Blasi - Società Tarquiniese Arte e Storia
Transcript
Blasi - Società Tarquiniese Arte e Storia
1 N°13/1984 APPENDICE AL GLOSSARIO DEL DIALETTO CORNETANO E AI PROVERBI POPOLARI Nel presentare un anno fa all’assemblea il Bollettino, nel quale avevo riportato il dialetto cornetano con i suoi significati e le sue possibili derivazioni etimologiche nonché i proverbi popolari, ci fu un socio che invitò i presenti a voler collaborare alla ricerca di ulteriori parole e proverbi, sfuggiti alla mia ricerca. Solo uno, ad esser sincero, mi ha procurato un incontro con un cornetano assai anziano, ma sufficientemente lucido, che mi ha suggerito alcune glosse che mi erano sfuggite, mentre altre mi sono ritornate, leggendo e parlando, così alla memoria. Glosse che si riportano qui di seguito a corollario di quanto già scritto e pubblicato. Inoltre ho creduto bene di correggere refusi fatti nel Bollettino dell’anno 1983, sempre nella parte che riguarda il “Dialetto cornetano”. Più facile, al contrario, la ricerca di ulteriori proverbi che si ripropongono con assoluta semplicità e innocenza. E’ voce di popolo, perciò degna di essere rammentata e trasmessa con i mezzi che oggi sono a nostra disposizione, dato che la trasmissione orale, per mancanza di dialogo, si va lentamente estinguendo. Bruno Blasi A Allisciare (v) - Lisciare, passar la mano per il verso del pelo: adulare Annatora ( Piano di tavole inclinato, quasi una passerella, usato dai muratori, attraverso il quale gli operai fanno salire a mano, su piani superiori, carriole, calce, malte, mattoni e ogni altro materiale da costruzione. Deformazione del verbo “andare” che in dialetto vien detto “annare”. L’annatore perciò permette di andare laddove è lavoro da svolgere. Annescare (v) - Innescare. Annèsco (s) - Innesco. Appennare (v) - Far uso della penna per stroncare e polemizzare contro qualcuno. Fare un “pamphlet”. Aúffa (l.a.) - Comune il detto “auffa che noia!” da parte di chi si spazientisce. Deformazione dell’esclamazione “Uff!”. B Beveréllo (s) - Luogo dell’abbeverata quotidiana dove s’incontrano in genere tutte le bestie brade. Ma viene usato con significato di vendetta, così come narrato da Esopo nella favola “Lupus et agnus, siti compulsi...” Brodára (s) - Bestia vaccina che viene allevata con eccessiva cura a differenza di quella brada. Probabile derivazione dal verbo “imbrodare” cioè allevare la bestia vaccina con brode nutrienti a base di farinaccio. Bruscare (v) - Abbrustolire, tostare. Dal verbo abbruscare. C Canipúccia (s) - Seme di canapa che unitamente ad altro mangime, viene usato per gli uccelli in cattività. Croccále (s) - Gabbiano. In territorio veneziano usasi la forma cocal e cocale. Al tempo delle Repubbliche Marinare, ci furono rapporti commerciali fra Venezia e Corneto al punto che un Gaspare Falgari prese stanza a Corneto per commissione della Repubblica Veneta. Per cui c’è relazione fra il “cocale” veneziano e il “croccale” cornetano. D Diáncene (av) - Diamine. 2 Deformazione della esclamazione “diàcine”. F Fetta (s) - Mostacciolo a forma di rombo, impastato con farina, miele, acqua e pepe, cotto al forno, come dolce natalizio. “Far fetta” significa assestare un colpo a mano tesa contro il ventre di chicchessia, secco e violento. G Grespa (s) - Deformazione di crespa. I Inchiappettare (v) - Prendere altri per le chiappe a scopo di violenza. Ma l’uso che se ne fa, finisce spesso in ironia umoristica e scherzosa. Ingrespare (v) - Deformazione di increspare. L Léllera (l.a.) - Usasi nel detto “Che léllera” riguardo a persona sborniata. Vedi Làllera e Trelléllere. M Màmmete (l.a.) - Esclamazione con cui le mamme invogliano i bambini indolenti a mangiare, in modo che giocando e parlando, essi aprano la bocca per ingollare il cibo che viene loro offerto. Mellajù (av) - Parola con cui si cerca di qualificare persona di piccolo paese, di scarsa civiltà, di poca avvedutezza. Il prefisso me viene usato in certi paesini del viterbese nel dire: “me là” o “me qua” ecc.: mentre la jù sta per laggiù o per lassù. Si dice perciò, in senso dispregiativo, che determinate persone sono di mellajù, ossia buone a niente. N Nèrchia (s) - Membro virile. Usato dal Belli nel sonetto n. 560 dove Giorgio Vigolo fa derivare la parola dal latino “mèntula eracta”. Non si potrebbe però escludere una derivazione più logica del verbo “nericare” che significa nereggiare. Infatti la parte puberale e lo stesso fallo sono scuri per natura e per peluria; e siccome nel dialetto cornetano, come in quello romanesco (e in gergo poetico) è comune eliminare una vocale (così come accade in “ferla” per ferula, “corco” per corico, “carco” per carico) il verbo nericare può essere divenuto “nercare” e di conseguenza nasce la parola “nerchia”. Nel viterbese lo stesso fallo è chiamato “pecio” e a Corneto “pìcio” che derivano entrambi dal latino “pìceus” ossia nero come la pece. Con la parola nerchia viene anche definito un nerbo assai flessibile, ricavato dal membro del toro mattato. P Panatèlla o palatèlla (s) - Più panini rotondi, uniti fra loro, per formare un quadrato, tanti quanti ne possono entrare sulla pala per essere infornati. Pancarùccia (s) - Piccoli quadratini di pane raffermo, ronditi con ricotta, acqua calsa, sale e pepe. Notasi la radice “pan”. Per cui pan caruccio è divenuto pancaruccia così come “pan unto” è divenuto “panunta”. Patapùmfete (av) - Parola onomatopeica per indicare il tonfo e il botto che un oggetto fa cadendo in terra o in acqua. Piselònne (s) - Volgarizzamento della vocale greca ipsilon. Dicesi di persona magra e alta, allampanata e un po' tonta. Difatti la lettera greca y, è una i allungata. S 3 Sgrottare (v.) - Fare spazio, ampliare all’interno di una grotta. Sittant’è (l.a.) - Viene usata per indicare un atteggiamento negativo di fronte ad una iniziativa da prendre. Es.: “Sittant’è m’ha dato ‘na mano pe’ sollevamme da terra!”. Derivazione e volgarizzazione della locuzione aggiuntiva francese “Si tant est”. Squacquarellare (v) - Verbo rafforzativo e onomatopeico in luogo di maciullare, specie se riferito a cosa e sostanza molle e acquosa. Vedi “quacquerella”. Strozzare (v) - Nella forma impersonale e riflessiva, ha significato diverso dal comune. Infatti quando un cibo o una bevanda è molto cattiva che non riesce a superare la strozza, si usa dire “non si strozza” ossia non va giù. E’ evidente la trasposizione del sostantivo “strozza” verso il verbo “strozzare”. T Tufare (v) - Usasi nel detto “quanto mi ci tufa!”, vale a dire “quanto mi scoccia” oppure “quanto mi ci scotta”. Derivazione, ma con senso translato, del verbo tufare. U Uffo (l.a.) - Usasi in luogo di “a ufo”, cioè gratuitamente. Z Zibbaldona o zibbardona (s) - Dicesi di persona grassa e goffa. Deformazione della parola zibaldone. PROVERBI - Il passero porta l’acqua all’oca. - Vale più ‘na trista mesata che ‘na signora giornata. - Du’ donne e ‘na pica ‘na guerra finita. - Li parenti son come le scarpe più so’stretti, più fanno male. - Chi nun piscia e nun spetazza nun è de bona razza. - Chi mojje nun ha mojje mantiene. - Tempo che se rimette de notte dura quanto un piatto de fave cotte. - Socera e nora tempesta e gragnola. - ‘Na scorreggia ‘na risata un rotto ‘na cortellata. - Pecora che sbeola perde el boccone. - La fine de la mula è la carretta la fine de la puttana è la bussoletta. - Chi vive sperando more cacando. - Si nun cache, cacherae si nun pisci, creperae. 4 - Cristo a mète e san Pietro a legà. - Bocca unta e culo strappato. - La merda più se maneggia e più puzza. - Quanno el cucco canta su la cerqua nera ‘nculete padron ch’è arrivata primavera. Pel quattro aprile si nun so’venuto o so’morto o me so’perduto.