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Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Educazione umanistica 1
Dove si trova la Soka Gakkai? Non in qualche posto lontano. Le magnifiche cittadelle Soka
esistono nelle nostre comunità, nei nostri quartieri. Si trovano nelle azioni che compiamo tutti i
giorni, mentre ci impegniamo a realizzare i nostri obiettivi aiutando e incoraggiando gli altri. Ecco
perché è così importante rendere le nostre organizzazioni locali esempi meravigliosi e gioiosi di
armonia umana, tanto da poter dire con orgoglio: «Guardate la nostra organizzazione! Questa è
la Soka Gakkai!».
Localmente bisogna svilupparsi grazie a esperienze che possano ispirare tanta gente. I racconti
delle persone dovrebbero essere pieni di gioia e convinzione nella fede, e straboccare di coraggio
che aiuti ad affrontare le sfide generate dal karma. È importante che nell’organizzazione ci siano
luoghi dove ci si dedica a portare avanti la pratica buddista, nonché un dialogo confortante e
aperto. Le nostre organizzazioni locali dovrebbero essere permeate da senso di unità e legami di
fiducia, e pulsare dello stesso orgoglio dei maestri e discepoli Soka.
Scrive Nichiren Daishonin: «Il luogo in cui la persona sostiene e onora il Sutra del Loto è il luogo
della pratica in cui la persona si reca. Non è che si lasci il luogo in cui ci si trova per andare da
qualche altra parte» (Insegnamenti orali, BS 123, 53).
Il luogo dove ora facciamo attività è il nostro “luogo di pratica”: la zona dove si pratica per
conseguire la Buddità in questa esistenza. Ecco perché è un errore pensare che la vera Soka
Gakkai esista da qualche altra parte, in un qualche posto separato e distante da dove ora stiamo
vivendo e praticando. Lo sviluppo di kosen-rufu inizia proprio da dove siamo, migliorando cioè le
organizzazioni locali. Per noi è fondamentale impegnarci coraggiosamente in questa impresa. E
non bisogna aspettare che gli altri lo facciano, dobbiamo prendere noi l’iniziativa. Se saremo noi
ad alzarci in piedi per primi, potremo dare inizio a qualcosa. Questo è lo spirito eterno Soka.
Ognuno di noi è il presidente della Soka Gakkai, ed esattamente come Shin’ichi Yamamoto tutti
condividiamo lo stesso spirito e impegno.
Questo era il messaggio di Shin’ichi, colmo di parole sincere e intense.
Il 1977, l’anno dello studio, avendo l’obiettivo di rafforzare i settori, iniziò con questa linea guida
per le attività: “Rivitalizziamo i settori attraverso un movimento delle riunioni di discussione”.
Inoltre, fu stabilito che una settimana al mese fosse designata come la “Settimana di formazione
per i settori” durante la quale i responsabili di ogni livello dovevano partecipare ai meeting di
discussione di settore e preparare poi le riunioni per programmare le attività e le visite a casa.
Educazione umanistica 2
Nella prima metà di gennaio del 1977, furono dati ufficialmente i nomi alle varie sale dove si
svolgevano le riunioni presso la sede centrale della Soka Gakkai. La grande sala riunioni al terzo
piano della sede fu chiamata salone Shitei (maestro-discepolo); la sala riunioni al quinto piano del
Centro culturale Soka fu chiamata sala Kosen (kosen-rufu); la sala al terzo e al quarto piano
dell’edificio della sede fu chiamata sala Kinmai (oro scintillante); la sala riunioni al seminterrato
Jiyu (emergere dalla Terra) e la grande sala riunioni al sesto piano del palazzo del Seikyo
Shimbun salone Genron (dialogo).
Il 18 gennaio si tennero i meeting per la formazione dei responsabili di settore nelle sale Shitei e
Kosen. Dell’evento erano incaricati alcuni alti responsabili della Gakkai.
Il 29 gennaio Shin’ichi partecipò a una riunione congiunta per le responsabili di settore della
Divisione donne di Koto, Sumida, Arakawa e alcune circoscrizioni di Chuo a Tokyo. Voleva
prendervi parte perché credeva che il successo del movimento di kosen-rufu sarebbe dipeso dalla
crescita di queste responsabili di settore.
Nel corso della riunione, Shin’ichi raccontò l’esperienza di un membro della Divisione donne.
Aveva saputo della sua storia quando aveva visitato pochi giorni prima la prefettura di Wakayama
a metà gennaio. La donna e suo marito avevano sentito parlare della Soka Gakkai nella città di
Wakayama nel 1954. La donna, tuttavia, aveva rifiutato apertamente il Buddismo e aveva iniziato
anzi a deridere la Soka Gakkai. Il membro che le aveva parlato dell’insegnamento di Nichiren le
disse altrettanto chiaramente: “Il Buddismo ci insegna solamente la strada per raggiungere la
vera felicità, basandosi sulla legge universale della vita. Se lei continua a respingere questa
legge, una volta o l’altra si ritroverà a un punto morto”. Tuttavia la donna non prestò ascolto a
quello che questa persona le stava dicendo.
Poco tempo dopo l’azienda del marito fallì e i due dovettero spostarsi dalla città di Wakayama a
quella di Shingu, in condizioni molto disagiate, scappando addirittura dai creditori. Entrambi
lavorarono duramente per recuperare le loro fortune, ma di fatto la loro vita diventò sempre più
difficile. Avevano accumulato debiti esorbitanti; inoltre la donna soffriva di pleurite e di un disturbo
a una delle valvole del cuore. Si ritrovarono così a un punto morto, su tutti i fronti, erano molto
sfiduciati, non riuscivano a ritrovare alcuna speranza, e alla fine si stancarono anche della vita
stessa.
Erano passati quasi tre anni da quando avevano sentito parlare per la prima volta del Buddismo
di Nichiren. La donna stava contemplando l’idea di uccidersi insieme ai suoi due figli piccoli. Solo
quando arrivò a contemplare l’idea del suicidio si ricordò di quel membro della Soka Gakkai che
le aveva parlato di Buddismo. Le tornarono alla mente le sue parole: «Non c’è preghiera alla
quale il Gohonzon non possa rispondere. Chiunque pratichi questa fede sinceramente può
diventare una persona veramente felice».
Educazione umanistica 3
La donna disse al marito: «Sto pensando di iniziare a praticare il Buddismo». Il marito le rispose:
«In realtà, quando ne abbiamo sentito parlare tre anni fa, volevo iniziare a praticare. Ma tu ti eri
dimostrata così contraria che avevo lasciato perdere». La donna immediatamente mandò una
lettera per posta espressa alla persona che le aveva parlato della Soka Gakkai. Le scrisse: «Mi
piacerebbe iniziare a praticare il Buddismo. Lei me ne parlò anni fa ma la pregherei di venire a
trovarci il prima possibile». Alla fine, tutta la famiglia entrò a far parte della Soka Gakkai nel
giugno del 1957.
Da quel momento la loro vita cambiò su tutti i fronti e a distanza di venti anni, l’azienda di famiglia
si era ripresa e furono pagati tutti i debiti accumulati. Sforzandosi con entusiasmo nelle attività
della Gakkai, la donna divenne una responsabile di prefettura. I due coniugi trascorsero insieme
una vita appagante e felice. E il figlio più grande della coppia, che anni prima aveva ugualmente
accarezzato l’idea di suicidarsi insieme alla madre e ai fratellini, era ormai al quarto anno
dell’università Soka e stava studiando duramente per poter proseguire i suoi studi all’estero.
Dopo aver condiviso questa esperienza con i membri durante la riunione, Shin’ichi affermò: «Il
potere del Gohonzon può non risultare evidente da un giorno all’altro, ma se ci impegniamo
sinceramente nella fede buddista e nella pratica per dieci o venti anni, possiamo ottenere risultati
chiari e incontrovertibili.
«La nostra vita è piena di problemi. Anche quando si partecipa alle attività della Soka Gakkai, si
possono incontrare persone che non mostrano comprensione e fanno venir voglia di smettere.
Alcuni di voi magari hanno problemi con i figli, o forse vi trovate in disaccordo con il coniuge. Altri
possono essere in difficoltà a racimolare i soldi per prendere un mezzo e andare alle riunioni e
altri ancora possono essere alle prese con problemi di salute.
«Ma Toda ripeteva spesso con grande convinzione: “Se sei costante a fare Gongyo mattina e
sera e fai conoscere il Buddismo del Daishonin ad altre persone, non c’è motivo per cui tu non
possa vincere nella tua rivoluzione umana. Certamente sarai felice. Questo te lo garantisco”.
«Come responsabili di settore della Divisione donne, vi prego di condurre una vita felice. Allo
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stesso tempo, spero che farete del vostro meglio per assicurarvi che anche ogni singolo membro
dei vostri settori possa condurre una vita appagante. Voi avete la responsabilità di aiutarli a
diventare felici».
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Shin’ichi aveva voluto infondere una fiducia profonda nel Buddismo nei cuori di tutte le
responsabili presenti alla riunione. Il primo requisito per un responsabile per far avanzare il
movimento per kosen-rufu è l’assoluta convinzione non solo nel Gohonzon ma anche nella
propria fede e pratica buddiste. Shin’ichi poi cambiò discorso e cominciò a parlare di come
comportarsi nella propria famiglia.
«Credo che la maggior parte di voi oggi sono sposati e hanno figli. Spero che tutte voi vi sforziate
di essere buone madri e brave mogli.
«Fare la propria rivoluzione umana non è una cosa speciale, separata dalla vita di tutti i giorni.
Consiste nel modo, ad esempio, in cui ci si comporta verso i figli e il proprio marito. Forse
tendevate a essere sempre un po’ suscettibili con loro, ma ora non più. Adesso è importante
avere un sorriso sul volto quando vi rivolgete a loro. Siete diventate maggiormente premurose nei
loro confronti e ascoltate i vostri figli e i loro problemi. Tutte queste sono manifestazioni della
vostra rivoluzione umana.
«Anche la nostra felicità è a portata di mano. Per esempio, può venire dal costruire buoni rapporti
con i membri della famiglia, del quartiere, o sul posto di lavoro. Nella vita siate sinceramente grate
per tutto e tutti, e sentitevi anche fortunate: questa è la chiave per la felicità.
«Quando tornate a casa, vi prego di porgere i miei più cordiali saluti ai vostri mariti, sia che essi
pratichino o meno il Buddismo. Alla fine arriverà il momento in cui si risveglieranno a questo
insegnamento e inizieranno a praticare, perché hanno un legame mistico con esso. Recitate un
Daimoku sincero, senza cercare di forzare i tempi. Come praticanti, la cosa importante è creare
legami basati sulla fiducia.
«Non permettete mai che la pratica sia motivo di litigio con vostro marito o che danneggi il
vostro rapporto. Sarebbe un atteggiamento sconsiderato. È fondamentale imparare ad
accettare e abbracciare la vita, con il cuore aperto». Shin’ichi comprendeva bene i sentimenti
e le lotte quotidiane intraprese dalle responsabili di settore. E proprio per questo voleva che
tutte loro vivessero con forza e saggezza, per adempiere alla nobile missione di Bodhisattva
della Terra e conseguire senza alcun dubbio la felicità. Durante la riunione guardò
intensamente ciascuna di loro con il massimo rispetto, lo stesso rispetto che si mostrerebbe
nei confronti di tanti Budda.
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Alla fine della riunione Shin’ichi Yamamoto parlò della lamentela. «I responsabili di settore
sono i cardini delle attività della Soka Gakkai. So che può essere un lavoro molto
impegnativo. Tuttavia, se vi date anche un gran da fare ma state sempre a lamentarvi, si
cancellano i benefici e la fortuna che dovreste ricevere. Sarebbe un po’ come prendere una
medicina per guarire da un brutto raffreddore, ma allo stesso tempo camminare sotto la
pioggia senza prendere alcuna precauzione».
La parola giapponese per lamentela, guchi, è composta da due caratteri cinesi che
significano “indirizzato male” (gu) e “stupidità” (chi) o “ignoranza”.
«So che a volte ci lamentiamo anche senza rendercene conto veramente, ma la cosa terribile
della lamentela è che ogni volta che ci incappiamo è come se una nuvola nera scendesse sul
nostro cuore, il sole che dovrebbe illuminare il nostro spirito si oscura, e a poco a poco si
affievoliscono la speranza, l’apprezzamento e la gioia.
Come scrive Nichiren Daishonin: “La sfortuna viene dalla bocca e ci rovina” (Gosho di
Capodanno, RSND, 1, 1108).
«Le persone che si lamentano sempre tendono a creare un’atmosfera cupa e a togliere
l’entusiasmo alle persone intorno a loro, anche se non ne sono coscienti. In altre parole,
diminuiscono lo slancio verso kosen-rufu e svuotano gli altri di forza vitale non consentendogli
di sforzarsi al massimo delle loro possibilità.
«Non solo quindi non riceveranno benefici, ma non potranno sfuggire alla retribuzione della
loro stessa negatività. Ecco perché è importante per tutti noi ricordare questo punto e aiutarsi
a vicenda per evitare di cadere in questa trappola.
«Al contrario, coloro che prendono sempre l’iniziativa sono molto più energici. Riescono a
ispirare tutti quelli che incontrano, li fanno sentire maggiormente attivi e partecipi, riuscendo
così a dissipare sentimenti di stallo o di stagnazione.
«Come afferma Nichiren Daishonin: “È il cuore che è importante” (La strategia del Sutra del
Loto, RSND, 1, 889).
È cruciale il vostro atteggiamento quando si pratica la fede buddista. Se siete sempre a
lamentarvi e non praticate con una vera motivazione o senso di iniziativa, sarete soltanto di
ostacolo a voi stesse. Cerchiamo tutti insieme di avanzare con gioia e con vitalità». I membri
della Divisione donne sono il sole della Soka Gakkai. I loro sorrisi avvolgenti e calorosi sono
sorgenti di felicità che si riversano sulle persone cupe e tormentate, illuminando loro e tutte le
persone intorno che stanno soffrendo.
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Il 31 gennaio, Shin’ichi prese parte a una riunione di responsabili di settore giovani donne
della sede n° 1 di Tokyo, a cui partecipavano rappresentanti di Shinjuku, Minato, Chiyoda,
Setagaya, Meguro, Nakano, Shibuya e Suginami. Il meeting si svolse nella sala Kosen presso
il Centro culturale Soka di Shinanomachi, a Tokyo.
Shin’ichi iniziò il suo discorso leggendo un brano dal Trattato del Daishonin, Adottare
l’insegnamento corretto per la pace del paese: “Piuttosto che offrire diecimila preghiere,
sarebbe meglio semplicemente bandire questo unico male” (RSND, 1, 16).
«Questa frase ci dice chiaramente che per raggiungere la prosperità e la pace nella società,
piuttosto che discutere il merito dei vari metodi e programmi, è meglio prima di tutto porre fine
all’unico male delle credenze erronee, la causa fondamentale di qualunque tipo di sofferenza.
Questo vale anche per noi.
«Facciamo l’esempio di una persona che si ammala perché non dorme a sufficienza oppure
perché non si prende abbastanza cura di se stessa. Per lei trascurare la sua salute è l’unico
male della sua vita. E a meno che lei non vi ponga rimedio, anche se mangiasse cibo di
ottima qualità e in quantità adeguata, ciò non sarebbe sufficiente a restituirle la salute. Allo
stesso modo, per ognuno di noi esiste l’unico male che ci impedisce di compiere la nostra
rivoluzione umana e diventare felici».
Tutti ascoltavano con attenzione le sue parole, con sguardi luminosi.
«L’unico male potrebbe essere per esempio quando ci trascuriamo o sminuiamo noi stessi
quando le cose non vanno come avremmo sperato. Oppure quando ci rimproveriamo per i
nostri fallimenti o quando rendiamo gli altri infelici oppure se non riusciamo a lavorare insieme
in armonia per kosen-rufu. Anche la tendenza a rinunciare e fuggire ogni qual volta che si
presenti una difficoltà è un altro ‘unico male’. Esistono molti altri tipi di ‘unico male’, dipende
dalle persone, ognuno di noi ha il suo.
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«La nostra rivoluzione umana ha inizio quando individuiamo l’unico male nella nostra vita e
decidiamo di eliminarlo, recitando sinceramente Daimoku e sfidandoci per risultare vittoriosi».
Shin’ichi poi disse loro che il tempo trascorso nella Divisione giovani donne sarebbe stato un
periodo fondamentale per la loro vita, perché è quando si costruiscono delle basi salde e
durevoli. Egli sottolineò che se volevano conseguire la felicità in questa vita, era essenziale
allenare e lucidare se stesse mentre erano ancora giovani sradicando l’unico male dalla loro
vita. «Battete il ferro finché è caldo!», come dice il proverbio. I giovani che lucidano la propria
vita saranno in grado di forgiare quel tipo di carattere capace di superare qualsiasi avversità
della vita.
Educazione umanistica 7
I membri della Divisione giovani donne sono i fiori bellissimi della Soka Gakkai. Solo la loro
presenza, con i volti sorridenti, alle riunioni di discussione di settore infondono una fresca
brezza primaverile creando un ambiente allegro ed edificante.
Le giovani donne così come i giovani uomini e la Divisione studenti hanno ovviamente le loro
attività separate. È chiaro che ogni divisione deve concentrarsi nel proprio ambito di attività,
ma allo stesso tempo è altrettanto indispensabile partecipare attivamente ai meeting di
discussione, le riunioni della famiglia Soka, dove possono incontrarsi i membri di tutte le
divisioni.
I meeting di discussione sono la “grande terra” della Soka Gakkai. Quando il terreno è ben
coltivato e fertilizzato, gli alberi crescono, i fiori sbocciano e i frutti maturano.
Per fare incontri significativi e piacevoli, è importante per le giovani donne discutere e
condividere le proprie idee anche con i compagni di fede delle Divisioni uomini e donne, che a
loro volta devono ascoltare le loro opinioni ed essere di sostegno per comprendere un altro
punto di vista. Le giovani donne sono i tesori preziosi della Soka Gakkai: sono i giovani
successori Soka che avranno sulle spalle la responsabilità del futuro.
Le Divisioni uomini e donne devono prestare la massima attenzione per sostenere e
consentire a ogni giovane donna di portare alla luce il proprio potenziale. L’appoggio della
Divisione donne risulta quindi cruciale per la loro crescita. Anche se queste giovani donne
potranno assumere posizioni di responsabilità, ci potranno essere frangenti in cui non
potranno dare consigli sufficientemente efficaci per questioni come il matrimonio e altri
problemi della vita, perché potrebbero non avere accumulato abbastanza esperienza come
invece hanno fatto i membri della Divisione donne.
Le responsabili donne, con la loro ricchezza di vita, sono una risorsa preziosa in questi casi.
Quando le giovani donne condividono il Buddismo del Daishonin con i loro amici, le parole
delle donne spesso possono risultare molto rassicuranti. E quando un giovane decide di
entrare nella Soka Gakkai e iniziare a praticare questo Buddismo in Giappone, può essere
indispensabile l’aiuto della Divisione donne per ottenere il permesso dei genitori. È
necessario che le donne incoraggino con sincerità le giovani donne, tenendo presente il loro
ruolo di “sorelle maggiori” o di “madri”.
Forse sarebbe una buona idea per le responsabili donne accompagnare di quando in quando
le responsabili giovani donne durante le visite a casa, quando vanno a incoraggiare le
giovani.
Quando il settore risplende dello spirito della gioventù, il futuro diventa dinamico e pieno di
speranza. In molti casi, la determinazione briosa espressa dalla giovani donne ravviva e dona
coraggio a tutti coloro che le circondano.
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Quando i responsabili ritornavano alla sede della Soka Gakkai, dopo aver partecipato alle
riunioni di discussione dei settori, Shin’ichi chiedeva sempre quanti membri della Divisione
giovani erano presenti, e soprattutto, se le giovani donne erano di buon umore.
Shin’ichi era felicissimo quando sentiva che le giovani donne avevano raccontato con allegria
dei loro studi, delle esperienze personali o avevano parlato delle attività.
In un’occasione affermò: «Sono contento di sentire questo. Significa che la nostra
organizzazione ha un futuro splendido. Una delle ragioni per cui la Soka Gakkai è cresciuta
fino al punto che vediamo oggi è perché abbiamo sempre apprezzato i giovani e li abbiamo
messi attivamente in prima linea nell’organizzazione, incoraggiandoli sempre.
«I tempi stanno cambiando rapidamente. L’essenza fondamentale della nostra fede non
cambierà mai, ma il nostro comportamento così come lo stile dell’organizzazione devono
adeguarsi. La Soka Gakkai è sempre stata al passo con i tempi grazie ai giovani, utilizzando
la loro energia è stata in grado di prendere l’iniziativa e avere lo slancio per progredire.
«Le divisioni uomini e donne a volte possono rimanere attaccati al modo in cui hanno fatto
attività in passato e non pensano a ricercare modalità diverse. Ma è così che si resta indietro.
«Dobbiamo tenere il passo con i cambiamenti della società e conoscere i nuovi modi di
pensare dei giovani. Questa è un’altra ragione per cui abbiamo bisogno di assicurarci che la
nostra organizzazione incoraggi i giovani uomini e le giovani donne per poter esprimere
liberamente le proprie idee alle Divisioni uomini e donne».
Shin’ichi stava pensando al futuro, da ogni possibile angolazione.
Il Buddismo, per esempio, insegna i principi che permettono di risolvere qualunque problema.
Ma il modo in cui esprimiamo tali concetti e li mettiamo in pratica differisce a seconda
dell’epoca.
Il presidente fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, che creò la teoria del
valore, sottolineava sempre l’importanza di informare bene i membri sulle conseguenze cui
andavano incontro, in termini di perdita o di retribuzione, se mancavano di creare valore nella
propria esistenza. All’indomani della Seconda guerra mondiale, il secondo presidente Josei
Toda, non si stancava mai di ripetere che il Buddismo forniva il mezzo per superare la
povertà, la malattia e i problemi familiari grazie all’infinito potere del Gohonzon.
Per noi la domanda è: che cosa cercano ora le persone nel Buddismo e quale aspetto del
Buddismo dobbiamo mettere in risalto quando ne parliamo agli altri?
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Shin’ichi Yamamoto parlava con i giovani con grande sincerità e apertura. Percepiva che gli
individui, la società e il mondo intero stavano ricercando la rivoluzione umana, quel processo
che permette a ogni persona di forgiare un carattere forte e affrontare positivamente le
difficoltà della vita. Shin’ichi avvertiva anche che erano molte le aspettative nei confronti del
Buddismo di Nichiren e la Soka Gakkai. Mentre risultava evidente che la gente in generale
considerava il Buddismo un mezzo per risolvere difficoltà di vario tipo, come i problemi
economici o di malattia, il presidente Yamamoto notava tuttavia che i giovani in particolare
erano maggiormente interessati a trasformare se stessi e la propria vita. Si rendeva conto che
il mondo stava andando verso l’epoca della rivoluzione umana.
Inoltre, con i progressi della medicina e della scienza nel ventunesimo secolo, la durata
media della vita si sarebbe allungata, portando globalmente a un invecchiamento della
società. A sua volta, questo avrebbe portato a un interesse sempre più diffuso nei confronti
del punto di vista buddista sulla vita e la morte, dato che il Buddismo insegna l’eternità della
vita.
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L’enfasi che Shin’ichi poneva sullo studio era basata sulla sua profonda convinzione che il
Buddismo, visto come la filosofia della speranza capace di rispondere alle esigenze dei
tempi, avrebbe rivitalizzato la società moderna. E si rendeva conto che i giovani uomini e le
giovani donne erano coloro che avrebbero dovuto svolgere questo compito.
Shin’ichi disse a un gruppo di alti responsabili della Gakkai: «Quando ero responsabile della
Divisione giovani, mi ero assunto l’incarico di programmare tutte le attività e avevo anche la
responsabilità della buona riuscita di tutti gli eventi più importanti. Attraverso l’impegno di quel
periodo la Soka Gakkai ha fatto dei grandi passi in avanti. Ecco perché spero che i membri
delle Divisioni giovani uomini e giovani donne prenderanno il mio posto assumendosi la piena
responsabilità di tutte le nostre attività. Il mio desiderio più sincero è che ognuno di loro abbia
l’atteggiamento di essere il responsabile della Divisione giovani.
«E se questo avverrà la nostra organizzazione continuerà a crescere e a svilupparsi per
sempre come la Soka Gakkai caratterizzata dallo spirito dei giovani. Per far sì che questo
accada, quando i responsabili incontrano i nostri giovani, è di vitale importanza che siano in
grado di arrivare direttamente ai loro cuori e che li incoraggino con la massima sincerità».
Come una volta osservò Soong Ching-ling (1892-1981), moglie del leader rivoluzionario
cinese Sun Yat-sen (1866-1925): «I giovani sono la pietra angolare della rivoluzione. Sono i
difensori delle conquiste ottenute dalla rivoluzione, sono la forza propulsiva che spinge la
storia verso un mondo migliore».
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I meeting per i responsabili di settore si svolsero in tutto il Giappone e vi parteciparono
Shin’ichi e i massimi responsabili della Gakkai. Una delle riunioni a cui prese parte Shin’ichi
era stata fatta appositamente per le rappresentanti delle responsabili di settore della Divisione
donne provenienti da Musashino, Tachikawa, Nishitama, Murayama e da altre zone di Tokyo,
che facevano parte del centro 2. Si tenne il 1° febbraio nella sala Kosen presso la sede
centrale della Soka Gakkai a Shinanomachi, a Tokyo.
Nel corso della riunione, il presidente Yamamoto ricordò che, mentre le quattro sofferenze di
nascita, vecchiaia, malattia e morte sono inevitabili, il Buddismo insegna che coloro che
hanno ascoltato la Legge «Godranno di pace e sicurezza nell’esistenza presente e
nasceranno in circostanze favorevoli nelle successive» (SDL, 127).
Inoltre sottolineò: «Come esseri umani, non possiamo sfuggire alle sofferenze di vecchiaia,
malattia e morte, ma questo non significa per forza che la nostra vita debba essere infelice.
Quello che bisogna fare è costruire uno stato vitale indomito, forte e colmo di benefici, che
non soccombe alle sofferenze come la malattia e l’invecchiamento. La nostra fede buddista e
la pratica sono fondamentali per raggiungere questo obiettivo. Praticando il Buddismo ci
possiamo aprire la strada per godere di pace e sicurezza in questa vita e di circostanze
favorevoli nelle esistenze future. «Coloro che lucidano il proprio spirito dedicandosi alla
missione di kosen-rufu, giorno dopo giorno godranno di una vita appagante e piena di gioia,
anche se potrebbero essere già anziani e avere una salute malferma».
Nichiren Daishonin scrive: «Quando c’è da soffrire, soffri; quando c’è da gioire, gioisci.
Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo.
Come potrebbe non essere questa la gioia senza limiti della Legge?» (Felicità in questo
mondo, RSND 1, 607).
«Quando c’è da soffrire, soffri» non significa ignorare l’esistenza della sofferenza, vuol dire
piuttosto affrontare la realtà a testa alta, osservandola alla luce degli insegnamenti buddisti.
Viste in questa ottica, la malattia e la vecchiaia assumono un significato completamente
diverso e molto più ampio e diventano occasioni per risvegliare e approfondire la nostra fede.
Allo stesso tempo, riusciamo a comprendere che la malattia e la vecchiaia fanno parte della
missione che abbiamo scelto per dimostrare agli altri l’efficacia del Buddismo.
“Quando c’è da gioire, gioisci” significa innalzare la gioia che sperimentiamo a volte nella vita
fino a quando non la stabilizziamo per l’eternità. Il modo per arrivarci è quello di recitare
costantemente al Gohonzon con uno spirito colmo di gratitudine, elevare il proprio stato vitale
e stabilire così una condizione di felicità assoluta. Il grande sentiero verso una gioia
indistruttibile si trova solamente se recitiamo molto Daimoku, sia quando si soffre che quando
si è felici.
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Shin’ichi continuò a partecipare alle riunioni con le responsabili di settore, senza per questo
mancare di recarsi anche ai meeting delle Divisioni uomini e giovani uomini. Nel mese di
marzo, iniziò a prendere parte anche alle riunioni per responsabili di gruppo. Negli sforzi che
compiva per rafforzare la Soka Gakkai, Shin’ichi prestava particolare attenzione alla prima
linea dell’organizzazione. Questa è l’arena principale dove non si possono risparmiare le
fatiche della Gakkai, è il luogo dove si decide la vittoria del movimento di kosen-rufu. La
missione dei responsabili è quella di incoraggiare al massimo i membri che si trovano nella
parte più importante dell’organizzazione, ispirandone il maggior numero possibile ad alzarsi
da soli e agire.
Nel 1952, quando Shin’ichi si assunse la responsabilità della Campagna di febbraio come
consigliere del capitolo Kamata di Tokyo, dette inizio a una campagna di propagazione senza
precedenti. Si concentrò completamente sui gruppi, la parte più importante
dell’organizzazione. Furono stabiliti gli scopi per quell’attività di propagazione così capillare, e
le riunioni di discussione furono tenute a livello di gruppo. Man mano che la campagna
andava avanti, venivano spiegate a tutti i membri di ogni gruppo le attività che era necessario
svolgere quotidianamente in modo da potersi incoraggiare a vicenda e riconfermare così la
propria determinazione.
Shin’ichi visitava i gruppi e incoraggiava i membri. Parlava a piccoli gruppi e a ogni individuo.
Si era impegnato anche a dialogare fino in fondo con i membri che ancora non possedevano
una grande consapevolezza di essere parte della Soka Gakkai. Era stato un lavoro duro, per
lo più invisibile, ma che mirava proprio a consolidare le basi dell’organizzazione. Insomma,
niente che avesse a che fare con qualcosa di eclatante che potesse attirare l’attenzione o la
luce dei riflettori. Tuttavia, fu proprio attraverso questi sforzi che i membri si risvegliarono alla
loro missione e si levarono in piedi per sprigionare una nuova ondata di espansione, che
dette un risultato senza precedenti: avere convertito al Buddismo più di duecento famiglie in
un unico capitolo e nell’arco di un solo mese. Questo aprì la strada alla realizzazione
dell’obiettivo di settecentocinquantamila famiglie, stabilito dal maestro di Shin’ichi, il secondo
presidente della Soka Gakkai, Josei Toda.
Kosen-rufu e la pratica buddista si trovano nella prima linea dell’organizzazione. La Soka
Gakkai è il luogo per l’educazione umanistica, dove viene insegnato alla gente come
migliorare ed elevare se stessi, come vivere in un modo veramente umano e lavorare per il
bene della società. L’idea che Toda aveva della Soka Gakkai era di una università, senza i
relativi alloggi, dove le aule e le biblioteche dovevano essere considerate come le parti più
importanti dell’organizzazione.
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All’inizio di febbraio, Shin’ichi parlò con il direttore generale della Soka Gakkai e i vice
presidenti che si erano fatti carico, al posto suo, delle riunioni con i responsabili di settore.
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Mentre si intratteneva con loro venne fuori la questione di come rafforzare i settori. Come se
avesse aspettato quel momento, Shin’ichi cominciò col dire: «La cosa fondamentale è in
assoluto l’unità tra i responsabili; l’unità inizia dalla nostra determinazione personale quando
ci assumiamo la totale responsabilità di ogni settore, invece di lasciare che ci pensino gli altri.
«Ogni responsabile deve essere fortemente determinato a creare un’organizzazione di cui
poter andare fiero, tanto da rappresentare la Soka Gakkai ideale. Dovreste fare attività
insieme ai membri e riuscire a incoraggiarli tutti, rendendo così le nostre organizzazioni locali
luoghi in cui tutti i membri sentono, nel profondo del loro cuore, che vi state veramente
prendendo cura di loro e pensate ai loro problemi e alla loro felicità. Devono percepire che la
loro organizzazione locale è il gruppo più bello e caloroso al mondo, dove hanno assimilato il
vero significato della fede buddista.
«In particolare, è importante che i responsabili delle Divisioni uomini e donne, i custodi dei
nostri settori, le indomite cittadelle Soka, abbiano la consapevolezza di essere anche loro
presidenti della Soka Gakkai. “Raramente ho l’opportunità di incontrarmi individualmente con i
membri dei settori; per questo motivo desidero che siate i miei rappresentanti e che
dialoghiate con loro, ascoltiate i problemi che vi racconteranno, riusciate a confortarli, ispirarli
e incoraggiarli con tutti voi stessi.
«Vi pregherei di riflettere costantemente a cosa farei io come presidente della Soka Gakkai,
come li incoraggerei e, con questo spirito, sforzatevi di superarmi». I responsabili più alti della
SGI erano intenti ad ascoltare le parole appassionate di Shin’ichi, mentre lo scrutavano con
attenzione. «Inoltre, è di vitale importanza che tutti i membri abbiano benefici. Per far sì che
questo accada bisogna parlare a lungo con ciascuno di loro e spiegare bene l’importanza di
recitare Daimoku e propagare il Buddismo di Nichiren; è altrettanto essenziale comprendere
che dedicare la propria vita alla missione di kosen-rufu è la base per ottenere benefici e
diventare persone veramente felici».
Educazione umanistica 13
Mentre parlava, le parole di Shin’ichi acquisivano sempre maggiore vigore.
«Per quale motivo esiste la Gakkai? Per kosen-rufu, e kosen-rufu ha lo scopo di mettervi in grado
di ricevere benefici e diventare felici. Le attività della Gakkai esistono per questo e non dobbiamo
mai dimenticare che ciò sta alla base di ogni cosa. Quando riceviamo un beneficio, sentiamo
profondamente la grandezza del Gohonzon e il meraviglioso potere del Daimoku, siamo pervasi
dalla gioia e aumenta la convinzione nella nostra fede. La gioia e la convinzione vanno condivise
reciprocamente, scambiando esperienze e benefici. Quando facciamo esperienze cresce la
convinzione e la gioia nella pratica, ci viene spontaneo parlare del Buddismo alle persone. E
quest’ultima azione fa aumentare ancora di più la gioia.
Di conseguenza, il rafforzamento dei settori dipende, in sintesi, da quante persone riescono a
ricevere benefici, compiere la loro rivoluzione umana e provare gioia. Parlando concretamente, se
durante uno zadankai chiedessi: "Qualcuno di voi può raccontarci un’esperienza?", se sono tutti
con le mani alzate dicendo: "Io!" facendo a gara per parlare per primo, allora questo è un settore
con un’organizzazione alla base veramente forte. E non possiamo rendercene conto guardando
soltanto i numeri della statistica».
Per i responsabili era un discorso inatteso. Dato che l’argomento era rafforzare il settore,
pensavano che Shin’ichi proponesse di assegnare più responsabili per incoraggiare i membri o
parlasse della pianificazione dei corsi periodici per responsabili di settore e gruppo.
Senza dubbio, anche questi aspetti erano importanti, tuttavia, prima ancora di pensare al lato
organizzativo, Shin’ichi volle mettere in evidenza quale fosse il centro delle attività
dell’organizzazione, tornare cioè al punto originale: l’essere umano.
È il cuore umano la forza motrice di tutto. Perciò, notare se il cuore delle persone arda o meno di
passione è la visione di un leader dell’umanesimo.
Educazione umanistica 14
«La felicità è lo scopo della vita umana e a maggior ragione deve esserlo anche dell’educazione».
Questo era stato il pensiero costante del fondatore della Soka Gakkai, nonché educatore,
Tsunesaburo Makiguchi. L’obiettivo fondamentale dell’educazione è quello di consentire ai
bambini di vivere felicemente la vita. La sera del 6 febbraio 1977, in un ristorante di
Shinanomachi, a Tokyo, Shin’ichi si stava intrattenendo a cena con un gruppo di studenti delle
scuole Soka, i rappresentanti degli alloggi.
Il presidente Yamamoto aveva un’espressione radiosa mentre ascoltava con attenzione quelle
giovani fenici che stavano crescendo e maturando grazie all’esperienza che stavano facendo alle
scuole Soka a Musashino, a Tokyo. I loro volti risplendevano di speranza mentre parlavano
animatamente della vita che conducevano negli alloggi e di argomenti legati alla scuola. Saltava
agli occhi l’educazione umanistica che veniva loro impartita nelle scuole: uno sforzo congiunto da
parte sia degli studenti che degli insegnanti, capace di formare e migliorare la vita di tutti loro, con
la consapevolezza della missione che aspettava quei ragazzi dopo la laurea. Fin dai primi anni
Settanta, in tutto il Giappone erano balzate in primo piano molteplici questioni relative agli
studenti, come ad esempio il numero crescente di studenti che non riuscivano a tenere il passo
con i programmi scolastici, la mancanza di strutture ricreative e, infine, sempre più casi di bambini
a cui venivano riscontrate fratture ossee e ulcere gastriche legate allo stress.
Nel dicembre 1976 il Consiglio del Ministero della Pubblica Istruzione aveva annunciato i risultati
emersi da uno studio di tre anni condotto nelle scuole di tutto il paese. Veniva sottolineata la
necessità di creare un ambiente educativo meno stressante e più appagante per i ragazzi tramite
una politica di riduzione dei libri di testo e delle ore di lezione trascorse in classe. A seguito di
questa relazione, il Ministero della Pubblica Istruzione iniziò a rivedere i programmi scolastici.
Osservando i cambiamenti in corso nel settore educativo, Shin’ichi fece alcune considerazioni sul
futuro del paese.
«Naturalmente è fondamentale avere una comprensione nitida della realtà del momento e
riformare la nostra politica», pensò. «Ma prima di tutto, credo che la cosa essenziale che occorra
fare sia creare un sistema educativo capace di motivare ogni bambino a comprendere quale sia il
nobile scopo che rivestono la scuola e lo studio.
«Se negli studenti non alimentiamo il senso di iniziativa personale e lo spirito di sfida, l’idea di un
ambiente educativo meno stressante si tradurrà in un forte calo nel loro rendimento scolastico.
Per far emergere questo spirito di sfida, sarà di vitale importanza l’atteggiamento che assumono
gli insegnanti».
Educazione umanistica 15
Dopo la cena con gli studenti delle scuole Soka, Shin’ichi aveva pensato di partecipare alla prima
riunione del Dipartimento educatori di Tokyo, credendo che la missione di questo Dipartimento
fosse estremamente importante alla luce delle problematiche emerse in Giappone nel settore
dell’istruzione. Il Dipartimento educatori era stato fondato il 3 maggio 1961, in occasione della
riunione generale che si era tenuta presso la sede centrale della Soka Gakkai, un anno dopo la
nomina di Shin’ichi a terzo presidente dell’organizzazione.
Il Dipartimento educatori aveva ereditato quella che era l’origine dello spirito che aveva portato
alla fondazione della Soka Gakkai. La Soka Gakkai Kyoiku (Società per l’educazione e la
creazione di valore, predecessore della Soka Gakkai) era stata istituita quando il presidente
fondatore, Tsunesaburo Makiguchi, si levò con l’intenzione di riformare l’istruzione giapponese.
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Pubblicò il suo libro Soka Kyoikugaku Taikei (Il sistema educativo tramite la creazione di valore)
basato sull’intenzione che aveva di migliorare la situazione degli studenti, i tesori del futuro. Erano
gli anni Trenta, e, in quella fase iniziale, la maggior parte dei membri erano educatori.
Il Dipartimento educatori portava avanti il pensiero filosofico di Makiguchi che mirava a far
emergere il massimo potenziale dei bambini all’interno del sistema educativo, affermando che
questa era la chiave per una società prospera. Questo era il motivo per cui Shin’ichi si dedicava
anima e corpo a incoraggiare i membri del Dipartimento educatori. Quando venne a sapere che
stavano facendo una riunione generale, affrontò ogni sorta di difficoltà pur di parteciparvi. Quando
si trovava impossibilitato a prendere parte a un meeting con loro, componeva per gli educatori un
messaggio pieno di parole che trasmettevano le sue più fervide speranze. E nel 1964 tenne una
serie di conferenze appositamente per i membri rappresentativi, basandosi su uno degli scritti di
Nichiren Daishonin, Scegliere il cuore del Sutra del Loto.
Shin’ichi considerava gli educatori come campioni ineguagliabili con una missione fondamentale:
quella di trasformare la società. Questa era la sua più intima convinzione.
La collettività è come un grande corpo formato da tanti esseri umani. Per questo, il futuro
dell’umanità e del mondo intero dipende da come si incoraggiano e si crescono i giovani, ed è per
lo stesso motivo che l’istruzione risulta essere l’impresa umana più impegnativa di tutte e
richiede i nostri massimi sforzi.
Gli insegnanti sono l’elemento basilare dell’ambito educativo, dal momento che esercitano una
grandissima influenza sui bambini. Makiguchi affermava che gli insegnanti sono essenziali per
riformare l’istruzione. Vista da una prospettiva più ampia, la capacità propria degli insegnanti di
continuare a lucidare e migliorare se stessi è la chiave per assicurare un ulteriore sviluppo alla
società.
Educazione umanistica 16
L’istruzione deve basarsi su una filosofia. È di vitale importanza che per il ventunesimo secolo
vengano fissati nuovi principi morali ed educativi profondamente radicati in un insegnamento che
rispetti la vita, come potrebbero essere le norme per la cittadinanza globale, che possano avere
un’applicazione e un riconoscimento universali, in grado di trascendere i confini nazionali ed etnici
dei singoli paesi. Questo è l’unico modo che abbiamo per dare inizio a una grande trasformazione
di cui deve farsi carico l’educazione.
In un passo del Sutra del Loto, il Budda afferma la sua intenzione di permettere a tutti gli individui
di diventare «uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi» (SDL, 45).
Il Budda personifica lo stato vitale che racchiude infinite possibilità, la Buddità, una condizione
vitale che si trova in ogni essere vivente. Il Budda, inoltre, senza fare distinzioni, aiuta tutti a
raggiungere il suo stesso stato vitale, la condizione vitale del Budda. Nel Sutra del Loto si legge
che questa è la missione del Budda.
Shin’ichi considerava queste parole come il principio fondamentale dell’educazione umanistica.
Lo scopo dell’educazione è quello di formare il carattere, creare individui, non macchine. Che
nobile esistenza hanno gli esseri umani! Le persone possiedono un potenziale illimitato nella
profondità della propria vita che è poi la sorgente da cui ha tratto origine la cultura. L’educazione
umanistica fa emergere quel potenziale che si trova in ogni persona, lo lucida e lo perfeziona.
L’educazione consente ai bambini di vivere felicemente e alla società di prosperare.
Fin dai tempi della contestazione studentesca degli anni Sessanta, quando agli occhi di tutti
risultarono evidenti le magagne dell’istruzione in Giappone, Shin’ichi non mancava mai di
sottolineare la necessità e l’urgenza di mettere in pratica l’educazione umanistica. All’inizio del
1971, in un lungo messaggio che inviò a una riunione del Dipartimento educatori, Shin’ichi
poneva l’accento sull’importanza dell’educazione umanistica. Era il centenario della nascita di
Tsunesaburo Makiguchi, l’anno in cui veniva inaugurata l’Università Soka e il decimo anniversario
della fondazione del Dipartimento educatori. Così come il fuoco cova sotto la cenere anche la
contestazione giovanile alimentava ovunque i suoi movimenti di protesta.
«Non c’è missione più nobile di quella che forma il carattere degli individui. L’educazione è la linfa
vitale del nuovo secolo e la sua importanza non è mai stata così cruciale come oggi.
«Nel passato ha predominato l’educazione nazionalistica, ma si è dimostrata un completo
fallimento; ora l’ottica si è spostata verso una educazione umanistica. In questo momento
dobbiamo concentrarci su come dovremmo vivere come esseri umani».
Educazione umanistica 17
Nel suo messaggio, Shin’ichi Yamamoto osservava con grande acume i problemi reali che
doveva affrontare l’istruzione in quel momento. «Il fallimento del sistema educativo riflette il
degrado che attraversa l’intera civiltà e potrebbe portare in ultima analisi all’imbarbarimento
della razza umana. Oggi, molti leader sono concentrati solamente a ottenere utili a breve
termine e interessi immediati. Mancano di una prospettiva più vasta per comprendere quello
di cui c’è realmente bisogno per costruire un futuro migliore: si sono coperti gli occhi di fronte
alle relazioni umane che legano la società e il suo ambiente, tappati le orecchie al ritmo
melodico delle diversità e non hanno fatto alcuno sforzo per percepire il vero battito del cuore
della vita. Proprio come l’educazione nazionalistica del periodo prebellico, anche quella
odierna è vuota e considera le persone poco più che ingranaggi di una macchina. C’è anche
da aspettarsi che i cuori dei giovani, così sensibili e puri, non possano trovare una loro
collocazione con questo tipo di sistema educativo. Questo è il grande errore della nostra
epoca alienata».
Shin’ichi continuò a discutere di come gli insegnanti avrebbero dovuto portare avanti
l’educazione umanistica utilizzando il loro ruolo. «Gli educatori che cercano di migliorare il
proprio carattere e di svilupparsi come esseri umani sono il cardine dell’educazione
umanistica. La qualità dell’istruzione potrà cambiare in meglio solo quando gli educatori si
muoveranno da quello che è il rapporto tradizionale insegnante-studente a uno che consenta
la crescita reciproca, sia degli insegnanti che degli studenti, avendo ben chiaro in mente la
creazione di un futuro migliore».
«Siete gli alfieri di questa educazione umanistica. Ciò significa che siete anche i
portabandiera di una cultura umanistica. Una grande, innovativa filosofia dell’umanità sarà
sicuramente la fonte ispiratrice di una nuova educazione e una cultura straordinaria». Quando
scriveva il messaggio, Shin’ichi stava prendendo in considerazione i dieci anni che sarebbero
seguiti.
«Se gli educatori che ardono di passione per la missione dell’educazione umanistica si
sforzano assiduamente e instancabilmente di studiare e migliorare se stessi, saranno in
grado di fare un passo avanti verso una rivoluzione educativa, capace di illuminare il futuro
del Giappone con una grande luce di speranza. Non è esagerato affermare che le azioni del
Dipartimento educatori potranno salvare il Giappone nei prossimi dieci anni».
Poi Shin’ichi ampliò la visuale e iniziò a descrivere i decenni a venire. «Alla fine, un flusso
costante di laureati dell’Università Soka si riverseranno nel settore educativo e il Dipartimento
educatori assumerà un’importanza sempre maggiore. Allora, l’istruzione Soka, una
educazione umanistica basata sulla filosofia della dignità della vita, diventerà la corrente
trainante dell’educazione in tutto il mondo».
Educazione umanistica 18
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
All’inizio del 1971, i membri del Dipartimento educatori furono profondamente colpiti dal
messaggio di Shin’ichi, dove esprimeva la necessità dell’educazione umanistica: per tutta
risposta, ognuno di loro si alzò in piedi con coraggio. Il 2 agosto, il Dipartimento educatori
tenne il settimo meeting generale per commemorare il centenario della nascita di
Tsunesaburo Makiguchi e il decimo anniversario della fondazione del Dipartimento, segnando
così un nuova partenza verso la realizzazione dell’educazione umanistica.
Anche Shin’ichi mandò un messaggio in occasione della riunione, lanciando un monito su
quella che era al momento la condizione dell’educazione: «Spesso è stato notato che, in
nome della modernizzazione, il nostro sistema educativo pone troppa enfasi sulla
acquisizione di informazioni mentre lo sviluppo del potenziale umano è indirizzato verso la
lotta per la sopravvivenza. Su tutto questo possiamo vedere ovunque esempi di incuria che si
possono definire unicamente come il fallimento nell’assunzione di responsabilità per
l’istruzione del paese.
«Andremo avanti su questa direzione o cercheremo di cambiarla? Questo, io credo, è il
problema principale che oggi ci troviamo ad affrontare.
«La creazione dell’educazione umanistica esprime la necessità di perseguire la missione e i
diritti dell’educazione in risposta a questa abdicazione di responsabilità. Nutro le più grandi
speranze per la profonda saggezza e la passione indistruttibile che coltivate, così come per
gli sforzi concreti che compite insieme agli altri, fondati sulla consapevolezza che
l’educazione opera per formare persone caratterizzate dalla compassione e dal dialogo». In
definitiva, la riforma educativa si trasmette nel modo in cui vivono gli insegnanti. In ultima
analisi, quindi si può dire che la rivoluzione educativa dipende dalla rivoluzione umana.
Nel 1973, basandosi sugli slogan: “Il Dipartimento educatori aperto alla società” e “Dal podio
alla comunità”, il Dipartimento educatori cercò in vari modi di dare il suo contributo alla
società. Shin’ichi nutriva le sue più fervide speranze per le attività degli educatori e ogni volta
che organizzavano un grande evento inviava loro un lungo messaggio allo scopo di
trasmettergli una guida eterna. Conferiva regolarmente anche con i rappresentanti del
Dipartimento. Ogni volta che ricevevano un incoraggiamento da Shin’ichi, rafforzavano la loro
determinazione per essere i professionisti della educazione umanistica mentre continuavano
a impegnarsi con tutto il cuore, provando nuove metodologie e facendosi venire in mente idee
nuove per diventare degli educatori formidabili.
Cercavano anche modalità diverse per dare un contributo alle comunità locali. E a forza di
pensare e ripensare a cosa avrebbero potuto fare per la società e come avrebbero poi
concretizzato quelle iniziative, emerse da più parti una nuova energia creativa.
Educazione umanistica 19
Anche il programma di consulenza educativa, costituito da membri volontari del Dipartimento
educatori, dette un importante apporto alla società. Questo programma iniziò a settembre del
1968, durante uno dei colloqui che Shin’ichi organizzò con i membri rappresentativi del
Dipartimento educatori. Il presidente Yamamoto chiese a Shigeyo Sugimori, che insegnava in
una classe di sostegno, se non ci fosse il modo in cui lei potesse mettere la sua esperienza e
la sua solidità al servizio della comunità e della società in generale.
Dopo una accurata preparazione, una decina di volontari crearono un programma gratuito di
consulenze per gli studenti e le loro famiglie afflitti da vari problemi, come assenze
ingiustificate, disturbi della parola, enuresi e altri disturbi emotivi. A quel tempo, c’erano
pochissime istituzioni pubbliche che offrivano consulenze di questo tipo. Ce ne erano alcune
ma erano private e il costo per molte famiglie sarebbe stato insostenibile.
L’umanesimo inizia quando facciamo nostra la prospettiva di coloro che soffrono di più: il
punto di vista dei cittadini comuni. Il programma di consulenza si svolgeva una volta alla
settimana. I volontari che vi partecipavano si recavano direttamente al centro di consulenza, a
volte senza avere il tempo materiale di cenare, pur di adempiere al desiderio sincero di offrire
tutto l’aiuto possibile per alleviare la sofferenza ai bambini e ai loro genitori.
Il programma dispensava test psicologici e sedute di aiuto per bambini e genitori. L’iniziativa
fu accolta molto bene e col passare del tempo aumentò rapidamente il numero delle persone
che cercavano consulenze psicologiche. I membri che presero parte al programma tennero
anche corsi di formazione volti a migliorare le loro abilità di counseling nonché di
introspezione psicologica per meglio comprendere i problemi della gente. Era una sfida
costante, ma così facendo loro stessi ebbero la possibilità di crescere. Un po’ alla volta furono
in grado di offrire una vasta gamma di aiuti psicologici mirati all’ambito educativo e l’iniziativa
si diffuse in tutto il paese.
Lo slogan per la loro attività era “la gioia di vivere insieme ai nostri bambini”. Si impegnavano
a valorizzare l’individuo, per questo motivo mentre svolgevano la loro attività cercavano di
rispondere alle esigenze di ogni persona: questa è la chiave per mettere in pratica
l’educazione basata sulla vera dignità della vita. Quei volontari facevano del loro meglio per
ogni bambino. Non volevano nulla in cambio. L’attività che svolgevano veniva dal senso di
missione che, come buddisti, coltivavano nel cuore essendo l’espressione della loro
coscienza.
Educazione umanistica 20
Le attività che facevano i volontari del Dipartimento educatori all’interno della società, si
estrinsecavano in varie forme che avevano l’obiettivo di diffondere un movimento di
educazione umanistica. Alcuni bambini non sono in grado di tenere il passo con i programmi
delle loro classi, ma grazie solo a un piccolo aiuto extra e una maggiore attenzione da parte
degli insegnanti, la maggior parte di loro può acquisire una comprensione diversa delle
materie e cominciare a fare dei progressi tangibili. Per aiutare quegli scolari, gli insegnanti a
Narashino e Chiba, crearono durante i fine settimana delle sessioni di recupero
appositamente per gli scolari delle elementari e medie superiori. Veniva chiamato il
programma delle “classi della speranza”.
I bambini che si presentarono a queste sessioni speciali avevano uno sguardo ansioso e si
sentivano insicuri, ma tutti loro volevano essere in grado di capire i compiti in classe.
Man mano che gli insegnanti trovarono le materie in cui gli studenti erano più carenti e
cominciarono ad aiutarli a superare le loro difficoltà, gli occhi dei bambini cominciarono a
brillare; avevano scoperto quello di cui avevano bisogno per capire il lavoro fatto in classe.
I loro volti a poco a poco diventarono più radiosi e ripresero a sorridere.
Uno degli obiettivi di questo corso speciale era quello di consentire ai bambini di sperimentare la gioia
nell’apprendimento attraverso un sostegno efficace. Una volta che cominciarono a capire, continuarono
a sentirsi motivati e desiderosi di studiare. Anche gli insegnanti di Sumida Ward, Tokyo, Chiba, e la
città di Kashiwa dettero vita al movimento “Jishu Gakkan” in modo da sviluppare e mettere in pratica il
metodo educativo basato sulla teoria della creazione di valore usata da Josei Toda nella sua scuola
privata a Jishu Gakkan1.
Durante le lezioni di matematica venivano utilizzati i metodi aritmetico deduttivi creati da Toda
mentre in quelle di composizione fu adottato un approccio strutturale. Cercando quindi di
1
Jishu Gakkan: Una scuola elementare fondata da Josei Toda nel 1923 con lo scopo di dimostrare, attraverso
la sperimentazione, il metodo educativo basato sulla teoria della creazione di valore di Makiguchi.
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
adattare i principi didattici e i metodi di Makiguchi e Toda alle esigenze del presente, gli
insegnanti si sforzarono di sviluppare il potenziale peculiare dei bambini e far emergere il loro
carattere al fine di creare valore.
Per stimolare lo sviluppo emotivo dei bambini molto piccoli venne organizzato un altro gruppo
di volontari che eseguiva spettacoli di burattini e giochi d’ombra. Gli insegnanti iniziarono a
tenere corsi dove insegnavano tutta una serie di materie come calligrafia, pittura, artigianato e
musica.
L’unità di “molti nel corpo, uno nella mente” significa che tutti condividono gli stessi obiettivi e
lavorano insieme, ma ognuno deve poi prendere l’iniziativa per usare al meglio le sue
capacità personali. Questo è il percorso che conduce alla vittoria.
Educazione umanistica 21
La famiglia, naturalmente, è l’ambiente principale dove i bambini vengono educati mentre si
forma il loro carattere. Anche dopo aver cominciato a frequentare la scuola, i piccoli passano
comunque molto più tempo a casa. Di conseguenza, il tipo di educazione che ricevono in
famiglia così come il comportamento che hanno i genitori, quando stanno con i propri figli,
sono fattori determinanti per una buona crescita di un bambino. Anche la comunità locale
esercita su di loro un’influenza non di secondaria importanza. In altre parole, c’è bisogno che
questi tre ambiti, la scuola, la casa e la comunità lavorino e cooperino congiuntamente per
poter migliorare l’ambiente educativo dei nostri figli.
A partire dal 1972, i membri della Divisione educatori insieme ai genitori delle comunità locali
misero in piedi la “classe di genitori” che dava il suo supporto alle famiglie per trovare
soluzioni concrete ai problemi relativi all’andamento scolastico e alla crescita dei figli, oltre a
infondere speranza e fiducia nei genitori. L’obiettivo di questa classe era quello di fornire
indicazioni per l’educazione dei figli nonché essere di aiuto per colmare il divario esistente tra
genitori e insegnanti.
Si tenevano lezioni, sessioni di domande e risposte e discussioni sul grande tema di quello
che potrebbe essere il rapporto ideale tra genitori e figli.
Inizialmente la classe di genitori iniziò come una classe per le madri gestita dai volontari degli
educatori, come parte integrante degli sforzi compiutii dalla Divisione stessa per contribuire
alla comunità locale.
Yoshimasa Hagino era un giovane maestro di scuola elementare che aveva sei anni di
esperienza alle spalle. Viveva all’interno di un complesso di case popolari a Chuo Ward, a
Tokyo, ed era stato uno dei primi responsabile delle classi di genitori. Poiché era un maestro,
le mamme spesso andavano da lui per essere consigliate sull’educazione dei figli. In questo
modo, il giovane si rese conto che molti più genitori di quanti non avesse mai immaginato
erano angosciati dai problemi che riguardavano l’educazione e la crescita dei propri figli.
Alcuni di loro sostenevano che avrebbero voluto una classe speciale dove potevano essere
consigliati al riguardo.
Il primo passo per dare un vero contributo alla società è ascoltare quello che le persone
hanno da dire ed essere in grado di rispondere ai bisogni che vengono espressi.
“Se questo potrà essere d’aiuto alla mia comunità, sarò più che felice di costituire una classe
del genere!”. Yoshimasa intraprese quindi il progetto con piacere per dimostrare la sua
gratitudine alla comunità.
Educazione umanistica 22
Benché Yoshimasa avesse deciso di dare inizio a una classe di genitori per mamme, aveva
ancora una miriade di problemi da risolvere, primo tra questi qual era il modo migliore per
aiutare le comunità locali, ma anche dove tenere le classi e quale programma presentare.
All’inizio, il giovane maestro doveva preparare i manifesti e i volantini che pubblicizzavano il
corso, ma doveva anche affiggerli e distribuirli: tutto questo da solo. Alla fine, i membri della
comunità, osservando il suo instancabile impegno, cominciarono ad aiutarlo. Alcuni addirittura
stamparono loro stessi i volantini.
Decine di madri si presentarono al primo corso. Yoshimasa tenne le prime lezioni su come
fare a lodare e disciplinare i bambini in maniera efficacie.
Spiegò anche che rimproverare i bambini quando si aspettano di essere sgridati non è in
realtà un modo produttivo per correggerli, anzi, spesso risulta essere controproducente e
provoca solo risentimento da parte loro. Lo scopo del rimprovero non dovrebbe essere quello
di sfogare le emozioni degli adulti, ma quello di incoraggiare il bambino a riflettere sul proprio
comportamento.
Sia come insegnante che come buddista, Yoshimasa credeva fermamente che nessun
bambino fosse cattivo. Spesso attingeva alla sua esperienza personale di insegnante quando
si intratteneva a parlare con le mamme. Ci metteva così tanta passione che a volte il suo
volto era lucido per il sudore. Anche lui faceva domande e discuteva con le partecipanti. Il
corso ebbe un enorme successo.
Veniva tenuto con regolarità e poiché si svolgeva nei giorni festivi, anche alcuni padri
espressero il desiderio di partecipare, e per questo motivo fu ribattezzato in un secondo
momento la “classe di genitori”. Il progetto venne portato avanti in tutto il paese grazie ai
volontari della Divisione educatori, e, infine, si trasformò in una serie di seminari di
formazione e riunioni di discussione che trattavano di tematiche legate all’educazione in
famiglia.
Hagino era entrato a far parte della Soka Gakkai nella primavera del 1961. Un amico della
madre lo aveva introdotto al Buddismo di Nichiren quando aveva finito da poco il liceo, in un
momento in cui si stava chiedendo cosa fare della propria vita. Dopo aver iniziato a praticare,
pensò di frequentare l’università ed iscriversi all’università Gakugei di Tokyo. Partecipando
alle attività della Divisione studenti, aveva scoperto di essere in perfetta sintonia con
l’insegnamento buddista che afferma che tutte le persone hanno la natura di Budda e
possiedono infinite potenzialità. Decise così di diventare un insegnante in modo da poter
aiutare i bambini a tirar fuori il loro immenso potenziale.
Educazione umanistica 23
Nel 1967 Yoshimasa realizzò il suo sogno coltivato da tempo e diventò un insegnante.
Fu mandato in una scuola elementare, che si trovava nel centro di Tokyo. Gli fu assegnata
una sesta classe. C’era solo una classe sesta in tutta la scuola; era composta da venti
studenti e negli anni si era fatta una pessima reputazione.
Gli scolari facevano cose come prendere la terra dalle aiuole, che erano in cima al tetto della
scuola, e buttarla giù in strada e sui negozi sottostanti. Facevano comunella contro i
compagni di scuola più piccoli, costruivano barricate in classe con i tavoli e le sedie. Durante
le ore di musica alcuni di loro colpivano così forte i tamburi che ruppero la pelle dei tamburi e,
uno dopo l’altro, distrussero anche molti degli altri strumenti. Scesero anche a gruppi nei
grandi magazzini per rubare: furono colti in flagrante dalle commesse e dichiararono
addirittura di essere di un’altra scuola.
L’insegnante precedente, dopo aver lottato a lungo contro la classe, alla fine chiese il
trasferimento in un’altra scuola.
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Yoshimasa era molto preoccupato, non sapeva bene come gestire la classe e rifletté a lungo
per trovare il miglior approccio possibile. “Forse per una persona inesperta come me questa
classe potrebbe rappresentare una sfida troppo impegnativa”, pensò.
In quei giorni però si ricordò che Shin’ichi Yamamoto aveva parlato dei bambini, definendoli
come il “tesoro dell’umanità” e “la speranza del mondo”.
“Proprio così”, pensava Yoshimasa. “Tutti questi bambini sono nati con una nobile missione
da assumersi nel futuro. Bambini così preziosi non possono essere sul serio così cattivi. Il
mio compito è quello di insegnare che ognuno di loro possiede una nobile missione!”.
Sentì come un raggio di luce illuminare il suo cuore. Da quel giorno, cominciò a pensare a
ogni alunno e recitava per tutti i suoi scolari.
Tuttavia, nonostante i suoi sforzi, molti allievi continuavano a parlare durante le lezioni o
stavano girati verso il fondo della classe. Una bambina addirittura aveva smesso di andare a
scuola perché era vittima del bullismo. Yoshimasa le aveva scritto una lettera per
incoraggiarla.
Yoshimasa aveva deciso che indipendentemente da quello che sarebbe accaduto avrebbe
comunque riposto la sua fiducia in quei bambini. Non mai li rimproverò bruscamente. Sapeva
bene che se prima non avesse stabilito un rapporto di fiducia con loro, i rimproveri non
avrebbero
dato
nessun
effetto.
Come scrisse il poeta francese Paul Eluard (1895-1952): «Fra tutti i miei modi di essere /
avere fiducia è il migliore».
Allora Yoshimasa iniziò a impegnarsi anima e corpo nella recitazione del Daimoku. Innanzi
tutto ebbe la sensazione come di avere la situazione sotto controllo e poi diventò più positivo.
“Non sono cattivi: sono solo birbanti e hanno decisamente troppa energia!”.
Educazione umanistica 24
Yoshimasa rifletté seriamente per scoprire il modo in cui i suoi alunni di potevano impiegare
costruttivamente tutta la loro vitalità.
Gli venne in mente l’idea di farli giocare a palla prigioniera durante l’intervallo ma anche dopo
la scuola. Sfruttando la notevole rivalità che esisteva tra bambini e bambine, aveva diviso gli
alunni in maschi e femmine e li faceva gareggiare gli uni contro gli altri. Un po’ alla volta tutta
quella energia fu riversata a palla prigioniera. Yoshimasa si univa alla squadra delle bambine
così poteva giocava con i suoi allievi.
Poi, durante la lezione di ginnastica, come riscaldamento faceva correre gli scolari intorno al
cortile della scuola per tre volte: ma non era una semplice corsa, si arrampicavano anche su
apposite strutture in legno, usavano la sbarra e gli altri attrezzi che erano in palestra. Quando
finiva l’ora di ginnastica, tutti gli alunni erano esausti. Mentre sfogavano così la loro
irrefrenabile vitalità, cominciarono anche a crearsi dei legami, come in genere accade in tutte
le classi e presto tornò a regnare la calma in quella sesta.
In autunno, c’era una incontro di atletica leggera e i rappresentanti degli alunni delle seste vi
parteciparono. Poiché c’erano pochissimi studenti alla scuola di Yoshimasa, quasi tutti i suoi
studenti avrebbero dovuto prendere parte alle gare. I bambini iniziarono ad allenarsi
duramente dopo la scuola. Tutti gli scolari stavano dando il massimo.
All’incontro di atletica uno di loro è arrivò primo nella corsa dei 100 metri. Un altro arrivò
secondo nel salto in alto. Gli alunni fecero del loro meglio e nella staffetta maschile i bambini
furono perfino capaci di piazzarsi sesti tra le trentasei scuole in gara.
Sia il preside della scuola gli altri insegnanti erano pieni di parole di lode per la classe Hagino,
dicendo che era inaudito per una scuola con soli venti alunni di sesta conseguire questi
risultati all’incontro di atletica.
La gioia che deriva dalla vittoria, frutto di tanto impegno e passione, diventa a sua volta fonte
di profonda autostima. Una vittoria porta a fare passi in avanti e funge da trampolino per tutte
le vittorie future.
Alcuni degli scolari di Yoshimasa cominciarono a dire che volevano provare a fare gli esami di
ammissione alle scuole medie private.
“Questa classe ha una preparazione scolastica un po’ scarsa e le cose potrebbero non
andare così bene come invece è successo sulle piste di atletica”, pensò Yoshimasa.
Ciononostante gli scolari erano fiduciosi: “Grazie alla vittoria riportata nelle gare abbiamo
imparato come si fa a vincere attraverso lo sforzo. E noi pensiamo di poter fare la stessa cosa
negli
esami
di
ammissione”.
Alcuni degli alunni iniziarono a utilizzare tutto il tempo che avevano all’intervallo per studiare.
Allora Yoshimasa decise: “Farò delle dispense per loro e li voglio sostenere tutti i giorni!”.
Quindi si mise a disposizione dopo la scuola per aiutare i bambini a studiare cose che non
riuscivano
a
capire.
Gli allievi che avevano deciso di provare l’esame di ammissione erano straboccanti di
entusiasmo.
Educazione umanistica 25
Col passare del tempo, si avvicinava febbraio e anche gli esami di ammissione alle scuola
medie; gli scolari di Yoshimasa Hagino avevano dato tutto loro stessi per esercitarsi e
prepararsi per la prova, nonostante il poco tempo che avevano avuto per studiare. Ognuno di
loro aveva fatto il suo massimo sforzo.
Alcuni giorni dopo gli esami, incominciarono a uscire i primi risultati. Degli otto studenti che si
erano iscritti all’ammissione per le scuole private medie inferiori, sette erano passati. Era un
risultato senza precedenti nella storia della scuola, dove di solito solo uno o due scolari l’anno
passavano gli esami per la scuola privata.
Si stava approssimando il giorno della recita scolastica. Gli alunni avevano espresso il
desiderio di voler fare qualcosa per mostrare agli insegnanti e ai genitori, a cui avevano
causato non pochi grattacapi nel corso degli anni, quanto fossero cresciuti e cambiati. Per
questo motivo avevano deciso di mettere in scena la storia di Osamu Dazai (1909-1948)
Corri, Melos!, che parla della fiducia e l’amicizia tra i due protagonisti, Melos e Selinuntius.
Yoshimasa
aveva
scritto
per
loro
la
sceneggiatura.
Gli scolari avevano iniziato a costruire da soli gli arredi di scena e gli sfondi, e, con grande
entusiasmo, avevano iniziato a fare le prove.
Il giorno della recita si erano esibiti con una tale passione che quando si giunse alla scena
drammatica in cui Melos prende a schiaffi Selinuntius, il rumore di uno schiaffo vero si era
sentito per tutta la sala.
Il pubblico fu commosso da quello spettacolo così coinvolgente che avevano messo su i
bambini; molti di loro avevano gli occhi pieni di lacrime. Erano lacrime di commozione per la
trasformazione straordinaria che gli alunni avevano realizzato nell’arco dell’anno scolastico.
Alcuni giorni prima della usuale cerimonia di licenza elementare, era stato organizzato un
ricevimento durante il quale gli scolari avevano espresso la loro riconoscenza a coloro che li
avevano sostenuti. Mentre suonava in sottofondo una musica d’organo, ogni bambino si alzò
in piedi e raccontò un ricordo dell’anno passato.
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Un alunno parlò della sua gratitudine per come lo aveva trattato l’infermiera quando si era
fatto male a scuola. Un altro raccontò di come tutti quelli in classe sua, anche quelli con cui
litigava, lo erano andato a trovare a casa quando si era ammalato.
Tutti gli scolari ringraziarono sinceramente il loro insegnante, il signor Hagino.
Tutti erano in lacrime. Anche Yoshimasa si asciugò gli occhi con un fazzoletto. “Sono
contento di aver avuto fiducia nei miei alunni. Tutti loro si sono poi rivelati dei bambini
meravigliosi,
proprio
come
pensavo”.
Quando si concluse il ricevimento fatto in onore degli scolari, il preside, che quell’anno
andava in pensione, osservò: “Che bellissima cerimonia avete preparato! Grazie. È incredibile
vedere quanto possano crescere i bambini. Mi sento un po’ come se avessi imparato
qualcosa di essenziale proprio alla fine della mia carriera”.
Educazione umanistica 26
Non solo Yoshimasa ma tutti i membri del Dipartimento educatori della Soka Gakkai iniziarono
con grande entusiasmo a dar vita a un movimento di sensibilizzazione per l’educazione
umanistica, a partire dai rispettivi luoghi di lavoro e comunità locali. Man mano che procedevano
in quella direzione sentivano il bisogno di comunicare a tutti i princìpi che animavano il loro
movimento. Nel 1973, anno in cui il Dipartimento educatori cominciò a essere seriamente
coinvolto nella comunità, la società giapponese sembrava avere perso il suo orientamento.
Anche se erano cessati i disordini nei campus dei licei e delle università, né i giovani né la
collettività avevano più una direzione chiara di dove andare ed era palpabile un diffuso stato
d’animo di passività, apatia e alienazione. Si aveva la sensazione che gli studenti vivessero
intenzionalmente in una sorta di limbo: evitavano le responsabilità e la maggioranza di loro non
cercava un lavoro.
L’idea che tutti dovessero ottenere un lavoro ben remunerato, condurre una vita tranquilla e
laurearsi nelle migliori università aveva portato inevitabilmente a creare tra gli studenti una
concorrenza feroce agli esami di ammissione. Ma l’Università di Tokyo, la massima istituzione al
vertice di quella piramide di università di chiara fama, così come molte altri atenei del paese, era
minata dai conflitti e dalle contestazioni che stavano coinvolgendo tutte le istituzioni scolastiche e
accademiche.
Gli studenti avevano occupato i campus e messo in evidenza il lato squallido dell’autorità
accademica, reclamando la democrazia e perfino lo smantellamento delle università stesse. Tutto
questo terminò quando l’autonomia degli atenei venne abolita e fu chiamata in causa la polizia
antisommossa per far rispettare la legge sul controllo delle università. Effettivamente tornò la
calma nei campus, ma la gente cominciò a nutrire una profonda sfiducia verso l’istruzione, lo
studio e il governo. I giovani, in particolare, sentivano che non c’era più nulla cui valesse la pena
dedicare la propria vita e, pervasi da un senso di alienazione e apatia, smisero di essere parte
attiva della società e sprofondarono in uno stato di oscurità interiore e pessimismo.
Questa oscurità proiettò la sua ombra su tutto il settore dell’istruzione: molti educatori persero di
vista i propri ideali e la reale finalità insita nell’insegnamento. Con questo diffuso senso di inutilità,
senza uno scopo o un obiettivo chiaro a cui mirare, molti insegnanti pensarono che non ci fosse
più ragione di impegnarsi a migliorare le proprie capacità di educatori. I volontari del Dipartimento
educatori avvertirono molto chiaramente che per loro era giunto il momento di alzarsi e agire. Il
senso di missione fa emergere dall’interno una vitalità rinnovata.
Educazione umanistica 27
In mezzo al caos più totale che regnava nel campo dell’istruzione, i volontari del Dipartimento
educatori si dedicarono allo studio dell’educazione umanistica, motivati dal desiderio di trovare il
modo per costruire un futuro migliore.
Studiarono gli scritti di Tsunesaburo Makiguchi sulla filosofia dell’educazione Soka, i metodi di
insegnamento che aveva sperimentato Josei Toda e le proposte sull’educazione di Shin’ichi
Yamamoto, discutendo su questi testi si scambiarono idee. In loro ardeva un profondo senso di
missione e il desiderio proponendo una serie di princìpi educativi nuovi, di trasmettere ovunque
l’umanesimo Soka nella società.
L’11 febbraio 1974, in occasione del settantaquattresimo anniversario della nascita di Josei Toda,
venne fondato il gruppo di studio dell’educazione umanistica. A novembre il gruppo di studio
organizzò la sua prima riunione presso l’auditorium della suola media e liceo Soka, a Kodaira, a
Tokyo. Durante il meeting, i membri resero noti i risultati della ricerca condotta in ambito
educativo, anche su studi sperimentali riguardanti tematiche come “L’adattamento: una guida
deduttiva all’aritmetica per il suo moderno insegnamento”, “Favorire la creatività incoraggiando
una maggiore espressione individuale attraverso la scultura”, “Insegnare in un asilo ai bambini di
cinque anni”e infine “Studio di un caso: i bambini affetti da autismo con diagnosi sbagliata”.
Nessuna delle ricerche risultava arida, astratta o frutto solo del sapere accademico. I risultati
riferiti si basavano su un serio lavoro e sull’esperienza concreta nelle scuole del paese. Come
affermò il filosofo tedesco Karl Jaspers (1883-1969): “Solo chi si fa ricerca è veramente in grado
di insegnare”. Era anche stato invitato a partecipare al convegno lo studioso americano Dayle M.
Bethel, che stava conducendo studi sulle teorie di Makiguchi in ambito educativo.
Il dottor Bethel fu prodigo di elogi per il gruppo di studio dell’educazione umanistica e per le
attività svolte, che mettevano in pratica l’educazione umanistica. Confidò che nutriva grandi
speranze per l’approccio umanistico dell’educazione Soka, che richiede necessariamente la
rivoluzione umana degli stessi educatori. Inoltre osservò: «L’istruzione è un nobile sforzo
congiunto in cui gli insegnanti, i bambini e gli studenti si impegnano tutti insieme per allenare e
sviluppare al massimo la propria forza interiore e loro la saggezza dando così il loro contributo
all’intera società». Anche il professor Tomitaro Karasawa dell’Università Tokyo dell’Educazione
durante la riunione tenne un discorso dal titolo “Riflessioni sulle qualità ideali delle persone nel
settore dell’educazione contemporanea”.
Educazione umanistica 28
Naturalmente, la risoluzione dei vari problemi di natura la politica è importante anche per la
riforma scolastica, ma la crescita personale dei veri protagonisti nonché responsabili
dell’educazione – ovvero gli insegnanti – rappresenta l’elemento essenziale per rivitalizzare
l’istruzione. In ambito scolastico, gli insegnanti svolgono un ruolo chiave per l’educazione degli
studenti. L’interazione che avviene tra educatori e studenti, una comunicazione vita a vita, è il
vero punto di partenza dell’intero sistema educativo.
E questo è comprensibile perché gli insegnanti lavorano in quella che si può definire la prima
linea dell’istruzione, e quindi hanno una maggiore consapevolezza di quelli che sono i problemi
delle politiche educative e infine sono sempre loro che possono fare la differenza influenzando il
cambiamento in quegli ambiti.
Tutto questo fa comprendere che la trasformazione di un insegnante, la sua filosofia di vita, ma
anche la sua preparazione e la sua umanità sono i fattori cruciali per giungere a una riforma
efficace dell’istruzione. Pertanto, per promuovere un movimento di riforma scolastica, i membri
del Dipartimento educatori decisero che era necessario mettersi al lavoro, proprio in qualità di
insegnanti, definendo quindi gli obiettivi dell’educazione, che sarebbero poi stati annunciati come
le linee guida del movimento per l’educazione umanistica.
Iniziarono a discutere sulla caratteristica che avrebbero dovuto impegnarsi a coltivare nei loro
studenti, la generazione futura, che domani che si sarebbe accollata le sorti del mondo. Quali
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
sono le prerogative necessarie ai bambini per essere felici e rendere il mondo un posto migliore?
Parlarono di questo argomento nel dettaglio e da varie prospettive, prima di riuscire a concordare
insieme le qualità ideali che secondo loro erano fondamentali per promuovere l’educazione.
In primo luogo gli insegnanti dovrebbero *incoraggiare le persone che possono sperimentare la
gioia di vivere. In secondo luogo, dovrebbero *incoraggiare le persone che possono coesistere e
prosperare in armonia insieme agli altri e alla natura. E in terzo luogo, dovrebbero infine investire
sulle persone che si impegnano costantemente a sviluppare e migliorare se stessi e il loro
ambiente.
Tsunesaburo Makiguchi definì l’obiettivo dell’educazione come la formazione di un carattere che
è motivato e capace di creare valore, in gran altre parole, una persona in grado di condurre una
vita felice e realizzata. La sua concezione di felicità trascendeva quella che era una felicità
strettamente incentrata sulla singola persona, senza il minimo riguardo per il benessere altrui, ma
abbracciava piuttosto l’aspetto sociale: la capacità di coesistere armonicamente con gli altri nella
società. I membri analizzarono più volte le loro idee da questo punto di vista, mentre lavoravano
insieme per elaborare le caratteristiche ideali, che a loro modo di vedere erano essenziali, per
incoraggiare gli studenti attraverso l’educazione umanistica, per il bene del futuro.
Educazione umanistica 29
I membri del Dipartimento educatori, dopo aver definito le tre qualità che avrebbero voluto
coltivare negli studenti attraverso l’educazione umanistica, cominciarono a prendere in
considerazione
i
prìncipi
educativi
necessari
a
formare
queste
persone.
Alla fine, giunsero a redigere i seguenti punti per gli insegnanti.
L’educazione deve rispecchiare: (1) Il rispetto per la sacralità della vita (2) Fiducia nella
ricchezza eterogenea del potenziale umano (3) Una particolare attenzione al rapporto
interattivo e di reciproca ispirazione tra educatori e studenti (4) L’obiettivo condiviso tra
educatori e studenti al fine di creare costantemente valore, sforzandosi allo stesso tempo di
compiere
la
propria
trasformazione
(5) Una conoscenza scrupolosa delle capacità degli studenti nonché diventare per loro un
punto di riferimento
Man mano che esaminavano quei punti, discussero anche di quale potesse essere la base
corretta per un movimento che promuovesse l’educazione umanistica.
Giunsero ad affermare che il valore della vita dovesse essere la priorità assoluta in tutti gli
ambiti del processo educativo, e che gli individui non dovessero mai essere sminuiti né
tantomeno strumentalizzati.
In quella sede dichiararono altresì che l’educazione deve sempre essere orientata
innanzitutto per il bene del singolo, e mai diventare uno strumento del governo o di altre
istituzioni, come era accaduto nel passato, quando in tempo di guerra il governo giapponese
si servì del sistema scolastico e accademico per indottrinare i cittadini.
Inoltre, furono tutti d’accordo nell’affermare che tutti i popoli della Terra condividono un
destino comune e che l’educazione dovrebbe aspirare a realizzare la pace mondiale sulla
base di una filosofia che rispetti la dignità della vita e possa rivolgersi universalmente a tutte
le
nazioni
del
globo.
La passione è la madre della creatività: il desiderio appassionato dei membri del Dipartimento
educatori, che mirava alla felicità dei bambini, stava dando vita a una nuova filosofia
educativa.
La Soka Gakkai designò il 1975 “Anno dell’educazione e della famiglia”.
All’inizio di quello stesso anno, il sette gennaio, si era tenuta la nona riunione generale del
Dipartimento educatori, presso il Tachikawa Civic Hall di Tokyo. Nel corso del meeting, fu
annunciata la prima bozza delle linee guida, su cui alcuni educatori stavano lavorando, per
dare inizio al movimento di educazione umanistica. Quei princìpi guida gettarono una luce
sfavillante, capace di dissipare le tenebre di apatia che stavano oscurando la società
giapponese.
Educazione umanistica 30
Con l’inizio dell’“Anno dell’educazione e della famiglia”, Shin’ichi Yamamoto compose un
poema intitolato Educazione che venne pubblicato nel numero di gennaio del Daibyakurenge,
il mensile di studio della Soka Gakkai. Egli desiderava offrire sia una guida che un
incoraggiamento a tutti coloro che stavano sostenendo tutte quelle persone, inclusi gli
insegnanti e i genitori. La poesia diceva:
I bambini non sono beni che si possiedono.
Ma sono loro stessi a essere i detentori,
nonché il tesoro comune all’intera umanità.
L’educazione basata sul rispetto dovuto ai bambini
sarà la forza trainante per il cambiamento della sociètà.
È facile educare gli altri,
ma difficile educare se stessi.
Rimanendo sul corretto sentiero della vita per tutta la durata della vita
e continuando a educare se stessi è di per sé
la via della rivoluzione umana.
Anche un piccolo consiglio
può determinare la più grande svolta nella vita di qualcuno.
Un’osservazione maliziosa e incauta
può causare una ferita che non guarisce mai nella vita di qualcuno.
L’educazione così come un consiglio personale
devono cominciare considerando attentamente i sentimenti altrui.
Nel componimento, Shin’ichi sottolineava i princìpi cardine dell’educazione, mettendo in
evidenza l’importanza di prendersi cura degli altri, ascoltare i loro problemi e condividere le
loro sofferenze. Voleva che lo spirito fondamentale Soka, che si era venuto a creare durante i
giorni pionieristici della Gakkai, non venisse mai dimenticato.
Questa era l’immagine che Shin’ichi aveva della responsabilità e che cercava costantemente
di infondere in tutti coloro che ricoprivano un posto da responsabile nell’organizzazione. La
Soka Gakkai dovrebbe essere un luogo dove si incoraggiano gli educatori ad affrontare le
sfide della vita; e questo fa sì che il progresso stesso della Soka Gakkai sia quello del
movimento
per
l’educazione
umanistica.
Il Buddismo, la filosofia della rivoluzione umana, è anche una suprema filosofia pedagogica.
Educazione umanistica 31
I giovani insegnanti erano la forza trainante del movimento umanistico del Dipartimento
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
educatori.
L’esperienza professionale era molto apprezzata nel campo dell’educazione. Chi era alle
prime armi raramente aveva l’opportunità di confrontarsi apertamente con chi aveva una
maggiore esperienza così come gli capitava di rado l’occasione di assumersi la piena
responsabilità per un qualsiasi progetto o una qualche iniziativa. Per questo motivo, il
Dipartimento educatori della Soka Gakkai decise coscientemente di dare ai giovani insegnanti
le posizione di responsabilità in modo da valorizzare l’energia della loro gioventù,
l’entusiasmo e la loro flessibilità.
Questa era l’intenzione di Shin’ichi ma anche la sua incrollabile convinzione. È possibile
progredire con spontaneità solo quando i giovani sono in grado di sfruttare appieno il loro
massimo potenziale. Per questo motivo, aveva nominato dei giovani come responsabili del
Dipartimento educatori. Essi non potevano avere grande esperienza nell’insegnamento,
erano ancora inesperti per alcuni aspetti, ma ciononostante Shin’ichi riponeva le sue più
fervide speranze nei loro nobili ideali, nella direzione che avrebbero assunto in futuro, nel loro
desiderio di migliorarsi ma anche nella loro determinazione sincera e appassionata.
Inazo Nitobe (1862-1933), ex sotto-segretario generale della Società delle Nazioni, che era
un conoscente di Tsunesaburo Makiguchi, affermò che gli ideali dei giovani sono: “Gli ideali,
che nascono dalla purezza e l’innocenza della propria giovinezza, quando si è liberi
dall’ambizione mondana e non si è contaminati dal desiderio di fama o ricchezza, sono
veramente nobili”.
Makiguchi dichiarò anche che aveva contato sui giovani per realizzare le riforme educative a
cui pensava da tempo: “Questa grande rivoluzione nella vita quotidiana sarà impossibile
senza i giovani educatori, puri di cuore e alla ricerca della verità ma anche disposti a lottare
con decisione in nome della giustizia e del loro paese”.
All’inizio del 1975, i giovani educatori cominciarono a parlare senza mezzi termini, come per
dire: “Questo è l’anno dell’educazione e della famiglia. Per noi è giunto il momento di levarsi e
dare il via a un’ondata sconfinata per il movimento dell’educazione umanistica che si
diffonderà
in
tutto
il
Giappone!”.
Durante del corso di formazione del Dipartimento educatori, tenutosi a marzo nella prefettura
di Shizuoka, si riunirono duemila rappresentanti degli educatori provenienti da tutto il
Giappone, in occasione della prima riunione generale dei giovani educatori.
Shin’ichi ne era felicissimo. Niente è paragonabile alla nobiltà dei giovani che cercano di
creare una nuova era.
Educazione umanistica 32
Il presidente Yamamoto era intenzionato a partecipare a quel primo meeting dei giovani
educatori, congratularsi con loro e incoraggiare i membri per l’impegno profuso in
quell’attività, ma il 29 marzo, giorno della riunione, doveva incontrarsi con l’ambientalista
tedesco Gerhard Olschowy, professore emerito dell’Università di Bonn. Non solo, aveva
anche un colloquio fissato con l’ambasciatore ad interim dell’Uganda in Giappone, Samsom
T. Bigombe e sua moglie, e tutto questo rendeva impossibile la sua partecipazione alla
riunione.
Al suo posto inviò ai membri del Dipartimento educatori un messaggio dove esprimeva le sue
speranze e le sue aspettative per il meeting in corso di svolgimento.
L’auditorium era stato decorato con uno striscione, con la scritta a caratteri cubitali: “I giovani
educatori impegnati nel movimento per l’educazione umanistica”, che manifestava tutto
l’impegno che ci avevano messo i membri. Nel suo messaggio, Shin’ichi asseriva:
“Rimangono solo venticinque anni all’alba del ventunesimo secolo. Il futuro del prossimo
secolo è nelle vostre mani, poiché sarà l’epoca dei vostri successori”.
Le parole di Shin’ichi trasmettevano tutta la passione e la sua più ferma convinzione.
“L’educazione è quella corrente invisibile che crea il futuro e determina il corso della storia.
L’educazione di oggi sarà quella che disegnerà i tratti del nostro domani. Abbiamo bisogno di
fare uno scatto in avanti decisivo per risolvere i problemi che sempre più rendono la nostra
epoca caotica e minacciosa. L’educazione assolve anche a questa funzione. Per questo
motivo la vostra missione così come la responsabilità, assunta da ciascuno di voi, risultano
della
massima
importanza”.
Le parole di Shin’ichi furono di grande impatto sui presenti.
Nella Dichiarazione dei giovani educatori, gli insegnanti affermarono quello che era
l’atteggiamento essenziale per portare avanti il movimento dell’educazione umanistica:
(1) Crediamo che la rivoluzione individuale di ogni educatore sia il primo passo da fare in
ambito pedagogico e per questo ci impegniamo a superare il nostro egoismo e la nostra
arroganza.
(2) Riporremo la nostra fiducia nelle potenzialità insite in ogni bambino e in ogni studente,
senza mai perdere la speranza, e porgendo loro sempre una mano.
(3) Desideriamo condividere le esperienze di insegnamento e studio per migliorare le nostre
capacità di insegnanti.
Queste erano le fondamenta da cui partivano i giovani educatori e con questo animo si
gettarono nella loro professione con frenesia ed entusiasmo. Diventarono come dei soli
capaci di illuminare le scuole e le comunità con la luce della speranza.
Educazione umanistica 33
Nell’agosto del 1975, Shin’ichi Yamamoto prese parte ai corsi estivi organizzati per le varie
divisioni della Soka Gakkai, per sostenere tutti i partecipanti e dare loro delle guide. Uno dei
corsi estivi per i membri del Dipartimento educatori si tenne il 12 agosto presso l’Università
Soka. Shin’ichi aveva deciso mesi prima che sarebbe andato ai corsi estivi degli educatori
quell’anno, dal momento era stato designato “Anno dell’educazione e della famiglia”.
Il giorno precedente, l’11 agosto, Shin’ichi era arrivato da Shizuoka all’Università Soka.
Benchè non si sentisse bene, aveva partecipato alla riunione più importante del corso estivo
della Divisione delle donne per incoraggiare i membri presenti.
Alcuni dei membri del Dipartimento educatori si trovavano all’Università Soka per gli ultimi
preparativi del corso che si sarebbe svolto il giorno successivo. Shin’ichi aveva invitato
Masaru Kito, il segretario del Dipartimento educatori, e altri responsabili, a incontrarsi con lui
nel campus universitario, presso la Man’yo House. Quando i rappresentanti degli educatori vi
giunsero, trovarono Shin’ichi sdraiato con una borsa di ghiaccio sulla testa. Stava ascoltando
il resoconto del presidente del consiglio degli amministratori fiduciari dellUniversità Soka. Era
il primo incontro di Masaru con il presidente Yamamoto. «Scusate l’aspetto!», esclamò
Shin’ichi. Nella stanza c’era del cibo cinese pronto sul tavolo: l’aveva ordinato Shin’ichi,
perché potessero mangiare qualcosa.
«Per favore, mettetevi comodi e servitevi pure!» Shin’ichi continuò il suo colloquio con il
presidente degli amministratori fiduciari, e quando ebbe finito si mise seduto e disse: «Ne
prendo un po’ anch’io». Ma non aveva appetito, e dopo un paio di bocconi posò le bacchette
sul tavolo e iniziò a parlare con Masaru Kito.
«Signor Kito, lei insegna in una scuola elementare a Kawasaki, nella prefettura di Kanagawa,
vero?».
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Masaru non riuscì a nascondere il proprio stupore: Shin’ichi sapeva molte cose di lui.
Imparare a conoscere chi si ha di fronte è fondamentale nelle relazioni umane, così come lo è
nell’insegnamento. Quando una persona, che sia giovane o vecchia, si accorge che il suo
interlocutore è informato su di lei e mostra un sincero interesse, si apre, e a volte si confida.
Questo è il primo passo per creare un rapporto basato sulla fiducia reciproca.
Educazione umanistica 34
Masaru Kito, segretario del Dipartimento educatori, era un insegnante trentottenne che era
diventato membro della Soka Gakkai dieci anni prima.
Nato nel 1937 a Magome, Tokyo, aveva vissuto da bambino il terrore dei raid aerei. Aveva
otto anni quando finì la guerra. L’anno dopo, sua madre si ammalò e dopo poco morì, in un
periodo in cui tra l’altro era estremamente difficile trovare del cibo. Masaru odiava la guerra,
che era stata la causa di così tanto dolore. Studiò presso un prestigioso liceo di Tokyo,
l’Hibiya, e dopo il diploma entrò alla Università Nazionale di Yokohama, dove si iscrisse alla
facoltà di scienze umanistiche. Poiché era di famiglia povera, la sera faceva diversi lavori
part-time, fra cui quello di guardia di sicurezza in una scuola elementare, mentre durante il
giorno si impegnava nello studio.
Nel 1960, mentre veniva discusso alla Dieta Nazionale (N.d.T.: l’organo legislativo
giapponese) il rinnovo del Trattato di reciproca cooperazione e sicurezza tra Stati Uniti e
Giappone (N.d.t.: stipulato in precedenza, nel 1951), molti studenti protestarono
violentemente contro tale iniziativa. Tra questi c’era Masaru, in prima linea, insieme agli altri
manifestanti, mentre con slogan e striscioni circondavano il palazzo della Dieta. Tuttavia,
nonostante le loro proteste, il trattato fu firmato, cosa che lasciò nel ragazzo una sensazione
di vuoto interiore. Masaru tuttavia continuò a cercare un modo per realizzare la pace, e
cominciò a pensare che non erano le manifestazioni e gli scioperi il mezzo giusto per
generare una situazione di armonia, bensì l’educazione. Egli credeva che coinvolgere nel
dialogo una persona dopo l’altra fosse la chiave per superare l’ignoranza, l’apatia, e il
disinteresse che la gente mostrava nei confronti della pace. Ebbe anche l’opportunità di
esprimere le sue opinioni, perchè apparve in televisione: andò in onda su un canale
nazionale, NHK (Japan Broadcasting Corporation), che aveva organizzato un “Forum dei
giovani”, una sorta di concorso tra ragazzi. Più o meno nello stesso periodo, una sua amica
dell’università gli aveva parlato della Soka Gakkai, e aveva sostenuto che la pace si poteva
creare solo attraverso la rivoluzione umana di ciascun individuo, cosa che, diceva, era
possibile mettendo in pratica il Buddismo. La ragazza gli aveva detto sinceramente che
apprezzava molto le sue idee, ma si chiedeva come egli si stesse muovendo nella realtà per
concretizzarle.
Masaru non seppe cosa rispondere ma si fece prestare dalla ragazza alcune pubblicazioni
della Gakkai e iniziò letteralmente a divorarle. Si trovava d’accordo con quello che leggeva,
ma non era convinto di diventare buddista: non aveva voglia di vivere la sua vita facendo
affidamento su cose come la religione.
Dopo la laurea, Masaru iniziò a fare l’insegnante e fu mandato in una scuola elementare a
Kawasaki. La scuola era situata in una zona industriale, dove il fumo e i vapori inquinavano
l’aria, e le polveri e la cenere coprivano il cielo. Molte delle famiglie che vivevano in quella
zona avevano grossi problemi economici, tuttavia nella comunità regnava un’atmosfera di
calore, solidarietà e unità. Masaru era stato assegnato lì perché era stato lui a chiedere di
andare in una delle scuole più impegnative. Voleva, come insegnante, dedicare la vita ai suoi
studenti, essere il Pestalozzi del Giappone. Masaru si infervorava quando parlava
dell’insegnamento, mostrando una passione e un entusiasmo non comuni.
Educazione umanistica 35
Non passò molto tempo che Masaru incontrò i primi ostacoli. Uno dopo l’altro, gli scolari della
quinta elementare di cui era responsabile iniziarono a marinare la scuola. Ci fu un giorno in
cui, di tutta la classe di venticinque alunni, si presentarono a scuola solo in dieci. Quando
andava a cercarli, li trovava in genere a bighellonare sulla riva di un fiume lì vicino; aveva
anche scoperto che alcuni dei suoi scolari sniffavano colla.
Masaru disse a sé stesso: «Ho anche una certa padronanza della psicologia e farò del mio
meglio per aiutare questi bambini a rimettersi in sesto». Quindi si gettò di nuovo
nell’insegnamento, animato da un entusiasmo ancora maggiore.
Aveva anche, presso il centro di ricerche della città, la qualifica di ricercatore per il settore
educazione, che mise a frutto impegnandosi nella consulenza pedagogica e nello studio della
psicologia. Si offrì di assumere i turni di sorveglianza notturna di altri insegnanti, e, a volte, si
tratteneva a scuola per giorni interi, senza mai rincasare, lavorando nella stanza di chi la
notte faceva i turni di vigilanza.
Una notte sentì un gran fracasso e scoprì che qualcuno aveva gettato dei pezzi di cemento e
dei sassi attraverso una finestra della scuola, rompendola e seminando vetri ovunque: un
grave
atto
di
vandalismo.
Alcuni dei ragazzi rubavano nei negozi perché non avere abbastanza da mangiare e non ne
potevano più di essere sempre affamati. Masaru si recava in commissariato a prendere quei
bambini e, talvolta, a causa delle difficili situazioni familiari, li faceva addirittura stare con lui
per un po’ di tempo. La sua lotta accanita andava avanti, un giorno dopo l’altro. Era sfinito, sia
fisicamente che mentalmente, e anche il suo proverbiale spirito traboccante di passione si
stava
spegnendo.
Un giorno, una delle bambine gli confessò: «Molti di noi sentono di poter sempre parlare con
lei di qualunque cosa, e sembra anche che si prenda cura di noi più di qualunque altro
insegnante, ma qui non piace a nessuno perché ha spesso un’espressione che sembra dire:
“Ho
da
fare!
Non
seccatemi!”»
Masaru perse tutta la fiducia che riponeva nelle sue capacità d’insegnante.
«Non sono riuscito a realizzare i miei ideali», pensava sconsolato. Si ricordò allora di quello
che anni prima gli aveva detto la sua amica dell’università che faceva parte della Soka
Gakkai: «Il Buddismo ti mette in grado di attingere al tuo infinito potenziale»; e anche: «l’unico
modo che hai a disposizione durante la tua vita per cambiare gli altri è vincere nella tua
rivoluzione
umana».
Casualmente, quell’amica lo ricontattò proprio allora, si incontrarono di nuovo e questa volta
decise di partecipare alle riunioni di discussione.
C’erano voluti cinque anni da quella prima conversazione con la sua compagna di università
per creare un cambiamento nella vita di Masaru.
Se piantate i semi del Buddismo, prima o poi daranno i loro frutti. Ecco perché è importante
parlare agli altri di questa filosofia, anche se in quel momento non mostrano alcun interesse.
Come afferma il Gran Maestro Miao-lo (711-782), sentir parlare della Legge è il “seme”,
mentre risvegliare la fede corrisponde al “germogliare del seme”. 2
Educazione umanistica 36
2
Tradotto dal giapponese. Commento di Nichikan Shonin sul Gosho L’oggetto di culto per l’osservazione
della mente.
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Ine, la madre dell’amica che aveva introdotto Masaru al Buddismo di Nichiren, si prese cura
del giovane e lo aiutò a imparare a praticare. Ine aveva affrontato la malattia in varie
occasioni e ne era uscita, diventando grazie alla pratica una persona molto più positiva e
allegra. Era fermamente convinta dell’efficacia del Buddismo.
La donna insegnò a Masaru i principi della filosofia di Nichiren da tutte le possibili angolazioni.
A causa del lavoro, Masaru non poteva partecipare alle riunioni ma, quando rincasava la sera
tardi, spesso e volentieri trovava dei biglietti di incoraggiamento attaccati al portone di casa
sua, tipo: «Penso a te»; «Hai una grande missione»; «Per favore, cerca di fare del tuo meglio,
senza mai mollare, indipendentemente dalla sfida che ti si para di fronte». Quando Ine
riusciva a vedersi con lui, ascoltava con grande attenzione quello che aveva da dirle. Quando
Masaru riuscva ad aiutare i suoi scolari a cambiare rotta, lei condivideva fino in fondo la gioia
del giovane. Era una semplice casalinga, ma una grande osservatrice: si accorgeva di tutto,
notava ogni suo minimo cambiamento, e in quelle occasioni gli diceva frasi come:
«Ultimamente mi sembri più allegro». Tutte le volte che Masaru incontrava Ine la trovava
sempre molto rassicurante e da quegli incontri usciva rivitalizzato. Si chiedeva il perché.
«Dev’essere perché Ine crede totalmente in me; e poi mi incoraggia sempre, lo sento, con
tutta se stessa. Posso percepire che il suo profondo desiderio è quello di vedermi felice,
vedermi crescere nella mia rivoluzione umana. Questo deve essere il motivo per cui mi sento
sempre così rincuorato e rinvigorito ogni volta che ci vediamo», pensò tra sé e sé.
Improvvisamente Masaru si rese conto che proprio queste erano le cose in cui era stato
maggiormente carente come educatore.
«Ho provato in tutti i modi a essere un buon insegnante, ma, ad esempio, mi è mai venuto in
mente, ho mai veramente creduto che tutti quei bambini hanno una nobile missione? Quanto
sono stato determinato nel vedere ognuno di loro felice? In realtà stavo solo cercando di
diventare bravo in questo mio lavoro senza pensare minimamente ai sentimenti dei miei
scolari. Avevo a cuore solo il mio ego». Lo spirito fondamentale dell’educazione deve basarsi
innanzitutto sul desiderio di vedere felici i propri allievi.
Educazione umanistica 37
Dopo ver compreso, per merito di Ine, il vero spirito dell’educazione, Masaru Kito si impegnò a
recitare seriamente tutti i giorni, pensando agli scolari della sua classe. Col passare del tempo,
riuscì ad arrivare ai loro cuori e i bambini smisero di marinare la scuola: la classe ebbe un
cambiamento inimmaginabile e straordinario.
Quel giorno, nella Man’yo House, all’interno del campus dell’Università Soka, Shin’ichi Yamamoto
disse a Masaru: «Ho appena ricevuto un resoconto completo di tutte le attività svolte dal
Dipartimento educatori. Sono venuto a sapere che molti dei membri più giovani sono maturati. Gli
educatori hanno fatto molte cose quest’anno».
«Grazie, presidente Yamamoto. - rispose Masaru - Nella seconda metà di agosto, alcuni membri
del Dipartimento educatori si recheranno in visita in Unione Sovietica su invito del loro Ministero
della pubblica istruzione. Faremo del nostro meglio per continuare a consolidare la rete di dialoghi
che lei ha iniziato già da tempo»
«Conto su di voi - esclamò Shin’ichi - Continuerò a impegnarmi al massimo per promuovere gli
scambi internazionali in ambito culturale, per il bene del Giappone e del mondo intero. Dobbiamo
fare in modo che i nostri figli, che crescendo dovranno assumersi la responsabilità della prossima
generazione, divengano consapevoli di quanto il mondo intero sia profondamente interconnesso.
«Desidero che i membri del Dipartimento educatori trasformino il percorso che ho tracciato in un
grande movimento per la pace nel mondo. Senza successori, il sentiero aperto con infinita
passione ed entusiasmo si ricoprirà di erbacce e scomparirà in poco tempo. Perciò è di vitale
importanza assicurarsi che tutto ciò che farete continuerà a crescere e a svilupparsi nel futuro.
«Io e mia moglie stiamo pregando sinceramente perché nessun membro del Dipartimento
educatori che si recherà in visita in Unione Sovietica si ammali e perchè questa sia un’esperienza
positiva e significativa per ognuno di loro».
Gli occhi di Masaru si riempirono di lacrime quando Shin’ichi espresse la sua preoccupazione per
la salute dei membri del Dipartimento educatori, dato che evidentemente lui stesso non si sentiva
molto bene. La partecipazione sincera si trasmette attraverso parole che esprimono la nostra cura
nei confronti degli altri. L’incontro ben presto si concluse.
Masaru avrebbe voluto chiedere a Shin’ichi di partecipare al corso estivo del Dipartimento
educatori che ci sarebbe stato il giorno seguente, il 12 agosto; ma vedeva perfettamente che
Shin’ichi era esausto e non si provò neanche a chiederglielo.
Educazione umanistica 38
Il 12 agosto, il presidente Yamamoto era seduto sul palco all’interno della palestra dell’Università
Soka . Prendeva parte alla riunione più importante del corso estivo degli educatori. Dopo un
discorso introduttivo tenuto dal responsabile del Dipartimento culturale, Yasuo Takigawa,
Shin’ichi prese la parola. Circa duemila membri, in rappresentanza del Dipartimento educatori, si
erano dati appuntamento lì al corso estivo, arrivando anche da posti lontani come l’Hokkaido e il
Giappone orientale.
“Vorrei esprimere la mia riconoscenza a ciascuno di voi per essere riusciti a partecipare a questo
corso estivo, malgrado il caldo soffocante”. Shin’ichi aveva iniziato ringraziando i membri per i
loro sforzi e lodando il loro spiccato spirito di ricerca. Vedendo Shin’ichi stare in piedi di fronte a
lui sul palco, Masaru non riuscì a trattenere le lacrime che gli scendevano dagli occhi. “Sensei ieri
sembrava così spossato che non osavo nemmeno pensare di chiedergli di venire oggi alla
riunione. Tuttavia, egli deve avere percepito il desiderio profondo di tutti noi e ha deciso di
esserci!”.
Dando un’occhiata agli appunti che si era preparato, Shin’ichi parlò con forza e decisione: “In
primo luogo, vorrei proporre di fissare il 12 agosto come ‘Giorno della rivoluzione educativa’ e
vorrei che ogni anno si celebrasse questa giornata in modi diversi. Che ne pensate?” Con
l’espressione “rivoluzione educativa” Shin’ichi intendeva realizzare un movimento di educazione
umanistica che fosse il portabandiera della dignità della vita con lo scopo di consentire a tutti i
bambini di diventare felici. Questa rivoluzione ha inizio con la rivoluzione umana di ogni
insegnante, man mano che ciascuno approfondisce la propria fede e migliora il proprio carattere.
I membri del Dipartimento educatori lamentavano lo stato attuale in cui versava l’educazione
giapponese ma in loro ardeva anche la determinazione di essere i pionieri dell’educazione
umanistica, e con questo spirito accolsero la proposta di Shin’ichi con un’ovazione esultante.
Quando gli applausi finirono, Shin’ichi continuò: “Guardandomi indietro, a partire dalla fine della
Seconda guerra mondiale, mentre eravamo alle prese con la ricostruzione del nostro paese –
anche se subito dopo la guerra si penava per la mancanza di cose materiali, come il cibo eravamo animati da una spinta che appassionava i nostri cuori per realizzare gli ideali
democratici. Tuttavia, man mano che è andata avanti la ripresa economica del Giappone e
abbiamo acquisito una maggiore ricchezza materiale, mi sembra che quello spirito originario si sia
indebolito e si stia perdendo un po’ ovunque.
“Questo, a mio parere, è diventato tangibile anche nel mondo dell’educazione”.
Educazione umanistica 39
Shin’ichi sottolineò che mentre si dovrebbe sempre attribuire la massima importanza agli esseri umani, in
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
tutte le occasioni, prima e durante la Seconda guerra mondiale in Giappone la priorità assoluta veniva data
alla forza militare, così come dopo la guerra tutta la società giapponese aveva perseguito unicamente il
raggiungimento della crescita economica. Invece l’educazione, il processo tramite il quale si sviluppa il
potenziale umano, rappresenta l’unico strumento reale che ci porta a compiere un vero passo avanti per
poter mettere nella giusta luce queste priorità distorte. Affermò inoltre che l’educazione è lo strumento per
rispondere alle esigenze del futuro, e dichiarò in quella sede che si sarebbe dedicato all’educazione fino alla
fine dei suoi giorni. Questo era infatti il motivo per cui Shin’ichi visitava le università di tutto il mondo,
tenendo conferenze e intrecciando nuovi dialoghi, cercando comunque tutti i modi possibili per estendere la
visione dell’educazione.
Shin’ichi raccontò al pubblico presente che quando fece visita a Dupront Alphonse (1905-1990), il rettore
della università Paris-Sorbonne, nota anche come Paris IV [N.d.t.: è una delle tredici università della
capitale francese Parigi. È l’attuale facoltà di Lettere e Scienze Umane della famosissima Sorbona. Tre
università hanno ereditato e conservato a Parigi il nome di Sorbona nel loro titolo ufficiale, tra cui la ParisSorbonne], l’educatore francese aveva confidato a Shin’ichi che imparare ad ascoltare con attenzione è
essenziale ai fini educativi. Secondo il presidente Yamamoto, le parole di Dupront ebbero una grande
importanza, dal momento che la Sorbona era stata il punto di partenza della rivoluzione di maggio del 1968
che aveva scosso fin nelle fondamenta il governo del presidente francese Charles de Gaulle (1890-1970).
Shin’ichi continuò il suo intervento: “Con l’espressione ‘ascoltare con attenzione’ il rettore Dupront
intendeva ‘tirare fuori quello che c’è dentro ogni studente’, prestando attenzione anche ai pensieri e alle
sensazioni più recondite che i giovani celano dietro le loro parole. Questo è ciò di cui si ha più bisogno,
oggi, in ambito educativo”. Come affermò il filosofo greco Zenone: “Il motivo per cui abbiamo due
orecchie e una sola bocca è che quanto più si ascolta tanto meno si parla”. “Un insegnante deve essere in
grado di saper ascoltare, per essere un buon pedagogo. Questo è possibile solo quando siamo pervasi da un
senso di compassione profonda come l’oceano. Abbiamo bisogno di educatori dal carattere forte e brillante,
sempre pronti a comprendere e indirizzare gli studenti; gli insegnanti devono essere come una batteria ad
alto voltaggio capace di sostenere un carico oneroso. Essere una persona in grado di ascoltare significa
avere la capacità di sostenere gli altri. Per fare questo, è essenziale capire il punto di vista dei vostri studenti
ed essere lì con loro per aiutarli”.
Educazione umanistica 40
Shin’ichi condivise poi con i membri riuniti nella sala un breve passo dell’educatore svizzero Johann
Heinrich Pestalozzi (1746-1827), che descriveva la sua esperienza di insegnamento con i piccoli orfanelli:
“Ho pianto con i bambini e ho riso con loro”. Pestalozzi stava sempre insieme ai bambini orfani, mangiava
lo stesso cibo, si prendeva cura di loro quando si ammalavano e dormiva nella stessa stanza con loro.
Shin’ichi disse: “Secondo me, l’approccio di Pestalozzi incarna alla perfezione l’essenza dell’educazione.
Naturalmente, gli insegnanti che si trovano oggi nelle scuole non possono vivere con i loro studenti giorno e
notte, tuttavia non devono perdere il senso di dedizione ai loro alunni personificato da Pestalozzi”.
Naturalmente i metodi educativi si evolvono con il cambiare dei tempi e della società, ma la solidarietà e
l’amore per i propri studenti, così come la determinazione di vigilare su di loro e di proteggerli, non devono
mai venir meno. È questo il punto di partenza per un approccio umanistico nell’educazione. Shin’ichi
continuò a parlare degli obiettivi di questo tipo di educazione affermando: “L’obiettivo dell’educazione
umanistica è quello di creare una situazione di equilibrio e armonia tra l’intelletto, le emozioni e la volontà
di ogni persona, sviluppando completamente questi tre aspetti dello spirito umano”.
L’intelletto o l’intelligenza - più in generale la capacità di apprendere - si può definire come l’uso della
ragione e la capacità di intendere animati al desiderio di comprendere. Inoltre, il flusso continuo di
informazioni da cui siamo letteralmente inondati ai giorni nostri, richiede la capacità cognitiva di analizzare
ed elaborare quelle informazioni: in altre parole, la capacità di pensare in modo logico e critico. Le
emozioni spaziano dalle sensazioni primordiali, come il piacere e il disagio, a sentimenti, pulsioni e
passioni complessi e articolati: in altre parole, l’aspetto affettivo della nostra vita interiore. La nostra
volontà non è costituita semplicemente da impulsi naturali come il desiderio o l’istinto, ma è piuttosto
l’iniziativa personale, nonché la motivazione interiore, a fungere da trampolino per spronarci a perseguire
con energia gli obiettivi che ci siamo scelti.
Educazione umanistica 41
Di cosa abbiamo bisogno per sviluppare appieno il potenziale del nostro intelletto, delle
nostre emozioni e della nostra volontà? Shin’ichi Yamamoto cominciava ad addentrarsi nel
cuore della questione. «La spinta individuale all’automiglioramento e all’autorealizzazione,
così come la compassione verso gli altri, sono i due fattori, le due fonti alle quali attingere per
poter impiegare intelletto, emozioni e volontà allo scopo di armonizzare la vita dell’individuo e
del suo ambiente sociale».
Ciò nonostante, autorealizzazione e compassione verso gli altri sono da tempo considerate
in contraddizione, anche nel Buddismo. Il perseguimento della propria autorealizzazione può
portare infatti all’egoismo, mentre l’adoperarsi a coltivare la compassione verso gli altri può
condurre allo spirito di abnegazione o a un atteggiamento evasivo e illusorio che può
condurre a ingannare se stessi.
Molte sono le religioni al mondo che hanno affrontato questo dilemma evidente.
Shin’ichi parlava con grande convinzione: «Nella filosofia del Sutra del Loto e negli
insegnamenti di Nichiren Daishonin, tuttavia, si trova la soluzione per riconciliare le due
questioni. Se si basa la propria vita sulla Legge mistica, la Legge fondamentale dell’universo,
la pratica del bodhisattva animata dalla compassione per gli altri è allo stesso tempo la via
che conduce alla propria realizzazione.
Negli Insegnamenti orali si afferma: «“Gioia” significa che se stessi e gli altri insieme provano
gioia» (BS, 118, 50); «Sia se stessi che gli altri insieme troveranno gioia nel possesso della
saggezza e della compassione» (ibidem).
Si tratta del principio del reciproco beneficio per se stessi e per gli altri, che si può trovare
ugualmente in qualunque scritto del Daishonin.
«Questo punto rappresenta il cardine dell’educazione umanistica che è in grado di sviluppare
completamente il potenziale dell’intelletto, delle emozioni e della volontà, contribuendo sia
alla felicità personale che alla crescita di una società fiorente. Voi, come educatori, state
propagando e sostenendo la Legge mistica e mettete in pratica questa filosofia nella vostra
vita quotidiana. La vostra missione è davvero incommensurabile.
«Abbiamo bisogno di vitalità e freschezza per offrire un esempio innovativo per il futuro che ci
attende. Niente è più difficile che incoraggiare i giovani a dispiegare le proprie capacità per
iniziare un’epoca di trionfo dell’umanità; a volte può sembrare impossibile, esattamente come
cercare di toccare il cielo con un dito. Ma è proprio per questo motivo che affido a voi, i nostri
giovani educatori, il compito di intraprendere questa missione».
Educazione umanistica 42
Nutrire fiducia nei giovani è come nutrirla nel futuro, così come sostenere la gioventù equivale
ad avere un atteggiamento positivo verso il futuro: questo era il motivo per cui Shin’ichi si
dedicava con tutto il cuore a credere e sostenere i giovani.
Guardando intensamente ciascun giovane educatore presente nella sala, concluse così il suo
discorso: «Spero sinceramente che i membri del Dipartimento educatori siano animati da una
passione trascinante per una rivoluzione educativa e creino una corrente straordinaria di
educazione umanistica capace di alimentare e rafforzare il futuro della nostra società».
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
Gli educatori applaudirono con entusiasmo, esprimendo la loro determinazione, nonché la
promessa di seguire puntualmente le parole del loro maestro.
Il 12 agosto (1975) era stato proclamato il giorno del Dipartimento educatori della Soka
Gakkai. Nel 2002, con la nuova partenza del Dipartimento educatori, da poco riorganizzato,
questa data aveva assunto un significato della massima importanza per tutti gli educatori: era
diventato un appuntamento dove ognuno di loro poteva riformulare il proprio voto di far
avanzare il movimento Soka dell’educazione umanistica.
Dopo il corso estivo i giovani educatori, profondamente ispirati dalle speranze che Shin’ichi
riponeva in loro, diventarono i portabandiera del movimento per l’educazione umanistica e
furono così in grado di adoperare tutta la loro energia.
Le attività svolte dai giovani educatori furono oggetto di particolare attenzione durante il
decimo meeting generale che si tenne il 6 gennaio 1976. L’anno precedente, il Dipartimento
educatori aveva effettuato un sondaggio per valutare le condizioni dei bambini nelle aree che
avevano registrato una crescita repentina della popolazione. I risultati del sondaggio furono
comunicati nel corso della riunione. I giovani educatori erano stati la forza trainante di quel
progetto.
In quel periodo, erano stati costruiti molti complessi residenziali di grandi dimensioni nelle
periferie delle grandi città, contribuendo a un improvviso e brusco aumento della densità della
popolazione in alcune aree metropolitane. Nel maggio dell’anno precedente erano stati
effettuati dei sondaggi nella zona di Tama, subito fuori Tokyo, e in quella di Kasugai, nella
prefettura di Aichi. Lo scopo era quello di raccogliere informazioni sulla vita dei bambini che
avrebbero potuto rivelarsi utili per comprendere meglio le loro necessità in ambito educativo.
Dopo questo, seguirono altri progetti. Il Dipartimento educatori svolse altri rilevamenti sui
problemi comportamentali dei giovani studenti delle scuole medie superiori e approntò anche
dei questionari, nelle diverse parti del Giappone, per capire cosa pensavano della pace e
della guerra gli studenti che frequentavano l’ultimo anno delle superiori.
Il presidente fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, diceva sempre che non
bisogna trarre conclusioni affrettate senza prima conoscere bene i fatti. I giovani maestri si
impegnarono seriamente per comprendere appieno le realtà della vita quotidiana dei bambini,
in modo da poter aprire la strada a un tipo di educazione davvero innovativa.
Educazione umanistica 43
Quegli insegnanti alle prime armi speravano di diffondere la portata innovativa del movimento
di educazione umanistica invitando molti ospiti del settore educativo alla loro riunione
generale. Man mano che si facevano promotori della propria iniziativa nelle scuole, si resero
conto che i loro scolari erano come rinvigoriti e avevano cominciato a dare segnali
inequivocabili di una crescita del tutto inaspettata. I giovani educatori erano molto fiduciosi e
anche orgogliosi che il loro movimento potesse aprire la strada verso un futuro luminoso
dell’educazione: era arrivato il momento di coinvolgere anche gli altri insegnanti,
condividendo con loro le proprie idee, così come di invitare gli ospiti alle loro riunioni.
Pubblicarono anche una raccolta di esperienze sull’insegnamento dei membri del
Dipartimento educatori, per celebrare il meeting, dal titolo «Storie di insegnanti animati dalla
passione». Regalarono la prima copia del libro al presidente Yamamoto. Dopo aver sistemato
il libro davanti al mobiletto che custodisce il Gohonzon e avere recitato Daimoku, Shin’ichi
aprì il volume e lo lesse da cima a fondo, senza mai interrompersi.
Vi erano raccolte molte esperienze. Una di queste era la storia di Yoshimasa Hagino, un
maestro di una sesta elementare, con una classe di venti alunni, che insegnava in una scuola
nella zona centrale di Tokyo. Era stato capace di trasformare gli atteggiamenti distruttivi dei
suoi scolari più problematici attraverso l’allenamento che gli aveva fatto fare in vista delle
gare di atletica, dove i bambini riportarono dei risultati straordinari. Questa esperienza aveva
poi spinto molti dei suoi alunni a impegnarsi a superare l’esame di ammissione nella scuola
media privata.
Un’altra esperienza raccontava la storia di un insegnante di liceo, a Hiroshima, che si era
adoperato con tutto se stesso per aiutare otto dei suoi studenti che avevano assunto
comportamenti problematici di diverso tipo, furtarelli, bullismo, fumare, sniffare colla,
scappare di casa e, seguendoli da vicino, era riuscito alla fine a farli diplomare a pieni voti.
Un’altra ancora narrava gli sforzi di una maestra della prefettura di Saitama che tutti i giorni si
era recata a trovare a casa una bambina di quinta elementare che a un certo punto aveva
deciso di non voler più andare a scuola per il timore di lasciare la sua cameretta. Grazie a
queste visite giornaliere era riuscita a fare amicizia con bambina, che poco dopo aveva
ripreso a frequentare la scuola.
Shin’ichi disse a sua moglie Mineko: «Questi insegnanti hanno pubblicato un bellissimo libro
che racconta delle loro lotte implacabili, condotte a trecentosessanta gradi. Mi immagino che
un’infinità di volte avranno pensato di avere fallito per non essere riusciti a entrare in contatto
con i loro studenti, perdendo la fiducia nelle loro capacità e con la sensazione di brancolare
nel buio. Ciononostante, hanno fatto appello al proprio spirito, basato sulla convinzione che
ogni bambino ha una missione unica, e hanno continuato ad andare avanti, dedicandosi con
grande sincerità al loro lavoro.
«Alla fine, ciò che conta davvero è la perseveranza, la determinazione, la forza e il coraggio.
Queste sono le chiavi del successo non solo nel campo dell’istruzione, ma in tutte le imprese.
Sono felicissimo di vedere che uno dopo l’altro stanno emergendo degli insegnanti così
determinati nella Soka Gakkai».
Educazione umanistica 44
Il 12 agosto 1976, esattamente un anno dopo il corso estivo del Dipartimento educatori
durante il quale Shin’ichi aveva proposto che i membri del Dipartimento si impegnassero
solennemente a intraprendere una rivoluzione in ambito educativo, si tenne un meeting per
celebrare la Giornata della rivoluzione educativa presso il Tachikawa Civic Hall di Tokyo.
Una delle ragioni che avevano spinto a organizzare questa riunione era di offrire l’occasione
di condividere i racconti di vita vissuta degli insegnanti, in modo da promuovere il movimento
dell’educazione umanistica in maniera diversa dai resoconti formali. Cinque insegnanti
presero la parola durante il meeting. Le loro esperienze su come si erano dedicati ai loro
alunni, senza risparmiarsi, erano risultate molto toccanti e illuminanti. Una storia, in
particolare, ricevette il plauso di tutti i presenti: quella di Takami Kitagawa, un’insegnante di
un liceo femminile nella prefettura di Okayama.
Una ragazza di nome Kazuko, nella classe Takami, frequentava l’ultimo anno di liceo. Kazuko
viveva in una pensione, non con la sua famiglia. Era una giovane che ormai nessuno riusciva
più a gestire: si azzuffava spesso con i suoi compagni di scuola, passando per i corridoi
minacciava le persone, ignorava le più basilari regole della scuola e violava il codice di
abbigliamento del liceo. Secondo alcuni studenti, era solita bere e fumare, e sniffava anche
colla.
Kazuko aveva una malformazione congenita: il dito indice e il medio di una mano erano infatti
molto più corti del normale. Da piccola era stata presa in giro per questo motivo e tale
esperienza aveva influenzato negativamente il suo carattere.
A scuola tutti i professori pian piano si erano arresi e avevano smesso di prendersene cura, e
la cosa feriva molto Takami. Sapeva perfettamente che se Kazuko avesse continuato a
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
infrangere le regole della scuola, alla fine sarebbe stata espulsa. Poteva immaginarsi che
quella malformazione congenita dovesse aver già causato tanto dolore e sofferenza alla
ragazza, durante i soli diciassette anni della sua vita, ma continuando a tenere quel
comportamento così autodistruttivo, avrebbe causato a se stessa solo ulteriore tormento.
Takami desiderava che Kazuko diventasse molto più felice di quanto non avesse sofferto in
tutta la sua esistenza. Voleva fare qualcosa per quella ragazza.
Così ebbe inizio la sfida di Takami. Cominciò innanzi tutto a recitare molto daimoku per la
felicità di Kazuko.
Le azioni positive e determinate, basate sulla preghiera, possono aprire la strada a un futuro
migliore.
Educazione umanistica 45
Takami Kitagawa decise intanto che avrebbe smesso di ignorare le infrazioni alle regole
scolastiche commesse abitualmente da Kazuko. Allo stesso tempo, si sforzò di non
etichettarla come una piccola delinquente. Takami diventò quindi molto severa con Kazuko,
proprio come espressione della sua sincera compassione e del desiderio profondo che
nutriva di vedere in lei un cambiamento. «Kazuko, abbottonati la camicetta». «Non è
permesso mettersi scarpe rosse da ginnastica». Kazuko avrebbe preso questi rimproveri
come manifestazione del suo affetto e della sua preoccupazione? Oppure quei rimproveri
avrebbero creato l’effetto opposto, aumentando il suo risentimento? Questo era il rischio a cui
andava incontro la giovane professoressa.
In un primo momento, Kazuko la ignorò semplicemente. «Mi lasci in pace, non stia sempre a
guardare ogni cosa che faccio! », le disse una volta la ragazza, uscendo di corsa dall’aula.
Ma Takami non aveva alcuna intenzione di desistere… finché un bel giorno cominciò a notare
le prime avvisaglie di cambiamento: Kazuko aveva smesso di ignorare le parole della sua
insegnante, quando la riprendeva, e talvolta capitava addirittura che i loro sguardi si
incrociassero. Takami lo interpretò come un segnale di apertura.
Poi, un giorno, durante una lezione, accadde un episodio sgradevole. Ci fu un commento
fuori luogo di un altro insegnante sulle persone con malformazioni fisiche che ferì
profondamente Kazuko. Anche se il professore si era scusato, la ragazza non poteva
dimenticare l’accaduto. Il giorno seguente, riprese ad arrivare a scuola in ritardo. Quegli inizi
di cambiamento che Takami aveva alimentato, piena di speranze, erano stati stroncati sul
nascere.
La giovane insegnante era dispiaciuta che tutti i suoi sforzi fossero stati vanificati. Ma se lei
avesse smesso di credere in Kazuko, cosa ne sarebbe stato della ragazza? Takami allora si
rimproverò per aver pensato anche solo per un attimo di mollare tutto e decise di starle vicino.
Se provava sinceramente a rimettersi in contatto con Kazuko, non poteva non riuscirci.
Cercare di comunicare con un’altra persona, in realtà, è una lotta contro la propria
rassegnazione.
A metà gennaio telefonò a scuola una persona che era una specie di tutrice di Kazuko, per
dire che la giovane aveva mal di stomaco e che sarebbe rimasta a casa. Quando Takami
chiamò la pensione dove stava la ragazza, la tutrice le rispose che pensava invece che
Kazuko fosse andata a scuola. Takami era molto preoccupata, ma il giorno dopo la
studentessa si presentò a scuola come se nulla fosse accaduto. Quando Takami le disse che
voleva parlarle, Kazuko reagì esclamando: «Ma che senso ha? Lei ha tutte le dita normali.
Non può capire come mi sento!».
Educazione umanistica 46
Ciononostante Takami provò in numerose occasioni ad avvicinare Kazuko, ma Kazuko
trovava sempre una scusa: «Ho da mangiare il mio panino», «Devo fare le pulizie», evitando
tutti i suoi tentativi. Tuttavia, un bel giorno, Takami riuscì a sedersi e a parlare con lei.
Takami si rendeva conto che un atteggiamento di compatimento da parte sua non avrebbe
prodotto alcun risultato. Decise quindi di tirare in ballo, senza mezzi termini, l’unico
argomento che tutti gli altri evitavano accuratamente: la malformazione della sua mano. Mise
in conto la possibilità che il suo approccio diretto potesse rovinare definitivamente la loro
relazione, ma aveva recitato tanto Daimoku per arrivare al cuore di Kazuko e trasmetterle il
suo vero proposito.
Iniziarono a dialogare. Takami guardava Kazuko dritta negli occhi mentre le parlava con
fermezza e convinzione. «Ti stai servendo della tua mano come una scusa per tutto quello
che non ti va per il verso giusto. Per quanto tempo ancora hai intenzione di fare così? Ci sono
un sacco di persone al mondo affette da malattie terribili o da gravi malformazioni. Eppure
tutti vanno avanti, cercando di vivere al meglio delle loro possibilità. Se continui a ritenere i
tuoi genitori responsabili per quello che hai vissuto finora, ribellandoti e prendendotela con gli
altri, finirai col diventare sempre più infelice!».
Dapprima Kazuko si era rifiutata di guardare negli occhi la sua insegnante, ma quando
Takami pronunciò quelle parole, l’espressione della sua faccia era cambiò. Le sue labbra
avevano cominciato a tremare, si stringeva le mani appoggiandole alle ginocchia e sembrava
che stesse facendo degli sforzi sovrumani per trattenere tutta la rabbia che covava.
Man mano che passavano i minuti Takami prendeva sempre più coraggio perché pensava:
«Devo dire tutto quello che va detto, per vedere di scuoterla fino in fondo! Un tentativo fatto a
metà non è un vero tentativo!».
Quindi continuò: «La tua mano non è perfetta ma è parte di te, fa parte di quello che tu sei
ora. Le tue dita possono essere più corte rispetto a quelle degli altri, ma tu sei perfettamente
in grado di scrivere e usare le bacchette per mangiare. Non permettere alla tua
malformazione di limitarti.
«Da oggi, voglio aiutarti a sfidarti, per diventare così coraggiosa da far vedere a tutti la tua
mano, liberamente. Devi diventare più felice di quanto la tua mano ti abbia reso finora triste,
devi diventare più felice di qualunque altra persona al mondo. Io voglio che tutti i miei studenti
siano felici, ma più di qualsiasi cosa, voglio che sia tu a diventare veramente felice, felice
come non lo sei mai stata».
Gli occhi di Kazuko si riempirono di lacrime che le bagnarono le guance e le caddero giù sulla
gonna.
Intanto fuori, si era fatto buio.
Educazione umanistica 47
Il giorno seguente, Takami disse tra sé: «Ora sì che comincia il lavoro!». Quando arrivò a
scuola, Kazuko si recò nella sala insegnanti per incontrarla.
Quando la vide, aprì bocca timidamente, dicendole: «Professoressa, grazie per ieri» e le
porse una busta con fare timoroso. Takami la aprì e lesse d’un fiato la lettera che conteneva,
dove la ragazza aveva scritto: «So di averla delusa. So di averle disubbidito più volte di
quanto non sarei capace di contare. Eppure lei ha continuato a credere in me e si è
veramente impensierita e preoccupata per me. Ero letteralmente estasiata quando ho le ho
sentito dire che voleva che diventassi molto più felice di chiunque altro.
«La prego, anche se sono ‘un caso disperato’ non smetta di starmi dietro, e continui pure a
essere severa con me. Mi rendo conto ora che lei è la prima persona, a parte i miei genitori,
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
che si sia mai presa cura di me. Ne sono davvero felice. E sono anche molto contenta che lei
sia entrata nella mia vita».
Da quel momento Kazuko cominciò a cambiare. Takami cominciò a vedere il suo sorriso
luminoso. Quel muro spesso che si era creato tra lei e i suoi compagni di classe a poco a
poco si sgretolò.
Finalmente arrivò il giorno del diploma. Takami augurò a Kazuko tutto il bene possibile e la
incoraggiò a diventare una persona profondamente felice.
Il giorno dopo, la ragazza tornò a scuola per consegnare alla sua insegnante una lunga
lettera, piena di parole di apprezzamento e determinazione.
Gli scambi tra Takami e Kazuko continuarono anche dopo il diploma. La giovane aveva
deciso di diventare infermiera e riuscì a ottenere un posto in un ospedale che le permetteva di
lavorare mentre frequentava la scuola. Fu capace infine di realizzare il suo sogno di fare
l’infermiera, ed ebbe una vita felice, senza farsi scoraggiare troppo dalla malformazione
congenita della sua mano.
Tutti i bambini hanno una missione. Il fondamento della vera educazione umanistica è la
convinzione incrollabile che ogni persona ha una nobile missione nella vita.
Le esperienze di Takami e di altri giovani insegnanti erano state poi raccolte e pubblicate in
un secondo volume di «Storie di insegnanti animati dalla passione». Shin’ichi Yamamoto
quando lo vide, sentì che l’educazione Soka scorreva nelle vene di quei giovani educatori
man mano che portavano avanti le loro battaglie con forza e partecipazione. Con questo
pensiero pregò con grande sincerità: «Lodo questi giovani educatori e tutti i loro studenti,
compresa Kazuko. Possano essere tutti forti, felici e vittoriosi nella vita!».
Educazione umanistica 48
Il 6 febbraio 1977, dopo aver parlato con un gruppo di studenti in rappresentanza delle scuole
Soka, Shin’ichi si diresse alla prima riunione del Dipartimento educatori di Tokyo, che si
teneva a partire dalle 1930 nella sala Kosen (kosen-rufu), presso il Centro culturale Soka a
Shinanomachi, a Tokyo.
Shin’ichi riteneva che l’educazione avrebbe svolto un ruolo cruciale per fare del ventunesimo
secolo un secolo di pace, un secolo di vita e un secolo di umanità. Di conseguenza c’erano
molte cose che avrebbe voluto dire, ma quel giorno, nel suo discorso, decise di concentrarsi
sui principi fondamentali della fede.
Quando Shin’ichi raggiunse la sala, la riunione stava quasi per finire. La sua comparsa fu
accolta tuttavia con un applauso sorprendente.
«Buona sera! Benvenuti e grazie per aver partecipato oggi a questo meeting, nonostante il
freddo pungente». Dopo avere pronunciato queste parole, scandì tre volte Daimoku con i
presenti in sala. Poi chiese che il tavolo e la sedia che erano stati messi apposta per lui sul
palco venissero spostati più avanti, per essere più vicino ai membri.
«Stasera mi piacerebbe parlare con voi in modo informale. Per favore, avvicinatevi tutti».
I membri allora si spostarono, mettendosi tutti seduti intorno a Shin’ichi.
«Uno degli eventi più importanti del ventesimo secolo è stato il primo volo spaziale. Otto anni
fa (nel 1969), la navicella Apollo 11 atterrò sulla Luna e Neil Armstrong fu il primo essere
umano della storia a mettere piede sulla superficie lunare. Sono sicuro che tutti ricordate ciò
che esclamò in quel momento: ‘Questo rappresenta un piccolo passo in avanti per l’uomo, ma
un balzo gigantesco per l’umanità’.
«Ho preso questo esempio da un contesto diverso, ma la stessa cosa si può dire delle attività
che svolgiamo quotidianamente. Anche se ognuna delle nostre vittorie individuali per kosenrufu può sembrare una piccola cosa, ciascuna di esse in realtà è un passo straordinario per
creare una pace duratura e la felicità per tutta l’umanità. Esse rappresentano l’inizio di una
nuova era della storia umana.
«La navicella spaziale Apollo 11 fu portata sulla luna da un razzo, il Saturno V. E Wernher
von Braun (1912-1977), scienziato e ingegnere, è stato una delle figure principali nello
sviluppo della missilistica e quindi anche del razzo Saturno V».
Educazione umanistica 49
Shin’ichi Yamamoto continuò a parlare dello scienziato, fautore dello sviluppo della
missilistica.
Wernher von Braun era nato in Prussia nel 1912, nella città di Wirsitz (oggi Wyrzysk,
Polonia). Da ragazzo, era affascinato dall’idea di viaggiare nello spazio.
«La cosa straordinaria di von Braun è che fin da giovane era determinato a inventare un
razzo che avrebbe reso possibili i viaggi nello spazio, e si dedicò instancabilmente alla
realizzazione di quel sogno per tutta la vita.
«All’età di dodici anni causò dei danni notevoli, a seguito dell’esplosione di un vagone
giocattolo a cui aveva attaccato dei fuochi d’artificio. Il giovane von Braun venne preso in
custodia dalla polizia finché non arrivò il padre, il quale lo rimproverò severamente per
l’accaduto. Ma lui non si arrese. Continuò a fare esperimenti con i razzi anche se ogni volta,
regolarmente, passava guai di non poco conto.
«Quando frequentava ancora la scuola, non andava molto bene in matematica e fisica. Ma
non appena si rese conto che senza padroneggiare queste due materie non sarebbe mai
stato in grado di inventare un razzo spaziale, cominciò ad applicarsi talmente che arrivò ad
eccellere in entrambe. Continuò poi a dedicarsi allo studio fino alla laurea, e iniziò a lavorare
allo sviluppo dei razzi in Germania, campo in cui ottenne dei successi senza precedenti.
«La tenacia di von Braun e il suo rifiuto assoluto di demordere, indipendentemente della
situazione, è ciò che gli ha permesso di realizzare finalmente il suo sogno di viaggiare nello
spazio. Perseverare, andare sempre avanti a dispetto di qualunque ostacolo: questa è la
chiave del successo e la forza trainante che ci condurrà alla vittoria».
L’esistenza di von Braun fu profondamente influenzata dagli anni bui che seguirono, del
regime nazista. Per mandare avanti la sua ricerca di scienziato missilistico, l’unica possibilità
che aveva era di lavorare per l’esercito tedesco. A causa di forti pressioni dovette entrare
anche nel partito nazista ma, ciononostante, rimase fermo nelle sue posizioni di ricercatore,
continuando a coltivare il suo sogno di viaggiare nello spazio.
Educazione umanistica 50
Nonostante la Germania nazista avesse creato una nuova arma (N.d.T.: il razzo V2), la
sconfitta del Terzo Reich era ormai imminente. Poiché von Werner e i suoi colleghi erano stati
coinvolti nella produzione segreta e nello sviluppo della tecnologia per creare questa nuova
arma, von Braun sapeva bene che le vite di tutto il gruppo di ingegneri - di primissimo ordine erano in pericolo, e iniziò a pensare di arrendersi agli americani. Quando von Braun si
consegnò fu trasferito negli Stati Uniti, dove continuò a dare il suo contributo fondamentale
per il progresso della scienza missilistica. Ciononostante non fu soddisfatto finché non fu in
grado di realizzare completamente il suo sogno di viaggiare nello spazio.
Dopo che l’Apollo 11 aveva atterrato sulla luna (nel 1969) ed era sulla via di ritorno verso la
Terra, von Braun dichiarò durante una conferenza stampa: «Oggi i miei lunghi anni di duro
lavoro hanno dato i loro frutti e si sono realizzate le mie speranze e i miei sogni di ragazzo.
Ma gli astronauti non sono ancora rientrati sulla Terra. Questo non bisogna dimenticarselo. È
ancora troppo presto per festeggiare».
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Attraverso la storia di von Braun, caratterizzata dallo sforzo costante che lo portò a costruire
un razzo per viaggiare nello spazio, Shin’ichi voleva trasmettere questo punto basilare: «Lo
scopo della fede è per ciascuno di noi il conseguimento della Buddità in questa esistenza. Per
questo motivo, non dobbiamo mai discostarci da questo obiettivo. Bisogna continuare a
spingersi verso questa mèta, sforzandosi oggi con più tenacia di ieri, e domani con ancora più
tenacia di oggi, mentre continuiamo a lucidare e approfondire la nostra fede, perseverando
nella nostra pratica buddista.
«Nella fase finale della nostra vita, ognuno di noi dovrebbe poter dire a se stesso, con
soddisfazione: “Ho dato il mio massimo. Non ho rimpianti. Sono veramente felice di essere un
membro della Soka Gakkai. Mi è piaciuta moltissimo la mia vita”.
«Von Braun ha dedicato la sua vita perseguendo il sogno di viaggiare nello spazio. Anche la
nostra fede è un’avventura volta ad aprire la porta del microcosmo interiore della vita, un
viaggio verso la difficile impresa della ricerca interiore. Straboccanti di spirito di avventura e
armati di coraggio, avanziamo con forza e audacia lungo il cammino che abbiamo scelto!».
Educazione umanistica 51
Shin’ichi poi passò a un altro argomento, analizzando il motivo per cui il Cristianesimo era
assurto a religione universale.
«Una delle ragioni è che il Cristianesimo, influenzato dalla filosofia greca, ha avuto la capacità
di trascendere quelli che erano i circoscritti confini etnici e culturali, e questo si può vedere sia
nel modo in cui si è diffuso quanto nei suoi precetti: questo ha fatto sì che diventasse un
insegnamento universale».
Quando una religione è limitata solo a un popolo o una nazione, o quando gli aspetti formali,
le usanze o le abitudini di un paese diventano prioritari o prevalgono sull’universalità degli
insegnamenti, è impossibile che una religione possa assumere una diffusione a livello
mondiale.
Nichiren Daishonin scrisse: «Affido a te la propagazione del Buddismo nella tua provincia»
(Le proprietà del riso, RSND, 1, 991). Con queste parole egli voleva sottolineare che è di
grande importanza, quando si propagano gli insegnamenti buddisti, considerare le peculiarità
e gli aspetti culturali propri di ogni popolo, di qualunque parte del mondo.
Il Buddismo di Nichiren è una religione per tutta l’umanità, che insegna il valore e la dignità
della vita. Non deve mai diventare una “religione giapponese”, caratterizzato da una
prospettiva limitata. Di conseguenza, non c’è ragione che rimanga circoscritto all’ambito
prettamente giapponese, modellato solo sulla cultura, i costumi o le abitudini del nostro
paese.
Il nucleo degli insegnamenti del Buddismo del Daishonin è avere fede nella Legge
fondamentale dell’universo e mettere al primo posto la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo,
facendo del Gohonzon la nostra base portante. Significa anche risvegliarsi alla nostra identità
di Bodhisattva della Terra dedicando la nostra vita alla missione condivisa di maestro e
discepolo di realizzare kosen-rufu.
Shin’ichi proseguì: «Un’altra ragione per cui il Cristianesimo si è diffuso in tutto il mondo, è
che si è sempre preso cura dei malati, dei poveri, dei peccatori, e di tutti coloro che soffrono
negli angoli più remoti della società, portando avanti la sua lotta tra la gente comune».
Tendere una mano per aiutare le persone più tormentate è il modo migliore per aprire la
strada della felicità a tutti. La gioia di un singolo individuo la cui vita sia stata rivitalizzata, crea
delle onde di compassione e simpatia che si propagano in lungo e in largo. Le persone
costituiscono il fondamento della società. Parlare con gli altri e guadagnare la loro fiducia e
sostegno è la maniera migliore per creare delle premesse solide e durature grazie alle quali
un insegnamento potrà poi fiorire e prosperare.
Educazione umanistica 52
Shin’ichi spiegò anche che era inevitabile che i cristiani si fossero ritrovati ad affrontare le
persecuzioni da parte delle autorità al potere, proprio a causa della posizione che avevano
assunto nei confronti delle persone sofferenti: questa è stata la situazione da cui sono partiti
per propagare la loro religione.
«E’ interessante constatare, tuttavia, che durante ogni persecuzione, il Cristianesimo ha
avuto un aumento incredibile dei consensi tra la gente. Se ci guardiamo indietro, possiamo
vedere che anche il progresso della Soka Gakkai per realizzare kosen-rufu è stato costellato
da oppressioni e maltrattamenti. Il presidente fondatore Tsunesaburo Makiguchi morì in
carcere come un martire per le sue idee; ugualmente, il secondo presidente Josei Toda
trascorse due anni della sua vita in prigione. A ben vedere la Gakkai è stata distrutta, a tutti
gli effetti, e si è ritrovata a dover risorgere letteralmente dalle macerie. Ciò nonostante, dei
discepoli autentici si sono raccolti attorno al presidente Toda e tutti insieme sono riusciti a
ricostruire la nostra organizzazione. Dalla loro convinzione nella fede possiamo vedere lo
spirito indomito da cui erano animati.
«Lo spirito della Soka Gakkai è quello di affrontare sempre le avversità con coraggio e
progredire costantemente. Fintantoché ci sarà questo spirito, ci sarà crescita e vittoria.
«Per dirla con altre parole, incontrare difficoltà rappresenta per noi il trampolino di lancio
verso la vittoria che ci mette nella condizione di manifestare il nostro vero potenziale».
Il presidente Yamamoto continuò poi spiegando che, sebbene il Cristianesimo fosse diventato
una religione universale, man mano che nel Medio Evo il potere temporale della Chiesa era
andato aumentando, le priorità erano cambiate. Era cresciuto il desiderio di preservare e
rafforzare i privilegi dell’istituzione ecclesiastica a discapito dei sofferenti, fino a periodi in cui
prevalsero atteggiamenti di vero e proprio dominio e sottomissione nei confronti delle
persone.
«Il ruolo della Chiesa dovrebbe essere quello di schierarsi dalla parte del popolo e non
dovrebbe rappresentare mai un ostacolo tra le persone e Dio». Queste sono le convinzioni
che spinsero Martin Lutero (1483-1546) a diventare il fautore delle riforma protestante.
«Inoltre, la relazione tra la Chiesa e la gente dovrebbe essere tale che i praticanti, dopo
essersi raccolti tra di loro, dovrebbero poi andare tra la gente e sforzarsi di contribuire al
benessere degli altri e della società, mantenendo un rapporto dinamico tra i praticanti stessi e
la comunità. Voglio che tutti voi vi ricordiate che questa formula di aggregarsi prima per poi
sparpagliarsi è il principio fondamentale per una fede che ispira, che eleva lo spirito e che
promuove la crescita di una religione».
La chiave della vittoria è la lotta incessante per continuare a lavorare tutti insieme
quotidianamente tra la gente.
Educazione umanistica 53
Shin’ichi Yamamoto sottolineò inoltre che per realizzare una costante crescita della Soka
Gakkai, sarebbe stato essenziale basarsi sui princìpi del Buddismo e sullo spirito originario di
Nichiren Daishonin, continuando tuttavia a dedicarsi all’impegno assunto di lavorare per
l’umanità e schierandosi sempre dalla parte della gente con grande fermezza.
Si rivolse anche ai membri del Dipartimento educatori chiedendo la loro collaborazione, per
assicurare che la Soka Gakkai mantenesse nel tempo non solo lo spirito proprio di una vera
religione ma anche la sua peculiarità di movimento dedito alla rivoluzione umana, dove ogni
Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 24 – Capitolo III – Educazione Umanistica
individuo possa svolgere un ruolo prezioso, nonché offrire un contributo significativo alla
società.
Concludendo il suo intervento pronunciò queste parole: «Il nostro presidente fondatore
Tsunesaburo Makiguchi, così come il secondo presidente Josei Toda e la maggior parte dei
membri che furono pionieri durante gli albori della Soka Gakkai, erano tutti educatori. E la mia
speranza più fervida è che nella seconda fase di kosen-rufu i membri del Dipartimento
educatori possano essere gli alfieri del nostro movimento per realizzare la pace e una cultura
umanistica in tutto il mondo. Sto pregando sinceramente che ognuno di voi, i portabandiera di
questa filosofia umanistica, diventi un pilastro nobile e splendente della nostra
organizzazione, capace di compiere il lavoro di mille persone».
Al termine, seguì un applauso scrosciante che riecheggiò nella sala, come a testimoniare il
consenso espresso da tutti i membri.
Come scrisse il grande autore e filantropo Lev Tolstoj (1828-1910): «L’insegnamento
religioso, vale a dire la spiegazione dello scopo e del significato della vita, dovrebbe essere la
base di qualunque tipo di educazione». Questo non vuol dire fare della religione una materia
di insegnamento.
È importantissimo che le fondamenta dell’educazione siano basate su una visione umanistica
e su una solida filosofia di vita che abbia come scopo la realizzazione di una vera felicità per
ogni individuo. Il Buddismo insegna questo. Inoltre, è essenziale credere nelle potenzialità dei
bambini e avere una ferma volontà e una determinazione tali da potersi dedicare alla loro
felicità e rispondere alle loro esigenze. Il senso di missione fondato sulla religione è la fonte
da cui scaturisce la decisione profonda di adoperarsi per la felicità di ogni bimbo. Ecco perché
Shin’ichi riversò ogni oncia della sua vita per incoraggiare gli educatori presenti a quella
riunione, in modo che potessero rafforzare la propria fede.
Il 30 marzo il presidente Yamamoto partecipò al corso delle Divisioni donne e giovani donne
del Dipartimento Educatori del centro 3 di Tokyo (che comprendeva i quartieri Ota e
Shinagawa di Tokyo), che si tenne in un edificio presso il parco Makiguchi nella prefettura di
Shizuoka.
Come dice il proverbio “Chi ha tempo non aspetti tempo”, e Shin’ichi era consapevole che era
quello il momento di sforzarsi più che mai per realizzare tutto quello che aveva deciso di fare
per il bene delle generazioni future. Se ora non avesse dato tutto se stesso, l’avrebbe
rimpianto per il resto della vita. Decise quindi di gettarsi a capofitto in ogni sfida che gli si
sarebbe parata davanti, impegnandosi al massimo.
Educazione umanistica 54
Durante il corso, Shin’ichi parlò anche del luogo vero e proprio in cui si svolge concretamente
l’educazione, spiegandone il significato: «Scrive il Daishonin: ‘Poiché la Legge è
meravigliosa, la persona è degna di rispetto; poiché la persona è degna di rispetto, la terra è
sacra» (La persona e la Legge, RSND, 1, 972). Operare a favore della Legge suprema rende
la persona che la sostiene degna di rispetto. E dal momento che la persona che la sostiene è
meritevole, lo è anche il luogo dove essa si trova.
«Il Buddismo del Daishonin afferma il rispetto per la vita e indica il modo migliore per
compiere la propria rivoluzione umana. È un grande insegnamento di educazione umanistica.
In qualità di professionisti di questa filosofia, voi siete in assoluto i maestri più importanti
dell’educazione umanistica. Ovunque vi troviate, a scuola, in casa, o nelle vostre comunità,
quello sarà il posto ideale per realizzare l’educazione umanistica».
Shin’ichi era convinto che quella fosse la nobile missione non solo dei membri del
Dipartimento educatori, ma di tutti i membri della Soka Gakkai: diventare fonti di ispirazione,
speranza e coraggio per tutti coloro che facevano parte del loro ambiente, tirando fuori il
potenziale inutilizzato di ogni individuo, percorrendo insieme il sentiero verso la felicità.
In altre parole, ovunque vi fossero stati membri della Soka Gakkai, là ci sarebbe stata
un’“aula” per l’educazione umanistica. E Shin’ichi voleva sottolineare che i membri del
Dipartimento educatori erano gli alfieri di quell’impresa.
Al termine del corso, il presidente Yamamoto concluse con queste parole: «Nessuno sforzo
porterà a un risultato positivo a meno che voi non vi “dedichiate” sul serio, come si legge nel
titolo del libro che raccoglie le vostre esperienze «Storie di insegnanti animati dalla
passione».
Dedicare se stessi a qualcosa equivale ad agire in modo coraggioso. Significa essere
profondamente, assolutamente determinati a vincere. In quei momenti si riesce a rompere il
guscio del proprio ego, e di conseguenza si trasforma la vita. Lavoriamo tutti insieme per
creare una narrazione epica della rivoluzione umana!».
Sulla base dell’incoraggiamento di Shin’ichi, i membri del Dipartimento educatori intrapresero
con audacia il loro viaggio per dare origine una nuova era. Questo a sua volta segnò l’inizio di
una crescente ondata di educazione umanistica che, coltivando l’obiettivo di realizzare un
secolo di pace e prosperità, si diffuse per ogni angolo del Giappone.
Oggi tanti membri del Dipartimento educatori sono considerati dei punti di riferimento
nell’ambito delle loro comunità locali. Hanno continuato a dare il proprio contributo, spesso e
volentieri anche dopo il pensionamento.
La luce abbagliante dell’educazione dissipa le tenebre che incombono sull’umanità
illuminando un futuro pulsante.
(Qui si conclude il capitolo 3, Educazione Umanistica, del 24° volume della Nuova
Rivoluzione Umana)

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