Ugo Mulas dentro la fotografia

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Ugo Mulas dentro la fotografia
Ugo Mulas
dentro la fotografia
Museo d’arte Provincia di Nuoro
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
PressRelease Focus
Ugo Mulas – dentro la fotografia
MUSEO D’ARTE
PROVINCIA DI NUORO
Ugo Mulas
dentro la fotografia
1 luglio - 19 settembre 2004
Concept>
Cristiana Collu, dir. MAN
Progetto>
MAN, Archivio Mulas,
Elio Grazioli
Cura e testo>
Elio Grazioli
Organizzazione>
Man Museo d’arte
Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta, 15
Nuoro
Orario> 10\13 - 16.30\20.30
dal martedì alla domenica
Ingresso>
Biglietto intero 3 euro.
Ridotto (dai 18 ai 25 anni)
2 euro. Fino ai 18 e dopo i
60 anni l’ingresso al museo
è gratuito. Servizio gratuito
di visita guidata (attivo
dal martedì al sabato dalle
10 alle 12 e dalle 16.30 alle
19.30. Nei giorni festivi è
attivo solo nelle ultime
domeniche del mese).
Catalogo>
Edizioni MAN
Testo> Elio Grazioli
Antologia> Ugo Mulas,
Le verifiche. Biografia e
bibliografia. 110 immagini,
192 pagine traduzione
inglese e spagnolo, 18 euro
Per richiedere il catalogo
e per informazioni>
Tel\fax 0784 252110
[email protected]
In copertina>
Ugo Mulas> Lucio Fontana
nel suo studio.
Milano 1965, 40x50 cm
Copyright immagini>
Eredi Ugo Mulas
(tutti i diritti riservati)
Ugo Mulas non è soltanto il testimone fotografico della Milano, artistica
ma non solo, degli anni Cinquanta e
Sessanta, della Biennale di Venezia
degli stessi anni, dell’arte americana
dell’espressionismo astratto e della Pop
Art, l’amico di Calder e di tanti artisti.
È anche e soprattutto un protagonista
di quel periodo, colui che ha cambiato
la fotografia. Le sue famose Verifiche,
ultima serie realizzata prima che la
morte lo cogliesse prematuramente,
non rappresentano solo l’esito conclusivo della sua ricerca, e la definizione
di ‘fotografia concettuale’ con cui è
classificata non basta a esaurirne il
significato.
(Ossi di seppia, Marcel Duchamp, Lucio
Fontana), per passare attraverso il
lavoro sugli artisti (con grandi provini
completi> Jasper Johns, Roy Lichtenstein,
Kenneth Noland) e tornare infine alle
fotografie della Milano degli anni
Cinquanta e Sessanta.
Lo sguardo ostinato. Rassegna video
Il MAN presenta la rassegna video
Lo sguardo ostinato, una selezione di
lavori nei quali si può ritrovare un denominatore comune che i diciotto artisti
invitati, tutti italiani, interpretano in
forme diverse e personali, catturando la
nostra attenzione, chiedono di non staccare gli occhi fino alla fine, stringendoci
nel ritmo serrato delle immagini senza
storia o trattenendoci nella lentezza
dell’accadimento minimo. Ostinazione
quindi come convinzione della precisione del proprio sguardo, del proprio
pensiero< ostinazione come tenacia
e perseveranza della propria ricerca<
come determinazione e insieme seduzione, pugno e insieme la carezza, fermezza e desiderio di condivisione. Non
più sguardo della Medusa che pietrifica
e uccide, né orbita vuota della morte
malefica. Lo sguardo che vogliamo è sì
ostinato, ma ormai convinto di poter
proseguire per la sua strada, ironico se
necessario per dimostrare la sua indipendenza, scherzoso se necessario per
prendere le distanze dalla finta spettacolarità< serio sempre nel chiedere reciprocamente più attenzione allo spettatore, più pervicacia all’artista. Si tratta
di prestare attenzione> l’arte chiede più
attenzione e in particolare il video, che
richiede tempo per essere visto, non
tanto per seguire il racconto, come al
cinema, né per risvegliare un desiderio
come nel videoclip, ma proprio per guardare, per abbandonarsi alla visione, per
esercitare l’ostinazione dello sguardo, il
suo bisogno di bellezza.
Mulas è un fotografo che, fin dall’inizio, ha nell’occhio l’analisi del mezzo
fotografico, che scruta, mentre ritrae, le
condizioni della creatività degli artisti,
che cambia le modalità convenzionali
dei generi fotografici cui si dedica, dal
ritratto alla fotografia di teatro, dalla
moda alla scenografia< è un attento
ricercatore, è il reporter dell’arte che
comprende l’importanza del ‘processo’
nella creazione artistica, altrui e propria<
è il fotografo che fa il salto nell’arte, e lo
fa fare alla fotografia.
Mulas è il fotografo più influente
dell’arte italiana. La sua opera merita
una rivisitazione che ne mostri questi
aspetti> verifica delle ‘verifiche’, verifica della sua opera alla luce delle sue
Verifiche, un percorso coerente come
pochi, fra i primi ad aprire l’arte italiana
alla ‘concettualità’, mostrando da subito
come la consapevolezza del medium
è indispensabile all’arte tanto quanto
l’arte alla consapevolezza del mezzo,
che il concetto non va senza la creazione
e la sensibilità senza la ricerca.
La mostra propone una selezione di
circa 110 fotografie, non senza inediti
e immagini poco note, ricostruendo
il percorso artistico di Mulas, incentrato sulle ‘sequenze’ e sui ‘contatti’, e
mostrandone la personale riflessione
artistica. Si insisterà sulla figura di
Mulas come artista (non come fotografo di ‘documentazione’), e per rendere questo più evidente si proporrà il
percorso cronologico all’inverso> dalle
Verifiche al suo lavoro per le scenografie
(Wozzeck e Il giro di vite), alle sequenze
Artisti> Aurelio Andrighetto, Marina
Ballo Charmet, Dario Bellini, Barbara
Brugola, Gianluca Codeghini, Paola
Di Bello, Giulio Lacchini, Armin Linke,
Marcello Maloberti, Eva Marisaldi,
Amedeo Martegani e Armin Linke,
Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Luca
Pancrazzi, Antonio Rovaldi, Alessandra
Spranzi, Italo Zuffi
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
MAN - Ugo Mulas - dentro la fotografia (1\7\04 - 19\9\04)
PressRelease Focus
Scenografie per l’opera “Giro di Vite”
di Benjamin Britten, Inghilterra, 1969
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
PressRelease Focus
Ugo Mulas, dentro la
fotografia
caso. Ero uno studente, bivaccavo in
quella specie di caffè che era allora il
Giamaica, una latteria dove si riunivano
dei pittori. Qualcuno m’ha prestato una
vecchia macchina e mi ha detto> ‘Un
centesimo e undici al sole, un venticinquesimo cinque-sei all’ombra’. E io, con
un’enorme diffidenza, ho preso in mano
questa macchina” . “Per caso” è un modo
di dire, naturalmente, ma molto giusto,
se si intende il caso come ciò che ti capita
venendoti incontro mentre tu lo aspetti.
Perché in fondo lo studente in giurisprudenza Mulas, nella Milano della fine degli
anni Quaranta e i primi Cinquanta, non
bivacca in un caffè per futuri avvocati o
magistrati ma, con un libro di poesie in
tasca e una matita ancora indecisa tra
scrittura e disegno, va dove preferisce
andare, cioè tra artisti. Con loro chiacchiera e discute, o forse meglio, come lo
immaginiamo noi, ascolta e osserva, in
atteggiamento più ricettivo e riservato,
incuriosito da questo mondo e modo di
vivere tutti particolari che sono quelli
degli artisti. Poi qualcuno, come per
caso, gli mette in mano una macchina
fotografica, più per tentare qualcosa per
guadagnarsi da vivere che per fare arte,
certo< ma Mulas non esita, guarda subito
dentro l’obiettivo, scopre il potere di
oggettivazione dello sguardo che è una
fotografia, e il supplemento di attenzione che esso comporta> “Ricordo la
gioia che mi diede il vedere le mie prime
fotografie riuscite> scoprivo in quelle
immagini cose che non avevo previsto, e
che vi erano entrate in virtù del meccanismo, della macchina, dell’ottica, della
chimica. E questo mi ha dato anche una
sensazione di potenza” .
di Elio Grazioli
MUSEO D’ARTE
PROVINCIA DI NUORO
Ugo Mulas
dentro la fotografia
1 luglio - 19 settembre 2004
Concept>
Cristiana Collu, dir. MAN
Progetto>
MAN, Archivio Mulas,
Elio Grazioli
Cura e testo>
Elio Grazioli
Organizzazione>
Man Museo d’arte
Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta, 15
Nuoro
Orario> 10\13 - 16.30\20.30
dal martedì alla domenica
Ingresso>
Biglietto intero 3 euro.
Ridotto (dai 18 ai 25 anni)
2 euro. Fino ai 18 e dopo i
60 anni l’ingresso al museo
è gratuito. Servizio gratuito
di visita guidata (attivo
dal martedì al sabato dalle
10 alle 12 e dalle 16.30 alle
19.30. Nei giorni festivi è
attivo solo nelle ultime
domeniche del mese).
Catalogo>
Edizioni MAN
Testo> Elio Grazioli
Antologia> Ugo Mulas,
Le verifiche. Biografia e
bibliografia. 110 immagini,
192 pagine traduzione
inglese e spagnolo, 18 euro
Per richiedere il catalogo
e per informazioni>
Tel\fax 0784 252110
[email protected]
In copertina>
Ugo Mulas> Lucio Fontana
nel suo studio.
Milano 1965, 40x50 cm
Copyright immagini>
Eredi Ugo Mulas
(tutti i diritti riservati)
Rovesciamo la prospettiva critica
più diffusa sull’opera di Ugo Mulas
e mettiamo le sue Verifiche non alla
fine di un percorso e di una vita dominati per il resto da altri pensieri, ma
all’ideale inizio invece, rimarcandone
le tracce nelle fotografie e nell’atteggiamento fotografico artistico precedenti.
Artistico lo diciamo soprattutto e proprio per questo, perché determinato
dalla preoccupazione dell’arte più di
qualsiasi altra, documentaria, illustrativa o altro. Le Verifiche non sono cioè
lo sbocco artistico unico di una vicenda
professionale, ma la concentrata e
urgente analisi di ciò che era presente
in altra forma lungo un percorso complesso ma coerente. Che poi esse non
siano riducibili a tale analisi ma contengano un’estetica e una sensibilità
ulteriori è nostra profonda convinzione
ed è nostra intenzione cercare di argomentare. Il lavoro che riscontriamo nelle
Verifiche insomma, il viaggio dentro la
fotografia, parte dall’inizio di Mulas e si
svolge in un percorso originale ed esemplare che fa di lui non solo un artista ma
un grande.
Tutto trascorso a ridosso e accanto agli
artisti, è potuto sembrare un reportage,
intelligente e “critico” come pochi ma
non un’opera a sé stante< oppure non
sufficientemente autonomo quando
preparatorio per scenografie o illustrativo di poesie o altro< o alla fine troppo
“concettuale” per essere coerente con
quanto l’ha preceduto e opinabile come
promessa futura. Gli estimatori del
momento “concettuale” di Mulas non
vedono il resto, i partigiani della fotografia pura guardano le Verifiche come
un episodio didascalico, quando non
una pericolosa deviazione in un vicolo
chiuso. Noi guardiamo a Mulas come a
un artista, fin dall’inizio - un artista, ci
verrebbe da dire, come lui ha guardato
gli altri - e intendiamo ripercorrere la
sua opera secondo spunti e argomenti
che ci sembra egli abbia lasciato in tal
senso. Anche per questo ci siamo concentrati su una selezione di immagini
più serrata e mirata, a provvisorio scapito della completezza antologica.
È una scoperta. Subito, Mulas si chiede
che cosa e come può fotografare in proprio, sia quando è al Giamaica con gli
amici, sia quando girovaga per Milano, in
periferia soprattutto, insomma quando,
oltre che guardare come ha sempre fatto,
gli viene da pensare di scrutare dentro il
riquadro della macchina fotografica< sia,
ancora, quando decide, molto presto, di
esportare, per così dire, il suo interesse
per l’arte e per la fotografia nella più
importante vetrina artistica italiana, la
Biennale di Venezia.
Sicuramente anche di fotografia si
parlava al Giamaica, dato che i fotografi
- Alfa Castaldi, Carlo Bavagnoli, Giulia
Nicolai, Mario Dondero - non mancavano insieme ai pittori e agli scrittori,
“Un lavoro che ho cominciato per
4
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
PressRelease Focus
Joan Miró, Museo Poldi Pezzoli Milano, 1963
MAN - Ugo Mulas - dentro la fotografia (1\7\04 - 19\9\04)
Giorgio De Chirico nel suo studio Roma, 1968
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
MUSEO D’ARTE
PROVINCIA DI NUORO
Ugo Mulas
dentro la fotografia
1 luglio - 19 settembre 2004
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Cristiana Collu, dir. MAN
Progetto>
MAN, Archivio Mulas,
Elio Grazioli
Cura e testo>
Elio Grazioli
Organizzazione>
Man Museo d’arte
Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta, 15
Nuoro
Orario> 10\13 - 16.30\20.30
dal martedì alla domenica
Ingresso>
Biglietto intero 3 euro.
Ridotto (dai 18 ai 25 anni)
2 euro. Fino ai 18 e dopo i
60 anni l’ingresso al museo
è gratuito. Servizio gratuito
di visita guidata (attivo
dal martedì al sabato dalle
10 alle 12 e dalle 16.30 alle
19.30. Nei giorni festivi è
attivo solo nelle ultime
domeniche del mese).
Catalogo>
Edizioni MAN
Testo> Elio Grazioli
Antologia> Ugo Mulas,
Le verifiche. Biografia e
bibliografia. 110 immagini,
192 pagine traduzione
inglese e spagnolo, 18 euro
Per richiedere il catalogo
e per informazioni>
Tel\fax 0784 252110
[email protected]
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Ugo Mulas> Lucio Fontana
nel suo studio.
Milano 1965, 40x50 cm
Copyright immagini>
Eredi Ugo Mulas
(tutti i diritti riservati)
PressRelease Focus
certamente circolava l’informazione
che era possibile trovare all’epoca. Non
sappiamo quanto approfondita fosse
in realtà la discussione, perché Mulas
dichiara piuttosto> “E tra noi si parlava,
si discuteva. E anche se poi in fondo, se
ci penso adesso, nessuno di noi aveva le
idee chiare, era un modo di essere interessati alla fotografia. D’altronde, con
chi altro avrei potuto parlare di queste
cose| C’era qualche bravo fotografo,
evidentemente, ma noi volevamo fare
i fotogiornalisti, i fotoreporter di città
(pensavamo che la cosa più importante
della fotografia fosse il fotogiornalismo)”
. È dichiarazione di modestia questa di
Mulas, di ambiente, intesa del resto a
giustificare che in effetti non si mette a
fare fotografie d’arte, non fa l’artista, ma
si introduce piuttosto nel contesto del
giornalismo e fotogiornalismo.
che si sta accendendo la sigaretta e contare quanti ritratti siano esplicitamente
di persone che stanno facendo proprio e
soltanto questo. È nota la dichiarazione
stessa di Mulas a proposito di una di
queste fotografie, fatta con la solita
discrezione, come una pura notazione
tecnica, ma di fatto molto di più, una
“verifica”> “Il vero pretesto di questa
foto è banale, io volevo vedere fino a che
punto si poteva fare una fotografia con
la luce di un solo cerino. Lui si sta accendendo la sigaretta e questo cerino dà dei
riflessi sul viso< questo era un ritratto
fatto con lo scopo di provare la sensibilità di un film alla luce di un cerino” .
Così, dove ci sono riflessi di luce l’occhio
li cattura, che sia nelle scene notturne di
spazzini, nel bicchiere dell’avventore al
bar - che per Mulas beve dunque luce...
- o di rimbalzo su superfici e specchi
- prefigurazione per noi del suo stesso
autoritratto della seconda Verifica, come
in quella della serie di uomini che dormono nella sala d’aspetto della stazione
ferroviaria, in cui la luce è protagonista
con le sue fonti in lampade e lampadari,
i suoi rimbalzi sui profili della panca, fino
al culmine su un tabellone dell’orario
reso illeggibile dall’abbaglio, immagine
negata, puro riquadro di luce.
Eppure, a guardare le fotografie di
allora, non sembra di vedere tanto
fotogiornalismo vero e proprio, a meno
di considerare qualsiasi immagine
testimonianza di un ambiente e di
una situazione. L’occhio di Mulas cerca
invece qualcosa, inquadra con accuratezza, non sta addosso a un evento né
descrive o esalta la ricchezza documentaria di dettagli. Certo coglie, e meravigliosamente, un’atmosfera. E del resto
nell’aria c’è neorealismo ovunque< ma
appunto è nell’aria, quasi nel paesaggio
stesso, nella Milano di allora, ancor
prima che come una scelta estetica o stilistica. D’altro canto, la posizione ideologica e umana di Mulas è in sintonia con
il neorealismo, per adesione alle classi
sociali più povere e per modo di vita e
scelte di comportamento.
Spesso chi si accende la sigaretta si
accorge della presenza del fotografo
e alza lo sguardo verso di lui, in macchina, come si dice tecnicamente>
questo sguardo è allora come se a sua
volta si accendesse, come si suole dire,
e mostra un altro tema centrale nella
ricerca di Mulas. Non sono del resto degli
sguardi anche quelli che ci rimandano
gli oggetti luminosi| È il tema della
visione e della posa intrecciati tra loro,
del vedere e dell’essere visti. Che cosa
significa e implica mettersi o trovarsi in
posa| Anche quando consiste soltanto
nel sapersi guardati da un altro, quando
si restituisce lo sguardo| Per Mulas è un
momento decisivo, non solo per la reciprocità e per “l’incontro”, per un’idea
- fenomenologica, direbbe Quintavalle
- dell’immagine che si fa attraverso una
doppia direzionalità e la partecipazione
attiva dell’altro, che si fa proprio sulla
superficie, come sua materializzazione,
dell’incontro di questi flussi< ma un
momento decisivo nientemeno che
come istante di verità, la vera posta in
gioco di Mulas.
A sfogliare le fotografie tuttavia,
dicevamo, balza all’occhio qualcos’altro
oltre le tematiche neorealiste, sembra
piuttosto che Mulas sia già attento,
anzi vorace, nel cogliere piccoli gesti
significativi più della fotografia che dell’ambiente, metaforici dell’atto e dello
statuto della fotografia più che realistici e descrittivi. Per Mulas il mistero
della fotografia è prima di tutto la luce,
il fenomeno luminoso che dà origine
all’immagine fotografica. Ogni volta
che qualcuno accende un fiammifero,
si accende una sigaretta, usa il fuoco, è
lì pronto a scattare e sembra non volersene perdere una. È impressionante
notare come in quasi tutte le scene di
gruppo del Giamaica ci sia qualcuno
Il testo integrale è disponibile sul catalogo
6
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
MAN - Ugo Mulas - dentro la fotografia (1\7\04 - 19\9\04)
PressRelease Focus
Milano, 1953-1954 cm.40x50
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
PressRelease Focus
Le verifiche 1970-1972
o tendenziosa dell’operazione creativa.
In pochi anni la fotografia diventa uno
dei più grandi affari< ovunque nascono
industrie, quasi ogni giorno si registrano
nuovi brevetti. Già Nadar scrive con
penosa ironia> “La fotografia, questa
invenzione mirabile alla quale hanno
collaborato i cervelli più straordinari, che
affascina le menti più fantasiose, e la cui
effettuazione è alla portata dell’ultimo
degli imbecilli”.
di Ugo Mulas
MUSEO D’ARTE
PROVINCIA DI NUORO
Ugo Mulas
dentro la fotografia
1 luglio - 19 settembre 2004
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MAN, Archivio Mulas,
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Elio Grazioli
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Via Sebastiano Satta, 15
Nuoro
Orario> 10\13 - 16.30\20.30
dal martedì alla domenica
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Biglietto intero 3 euro.
Ridotto (dai 18 ai 25 anni)
2 euro. Fino ai 18 e dopo i
60 anni l’ingresso al museo
è gratuito. Servizio gratuito
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dal martedì al sabato dalle
10 alle 12 e dalle 16.30 alle
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Testo> Elio Grazioli
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Le verifiche. Biografia e
bibliografia. 110 immagini,
192 pagine traduzione
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In copertina>
Ugo Mulas> Lucio Fontana
nel suo studio.
Milano 1965, 40x50 cm
Copyright immagini>
Eredi Ugo Mulas
(tutti i diritti riservati)
Nel 1970 ho cominciato a fare delle
foto che hanno per tema la fotografia
stessa, una specie di analisi dell’operazione fotografica per individuarne gli
elementi costitutivi e il loro valore in
sé. Per esempio, che cosa è la superficie
sensibile| Che cosa significa usare il
teleobiettivo o un grandangolo| Perché
un certo formato| Perché ingrandire|
Che legame corre tra una foto e la sua
didascalia| ecc. Sono i temi, in fondo,
di ogni manuale di fotografia, ma visti
dalla parte opposta, cioè da vent’anni
di pratica, mentre i manuali sono fatti,
e letti, di solito, per il debutto. Può darsi
che alla base di queste mie divagazioni
ci sia quel bisogno di chiarire il proprio
gioco, così tipico degli autodidatti,
che essendo partiti al buio, vogliono
mettere tutto in chiaro, e conservano
rispetto al mestiere conquistato giorno
dopo giorno, un certo candore e molto
entusiasmo.
Sognata per lunghi anni dai suoi
inventori come portatrice di verità, e
quindi come liberazione per l’uomo
dalla responsabilità di rappresentazione
della stessa, in breve si trasforma nel
suo contrario< proprio per la fiducia che
chiunque ripone nella sua oggettività,
nella sua meccanica imparzialità, la
fotografia si presta a fare da supporto
alle operazioni più ambigue.
La fotografia non diede all’uomo la
certezza di rappresentare fedelmente
se stesso e il mondo, come forse sognavano Niepce e Fox Talbot, ma finì in
parte col favorire una élite, quella dei
pittori, che scaricarono sui fotografi le
operazioni servili, o quasi, che fino a
quel punto rappresentavano uno degli
aspetti più costanti, ma più frustranti,
del loro mestiere. Anzi i peggiori fra essi
si improvvisano fotografi e spesso con
successo, perché il nuovo mezzo è più
congeniale ai loro interessi e alle loro
doti naturali, mentre altri usano la fotografia come modello per la loro pittura,
e può capitare che, di questa, vedi Hill,
non rimanga poi traccia alcuna, mentre
a parlare del loro valore restano proprio
le fotografie. Oggi la fotografia con i suoi
derivati, televisione e cinema, è dappertutto in ogni momento.
Ho chiamato questa serie di foto
Verifiche, perché il loro scopo era quello
di farmi toccare con mano il senso delle
operazioni che per anni ho ripetuto
cento volte al giorno, senza mai fermarmi una volta a considerarle in se
stesse, sganciate dal loro aspetto utilitaristico.
La prima di queste foto o verifiche
è quella che ho dedicato a Niepce.
Del quale ci rimane una sola sbiadita
immagine, una foto fatta dalla finestra
della sua casa a Gras. Sono passati da
quel giorno circa centocinquanta anni,
ma quel tempo, per un fotografo, è già
mitico> un tempo in cui si parlava di
foto fatte dal sole, di oggetti naturali
che si delineano da sé senza l’aiuto della
matita dell’artista< un tempo in cui uno
scienziato particolarmente fantasioso e
privo di fiducia nella abilità della propria
mano, si convince che deve esistere un
mezzo più efficace della matita infedele
per catturare queste immagini fugaci, e
lo trova< e un altro scienziato, presentando l’invenzione di Daguerre, può dire
che, nella camera oscura, le immagini
creano se stesse. Un tempo mitologico
che si brucia nel giro di pochi anni, e con
esso il sogno di aver trovato finalmente
il modo di sganciare la mano inesatta
Gli occhi, questo magico punto di
incontro fra noi e il mondo, non si trovano
più a fare i conti con questo mondo, con
la realtà, con la natura> vediamo sempre
più con gli occhi degli altri. Potrebbe
anche essere un vantaggio< migliaia di
occhi invece di due, ma non è così semplice. Di queste migliaia di occhi, pochi,
pochissimi, seguono un’operazione
mentale autonoma, una propria ricerca,
una propria visione.
Anche inconsapevolmente, le migliaia
di occhi sono collegate a pochi cervelli, a
precisi interessi, a un solo potere. Così,
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
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10 alle 12 e dalle 16.30 alle
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inconsapevolmente, anche i nostri
occhi, anziché trasmetterci informazioni genuine, magari povere, scarne,
ma autentiche, ci investono con infinite
informazioni visive, doppiamente stordenti, perché spesso la loro falsità si cela
sotto una sorta di splendore. Si finisce
col rinunciare alla propria visione che
ci pare così povera rispetto a quella
elaborata da migliaia di specialisti della
comunicazione visiva< e a poco a poco
il mondo non è più cielo, terra, fuoco,
acqua> è carta stampata, fantasmi evocati da macchine sempre più perfette
e suadenti. So bene che la realtà è più
complessa e più ambigua. Ma questo
discorso ha un solo scopo> ricostruire
e capire quello su cui riflettevo alcuni
anni fa, quando ho cominciato a pensare a questa foto e non-foto che è
appunto il lavoro dedicato a Niepce. Il
bisogno di chiarire a me stesso il perché
di certe affermazioni e di certi rifiuti,
per esempio un’idea che non mi andava
giù era quella tanto diffusa negli anni
Cinquanta, quando ho cominciato a
fotografare (sviluppatasi, credo, su una
cattiva lettura di certe dichiarazioni o
di certe foto di Cartier-Bresson, portate
poi all’esasperazione da un certo tipo
di giornalismo), idea secondo la quale
una foto non contava tanto per la sua
verità quanto per l’effetto, per il colpo
che poteva produrre sulla fantasia del
lettore.
dello stesso Cartier-Bresson, possono
aver dato un contributo alla diffusione
del gusto per una fotografia di rapina,
di caccia all’immagine più rara e imprevedibile, per cui il fotografo sarebbe un
predatore in continuo agguato (si diceva
allora - non so se sia verità o leggenda
- che Cartier-Bresson non si staccasse
dal suo apparecchio nemmeno quando
sedeva a tavola per mangiare) pronto a
carpire l’istante fuggitivo, non importa
quale, purché eccezionale, possibilmente
unico e irripetibile.
Non è che questa teoria non abbia i
suoi lati suggestivi e veri, ma non riuscivo ad accettare l’idea di tutta una vita
passata alla macchina in attesa di questo
raro evento, di queste poche decine o
centinaia di attimi privilegiati da raccogliere poi in un album o in un libro come
il cacciatore attacca sui muri di casa i
trofei più significativi. Io rifiuto questa
idea o teoria dell’attimo fuggitivo, perché
penso che tutti gli attimi siano fuggitivi
e in un certo senso uno valga l’altro, anzi,
il momento meno significativo forse è
proprio quello eccezionale.
Da allora questo gioco non ha fatto
che degenerare, non solo nel foto-giornalismo, ma in ogni campo dove la
foto è mercificata, nel cinema, che si fa
ogni giorno più volgare, più aggressivo
pur di compiacere il gusto del pubblico
che, come un drogato, ogni giorno, ha
bisogno di una dose di più. Certi film che
vent’anni fa ci sembravano drammatici,
oggi ci fanno a malapena sorridere.
Nello stesso senso non ho mai amato
fotografare paesi lontani, esotici, non ho
visto la Cina, né l’India, né il Giappone,
né l’America del Sud, né la Lapponia o
l’Oceania, anche se il mestiere mi ha
costretto qualche volta a lunghi, noiosissimi viaggi. Non voglio negare l’utilità
dei viaggi, sia quelli fatti per diporto,
sia quelli di studio, purché non si stia
sempre con l’occhio incollato al mirino
fotografico< perché penso che un fotografo possa correre avventure non meno
eccitanti e istruttive girovagando a
piedi tra Porta Romana e Porta Ticinese,
magari esplorando gli appartamenti
degli inquilini del suo stesso stabile, dei
quali spesso ignoriamo perfino il nome.
Diverso in parte è il caso della fotografia, che, bene o male, lavora sulla
realtà come scriveva proprio CartierBresson presentando nel 1952 Images
à la sauvette. “A travers nos appareils,
nous acceptons la vie dans toute sa réalité”, che è un condensato di tutto quello
che si può dire o scrivere sul fotografare.
Assai meno chiaro è quando scrive che
si deve avvicinare il soggetto a passo
di lupo, e che il fotografo è sempre alle
prese con degli istanti fuggitivi. Frasi,
queste ultime, che, sganciate dal loro
contesto e collegate a certe foto limite
Ciò che veramente importa non è tanto
l’attimo privilegiato, quando individuare
una propria realtà< dopo di che, tutti
gli attimi più o meno si equivalgono.
Circoscritto il proprio territorio, ancora
una volta potremo assistere al miracolo
delle “immagini che creano se stesse”,
perché a quel punto il fotografo deve
trasformarsi in operatore, cioè ridurre il
suo intervento alle operazioni strumentali> l’inquadratura, la messa a fuoco,
la scelta del tempo di posa in rapporto
al diaframma, e finalmente il clic. Qui,
“grazie all’apparecchio, noi accettiamo
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
MUSEO D’ARTE
PROVINCIA DI NUORO
Ugo Mulas
dentro la fotografia
1 luglio - 19 settembre 2004
Concept>
Cristiana Collu, dir. MAN
Progetto>
MAN, Archivio Mulas,
Elio Grazioli
Cura e testo>
Elio Grazioli
Organizzazione>
Man Museo d’arte
Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta, 15
Nuoro
Orario> 10\13 - 16.30\20.30
dal martedì alla domenica
Ingresso>
Biglietto intero 3 euro.
Ridotto (dai 18 ai 25 anni)
2 euro. Fino ai 18 e dopo i
60 anni l’ingresso al museo
è gratuito. Servizio gratuito
di visita guidata (attivo
dal martedì al sabato dalle
10 alle 12 e dalle 16.30 alle
19.30. Nei giorni festivi è
attivo solo nelle ultime
domeniche del mese).
Catalogo>
Edizioni MAN
Testo> Elio Grazioli
Antologia> Ugo Mulas,
Le verifiche. Biografia e
bibliografia. 110 immagini,
192 pagine traduzione
inglese e spagnolo, 18 euro
Per richiedere il catalogo
e per informazioni>
Tel\fax 0784 252110
[email protected]
In copertina>
Ugo Mulas> Lucio Fontana
nel suo studio.
Milano 1965, 40x50 cm
Copyright immagini>
Eredi Ugo Mulas
(tutti i diritti riservati)
PressRelease Focus
la vita in tutta la sua realtà”, quindi
anche in ogni suo “attimo fuggitivo”,
e siamo giunti, o tornati a quel tempo
mitico cui accennavo all’inizio, dove “gli
oggetti si delineano da sé, senza l’aiuto
della matita dell’artista”. Al fotografo il
compito di individuare una sua realtà,
alla macchina quello di registrarla nella
sua totalità. Due operazioni strettamente connesse ma anche distinte, che,
curiosamente, richiamano nella pratica certe operazioni messe a punto da
alcuni artisti degli anni Venti> penso ai
ready made di Marcel Duchamp, a certi
oggetti di Man Ray, dove l’intervento
dell’artista era del tutto irrilevante
sotto l’aspetto operativo, consistendo
nell’individuazione concettuale di una
realtà già materializzata che bastava
indicare perché prendesse a vivere in
una dimensione ‘altra’, cosicché l’oggetto, fino a quel punto identico a mille
altri, cominciava a inserirsi in una sfera
ideale sganciata per sempre dal mondo
inerte delle cose.
L’operazione fotografica.
Autoritratto per Lee Friedlander
A questo punto, mi pare utile riprodurre alcune parole tratte dal testo
che Marcel Duchamp pubblicava in
The Blind dopo che gli organizzatori del
primo Salon des Indépendants di New
York, nel 1917, rifiutarono di esporre la
Fontana, il famoso orinatoio firmato
Richard Mutt (nome di un fabbricante
di articoli sanitari), ma inviata da
Duchamp> “Non ha nessuna importanza che Mutt abbia fabbricato la fontana con le proprie mani oppure no< egli
l’ha scelta< egli ha preso un elemento
comune dell’esistenza, e l’ha disposto
in modo che il significato utilitario
scompare sotto il nuovo titolo e il nuovo
punto di vista< egli ha creato un nuovo
pensiero per tale oggetto”.
Qualche tempo dopo l’Omaggio a
Niepce ho voluto verificare un altro
aspetto della realtà della fotografia> la
macchina. Contro la finestra c’è uno
specchio, il sole batte sulla finestra, ne
proietta l’ombra di un montante contro
la parete e insieme proietta la mia ombra.
Da quest’ombra si vede che sto fotografando, e la mia azione appare anche
nello specchio. In ambedue due i casi
c’è un elemento comune> la macchina
cancella il viso del fotografo, perché è
all’altezza dell’occhio e nasconde i tratti
del volto. La verifica è dedicata a quello
che io credo sia il fotografo che più ha
sentito questo problema, e ha tentato di
superare la barriera che è costituita dalla
macchina, cioè il mezzo stesso del suo
lavoro e del suo modo di conoscere e di
fare. Forse, qui come nel successivo autoritratto con Nini, c’è l’ossessione di essere
presente, di vedermi mentre vedo, di
partecipare, coinvolgendomi. O, meglio,
è una consapevolezza che la macchina
non mi appartiene, è un mezzo aggiunto
di cui non si può né sopravvalutare né
sottovalutare la portata, ma proprio per
questo un mezzo che mi esclude mentre
più sono presente.
E che cosa è questo mio oggetto dedicato a Niepce, se non un ready made,
sia pure con tutte le varianti del caso|
Cioè “una banalità”, come scrive Marcel
Jan nel suo libro sul surrealismo, “che è
il punto di partenza di una serie di sviluppi complessi”. Il rullo non utilizzato,
non impressionato ma solo sviluppato,
fissato e provinato, perde il suo significato utilitario, dà inizio a una serie
di reazioni che si sono concretizzate
in maniera quasi automatica in quella
serie di foto che ho raccolto sotto l’unico
titolo di Verifiche.
Il testo integrale è disponibile sul catalogo
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.32 giugno 2004
MAN - Ugo Mulas - dentro la fotografia (1\7\04 - 19\9\04)
PressRelease Focus
Marcel Duchamp Nella sua casa N.Y. 1967