2. LA PARROCCHIA VIVE E PROLUNGA IL MISTERO DELL

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2. LA PARROCCHIA VIVE E PROLUNGA IL MISTERO DELL
ARCIDIOCESI DI CATANIA
2.
LA PARROCCHIA VIVE E PROLUNGA IL MISTERO
DELL’INIZIAZIONE NELL’ANNO LITURGICO
Introduzione
La parrocchia è la comunità in cui si compie il mistero dell’iniziazione ed è anche la comunità
in cui il cristiano vive la sua vita di discepolo di Cristo, in ascolto della parola, celebrando il mistero
pasquale e testimoniandolo nella varie situazione in cui viene a trovarsi.
Secondo la tradizione l’iniziazione trova il suo completamento nel tempo della mistagogia.
Così come essa è configurata, per gli elementi che la compongono (celebrazione dell’eucaristia
domenicale, particolare forma di catechesi simile all’omelia, ecc …) l’anno liturgico si presenta
come una grande mistagogia; si può dire allora che la parrocchia introduce i fedeli, iniziati alla fede
attraverso i sacramenti dell’iniziazione cristiana, in questa grande mistagogia permanente dell’anno
liturgico.
Procederemo in questo modo delineando:
1. che cosa si intende per mistagogia (tratti caratteristici, alcuni esempi, metodo specifico)
2. la parrocchia come soggetto della mistagogia
3. l’anno liturgico come mistagogia permanente
4. la mistagogia delle tradizioni e della pietà popolari
1. IL SIGNIFICATO DELLA MISTAGOGIA
1.1. Alcune nozioni preliminari
Per introdurci nel nostro tema, ci chiariamo brevemente alcuni aspetti preliminari:
- Il termine:
“La parola mistagogia ha origine dal verbo greco myéó che è legato, in contesto sacrale, al significato di
"insegnare una dottrina" e, anche, di "iniziare ai misteri". Termini strettamente correlati sono: mystérion,
mystileós e mystés 1 .
- Il suo significato originario
“L'espressione, originariamente, designava la prassi delle comunità primitive «di radunare i neo-battezzati
quotidianamente durante tutta l'ottava pasquale per consolidare la loro fede attraverso una più profonda
conoscenza dei riti per mezzo dei quali essi erano entrati definitivamente e pienamente nel mistero di
Cristo» 2 . Queste assemblee quotidiane si fondavano su tre elementi principali, che costituivano
l'essenziale del metodo mistagogico: la valorizzazione dei segni sacramentali; l'interpretazione dei riti alla
luce degli eventi biblici; il significato dei riti in vista dell'impegno cristiano nella vita feriale 3 ”. 4
- Nella storia troviamo varie forme di mistagogia:
1
Cf E. MAZZA, La mistagogia. Una teologia della liturgia in epoca patristica, Roma, C.L.V -Edizioni Liturgiche 1988,
12.
2
S. SIRBONI, Un pastore di fronte alle urgenze di una pastorale più mistagogica, in «Rivista di Pastorale Liturgica»
27 (1989) 3, 41-42.
3
Cf D. SARTORE, La mistagogia, modello e sorgente di spiritualità cristiana, in «Rivista Liturgica» 73 (1986) 509.
4
U. MONTISCI, La mistagogia nell’iniziazione cristiana. Visione teologica e pastorale, in Catechesi 77 (2007/8) 3,
66.
1
a) crisostomiana o antiochena: intende la mistagogia come la spiegazione dei sacramenti per predisporre i
fedeli a riceverli; b) cirilliana o gerosolimitana: si riferisce all'approfondimento del senso dei sacramenti
ricevuti; c) dionigiana o legata alla tradizione orientale posteriore: sviluppa la teologia dei sacramenti e dei
riti con metodo rigorosamente teologico, senza però separarla dall'esperienza e dal frutto spirituale 5 .
L'elemento che accomuna le esperienze proprie delle diverse Chiese è costituito dal fatto che la mistagogia
venne intesa dai Padri come una scuola di vita e di spiritualità cristiana imperniata sulla liturgia6 ” 7 .
- La mistagogia è una riscoperta recente, dovuta al movimento liturgico e all’apparizione del
“Ordo Inítiationis Christianae Adultorum (1972).
“Prima di tale data la mistagogia era in qualche modo argomento "archeologico" riservato agli studiosi,
specialmente agli esperti di patrologia 8 . Nel periodo successivo è cresciuta la consapevolezza che il momento mistagogico dell'iniziazione cristiana possa e, anzi, debba essere in qualche modo recuperato nella
prassi ecclesiale.
In realtà, questa rinnovata attenzione - almeno in Italia - appare evidente più a livello teorico che nelle
realizzazioni concrete 9 : è davanti agli occhi di tutti, infatti, la grande disparità che ancora sussiste tra le
energie impiegate per la preparazione ai sacramenti e quelle utilizzate per accompagnare i credenti dopo la
loro celebrazione.
Ci si chiede se la riscoperta di quella particolare esperienza che è stata la catechesi mistagogica dei Padri
sia in grado di offrire, e in che misura, linee orientative per qualificare gli itinerari di educazione alla
fede. 10
- Oggi l'espressione “catechesi mistagogica” o, più semplicemente, “mistagogia” è usata
abitualmente per indicare «la catechesi sui sacramenti con un particolare riferimento all'ambito
dell'iniziazione cristiana e alla profondità spirituale della spiegazione dei riti liturgici» 11 .
Cercando di tenere presente la storia, le varie forme di mistagogia e la nostra attuale
situazione potremo dire che la mistagogia
… parte dal rito ben fatto
… evoca-richiama il rito o l’esperienza compiuti,
… li legge simbolicamente (simbolismo naturale, pluralità di significati)
… alla luce della Parola di Dio dell’Antico e Nuovo Testamento
… letta nella dinamica della profezia-compimento in Cristo
… proclamando l’attuale compimento della parola proclamata (mistero)
… fondando sul mistero celebrato lo stile di vita del cristiano.
5
Cf E. MAZZA, Che cos'è la mistagogia, 5.
Cf D. SARTORE, La mistagogia, 509.
7
U. MONTISCI, La mistagogia nell’iniziazione cristiana. Visione teologica e pastorale, in Catechesi 77 (2007/8) 3,
67.
8
Cf S. SIRBONI, Un pastore di fronte alle urgenze di una pastorale più mistagogica, in «Rivista di Pastorale
Liturgica» 27 (1989) 3, 41.
9
Tra i principali riferimenti ai documenti magisteriali ricordiamo: CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Rito
dell'iniziazione cristiana degli adulti, (RICA), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 1978, nn. 37-39; 235-239;
Catechismo della Chiesa Cattolica, (CCC), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 1997, nn. 1075; 1234-1245;
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi, (DGC), Città del Vaticano, Libreria
Editrice Vaticana 1997, nn. 88-89; 108; 116-117; 129; UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Il catechismo per
l'iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Nota per l'accoglienza e l'utilizzazione del Catechismo della CEI,
(Nota ICFR), Torino-Leumann, Elledici, 1991, n. 21; CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI,
L'iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per 1'iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi da 7 a 94 anni, (Nota IC/2),
Torino-Leumann, Elledici 1999, nn. 9; 48; 49; 53; 56.
10
U. MONTISCI, La mistagogia nell’iniziazione cristiana. Visione teologica e pastorale, in Catechesi 77 (2007/8) 3,
66.
11
E. MAZZA, La mistagogia. Una teologia della liturgia in epoca patristica, Roma, C.L.V -Edizioni Liturgiche 1988,
13.
6
2
1.2. La mistagogia
… parte dal rito ben fatto
La mistagogia non avviene prima della celebrazione, non ha come suo compito di introdurre al
rito o di farlo comprendere prima che si compia. Ciò che essa esige preventivamente è un certo
stile di celebrazione in cui dall’esecuzione dei riti traspaia una Presenza, il compiersi di qualcosa
che interpella. I riti devono parlare da soli. In questo chi presiede ha una grande responsabilità, una
responsabilità che deve essere condivisa da tutta l’assemblea e in particolare da quanti svolgono un
qualche ministero. Per tutti vale quanto è detto del sacerdote nell’introduzione al Messale:
“quando celebra l'Eucaristia, deve servire Dio e il popolo con dignità e umiltà, e, nel modo di comportarsi
e di pronunziare le parole divine, deve far percepire ai fedeli la presenza viva di Cristo” (OGMR 93).
Il punto di partenza è pertanto una esperienza celebrativa significativa, evocativa, che suscita
domande; se questo non avviene difficilmente si può avviare una mistagogia.
… evoca-richiama il rito o l’esperienza compiuti
Solitamente la mistagogia inizia richiamando un momento, un aspetto, un gesto, una parola,
un oggetto del rito in cui si è stati coinvolti, a cui si è partecipato; ad esempio la rinuncia a satana
presa nella sua successione gestuale, nelle parole che vengono pronunciate, nel luogo dove si
compie. Di quanto è avvenuto niente viene tralasciato o sottaciuto; anche i dettagli hanno
significato, contribuiscono a far comprendere la ricchezza dell’esperienza fatta, del mistero
celebrato. Niente è avvenuto per caso; ogni particolare contribuisce a costruire il simbolo.
Esempio: La rinuncia a Satana : “Tu poi ti senti ordinare di stendere la mano e dire come ad uno che ti è
presente: «Rinunzio a te, satana». (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogica Prima, 4)
… li legge simbolicamente (simbolismo naturale, pluralità di significati) 12
Qui arriva il momento più delicato. Tutto quanto è avvenuto (letture, gesti, oggetti utilizzati,
preghiere, …) deve essere letto simbolicamente. Bisogna superare il primo stadio di conoscenza,
quella empirica, per andare a scoprire ciò che vi è nascosto. Il primo passo è quello di individuare il
primo significato naturale delle cose, dei gesti … Se questo viene bene evidenziato è possibile
passare a quello ulteriore. I padri avevano una grande capacità di leggere la natura e i gesti per cui
potevano poi far emergere i significati reconditi, il mistero nascosto.
Spesso le cose e i gesti hanno una pluralità di significati, talora opposti; si pensi all’acqua che
può significare vita e morte. Proprio questa pluralità contribuisce a far emergere la ricchezza del
12
Per vedere il metodo e avere degli esempi vedi: G. VENTURI, Dire comunicare con le cose. Il linguaggio delle cose
nella celebrazione in Evangelizzare 13/1 (1988) 13-16
Scoprire il valore simbolico delle cose. Un itinerario metodologico per imparare a celebrare con le cose, in
Evangelizzare 13/2 (1988) 116-120
- Pregare con l'acqua. Celebrare la fede con il linguaggio delle cose, in Evangelizzare 13/3 (1988) 176-180
- Celebrare con l'acqua. Ricchezza di un linguaggio, in Evangelizzare, 13/4 (1989) 237-241
- Il pane e il suo linguaggio, in Evangelizzare, 13/5 (1989) 311-14
- Pregare e celebrare con il pane, in Evangelizzare, 13/6 (1989) 340.365-367
- Il simbolismo del vino, in Evangelizzare, 13/7 (1989) 429-432
- Il vino che rallegra il cuore dell'uomo, in Evangelizzare, 13/8 (1989) 507-510
- La spiga e il suo simbolismo, in Evangelizzare, 13/9 (1989) 561-565
- Una spiga per imparare a donare, in Evangelizzare, 13/10 (1989) 625-627
3
simbolo; giustamente si dice che il simbolo è come un pozzo da cui non si finisce mai di estrarre
l’acqua, oppure è come un tesoro che racchiude una varietà di preziosi.
Esempio: “Voglio anche spiegarvi perchè vi siete voltati ad occidente. È opportuno. L'occidente è il luogo
delle tenebre visibili, una oscurità che essendo tenebrosa nelle tenebre ha il potere. Per questo
simbolicamente guardando verso occidente, avete rinunziato a quel principe oscuro e tetro. Che cosa,
stando in quella posizione, disse a ciascuno di voi? «Rinunzio a te, satana, cattivo e crudele tiranno e non
temo più la tua forza. Cristo l'ha distrutta, partecipando con me al sangue e alla carne. Egli ha abolito
mediante le sofferenze la morte con la morte in modo che io non sia più soggetto alla schiavitù. Rinunzio a
te serpente ingannevole e capace di tutto. Rinunzio a te che sei insidioso e simulando amicizia hai
compiuto ogni malvagità. Tu hai ispirato ai nostri protoparenti l'apostasia. Rinunzio a te, satana, autore e
complice di ogni malvagità». (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogica Prima, 4)
“Quando tu rinunzi a satana, cancellando ogni patto con lui, tu distruggi le vecchie alleanze con l'inferno.
Ti si apre il paradiso di Dio, che piantò ad oriente da dove per la disubbidienza fu esiliato il nostro primo
genitore. E simbolo di ciò è il tuo voltarti da occidente ad oriente, regione della luce. Allora ti si disse di
pronunziare: «Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo e in un solo battesimo di penitenza». Di
questo, ti è stato largamente parlato, nelle catechesi precedenti, come la grazia di Dio ci ha concesso (n.9).
… li legge alla luce della Parola di Dio dell’Antico e Nuovo Testamento
Per arrivare al significato pieno e specifico di ciascun segmento di rito è necessario ricorrere
alla parola di Dio, dell’Antico e del Nuovo Testamento. Possono essere uno brano o più brani letti
durante la celebrazione oppure altri testi presenti nella Bibbia. È questo il momento più fecondo in
quanto permette di scoprire nel rito il mistero che vi si nasconde.
Esempio:
“Siete prima venuti nella parte esterna dove si amministra il battesimo e rivolti verso occidente avete
ascoltato e vi è stato ordinato di stendere la mano rinunziando a satana come se fosse presente. È
necessario per voi sapere che questo nella storia antica era una figura. Quando il Faraone, tiranno aspro e
crudele, angariava il popolo libero e generoso degli ebrei, Dio mandò Mosè a farli uscire da questa dura
schiavitù degli egiziani. Le porte furono unte col sangue dell'agnello, perchè lo sterminatore risparmiasse
le case che avevano il segno del sangue, e il popolo degli ebrei fu inaspettatamente liberato. Mentre li
inseguiva, dopo che si erano liberati, vide che straordinariamente il mare si apriva davanti a loro. Tuttavia
andò avanti, calcando orma su orma e improvvisamente fu sommerso e inghiottito in mezzo al Mar Rosso.
(n. 2)
… li legge nella dinamica profezia-compimento
Il ricorso all’Antico e al Nuovo Testamento viene fatto seguendo un modello profeziacompimento: tutto quello che è raccontato nell’Antico Testamento trova il suo compimento nel
Nuovo, in particolare in Gesù. È il metodo inaugurato da Gesù stesso già nella sinagoga di Nazaret
(Lc 4,16-27) ed esplicitato ripetutamente dopo la sua risurrezione (24,27.44). I padri ricorrono
anche ad altre categorie per indicare questo rapporto: le singole figure ed eventi del Vecchio
testamento sono “tipi” di quelli del Nuovo denominati “antitipi”: la verità-realtà piena è
nell’antitipo, in Cristo e in tutta la sua azione salvifica.
Esempio
“Trasferisciti con me ora dalla cose antiche alle nuove, dal simbolo alla realtà. Lì era Mosè, da Dio
mandato in Egitto, qui Cristo dal Padre mandato nel mondo. Lì per fare uscire dall'Egitto il popolo
oppresso, qui perchè Cristo liberasse quelli che nel mondo sono oppressi dal peccato. Lì il sangue
dell'agnello fu la deviazione dello sterminatore, qui il sangue dell'Agnello immacolato Gesù Cristo è il
rifugio contro i demoni. Il tiranno inseguì l'antico popolo fino al mare, e il demonio audace, turpe e
principe del male ti inseguì sino alle stesse sorgenti della salvezza. Quello fu sommerso nel mare, questo
scomparve nell'acqua della salvezza. (n. 3)
Nella mistagogia vuole che si coniughi sempre insieme Antico e Nuovo Testamento, ciò che
avviene sempre nella liturgia della parola di ogni azione sacramentale.
4
…. proclamando l’attuale compimento della parola proclamata (il mistero)
La mistagogia ha come suo compito di proclamare che “oggi”, nella celebrazione, nei riti che
sono compiuti, si compie la parola ascoltata. L’evento di allora, annunciato profeticamente nelle
persone e negli eventi dell’Antico Testamento, e che ha trovato il suo compimento in Gesù di
Nazaret, viene ripresentato oggi in forma rituale, simbolica.
La vera mistagogia avviene pertanto all’interno della celebrazione liturgica o in riferimento ad
essa. Non si può dire catechesi mistagogica quella che non fa riferimento al mistero celebrato: la
mistagogia si rifà sempre al rito.
… fondando sul mistero celebrato lo stile di vita del cristiano.
La mistagogia parte dal rito per arrivare alla vita, a fondare su di esso tutta la vita cristiana.
Esempio
“Rafforzato da queste parole, sii vigile. Infatti «il nostro avversario il diavolo - come si è letto prima - si
aggira come un leone, cercando chi divorare». Nel passato divorava la morte che aveva il sopravvento.
Dopo il sacro lavacro della rigenerazione, Dio ha tolto il pianto da ogni volto. Non piangerai più, spogliato
dell'uomo vecchio, ma festeggerai, avendo indossato l'abito della salvezza Gesù Cristo (n. 10).
Approfondiamo questo aspetto. San Paolo ci dice che nel rito battesimale, un rito costituito di
una immersione nell’acqua (= simbolo di sepoltura-morte) e di una uscita dall’acqua (= simbolo di
risurrezione) noi partecipiamo alla morte e risurrezione di Gesù. Da questo simbolo battesimale di
morte e risurrezione san Paolo deduce che il cristiano è chiamato a morire al peccato, libero dal
peccato e a vivere da risorto una nuova vita:
“Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato? O non sapete che quanti
siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo
siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per
mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati
completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione.
Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del
peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero
dal peccato” (Rm 6,2-7).
Dal rito battesimale – imitazione-immagine della morte-risurrezione di Gesù – San paolo trae
le linee dell’agire pasquale:
“Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti
non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato
una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti
al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri; non offrite
le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai
morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio. Il peccato infatti non dominerà più su di voi
poiché non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia. (Rm 6,8-14)
Da queste poche citazioni paoline scopriamo che per S. Paolo il modo di agire del cristiano,
non deriva dalla legge antica e dai suoi riti, né dalla “legge naturale”, ma dal rito celebrato: questo
fonda la morale, l’ascesi, la spiritualità cristiane.
Il procedimento paolino – che è poi quello della mistagogia - potrebbe essere tradotto in
questa serie di formulazioni:
- nel battesimo tu sei stato immerso nella morte di Cristo: vivi ora da morto al peccato, cioè
devi morire alla cupidigia, all’idolatria...
5
-
-
nel battesimo tu ti sei spogliato dell'uomo vecchio: vivi ogni giorno questa spogliazione
del peccato, dalle antiche leggi, dalle consuetudini del mondo, dalle culture contrarie al
vangelo…
nel battesimo sei uscito dall'acqua come da tomba, sei risorto: vivi da risorto, cerca tutto
ciò fa vivere, le cose di lassù…
Questo procedimento è ripreso ampiamente dai Padri, specialmente nelle catechesi
mistagogiche, dove presentano lo stile di vita del cristiano come una conseguenza della
celebrazione avvenuta.
Nell’undicesima catechesi mistagogica S. Giovanni Crisostomo, riferendosi al battesimo e
commentando al detto paolino "voi siete morti" (Col 3,3) insegna ai neofiti che la morte battesimale
porta a vivere nel mondo, senza esser del mondo, in continuo morire a tutto ciò che è male:
“che avete ormai in comune con questa vita? Perché restate ancora incantati di fronte alle cose della terra?
Voi siete morti, siete cioè dei cadaveri quanto al peccato, perché avete rinunciato, una volta per tutte, alla
vita presente”.
E percependo che il suo modo di dire è piuttosto crudo, il Crisostomo continua:
“Per non turbare poi coloro che si sentono dire: "Voi siete morti", (Paolo) subito aggiunge: ‘e la vostra
vita è ormai nascosta con Cristo in Dio’ (Col 3,3). La vostra vita, sembra dire, non si vede ora, perché è
nascosta. Non comportatevi dunque riguardo alle cose della vita presente come se foste vivi, ma siate
come morti e cadaveri.
"Dimmi: è possibile che un morto s'interessi ancora dei beni terreni? Certamente no. Così, dice, anche voi
che siete morti una volta per sempre mediante il battesimo e siete diventati cadaveri, per quanto riguarda
il peccato, non dovete aver più nulla a che fare con le passioni della carne e con le cose della terra. Dice
infatti: ‘Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso e sepolto con lui per mezzo del battesimo’ (cf. Rm
6,6.4).
“Non interessatevi dunque di ciò che è terreno, non comportatevi come se ancora ci viveste in mezzo. É
vero che adesso la vostra vita è nascosta ed è invisibile agli occhi degli infedeli, ma verrà il tempo in cui
essa si renderà manifesta. Il vostro tempo non è ancora venuto: perciò, morti una volta per sempre, non
pensate più alle cose della terra”.
“La grandezza della vostra virtù apparirà soprattutto quando, portato a termine il vostro combattimento
contro i desideri della carne e divenuti come morti a questa vita, tali vi comporterete rispetto a tutti i beni
di questo mondo” 13 .
1.3. Come fare una catechesi mistagogica
Da quanto abbiamo visto finora dovrebbe essere facile prospettare come fare una catechesi
mistagogica. Indico brevemente i vari elementi o passaggi da fare
-
Curare la celebrazione. Si abbia cura di impostare bene la celebrazione, in tutti i
suoi elementi e particolari, nelle sue sequenze, in modo che risulti semplice, chiara,
eloquente. Ad esempio, solo partendo da una messa ben fatta è possibile fare una
mistagogia. Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum
caritatis parlando della catechesi mistagogica scrive: “si deve innanzitutto affermare
che `la migliore catechesi sull'eucaristia è la stessa eucaristia ben celebrata'. Per
natura sua, infatti, la liturgia ha una sua efficacia pedagogica nell'introdurre i fedeli
alla conoscenza del mistero celebrato. Proprio per questo, nella tradizione più antica
della chiesa il cammino formativo del cristiano, pur senza trascurare l'intelligenza
sistematica dei contenuti della fede, assumeva sempre un carattere esperienziale in
cui determinante era l'incontro vivo e persuasivo con Cristo annunciato da autentici
13
GIOVANNI CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali. Introduzione di Nazareno e Antonio Giuseppe NOCILLI, (=
Classici dello Spirito. Patristica), Messagero, Padova 1988, Undecima Catechesi, n.22-23 , p. 284-285.
6
testimoni. In questo senso, colui che introduce ai misteri è innanzitutto il testimone.
Tale incontro certamente si approfondisce nella catechesi e trova la sua fonte e il suo
culmine nella celebrazione dell'eucaristia. Da questa struttura fondamentale
dell'esperienza cristiana prende le mosse l'esigenza di un itinerario mistagogico, in
cui devono sempre essere tenuti presenti tre elementi. a) [...] interpretazione dei riti
alla luce degli eventi salvifici, in conformità con la tradizione viva della chiesa [...].
b) [...] introdurre al senso dei segni contenuti nei riti [...]. c) mostrare il significato
dei riti in relazione alla vita cristiana in tutte le sue dimensioni, di lavoro e di lavoro
e di impegno, di pensieri e di affetti, di attività e di riposo 14 .
-
imparare ad osservare. Per impostare una mistagogia è necessario avere occhi che
non si lasciano sfuggire nessun particolare. Ogni elemento è importante: le persone
con i loro particolari vestiti, il luogo che occupano, i gesti che fanno o facciamo, le
parole che vengono pronunciate, … Bisogna avere la curiosità dei bambini che non
si lasciano sfuggire nessun particolare e vogliono rendersi conto di tutto. Ad es,
osserviamo l’inizio della messa…
-
iniziarsi e iniziare al linguaggio simbolico. Chi fa la mistagogia deve allenarsi a
leggere il rito simbolicamente in tutte le sue componenti. Es.: l’inizio della messa…,
chi presiede, il percorso che fa, gesti, le parole che dice…
-
aiutarsi con la Parola di Dio, la preghiera liturgica e la tradizione (significato …
salvifico). Per trovare il significato completo e più profondo occorre mettersi in
ascolto della parola di Dio. Possono essere di aiuto le premesse che si trovano in
ogni rito. Es.: l’inizio della messa e l’entrata di Gesù in Gerusalemme
-
saper dire “oggi si è compiuto”(attualizzare). La mistagogia, proprio partendo dal
racconto, dai fatti avvenuti molto tempo fa, non parla al passato, ma al presente,
annuncia il compiersi oggi di quanto viene narrato e insieme prospetta un compiersi
definitivo, di cui il presente è un anticipo: mentre annuncia la morte e risurrezione
del Signore rimanendo nell’attesa della sua venuta.
-
rapportare alla vita, coniugare con la vita (vivere). Non si può dire di aver fatto una
catechesi mistagogica, se non si arriva a far emergere dal rito che si è celebrato un
nuovo stile dita. Il rito dice chi sei (chi sei diventato): conseguentemente, per restare
fedele alla propria identità si deve agire come il rito ci ha plasmato. Per fare una
buona mistagogia bisogna che si tragga dal battessimo il modo di agire del cristiano;
la mistagogia del matrimonio trarrà dal rito del matrimonio le linee fondamentali e
proprie dell’agire degli sposi. In questo modo la mistagogia stabilisce un rapporto
intimo tra celebrazione e vita.
1.4. Un esempio moderno di mistagogia:
L’omelia di Benedetto XVI nel giorno dell’assunzione del ministero petrino è un esempio di
mistagogia; potremo anche dire che molti delle omelie e dei brevi discorsi di Benedetto XVI
risentono del metodo mistagogico e ci si accorge che è un metodo che comunica e illumina in
profondità la vita cristiana, ispirando un senso bellezza.
Piste di ricerca
14
BENEDETTO XVI, Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis, 64.
7
1. Rileggiamo “come fare una catechesi mistagogica”: quali punti risultano più difficili o
problematici?
2. Siamo capaci di arrivare al significato simbolico delle cose, dei gesti, degli eventi?
3. Seguendo le brevi indicazioni esposte
- cerchiamo di analizzare alcune delle catechesi mistagogiche dei padri
- proviamo a farne una relativa ai vari momenti della messa, seguendo il metodo indicato
2. LA PARROCCHIA SOGGETTO E DESTINATARIA DELLA MISTAGOGIA
La parrocchia è la comunità in cui il cristiano diventa cristiano, il grembo in cui viene alla luce
della fede; è anche la comunità dove egli poi prosegue la sua vita trovandovi la parola, la
celebrazione e la testimonianza
Dopo il tempo dell’iniziazione il cristiano entra in un tempo “ordinario” in cui approfondisce i
doni ricevuti secondo quello stile che abbiamo delineato.
Potremo dire che il parroco, lungo il succedersi degli anni, è il mistagogo del suo popolo in
quanto
- introduce a rendersi conto, a leggere i riti e gli eventi della vita quotidiana alla luce della
parola di Dio,
- facendo percepire che nei riti che vengono fatti Dio opera la nostra salvezza.
- aiutando a vedere negli eventi della vita quotidiana gli interventi di Dio.
C|’è però da aggiungere che non solo il parroco, ma tutta la comunità, ciascuno con doni diversì,
collabora in questa catechesi mistagogica. Nella terza relazione vedremo l’apporto della famiglia.
3. L’ANNO LITURGICO COME MISTAGOGIA PERMANENTE
L’anno liturgico è una ininterrotta mistagogìa che usufruisce della grazia proveniente dalla
Pasqua; è come «pasqualizzazione» del tempo.
«Assolutamente centrale sarà approfondire il senso della festa e della liturgia, della celebrazione
comunitaria attorno alla mensa della Parola e dell'eucaristia, del cammino di fede costituito dall'anno
liturgico [...]. Di qui l'urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo educativo e rivelativo,
facendone emergere la dignità e l'orientamento verso l'edificazione del Regno. La celebrazione eucaristica
chiede molto al sacerdote che presiede l'assemblea e va sostenuta con una robusta formazione liturgica dei
fedeli. Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo
stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini» 15 .
L’anno liturgico si presenta come una grande mistagogia in cui si realizzano tutte quelle
caratteristiche che abbiano descritto sopra.
- Inanzitutto questa mistagogia si fonda sulla narrazione della storia della salvezza proposta
dal Lezionario che consente al fedele un'intelligenza progressiva, esperienziale e vitale di tutto il
mistero della fede. La disposizione delle letture nei diversi cicli
“offre ai fedeli una panoramica di tutta la parola di Dio in base a un criterio di armonico sviluppo. Nel
corso di tutto l'anno liturgico, ma specialmente nei tempi di Pasqua, Quaresima e Avvento, la scelta delle
letture e il loro ordinamento hanno lo scopo di portare i fedeli a rendersi conto gradualmente della fede
che professano e ad approfondire la conoscenza della storia della salvezza [...]» 16 .
15
CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il primo
decennio del Duemila (29.06.2001), 49.
16
OLM 60.
8
«Sebbene l'azione liturgica non sia, per se stessa, una forma particolare di catechesi, essa ha però un suo
criterio didattico, che affiora anche nel Lezionario del Messale Romano, tanto che il Lezionario stesso si
può considerare a buon diritto uno strumento pedagogico per incrementare la catechesi”17 .
- La narrazione viene riproposta, soprattutto nella celebrazione domenicale e nelle feste, con
parole e segni.
- Tali parole e segni attestano e rendono presente in qualche modo l’evento/i narrato/i; la
parola proclamata trova il suo attuale compimento, diviene mistero di salvezza per noi oggi.
- Su questi nuovi eventi narrati ed ripresentati – misteri celebrati - viene fondato lo stile di
vita del cristiano.
- All’omelia, in particolare, è affidato il compito di mettere in luce il compimento del mistero
e di tracciare le vie del suo inserimento nella vita quotidiana.
La funzione mistagogica dell'anno liturgico consiste pertanto nell'educare i fedeli ad
approfondire la loro conoscenza e la loro sequela di Cristo. Permette anche di formare la nostra vita
di fede non secondo schemi soggettivi, ma secondo il piano sacramentale della Chiesa, secondo un
processo graduale, circolare, ciclico.
La mistagogìa dell'anno liturgico esige che le feste
- siano celebrate secondo il loro vero scopo: non occasioni per attuare iniziative pastorali, ma
momenti favorevoli (kairoi: 2 Cor 6,1) per celebrare, vivere, essere coinvolti nella salvezza
pasquale offerta ogni volta dal Signore risorto;
- siano liberate dall'episodico e dal devozionale per renderle presenza della salvezza di Dio,
evento pasquale del Signore morto e risorto, oggi della salvezza definitiva che attua le promesse di
Dio, compimento in noi di ciò che Cristo ha fatto per noi.
Piste di ricerca
- L’anno liturgico è questa grande mistagogia della chiesa: che cosa manca perché lo sia? Quali
iniziative prendere nel preparare la celebrazione, nell’omelia, ecc…
- C’è la consapevolezza che di domenica in domenica si va compiendo il mistero annunciato dal
vangelo? Riusciamo a comprendere e far comprendere che quanto ascoltiamo è proclamazione di
quanto il Signore fa per noi oggi?
- La mistagogia stabilisce un rapporto genetico tra la narrazione e la vita: per alcune domeniche
esercitiamoci a fare questo rapporto, finchè ci diventi naturale.
- Le feste sono momenti forti di vita cristiana o occasioni di svago?
4. LA MISTAGOGIA DELLE TRADIZIONI E FORME DI PIETÀ POPOLARI
Forse sembrerà strano questo paragrafo, ma poiché ci sono tante tradizioni e forme di pietà
polari, penso che sia importante che esse siano fatte oggetto di una catechesi mistagogica che
risulterà alquanto proficua per comprendere il mistero che si celebra. Ad esempio, molte delle
tradizioni natalizie o pasquali o delle feste tradizionali sono una traduzione in linguaggi diversi del
mistero che si celebra in quel giorno o in quella festa.
Prima di introdurci nell’argomento teniamo presente quanto ci dice il Direttorio su pietà
popolare e liturgia (DPPL):
17
OLM 61.
9
“il rinnovamento voluto per la Liturgia dal Concilio Vaticano II deve, in qualche modo, ispirare anche la
corretta valutazione e il rinnovamento dei pii esercizi e pratiche di devozione. Nella pietà popolare devono
percepirsi: l'afflato biblico, essendo improponibile una preghiera cristiana senza riferimento diretto o
indiretto alla pagina biblica; l'afflato liturgico, dal momento che dispone e fa eco ai misteri celebrati nelle
azioni liturgiche; l'afflato ecumenico, ossia la considerazione di sensibilità e tradizioni cristiane diverse,
senza per questo giungere a inibizioni inopportune; l'afflato antropologico, che si esprime sia nel
conservare simboli ed espressioni significative per un dato popolo evitando tuttavia l'arcaismo privo di
senso, sia nello sforzo di interloquire con sensibilità odierne. Per risultare fruttuoso, tale rinnovamento
deve essere permeato di senso pedagogico e realizzato con gradualità, tenendo conto dei luoghi e delle
circostanze” 18 .
Appunti per una mistagogia delle tradizioni e delle forme di pietà popolari
Per mettere in atto una mistagogia delle tradizioni e forme di pietà popolari bisogna rifarsi a
quanto abbiamo detto sopra, e in particolare:
- Il punto di partenza è saper domandarsi: perché si fa questo? In questo modo? In questo
tempo? Tra queste persone? Quando si è incominciato a fare questo (storia)?
Ad esempio: perché si fa l’albero di Natale? Perché deve essere di una pianta verde in
inverno? Perché si fa solo a Natale e non in un altro tempo? Perché si attaccano delle palline (ora di
vetro, ma originariamente erano dei veri frutti, ad esempi mele). Perché si mettono i doni sotto
l’albero? Perché lo si adorna di luce? Quando è nata questa tradizione?
Rispondendo a tutte queste domande (ed altre ancora) arriveremo a scoprire il significato
simbolico dell’albero.
- Mettendo insieme tutte queste riposte, con l’aiuto della parola di Dio, noi arriveremo a
scoprire il significato più profondo di questo simbolo. Con il suo linguaggio l’albero ci dice chi è
colui che nasce a Natale: è l’albero della vita per sempre (quello di cui volevano mangiare i nostri
progenitori), che porta quel frutto di cui noi oggi possiamo mangiare; è la luce che illumina le
nostre notti buie; da lui viene a noi ogni dono. Questo albero piantato nella nostra casa è anche un
invito ad essere come l’albero-Gesù, “sempre verdi”, pieni di vita, portatori di frutti buoni,
luminosi, datori di doni.
- Da questa scoperta matura una vera catechesi mistagogica, la contemplazione, la preghiera.
- Certamente ci occorre un allenamento, una mentalità mistagogica che sa interrogarsi, leggere
simbolicamente cose, gesti, eventi; ha una familiarità con la parola di Dio che la scopre realizzarsi
in essi. L’allenamento non è difficile; richiede disponibilità a lasciarsi interrogare, cercare che cosa
dice la storia, la parola di Dio…; occorre costanza, ripetere continuamente l’esercizio, ritornando
spesso sullo stesso soggetto, confrontandosi con altri che stanno facendo il nostro stesso cammino.
Una grande possibilità mistagogica
Le tradizioni e le forme di pietà popolari, se opportunamente valiate, offrono una grande
possibilità di una mistagogia spicciola, incisiva, avendo una grande capacità comunicativa. Lo
sottolinea il Direttorio che si sofferma a dare indicazioni per un uso corretto del linguaggio
utilizzato in modo che sia possibile una vera mistagogia. Infatti
“il linguaggio verbale e gestuale della pietà popolare, pur conservando la semplicità e la spontaneità
d'espressione, deve sempre risultare curato, in modo da far trasparire in ogni caso, insieme alla verità di
fede, la grandezza dei misteri cristiani” (DPPL 14).
18
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio su pietà popolare e
liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002, n.12.
10
Un delle caratteristiche più rilevanti è l’ampio ricorso al linguaggio gestuale:
“Una grande varietà e ricchezza di espressioni corporee, gestuali e simboliche caratterizza la pietà
popolare. Si pensi esemplarmente all'uso di baciare o toccare con la mano le immagini, i luoghi, le reliquie
e gli oggetti sacri; intraprendere pellegrinaggi e fare processioni; compiere tratti di strada o percorsi
«speciali» a piedi scalzi o in ginocchio; presentare offerte, ceri e doni votivi; indossare abiti particolari;
inginocchiarsi e prostrarsi; portare medaglie e insegne... Simili espressioni, che si tramandano da secoli di
padre in figlio, sono modi diretti e semplici di manifestare esternamente il sentire del cuore e l'impegno di
vivere cristianamente. Senza questa componente interiore c'è il rischio che la gestualità simbolica scada in
consuetudini vuote e,nel peggiore dei casi, nella superstizione”(DPPL 15).
Tutte queste manifestazioni attendono un intervento mistagogico per non scadere in forme di
una ritualità magica o superstiziosa, mentre invece possono divenire espressione di una pietà in cui
è coinvolto tutto l’uomo, nella sua corporeità.
Spesso le forme gestuali sono accompagnate da quelle verbali, da testi e formule
“Pur redatti con linguaggio, per così dire, meno rigoroso rispetto alle preghiere della Liturgia, i testi di
preghiere e formule di devozione devono trarre ispirazione dalle pagine della Sacra Scrittura, della
Liturgia, dei Padri e del Magistero, concordare con la fede della Chiesa” (DPPL 16).
Il canto e la musica “espressione naturale dell'anima di un popolo” occupano “una funzione di
rilievo nella pietà popolare”. Di qui allora
“la cura nel conservare l'eredità di canti ricevuti dalla tradizione deve coniugarsi con il sentire biblico ed
ecclesiale, aperta alla necessità di revisioni o di nuove composizioni.
Il canto si associa istintivamente presso alcuni popoli col battito delle mani, il movimento ritmico del
corpo e passi di danza. Tali forme di esprimere il sentire interiore fanno parte delle tradizioni popolari,
specie in occasione delle feste dei santi Patroni; è chiaro che devono essere manifestazioni di vera
preghiera comune e non semplicemente spettacolo. Il fatto che siano abituali in determinati luoghi non
significa che si debba incoraggiare la loro estensione ad altri luoghi, nei quali non sarebbero connaturali”
(DPPL 17).
“Un'espressione di grande importanza nell'ambito della pietà popolare è l'uso di immagini
sacre che, secondo i canoni della cultura e la molteplicità delle arti, aiutano i fedeli a porsi davanti
ai misteri della fede cristiana”
“La venerazione per le immagini sacre appartiene, infatti, alla natura della pietà cattolica: ne è segno il
grande patrimonio artistico, rinvenibile in chiese e santuari, alla cui costituzione ha spesso contribuito la
devozione popolare.
Vale il principio relativo all'impiego liturgico delle immagini di Cristo, della Vergine e dei Santi,
tradizionalmente asserito e difeso dalla Chiesa, consapevole che «l'onore reso all'immagine è diretto alla
persona rappresentata». Il necessario rigore richiesto per il programma íconografico delle chiese – rispetto
delle verità della fede e della loro gerarchia, bellezza e qualità - deve potersi incontrare anche in immagini
e oggetti” (DPPL 18).
Il direttorio non passa sotto silenzio luoghi e i tempi, rilevandone il valore simbolico e la capacità di
alimentare al fede:
- I luoghi: “Insieme alla chiesa, la pietà popolare ha uno spazio espressivo di rilievo nel santuario talvolta non è una chiesa -, spesso contraddistinto da peculiari forme e pratiche di devozione, tra cui la
più nota è il pellegrinaggio. Accanto a tali luoghi, manifestamente riservati alla preghiera comunitaria e
privata, ne esistono altri, non meno importanti, quali la casa, gli ambienti di vita e di lavoro; in date
occasioni, anche le strade e le piazze diventano spazi di manifestazione di fede (DPPL 19).
- I tempi: “Il ritmo scandito dall'alternarsi del dì e della notte, dai mesi, dal cambio delle stagioni, è
accompagnato da variate espressioni di pietà popolare. Essa è legata ugualmente a giorni particolari,
11
marcati da avvenimenti lieti e tristi della vita personale, familiare, comunitaria. t poi soprattutto la
«festa», con i giorni della preparazione, a far risaltare le manifestazioni religiose che hanno contribuito a
forgiare la tradizione peculiare di un data comunità” (DPPL 20).
Questa carellata ci apre un ampio spazio in cui mettere a frutto una sapiente mistagogia che
accompagna tutto l’anno liturgico. Anziché demonizzare, è necessario far scoprire l’originaria
ispirazione perché una preparazione e un prolungamene della celebrazione liturgica.
Piste di ricerca
- Avvicinandoci ai vari tempi liturgici o feste cerchiamo di vedere le tradizioni e forme di pietà che
esistono e applicando il metodo descritto brevemente mettiamo in atto una mistagogia per
arrivare a far sì che siano una espressione di fede.
- Sarebbe utile avvalerci dell’opera di cultori delle tradizioni per scoprire l’origine e il senso che
queste tradizioni avevano e per cui sono care al popolo
Piccola Bibliografia
AA.VV. Mistagogia in Rivista di Pastorale liturgica (2008) n. 264; (1989) n. 155
ALACEVICH F. – ZAMAGNI A – GRILLO A., Tempo del lavoro e senso della festa,
Cinisello Balsamo (MI) 1999;
San Paolo,
BARSOTTI DIVO, Il mistero cristiano nell’anno liturgico San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi)
2004.
BERGAMINI, AUGUSTO, L'anno liturgico : Cristo festa della Chiesa : storia, celebrazione,
teologia, spiritualità, pastorale, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002.
BERGAMINI AUGUSTO, Le sequenze nella liturgia della Parola dei principali tempi e solennità
dell'anno liturgico : breve studio storico, liturgico, teologico, spirituale, San Paolo, Cinisello
Balsamo (MI) 2004.
CACUCCI FRANCESCO, La mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna, 2006; IDEM, La
domenica e l’anno liturgico: itinerario mistagogico della comunità, in IDEM, Colligite
fragmenta. Genesi e sviluppo della scelta mistagogica, a cura di Vito Angioli, Levante Editori,
Bari 2007, 191-268.
CASTELLANO CERVERA JESÚS, L'anno liturgico, Roma 21991.
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio
su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002
DELLA TORRE LUIGI, Catechesi e prassi dell’anno liturgico, Queriniana, Brescia 1985.
GOUDREAULT P., Celebrare la domenica in attesa dell’eucaristia, Messaggero, Padova 2004;
LAMERI A., L’anno liturgico come itinerario biblico, Queriniana, Brescia 1998);
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