leggi la tesi - Paolo Scarano

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leggi la tesi - Paolo Scarano
SIDDHARTA
Associazione Culturale Italiana per lo studio delle Arti e delle Filosofie Orientali
SCUOLA DI FORMAZIONE PROFESSIONALE
Tesi di
SHIATSU
IL METODO SHIATSU E LA VISIONE TAOISTA
Relatore:
Candidato:
Francesco De Sio Lazzari
Paolo Scarano
AIFS
Federazione Italiana Shiatsu
Anno Accademico
2013 - 2014
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INDICE
Introduzione
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Capitolo I - Origini del Taoismo
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Capitolo II - Lao Tzi e il Tao Te Ching
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Capitolo III - Il Vuoto nel Taoismo
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Capitolo IV - ...e nello Shiatsu
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Capitolo V - Dove si nasconde il Vuoto
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Capitolo VI - Come la Barca sul Mare
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Conclusioni e Ringraziamenti
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Se si volesse rappresentare per analogia il Tao si potrebbe immaginare una persona
che cammina su una strada, portando sulle spalle un fusto di bambù. Alle due
estremità del bambù, sono appesi due secchi. I due secchi rappresentano lo Yin e lo
Yang. Il bambù rappresenta il Tai Chi, l'entità che separa lo Yin dallo Yang. La
strada è il Tao.
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INTRODUZIONE
La principale motivazione che mi ha indotto a scegliere di scrivere del Tao, come
oggetto di tesi, è il gran desiderio di approfondire la filosofia che mi ha
accompagnato durante tutto il percorso di studio del massaggio Shiatsu.
Ecco perché in queste pagine non mi limiterò a scrivere dello Shiatsu, ma cercherò
sempre di collegare le sue pratiche al pensiero taoista. Credo infatti che non soltanto
alcuni dei motivi (che sono all'origine dello Shiatsu) debbano essere ricondotti al
taoismo, ma che la presenza del taoismo, implicita o esplicita, sia costante nella
pratica della digitopressione.
Dal mio punto di vista, pertanto, un minimo di conoscenza del taoismo è prezioso per
l'operatore e - direi - anche per il paziente.
Di qui il tentativo costante da parte mia, nel discorso che segue, di accompagnare le
indicazioni più propriamente Shiatsu con alcune considerazioni di stampo taoista.
Un'ultima precisazione va formulata: il taoismo non è una religione e neanche una
filosofia come le concepiamo in occidente e non a caso viene definita una "via", cioè
qualcosa di intermedio tra la filosofia, la religione, la pratica ascetica, lo stile di vita
etc. etc.
Lo Shiatsu è un'arte giapponese che affonda le sue radici proprio nel pensiero taoista
e penso che esso sia da considerare come un'applicazione operativa dei principi del
taoismo.
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Quindi non si può parlare di Shiatsu se prima non si parla della filosofia che sta a
monte di esso, ed ecco perché in questa tesi proverò a descrivere parte della storia del
taoismo, i suoi principali filosofi e i loro testi più importanti, lo Yin, lo Yang, e la
filosofia del vuoto che ricerchiamo anche nel massaggio Shiatsu. Peraltro, ricordo che
già da piccolo mi divertivo disegnando quel cerchio con quell'onda al centro e i due
pallini, uno nero e uno bianco.
Mi piaceva disegnarlo ovunque anche senza sapere cosa fosse e che storia avesse.
Mi piaceva e basta! Una grande attrazione, che avevo sin da bambino, verso quel
simbolo che mai avrei immaginato un giorno potesse entrare a far parte della mia vita
professionale.
Una vicenda che può essere interessante da raccontare è quella dell'americano Mark
Salzman, nato nel 1959.
Infatti, è un esempio dell’impatto che le culture orientali (Cina e Giappone, in
particolare) possono avere sulla psicologia e sullo stile di vita degli occidentali.
Nella prima giovinezza vide in TV un film intitolato Kung Fu, e decise che ciò che
più desiderava nella vita era la pace della mente. I genitori non esitarono a
incoraggiare il suo interesse per l’antica civiltà cinese, comprandogli ogni genere di
libri sul kung fu e iscrivendolo a una scuola di arti marziali.
L’amore per la Cina non svanì in lui col trascorrere degli anni, lo spinse anzi a
imparare la pittura, la calligrafia e la lingua cinese e, subito dopo la laurea a Yale, a
ottenere un contratto biennale come insegnante di inglese in una università di
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Changsa, nella Cina centro-meridionale.
Al suo arrivo in Cina, all’inizio degli anni Ottanta, Salzman viene accolto come una
specie di fenomeno. Biondo, occhi azzurri, quando camminava per strada radunava
attorno a sé piccole folle incredule: un occidentale che parlava cinese!
Con la sua comunicativa e la sua «diversità», Mark diventa amico di tutti: professori
e contadini, calligrafi e maestri di kung fu, criminali e intellettuali. Soprattutto,
diventa amico di Pan Qingfu, «Pugno di ferro», un celebre e venerato maestro di arti
marziali che lo prende come allievo e gli insegna a conoscere i sacrifici e le gioie di
un allenamento durissimo.
Da questa esperienza venne fuori un libro dal titolo La spada e la seta, che è un
riferimento al fatto che nelle arti marziali bisogna essere duri come il ferro ma
morbidi come la seta. Nel Tai Qi Quan il morbido vince il duro come le flessibili
canne di bambù resistono alle tempeste più violente senza rompersi.
Il libro è molto bello. Autobiografico, racconta come Salzman viva due anni in quel
mondo ancora molto chiuso e piuttosto arretrato che era all’epoca la Cina, che allora
iniziava la sua modernizzazione.
Dal libro fu tratto un film, americano, nel 1990. Titolo: Ferro e seta.
(La prima edizione italiana del libro fu pubblicata dalla casa editrice Serra e Riva,
Milano, 1989; la seconda da Neri Pozza, Vicenza, nel 2002 e poi nel 2007, col titolo
impreciso La spada e la seta.)
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Cosi anche io sono passato, sia pur nella mia limitata esperienza, dal sogno infantile
del cerchio dello Yin e dello Yang allo studio dello Shiatsu e ad una piccola ricerca
sulle sue origini culturali.
Da questo punto di vista sono stato anche io, a modo mio, un piccolo ricercatore di
verità, come il grande Siddharta che da il suo nome alla scuola.
Siddharta, per inciso, è il nome personale del Buddha e significa "colui che ha
conseguito il suo fine".
Ottenuta l'illuminazione prende il nome di Buddha che vuol dire l'illuminato.
Il nome della famiglia è Gotamo, che sembra significhi grandissimo bue, intendendo
il bue come animale saggio e pacifico.
Inoltre, Siddharta, è il titolo di un celebre libro di Hermann Hesse che ha avuto
numerevoli ristampe e che dagli anni Venti in poi ha funzionato come guida spirituale
di moltissimi giovani europei e americani.
Vi sono pochi elementi della vita del vero Buddha, e la figura di Buddha vi è
rappresentata in modo assai romantico. Come se fosse un giovane inquieto che passa
di esperienza in esperienza alla ricerca della verità.
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I
ORIGINI DEL TAOISMO
Del Taoismo non è possibile stabilire con precisione l'epoca originaria di formazione,
ma la sua apparizione si può far risalire al periodo della dinastia Chou (1027-481
a.C.). Il taoismo sviluppatosi fra il settimo e il quinto secolo a.C., all'epoca della
prodigiosa fioritura di scuole di pensiero in Cina, è rappresentato da tre grandi
figure: Lao-Tzi, Chuang-Tzu, Lieh-Tzu. Il primo è considerato il fondatore, mentre
gli altri due (dopo di lui) i principali maestri.
Il taoismo ha una storia complessa che si sviluppa lungo diversi secoli.
Tradizionalmente è stata fatta una distinzione fra il taoismo "filosofico",
corrispondente a uno dei filoni di pensiero sorti durante il tardo periodo degli “Stati
combattenti” (403-221 a.C.), e quello "religioso", che denota una varietà di
movimenti, comunità, scritture e pratiche religiose, i cui primi esempi apparvero alla
fine della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.).
Il taoismo si sta diffondendo oggi anche in Occidente e viene considerato come una
delle principali religioni del mondo. (Una testimonianza molto interessante della
diffusione del taoismo in occidente è Il tao della barca : vivere come il bambù di Ray
Grigg 1984 Corbaccio editore).
Si tratta di una religione filosofica panteistica, la cui idea di fondo è il concetto del
Tao (la "Via"), l'essenza prima che costituisce tutte le cose che esistono e il respiro
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primordiale che supporta la vita stessa. Il taoista dedica la propria vita alla ricerca
dell'armonia con la natura, ovvero con il Tao, per poter raggiungere la completezza e
l'unione con l'essenza dell'universo.
Peraltro, il taoismo, anche quando in una fase tarda si organizzerà in una forma quasi
di "chiesa" inserendosi nella vita cinese, non diventerà mai religione di stato.
(Il culto ufficiale dell'impero cinese, pur nel variare delle sue dinastie, sarà sempre il
confucianesimo).
Nella cosmologia taoista, ovvero nella spiegazione dell'origine dell'universo,
utilizzare la parola creazione è assolutamente fuori luogo. Nell'ottica taoista, infatti, il
tutto non è stato creato da un'entità suprema, da un dio, come avviene nei tre grandi
monoteismi che sono nati e si sono sviluppati intorno al bacino del Mediterraneo:
l’ebraismo, il cristianesimo e infine l’islamismo.
Gli studi del taoismo in genere cominciano con la figura di Lao Tzi e con il suo libro,
tradizionalmente datato al VI secolo a.C. il Tao Te Ching (il Classico della via e della
Virtù).
Per un quadro complessivo dell’evoluzione del taoismo, dalla forma iniziale del Tao
Te Ching alle elaborazioni più tarde e più complesse, si veda il libro di
Isabelle Robinet, Storia del taoismo. Dalle origini al XIV secolo, tradotto in italiano
nel 1993 dalla casa editrice Ubaldini.
Si tratta di un libro ormai famoso, che cerca di riassumere, nelle sue varie forme, la
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complessa realtà che va sotto il nome di "taoismo". Isabelle Robinet, in effetti, mira a
cogliere (e vi riesce felicemente) i caratteri unitari, e insieme a delinearne la
configurazione aperta a influssi che venissero dall’esterno. Risulta evidente che non
si può parlare di un fenomeno univoco poiché esso non ha mai cessato di evolversi, di
trasformarsi, di assorbire dalla società il costante e i suoi mutamenti.
La Robinet, peraltro, elenca e chiarisce l'intricato universo di pratiche religiose, di
forme organizzative e di scuole, di tecniche della longevità, sottolineando la
complementarità del suo versante colto e del suo versante popolare e la sua capacità
d'irradiazione negli ambienti intellettuali.
Da ricordare ancora il libro di Kristofer Schipper, tradotto in italiano dieci anni
(1983) prima di quello della Robinet, e col titolo Il corpo taoista.
Già dal titolo risulta evidente come riflettere sul taoismo, studiarlo, significa
necessariamente tener conto dell’importanza del corpo.
Il taoismo è una filosofia naturalistica, che non condanna il corpo come avviene
spesso nelle tre religioni monoteistiche. Al corpo, dunque, si tratta di prestare
attenzione: il benessere del corpo assicura anche il benessere dell’anima. Cioè dà la
felicità. Non a caso, un’altra studiosa francese (in Francia sono molto diffusi gli studi
sul taoismo) ha dedicato una ricerca proprio alla concezione del corpo nel taoismo:
Catherine Despeux, Taoismo e corpo umano, tradotto dall’editore Riza nel 2001.
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All’importanza del respiro, infine, si sono rivolti due studiosi che hanno scritto un
volume su Il respiro primordiale. Un'antica disciplina cinese per prolungare la vita
attraverso il controllo del respiro. Si tratta di Jane Huang e di Michael Wurmbrand.
Basta il titolo per far capire quale sia il tema di questo libro (1999).
Si potrebbe continuare ancora, perché la bibliografia in italiano è molto ricca, ma
credo che basteranno queste citazioni per dare il senso degli studi accessibili oggi in
Italia. Per capire il punto di vista occidentale sul corpo, e gli insegnamenti circa le
discipline con le quali occorre governarlo, si veda invece il libro di Umberto
Galimberti: Il corpo, del 1983 (Feltrinelli editore).
E’ una ricerca di vasto respiro, che consente di avere un quadro complessivo delle
concezioni occidentali del corpo, da Platone fino a Cartesio (col suo dualismo animacorpo) e infine giungendo alle posizioni di Freud nel Novecento.
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II
LAO TZI E IL TAO TE CHING
Laozi (老子, pinyin: (Lǎozǐ), traslitterato anche Lao Tzu, Lao Tse, Lao Tze o Lao
Tzi, è una figura leggendaria della filosofia cinese, sulla cui reale esistenza è ancora
aperto un grande dibattito. La tradizione cinese tramanda che sia vissuto nel VI
secolo a.C., ma reperti testuali inducono molti storici moderni a ritenere che egli sia
vissuto nel IV secolo a.C., il periodo delle cento scuole di pensiero e degli Stati
Combattenti.
Molto poco si conosce sulla vita di Lao Tzi.
La sua esistenza è tutt'oggi oggetto di diatribe, quanto lo è la stesura del Tao Te
Ching. La sua figura è stata, nel corso dei secoli, mitizzata e divinizzata. Una
leggenda racconta che nacque nel Ku, prefettura Chu (corrispondente all'attuale
contea di Lùyì nella provincia dell'Henan), negli ultimi anni del Periodo della
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Primavera e dell'autunno. Un'altra versione ne colloca la nascita nella contea di
Guoyang, provincia di Anhui.
ANHUI
HENAN
La leggenda vuole che nacque da una vergine, dopo vari anni di gravidanza, per
alcune versioni otto, per altre ottanta, o anche 97. Questa leggenda dà una
spiegazione del nome, che letteralmente significa il Vecchio Maestro o il Vecchio
Bambino.
Particolare ricorrente è che la donna partorì Lao dal cavo ascellare. I racconti
risultano imprecisi circa la scelta dell'ascella.
Lao Tzi è considerato il fondatore del taoismo e viene considerato l'autore del Tao Te
Ching (il testo sacro taoista che ho già avuto modo di citare).
Il Tao Te Ching è considerata un'opera di immenso valore culturale. Copre campi che
vanno dalla filosofia, alla spiritualità individuale, alle dinamiche dei rapporti
interpersonali. Il libro contiene istruzioni nascoste, ovvero sotto forma di aforismi e
metafore, sulla visione spirituale del mondo, la meditazione e la respirazione.
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Lao Tzi sviluppò il concetto di Tao, solitamente tradotto come la Via, un concetto il
cui significato è strettamente collegato all'ordine cosmico dell'universo: La Via è la
Natura.
Ecco l’ideogramma:
Il carattere 道 si compone di 首 (qiú "testa" quindi "principale") + una variante del
carattere 止 (zhǐ nel significato arcaico di "piede") combinata con 行 (xíng,
"percorrere"): quindi "incedere sul percorso principale".
Tao (道 letteralmente la Via o il Sentiero; traslitterazione pinyin1: dào - in
giapponese: dō), spesso tradotto come Il Principio, è l'eterna, essenziale e
fondamentale forza che scorre attraverso tutta la materia dell'Universo, vivente o
meno. Per dirla in una parola, il Tao "è".
1 Il pinyin (拼音) è il sistema di trascrizione del cinese standard ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese, ed è ora correntemente
riconosciuto ovunque.
Pinyin (拼音, pīnyīn) letteralmente significa in cinese "trascrivere suoni" e generalmente si riferisce alla romanizzazione (notazione
fonetica e traslitterazione in scrittura latina) della pronuncia del cinese moderno. Si tratta del mandarino, la lingua ufficiale della
Repubblica Popolare Cinese basata sulla pronuncia del cinese parlato a Pechino.
Per inciso: la volontà di avere una trascrizione del cinese nacque dal movimento del 4 maggio 1919 nell'Università di Pechino, che
tra i suoi obiettivi comprendeva un rinnovamento linguistico della Cina. L'11 febbraio 1958 venne approvata dall'Assemblea
Nazionale del Popolo la prima versione ufficiale del pinyin, che fu in seguito introdotto nelle scuole elementari e impiegato in
campagne di alfabetizzazione della popolazione adulta. Concepito inizialmente come uno strumento atto soltanto a facilitare
l'apprendimento della lingua cinese negli adulti e nei bambini, si diffuse rapidamente. Nel 1979 tale diffusione capillare fu sancita
dalla sua adozione come standard per la romanizzazione della lingua cinese moderna.
Il pinyin, in ambito nazionale e internazionale, si è imposto al di sopra dei precedenti sistemi di traslitterazione tra cui vale la pena di
ricordare il Wade-Giles (elaborato nel 1859, modificato nel 1912).
Da notare che il sistema precedentemente usato, e cioè il Wade-Giles, era anch’esso un sistema di romanizzazione (notazione
fonetica e traslitterazione in scrittura latina) dei caratteri del cinese standard, cioè della varietà pechinese del mandarino. Era stato
ideato da Thomas Wade a metà del XIX secolo, e si era consolidato nel dizionario cinese-inglese di Herbert Giles. Fu il sistema di
traslitterazione più importante nel mondo anglofono durante la maggior parte del XX secolo.
Il sistema Wade-Giles mirava, in particolare, al lavoro degli specialisti e quindi non era intuitivo per i non-specialisti.
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Nella filosofia taoista tradizionale cinese, il Tao ha come funzione fondamentale
quella di rappresentare l'universo.
“Dal Vuoto nasce l'Uno,
dall'Uno il Due,
dal Due il Tre,
dal Tre nascono le Diecimila cose.”
(Lao Tzi, Tao Te Ching,
cap. XLII, La trasformazione del Tao).
Nel taoismo il Vuoto è il senza forma che genera la forma o anche la forma che
genera il senza forma. Il senza forma è il progenitore di tutte le cose; è ciò che è
inesprimibile e non rappresentabile.
Dal vuoto nasce il Wu Ji (无极 = assenza di differenziazioni/assenza di polarità).
l'Uno che è il non-polo e che può essere rappresentato da un cerchio vuoto.
Nel Wu Ji la vita è in uno stato indifferenziato, che tuttavia è anche uno stato di
preparazione verso la differenziazione: è una Unità indifferenziata ma feconda.
Dalla polarizzazione di questo caos indifferenziato nasce il Due, i due poli, il bianco e
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nero, il chiaro e lo scuro. In questo stato la vita non è ancora presente.
Il Tre è la vita. Il Tre nasce dall'unione dei due poli ed è quella curva sinuosa che
scaturisce dall'incontro del nero e del bianco (e che chiamiamo rispettivamente Yin e
Yang) e che si modella sulle infinite possibilità dell'esistenza.
Questo stadio viene rappresentato con il Tai Ji, simbolo del taoismo e comunemente
chiamato Tao (o Dao) secondo la traslitterazione che si sceglie.
Il Tai Ji è unità ma possiede in sé la polarizzazione, la divisione; qui la
differenziazione è presente in potenza ma non ancora in atto.
Da questo nascono le diecimila cose. La maniera metaforica cinese per dire
innumerevoli quasi infiniti. Per esempio al presidente Mao venivano augurati
diecimila anni di vita.
Secondo la concezione del Taoismo, ogni fenomeno si manifesta all'interno di un
dualismo che vede ai suoi poli estremi lo Yin e lo Yang.
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Yin il principio negativo, freddo, luna, femminile ecc. rappresenta il nero.
Yang il principio positivo, caldo, sole, maschile, ecc. rappresenta il bianco.
Ogni cosa è Yin o Yang a secondo del termine di paragone e rispetto all'oggetto di
confronto. Una mela su un albero è Yang rispetto alla terra se si considera il livello di
altezza, ma è Yin rispetto ad essa se si considera, ad esempio, la massa. La stessa
mela, inoltre, sarà Yin rispetto al cielo se si considera il livello di altezza. Sempre con
riferimento al livello d'altezza, nella mela distingueremo una parte Yin rivolta verso il
basso e una Yang rivolta verso l'alto.
È importante evidenziare che nella filosofia taoista Yin e Yang non hanno alcun
significato morale, come buono o cattivo, e sono considerati elementi di
differenziazione complementari.
Il simbolo del Tao è formato da due volute, una che si avvolge e l'altra che si svolge a
partire da un unico centro. Le due volute rappresentano la discesa ed ascesa degli
aspetti opposti di ogni energia del cosmo.
Il Simbolo pertanto è una simmetria rotazionale ciclica: la 'voluta' bianca ha l'inizio
dove finisce la spirale nera; essa si avvolge ed aumenta fino ad un massimo ma poi
manifesta in se stessa la sua tendenza opposta (puntino nero) che appunto a partire da
questo momento si svolge. Anche questo aspetto raggiunge un massimo finché si
manifesta la tendenza opposta (a partire dal puntino bianco), che si avvolge e così
via. Ciclicamente. Questo ciclo unifica nella monade universo tutte le energie del
cosmo nei loro aspetti opposti rendendoli così complementari.
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III
IL VUOTO NEL TAOISMO
“Il Tao viene usato perché
è vuoto e non è mai pieno.”
(Lao Tzi, Tao Te Ching,
cap. IV, "Quel che non ha origine")
Il più celebre e chiaro riferimento al vuoto che la tradizione taoista ci ha insegnato è
quello contenuto al capitolo XI del Tao Te Ching:
Trenta raggi convergono in un mozzo:
grazie al suo vuoto abbiamo l'utilità del carro.
Modelliamo l'argilla per fare un vaso:
grazie al suo vuoto abbiamo l'utilità del vaso.
Ritagliamo porte e finestre per fare una casa:
grazie al loro vuoto abbiamo l'utilità della casa.
Perciò, se l'uso dell'essere è benefico,
l'uso del non-essere è ciò che ne crea l'utilità.
In questo undicesimo capitolo del Tao Te Ching Lao Tzi sottolinea il valore del
vuoto. Spiega questa idea utilizzando le immagini di un buco al centro di un mozzo,
lo spazio all'interno di un vaso di argilla, e l'area interna di una stanza, concludendo
che l'utilità di ciò che è dipende da ciò che non è. In altre parole, la ruota, il vaso, la
stanza hanno l'utilità che è direttamente fornita dal vuoto che sta al centro.
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Questo brano invita a vivere partendo dal vuoto che è al centro del nostro essere;cioè,
a cambiare il nostro modo di concepirlo.
Il contenuto dell'ultima frase ci dà una risposta che è nel contempo interessante e
complessa: "il non-essere costituisce l'utilità". Ciò significa che il non essere non è né
una parte dell'essere, né qualcosa di separato dall'essere, ma è la sua funzione
costitutiva o la sua costituente funzionale: il vuoto di un vaso, infatti, non è
semplicemente la sua parte interna o lo spazio vuoto che lo circonda, ma è ciò che lo
fa essere vaso, ciò che rende funzionale la sua argilla, ossia il suo pieno. La stessa
dinamica funzionale interessa i casi del vuoto del mozzo in rapporto all'utilità del
carro e il caso del vuoto delle porte e delle finestre in rapporto alla casa.
È da notare che il rapporto pieno-vuoto non è soltanto un rapporto tra due elementi
complementari (entrambi, per esempio, sono necessari per fare un vaso che ha una
parte piena, che lo delimita, e una parte vuota al centro o all'interno), ma è anche un
rapporto di alternanza.
Il vaso vuoto, infatti, attende di diventare pieno e, una volta pieno, si dispone a
diventare vuoto.
Si può fare una prova di questo tipo: immaginate di mettere in fila tutti i muri della
stanza in cui vi trovate in questo momento, con tutti gli elementi presenti: senza lo
spazio al centro, non c'è più una stanza, anche se tutto il resto è rimasto uguale.
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Una teiera di ceramica non è una teiera senza il vuoto che l'argilla ha incapsulato.
Una casa non è una casa se dentro non c'è uno spazio interno che l'esteriore possa
delimitare.
Nel primo verso di questo capitolo, quel buco al centro che è necessario per il
movimento della ruota può essere paragonato al vuoto che è vitale affinché ci si
muova attraverso la vita. Nel centro di noi stessi c'è uno stato interiore di non-essere,
perciò occorre considerare non soltanto ciò che è visibile (il corpo) ma anche
l'essenza invisibile da cui dipende la nostra esistenza, la parte di noi che è Tao.
Per quanto riguarda tutto ciò che precede è illuminante ciò che dichiara un macellaio
(nel VI capitolo di Zhuang Zi) il quale afferma che all'inizio del suo lavoro vedeva il
bue tutt’intero mentre, una volta diventato esperto, vede soltanto gli interstizi nei
quali affondare l’ascia per tagliare.
Nel colloquio che si svolge tra il cuoco e il principe è interessante osservare che alla
meraviglia del principe per la tecnica del cuoco (che usava il coltello con ritmo
cadenzato, come se stesse eseguendo una danza), il cuoco risponde osservando che il
suo interesse si volge non alla semplice tecnica ma al funzionamento delle cose.
Alla fine, come l'arciere dirà che può tirare con l'arco ad occhi chiusi, (lo vedremo nei
successivi capitoli di questa tesi), così il cuoco afferma di sentire il bue "con lo spirito
senza più vederlo con gli occhi" : "i miei sensi non intervengono più, il mio spirito
agisce come gli pare e segue da sé i contorni del bue". (Libro II, capitolo III).
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Ciò vuol dire che, come l'operatore di Shiatsu, così anche il cuoco ha conseguito la
capacità di individuare i punti difficili ed interviene su di essi in maniera opportuna.
Basta un'azione delicata e tutto si risolve con l'uso lieve del coltello o con una
altrettanto lieve digitopressione.
Questa tecnica così raffinata comporta (da parte del cuoco di Zhuang Zi o
dell'operatore di Shiatsu) una perfetta conoscenza dell'oggetto. E' come se il paziente
o il bue fossero diventati, attraverso la conoscenza, tutt'uno con l'operatore o con il
cuoco. Pertanto, non c'è più bisogno di una intelligenza vigile. La conoscenza è
diventata una sorta di istinto.
Centralità del corpo, dunque. Il principale luogo in cui si può cominciare ad
apprendere l'uso del vuoto è proprio nel corpo, è il vuoto del corpo. In generale tutto
il sapere medico della Cina antica e, in particolare quello taoista, riserva un'attenzione
privilegiata a quegli organi del corpo vivente che, in quanto cavi, funzionano da
pompa, da canali o da filtri, e, in quanto tali, permettono la circolazione degli
elementi aerei e liquidi. Per i taoisti ciascuno di questi organi in un certo senso
"respira", in quanto esplica un'attività simile a quella dei polmoni consistente in un
alternarsi di riempimento e di svuotamento.
Tuttavia, fondamentale, perché considerata alla base della vita di tutti gli organi e di
tutti i processi fisiologici, è per i taoisti la respirazione: in particolare, essa è
necessaria alla circolazione sanguigna oltre che alla corretta ossigenazione del
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sangue, le quali sono a loro volta necessarie allo sviluppo e al funzionamento di ogni
altro organo. Quindi la respirazione fa del corpo non un semplice meccanismo di parti
in movimento, ma un "corpo in perenne trasformazione". La respirazione, dunque, è
la funzione in cui massimamente si rende evidente la essenziale utilità del vuoto.
Sul tema della respirazione va ancora fatta una osservazione che non è di poco conto.
Noi siamo abituati, nella nostra vita quotidiana ad avvertirci come corpo, con la
pesantezza e i problemi che il corpo comporta (specialmente per i pazienti!).
Se il paziente si concentra in una forma di meditazione e ferma la propria attenzione
sulle funzioni della inspirazione e della espirazione, ciò determina quella che si
potrebbe definire una sorta di lieve autoipnosi.
Concentrandosi su tali funzioni, si dimentica (quasi) il corpo, e il soggetto si auto
avverte (più che come qualcosa di statico e di sofferente) come una circolazione di
respiro. Quindi: respiro, leggerezza, movimento, circolazione del "soffio" che non
trova resistenze.
Ecco, questa è la condizione ideale perché il paziente sia sottoposto alla
digitopressione.
Meglio ancora sarebbe sé, giunti a un livello di affiatamento consolidato, operatore
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Shiatsu e paziente riuscissero a respirare con lo stesso ritmo.
A questo punto il due sarebbe diventato uno.
Se poi si vuole ampliare il discorso con qualche riferimento di carattere più generale
si può dire che la respirazione produce un'osmosi tra il piccolo corpo di ogni essere
vivente e il grande corpo dell'universo infinito. Essa rende cosmico il corpo e
corporeo il cosmo. Così Liezi2 sintetizza questa funzione osmotica: Quando le
singole parti di un corpo [Liezi parla testualmente di "energie"] si riempiono e si
svuotano, diminuiscono e crescono, sempre comunicando col cielo e con la terra
adeguandosi ai diversi tipi di cose.
La respirazione, ritmata sull'alternanza tra inspirazione (riempimento, Yang) ed
espirazione (svuotamento, Yin), può dunque esser intesa come materializzazione della
dialettica del vuoto: essa mostra che il vuoto e l'uso del vuoto non sono,
rispettivamente, un oggetto e un problema da trattare in modo astratto e formale, ma
costituiscono delle questioni propriamente vitali.
2 Il Liezi (列 sempl., Liè Zi pinyin) o Lieh Tzu è un testo taoista che era incluso nel catalogo della libreria imperiale con il nome di
Trattato del Vuoto Perfetto (冲虚经 sempl.).
L'autore del testo è Lie Yukou, spesso chiamato lui stesso Lie Zi. È difficile datarlo in quanto fu verosimilmente un personaggio
pubblico vissuto tra il V ed il IV secolo a.C., l'opera, sicuramente non scritta da lui si può datare intorno al 200/300 d.C.
L'opera completa la famosa trilogia taoista insieme ai testi del più famoso Lao Zi, fondatore della religione, e di Zhuang Zi. È
generalmente considerato il più pratico dei testi taoisti, se comparato alle scritture filosofiche di Lao Zi e ai poemi narrativi di
Zhuang Zi.
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L'essere umano, per il taoismo, è costituito essenzialmente da due principi, dallo jing
(principio umido, yin) che presiede alla formazione dei fluidi presenti nel corpo, e dal
qi (soffio3, o yang) che presiede alla formazione degli elementi aerei interni al corpo:
essi vivono in un rapporto di complementarità come il Cielo e la Terra, come l'ombra
e la luce, come l'aria e l'acqua. Il loro rapporto dinamico - rappresentato anch'esso
dalla figura del taijitu - non interessa soltanto le interconnessioni tra elementi fisici
ma anche tra gli elementi fisici e quelli che nella nostra tradizione sono chiamati
elementi psichici o spirituali: ogni parte e movimento del corpo come ogni elemento
ed azione del pensiero non possono darsi ed effettuarsi senza il concorrere dei due
principi. Ma, a loro volta, questi due principi non possono essere attivi se non
mediante la respirazione, ossia mediante l'uso del vuoto: "L'uomo non può pensare se
non respira". (Zhuang Zi, XXVI, p. 253).
3 Soffio è il termine con cui la Scuola francese di Agopuntura indica il Ki (o Qi)
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IV
...E NELLO SHIATSU
Nello Shiatsu il vuoto esiste nella pratica, nel silenzio con cui si fanno i trattamenti;
esiste nei meridiani, fisici ma invisibili; nell'osservazione intuitiva, che guarda oltre il
fenomeno fisico; nello scopo che è quello di rimettere in piedi il ricevente
ricordandogli il suo esistere, equilibrando la sua vita e purificando i suoi visceri; nel
respiro che si usa per compiere le manovre; e anche nella concezione originaria di
vuoto-fenomeno che sottostà a tutte le manifestazioni e che rende possibili le
trasformazioni e quindi anche il raggiungimento di un nuovo stato di salute.
Grazie al vuoto possiamo cambiare la vitalità di una persona rinforzandola, togliere il
dolore ricordando alle sue cellule il loro stato originario di completezza, curare i
malanni piccoli e grandi attivando il Qi, questo slancio vitale della madre e simbolo
di perfetta armonia.
Il vuoto è anche quindi un concetto che ispira la contemplazione, il non movimento,
l'assoluta immobilità come qualità peculiare di una mente che è capace di fare quello
che vuole attraverso la concentrazione: una mente che, a detta del Dalai Lama, è
originalmente positiva e pura. (Il Dalai Lama è buddhista, si sa, ma vi sono punti di
contatto tra taoismo e insegnamenti buddhisti).
Nel vuoto noi vediamo tutto, come siamo, ciò che facciamo, e anche come possiamo
cambiare.
Il vuoto è nostra madre, e il contatto con lei non può che aiutare positivamente il
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nostro corpo e soprattutto la nostra mente.
Nello Shiatsu il vuoto (Kyo) è un deficit di energia mentre il Pieno (Jitsu) è un
eccesso. Nel corpo queste due dimensioni sono avvertibili al tatto, ma talvolta si
possono anche osservare visivamente.
Il Kyo è un vuoto, un bisogno; per il Kyo possiamo parlare di carenza o non
sufficiente presenza di qualcosa.
Ecco i 2 principali casi di deficit o eccesso di Qi:
Percezione visiva e tattile da Vuoto o Deficit di Qi
Pallido, zona concava, infossata, incavata, con prolasso, ipotonico. cedevolezza
esagerata, nessuna resistenza, molle, flaccido, sensazione di debolezza, di ridotto
flusso energetico, di fuga o di stasi, freddo, meno vitale, sgonfiamento, con
avvallamenti e depressioni, tessuti che sprofondano, rigidità, e dolore cronico in
profondità (da parte del ricevente).
Percezione visiva e tattile da Pieno o Eccesso di Qi
Rosso, dilatato, infiammato, congestionato, gonfio, magrezza ipertonica, tessuti
muscolari, tendinei o epidermici in tensione, reattivo allo stimolo della pressione con
le mani, duro reattivo, fasce muscolari contratte, risposte immediate alla pressione,
respingente, rigonfio, rilievi connettivali, protuberanze, troppo caldo, tessuti compatti
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e duri, sensazione di troppo, di ingorgo, di movimento, di vorticosità (come un fiume
un piena), di pulsazione, dolore acuto al tocco superficiale (da parte del ricevente).
Significato dei caratteri cinesi Kyo e Jitsu
Il carattere cinese di vuoto descrive un tumulo con una grossa cavità sotterranea al
centro. Ciò richiama l’idea di un terreno che, se pestato, cede sotto i piedi senza
resistenza, qualcosa che sprofonda, e che probabilmente presenta in superficie segni
di cedimento o di debolezza. La cavità interna denota poco movimento. Poco non è
uguale a niente: in un sottopassaggio pedonale vuoto, non c’è movimento perché
nessuno passa, ma esiste comunque l’aria e la polvere. Inoltre se un autobus può
contenere 55 persone sedute e 20 in piedi, il fatto di vedere soltanto 5 persone dentro
ci darebbe comunque la sensazione di vuoto. Perciò il Vuoto ha diversi gradi che
sottolineano fasi differenti di una condizione di debolezza.
Il carattere cinese di Pieno indica una casa riempita al massimo. Anche qui il
movimento è impedito dato che una casa piena di persone concede ben poca
possibilità di traffico. La differenza sta che nel Kyo (vuoto) il movimento è ridotto
per un'assenza di circolazione, mentre per il Jitsu (pieno) viene limitato per un
esubero. Se l’autobus è riempito oltre ciò che è consentito, come si defluisce al
momento di uscire? Male e con dolore poiché tutti si fanno spingere e schiacciare.
Perciò l’ideogramma richiama una condizione di troppo, di pienezza, di esplosione,
di ingorgo, di un qualcosa che respinge e che in superficie appare rigonfio.
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V
DOVE SI NASCONDE IL VUOTO
Chi si avventura nella ricerca del pieno o del vuoto con la presunzione di riconoscerli
sempre, o di avere acquisito sufficiente dimestichezza per individuarli sempre,
troverà, nella maggior parte dei casi, solo pieni e vuoti che si riferiscono alla propria
immaginazione. Le sensazioni migliori pervengono quando siamo liberi da
condizionamenti, specie quelli determinati dalle nostre aspettative, desideri, bisogni
di conferme, capaci troppo spesso di contraffare quanto si presenta ai sensi. Quando
la nostra mente è ricettiva e il nostro cuore risulta libero da ansie e pensieri autoingannevoli, allora le nostre mani possono finalmente arricchirsi di percezioni
autentiche per accostarsi ad un’esperienza sensibile più significativa. Anche se
potrebbe sembrare un paradosso, un metodo per facilitare la ricerca tattile si basa sul
non cercare ciò che cerchi: più sei concentrato su ciò che vuoi trovare, più la tua
mente è condizionata da tale volontà e finisce per concentrarsi su particolari che
magari sono assenti in quello che cerchi. Quindi, in altre parole, la ricerca del vuoto
deve essere condotta in noi stessi ancor prima che ci si volga alla ricerca del vuoto
negli altri.
Se la ricerca del vuoto in noi stessi è la fase preliminare, tale ricerca deve essere
condotta (come ha scritto Herrigel) con una volontà non volitiva...
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Il nodo strategico dell'intero discorso e (per molti aspetti) anche della pratica Shiatsu
è il vuoto. Ciò che ci interessa è che all'azione del terapista deve accompagnarsi un
atteggiamento particolare del paziente. Costui non deve essere semplicemente
rilassato (ciò è un po scontato direi) ma deve far si che la pienezza di pensieri, di
passioni e di tensioni (che inducono il male) si plachi in lui.
Quando tace questo turbinio dei movimenti dell'animo allora il paziente è veramente
disponibile alla terapia. L'operatore se ne accorge e il suo lavoro ne risulta potenziato.
Da questo punto di vista c'è tutta una molteplicità di segnali che nel paziente possono
indicare all'operatore l'avvenuta distensione. Il paziente, per esempio, abbandona le
posizioni in cui è raccolto e chiuso in se stesso (modalità difensive) e si lascia andare
al tocco dell'operatore abbandonandosi.
Direi che all'operatore che tocca e massaggia concentrando tutto nelle sue mani
corrisponde un paziente che si concentra sul punto in cui viene toccato.
Peraltro già Platone, qualche secolo prima di Cristo, ha più volte osservato che lì
dove il corpo ha un motivo di sofferenza o di piacere lì è come se si concentrasse
l'intero animo della persona.
In pratica? è consigliabile dedicare ogni giorno almeno 15 minuti al vuoto che noi
siamo. Ignoriamo il nostro corpo e ciò che ci circonda, dimentichiamo ciò che ci
identifica nel mondo materiale, come nome, età, etnia, professione, e cosi via; e
siamo solo in quello spazio intermedio, quel vuoto che è assolutamente cruciale alla
nostra stessa esistenza. Guardiamo il nostro mondo da "ciò che non c'è" , e
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riconosciamo che la nostra stessa utilità come essere materiale dipende totalmente da
questo vuoto. Occorre lavorare sul fare amicizia con la parte di noi "che non c'è".
Sul come si debba lavorare su se stessi, il Tao Te Ching non dà indicazioni organiche.
Conformemente allo spirito del taoismo, occorre trovare qui e là singoli passi o
affermazioni o suggerimenti che ci dicono come ci si debba comportare.
Si tratta, dunque, di fare una lettura del Tao Te Ching che non sia mirata a coglierne le
valenze, le potenzialità filosofiche o teoriche, ma piuttosto a evidenziarne e
valorizzarne l’aspetto di indicazioni, di consigli, che si rivolgono anche (e forse
soprattutto) al corpo.
Concentrando il respiro e sviluppando la morbidezza,
puoi essere come un neonato?
Purificando e ripulendo la visione profonda,
puoi essere senza macchia?(…)
Illuminando i quattro angoli del mondo,
puoi attenerti al non agire?
Genera e alleva, genera senza possedere,
agisci senza contare sui risultati,
coltiva senza impadronirti:
questa è detta la “virtù nascosta”.
Il Capitolo X del Tao Te Ching "Essere come un neonato" invita a pervenire
"all'estrema mollezza", a diventare capaci di essere come bambini.
E' un invito interessante perché potrebbe applicarsi, come a colui che aderisce al
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taoismo, anche al paziente di Shiatsu. Il problema è sempre lo stesso: lasciarsi
andare, sapersi abbandonare.
Peraltro in tutto il Tao Te Ching c'è il contrasto tra la positività del molle (il bambino,
nella tenerezza del suo corpo, può essere considerato molle) e la rigidità, la durezza
delle giunture e del corpo dei vecchi. Si veda anche capitolo XXXVI (Ciò che vuoi
contrarre devi prima espandere) dove in poche parole si afferma con grande
decisione che "mollezza e debolezza" vincono "durezza e forza".
Di nuovo sulla supremazia del morbido, sulla virtù del non-essere e sull'utilità del
non agire, il cap. XVIII dal titolo "Il non-essere penetra ciò che non ha fessure" è di
una esemplare chiarezza:
La cosa più morbida del mondo
vince la cosa più dura.
Il non-essere penetra ciò che non ha fessure.
Grazie a questo
io comprendo l'utilità del non agire.
L'insegnamento senza parole.
l'utilità del non agire,
pochi nel mondo arrivano a comprenderli.
Il paziente ideale quindi dovrebbe essere colui il quale, anche con l'aiuto
dell'operatore, riesce a recuperare quanto più possibile la condizione infantile di
abbandono fiducioso.
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Ritroviamo un elogio del morbido e del debole anche nel cap. LXXVI ("Gli esseri
umani nascono morbidi e deboli"):
Gli esseri umani nascono morbidi e deboli,
muoiono rigidi e forti.
I diecimila esseri, le erbe, gli alberi
nascono morbidi e fragili,
muoiono avvizziti e rinsecchiti.
Perciò coloro che sono rigidi e forti
sono compagni della morte,
coloro che sono morbidi e deboli
sono compagni della vita.
Per questo un esercito troppo forte non vince,
un albero troppo forte si rompe.
Il forte e il grande stanno sotto,
il morbido e il debole stanno sopra.
Un passaggio ulteriore c’è infine nel cap. XVI ("Tornare alle radici") dove c'è una
importante affermazione: "tornare alle radici è la quiete".
Ciò precisato, sarebbe da sviluppare anche un discorso su quanto è scritto nel cap.
XXII ("Ciò che si flette resta integro") Due versetti preziosi quanto misteriosi:
"ciò che è cavo viene riempito, ciò che si esaurisce viene rinnovato".
Se pensiamo ai massaggi che si praticano nello Shiatsu, si potrebbe stabilire un
collegamento con la digitopressione tipica, appunto, del massaggio Shiatsu: le dita
premono, e premendo è come se riempissero “ciò che è cavo”, e quest’azione
permette di ristabilire il corretto funzionamento dell’organismo. Il punto vuoto,
"cavo", è "riempito" (rinnovato) energeticamente attraverso la pressione delle dita.
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Il Tao Te Ching unisce spesso, peraltro, considerazioni di carattere morale e
indicazioni che riguardano il corpo in senso stretto. Un esempio è offerto dal cap.
XXIV ("La benignità") nel quale si afferma che “chi si mette in mostra non splende,
chi è assertivo non spicca, chi si vanta non viene riconosciuto, chi è orgoglioso non
dura”; e poi, a queste considerazioni morali, si uniscono riferimenti di carattere fisico
che possono rapportarsi anche alla nostra pratica: "chi sta in punta di piedi non è
stabile, chi cammina a grandi passi non va lontano"
Un’indicazione, questa, che sembra rinviare a uno stile nel camminare che sia sereno,
equilibrato, senza desiderio di mettersi in evidenza con la grandezza dei propri passi
o la loro originalità (“in punta dei piedi”).
In conclusione, si potrebbe dire che chi è passato attraverso la terapia dello Shiatsu
(una terapia condotta non soltanto come fatto fisico ma anche con un minimo di
insegnamento morale) dovrebbe avere imparato a conoscere se stesso: a conoscere se
stesso nelle proprie caratteristiche e reazioni fisiche e nei propri atteggiamenti
psicologici, che sempre condizionano il fisico.
Ecco allora che il Tao Te Ching afferma che:
Chi conosce gli altri è acuto
chi conosce se stesso è illuminato.
Chi vince gli altri ha forza muscolare,
chi vince se stesso ha vera forza.
Chi risponde a queste indicazioni… a lungo dura.
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VI
COME LA BARCA SUL MARE
Dopo questa analisi potrà avere un senso leggere rapidamente un libro molto
suggestivo di uno scrittore che vive, in Canada nella Columbia britannica in un'isola
quasi disabitata.
Il titolo è "Il Tao della barca", pubblicato nella prima volta negli Stati Uniti nel 1990
e tradotto per la prima volta in italiano nel 1994 (Milano, ed. Corbaccio).
In realtà il titolo è il Tao del navigare e non a caso il libro inizia, proprio
nell'introduzione, con l'affermazione che "la navigazione procura saggezza" (p. 9).
Che cosa vuol dire questa affermazione? Essa significa che non si può navigare con
una barca se non ci si muove in accordo con l'energia del vento e del mare. Ci si alza
e ci si abbassa con le onde, in modo del tutto naturale, e ci si sposta o si sta fermi col
vento in modo parimenti naturale.
Detto in altri termini: si potrebbe affermare che quando si va in barca si mette in atto
la saggezza del Tao. Non puoi andare contro vento, non puoi andare contro le onde,
ma devi assecondare l'uno e le altre.
Si tratta di accordare quello che metaforicamente possiamo chiamare il nostro respiro
con il respiro più vasto dell'universo.
Ugualmente, nella cultura cinese, il bambù ha un significato simbolico di grandissimo
valore perché anche il bambù si piega senza lasciarsi spezzare.
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Il problema dunque è sempre lo stesso: trovare un equilibrio interiore che metta noi in
armonia con il mondo che ci circonda o, al limite, con l'universo.
Ciò di cui si discute qui non è una saggezza superiore, a cui occorra arrivare con
pratiche complesse, ma una abilità molto pratica, molto empirica, che spesso è il
frutto della semplice esperienza e che consiste nel sapersi "barcamenare" (uso qui il
termine "barcamenare" volutamente, nel senso comune, che vuol dire sapersi
muovere a seconda delle circostanze).
Se colui che va in barca ha l'atteggiamento psicologico del voler conquistare, passo
dopo passo, lo spazio, se egli è nell'atteggiamento del "prendere" il fatto che abbia
questo atteggiamento duro e aggressivo gli sarà di danno.
Come bisogna andare in barca, allora? Possibilmente seguendo l'andamento delle
onde, assecondandole, con uno spirito "dolce e cedevole".
Ecco che per Grigg la barca diventa il simbolo di un modo di essere: essere adattabili,
silenziosi, e quindi muoversi non contrapponendosi al mondo che ci circonda ma anzi
approfittando delle spinte che da esso ci vengono.
Muoversi dunque in armonia con la "via" delle cose.
Le energie circostanti devono essere utilizzate conformandosi ad esse, e in questo
senso non si deve "prendere" (in modo aggressivo) ma si può soltanto ricevere.
Quando andiamo in barca le energie del vento e del mare sono utilizzate per poi
essere restituite intatte. Noi andiamo mentre il vento e il mare continuano come
prima.
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In questa ottica la navigazione può essere considerata una esperienza spirituale
perché in essa si realizza quella armonia originaria che unisce il singolo individuo al
Tao. Il navigatore che fa tutt'uno col vento col mare e con la barca, è anche vicino al
Tao.
E' superfluo aggiungere che parlare della barca è usare una metafora molto vicina al
concetto di Tao.
Teniamo presente il rapporto tra operatore e paziente, sul quale ritorneremo poi, e
riflettiamo sul fatto che nella navigazione e alla cedevolezza si deve accompagnare la
cedevolezza di colui che naviga. Il successo di una navigazione, o la felicità del
navigare, deriva dall'incontro di due cedevolezze: quella dell'acqua e quella del
navigante. Tutto questo discorso è implicitamente un discorso contro tutto ciò che è
duro, contro ogni atteggiamento aggressivo, o acquisitivo etc etc.
Quanto si è detto fino ad ora può essere soltanto accennato. Siamo nell'ambito di un
discorso che analizza il movimento di una barca ma rinvia, in realtà, a una esperienza
spirituale profonda. Ecco perché le parole possono esprimere tale esperienza solo
parzialmente. Ogni parola detta rompe l'ebbrezza, l'incantesimo di colui che va in
barca col vento. Andare in barca è imparare volta per volta ad aprirsi dolcemente al
mondo, stando attenti a percepire tutto ciò che avviene, ma senza pensare.
Il momento più intenso di questo atteggiamento si ha quando si riposa "colmi di
vuoto".
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A questo punto il discorso è manifestamente un discorso contro le parole. Quando si
usano le parole, che sono concetti, prevale la ragione mentre il Tao non vuole la
ragione ma l'adesione che forse si potrebbe dire quasi inconsapevole.
Il pensiero separa sempre il soggetto che pensa dalle cose su cui pensa. E quindi, col
pensiero, si afferma una separazione tra l'io e le cose.
In ogni momento, in questa singolare navigazione, che è tutta metaforica, terra e mare
si confondono insieme, il soggetto diventa le cose che contempla e le cose entrano in
questo soggetto che è poroso.
Ci sarebbe qui da riflettere sulla formazione spirituale dell'operatore e sul rapporto
che si deve instaurare tra operatore e paziente. Un paziente che lascia che sia
effettuata su di sé la digitopressione, e tuttavia continua a pensare, probabilmente non
è nelle condizioni migliori perché la terapia funzioni. Ad un operatore che sia
spiritualmente formato deve corrispondere la cedevolezza del paziente, che ha
anch'essa un profondo significato spirituale. Egli deve perdere, in qualche misura, la
propria volontà per abbandonarsi all'operatore come la barca si abbandona al mare.
Tra i due deve crearsi una specie di spazio tranquillo in cui si dimentichino le parole,
cioè i concetti, e anche quei timori e quelle speranze che incrinano l'unione
dell'individuo con il Tao.
Il paziente deve "cedere" all'operatore come cede l'acqua che trova sempre il proprio
corso. La cedevolezza è la cosa più naturale del mondo.
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Se la vita quotidiana indurisce il nostro io (per esempio, nello spirito si competizione
che attraversa le nostre esistenze), occorre trovare o recuperare quella originaria
"mollezza" che si potrebbe dire appartenga al nostro non-io.
Se chi mi legge ha visto qualche volta una gara di tuffi dall'alto dal trampolino, sa che
il tuffo migliore è quello che lascia l'acqua imperturbata. Cosi il movimento migliore
della barca si ha quando la barca scivola come se quasi non ci fosse, e il rapporto
migliore operatore-paziente si ha quando entrambi si abbandonano alla pressione
delle dita e alla risposta di quei punti come se non ci fossero più l'operatore e il
paziente ma soltanto le dita dell'uno e alcuni punti del corpo dell'altro.
Come il Tao l'azione deve essere quasi invisibile eppure presente, impercettibile,
eppure dovunque.
Va detto, ancora, che occorre una azione tenace ma non troppo. Se è troppo tenace,
molto voluta, troppo marcata, allora questo sforzo troppo tenace è sprecato.
Paradossalmente il massimo si ottiene facendo il minimo.
Il corpo del paziente,da un certo punto di vista, cambia con la digitopressione e
tuttavia, al tempo stesso resta immutato.
Il corpo come le vele: le vele accolgono l'azione del vento, mutano, ma in fondo
anch'esse restano immutate.
Vorrei aggiungere ancora qualche osservazione dalle mie, pur limitate, esperienze di
operatore Shiatsu.
La prima riguarda il tema dell'abbandonarsi del paziente nelle mani dell'operatore, e
vorrei dire che non a caso i primi massaggi dovrebbero preferibilmente rivolgersi ai
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meridiani dell'acqua. Cioè: i meridiani che contengono l'elemento primigenio che è
centrale in tutta la visone del mondo nel Tao Te Ching.
Stabilito il contatto attraverso questi meridiani aggiungerei che mi si è posto anche il
problema sé iniziare una terapia con un paziente che sia supino oppure a pancia sotto.
Allora la mia esperienza mi suggerisce di iniziare sempre il massaggio ad un
paziente in posizione prona perché questa posizione lo difende dal contatto troppo
diretto con l'operatore, dal suo sguardo , dalla possibilità che l'operatore capisca le
reazioni anche psicologiche del paziente.
Peraltro la mia esperienza e queste mie considerazioni confermano pienamente
quanto è stato insegnato nel corso di Shiatsu, durante il quale si è consigliato di
iniziare sempre con i meridiani dell'elemento acqua.
Una volta che il paziente abbia consolidato il proprio rapporto con l'operatore che tale
rapporto sia diventato amichevole, basato sulla fiducia reciproca, allora si possono
tentare le prime esperienze di lavoro in posizione supina.
Ciò anche perché lavorando col paziente in posizione supina, si opera su una fitta
serie di meridiani.
In altri termini il rapporto consolidato tra paziente e operatore permette di considerare
il luogo in cui entrambi si trovano come un ambiente familiare, lo spazio
perfettamente adatto alla amichevole intesa che si è stabilita tra loro.
Infine, direi che tra operatore e paziente dovrebbe stabilirsi quel rapporto di tutta
naturalezza che esiste tra l'uomo maturo e un bambino piccolo che tenga il dito che
gli si porge.
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"Lo tiene così stretto che non finiamo di meravigliarci della forza di quel minuscolo pugno.
E quando abbandona il dito lo fa senza la minima scossa. Sa perché? Perché il bambino non
pensa - mettiamo: ora lascio il dito per afferrare quest'altra cosa. Ma, senza riflettere e senza
intenzione, passa da una cosa all'altra e si potrebbe dire che egli gioca con le cose se non
fosse altrettanto giusto dire che le cose giocano con lui." (E. Herrigel, Lo zen e il tiro con
l'arco, Milano, Adelphi, 2013, pp 45-46)
Questa espressione è tratta dal libro di Eugen Herrigel Lo zen e il tiro con l'arco
tradotto in italiano nel 1975 e che ebbe un successo strepitoso (la prima edizione in
tedesco è all'incirca dell'inizio degli anni 50) sempre questo libro insiste, per colui
che debba imparare l'arte del tiro con l'arco, sulla personalizzazione che deve aversi
nel paziente: "Staccandosi da se stesso, lasciandosi dietro tanto decisamente se
stesso e tutto ciò che è suo, che di lei non rimanga altro che una tensione senza
intenzione" (ivi, p.48).
In questa personalizzazione sta la spiritualizzazione del soggetto.
Questa tensione senza intenzione si trova anche nella pratica dello Shiatsu.
L'operatore va alla ricerca del punto vuoto, lo trova e, dopo averlo trovato, effettua la
pressione sullo stesso. A un certo momento, l’operatore intuisce (in modo del tutto
naturale, quasi spontaneo) che è giunto il momento di non premere più, e questa
interruzione della pressione dovrebbe avvenire proprio in maniera del tutto naturale.
Ragionare su quando non premere più sul punto? Non è detto che sia il modo giusto.
Si dovrebbe raggiungere una condizione tale da permettere al dito di sollevarsi dal
corpo quasi da solo, in tutta naturalezza, aiutato anche dalla spinta verso l'esterno
dello stesso punto del corpo che con altrettanta naturalezza spinge fuori il dito.
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CONCLUSIONI E RINGRAZIAMENTI
Questa piccola tesi è stata costruita tenendo sempre presenti le esperienze compiute
durante il corso.
Ho tentato, tuttavia, di dar luogo a uno spazio nuovo che fosse anche di riflessione
teorica. Per meglio dire: la tesi ha avuto l'idea-base che se alla semplice pratica si
accompagnasse una adeguata preparazione spirituale, tutta la cura andrebbe ancora
meglio.
Si è passati così dalla analisi dello Shiatsu ad una piccola ricostruzione storica delle
sue origini e della sua originaria visione del mondo, e ritengo che anche questa
piccola ricostruzione può avere una sua utilità.
L'esperienza relativa allo Shiatsu è stato un viaggio fantastico.
Attraverso lo Shiatsu e la sua filosofia ho scoperto un sistema del tutto nuovo e
interessante che ha condizionato il mio modo di vedere il mondo.
Con qualsiasi cosa mi trovi ad interagire ora, vedo aspetti che prima non immaginavo
nemmeno potessero esistere.
Ad esempio, la curiosità d'interrogarmi su quale sia la parte Yin o Yang di un
qualcosa, oppure la valutazione Yin-Yang da fare su un soggetto, per scegliere poi
quale tipo di trattamento effettuare, già si potrebbe dire che questa nuova forma di
attenzione alle persone e alle cose sia un grande valore che mi si è aggiunto.
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Anche il modo di massaggiare, attraverso le pressioni Shiatsu, è del tutto nuovo e
incredibilmente bello: questa la mia sensazione, la mia persuasione…
Oggi posso dire di aver messo il primo piede su questo territorio tutto da percorrere
lentamente per coglierne, volta per volta, tutte le bellezze che ci riserva. Come si fa
quando si è in una terra totalmente inesplorata.
La persona che prima di tutte mi ha consigliato di "navigare" verso questa terra è il
Professore e amico Francesco De Sio Lazzari che è stato professore di “Storia Delle
Religioni” all’Università di Napoli “L’Orientale” e che ringrazio di tutto cuore. Il suo
aiuto mi ha guidato nell’esplorare e apprendere una importante parte dell'immenso
mondo del taoismo.
Un ringraziamento davvero importante ovviamente va alla persona che mi ha dato
l'opportunità di realizzare e completare questo corso: Guglielmo De Martino.
Al Guglielmo De Martino maestro che mi ha insegnato lo Shiatsu, al Guglielmo De
Martino uomo che con la sua grande esperienza mi ha saputo convincere e
appassionare alla pratica dello Shiatsu, e, al Guglielmo De Martino che nella sua
persona, di grande disponibilità e pazienza, mi ha saputo accompagnare durante tutto
questo lungo percorso.
Mi ha saputo trasmettere una passione tale da non farmi perdere nemmeno una
lezione e i suoi consigli mi hanno portato sulla corretta "via" dello Shiatsu.
Certo di aver avuto da lui i migliori insegnamenti, con grande stima lo ringrazio.
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Non posso fare a meno di ricordare e ringraziare anche tutti i ragazzi che hanno
partecipato con me al corso e in particolar modo Marcella, Stefano e Susy che mi
sono stati vicino e hanno condiviso con me questa stupenda esperienza aiutandomi
nella pratica, passando piacevoli pomeriggi insieme e condividendo esperienze che
mi hanno ancora di più formato.
A chiunque abbia voglia di avvicinarsi al mondo del massaggio orientale non posso
che consigliare vivamente lo Shiatsu perché del suo elegante stile e della sua
affascinante filosofia non ci si può che innamorare.
Lo Shiatsu è una cosa meravigliosa...
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