Omelia per la solennità del Corpus Domini

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Omelia per la solennità del Corpus Domini
Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace
via Arcivescovado, 13
88100 – Catanzaro
tel. 0961.721333 - fax 0961.701044
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Omelia per la solennità del Corpus Domini
Duomo, 26 giugno 2011
Cari fratelli e sorelle,
la festività odierna ci consegna un messaggio, semplice ma
essenziale: se davvero vogliamo crescere nell’amore, sosteniamoci con l’Eucaristia,
simbolo tangibile di Gesù, il Risorto, il Vivente, il Veniente.
Chiediamoci: qual è il significato proprio del Corpo e Sangue di Cristo? Ce lo dice
la celebrazione che stiamo compiendo, nello svolgimento dei suoi gesti fondamentali:
prima di tutto ci siamo radunati intorno all’altare del Signore, per stare insieme alla Sua
presenza; in secondo luogo, la processione, cioè il camminare con il Signore; e infine
l’inginocchiarsi davanti a Lui, l’adorazione, che inizia già nella Messa e accompagna
tutta la processione, ma culmina nel momento finale della benedizione eucaristica.
Soffermiamoci brevemente su questi tre momenti. La processione del Corpus
Domini ci insegna che l’Eucaristia, questo mirabile sacramento e segno di comunione
fraterna, ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, perché possiamo
riprendere il cammino con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo. Noi portiamo il
Signore che si è fatto carne, divenuto pane nelle strade delle nostre città. Queste strade
devono diventare le Sue strade. Le Sue sacre specie custodite nei tabernacoli che noi
riceviamo debbono incidere nella vita di ogni giorno, nelle strade appunto dove
camminiamo, ci incontriamo, ci sentiamo e dove viviamo.
Il Corpus Domini ci mostra che cosa significa fare la comunione: accoglierLo,
riceverLo con la totalità del nostro essere. Non si può mangiare il corpo del Signore
come si mangia un pezzo di pane: lo si può ricevere solo se ci si apre a Lui.
Adorare il suo Corpo, poi, vuole esprimere la nostra convinzione che nell’ostia, in
quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso
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universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve
esistenza. L’adorazione è preghiera che prolunga la celebrazione e la comunione
eucaristica e in cui l’anima continua a nutrirsi di amore, di verità, di pace e di speranza,
perché Colui al quale ci prostriamo non ci giudica, non ci condanna, ma ci libera, ci
perdona e ci trasforma.
Gli Apostoli, incontrandoLo sul lago, dopo la Pasqua, ebbero l’impressione di
vedere un fantasma. Anche a noi può capitare di avere la vista annebbiata e di cogliere
l’Eucaristia come un appuntamento simbolico, rituale. Essa è invece la Presenza di Colui
che è per noi, con noi, sino alla fine del tempo e dentro la nostra vicenda umana. Una
Presenza reale, viva, salvante, adunante.
Stasera non abbiamo scelto noi con chi incontrarci: siamo venuti e ci troviamo gli
uni accanto agli altri, accomunati dalla fede e chiamati a diventare un unico corpo
condividendo l’unico Pane che è Cristo. Siamo uniti, al di là delle nostre differenze di
professione, di ceto sociale, di idee politiche: ci apriamo gli uni agli altri per diventare una
cosa sola a partire da Lui.
Questa, fin dagli inizi, è stata una caratteristica del cristianesimo, realizzata
visibilmente intorno all'Eucaristia. Il Corpus Domini ci rammenta, allora, che essere
cristiani vuoi dire radunarsi da ogni parte per stare alla presenza dell’unico Signore e
diventare una sola cosa con Lui e in Lui. È lo strumento che fa diventare le nostre
comunità delle cittadelle di speranza costruite ai margini della disperazione, antidoto
contro l’individualismo e la solitudine di molti nostri fratelli.
Mediante il gesto dello spezzare il pane, Cristo dona se stesso, offrendo una
testimonianza, uno stile, un modo di essere che sostiene tutto l’insegnamento che
viene dalla vita buona del Vangelo. La sua tenerezza diviene sprone per vincere la
superficialità delle relazioni a cui ci ha abituati una società sempre più superficiale
che è talmente distratta da molte cose da dimenticare alla fine l’unica cosa veramente
importante : Cristo che è il fuoco annunciato dai profeti e la dolce brezza dell’amore.
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Ecco perché
la festa di oggi andrebbe vissuta all’insegna della provocazione:
renderci conto che Cristo ci chiama ad essere uomini e donne eucaristici, davvero
affamati di vita nuova, capaci di inginocchiare prima di tutto il cuore davanti a quel
pane e a quel vino che professiamo ed essere presenza concreta di Cristo. Persone per
cui l’incontro con Cristo non è più relegato all’ultimo posto degli impegni
settimanali, ma al primo. Niente deve essere amato quanto Dio, niente come Dio.
Spesso ciò che manca nelle nostre Chiese, nelle nostre preghiere, è il
coinvolgimento: chi pensa più all’incruento sacrificio che si sta compiendo da
duemila anni sull’altare? Chi si accosta affamato al banchetto eucaristico? Chi
pronuncia tremante “Amen” di fronte all’ostia bianca che sta per ricevere come un
bacio di Dio sulle proprie labbra?
L’aridità non sia padrona del nostro cuore: la preghiera sia fervida ed intensa,
l’abitudine non muova i nostri passi, ma la ricerca ci stimoli ad una preghiera
costante, fervida e sincera, attraverso la riscoperta della Parola, «spada a doppio
taglio, viva, efficace, tagliente, scrutatrice dei sentimenti e dei pensieri del cuore»
(Ebrei, 4, 12) e perciò adatta, come osservava
Blaise Pascal, «a consolare ed
intimorire tutte le condizioni».
È compagna di viaggio nella quotidianità, stimolo ad amar Dio e gli uomini, a
bramare sempre più il regno della giustizia, ad aborrire l’iniquità, perdonando gli
iniqui. Per lasciarsene afferrare basta il cuore aperto. Per questo occorre prestare
l’orecchio «alla Sacra Scrittura» (Dei Verbum, 22), l’approccio alla quale,
sottolineava il filosofo Sören Kirkegaard, «deve essere caloroso, non solo esegetico o
teologico: come un innamorato legge una lettera dell'amata, così va letta la
Scrittura».
È compito dei sacerdoti, in particolare, fare in modo che il Verbo penetri
realmente nella vita della Chiesa, ovvero di ciascuno di noi, perché corra per le
strade della contemporaneità, che oggi sono anche quelle della comunicazione
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informatica, televisiva e virtuale. Deve entrare nelle famiglie, perché sia per loro
lampada che rischiara il cammino dell’esistenza (Sal. 119, 105). Deve riconquistare
spazio nelle scuole e negli ambiti culturali, di cui per secoli è stata riferimento certo,
perché la sua ricchezza salvifica, poetica e narrativa la rende un emblema di bellezza
in un mondo in cui di bellezza se ne vede e se ne sente sempre meno, ed i cui segreti
rappresentano chiave d’accesso, dal momento che, come ebbe a dire lo scrittore
marocchino Tahar Ben Jelloun, essa è «città dove ogni finestra è un quartiere, ogni
porta un villaggio, ogni riga una strada».
Occorre ritrovare le antiche vie quelle che portano all’Eucaristia che per
chi la riceve nel proprio cuore è come un bacio di Cristo sulle nostre labbra, la
sorgente della santità, il segreto dell’apostolato e della evangelizzazione, foriera di
una trasformazione mirabile. Nell’Eucaristia, il “vecchio uomo” (Col 3,9-10) muore,
partecipa alla sepoltura di Cristo Signore mentre l’uomo nuovo risorge, prendendo parte
alla Risurrezione.
In questo mirabile sacramento noi stessi impariamo l’amore di Cristo, invito alla
conversione, pane che unisce, richiamo alla concordia universale. È l’esortazione a
non separare la mensa dell'Amore offerto e la mensa della sofferenza umana; è il
richiamo a superare le disuguaglianze, perché il Pane di Dio è il pane per tutti. Ed in
questo momento abbiamo il dovere di ricordare la crisi del pane per tante famiglie, la
mancanza cioè di lavoro, di giustizia, a volte anche di speranza. L’invito che vi rivolgo è
quello di impegnarvi a vivere l’Eucaristia in ogni momento della giornata, facendovi
pane spezzato agli altri. È attingendo alla forza dell’Eucaristia, scriveva La Pira, che
la nostra società può divenire «specchio temporale di quella fraternità
soprannaturale e di quella paternità divina che sono il limite ideale e come la stella
orientatrice, della società cristiana». Sottolineava dal canto suo il beato Giovanni
Paolo II: «L’Eucarestia spinge ad una generosa azione evangelizzatrice e ad un
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impegno fattivo nell'edificazione di una società più equa e fraterna». Per questo Gesù
è morto: “ per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi”( Gv 11,52).
Seguendo questi insegnamenti, saremo
testimoni di speranza e operatori di
pace in questa nostra società stanca e sofferente; diventeremo pane spezzato per gli
altri, cioè persone capaci di gesti di totale gratuità, disponibili al servizio, che non
aspettano ricompense, ma si lanciano con la forza della fede tenace, sapendo di non
cadere nel vuoto, ma di volare in alto, sostenuti dal Sacramento Eucaristico.
Carissimi fedeli, avvertiamo la gioia di essere il sale dell’umanità, sale che si
scioglie e si immerge nell’umanità, soprattutto in quella più dolente, più povera, più
disprezzata.
“Quale può essere oggi il nostro voto per la nostra Città, e per tutta la “Città di Dio”,
che è nel mondo, se non quello che questo mistero di fede e questo mistero d’amore, perché tale è il Sacramento dell’Eucarestia - , irradi fede ed amore in tutta la
convivenza umana e sociale? Questo desiderio di irradiazione è così vivo, in questa
festività, nella Chiesa, che essa porta fuori dalla sua casa, il Tempio riservato al culto
e al silenzio, il Sacramento adorabile, il suo Gesù vivente e velato nel segno del Pane
di vita, simbolo e realtà del sacrificio redentore, affinché tutti lo sappiano, tutti lo
vedano questo segno di misteriosa presenza, che accompagna la Chiesa nel cammino
della sua storia, ed affinché il mondo, anche quello profano, si accorga che Cristo gli
è vicino, ed ha pure per lui, se esso lo vuole, un effusione di bontà, una offerta di
speranza”.
Ecco perché radunarci, camminare, adorare ci ha riempito di gioia. Facendo nostro
l’atteggiamento adorante di Maria, preghiamo per noi e per tutti; preghiamo per ogni
persona, perché possa conoscere Te, o Padre, e Colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo,
e così avere la vita in abbondanza.
Gesù Eucaristia, entra nei nostri cuori. Benedicici e facci eucaristia per i poveri.
Amen.
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 Vincenzo Bertolone
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