Kenya: WMA, l`ecologia del welfare

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Kenya: WMA, l`ecologia del welfare
Kenya: WMA, l’ecologia del welfare
Mercoledì 05 Dicembre 2012 00:00
di Liliana Adamo
Con i suoi fiordi poco profondi, governati dalle maree e protetto da un groviglio di rizomi e
piante acquatiche che sembrano voler impedire ogni passaggio umano, Mida Creek è un
labirinto di corsi d'acqua dove s’incunea l’Oceano Indiano, luogo eletto dai migratori giunti da
Europa e Medio Oriente. Sessantacinque specie d’uccelli, alcuni stanziali (quattrocento le
varietà ornitologiche in Kenya), altri nomadi, cicogne, aironi, fenicotteri rosa, trampolieri di
palude, marabù, aquile, martin pescatore, l’ibis sacro, come un’apparizione spuntano tra le
bizzarrie della vegetazione, si fermano sugli isolotti creati dal riflusso, mentre, fra acqua, sabbia
e fango, affiorano numerose varietà d’echinoidei (stelle marine) insieme a crostacei dalle tinte e
forme impensate.
Arabuko – Sokoke, per i kenioti, vale a dire foresta pluviale sulla costa, esteso fino a
trentacinque km2, Mida Creek è stato designato dall’Unesco come Bird International Zone e
Riserva per la Biosfera, perché è qui che si conserva uno dei più grandi ecosistemi di
mangrovie al mondo, di cui si contano ben nove tipologie, insieme a trentatré specie di alghe.
Sospeso sulla terraferma, c’è anche un ponte che attraversa un frammento di laguna. A vederlo
sembra instabile, invece è pratico e sicuro. Con gli uccelli che volano da una parte all’altra, il
dedalo dei canali e le mangrovie, tutto ci riporta a uno scenario di una bellezza primordiale e
tuttavia, anche su questo luogo incantato, incombe la minaccia di deforestazione. Un pericolo
che i volontari del WMA cercano di contenere destreggiando gli scarsi mezzi a disposizione.
Diventa uno strumento prezioso anche un semplice dissabbiatore con i reimpianti che
permettono una ricrescita sana delle piante lungo i canali. Per i volontari, collocare nuovi bulbi
(propagules) fra le correnti, si trasforma in una sorta di happening collettivo, un’operazione per
l’ambiente certo, ma nel progetto definitivo del Watamu Marine Association c’è di più.
Per esempio, all’iniziativa del giugno scorso, “Clean up Today” (raccolta di plastica e rifiuti
sull’intera costa di Watamu, con 3.204 chilogrammi di pattume rastrellato), era stato chiamato in
causa il team del WAC (Watamu Against Crime). Eppure l’interesse ha investito la quasi totalità
degli abitanti nel piccolo centro: gli alunni delle scuole di Seven Day Adventists e quelli del
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Watamu Primay School, ad affiancare il personale degli alberghi; gli allievi del Dongo Kundu
Primary School a dare man forte al Watamu Turtle Watch e Arocha.
Spontaneamente, sono arrivati tutti, famiglie, giovani, donne e anziani, a rendere questo sforzo
uno straordinario modello per la collettività in nome di un bene comune da tutelare. La
circostanza si è poi rivelata buona per inaugurare l’uso di una macchina trita - plastica, i cui
ricavi, dopo il riciclo e la vendita per usi commerciali dei frantumi prodotti, contribuirà alla
sussistenza del WMA Blue, la squadra che si occupa di ripulire settimanalmente gli splendidi
litorali e gli slum più poveri di Watamu, con l’aiuto della gente e le varie associazioni locali.
Dopo la stagione delle piogge, tra i rami contorti e i cumuli di alghe a Turtle Bay, lunghissima
spiaggia che arriva fino a Malindi, le grandi testuggini marine vanno a deporre le uova; ma in
questa zona incontaminata è sorto anche un villaggio autogestito di sole donne, fortemente
sostenuto dal WMA.
“Noi crediamo nel dare e vi sarà dato”, più che una richiesta d’aiuto, è l’esortazione alla
reciproca conoscenza, al mutuo soccorso; chiunque è invitato a incontrare il gruppo delle
Tushirikiane (attivo dal 2006) e a condividerne l’esperienza. Donne che dal niente creano
proprie imprese di dimensioni contenute, shambas di frutta e verdura o produzioni d’es-paw
(frutti della passione); il sistema di finanziamento si è sviluppato nel nome di “Merry-go-round”,
dove convergono raccolte di fondi, piccoli prestiti a tasso zero per investimenti in start up.
I volontari del WMA insegnano come coltivare la terra e produrre, ma non solo: “Il nostro
obiettivo è incoraggiare le donne a credere nelle loro possibilità, rendersi conto che possono
ottenere ciò che vogliono, che l’irrealizzabile (come la rassegnazione), sia un limite che si
supera con il lavoro e l’impegno. Puntiamo a un miglior tenore di vita, fornendo lezioni di base,
mantenere la pulizia nelle case, prevenire le malattie, difendersi dai soprusi… E al contempo,
condividendo con gli altri membri della comunità, la consapevolezza ambientale…”.
Al momento, la comproprietà delle Tushirikiane ospita diciannove orfani e alcune persone
colpite dal virus HIV; i dieci ragazzi e le nove ragazze sono stati già collocati presso scuole e in
diverse istituzioni. “Un piccolo gruppo fa una grande differenza. Con la premessa ambiziosa di
ridurre la povertà, le donne Tushirikiane possono provvedere al proprio benessere sociale e ciò
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che sono in grado di fare è fonte d’ispirazione per la nostra comunità e per altri gruppi di
lavoro…”. Le Tushirikiane sono donne talentuose, la cultura è uno strumento formidabile per
allenarsi alla libertà e alla sopravvivenza, c’è chi si specializza in danze tradizionali, chi nell’arte
culinaria o nelle pratiche esoteriche, ci sono musiciste e compositrici.
Per difendere l’ambiente, promuovere un turismo di qualità nei confronti di popolazioni formate
da etnie diverse e di un patrimonio naturalistico unico, il WMA copre i costi di gestione tramite
raccolte di fondi interni ed esteri con l’avvicendarsi di volontari che arrivano da ogni parte del
mondo. Lo stesso comitato eletto convoca le agenzie governative a intervenire nei processi
decisionali e ciò avviene in virtù del fatto che, qualche anno fa, il Kenya Wildlife Service (che
sovrintende anche i grandi parchi nazionali), attivissimo segmento sul fronte ambientale che si è
unito a quest’associazione relativamente giovane (nata nel 2007), ha impedito l’assalto della
speculazione edilizia imponendosi su una causa giudiziaria e invalidando mire lobbistiche sulla
più bella laguna della Riserva Marina.
Prevenire il degrado e la distruzione degli habitat significa anche mettere in piedi un piano di
bonifica e una campagna informativa contro metodi di pesca illegali (a strascico) che
distruggono barriere coralline e praterie oceaniche di fitoplancton, utili al nutrimento dei pesci e
alla loro riproduzione.
Il WMA è dunque un crogiolo d’esperienze, organizzazioni diverse sul piano pratico ma con un
unico intento: riconoscere le problematiche, con la volontà a risolvere i conflitti e una
scommessa fondamentale, che lavorando assieme si può garantire un futuro al piccolo borgo di
pescatori swahili, tutelandone le risorse naturali, affermare una prosperità economica condivisa.
Nonostante l’umiltà con cui si presenta l’agenda programmatica (e nuovi progetti), nessuno, tra
membri e volontari, sottovaluta l’impegno profuso e le aspirazioni, considerando che, nel paese,
va delineandosi un humus sociale e politico più complicato rispetto al passato; a sovraccaricare
la situazione, anche le rappresaglie perpetrate dal gruppo terroristico somalo Shaabb, con gli
attentati nelle piccole chiese evangeliche, a Nairobi come altrove e malauguratamente, questa
è un’altra storia.
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Qualcuno
ne
d’Africa…che
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separi,
ne
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ha
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nostalgica,
si
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ilAfrica
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sacro
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di
non
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civiltà
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natura
più
iscettici
vi
un
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macrocosmo
evoluta
(dove
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concentrazioni
alla
territori
sua
oceanici
di
forza
eletela e
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Una
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sottomarine
(in
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mare
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iniziale
Somalia,
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una
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dove
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pozzo
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orientale,
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intorno
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ma
con
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ad
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l'industria
africano
altre
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2007.
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E
che
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punta
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altro
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