1 IL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE IN ROMANIA
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1 IL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE IN ROMANIA
IL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE IN ROMANIA Nel dicembre 2005, il Governo Rumeno ha approvato la National Strategy for the Development of Social Service accompagnata dal relativo piano d’azione per il periodo 2006-2013 al fine di allineare l’offerta dei servizi sociali in linea con la politica europea in vista della futura adesione, avvenuta il 1 gennaio 2007. Alla luce dei numerosi cambiamenti a cui è stata sottoposta la società rumena negli ultimi 15 anni il principale obiettivo di tale strategia è il consolidamento della coesione sociale mediante l’incoraggiamento di forme di solidarietà nei confronti dei gruppi più vulnerabili, in accordo con la Raccomandazione del Consiglio Europeo 92/441/CEE. Il sistema di protezione sociale e dei servizi sociali in Romania è stato colpito più che tutti gli altri paesi europei dai processi di globalizzazione, transizione demografica e migrazione interna. Di conseguenza il focus della strategia si basa sulla necessità di fornire dei servizi che rispondano ai reali bisogni dei beneficiari in una logica di divisione delle responsabilità a livello regionale e locale. La priorità consiste nell’individuare i gruppi “chiave” e rafforzare il dialogo con le parti sociali e le organizzazioni non governative. La povertà è in forte aumento ed i meccanismi di ristrutturazione economica hanno portato ad un incremento dell’esclusione sociale, soprattutto nei centri mono-industriali e nelle aree agricole. Negli ultimi anni, in assenza di servizi sociali adeguati, il sostegno fornito ai gruppi sociali più svantaggiati consisteva nell’erogazione di assegni familiari. La Riforma di tale sistema è avvenuta grazie alla legge 75/2001 sul sistema di protezione sociale e all’Ordinanza Governativa 68/2003 sui servizi sociali, modificata dalla O.G. 442/2004, le quali hanno posto le basi per un sistema completamente nuovo riorganizzando la situazione esistente. Tale processo è ancora in corso in quanto le riforme richiedono la mobilitazione di risorse umane, finanziarie e materiali ed il coinvolgimento dei singoli cittadini e della comunità in generale. Gli obiettivi della National Strategy sono in linea con il programma di governo 2005-2008 e sono indirizzati alla risoluzione dei seguenti problemi chiave: Integrazione delle famiglie nel territori di appartenenza mediante servizi di counselling; Riorganizzazione della cura e dell’educazione dei minori soprattutto nelle aree rurali continuando il processo di de-istituzionalizzazione in atto; Supporto alle famiglie al fine di prevenire l’abbandono dei minori; Protezione contro gli abusi familiari; Decentramento dei servizi sociali in merito alla protezione dei diritti dei minori; Integrazione dei bambini e dei giovani che escono dagli istituti; Fornitura di attrezzature per la cura domiciliare degli anziani e sviluppo di un sistema integrato di servizi socio-sanitari; Introduzione di misure di protezione nei confronti delle persone disabili; Sviluppo e promozione di programmi nazionali di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. L’azione è proiettata allo sviluppo di un “mixed market” di sistemi e servizi integrati volti alla modernizzazione, alla libertà di scelta e alla partecipazione attiva dei beneficiari. Nonostante i numerosi miglioramenti realizzati persistono ancora grosse difficoltà da risolvere: distribuzione sproporzionata dei servizi; discrepanza tra regioni, aree urbane e rurali; gap tra bisogni dei beneficiari e risorse disponibili; assenza di un piano strategico locale; grandi differenze all’interno del gruppo dei beneficiari; strutture gestionali inadeguate e mancanza di personale qualificato. 1 MINORI Negli ultimi anni le politiche portate avanti dai governi rumeni sono stati senza dubbio “vincenti” riguardo al fenomeno dell’abbandono dei minori e della tutela dei diritti dell’infanzia. Se nel 1990 il numero dei minori istituzionalizzati era di quasi 150 mila, oggi, secondo le cifre dell’autorità nazionale dei minori pubblicati nel settembre 2006 sono 27.168 mentre il numero totale dei minori presi in carica dallo stato è di 76.168. Un altro dato che denota l’investimento fatto è quello relativo al tasso di mortalità infantile: il 26,9 per mille nel 1989 e il 16,7 nel 2003. Le strategie adottate sono state molteplici, molti dei grandi istituti sono stati chiusi sviluppando diverse soluzioni alternative come le comunità educative di tipo familiare. Uno dei punti basilari, sottolineato dal rapporto dell’autorità nazionale per la protezione dei minori, è la centralità del ruolo della famiglia rispetto a quello dello stato; nel passato regime i disagi del minori in difficoltà erano di responsabilità dello stato e non della famiglia, lo stato era il primo a poter decidere sul futuro dei bambini cercando spesso anche di allontanare e “istituzionalizzare” quelli non adatti. Oggi, invece, la famiglia diventa il fulcro centrale, nel rapporto si legge infatti che “il minore deve essere tutelato nella e con la sua famiglia”. In quest’ottica la maggior parte delle attività vengono svolte o nel rafforzamento della famiglia allargata (parenti del minore) o nell’individuazione di una famiglia adottiva rumena (l’adozione internazionale è stato vietata). Un altro punto delicato è quello relativo alla delocalizzazione dei servizi sociali, punto cardine delle riforme dei servizi sociali del governo rumeno. Le contee e le municipalità diventano gli attori principali. La nuova legge sull’Assistenza Sociale, entrata in vigore il 1 Gennaio 2002 ha infatti aumentato le responsabilità dei governi locali nella fornitura di servizi sociali. Se il welfare di prossimità comporta notevoli vantaggi dal punto di vista del riconoscimento dei bisogni e delle responsabilità, dall’altra può comportare disagi nel momento in cui le diverse autorità locali partono da situazioni economiche diverse; si rischia infatti di creare territori altamente disomogenei dal punto di vista della possibilità di espletare alcuni servizi legati a diritti universali. In diversi paesi occidentali le nuove politiche sociali si sono basate sulla commistione tra il pubblico e privato. Nella Romania di oggi in cui la politica continua ad avere molti problemi di corruzione e in cui il settore privato stenta a trovare una sua identità, stretto tra la sopravvivenza quotidiana e l’affiliazione alle grandi compagnie straniere, è difficile immaginare un sistema di “welfare-state mix”. Nonostante i numerosi ostacoli la Romania ha fatto grossi passi avanti soprattutto negli ultimi anni grazie all’implementazione della Strategia sulla Protezione dei Minori in Difficoltà (20012004) la quale si base sul “diritto di ogni bambino a crescere in un ambiente familiare sicuro” ed ha coinvolto sia le istituzioni a livello regionale, locale, le ONG nazionali ed internazionali. L’entrata in vigore della legge 272/2004 e ‘impegno profuso dal governo rumeno nella lotta a favore della de-istituzionalizzazione ha quindi portato l’Unicef ad eleggere tale comportamento come “a good practice” da trasmettere a tutti gli altri paesi balcanici. 2 DISABILI La definizione ufficiale di disabilità è fornita dalla legge 215/2002 la quale stabilisce che “una persona disabile è colui che, a causa delle proprie condizioni fisiche, sensoriali, psicologiche o mentali, non riesce a soddisfare i propri bisogni ed è limitato, totalmente o parzialmente, a vivere la propria vita secondo il sesso, l’età, la cultura e per questo necessita di una protezione speciale al fine di aiutarlo ad integrarsi socialmente e professionalmente”. In Romania la legislazione definisce specificatamente lo stato di incapacità, deficienza e handicap. La prima è si riferisce allo stato bio-psicologico di una persona associato alla incapacità fisica, sensoriale, cognitiva o affettiva e legata a disturbi del comportamento. La seconda è invece utilizzata in riferimento alla limitazione temporanea o permanente di alcune funzioni a causa di disfunzioni intellettuali o sensoriali dovuti a problemi di salute o malattie mentali. Infine il termine handicap si riferisce alla totale inabilità che limita la possibilità di prendere parte alla vita comunitaria. Nel sistema educativo una persona è considerata affetta da una forma di handicap se ha una disabilità fisica, organica, uditiva, visiva o intellettuale associata a disturbi del comportamento. Valutazioni mediche e psicologiche sono condotte da specialisti al fine di stabilire il grado di abilità e l’educazione speciale di cui ha bisogni il minore. Le attività educative realizzate a favore delle persone con disabilità sono regolate dalla legge 84/1995 (artt. 43, 45 e 54) e successive modifiche. Il report “Rights of the people with intellectual disabilities: access to education and work in Romania” fornisce informazioni sull’inclusione dei minori disabili nelle scuole integrate sottolineando che solo una piccola parte è educata in queste scuole. A partire dal 2001 la segregazione di minori con disabilità lieve è notevolmente diminuita ma rimane comunque alta per tutti glia altri livelli. Number of children enrolled in special education, by age groups Total children 1995/1996 1996/1997 1997/1998 1998/1999 1999/2000 2000/2001 2001/2002 Total 3–6 years 7–10 years 11–14 years 15 years or more 54717 55326 54952 55237 53510 50826 45470 2694 2901 2556 2857 2769 2681 2155 11043 11278 10744 9710 8556 7188 5760 21278 21527 21619 22604 22513 21185 18520 19702 19620 20033 20066 19672 19772 19035 21889 22018 21826 21952 21343 20162 18033 1286 1399 1152 1289 1293 1244 1000 4588 4603 4338 3961 3443 2862 2314 8286 8144 8406 8887 8652 8279 7294 7729 7872 7930 7815 7955 7777 7425 from which: girls 1995/1996 1996/1997 1997/1998 1998/1999 1999/2000 2000/2001 2001/2002 Attualmente sono iscritti in scuole speciali presso centri residenziali, che i minori possono lasciare solo nel week-end, circa 21.000 bambini. Per quello che riguarda la tipologia di handicap, la maggior parte dei miniori istituzionalizzati soffre di disturbi mentali (81.8%), mentre il restante è cieco, sordo o sordo-muto. Prima della caduta del muro di Berlino le persone con disabilità erano prese in carico o dalla famiglia, se i disturbi erano lievi, o da speciali istituti se la disabilità era grave. Le cure fornite negli istituti erano gratuite ed in larga misura di natura medica, mentre i familiari che si facevano carico di queste persone non ricevevano alcun supporto finanziario. Dopo il 1989 la Romania vide l’introduzione di numerosi cambiamenti. Nuove leggi furono introdotte a tutela dei diritti dei disabili e le famiglie divennero eleggibili a ricevere aiuti 3 finanziari. Tra il 1999 ed il 2004 la legislazione in materia fu totalmente modificata introducendo i diritti di protezione sociale, parità di accesso al mondo del lavoro e protezione contro ogni forma di discriminazione. Nel 1999 fu infatti approvato il “National Strategy for Social Protection and Work Employment for People with Disability”, con l’obiettivo di chiudere entro il 2006 tutti gli istituti di cura con più di 75 residenti. Ora, parecchi servizi sono erogati dalle organizzazioni non governative (NGO) locali con l’aiuto di quelle internazionali. Secondo la legge 34/1998 lo Stato può finanziare le NGO che erogano servizi sociali fino ad un massimo di 60 ROL, pari a 16€ circa, per ogni beneficiario. La legge n. 343/2004 modifica ed integra l’Ordinanza Governativa di Emergenza n. 192/1999, la quale ha istituito l’Autorità nazionale per la Protezione e l’Adozione dei Minori, disciplinando la protezione e l’impiego delle persone disabili. Questa stabilisce che le aziende con 75 o più lavoratori subordinati e gli enti pubblici con almeno 25 impiegati devono assumere un numero di persone disabili che rappresenti almeno il 4% del totale del personale. In caso di inosservanza sia le aziende che gli enti pubblici devono pagare allo stato un importo pari al minimo salariale moltiplicato per il numero delle posizioni non occupate dalle persone disabili per un massimo di 60 milioni di ROL. La legge però non è applicata pienamente, infatti alla fine 2004 solo lo 0.1% dei cariche lavorative erano ricoperte da persone disabili. INCLUSIONE SOCIALE E LAVORATIVA Come la maggior parte delle economie dell'Est Europa dopo l'89, anche quella rumena ha trascorso i primi anni Novanta cercando di rimanere a galla e alleviando quanto possibile i traumi della transizione Questo precario equilibrio viene improvvisamente meno nel 1997, quando si manifesta una profonda recessione con un declino del Pil che si attesta sul -6,1 per cento rispetto al livello raggiunto nell'anno precedente. Sul piano sociale, le conseguenze apparentemente non furono devastanti, almeno se si osserva l'andamento del Pil pro capite: la Romania di Ceausescu era un Paese povero e lo è rimasto anche dopo la caduta del dittatore, dal 1989 al 1998 infatti, secondo stime della Banca Mondiale, il Pil pro capite si è mantenuto intorno ai 4 mila dollari Usa annuali, molto più basso rispetto a quello di alcuni paesi che nel 2004 sono entrati a far parte dell'Unione Europea, basso anche rispetto a quello di paesi più simili come la Bulgaria e poco più alto solamente rispetto a quello della Moldavia. La distribuzione di questo reddito è però assai peggiorata e in combinazione con la caduta dei salari ciò ha portato alla crescita della povertà. Nel 1998 il 44,5 per cento della popolazione sopravviveva con meno di 4 dollari Usa al giorno, il 6,8 per cento con meno di 2 dollari Usa giornalieri. La Romania era l'unico tra Paesi ad essa simili con poco più di 10 milioni di poveri su una popolazione di circa 21 milioni di abitanti (dati Banca Mondiale). Inoltre le misure di protezione sociale a favore dei disoccupati e di coloro che hanno carichi familiari sono molto scarse. Stime dell'Undp hanno calcolato che i sostegni previsti per le famiglie con un solo figlio arrivano a coprire solamente il 10 per cento della spesa per il sostentamento di un ragazzo di 15 anni, mentre la disoccupazione di lunga durata colpisce sempre più le giovani categorie. Il conflitto distributivo tra chi, pensionato, riceve un reddito e chi, disoccupato, non riceve né un reddito, né un sostegno statale adeguati è stato paradossalmente evitato a causa della povertà generale di tutte le categorie. Secondo una recente indagine, i disoccupati rappresentano poco meno del 15 per cento dei poveri totali mentre i pensionati arrivano ad oltre il 30 per cento. Le pensioni spesso non vengono corrisposte per periodi che vanno dai 6 ai 9 mesi. A questo panorama è corrisposta la ricerca di altre fonti di reddito: l'esplosione della economia sommersa è stata repentina, arrivando a rappresentare circa il 18 per cento della ricchezza nazionale. Solo a partire dal 2000 il governo ha iniziato ad introdurre alcune riforme chiave che ora stanno dando i primi risultati, arrestando finalmente il declino economico. All’inizio del 2001 il Prodotto Interno Lordo ha registrato una crescita del 5.3% e nell’ultimo quadriennio è stata in media del 6% attraverso il ri-orientamento strutturale dell’economia ridimensionando il settore industriale a favore del terziario. Il 2004 e il 2005 sono stati per la Romania gli anni della grandi privatizzazioni nel settore energetico con l'italiana Enel che si e' aggiudicata due succursali del distributore nazionale di 4 energia elettrica, Electrica Banat e Electrica Dobrogea (nell’ovest e sud-est della Romania). A partire dal 1997 l'Italia e' il primo partner commerciale della Romania. L'interscambio secondo i dati forniti dal Dipartimento del Commercio romeno - ha raggiunto al fine 2004 gli 8,5 miliardi di euro, con un incremento pari al 7,7 % rispetto alla fine del 2003. Al 31.12.2004 le esportazioni italiane in Romania hanno raggiunto il valore di 4,5 miliardi di euro, che costituiscono il 17,18% di tutte le importazioni romene. Le esportazioni romene in Italia ammontavano a fine 2004 a 4 miliardi di euro, ovvero 21,20 % del totale delle esportazioni romene. La struttura economica si presenta così suddivisa: INDUSTRIE PPRINCIPALI % PIL Servizi Industria Agricoltura e Silvicoltura ESPORTAZIONI PRINCIPALI (% Esportazioni Totali 2003) Tessili Macchinari e attrezzature per il trasporto Metalli di base e prodotti metallici IMPORTAZIONI PRINCIPALI (% Importazioni Totali 2003) Macchinari e attrezzature per il trasporto Minerali, carburanti e lubrificanti Tessili, abbigliamento, calzature Prodotti chimici, plastica. gomma PRIMARI MERCATI D’ESPROTAZIONE (% Quota 2003) EU 25 Italia Germania Francia PRIMARI MERCATI D’ESPORTAZIONE (% Quota 2003) EU 25 Italia Germania Russia 49.8 38.1 13.1 31.4 19.1 7.8 25.8 14.6 13.7 8.6 79.4 21.2 15 8.5 70.5 17.2 14.9 6.8 Fonte: BANCA NAZIONALE RUMENA; ISTITUTO DI STATISTICA; FMI. Il tasso d’inflazione è sceso dal 40.7% del 2000 al 9.3% del 2004 e si stima che dovrebbe scendere ancora di qualche punto. Dato che la maggior parte della popolazione vive con redditi da lavoro, il problema della povertà va trattato insieme a quello della disoccupazione e delle misure di protezione sociale. L'improvviso abbandono del sistema pianificato con salari, occupazione ed assistenza garantiti ha rappresentato un trauma e la mancanza di propulsione del sistema economico ha sottratto risorse preziose alla costituzione di un nuovo stato sociale sul modello occidentale. Lo stato di povertà è chiaramente correlato non solo alle disfunzioni dello stato sociale in larga revisione, ma anche a quelle del mercato del lavoro, anche se i tassi di partecipazione al mercato del lavoro e la produttività (quanto produce il singolo lavoratore) sono più alti rispetto ai Paesi più industrializzati. Secondo l'Ocse nel 1998 l'incidenza della disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) su quella totale ammontava al 42%, raggiungendo il 53% nella regione sud-occidentale del Paese. La situazione ha subito un lieve miglioramento a partire dal 2003 ammontando al 7,4%, di cui il 42,1/% era rappresentato dalle donne, per proseguire nel 2004, quando risultavano disoccupate 557.900 persone pari al 6,2% della popolazione attiva e nel 2005 al 5,5% (su un totale di circa 22 milioni di abitanti della Romania). In base ai dati dell'Ufficio romeno di collocamento, le città con il livello più alto di disoccupazione sono Hunedoara (9,6%), Mehedinti (9,4%) e Ialomita (9,2%), nel centro e sud del paese. La capitale Bucarest e Timisoara, nell' ovest della Romania, si confermano invece le regioni con la percentuale più bassa di disoccupazione. 5 Al fine promuovere l’inclusione sociale delle fasce più deboli della popolazione e ridurre il tasso di povertà sono stati elaborati tre piani strategici: The National Development Plan (2004-2006), il quale individua 7 assi prioritari d’intervento, tra cui una delle più importanti è il potenziamento delle risorse umane. All’interno di questo asse il documento propone 5 tipologie di misure: implementazione di politiche attive nei confronti del mercato del lavoro e della formazione professionale con lo scopo di aumentare l’occupazione; supporto ai gruppi più vulnerabili e pari opportunità; sostenere la formazione continua; miglioramento delle capacità imprenditoriali e specifiche azioni di sostegno alle donne. The Strategy for the Development of pre-university Education (2001-2004, revised in 2002). Tale strategia ha l’obiettivo di rafforzare il legame tra la scuola ed il mondo del lavoro, in base ai bisogni della comunità. Il documento prevede che le competenze stabilite nel Memorandum della Commissione Europea in merito alla Formazione Continua ed il “Detailed Work Programme on Education and Trainig 2010” saranno integrate in un curriculum nazionale. National Action Plan for Equal Opportunities between women and men, divenuto operativo in seguito alla Decisone Governativa n.1273/2000 e rinforzato dalla Decisione n.85/2005. Quest’ultimo stabilisce che la Romania si impegna a rispettare le convenzioni internazionali in materia di protezione dello donne e dei minori (art.1), garantendo pari opportunità di lavoro come stabilito dalla Costituzione (art.4). Il Nap disciplina le aree riguardati la legislazione in materia; i diritti sociali; la partecipazione ai processi decisionali e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Il processo di riforma delle normative che regolano le pari opportunità di acceso al mondo del lavoro e che ne disciplinano il funzionamento parte dalla stesura del nuovo codice del lavoro attraverso la legge 52/2003 e la successiva legge sulla lotta alla disoccupazione e stimolazione della forza lavoro attiva (107/2004 che modifica la precedente legge n. 76/2002). Quest’ultima stabilisce che il Fondo di disoccupazione copre fino al 50% dei costi sostenuti dai datori di lavoro per ciascun corso di formazione se vi partecipa almeno il 20% del personale. Il Nuovo Codice del Lavoro prescrive che i datori di lavoro assicurino un accesso costante a tali corsi (almeno una settimana ogni due anni) secondo i piani aziendali e in accordo coi sindacati di categoria. Però non sono previste azioni legali nei confronti di coloro che non applicano tali prescrizioni. Il problema della riqualificazione del personale già occupato e dell’acquisizione di abilità spendibili nel mondo del lavoro da parte dei giovani è di importanza fondamentale sia per la competitività del sistema economico romeno che per la lotta disoccupazione e di conseguenza alla povertà e all’esclusione sociale. L’adattabilità ai nuovi e diversi bisogni dell’economia con una domanda sempre crescente da parte delle imprese di flessibilità e conoscenze adeguate, e allo stesso tempo l’esigenza di promuovere le capacità professionali della popolazione, richiedono la pari opportunità di accesso ai corsi di formazione a tutte le età e gruppo sociale. La partecipazione ai corsi formazione professionale (CVT) in Romania è tra le più basse d’Europa. Il gap esistente tra le capacità della forza-lavoro rumena rispetto a quelle europea è preoccupante come dimostrato da una ricerca condotta nel 2003. Solo l’1.3% della popolazione compresa tra i 25 ed i 64 anni ha partecipato a CVT nelle 4 settimane precedenti alla rilevazione. L’obiettivo dell’EU da raggiungere entro il 2010 è il 12.5%. Tasso di partecipazione ai corsi di educazione o formazione professionale UK EU Spain Poland Hungary Romania 1997 m 5.8 4.5 m 2.9 0.9 1998 m m 4.3 m 3.3 1 1999 19.2 8.2 5.1 m 2.9 0.8 2000 21.1 8.5 5.1 m 3.1 0.9 2001 21.7 8.4 4.9 4.8 3 1.1 M= missing 6 2002 22.3 8.5 5 4.3 3.3 1.1 2003 21.3 9.6 5.8 5 6 1.3 La ricerca ha anche evidenziato che solo 1 dipendente su 9 ed 1 disoccupato su 40 ha partecipato a corsi di formazione continua nel 2003. Questi dati sono confermati anche dall’Agenzia Nazionale per l’Occupazione (NAE), secondo cui, sempre nel 2003, i disoccupati che hanno partecipato a programma di formazione sono stati circa 24.000; più del 30% di questi aveva meno di 25 anni. In questo contesto si inseriscono le strategie implementate dal Governo per lo sviluppo delle risorse umane: The National Development Plan per il periodo 2004-2006 (approvato dal Governo rumeno con il Memorandum 1704/18-12-2003) con l’obiettivo di fornire una seria di priorità di medio-lungo termine in merito ai IVET (Initial Vocational Education and Training) ed ai CVT, sopratutto a favore di lavoratori occupati, disoccupati e gruppi svantaggiati. Le priorità riguardano il miglioramento dell’accesso ai corsi specialmente nelle aree rurali. The Document on the Phare Programme Planning over the period 2004-2006, il quale fornisce le basi per un aumento del supporto dell’UE in tale campo e punta all’istituzione di un ente nazionale qualificato che favorisca l’attuazione di politiche integrate sulle risorse umane (HRC). The Phare Twinning 2002 Project on Continuino Vocational Training, avviato all’inizio del 2004 dal Ministero del Lavoro, della Famiglia e della Solidarietà sociale (MLSSF) con lo scopo di rivedere le politiche attuali sulla formazione adulta e identificare di nuove modalità che portino all’acquisizione da parte dei lavoratori di nuove abilità. I dati forniti dalle autorità rumeno mostrano che nell’anno scolastico 2003/2004 si ha avuto un aumento del 10% delle iscrizioni a corsi professionali. Anche se tale aumento è solo del 2.5% nelle zone rurali. Un importante passo avanti è stato compiuto mediante la modificazione della legge 268/2003 sull’Educazione la quale ha elevato da 8 a 10 anni l’istruzione obbligatoria. I VET contribuiscono alla promozione dell’inclusione sociale dei gruppi più vulnerabili: donne, giovani, disoccupati di lungo periodo (con particolare attenzione a coloro che vivono nelle aree rurali e mono-industriali caratterizzate da tassi di disoccupazione più elevati) disabili, detenuti e minoranze etniche. Quest’ultima categoria è una di quelle più a rischio, secondo quanto stimato da una ricerca condotta dall’UNDP, secondo cui, nel 2004, il livello di disoccupazione oscillava tra il 60 ed il 70%. Inoltre, la partecipazione delle donne è ancora più debole: la percentuale di casalinghe è 4 volte superiore rispetto alla media nazionale. 7 IL TERZO SETTORE Nel 2005 sono avvenuti importanti cambiamenti per quello che riguarda la regolamentazione della società civile rumena. Il più importante riguarda l’approvazione della legge 246/2005 mediante la quale il Parlamento, dopo 5 anni provvede all’attuazione dell’ordinanza governativa 26/2000 sulle Associazioni e Fondazioni. Nel dibattito parlamentare sono state coinvolte le NGO più rappresentative, le quali hanno promosso una serie di emendamenti tesi all’eliminazione degli obblighi imposti da altre ordinanze governative. La nuova legge facilita il processo di registrazione, eliminando in parte l’obbligo di firma del Ministero competente sull’applicazione dell’organizzazione prima che sia approvato. Rimuove inoltre lo status preferenziale delle organizzazioni di pubblica utilità e crea meccanismi di regolamentazione in merito allo statuto legale delle sedi periferiche, procedure per fondere o scindere un’organizzazione e prevede la nomina di revisori contabili dei piani finanziari interni. Secondo quanto stabilito dall’art.4 l’Associazione è “ un soggetto giuridico costituito da tre o più persone che, sulla base di un accordo, senza l’ obbligo di restituzione, offrono il loro contributo materiale, le loro conoscenze ed attività lucrative, al fine di realizzare servizi di interesse generale, a favore della comunità o, in taluni casi, di interesse personale dei membri, ma assolutamente non patrimoniale”. La Fondazione è sempre un ente giuridico però può essere composto anche da una persona sola che, sulla base di un atto di volontà stipulato inter vivos o per causa di morte, gestisce il patrimonio destinato (dal defunto) alla realizzazione di un obiettivo di interesse comunitario. (art. 15). I partiti politici, i sindacati ed i culti religiosi non possono rientrare in queste categorie. (art. 1) I dati recenti indicano che in Romania attualmente esistono 25.200 associazioni con un tasso di crescita stimato attorno alle 2.000 unità l'anno. In base all’analisi condotta dal Ministero delle Finanze sul bilancio annuale presentato da 17.373 ngo, risulta che più di 10.000 sono però inattive. La distribuzione geografica è alquanto sproporzionata: predomina la concentrazione delle ngo nelle zone urbane e solo il 14% si trova nelle zone rurali. Le regioni situate nel Sud-est sono quelle che hanno il più basso tasso associativo. La maggior parte delle organizzazioni attive si trova in Transilvania (47.7%), seguita dalle regioni del Sud (29.9%) e dalla Moldova (16.7%). 5.3% ha sede a Bucarest e dintorni. Queste offrono un vasto range di servizi nelle seguenti aree: 20% servizi sociali (soprattutto in favore di minori); 25% sport e cultura 15% educazione; 8% salute; 8% diritti umani 6% sviluppo; 5% business; 5% ambiente ed il restante è suddiviso tra attività filantropiche, cooperazione internazionale e religione. AREE DI INTERVENTO DELLE NGO filantropia, cooperazione internazionale, religione ambiente 7% business 5% 5% sviluppo 6% diritti umani 8% salute 8% servizi sociali 20% sport e cultura 26% educazione 15% 8 La minaccia maggiore alla sostenibilità delle Ngo proviene dal reperimento delle risorse finanziarie. I finanziamenti locali sono ancora scarsi così, sia le vecchie che le nuove ngo sono costrette a sviluppare i loro programmi intorno alle risorse esistenti piuttosto che in conformità alla propria mission. Le organizzazioni che forniscono servizi sociali, ad esempio, tendono a conformare i propri obiettivi con i requisiti giuridici associati alla distribuzione dei fondi per l’assistenza sociale. Avere una solo fonte di finanziamento crea di conseguenza un’elevata dipendenza ed una debole pianificazione strategica. Un altro serio problema è rappresentato dalle risorse umane. Il personale non è formato adeguatamente, specialmente quello manageriale e la maggior parte delle ngo lavora con uno staff molto ristretto, composto al massimo da 3 o 4 persone. Il volontariato diviene, di conseguenza, una risorsa fondamentale anche in seguito alla nuova legge che regolamenta il lavoro volontario (L. 195/2001). Quest’ultimo viene definito come “un’attività di pubblico interesse (servizi sociali, protezione dei diritti umani, assistenza medica, educazione…) posta in essere da individui, chiamati appunto volontari, all’interno di particolari relazioni giuridiche senza alcun scopo di lucro”. Molte di queste però non riescono ancora ad usufruire pienamente dei vantaggi legati all’utilizzo di tale risorsa in quanto non sono in grado di gestirli, assegnarli compiti adeguati e programmare le loro attività. Una recente ricerca condotta dalla Civil Sociaty Development Foundation (FDSC), Need and trend of the No Profit Sector, conferma che il volontariato continua ad essere una risorsa fondamentale specialmente nel settore della cultura, dell’educazione, dei giovani e dell’ambiente. Attualmente esistono in Romania 13 centri di volontariato uniti in un network informale, i quali forniscono servizi a coloro che vorrebbero diventare volontari e alle organizzazioni che ne sono alla ricerca. Come detto in precedenza, la sostenibilità finanziaria è una delle questioni principali per lo sviluppo delle ngo. La ricerca evidenzia che i due terzi delle organizzazioni intervistate dichiara che le loro risorse finanziarie sono “inadeguate”. Il settore ambientale, educativo, culturale e dei giovani sono quelli più colpiti da tale mancanza, dipendendo in forte misura da donatori internazionali a causa dell’incapacità di reperire risorse il loco. Sebbene l’Ordinanza Governativa 26/2000 aumenta la speranza di supporto pubblico nelle attività economiche poiché sancisce che alcune organizzazioni no-profit “potrebbero” ricevere sovvenzioni. Le ngo però sottolineano il “potrebbe”. In pratica, l’assegnazione di fondi pubblici è sottomessa al rispetto di alcuni criteri ministeriali stabiliti dal Ministero del Lavoro e della sicurezza sociale, Ministero delle Politiche giovanili e delle attività sportive, Dipartimento per le minoranze etniche ed il Segretariato di Stato per i Disabili. I governi locali, invece, forniscono soprattutto aiuti in kind, ossia nella concessione di spazi. Le altre principali fonti di finanziamento sono: le tasse di iscrizione dei soci (17.9%) ed i proventi delle attività commerciali realizzate (18%). Tra queste si ricordano: consulenze e formazione (soprattutto a favore dei lavoratori disoccupati), ricerche di mercato e studi di fattibilità e la vendita dei prodotti fatti dai beneficiari delle ngo. Gli sponsor e le donazioni si attestano invece attorno al 34.4% grazie alla positiva correlazione tra le attività di fundraising e la buona comunicazione ed interazione con gli stakeholders. Dopo il cambio di Governo avvenuto nel 2000 l’Ufficio che si occupava delle NGO è stato completamente riorganizzato in DAIS (Department for institutional and Social Analysis), divenendo operativo a partire da febbraio 2001 col compito di fornire informazioni sulle attività delle ngo, supportare le loro iniziative e facilitare le consultazioni col governo. Il maggiore successo delle attività di advocacy e lobbyng portate avanti dalle organizzazioni no-profit è stata la conversione dell’O.G. 26/2000 in legge nel 2005 e l’adozione della legge dell’ 1%, sull’agevolazione fiscale per gli sponsor a modello della legge ungherese. I Ministri sono stati costretti a coinvolgerle nella programmazione delle attività attraverso la partecipazione a dibattiti pubblici. Nel giugno del 2005 il Primo Ministro ha annunciato la creazione del College for Civil Society Consultations all’interno del Dipartimento per l’Analisi e la Programmazione Politica con l’obiettivo di collegare la P.A. alla società civile, assicurando la partecipazione pubblica nel disegnare, emendare ed attuare le politiche pubbliche. Gli sforzi per influenzare i decision makers sono visibili a livello nazionale grazie alla creazione di network informali con lo scopo di monitorare l’implementazione e la trasparenza della politica di governo. 9 Questi network sono stati creati per le aree riguardanti i servizi sociali, anti-corruzione, minori, ambiente e business. Per quello che riguarda invece la struttura, negli ultimi anni vi è stato un crescente sviluppo dei network, delle federazioni, e la creazione di numerose “umbrella organizations”. Secondo una studio condotto dal CENTRAS, in Romania esistono 121 organizzazioni con filiali nazionali ed internazionali. Tra queste, le più grani sono la Federazione Pro-Child, con 44 componenti e la UNOPA, una federazione composta da 23 associazioni di persone affette dal virus dell’HIV. L’esperienza e la qualità della formazione offerta varia enormemente da associazione ad associazione ed il costo dei corsi non riesce a coprire tutte le spese, così si instaurano partnership soprattutto col settore privato in merito a specifiche aree di interesse comune. Molto importante è anche l’aiuto che proviene dai programmi europei. Nuovi CABs sono stati creati con il programma PHARE, di cui 4 aperti nelle zone rurali o semi urbane. Tuttora sono operativi 52 CABs, di cui 30 continuano a ricevere finanziamenti dall’UE, mentre gli altri sono supportati dai governi locali e da altri donatori, quali la Balkan Trust for Democracy. La cooperazione coi media è notevolmente migliorata, specialmente per quello che riguarda la protezione ambientale e dei servizi sociali. Questi riconoscono l’attività svolta dalle ngo come molto positiva. Quest’anno infatti il Civil Society Gala ha dato visibilità alle migliori iniziative delle ngo, attirando una grande pubblicità. L’aumento della fiducia da parte della popolazione nei loro confronti è dimostrata dal Public Opinion Barometer: a maggio 2005 il livello di fiducia si attestava attorno al 28%. Ciò evidenzia una crescita del 4% rispetto al 2004. Ovviamente, se comparata con la chiesa (83%), l’esercito (62%) ed i media (62%) stessi la percentuale è ancora molta bassa. Inoltre, nonostante il National NGO Forum del 2001 ha approvato l’adozione da parte delle NGO di un codice etico, principi e pratiche uniformi non sono state ancora sviluppate. 10