, giudica a sezioni riunite. In questo caso, il collegio è composto da nove magistrati, presieduti dal primo presidente della Corte di cassazione. Altri organi giudiziari di grande importanza nel settore penale sono i Magistrati e i Tribunali di sorveglianza, i quali decidono sulle controversie che si verificano durante l’esecuzione penale (per esempio, le controversie sulla disciplina e sul lavoro in carcere) e dispongono in materia di “misure alternative” (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà ecc.) e di misure di sicurezza. Infine, sono da rammentare i Tribunali dei minorenni, istituiti presso ogni sede di Corte d’appello e composti di quattro giudici, due togati – un uomo e una donna, necessariamente –, e due esperti in psichiatria, psicologia, pedagogia e altre scienze sociali. Esso ha competenza in determinati settori civili dove si tratta di diritti personali dei minori, come l’adozione, e in materia penale, quando si tratta di reati commessi da minori. La giurisdizione civile La giurisdizione civile è quella parte della giurisdizione che ha per oggetto la tutela dei diritti soggettivi dinanzi ai giudici civili. Di fronte ai giudici civili si esercita l’azione, che è il potere di ricorrere all’autorità giudiziaria per la tutela di un proprio diritto. La domanda giudiziale produce l’effetto di instaurare un rapporto processuale tra chi © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale propone la domanda, cioè l’attore, e colui contro il quale la domanda è proposta, cioè il convenuto (per esempio, il creditore e il debitore inadempiente). Il processo di cognizione Vale a stabilire quale sia la situazione giuridica tra le parti litiganti (in buona sostanza a stabilire chi tra i contendenti abbia ragione e chi torto). Il procedimento di cognizione può concludersi con tre diversi tipi di sentenza. 1 Sentenza di accertamento: in essa il giudice si limita ad accertare la situazione giuridica tra le parti. 2 Sentenza di condanna: in essa il giudice non si limita ad accertare una data situazione giuridica, ma condanna la parte soccombente (cioè quella che perde la causa) a dare o fare qualcosa in favore della parte vittoriosa. 3 Sentenza costitutiva: si può avere in determinate situazioni eccezionali in cui la legge consente che il giudice crei o modifichi, con la propria decisione, un rapporto giuridico (ad esempio, imponendo una servitù su un fondo). Il processo esecutivo Una volta conclusa la fase di cognizione con la pronuncia di una sentenza passata in giudicato, può darsi che la parte soccombente non voglia dare spontanea esecuzione alla decisione. La parte vittoriosa può allora iniziare il procedimento esecutivo (o esecuzione forzata). Tale procedimento tende ad attuare concretamente la sentenza di condanna, contro la volontà della parte soccombente che non vuole conformarsi a questa sentenza (per esempio, possono essere venduti forzosamente i beni del debitore, per soddisfare il diritto del creditore). I procedimenti speciali I procedimenti speciali riguardano per lo più determinate materie in relazione a casi particolari previsti dalla legge. I più importanti sono: – il processo del lavoro; – il procedimento per ingiunzione (o per decreto ingiuntivo); – il procedimento per convalida di sfratto; – i procedimenti cautelari; – i procedimenti possessori; – i procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone. © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale La giurisdizione penale Il diritto penale è il settore dell’ordinamento giuridico che si occupa degli illeciti più gravi, che ledono interessi essenziali della collettività. Tali illeciti si denominano reati. La loro repressione è uno dei fondamentali e inderogabili compiti dello Stato. Ove non si fosse in grado di fare rispettare il diritto penale, e dunque di proteggere i beni principali come la vita, la proprietà, l’incolumità, la sicurezza ecc. vi sarebbe non uno Stato ma l’arbitrio di tutti riguardo a tutti. Il diritto penale Le norme del diritto penale sono sottoposte a un particolare e rigoroso regime giuridico giustificato dalla gravità delle conseguenze che possono derivare per gli autori di reati. Conformemente a un’idea affermatasi in tutti i Paesi civili (nullum crimen, nulla poena sine lege = nessun delitto e nessuna pena senza una legge che li stabilisca), in materia penale valgono i seguenti principi generali: a. una riserva assoluta di legge (art. 25, secondo comma, Cost.) Questo significa che nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto come reato dalla legge né colpito con pene che non siano stabilite dalla legge (art. 1 c.p.); b. il divieto di leggi penali retroattive (cioè che si applicano anche per reati compiuti prima dell’entrata in vigore della legge) a meno che siano più favorevoli al reo (l’abolizione di reati e la diminuzione delle pene valgono così anche per il passato). Questo significa che «nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato» e che «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le leggi successive sono diverse, si applica quella più favorevole al reo» (art. 2 c.p.). I reati Il codice penale e le leggi speciali prevedono numerosissimi reati, cioè comportamenti che danno luogo a responsabilità penale. I reati si distinguono in due grandi categorie, a seconda della loro gravità: i delitti (i reati più gravi, puniti con sanzioni più gravi) e le contravvenzioni (i reati meno gravi, puniti più lievemente). Un principio di civiltà vuole che la responsabilità penale sia personale (art. 27, primo comma, Cost.): questo significa che nessuno può essere chiamato a rispondere per un fatto compiuto da altri. Un concetto fondamentale del diritto penale è la colpevolezza, in base alla quale si può essere puniti solo se vi è il dolo o la colpa di chi ha agito. Si ha dolo quando il fatto è intenzionale, cioè quando è previsto e voluto dal soggetto agente. Si ha colpa quando il fatto non è intenzionale ma si verifica per negligenza, © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale imperizia o imprudenza. La legge stabilisce quando si risponde per dolo (caso normale) o anche per colpa (caso eccezionale). Naturalmente, i reati dolosi sono molto più gravi di quelli colposi (si pensi a un omicidio premeditato o a un omicidio causato per guida imprudente) e perciò sono puniti con pene più severe. Le pene Chi commette un reato va incontro a determinate sanzioni, che si denominano pene. Conformemente agli ideali umanitari che ispirano la Costituzione, l’art. 27, terzo comma, stabilisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». La pena, quindi, non ha più solo una funzione punitiva (come era in passato), ma ne ha acquisito una di recupero sociale. La pena di morte è una caratteristica dello Stato totalitario, lo Stato che pretende tutto dai suoi sudditi, anche la vita. Il rifiuto della pena di morte è invece l’essenza della democrazia. Così si spiega che la pena capitale, introdotta dal fascismo, sia stata abolita al momento della liberazione. Le pene, variabili a seconda della gravità dei reati, consistono: a. nella detenzione, che può essere perpetua (ergastolo) o temporanea; b. nel pagamento di una somma di denaro: la multa (per i delitti) e l’ammenda (per la contravvenzioni). Quelle anzidette sono le pene principali. A esse possono talora aggiungersene altre, dette accessorie, come per esempio, l’interdizione dai pubblici uffici (cariche elettive, funzioni pubbliche in generale), per coloro che si siano resi colpevoli di reati contro la cosa pubblica (si pensi alla corruzione, all’interesse privato in atti d’ufficio ecc.). Le pene per i diversi reati sono di regola previste dalla legge non in modo fisso, ma in una misura compresa tra un minimo e un massimo. Per esempio, l’omicidio colposo è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Questa elasticità serve a permettere al giudice di graduare la pena a seconda delle singole situazioni, in modo che essa sia adeguata ai casi, ognuno dei quali è diverso dagli altri. Si dovrà tenere conto delle modalità dell’azione, della gravità del danno cagionato, dell’intensità del dolo o del grado di colpa, della capacità di delinquere, del carattere del reo, dei precedenti penali, della condotta complessiva e delle condizioni personali, familiari e sociali ecc. Il processo penale Il processo penale è il complesso di attività che, dopo lo svolgimento di indagini, porta alla formulazione di un’accusa, al giudizio e, a seconda dei casi, alla condanna o al proscioglimento dell’imputato. L’importanza del processo penale è grande poiché in esso sono in gioco i beni essenziali dell’individuo, la sua libertà e la sua reputazione. Esso è fondamentale per l’ordinato vivere civile ma può diventare uno strumento pericolosissimo di oppressione. Per questo, la Costituzione stabilisce © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale importanti principi rivolti a bilanciare le esigenze della società e i diritti degli imputati. A differenza del processo civile, che normalmente serve alla tutela di interessi privati rinunciabili, il processo penale serve l’interesse pubblico alla punizione dei reati, ed è perciò irrinunciabile. I reati, infatti, devono essere puniti, anche se la persona offesa, intendendo lasciar correre, non presentasse denuncia (una parziale eccezione al principio appena enunciato è rappresentata dai reati perseguibili solo in seguito a querela della persona offesa, come la diffamazione). L’irrinunciabilità del processo comporta che l’azione penale (cioè l’inizio del processo a carico degli indiziati di reato) è obbligatoria (art. 112 Cost.) e non discrezionale. Un organo giudiziario, il pubblico ministero, è specificamente incaricato di esercitarla. Il pubblico ministero (il PM) è il magistrato al quale spetta promuovere l’azione penale, mettendo sotto accusa gli indiziati di reato. La funzione di PM è svolta da magistrati che appartengono alla magistratura ordinaria e godono delle stesse garanzie di indipendenza stabilite a favore degli altri magistrati (art. 107, ultimo comma, Cost.). I magistrati addetti al pubblico ministero sono strutturati in uffici, chiamati procure, che operano presso i giudici penali. Così, esistono procure presso i Tribunali, presso le Corti d’appello e presso la Corte di cassazione. Il PM è simile all’attore nel processo civile (mentre l’imputato è simile al convenuto). Tuttavia, trattandosi di un magistrato, sottoposto – come tutti i magistrati – soltanto alla legge, il suo compito non è quello di agire sempre e comunque contro l’imputato. Il suo è un compito di giustizia imparziale, in attuazione della legge. Egli deve promuovere il giudizio penale e chiedere la condanna solo quando ritenga che ve ne sia motivo, ma può e deve lasciar cadere l’azione se è senza fondamento, chiedendo al giudice l’archiviazione del processo. Per questi motivi, si dice che il PM è una parte imparziale. A garanzia dei singoli, la Costituzione (art. 27, secondo comma, Cost.) stabilisce che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, cioè fino alla sentenza passata in giudicato (la sentenza che non può più essere impugnata). Si parla di “presunzione di non colpevolezza”, e ciò significa che l’imputato, fino alla conclusione del processo, ha diritto a non essere sottoposto a restrizioni, se non per quel tanto che è strettamente indispensabile. Questo vale soprattutto per la “custodia cautelare” (cioè la carcerazione preventiva), disposta come misura di precauzione. Essa non è una anticipazione della pena ma serve solo a impedire la fuga, a preservare le prove dalle loro possibili manipolazioni e a impedire che vengano commessi ulteriori gravi reati. Le fasi fondamentali del processo penale Nella sua forma ordinaria, il nuovo processo penale si svolge in tre fasi: a. le indagini preliminari del pubblico ministero il quale, a questo fine, dispone della polizia giudiziaria (art. 109 Cost.); © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale b. l’udienza preliminare, nella quale il pubblico ministero presenta le sue richieste e le prove al giudice per le indagini preliminari (il GIP). Questi deve valutare se esse sono sufficienti per passare al giudizio vero e proprio, cioè al dibattimento, ovvero se l’imputato deve essere immediatamente prosciolto; c. il dibattimento, che si svolge davanti al giudice (che è diverso dal GIP). Nella discussione davanti al giudice – si dice – devono formarsi le prove. Il pubblico ministero e la difesa presenteranno le prove, contrarie e favorevoli all’imputato, e procederanno all’interrogatorio dei testimoni. Il giudice siede in posizione del tutto imparziale tra le parti, secondo i principi del rito accusatorio, e valuta se le prove sono sufficienti per la condanna. Al termine del dibattimento, il giudice pronuncia la sentenza che potrà essere di assoluzione o di condanna. La crisi della giustizia L’amministrazione della giustizia in Italia è da tempo in grave crisi. I problemi aperti possono riassumersi con questi tre termini: inefficienza, affiliazione e irresponsabilità. Inefficienza I numeri relativi alle “cause pendenti” (cioè non sono state ancora decise con sentenze definitive) sono impressionanti. L’arretrato è tale che da molte parti si è parlato senza mezzi termini di “bancarotta della giustizia”. L’arretrato è sinonimo di ingiustizia. Una sentenza che riconosce il diritto di chi si è rivolto al giudice ma giunge dopo anni è spesso solo una beffa, soprattutto per i cittadini più deboli, che non possono permettersi il lusso di aspettare che i loro diritti siano riconosciuti. Si comprende allora come spesso si rinunci a chiedere al giudice ciò a cui si avrebbe diritto e si preferisca subire un torto oppure mettersi d’accordo con una transazione, o nominare degli arbitri privati, piuttosto che addentrarsi nei meandri della giustizia. Questo, per quanto riguarda le controversie fra privati, nell’ambito del diritto civile: ed è già un fatto grave. Ma in materia penale l’arretrato ha conseguenze ancora più gravi. Da un lato l’innocente tarda a vedersi riconosciuto come tale, e può anche accadergli di restare a lungo detenuto in carcere prima della sentenza a lui favorevole. D’altra parte si tarda anche a riconoscere la colpevolezza del vero criminale che, al contrario, può approfittare dell’inefficienza della giustizia. L’Italia è stata condannata numerose volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale l’eccessiva durata dei giudizi e la vanificazione del “diritto alla giustizia” dei suoi cittadini. Affiliazione a “correnti” I magistrati sono organizzati in un’associazione (l’Associazione nazionale magistrati), divisa in correnti che esprimono orientamenti politici e culturali diversi. Le principali sono Magistratura democratica, di sinistra, Unità per la Costituzione, intermedia e riformista, e Magistratura indipendente, di orientamento conservatore. L’esistenza di posizioni diverse non è affatto un male. I magistrati, come chiunque, hanno le proprie posizioni ideali e politiche e nulla vieta che le possano manifestare. Anzi, ciò è un elemento di chiarezza e un contributo alla riflessione sui grandi temi della giustizia. Il pericolo inizia quando tali correnti scadono a organizzazioni di potere, a veri e propri “partiti di giudici” all’interno del CSM. La situazione peggiora se le correnti stabiliscono collegamenti di potere con partiti o esponenti di partito. Questo rischio ha indotto a prevedere nell’art. 98, terzo comma, Cost. la possibilità di vietare ai magistrati l’iscrizione ai partiti. Peraltro, non è detto che questo divieto abbia effetti decisivi, soprattutto perché si possono comunque stabilire legami occulti, per l’indipendenza della Magistratura più pericolosi di quelli palesi. Irresponsabilità Il tema della responsabilità dei magistrati è molto delicato. Essi dispongono di poteri enormi sulla vita dei cittadini ed è giusto che rispondano dell’abuso di tali poteri. Teoricamente, la responsabilità esiste: a. i magistrati, infatti, sono responsabili davanti ai giudici penali per i reati che commettono amministrando la giustizia (per esempio, se “vendono” le loro sentenze facendosi corrompere, se “coprono” deliberatamente certi imputati, se minacciano sanzioni per ottenere qualcosa in cambio). È il caso della responsabilità penale; b. essi rispondono inoltre disciplinarmente davanti al CSM in caso di scorrettezza nell’esercizio delle loro funzioni (negligenza nel seguire i processi, arroganza nei rapporti con gli avvocati e i cittadini ecc.). È il caso della responsabilità disciplinare; c. infine, essi rispondono dei danni cagionati nell’esercizio delle loro funzioni, in due casi: – se abbiano agito con colpa grave e – quando rifiutino di compiere un atto dovuto o lo ritardino arbitrariamente (diniego di giustizia). Questi ultimi sono i casi di responsabilità civile introdotti dalla l. n. 117 del 1988. La legge prevede che il danneggiato chieda il risarcimento del danno allo Stato e che lo Stato possa poi “rivalersi” sul magistrato che ha agito con grave negligenza e sia stato perciò punito dal CSM con una sanzione disciplinare. Egli sarà tenuto così a “rimborsare” lo Stato. Malgrado l’esistenza di questi tipi di responsabilità, di fatto è ben difficile che un magistrato sia punito per la sua colpa o la sua incapacità. Le sanzioni sono infatti nelle mani dei magistrati stessi ed è difficile che un ceto sociale sia severo contro i suoi stessi © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale appartenenti. Ciò è tanto più grave in quanto praticamente non esistono meccanismi di controllo delle attitudini e delle capacità dei giudici, una volta entrati in carriera. La dissenting opinion Nelle sentenze della Corte costituzionale italiana, a differenza che in altre, non è prevista l’opinione dissenziente. L’assenza della dissenting opinion non è facile da giustificare. Certe decisioni toccano convinzioni profonde dei giudici e non poterle manifestare quando si è rimasti in minoranza può apparire una limitazione alla loro libertà di coscienza; tanto più perché l’opinione della maggioranza, risultante dalla motivazione, è attribuita anche ai giudici in disaccordo. Si comprende così perché da anni si auspichi il superamento della situazione attuale. Oltre alle ragioni di coscienza, che riguardano i singoli giudici, ve ne sono altre di natura istituzionale. I cittadini sarebbero edotti delle ragioni discusse dalla Corte e i singoli giudici se ne assumerebbero la responsabilità. Questo è conforme a un’esigenza di trasparenza e democrazia. Inoltre, l’opinione dissenziente costringerebbe i giudici di maggioranza a uno sforzo di approfondimento e a una motivazione più rigorosa, per reggere alla critica dei giudici di minoranza. Infine, le opinioni di minoranza di oggi potrebbero diventare maggioritarie domani e ciò darebbe maggior dinamismo alla giurisprudenza costituzionale. Malgrado queste buone ragioni, finora non se ne è fatto niente. È prevalsa la convinzione che il riserbo sulle posizioni dei giudici protegga l’indipendenza loro e della Corte nel suo complesso. Campagne politiche e di stampa potrebbero essere attuate contro i giudici, per intimorirli. Nel nostro Paese, non esiste (a differenza di altri) un atteggiamento di rispetto verso i giudici e spesso, del tutto impropriamente, si considerano le loro decisioni come atti politici, su cui è lecito far pesare tutte le pressioni possibili. Finché questo costume non cesserà, è facile che l’opinione dissenziente resti solo un auspicio. Tipi speciali di sentenze Si è detto che oltre alle sentenze di accoglimento e di rigetto, esistono altri tipi di © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale decisione. Non sempre, per raggiungere il risultato dell’eliminazione del vizio di incostituzionalità, è necessario o è sufficiente eliminare del tutto la legge. In questi casi si usano sentenze denominate manipolative, perché “manipolano” il contenuto della legge, senza eliminarla. Esse possono assumere varie forme: Sentenze additive Le sentenze additive (dal latino addere – aggiungere) dichiarano incostituzionale la legge non per quello che prevede ma per quello che omette di prevedere e la Costituzione esige che preveda. Queste sentenze si usano soprattutto quando c’è di mezzo il principio di uguaglianza e quindi la parità di trattamento. Se la legge prevede per i pensionati una integrazione delle pensioni minime, non può creare discriminazioni, escludendo senza motivo determinate categorie dal beneficio, a seconda della anzianità, della categoria produttiva di appartenenza ecc. ESEMPIO In questi casi, la legge viene dichiarata incostituzionale nella parte in cui essa non vale anche a favore degli esclusi. Sentenze di incostituzionalità parziale Riguardano leggi che non sono incostituzionali in toto, ma solo in una parte del loro contenuto. Un articolo del T.U. di pubblica sicurezza prevede che il prefetto possa prendere tutte le misure necessarie per la tutela dell’ordine pubblico. La Corte costituzionale ha ritenuto questa norma incostituzionale là dove parla di “tutte le misure”, in quanto questa formula abbraccia anche misure lesive dei diritti fondamentali (libertà di associazione, di riunione, di circolazione ecc.) che la Costituzione circonda di particolari garanzie. La legge è stata perciò annullata solo parzialmente, nella parte in cui prevedeva questo potere del prefetto in contrasto con i diritti fondamentali. ESEMPIO Sentenze interpretative Riguardano leggi incostituzionali non in se stesse, ma solo se interpretate in un certo modo. In questi casi, sarebbe assurdo annullare una legge che può essere intesa in modo conforme alla Costituzione, solo perché i giudici l’interpretano in modo difforme. Con le sentenze interpretative, si dichiara infondata la questione in quanto la legge può e deve essere interpretata in modo conforme alla Costituzione. ESEMPIO La legge prevede certe provvidenze per i lavoratori che abbiano subito danni alla salute a causa dell’attività lavorativa. I giudici interpretavano la legge in modo restrittivo, riconoscendo il diritto a tali provvidenze solo in caso di malattie che impedivano l’attività lavorativa. La Corte costituzionale ha ritenuto quella interpretazione in contrasto con l’art. 32 Cost., che protegge la salute come tale, indipendentemente dal fatto che il danno pregiudichi la capacità di lavoro e ha così dichiarato la legge non incostituzionale in © Mondadori Education Lettura L’organizzazione costituzionale quanto interpretata in modo più ampio. La legge è rimasta così in vita, ma in un’interpretazione più larga, che ammette il diritto al risarcimento del danno alla salute anche se questo non elimina o diminuisce la capacità di lavoro. Le sentenze manipolative hanno tutte un carattere comune: la legge resta scritta tale e quale era prima della decisione della Corte costituzionale, ma i giudici devono sapere che al suo significato si deve aggiungere qualcosa (sentenze additive), si deve togliere qualcosa (sentenze di accoglimento parziale) ovvero che certe interpretazioni sono vietate e solo altre ammesse (sentenze interpretative). Perciò, nelle raccolte di leggi, nei codici ecc., gli articoli di legge colpiti da sentenze del tipo ora indicato continuano a essere scritti come prima, con l’avvertenza che, secondo quella certa sentenza, tale articolo deve essere inteso con l’aggiunta, con la modifica, o nell’interpretazione stabilite dalla Corte costituzionale. © Mondadori Education Lettura