Kenro Izu. Territori dello spirito

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Kenro Izu. Territori dello spirito
Comunicato stampa
Giugno 2014
Kenro Izu, Taksan #131, Bhutan, 2003, dalla serie “Bhutan Sacred Within”, stampa al platino, courtesy l’autore
Kenro Izu. Territori dello spirito
Modena, Foro Boario, 12 settembre 2014 – 11 gennaio 2015
Modena – La raffinata ricerca artistica del giapponese Kenro Izu è al centro della personale
che verrà inaugurata il 12 settembre negli spazi del Foro Boario di Modena. Curata da
Filippo Maggia e aperta fino all’11 gennaio, la mostra è interamente dedicata al lungo
lavoro che ha spinto l’artista ad esplorare i più importanti luoghi sacri del mondo, dalle
piramidi d’Egitto alle antiche pietre di Stonehenge, dalla città di Angkor in Cambogia ai
templi buddisti di India e Indonesia, dal deserto della Siria alle alte vette del Tibet.
In un percorso di oltre sessanta opere – per la maggior parte platinotipie stampate
dall’autore stesso – la mostra presenta l'evoluzione nel corso degli anni della sua
personale visione: dalle prime opere realizzate in Egitto ai numerosi viaggi intrapresi per la
serie Sacred Places (1979-2001), fino ad includere lavori successivi dalle serie Bhutan
Sacred Within (2002-2007) e India Where Prayer Echoes (2008-2012), dove per la prima
volta nella sua ricerca sulla spiritualità dei luoghi trova spazio anche la rappresentazione di
figure umane raccolte in preghiera.
Nato a Osaka nel 1949 e cresciuto nei dintorni di Hiroshima, Kenro Izu inizia a fotografare
negli anni settanta, completando la sua formazione presso la Nihon University di Tokyo. Nel
1970 si trasferisce a New York, dove tuttora vive e lavora. Ispirato dalle immagini del
vittoriano Francis Frith e dalle antiche spedizioni fotografiche in Egitto, nel 1979
intraprende il suo primo viaggio nella terra delle piramidi, dove resta fortemente
impressionato dalla spiritualità del luogo e dal profondo senso di caducità ispirato dalla
vista delle rovine, le cui enormi pietre si ergono come tracce imponenti dell’azione
costruttiva dell’uomo. Da questa esperienza e dalle fotografie realizzate durante il viaggio
prende avvio Sacred Places, il lavoro che diventerà nel tempo uno dei cardini stessi della
ricerca dell’autore: per oltre trent’anni, come un instancabile pellegrino, Izu si è spinto
verso mete sempre più lontane, ricercando siti e monumenti dove fosse percepibile la
costante tensione dell’uomo verso il divino.
Racconta l’autore – “Spesso mi domandano perché fotografo monumenti. È ciò che più si
avvicina a qualcosa capace di durare in eterno. Ma se si guarda bene c’è una sottile linea
di confine tra la pietra e la sabbia circostante. Nemmeno la pietra è eterna, come ci
insegna il buddismo tutto è transitorio. La nostra vita, quella di un fiore, perfino quella di un
albero o di una pietra non sono altro che un momento nell’eternità”.
La condizione senza tempo delle sue immagini ben si sposa con il metodo di lavoro
dell’autore, che individua nel recupero di stili e tecniche tipici della fotografia ottocentesca
il mezzo più adatto per imprimere le atmosfere mistiche dei luoghi incontrati. Saldamente
ancorato al procedimento analogico, con un’attenzione ancora artigianale per il dettaglio,
Izu utilizza il più grande formato di fotocamera trasportabile: costruita sulle sue esigenze di
fotografo e di viaggiatore, pesa all’incirca 90 kg ed è capace di produrre negativi 35x50cm.
È infatti necessaria un’attrezzatura di tali dimensioni per realizzare le finissime stampe al
platino che sono divenute negli anni la cifra stilistica dell’autore. Stampate a diretto
contatto con il negativo, sono realizzate con una tecnica ormai pressoché desueta –
utilizzata da grandi maestri come Paul Strand, Alfred Stieglitz e Irving Penn – che richiede
un’elevata abilità e un tempo di lavorazione di circa tre giorni per ogni stampa, ma che
consente di ottenere immagini dalla più suggestiva intensità tonale.
La mostra è promossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio
di Modena con il sostegno di UniCredit, da sempre impegnato in favore dell’arte e delle
iniziative culturali dei territori in cui è presente. La mostra sarà accompagnata da un
catalogo bilingue edito da Skira e si inserisce nel programma del festivalfilosofia 2014, che
si svolgerà dal 12 al 14 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo e sarà dedicato al tema
della Gloria.
Kenro Izu. Biografia
(dal catalogo di mostra)
Kenro Izu nasce nel 1949 a Osaka e trascorre la sua adolescenza a Iwakuni, vicino a Hiroshima. Il
primo approccio con la fotografia avviene attraverso il microscopio: affascinato dalla microbiologia e
dalla figura di Louis Pasteur, le cui scoperte salvarono la vita a migliaia di persone, documenta con
le immagini i germi e i microbi osservati durante i propri esperimenti di scienze. Dalle iniziali
aspirazioni di una carriera in campo medico trasferirà i suoi interessi verso un ambito
completamente diverso: nel 1969 si iscrive infatti alla Nihon University di Tokyo, frequentando i corsi
di arte e di fotografia. È ancora studente quando nel 1970 si reca per la prima volta in visita a New
York, dove si stabilirà definitivamente e aprirà qualche anno più tardi un proprio studio fotografico,
specializzandosi nella fotografia still life di gioielli e piccoli oggetti preziosi.
Nel 1979, ispirato dalle immagini del vittoriano Francis Frith e dalle antiche spedizioni fotografiche
in Egitto, decide di dar seguito a uno dei sogni che lo hanno accompagnato fin da bambino: visitare
le sette meraviglie del mondo antico, l’elenco dei luoghi magnifici stabilito da Greci e Romani intorno
al III secolo a.C. di cui oggi resta visibile unicamente la Piramide di Cheope. Kenro Izu intraprende
quindi il suo primo viaggio in Egitto, dove resta fortemente impressionato dalla spiritualità del luogo
e dal profondo senso di caducità ispirato dalla vista delle rovine, le cui enormi pietre si ergono come
tracce imponenti dell’azione costruttiva dell’uomo. Concentrato fino ad allora sul solo lavoro
commerciale, l’autore vive questa esperienza come un fondamentale punto di svolta nella sua
carriera, aprendo la strada al lungo lavoro di ricerca che lo porterà a visitare i più suggestivi siti sacri
del mondo e lo consacrerà allo stesso tempo nei grandi musei internazionali.
Nel 1983 Izu vede alcune opere di Paul Strand che lo colpiscono per la loro straordinaria bellezza e
per l’intensità espressiva. Si tratta di fotografie al platino-palladio, una particolare tecnica di stampa
che rispetto alle comuni gelatine d’argento permette di ottenere immagini dalla più ampia gamma di
sfumature tonali. Affascinato dagli esiti che questa tecnica permette di raggiungere, Izu decide di
introdurre l’uso dei sali al platino anche nella sua ricerca personale, già delineata attraverso la
ripresa in grande formato: stampate a contatto diretto con il negativo, le fotografie riescono a
conservare ogni minimo dettaglio, trasferito con precisione ma al contempo armonizzato all’interno
del contesto e in grado di amplificare l’atmosfera mistica dei luoghi. Grazie a una borsa di ricerca
ottenuta dal National Endowment for the Arts l’autore mette a punto presso il celebre laboratorio
Deardorff di Athens, nel Tennessee, la fotocamera che gli permetterà di produrre le immagini
desiderate: un banco ottico per negativi 14x20 pollici (35x50 cm), ovvero il maggiore formato
trasportabile per una fotocamera capace di rispondere a un tempo alle sue esigenze espressive così
come a quelle di viaggiatore.
L’anno seguente torna in Egitto con la nuova attrezzatura, consolidando la cifra stilistica che
diventerà una costante per l’intera serie: ampie vedute dal sapore ottocentesco, che catturano lo
sguardo in visioni senza tempo. La maestosità del luogo, il senso di mistero che le rovine riescono a
evocare, sono amplificati dalle inquadrature che si aprono ad includere l’ambiente circostante, sia
esso il deserto silenzioso o l’orizzonte sul quale è appena sorta una luna solitaria. Da allora l’autore
intraprende una nuova serie di viaggi, anche grazie a una seconda borsa di ricerca ottenuta nel
1985 dalla National Endowment for the Arts: si reca in Scozia, Inghilterra, Francia, Messico, Perù,
Cile e Stati Uniti alla ricerca dei siti sacri legati alle diverse civiltà passate, vestigia di un antico
rapporto con il divino destinato a quell’eternità che non appartiene all’uomo.
Nello stesso periodo, sempre mediante l’utilizzo del grande formato, inizia a dedicarsi a una nuova
serie di studi floreali che raccoglie sotto il titolo di Still life, una ricerca ancora aperta che si è
arricchita negli anni anche di indagini sul nudo e sulla rappresentazione del corpo umano.
Caratterizzate da una resa attenta e preziosissima delle superfici, le immagini mostrano forme
sinuose e ravvicinate, ritratte su sfondo nero in composizioni minimali, alla costante ricerca di un
equilibrio di luce e sfumature tonali.
Continua parallelamente il suo lavoro Sacred Places e nel 1993 visita per la prima volta il sito
archeologico di Angkor, in Cambogia. La vista delle rovine così come la preziosità delle forme di vita
naturale che vi crescono come nuovi abitanti dei templi gli appaiono quasi come una rivelazione:
“Quando incontrai quell’albero, che si ergeva sul tempio con una tale autorevolezza, fui travolto da
pensieri che si spingevano ben oltre le semplici nozioni di vita o di morte. Realizzai in quel momento,
in cui finii per interrogarmi sulla mia stessa esistenza, che quell’albero poteva avere una risposta.”
Inizia quindi una seconda serie di viaggi, individuando come sua destinazione privilegiata il
vastissimo continente asiatico: da Siria e Giordania fino a Cina e Indonesia, passando per India,
Birmania, Laos, Vietnam e Thailandia.
Durante un viaggio intrapreso nel 1995 per realizzare la serie Light Over Ancient Angkor, incontra
diversi bambini rimasti vittime delle mine antiuomo ed entra in contatto con il grave fenomeno della
mortalità infantile che affligge il paese, dovuta alla mancanza di servizi medici e della diffusa
povertà. Rientrato a New York, fonda l’organizzazione no-profit Friends Without A Border con
l’obiettivo di costruire nella città di Siem Reap, alle porte delle rovine di Angkor, un ospedale
pediatrico che potesse offrire cure gratuite alle famiglie. Dopo quattro anni l’obiettivo viene
raggiunto e l’ospedale “Angkor for Children” apre i battenti: con i suoi cinquanta posti letto, dal 1999
ad oggi ha curato oltre 650.000 bambini, trasferendo nel 2012 l’intera organizzazione in Cambogia
mentre Friends Whitout A Border continua il suo impegno umanitario con il progetto di un nuovo
ospedale pediatrico nel Laos, a Luand Prabang.
Continuano in parallelo i viaggi e le riprese fotografiche: nel 1997 Izu si reca nel nord del Nepal,
sulle alte montagne Himalayane sulle cui pendici si trova l’antico regno del Mustang. Il fascino di
questo luogo lo spinge ad aggiungere un nuovo capitolo al suo lavoro sui luoghi sacri,
concentrandosi sui Paesi che abitano il “tetto del mondo”: il Tibet, il regno del Bhutan e la regione
indiana del Ladakh.
Nel 2002 sperimenta per i suoi studi fotografici sul nudo una nuova tecnica di stampa, il cianotipo
su stampa al platino, con cui ottiene immagini scure, dominate da un blu profondo, capaci di
trasmettere attraverso ombre dense l’intimità sacra dell’animo umano. Queste immagini daranno
origine alla serie Blue, completata nel 2004 e presentata nel corso di numerose mostre e
pubblicazioni.
Incoraggiato da una Guggenheim Fellowship, intraprende tra il 2002 e il 2007 una nuova serie di
viaggi nel Bhutan, durante i quali il suo lavoro vede una ulteriore evoluzione: per la prima volta il
ritratto entra nella sua ricerca, attraverso volti di bhutanesi il cui altruismo è divenuto il motto stesso
della nazione, sotto il concetto di “felicità interna lorda”. Segue nel 2008 il progetto India Where
Prayer Echoes, con cui l’autore racconta attraverso immagini di templi, monaci e pellegrini, la
devozione di un’intera nazione nei confronti della propria religione.
Le ricerche artistiche di Kenro Izu sono state ampiamente presentate nei musei e nelle gallerie
internazionali. Tra le più recenti personali ricordiamo quelle organizzate presso il Rubin Museum of
Art, New York (2004), il Tokyo Metropolitan Teien Art Museum (2005), l’Art Museum, University of
Kentucky di Lexington (2007), il Detroit Institute of Art, il Kiyosato Museum of Photographic Art di
Hokuto, in Giappone (2008), il Museum of Photographic Arts di San Diego (2009), il Fitchburg
Museum of Art, in Massachusetts, il Lucca Photo Fest (2011), lo Spazio Forma di Milano (2012).
Le sue opere sono conservate in prestigiose collezioni, tra cui il Metropolitan Museum di New York, il
Getty Museum di Los Angeles, il San Francisco Museum of Modern Art, il Boston Museum of Art, il
Tokyo Metropolitan Museum of Photography, il Kiyosato Museum of Photographic Arts di Hokuto, in
Giappone, la Galleria Civica di Modena, il Canadian Center for Architecture di Montréal.
Scheda tecnica della mostra
titolo
Kenro Izu. Territori dello spirito
periodo
12 settembre 2014 – 11 gennaio 2015
sede
Foro Boario
Modena, Via Bono da Nonantola, 2
promossa da
Fondazione Fotografia Modena
Fondazione Cassa di Risparmio di Modena
sponsor
press preview
giovedì 11 settembre, ore 11
inaugurazione
venerdì 12 settembre 2014, ore 19
orari di apertura
martedì-venerdì 15-19
sabato-domenica 11-19
lunedì chiuso
aperture in occasione del festivalfilosofia
venerdì 12 settembre 9-23
sabato 13 settembre 9-2
domenica 14 settembre 9-22
biglietto d’ingresso
(valido per tutte le mostre in corso)
€ 5,00
ingresso libero tutti i martedì
e in occasione del festivalfilosofia
informazioni
Fondazione Fotografia Modena
Via Emilia Centro 283, Modena
tel. 059 239888 – 335 1621739
[email protected]
www.fondazionefotografia.org
ufficio stampa
Fondazione Fotografia Modena
Cecilia Lazzeretti
tel. 059 239888 - fax 059 238966
[email protected]
Glass Studio
Francesca Zanardo
Tel / fax 0429 696333 - Cell 328 4780660
[email protected]
www.glass-studio.it
Kenro Izu. Territori dello spirito
Selezione immagini stampa
Kenro Izu
Sakkara #13, Egypt, 1979
dalla serie “Sacred Places”
stampa ai sali d’argento, 33x46 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Stonehenge #69, England, 1981
dalla serie “Sacred Places”
stampa ai sali d’argento, 25x33 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Tajin #13, Mexico, 1987
dalla serie “Sacred Places”
stampa ai pigmenti 71x102 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Moai #1, Easter Island, Chile, 1989
dalla serie “Sacred Places”
stampa al platino 35,5x51 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Angkor #26, Cambodia, 1993
dalla serie “Sacred Places”
stampa ai pigmenti, 72x102 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Angkor #79, Cambodia, 1994
dalla serie “Sacred Places”
stampa al platino, 35,5x51 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Borobdur #15, Indonesia, 1996
dalla serie “Sacred Places”
stampa ai pigmenti, 72x102 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Kailash #75, Tibet, 2000
dalla serie “Sacred Places”
stampa ai pigmenti 72x102 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Chidambaram #723, India, 2012
dalla serie “India Where Prayer Echoes”
stampa al platino, 35,5x51 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Golden Rock #39, Burma, 1996
dalla “Sacred Places”
stampa al platino, 35,5x51 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Taksan #131, Bhutan, 2003
dalla serie “Bhutan Sacred Within”
stampa al platino, 51x107 cm
courtesy l’autore
Kenro Izu
Kanchipuram #638, India, 2012
dalla “India Where Prayer Echoes”
stampa ai pigmenti, 72x102 cm
courtesy l’autore