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Il figlio
23 marzo 2013, ore 20.49
Oggi è il mio giorno diverso, l’evviva sul calendario, è il
giorno che ci sono questi giorni rossi che sono tipo domenica
oppure pasqua ma questo giorno di oggi, per me, è il più
rosso di più, perché oggi, finalmente, potrò averci il successo
che mi merito, e vedere il mio nome gigante scritto sul sorrisi, e la mia faccia che sorride sul sorrisi e sotto l’intervista
del sorrisi con tutti i progetti futuri e i successi passati, e il
telegattone volerà sopra casa mia, facendo il girotondo con
l’antenna di casa mia perché io sarò il migliore della superclassifica show, ma prima però dovrò aprirvi il mio cuore e
svelarvi il tuttissimo segreto, dovrò dirvi il chi sono, il che ho
fatto, e il dove sono stato nel tempo che non ci sono stato, e
sicuro che voi ci rimarrete di stucco e non sarà per niente il
barbatrucco, e perciò mi sento l’emozione che mi fa come la
formica camminante per tutto il corpo, e mi sento che non
so muovermi più, che non so respirare, e manco le preghiere
sgranate mi servono e tutte le parole di papera, ché l’emozione mi fa uno scherzetto, ogni volta, e si tramuta in paura, e
mi combina in una maniera come se c’è un lupo mannaio
che mi bussa la spalla e poi mi dice girati girati, e io devo
per forza starmi in silenzio, perciò, fermissimamente, col solo
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culo tremato e lo spavento che mi fa chiudere l’occhio ché io
c’ho questo ticchio difettoso che quando sento una paura del
genere mi si chiude l’occhio, il destro, tipo che così la paura
me la guardo a metà,
È un fatto di nervi…
dicono i dottori,
Grazie al cacchio,
dico io, che pure il bidello della scuola lo diceva, gasparino, un tipo col muso leprino che ogni volta che mi diceva
questa cosa non capiva che la paura me la faceva lui ogni volta che mi diceva questa cosa, ché il leprino parlato lo tramutava in diavolo, epperò non potrò starmi zitto, fermo, oggi,
perché oggi, dopo 24 anni e 6 ore e 3 minuti, dovrò parlare
col lupo mannaio, dovrò essere io il lupo mannaio, e così
potrò realizzare il sogno mio del cantante famoso e non sarò
più la promessa nascosta, e la paura è pure per le vostre facce
guardanti verso di me, ora, la paura che magari non vi potrei
piacere, ché all’inizio potreste pensare
Ma chi mi rappresenta, questo?
e ci avreste ragione, all’inizio, del resto, io, fino a qui, ho
potuto cantare soltanto qua dentro, perché io, fino a qui,
nemmanco mi chiamavo per davvero, qua dentro, da quando è successo il miracolo, ché il chiamarmi per davvero non
sarebbe stata la sicurezza per me, dicono, loro, quelli che mi
hanno tenuto qua dentro, che mi tengono qua dentro, e mi
chiamano bobi solo come al cantante così nessuno capisce
chi sono e posso campare nella tranquillità, e dopo che
mi hanno chiamato, loro, fra loro e loro, si fanno sempre
delle belle risate lunghe sopra la mia testa e mi stringono
la mano col
Piacere bobi solo, che fa ce la canti quella con gli occhi blu?
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e rido pure io ché perlomeno c’è qualcuno che fa cose con
me, il dottore pantaleo non ride mai, invece, ché di suo è
un tipo che non ride mai, e visto che da poco l’hanno fatto
direttore non deve ridere peggio, ché qua i tre direttori che
ho conosciuto non ridevano mai, ché forse c’è proprio una
regola che i direttori non devono ridere mai o può darsi che
li scelgono proprio perché non ridono mai, e anzi, quando
scopre la risata, pantaleo si fa tutto tedesco e
La vogliamo finire?
dice, e lo dice talmente secco che tutti per forza devono
fare i tedeschi, certe volte bobi solo e certe volte solo bobi, mi
chiamano, perché magari c’hanno premura ché qua le cose
sono ogni cosa all’orario ics, e guai se si supera l’orario ics, e
difatti ogni giorno all’orario ics mi lavano bello fresco e mi
stirano con la terapia e mi portano alla televisione ché noi,
qua dentro, uscendo dalla stanza, cammina cammina e c’è
una scala che scende e si scende e c’abbiamo persino la sala
televisione che poi sarebbe pure dove si mangia, la mattina
per la colazione coi biscotti mulini e il parmalatte e a pranzo
pappa al pomodoro oppure brodetto e la sera fettina o frittatina o polpettina o minestrone e a me il minestrone mi pare
il vomito, questo dal lunedì al venerdì, ma poi arriva il sabato e la domenica col pasticcio e la pizza e la televisione che
può stare accesa fino a tardi e comunque all’orario ics tutti
a nanna e io piglio le scale a salire e ritorno nella mia stanza
con la porta inferriata che pare la prigione, ché purtroppo,
da quando è successo il fatto miracoloso la gente mi vuole
molto bene e magari mi abbraccerebbe troppo forte e allora
è meglio rinchiuso con i guardiani fedeli che fanno lo scudo
così posso sognarmi tranquillo il solito mio, ché io, se c’è un
sogno che pure quando sto sveglio mi insogno, un sogno che
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continuamente mi dico tu sogna, pensa al sogno, non fare altro che questo, un sogno che tutti a dirmi tu sogni, pensi solo
al sogno, non fai altro che questo, è il sogno della canzone, e
così di giorno sogno la canzone e di notte sogno la canzone e
ovunque guardo c’è solo la passione del canto, e si chiamano
gianni e pinocchio i guardiani miei dietro la porta, i miei salvatori, e quando per qualche motivo me li cambiano io faccio
l’offeso senza mangiare e addirittura sputo nel parmalatte e
canto fortissimo per tutto il tempo che pure se mi bucano
con la puntura non appena mi sveglio ripiglio con lo sputo e
la canzone per tutto il tempo e pure se mi rifanno la puntura
poi ripiglio con lo sputo e la canzone per tutto il tempo e
ripiglio con lo sputo e la canzone perché tanto lo so che mica
possono farmi le punture per tutto il tempo, e difatti me ne
fanno solo tre, punture, e dopo tre punture ogni volta me li
ritornano, e loro
Ehi, bobi solo, calma bobi solo, siamo qua bobi solo,
e il motivo per cui faccio il diavolo è che amano la canzone, gianni e pinocchio, e perciò mi fanno fare la prova
giornaliera perché bisogna starsi sempre con l’allenamento
provato in questo mestiere qua, e pure se non si chiamano
così ché c’hanno un nome scritto sopra un cartellino così e
così, io li chiamo da sempre così perché gianni c’ha la faccia
da gianni che mi ricorda sputato un mio zio che si chiamava
gianni, mentre pinocchio c’ha un naso talmente pinocchio
che addirittura pure pinocchio lo chiamerebbe pinocchio, e
difatti quando li chiamo così si girano regolari, e pure oggi
si sono girati regolari quando li ho chiamati così per chiedergli se era proprio il giorno rosso che era, e loro – pinocchio,
in realtà, gianni ha fatto la risata – mi hanno detto che era
proprio quel giorno lì, oggi, e ora, siccome siamo all’inizio
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e mi sento questa paura emozionata che vi dicevo, e pure se
mi sono passato la vita nel prepararmi con le mille prove,
una cosa è la prova e una cosa è la realtà, e allora vi chiedo
di averci una pazienza giusta e di farmi l’applauso pure se
non vi viene, l’applauso d’incoraggiamento si chiama, questo
che non vi viene, ché sicuro che poi alla fine me lo farete
che vi viene, un applauso proprio sincero mi farete, perché
sarete impressionati dalla bravura mia e io dirò grazie molte
grazie e farò un inchino lunghissimo e piangerò di felicità,
perché io, da 24 anni e 6 ore e 7 minuti ho aspettato questo
momento e non passava giorno che mi dicevo tra un poco
succede, e pure se sapevo che il tempo ci sarebbe voluto, poi
non sapevo bene che tempo ci sarebbe voluto, e allora tu ti
devi stare preparato, mi dicevo, sempre all’erta, e studiavo
le ventiquattrore, a perdisonno, e pure se certe notti mi veniva la cacacacaca-rella di luna per via che mi arrivavano i
fantasmi dei terribilissimi tre tutti insieme – e questo capita
ancora, capita sempre, capita che all’inizio si sente un rumore
fastidioso, io allora mi alzo, guardo torno torno ma niente,
controllo sotto il letto ma niente, intanto ogni poco il rumore ritorna ed è un rumore che mi fa un disturbo incredibile,
un rumore che riconosco, di una cosa che s’infila in un’altra,
e qua comincio a impazzire dallo scanto perché il rumore
piglia a inseguirmi che se mettiamo io vado di là il rumore
me lo trovo là, e così mi butto sul letto con la testa sotto il
cuscino, e all’inaspettato le tre carogne che fanno? mi sbucano dalle coperte tutte sanguinanti ma col sorriso sulla faccia
e mi cantano il coretto con
La bella tartaruga che cosa mangerà…
perfetti, a tempo, ognuno con la voce sua, e qua io grido
come il capretto scannato e loro sono già in piedi, dall’altra
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parte della stanza che ballano felici sopra la canzone ché
adesso c’è pure la musica dello zecchino e difatti spunta lo
studio col pubblico e l’orchestra che suona e il mago zurlì con
le stelle filanti, e dopo un poco scompaiono, i tre maledetti,
ché a un certo momento lo zecchino comincia a diventare
trasparente e se li risucchia via, oppure scoperchiano il tetto,
certe volte, e sfarfallano per un poco col solito rumore sottofondo e poi di colpo, genere picchiata, si presentano ai piedi del letto, sempre sanguinanti, sempre col sorriso, sempre
con la cantata, sempre col balletto, sempre con lo zecchino,
sempre col trasparente che finalmente me li scompare via, e
insomma, tolto il finale, ogni volta mi cambiano la storia,
mi fanno la puntata diversa, che così io non so mai cosa mi
aspetta, non so mai di quale scanto devo gridare – e perciò,
quando venivano i tre, io, ripassati il tutto, mi dicevo, fatti di
zitto, non li sentire quei disgraziati là, sono la tua immaginazione bacata, soprattutto non fare troppe voci perché se no ti
vengono i fissati con la puntura del dormi bene e dormi tutto
e può capitare che il successo ti trova coricato, e insomma la
mia giornata, fino a oggi, era tutta qua, questo per dirvi che
io, nel me, ho sempre voluto fare il cantante famoso, per il
primo perché cantare è troppo bello, uno canta, tu canti, e
all’improvviso gli passano tutti i guai, che mettiamo ti è successo un guaio, a uno gli succede un guaio, e allora tu canti,
uno canta, e il guaio è come se non ti fosse mai successo, e
per il secondo perché se divento il cantante famoso al limite
personaggio famoso sicuro sicuro che me ne vado a vivere in
un bello castello infatato con tanti piriculli alti e altissimi che
viene la vertigine e ogni tanto mi affaccio per salutare la folla
dei fens che mi fanno le feste e partono i giochi d’artifizio e
tutte le luci favillono
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Siete i più belli fens di tutti! i loves iù i loves iù i loves iù…
e questa è la cosa che mi insogno di più, perché io credo
che averci qualcuno che fa voci per te e che ti sbatte la pacca sulla spalla e ti dice ma quanto mi piaci quando canti la
canzone tale è la vera emozione della vita, ché se no rimani
il mammalucco che ha sempre bisogno del sbattere le pacche
sulle spalle altrui e del dire ma quanto mi piaci quando canti
la canzone tale altrui, e perciò, dopo tutti questi anni, pensa
e ripensa, visto che c’ho avuto un sacco di tempo in tutto
questo tempo, anni e anni di pensa e ripensa, mi sono fatto il
disegno preciso del mio successo, e adesso, pure se prima mi
veniva il dubbio del chissà come finisce, adesso so che tutto
era nel giusto, adesso il mio sogno si realizza e io mi sento del
tipo che cammino nell’aria e pure un poco triste mi sento,
perché in fondo è stato un bello viaggio quello per arrivare
qua, un viaggio dove ogni poco c’è stato un pericolo di non
farcela e il sangue marcio e scivolate con il piede bagnato e
la svelta capriola per tornarsene in piedi e l’aprirsi l’udito e il
restarsi in aspettativa e altre cose scapezzacollo a uso queste,
ma anche nei momenti più difficili nel mio cuore c’era sempre la certezza del disegno ben fatto, c’era sempre il dirmi hai
preso una strada e vai dritto per la tua strada, non ti distrarre
mai, cammina e cammina, ché anche se il viaggio non ti
porterà nel disegno che ti sei figurato tu, alla fine perlomeno
ti butterai nel burrone tutto intero, senza che il rimpianto ti
avrà mangiato a metà, basta che non mi diventi il fesso che
ride, nel mentre, o il capriccio parlante, anzi studiati ancora
meglio il canto e il muoverti e imparati l’espressione, soprattutto, ché tu, per come sei combinato tu, dovrai convincere
pure l’ultimo della sedia, e insomma, io, nel prima, mi riflettevo ogni giorno queste cose qua e mi rigiravo il disegno per
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trovarci il famoso punto debole perché sapevo che ogni cosa
c’ha un punto debole, come il mio amico san francesco superman che è allergico alla crittonite e allora nell’immediato
si deve spogliare di tutto per il troppo prurito, epperò
Non lo scoprirò mai!
mi dicevo, perché funziona sempre così, funziona che
uno, se prima non ci sbatte il muso, il punto debole non lo
scoprirà mai, e fa sempre la fine del san francesco con la crittonite nella minestra e le bolle sopra la pancia, ma lo stesso io
me lo rigiravo, il disegno, e per darmi la carica mi dicevo
Io lo scopro, lo scopro!
e mi fissavo sempre così e se qualcuno mi toglieva dal
pensiero mio diventavo il lupo dentato e certe volte, per il
nervo del troppo studio, mi gridavo
Ma la crittonite dove caspita è?
e tiravo il disegno nell’aria ché non volevo saperne più, ma
un giorno di un anno fa finalmente c’ho sbattuto il muso,
ce l’ho sbattuto senza impegno, ed è la dimostrazione che
lo studio va bene con tutto ma non per tutto, quel giorno
ho capito che il punto debole era ’sto fatto di raccontare la
storia della mia vita, qua, a voi, era che non c’avrei avuto un
successo per come succede nella normalità, con il cantante
che vince il festivàl, mettiamo, e allora diventa famoso, no
no, ché il mio festivàl sarebbe stato solitario, e perciò mi sarei
perso tutta la bella filiera della classifica del festivàl con la
musica scattacuore del festivàl e il pippo baudo del festivàl
che dice
Tra poco sapremo il vincitore, signori e signore…
e la gente a casa che muore per saperlo e una pubblicità
lunga lunga prima di saperlo e
Chi sarà, chi sarà?
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e ovunque gira il mio nome e tutti vogliono il mio nome
e pippo
Tra poco sapremo il suo nome…
e la gente
Chi sarà, chi sarà?
E un altro poco di pubblicità…
fa pippo,
Ché c’ è il vernél, prima, il nostro sponsor preferito…
e la gente è tutta impazzita e non vuole aspettare più e si
strappa i capelli in onore mio,
È la morbidezza del bucato steso al sole,
dice intanto la signorina vernél, e io divento il coro di
tutta l’italia, e qua pippo capisce che è arrivato il momento
migliore per il sorriso alla pippo e col fare alla pippo
Prego, la busta…
dice, e la signorina gli porta un vassoio e lui fa grazie e
quella risponde prego e sopra il vassoio c’è una busta e pippo
afferra la busta, la apre, ci sfila un foglio, si piglia un secondo, guarda il pubblico, guarda il foglio, guarda il pubblico,
guarda il foglio, guarda il pubblico,
Il vincitore è…
e a casa qualche vecchia sviene e le dita del pianista fanno
la pioggia sopra i tasti e inquadratura sul pubblico, inquadratura su pippo, inquadratura sul pubblico, inquadratura su
pippo che finalmente grida il mio nome e scoppia la musica
della festa e le luci fanno accendi e spegni e io scendo la
scala del festivàl e pesco i gradini del festivàl come se avessi
campato solo per questo, e subito i mille fiori sopra di me e i
fotografi impazziti per la foto di me e la gente a suonare coi
clacson il mio nome per tutte le strade della città, e per colpa
del punto debole, invece, io mi sarei perso questa bella festa,
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e furono gli specialisti del successo, i primi a capire la bravura mia, quelli che un mese fa si sono presentati dentro questa
stanza, a darmi la notizia, e mentre gli raccontavo tutto il
disegno, tutti i giorni che avevo campato per arrivare fino a
qua, i miei pensieri, le avventure incredibili, loro, fra di loro,
si facevano un verso con la testa come a dire
Questo la sa lunga,
e ogni tanto restavano muti come se stavo dicendo un
pensiero che loro non lo riuscivano ad acchiappare e allora
io glielo spiegavo meglio con le parentesi aperte e chiuse che
così lo acchiappavano, oppure certe volte ridevano lunghi e
dicevano cose del tipo
Bravo, hai fatto bene, bravo…
poi alla fine mi hanno guardato con il sorriso del campione e mi hanno detto che la cosa si poteva fare, poi che si sarebbe fatta sicuro, e da quel giorno si sono messi a spiegarmi
tutte le leggi della chiacchiera, per primo che non devo averci
premura nel raccontare e che anzi devo mettermi una pipa
nella bocca e soffiare le cose poco per volta, così poi, quando
all’improvvisamente farò uscire il coniglio, voi ci resterete di
sale e non crederete alle vostre orecchie e mi farete una festa
che addirittura non dovrò rimpiangere il festivàl, se invece
io ora vi presento un poco di corna voi vi figurate il coniglio tutt’intero e allora non succede l’effetto, e insomma mi
hanno fatto questo esempio del coniglio che ogni volta che
ci penso non vedo l’ora che arrivi il momento del coniglio
per godermi l’effetto del coniglio, quello che posso dirvi ora
è che l’idea bellissima del come costruirmi il successo mi è
nata tanto tempo fa, dentro la camera mia, quando ancora
stavo fuori da qua ché ero un normale come un altro, fu lì
che ho scoperto il segreto del successo, e fu lì che cominciai
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a disegnarmelo con una vampa che è diventata l’incendio
di ora, e capitò babausettiti, di notte, in un sogno che non
era un sogno ma la vita per come sarebbe dovuta essere se
mi fossi impegnato giusto… ecco, io ho finito, come inizio
non c’è il male, a questo punto potete prepararvi l’applauso
d’incoraggiamento, quello che magari non vi viene e che io vi
prego di farvelo venire, fra un poco, perché ci vorrà davvero
coraggio per parlarvi di quello che devo parlarvi, fra un poco,
dopo che suoneranno le trombe della banda ché sicuramente
ci sarà una banda con le trombe pronte a suonare, e non appena suoneranno, fra un poco, lì sarà il segnale dell’applauso,
lì dovrà esserci l’incoraggiamento, ché lì m’infilerò la pipa, lì
comincerà il coniglio, lì prenderò a dirvi del mio amore per
giustina, con l’inizio rosa e fiore.
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