IRC e dialogo ecumenico e interreligioso nella scuola dell
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IRC e dialogo ecumenico e interreligioso nella scuola dell
IDENTITÀ DELL’IRC IRC e dialogo ecumenico e interreligioso nella scuola dell’autonomia Da un convegno di IdR: stimoli per la riflessione e il confronto a cura di Antonio Bollin proposta formativa per gli IdR. È sufficiente in proposito un sintetico richiamo. • È sotto gli occhi di tutti la pluralità delle religioni e movimenti religiosi, pluralità che si riverbera nella scuola (la scuola è lo specchio della società); e di questo fatto non possiamo non tenere conto. • È in discussione in Parlamento un disegno di legge sulla libertà religiosa. • Gli orientamenti nazionali in vista dell’elaborazione dei nuovi «programmi» per l’IRC – frutto della nota sperimentazione biennale – sono decisamente aperti alla prospettiva del dialogo ecumenico e interreligioso. La riflessione che si vuole qui favorire ha come finalità una più precisa conoscenza della situazione in cui viene a trovarsi l’IRC e l’individuazione a grandi linee delle prospettive (più o meno immediate) per tale insegnamento (che deve comunque conservare la sua specificità disciplinare, appunto come IRC, nella scuola di tutti). Il taglio del discorso è plurimo: sono annotazioni che vanno dal teologico al pedagogico-didattico e al giuridico-legislativo. Presentazione Perché questo tema e con quali finalità Di recente l’Ufficio diocesano per l’IRC della diocesi di Vicenza ha organizzato un convegno per gli IdR sul tema: IRC e dialogo ecumenico e interreligioso nella scuola dell’autonomia. Dei contributi presentati al convegno viene qui fatta una selezione in vista di un’utilizzazione anche in altri contesti. Accogliamo volentieri questi materiali sulla Rivista, oltre che per il loro valore in sé, anche perché sono la testimonianza di un impegno locale aperto a un’ampia condivisione, fino al livello nazionale. Si contribuisce così al confronto che appare sempre più necessario e urgente in questo tempo impegnativo di passaggio verso un vasto e profondo rinnovamento dell’IRC, nella scuola che cambia sulla linea dell’attuale Riforma. E in proposito il coinvolgimento degli IdR è fondamentale, in modo particolare per quanto concerne il discorso metodologico. ■ In concreto vengono qui proposti i seguenti contributi: 1. La scuola dell’autonomia e l’IRC (Diego Peron). 2. L’IRC e il dialogo ecumenico e interreligioso: situazione, problemi e prospettive (Giuseppe Dal Ferro). 3. L’IRC a scuola secondo la legislazione vigente (Alessandro Toniolo). 4. Alcuni impegni concreti (Davide Viadarin e Manuel Zorzo). PIETRO DAMU ■ Questo dossier di materiali vuole essere uno stimolo per la riflessione personale e per il confronto in vista appunto del rinnovamento dell’IRC. Nel presentarlo ci rifacciamo brevemente a quanto il Direttore dell’Ufficio diocesano per l’IRC – prof. ANTONIO BOLLIN – ha detto nell’introdurre il convegno. • Anzitutto c’è da chiedersi quali motivazioni reggano la scelta del tema in questione (IRC e dialogo ecumenico e interreligioso) come ■ 4 SET. 4 1 LA SCUOLA DELL’AUTONOMIA E L’IRC Prospettive interculturali e interreligiose dell’IRC nella scuola oggi DIEGO PERON la vita, con le sue gioie e con i suoi dolori e ciò che può «valere» per sempre. A questo problema il programma chiede di rivolgere un’attenzione specifica nel primo biennio delle superiori quando gli alunni, se «coltivati» ed educati a riflettere su se stessi e a guardarsi intorno, a «sentire» e a «pensare», avvertono particolarmente l’esigenza di prendere coscienza di sé ... 1.1. Il contributo formativo dell’IRC I programmi di RC – in particolare quelli della «secondaria» su cui abbiamo maggior dimestichezza ed esperienza diretta – precisano che questo insegnamento «concorre a promuovere, insieme alle altre discipline, il pieno sviluppo della personalità degli alunni e contribuisce ad un più alto livello di conoscenze e di capacità critiche, proprio in questo grado di scuola» e che esso è chiamato ad offrire agli alunni «contenuti e strumenti specifici per una lettura della realtà storico culturale in cui essi vivono» e per la conquista della «conoscenza della cultura religiosa». Essi pertanto, anche se indirettamente, sensibilizzano la capacità di lettura della realtà multiculturale tipica della nostra epoca, in cui sono presenti anche nel nostro Paese uomini appartenenti ad altre religioni e che si confrontano con «vari sistemi di significato». Al conseguimento di questa capacità di lettura è correlata la possibilità di comprendere e di rispettare «le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa» e di confrontarle con il cattolicesimo e quindi di aprirsi al dialogo interreligioso. ■ Nell’adolescenza gli interrogativi di ordine esistenziale sono spesso ricorrenti e inquietanti e forte è l’esigenza di autorientarsi, di attrezzarsi per effettuare scelte autonome, indispensabili per progettare la propria vita, anche in prospettiva religiosa e per acquisire consapevolezza della propria identità personale. «L’IRC, rimanendo fedele al quadro delle finalità della scuola, dovrà misurarsi con tali problemi: non solo avrà il compito di entrare in dialogo con le varie concezioni di natura filosofica e antropologica, ma dovrà evidenziare tutto il potenziale formativo implicito nella visione cristiana; non solo sarà impegnato sul piano della ricerca teorica, ma dovrà saper individuare percorsi educativi concreti per la promozione di una mentalità che sappia coniugare insieme le esigenze della propria libertà individuale, della solidale responsabilità e della verità ultima del senso della vita». ■ In tale prospettiva assume un significato particolare la riflessione sul «problema religioso», che costituisce il primo nucleo indicato dal programma di RC, la cui proposta si pone come un invito a riflettere sul bisogno di tutti gli uomini di collocare la loro esistenza e il loro essere nella storia in un orizzonte di senso, di trovare una risposta a quelle domande che ognuno si pone per andare oltre il «contingente», oltre la «dimensione storica», per conoscersi e per conoscere le ragioni del■ 1.2. In risposta alle nuove sfide ■ Per collocarsi in questa linea, non dimenticando che «la religione s’impone perché fonte di cultura: proprio dove questa nella sua matrice più qualificante è ricerca di senso», l’IRC è chiamato a potenziare il suo carattere «culturale» ed a favorire quelle espe- 5 SET. 4 esige comunque dei presupposti tra i quali ricordiamo la necessità di «non assolutizzare le nostre certezze, di non ritenersi migliori degli altri», di superare i pregiudizi e gli stereotipi relativi alle altre religioni. rienze formative che aiutano l’adolescente a saper «scegliere», mirando quindi a consolidare la sua identità religiosa. ■ Una delle sfide del futuro sarà infatti «il rapporto che l’IRC saprà costruire con il tema della confessionalità, dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Il dibattito, al contrario di quanto si sosteneva agli inizi degli anni ’80, non è sui termini generali della religiosità umana, della sua interpretazione, del suo rispetto, ma riguarda oggi le religioni. ■ Alla promozione di questa capacità guarda con attenzione il Programma di RC della secondaria e opportunamente, a questo proposito, nella Nota pastorale CEI «Insegnare religione cattolica oggi» del 1991, si ricorda che «nell’edificazione dell’Europa assume grande valore il cammino ecumenico» e che «una forte domanda e insieme un richiamo vengono al continente europeo dall’immigrazione di genti di altri continenti, bisognose di accoglienza e di solidarietà, ma anche portatrici di valori culturali e spirituali che l’insegnamento della religione non può trascurare, sia per l’universalità del fatto cristiano, sia per i concreti problemi di convivenza che si pongono». La scuola dell’autonomia, ben inserita nel territorio, domanda di orientarsi e lavorare in tale prospettiva; lo chiede pure un IRC aperto al dialogo interculturale e interreligioso. ■ Il problema è ormai quello di una educazione religiosa a dimensione mondiale. Occorre saper pensare alla confessionalità non come un tabù ed un ostacolo, ma come una risorsa ed una ricchezza. Per questo la proposta educativa deve essere dialettica: cercare il dialogo interreligioso e insieme aiutare a radicarsi nella propria tradizione religiosa». 1.3. La via del dialogo Il conseguimento della capacità di instaurare il dialogo è legato a diverse condizioni ed 2 L’IRC E IL DIALOGO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO Situazione, problemi e prospettive GIUSEPPE DAL FERRO credenza diversa dalla propria perché errore da ripudiare. Oggi convivono credenti di religioni diverse. I fenomeni di immigrazione, i viaggi per turismo, la comunicazione mondiale hanno allargato la conoscenza circa le fedi diverse, messo in crisi alcuni credenti e attenuata, se non cancellata, la funzione sociale delle religioni, che una volta erano fonti di significati per la vita sociale. Un contesto profondamente cambiato ■ L’apertura delle frontiere e la globalizzazione dei mercati hanno portato anche la convivenza fra religioni diverse. Non esistono più popoli che nascono, vivono e muoiono in ambienti omogenei e chiusi, che accettano la religione del luogo e che rifiutano le forme di ■ 6 SET. 4 L’esperienza della multiculturalità è pre- cesso di omogeneizzazione sia della religione che dell’etica, così da tendere ad un’unica forma religiosa, sintesi delle religioni esistenti. È una prospettiva sincretista, che esercita un immenso fascino nel capitalismo, che potrebbe mutuare da questa nuova unica religione una maschera di umanità e di filantropia. sente in tutte le società, che hanno visto venir meno la tradizionale omogeneità degli stili di vita e dei comportamenti religiosi. Ci si chiede se le religioni, data la loro universalità, finiscano per favorire la contrapposizione delle culture e di conseguenza siano causa di conflittualità o di integrazione. La possibilità di intolleranza religiosa è particolarmente forte là dove una religione si presenta come portatrice di una verità assoluta e universale, per cui la propria realizzazione comporta la scomparsa delle altre religioni. Le religioni invece possono diventare anima del mondo, contributo alla crescita umana e dei popoli, difesa dei diritti umani e della pace, nella misura in cui sviluppano un dialogo interreligioso, non inteso fondamentalmente come ricerca di punti comuni, ma come stimolo reciproco a recuperare tutte le dimensioni umane all’interno delle rispettive fedi, confrontandosi sulla vocazione integrale dell’uomo, sull’apertura al trascendente, sulla necessaria solidarietà del genere umano. Quale può essere allora la prospettiva di una società multiculturale e multireligiosa? ■ Le correnti New Age, le quali vedono nell’èra dell’Acquario la grande pacificazione delle religioni, sposano questo orientamento. Esse dichiarano superate le religioni storiche, colpevoli di aver diviso l’umanità e favorito le guerre, e parlano di una spiritualità come sviluppo della coscienza, così da arrivare all’esperienza del tutto, all’immersione ed identificazione con il cosmo. Dio non sarebbe altro che questo traguardo. ■ 2.1.2. Tribalismo religioso ■ Il modello opposto giudica ingannevole la globalizzazione e sottolinea il valore della religione in ordine alla identità dei popoli, teorizzando la contrapposizione fra religioni, protese alla espansione globale nella conquista del mondo. Il tribalismo porta i credenti a credere e a vivere senza criticità e, minacciato, diventa aggressivo. Sono tali i fondamentalismi religiosi che riescono a fanatizzare i credenti al punto da sacralizzare le ostilità e le guerre. 2.1. RIDEFINIZIONE DELL’UNIVERSALITÀ ■ Le religioni fanno parte delle culture. Paul Tillich sostiene che esse sono la sostanza delle culture, mentre queste ultime sarebbero la forma delle religioni. Dal punto di vista sociologico gli studiosi vedono nella globalizzazione due modelli di integrazione, i quali però sono in contrasto con ciò che qualsiasi religione vuole essere. 2.1.3. È possibile una convivenza pacifica e arricchente? 2.1.1. Religione standardizzata ■ Fra i due modelli è possibile individuare una convivenza pacifica, anzi arricchente, delle religioni? Mentre l’omologazione delle religioni rinnega le religioni stesse, che sono per alcuni ■ Sarebbe in atto un ripensamento delle religioni sulla direzione planetaria, cioè un pro- 7 SET. 4 aspetti degli assoluti non negoziabili, il tribalismo ribadisce la loro prospettiva universale o fa di esse uno strumento di potere. verità e una universalità che è «oltre». Si tratta di far proprio un concetto «inclusivo» di universalità, per cui si scopre che il proprio universo religioso non è estraneo a quello altrui; anzi da quest’ultimo è sollecitato ad allargare il proprio orizzonte. In questo senso, più una religione va in profondità nella ricerca della propria verità, più è spinta ad andare oltre se stessa, riconoscendo così, anche se sempre dall’interno del proprio orizzonte, la verità delle altre religioni. Ciò non è sincretismo, ma apertura, per cui il proprio particolare diventa luogo simbolico dell’universale presente nelle varie religioni. Le religioni poi, in quanto realtà umana, obbediscono a situazioni particolari, così da innervare la vita concreta, senza pretendere che tali inculturazioni siano definitive. ■ In che senso le religioni, nell’attuale momento storico, possono sostenere invece il convenire dei popoli, delle nazioni e delle culture? Possono, ci chiediamo, assicurare la dinamica particolare-universale, consentendo al mondo di unirsi senza barbarie? Il pensiero illuminista aveva trovato nella tolleranza una risposta al problema, con una radicale relativizzazione delle religioni fondate su rivelazioni particolari, in base all’unico criterio universale della razionalità, valore umano ritenuto valido per tutti gli uomini. Le religioni storiche non erano quindi che un pregevole mezzo per la gente semplice, ma dovevano essere ricondotte all’unica religione dell’umanità, rappresentata dall’istanza razionale etica. L’ultimo secolo ha dimostrato la non percorribilità di tale proposta, sia per i limiti emersi nelle pretese universalistiche della filosofia e delle scienze, sia per l’irriducibilità delle differenze che non si lasciano omologare dall’imperialismo ideologico della ragione. La convivenza umana richiede inoltre dai singoli un impegno attivo, che solo le religioni storiche sono in grado di fornire in modo universale ed incondizionato. Si impone pertanto, ai fini di una convivenza pacifica, una ridefinizione da parte delle religioni della propria universalità. Si profila di conseguenza un necessario confronto fra le religioni per una continua loro purificazione e per una sempre maggiore presa di coscienza della propria universalità. ■ 2.2. IL DIALOGO INTERRELIGIOSO ■ Dialogo significa apertura reciproca senza costrizioni. Questa nuova categoria, caricatasi purtroppo di molti significati, anche spuri, ha avuto piena cittadinanza a partire dal Concilio Vaticano II. Paolo VI, nell’enciclica Ecclesiam suam (1964) tracciò di questa scelta le linee maestre durante lo svolgimento del Concilio, affermando che il concetto di dialogo andava depurato dai possibili equivoci: debolezza, irenismo, sincretismo. Egli disse che non era una moda del tempo, perché «nasceva dall’alto», cioè dal modo con il quale Dio aveva agito con l’umanità. Per questo egli affermò: «La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio». ■ Per il singolo credente l’universalità della propria religione è un fatto irrinunciabile, appartenendo l’assolutezza della scelta all’essenza stessa della fede. Si deve tuttavia osservare che l’annuncio della verità del proprio Dio, non può avvenire se non nel confronto con altre immagini del divino e con altre pretese di verità e di salvezza. Si determina così la doppia prospettiva, sopra indicata, della possibile chiusura nel proprio orizzonte particolare (integralismo) o della relativizzazione del proprio credo (sincretismo). Il superamento può avvenire solo se ciascuno è capace di andare oltre la semplice universalizzazione del proprio particolare, per trovare una 8 SET. 4 Dialogo quindi è confronto, aiuto reciproco ad essere credenti ciascuno nella propria religione; dialogo è aiuto a purificarci dagli elementi spuri che non c’entrano con la religione; dialogo è cammino verso l’Assoluto che ci trascende, è spiritualità. e la verità si impongono da sole a chi ad esse si apre sinceramente. – In terzo luogo dev’essere sempre tenuta presente l’azione dello Spirito Santo, in tutte le culture e le religioni. Il cristiano è attento quindi ai percorsi dello Spirito, che dà a tutti la possibilità di venire a contatto con Dio, nel modo che solo Dio conosce. ■ Ma questo è possibile? Nella dichiarazione conciliare Nostra aetate si afferma che i cristiani devono dialogare con i seguaci delle altre religioni, affinché, «rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana riconoscano, conservino e facciano progredire i beni spirituali e morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi» (n. 1). Jacob Neusner precisa che il dialogo significa allargare il proprio orizzonte fino a comprendere l’orizzonte altrui. Quali possono essere i presupposti concreti per un rapporto dialogico e quali le forme di dialogo fra le religioni? Le diversità, è bene precisarlo, creano nel primo impatto conflittualità. Esse vengono a scombinare le nostre sicurezze e possono creare conflitti. Questi tuttavia non sono solo distruttivi, ma possono diventare strumento di crescita umana. Come è possibile superare la conflittualità e trasformare le difficoltà in opportunità positive? 2.2.2. Forme concrete di dialogo ■ Ci chiediamo come sia possibile dialogare. C’è un dialogo della preghiera e un dialogo degli esperti. Più importante di questi è il dialogo della vita, nel quale ci si sforza di interpretare la storia e la quotidianità, non materialisticamente ma sulla base del significato che esse hanno. Su questo piano è possibile un confronto dialogico fra fedi diverse, molto arricchente: pensiamo a come credenti di fedi diverse possano parlare delle vittime della guerra o interpretare il dolore dell’uomo, attingendo dalle rispettive religioni la spiegazione. ■ Affinché questo dialogo si attui è però necessaria una viva coscienza della propria storicità, la capacità di ragionare in termini antropologici e non politici e di estendere la nostra analisi alla globalità delle persone e dei popoli. Aver coscienza della storicità significa non imprigionare Dio nei nostri schemi e sentirsi sempre alla ricerca della verità. Noi non viviamo già nella gloria e dobbiamo camminare ricercando continuamente la verità. Da ciò deriva la convinzione profonda che abbiamo sempre da imparare. Le religioni non possono poi identificarsi con le alternative politiche, perché non appartengono all’egemonia e al potere, essendo proposte di salvezza rivolte alle vittime e a chi le opprime. Esse non agiscono infine in forme giustizialistiche ma di conversione e mirano alla salvezza globale, cioè di tutti e di tutto. Su que- 2.2.1. Presupposti del dialogo Il dialogo presuppone una lunga educazione. – In primo luogo richiede che si riconosca all’interlocutore lo «statuto teologico», cioè che si consideri il credente di altra fede ricercatore di Dio e della verità come noi, cioè in buona fede. – In secondo luogo è indispensabile evitare lo spirito proselitista, cioè la tentazione di voler conquistare l’altro con ogni mezzo. Per il cristiano è Dio che si comunica nell’universo, nella storia e nella coscienza di ogni uomo, pur avvalendosi della nostra testimonianza; quindi è indispensabile credere che la parola 9 SET. 4 sta base Hans Küng ha proposto ripetutamente l’elaborazione di un’etica universale delle religioni sui grandi problemi della sopravvivenza. 2.3. IRC IN UNA SOCIETÀ PLURALISTICA locare il fatto religioso nel contesto umanizzante, sia per il singolo che per la società. E si dovrà guidare a cogliere le istanze di valenza religiosa presenti in realtà come la stanchezza di vivere e il desiderio di ritrovare la «festa», la libertà per la morte che genera il bisogno di significato, la paura nel vivere sociale che causa ansia… b) Creare un’identità religiosa dialogica-relazionale Se il «vivere religioso» si colloca oggi in una società pluralistica, all’insegnamento della religione nella scuola si pongono numerosi problemi di carattere metodologico-pedagogico e di carattere politico-istituzionale. 2.3.1. Dimensione metodologico-pedagogica Gli studenti che partecipano all’ora di religione si trovano a vivere in un contesto socioculturale pluralistico, dove molte sono le appartenenze religiose e dove forse prevale l’indifferenza. Sembra pertanto di primaria importanza il perseguimento di alcuni obiettivi riguardanti questi temi: – l’istanza religiosa come costitutiva dell’esperienza umana, – l’identità religiosa unita alla capacità dialogica-relazionale, – i problemi relativi alla inculturazione. a) Ridestare la domanda religiosa In primo luogo va ridestata negli studenti la domanda religiosa, come presupposto dei problemi di senso e come recupero di umanità in una società pervasa dalla logica tecnicoeconomica. È noto come i giovani vivano oggi appartenenze deboli, prive di incidenza nella vita concreta. Risulta perciò indispensabile col- In secondo luogo l’insegnamento della religione deve preoccuparsi di creare una identità religiosa unita a una capacità dialogica-relazionale. Le due istanze non sono in contrasto fra loro. I sociologici concordano nell’affermazione che solo chi è sicuro della propria identità è capace di dialogare senza paura. In caso contrario, una persona o una cultura si chiude e si difende. Ecco perché risulta indispensabile acquisire un’identità chiara della propria fede e quell’equilibrio che dà gioia alla fede stessa. Allora l’apertura alla fede altrui porta a crescere nella nostra fede, e diviene un modo arricchente di vivere. Con il dialogo si perseguono livelli crescenti di unità della vita, tramite lo sviluppo del linguaggio simbolico, che consente un ampliamento del senso, proprio là dove l’interpretazione letterale vede una inconciliabilità. Secondo Paul Ricoeur l’avvicinamento di due significati, prima estranei, diventa una nuova fonte di senso, un allargamento degli orizzonti, una penetrazione più profonda del mistero. c) Curare l’inculturazione della fede In terzo luogo nell’insegnamento della religione vanno affrontati i problemi relativi alla inculturazione della fede. L’affermazione che a scuola si fa cultura religiosa nasce dalla convinzione che la fede, per essere vera, deve diventare vita e tradizione culturale di un popolo. Se la fede non diventa cultura, non raggiunge l’uomo in situazione e non può trasformarsi in modo di pensare e di agire. Nell’inculturazione c’è il rischio di perdere 10 SET. 4 l’universalità, di irrigidirsi, di smarrire la visione globale che è tipica della religione. Il problema si complica nel rapido cambiamento culturale in atto nella società, con il contrasto fra adulti e giovani sui modelli culturali. È importante perciò sviluppare il carattere liberatorio della fede e individuare nuovi modelli di vita cristiana adatti ai tempi, in continuità però con quelli precedenti. Parlando di inculturazione (tema assunto dal Magistero dal 1975 in poi), l’enciclica Redemptoris missio, da una parte, sottolinea il duplice processo che essa comporta, quello dell’«adattamento» e quello della «germinazione» di forme religiose nuove, e dall’altra richiama i suoi limiti: «La compatibilità col Vangelo e la comunione con la Chiesa universale» (n. 54). 2.3.2. Dimensione politico-istituzionale Non meno complessi dei problemi pedagogici sono quelli di natura politico-istituzionale. Non sono qui in discussione le scelte fatte dallo Stato italiano, conformi agli articoli 7 ed 8 della Costituzione. Ci chiediamo piuttosto come si potrà configurare l’insegnamento della religione cattolica nel nostro Paese nei prossimi anni. Alcuni temi sembrano prioritari, come la libertà religiosa, la dimensione antropologica e non politica della religione, i modelli organizzativi istituzionali. a) Libertà religiosa ■ La libertà religiosa è una acquisizione fondamentale di civiltà da difendere e da tradurre in forme istituzionali concrete. Tale libertà, ritenuta fondamento dei diritti umani, comprende il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, individualmente e in forma associata, di diffonderla, di osservarne i riti e di esercitare il culto in privato o in pubblico. Questa libertà non può non avere un riflesso nella scuola: essa, che ha recepito l’insegnamento cattolico della religione, dovrà aprire ad altri insegnamenti nel caso ci fosse a scuola un congruo numero di studenti di altra religione. In questi anni l’originaria libertà religiosa, sancita nel 1948, ha avuto un progressivo sviluppo con la firma di altri documenti, fra i quali la «Dichiarazione sull’eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo» (1981) e il settimo principio dell’Atto finale di Helsinki (1975). In questi documenti appare chiaramente la convinzione che la cultura di un popolo sarebbe compromessa se fosse privata degli apporti di una ispirazione religiosa nell’arte popolare, nelle feste tradizionali, nella costruzione di monumenti, nello sviluppo dell’insegnamento libero. Per questo i documenti non si limitano ad enunciare la libertà religiosa delle coscienze, ma parlano del diritto di esprimere esteriormente tale libertà. Gli Stati sono così impegnati a tre grandi compiti: – rispettare le convinzioni religiose dei singoli e le loro manifestazioni; – promuovere la libertà civile e sociale in materia religiosa; – difendere le persone e l’ordine sociale. Circa il terzo compito si dice che lo Stato non deve entrare specificatamente nella materia religiosa, ma garantire che, in nome della religione, non si violino altri diritti. In ogni caso lo Stato non può essere neutrale, essendo suo compito sostenere lo sviluppo religioso dei cittadini, senza entrare in questioni di merito. Si può dire in definitiva che la libertà dev’essere totale, salvo la garanzia della sicurezza pubblica, della salute e della morale. Il Concilio Vaticano II ha fatto propria la libertà religiosa, con un documento straordinario, che radica la libertà religiosa sulla dignità stessa della persona umana. In tale dichiarazione si afferma che la verità va ricercata, ma si impone per forza propria, non per coercizione esterna. A nulla servirebbe infatti imporre la verità, se l’atto di amore, a cui la libertà è ordinata, non fosse un atto libero. ■ 11 SET. 4 Possiamo parlare di «libertà da» in funzione della «libertà per». Nel Vaticano II, la libertà religiosa non è concessa quindi da una concezione biblica, ma è riconosciuta alla persona in forza della sua dignità, quindi è di tutti gli uomini. In quanto tale, quindi, va riconosciuta, rispettata, sostenuta. Il documento conciliare dice che essa è avallata dalla Parola di Dio. b) Dimensione antropologica della religione In secondo luogo va rivendicata alla religione una dimensione antropologica e non politica. Fra religione e Stato ci dev’essere mutua collaborazione, non confusione. Lo Stato non può prescindere dalla responsabilità etica dei cittadini e la religione ha bisogno di essere riconosciuta e sostenuta. Ambedue fanno riferimento all’uomo, che vive una dimensione sociale che è politica e religiosa, e una dimensione culturale con valori e modelli di vita implicanti le due sfere accennate. Una sovrapposizione e una confusione fra i due piani risulterebbe deleteria. Storicamente la violenza si è manifestata nei periodi in cui è prevalsa una certa identificazione fra religione ed ordinamenti politici oppure fra religione e identità culturale. Le crisi storiche hanno favorito tali connubi. Quando è prevalsa invece la separazione, si è assistito a una politica che in qualche modo diventava religione e a una religione che si dava forme organizzative sociali alternative allo Stato. Nella non ingerenza di una sfera nell’altra, l’uomo è educato ad essere responsabile dei suoi atti e ad esprimere giudizi secondo coscienza. c) Modelli organizzativi In terzo luogo ci chiediamo quali modelli organizzativi istituzionali possono essere previsti nella scuola, tenendo conto della legge sull’autonomia. È noto come sia in discussione nel Parlamen- to italiano il progetto di legge 2531 sulla «Libertà di coscienza e di religione». In esso si prevede (art. 12) la possibilità per gli alunni di richiedere, nell’ambito delle attività didattiche integrative, la realizzazione di iniziative riguardanti il fenomeno religioso. Tale affermazione, a mio parere, va collegata con il «tavolo interreligioso» proposto dal movimento Iskcon, a nome delle varie religioni e confessioni religiose cristiane. Tutto ciò, pur non mancando di aspetti positivi per il dialogo interreligioso, può risultare equivoco in un ambiente educativo. Avviare una presenza indiscriminata delle religioni nella scuola con iniziative per tutti gli alunni, pur autorizzate dagli organi dell’autonomia scolastica, può risultare non educativo se avulso da una riflessione globale prolungata. In Italia si è scelto l’insegnamento della religione cattolica con facoltà di non avvalersi di esso. In futuro potranno esserci altri insegnamenti paralleli, in seguito alle varie «intese» che lo Stato firmerà nell’applicazione dell’art. 8 della Costituzione. Se tali iniziative di insegnamento dovessero essere attuate non solo con i non avvalentisi ma con tutti, è necessario siano preparate e realizzate insieme con l’insegnante di religione della Chiesa cattolica, ed eventualmente con quello di altre religioni che hanno l’insegnamento religioso nella scuola, in modo da rispettare la libertà religiosa anche della maggioranza e rendere propositiva l’iniziativa dal punto di vista educa- 2.4. VIVERE NEL PLURALISMO tivo. Nel concludere l’analisi fatta, ci sembra importante ritornare al pluralismo culturale e religioso in cui siamo chiamati a vivere, fonte per alcuni di disorientamento, per altri di crescita personale. Vivere in una società fon- 12 SET. 4 data sui diritti umani è oggi la grande sfida che viene fatta alle religioni: essa comporta il vivere nel pluralismo e nella conflittualità, con una precisa identità personale unita a un’attitudine al dialogo. Ogni persona non può assolutizzare la «propria verità», e insieme non può rinunciare ad essa. Tale situazione diventa stimolo continuo alla verifica, all’arricchimento, alla ricerca della verità tutta intera (Gv 16,3). Si può affermare che la libertà di coscienza e di religione si salda con l’oggettività attraverso la responsabilità morale: «i diritti dell’uomo – ha detto Giovanni Paolo II –, più che norme giuridiche, sono anzitutto dei valori. Questi valori devono essere custoditi e coltivati nella società, altrimenti rischiano di scomparire anche dai testi di legge. Anche la dignità delle persone deve essere tutelata nei costumi, prima di esserlo nel diritto». INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE SU TEOLOGIA E DIALOGO INTERRELIGIOSO 1. Testi per un primo approccio DOCUMENTI – Ecclesiam suam (Paolo VI, 1964); – Nostra aetate, Dignitatis humanae; Ad gentes (Concilio Vaticano II); – Dialogo e missione (Segretariato per i non cristiani, 1984); – Redemptoris missio (Giovanni Paolo II, 1990); – Dialogo ed annuncio (Consiglio pontificio per il dialogo interreligioso e Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, 1991); – Il cristianesimo e le religioni (Commissione teologica internazionale, 1997); – Dominus Jesus (Congregazione per la dottrina della fede, 2000). STUDI – DUPUIS J., Il cristianesimo e le religioni. Dallo scontro all’incontro, Queriniana, Brescia, 2001. – DAL FERRO G., Multiculturalità: quale convivenza?, Rezzara, Vicenza, 2002. – DAL FERRO G., Religioni, salvezza per l’umanità, Rezzara, Vicenza, 1998. 2. Libri di approfondimento – ROSSANO P., Dialogo e annuncio cristiano. Incontro con le grandi religioni, Paoline, Cinisello Balsamo (Milano), 1993. – GIUDICI A., Religioni e salvezza, Torino, 1978. – EVERS G., Storia e salvezza, EMI, Bologna, 1976. – DUPUIS J., Gesù Cristo incontro alle religioni, Cittadella, Assisi, 1989. – CROCIATA M. (a cura di), Teologia delle religioni. Bilanci e prospettive, Paoline, Milano, 2001. – KNITTER P., Nessun altro nome? Un esame critico degli atteggiamenti cristiani verso le religioni mondiali, Queriniana, Brescia, 1991. – HICK J.-KNITTER P. (a cura di), L’unicità cristiana: un mito? Per una teologia pluralista delle religioni, Cittadella, Assisi, 1994. – D’COSTA G. (a cura di), La teologia pluralista delle religioni: un mito? L’unicità cristiana riesaminata, Cittadella, Assisi, 1994. – ODASSO G., Bibbia e religioni. Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, Urbaniana, Roma, 1998. – BACCARI L., La rivelazione nelle religioni, Borla, Roma, 1996. – WALDENFESL HH., Il fenomeno del cristianesimo. Una religione mondiale nel mondo delle religioni?, Queriniana, Brescia, 1995. – PANNIKKAR R., lI dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi, 1989. – DAL FERRO G., Libertà e culture. Nuove sfide per le religioni, Messaggero, Padova, 1999. – PEELMAN A, L’inculturazione. La chiesa e le culture, Queriniana, Brescia, 1993. – KNITTER P.F., Una terra molte religioni. Dialogo interreligioso e responsabilità globale, Cittadella, Assisi, 1998. – KÜNG H., Progetto per un’etica mondiale, Rizzoli, Milano, 1991. 13 SET. 4 3 L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE A SCUOLA SECONDO LA LEGISLAZIONE VIGENTE Concordato, Intese, documenti applicativi ALESSANDRO TONIOLO Ormai anche in Italia sono significativamente presenti forme religiose diverse da quella cattolica. L’insegnamento della religione cattolica (IRC) non può fare a meno di confrontarsi con esse, sia a livello specificamente religioso come anche a livello culturale. E in questo confronto entra, come punto di riferimento, anche lo Stato (si pensi al Concordato, alle Intese, alla stessa scuola). Direttamente interessati all’IRC, siamo sollecitati a chiederci: come può e deve attuarsi tale insegnamento nel presente contesto normativo, notoriamente articolato e complesso? Un’accurata anche se rapida riflessione sui documenti normativi, non potrà non essere illuminante. In concreto prenderemo in esame: – la normativa della Chiesa cattolica sull’IRC, – quella dello Stato nel Concordato e documenti applicativi, – e anche quanto viene detto sull’insegnamento religioso nelle varie Intese: informazione necessaria per un confronto. ha tracciato vie per il dialogo ecumenico e interreligioso, pur non indicando le linee della prospettiva ermeneutica, fondamentale per chi deve insegnare Religione Cattolica. Il tema di partenza, semplice ma molto sentito e avvertito, è la libertà religiosa. Non mi soffermo su questo punto, già sviluppato nell’intervento precedente (cf Dal Ferro). ■ Propongo solo alcune indicazioni provenienti dal magistero di Giovanni Paolo II: aperto e pluralista, egli prega nelle sinagoghe, fraternizza con popolazioni di varie religioni, convoca ad Assisi, nel segno di Francesco, gli esponenti di tutte le grandi religioni per l’invocazione unanime della pace, per la conoscenza reciproca e la fraternità senza terrore. ■ Documenti che, a mio parere, possono interessare sono anzitutto le seguenti encicliche: – Redemptor hominis, – Redemptoris missio, – Dominum et vivificantem. Indico inoltre questi altri testi, sempre del Papa: – Omelia della Messa per l’inizio del Pontificato, 22 ottobre 1978. L’Osservatore Romano, 23-24 ottobre 1978, p. 2, n. 5. – Discorso all’UNESCO, 2 giugno 1980. L’Osservatore Romano, 5 giugno 1980, n. 12. – Lettera Autografa di Fondazione del Pontificio Consiglio della Cultura, 20 maggio 1982, in AAS, 74 (1982) 683-688. – Discorso al Pontificio Consiglio della Cultura, 15 gennaio 1985, in L’Osservatore Romano, 16 gennaio 1985, p. 4, n. 3. – Esortazione Apostolica Post-Sinodale «Christifideles Laici», su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, 1988, n. 44. ■ 3.1. L’IRC NELLA NORMATIVA DELLA CHIESA CATTOLICA Richiamiamo le principali indicazioni proposte dalla Chiesa Cattolica. ■ Già il Concilio Ecumenico Vaticano II con i documenti – Dignitatis humanae, – Unitatis redintegratio, – Nostra Aetate, – Ad Gentes, 14 SET. 4 – Concistoro straordinario dei Cardinali a Roma (4-6 aprile 1991). L’Osservatore Romano, 6, 8-9 aprile 1991. – Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 5 ottobre 1995, in L’Osservatore Romano, 6 ottobre 1995, p. 7, n. 9. – Discorso alla prima Assemblea plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. L’Osservatore Romano, 13 ottobre 1995, p. 5. – Discorso all’udienza generale, 6 dicembre 1995. L’Osservatore Romano, 7 dicembre 1995, p. 4, n. 1. – Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 1997. L’Osservatore Romano, 25 gennaio 1997, p. 4. ■ Richiamiamo altri documenti ecclesiali: – Puebla. L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina. Bologna, EMI, 1985, nn. 385-436. – Le Sette, sfida pastorale per la Chiesa, Città del Vaticano 1986. – Commissione Teologica Internazionale, Fede e inculturazione, in La Civiltà Cattolica, 140 (1989) 13326, pp. 158-177. – Santo Domingo. Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana, Leumann (Torino), Elledici, 1993, nn. 228-286. – Sette e nuovi movimenti religiosi. Testi della Chiesa Cattolica (1986-1994), Roma, Città Nuova, 1995. ■ In particolare richiamo l’intervento del Papa nell’udienza generale del 29 novembre 2000 sul tema «Fede, Speranza e Carità nella prospettiva del dialogo interreligioso» a commento di Ap 7,4.9-10. Evidenzio questo passaggio: «I libri sacri delle religioni aprono alla speranza nella misura in cui schiudono un orizzonte di comunione divina, delineano per la storia una meta di purificazione e di salvezza, promuovono la ricerca della verità e difendono i valori della vita, della santità e della giustizia, della pace e della libertà». Penso infatti che una approfondita conoscenza delle fonti sia il fondamento da cui partire, in un processo di avvicinamento culturale alle altre religioni. ■ In concreto, il confronto e dialogo con le grandi tradizioni religiose mondiali aiutano il cristiano a crescere, sotto l’azione dello Spirito, nella comprensione della sua stessa fede e lo spingono a viverla con una sempre maggiore pienezza di fedeltà e di amore. 3.2. L’IRC E LO STATO ITALIANO 3.2.1. La Costituzione ■ L’altro versante o punto di riferimento è per noi lo Stato, che attraverso il Dirigente Scolastico ci nomina IdR con tutti i diritti e doveri degli altri insegnanti, inserendoci a pieno titolo nel corpo docente. A fondamento dell’azione dello Stato vi è la Costituzione, di cui richiamiamo tre articoli fondamentali: – Art. 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. (...)». – Art. 7: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale». – Art. 8: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze». 15 SET. 4 3.2.2. Il Concordato ■ I rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica sono codificati nei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, con le modifiche approvate nell’Accordo di revisione del 18 febbraio 1984. Nell’art. 9, che direttamente interessa la scuola, al secondo comma, leggiamo: «La Repubblica italiana riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione». 3.2.3. Il Protocollo addizionale In relazione a questo articolo, il Protocollo addizionale stabilisce. a) L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito – in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni – da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica. Nelle scuole materne ed elementari detto insegnamento può essere impartito dall’insegnante di classe, riconosciuto idoneo dall’autorità ecclesiastica, che sia disposto a svolgerlo. b) Con successiva intesa tra le competenti ■ autorità scolastiche e la Conferenza Episcopale Italiana verranno determinati: 1. i programmi dell’insegnamento della religione cattolica per i diversi ordini e gradi delle scuole pubbliche; 2. le modalità di organizzazione di tale insegnamento, anche in relazione alla collocazione nel quadro degli orari delle lezioni; 3. i criteri per la scelta dei libri di testo; 4. i profili della qualificazione professionale degli insegnanti. Le disposizioni di tale articolo non pregiudicano il regime vigente nelle Regioni di confine nelle quali la materia è disciplinata da norme particolari. 3.2.4. Qualche altro richiamo pertinente al nostro tema ■ Quanto ai titoli per l’insegnamento: «Gli istituti universitari, istituiti secondo il diritto canonico, continueranno a dipendere unicamente dall’autorità ecclesiastica. I titoli accademici in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche determinate d’accordo tra le Parti, conferiti dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede, sono riconosciuti dallo Stato». Rimane però aperto il problema del diploma rilasciato dagli Istituti Superiori di Scienze Religiose: esso non consente, in ambito ecclesiastico, di accedere ai gradi accademici teologici e non è riconosciuto come laurea breve dallo Stato: il quale, come primo titolo accademico, riconosce, il baccalaureato in teologia (laurea breve). Vi sono tuttavia dei tentativi di soluzione derivanti dalla buona volontà: ad es. l’università di Udine riconosce gli esami dell’ISSR delle Venezie per la laurea breve in Lettere. 16 SET. 4 3.2.5. Le Intese con le confessioni religiose non cattoliche ■ Abbiamo ora visto il quadro normativo per l’applicazione dell’articolo 7 della Costituzione (1947) che riguarda esclusivamente la Religione Cattolica. Tale articolo dava continuità alla linea di politica ecclesiastica nata nel periodo precedente la seconda guerra mondiale. Era dunque necessario individuare uno strumento bilaterale anche per le altre confessioni religiose. L’art. 8 assicura alle altre confessioni religiose «eguale libertà» prevedendo delle intese per regolare i loro rapporti con lo Stato. Questo strumento non è stato richiesto dalle minoranze religiose, ma creato in sede di dibattito parlamentare. Al momento dell’approvazione della Costituzione, a buona ragione si può pensare che i costituenti avessero in mente due intese: con gli ebrei e con i «protestanti». ■ È da ricordare che, nonostante le sollecitazioni da parte delle confessioni presenti nel territorio italiano, rimase a lungo in vigore la legislazione del 1929-30 sui «culti ammessi». (Regio Decreto 28 febbraio 1930, n.289 Norme per l’attuazione della L. 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato e per coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato). ■ ■ Fu negli anni ’50 che iniziarono a cadere le norme repressive della legislazione sui «culti ammessi»: dapprima l’obbligo di preavviso per le funzioni in luoghi aperti al pubblico (1957), poi (1958) la necessità di autorizzazione per l’apertura di luoghi di culto e l’obbligo della presenza di un ministro di culto «approvato» dall’autorità per la celebrazione di qualsiasi rito. Oggi è in discussione una legge per l’abrogazione dell’ordinamento sui culti ammessi. Il Consiglio dei Ministri del 1° marzo 2002, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha approvato un dise- gno di legge recante norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi. Il disegno di legge intende attuare compiutamente i principi costituzionali in materia di libertà religiosa e, parallelamente, abrogare la legge n. 1153 del 1929 sull’esercizio dei culti diversi dal cattolico, che, con riferimento al concetto di religione dello Stato contenuto nei Patti Lateranensi, venivano allora definiti «ammessi». A riportare alla ribalta l’ultimo comma dell’art. 8 della Costituzione, che parla di Intese specifiche, fu l’avvio della revisione concordataria con la Chiesa Cattolica. Le due trattative furono parallele: tanto che la firma dell’intesa con la Tavola Valdese, in rappresentanza delle chiese valdesi e metodiste, avvenne pochi giorni dopo quella del nuovo Concordato, nel febbraio 1984. Seguirono altre 5 Intese, stipulate dal 1986 al 1993. Alcune di queste Intese sono state oggetto di successive modifiche. ■ ■ In concreto, oggi sono vigenti questi documenti normativi: – il Concordato con la Chiesa cattolica, rivisto con l’Accordo del 18 febbraio 1984, – le Intese con a) la Tavola Valdese, 1984 b) l’Unione delle Comunità Ebraiche, 1987 c) le Assemblee di Dio in Italia (ADI-Culto pentecostale), 1986 d) le Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, 1986 e) l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (UCEBI), 1993 f) la Chiesa Evangelica luterana d’Italia (CELI) 1993. Sono in cammino altre Intese. Il 20 marzo 2000 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sottoscritto due nuove Intese – primo passo verso le relative leggi di approvazione e introduzione nell’ordinamento italiano – rispettivamente con g) la «Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova», h) la «Unione Buddhista Italiana», ■ 17 SET. 4 inaugurando con tale gesto una nuova «era» dei rapporti del nostro Stato con Confessioni religiose di origine diversa da quella ebraicocristiana. Proprio in riferimento all’Intesa con la «Unione Buddhista Italiana» qualcuno ha recentemente avanzato perplessità di carattere costituzionale interrogandosi sull’applicabilità della qualifica di «Confessione religiosa» al Buddhismo a motivo del suo rifiuto sostanziale del «teismo»... (si parla in termini giuridici), rifiuto «conosciuto» anche in ambito giurisprudenziale italiano, visto che la Cassazione ancora nel 1997 riteneva la stessa «Unione Buddhista Italiana» una formazione sociale ateistica o tutt’al più di natura agnostica: perplessità e dubbi in cui la «Parte istituzionale», in questo caso lo Stato, è riuscita ad accostare modelli ed espressioni, anche culturali, così differenti, tutelando al contempo e la propria posizione potestativa e le peculiarità delle «controparti». Per il rispetto che ogni Confessione religiosa merita, a motivo della propria «individualità» e specificità, è doveroso che lo Stato tratti le tematiche a cui le stesse confessioni religiose sono interessate: così i Testimoni di Geova si sono interessati del matrimonio ad «effetti civili» e dell’attività radiofonica mentre i Buddhisti hanno chiesto e ottenuto garanzie per i cimiteri. Sono in discussione le Intese con la Repubblica Italiana (v. box a p. 20), presentate da: • Associazione Musulmani Italiani (AMI), • Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia (UCOI), • Comunità Islamica in Italia (COREIS). ■ DOCUMENTAZIONE L’insegnamento della religione nelle Intese A proposito dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, che cosa dicono le Intese? Partiamo da quelle già approvate per passare a quelle in discussione. Passiamo alle Intese già stipulate. Tavola valdese 10. La Repubblica italiana, allo scopo di garantire che la scuola pubblica sia centro di promozione culturale, sociale e civile aperto all’apporto di tutte le componenti della società, assicura alle chiese rappresentate dalla Tavola valdese il diritto di rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni. Le modalità sono concordate con gli organi previsti dall’ordinamento scolastico. Gli oneri finanziari sono a carico degli organi ecclesiastici competenti. Chiese cristiane avventiste 12. 1. La Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralista della scuola, assicura agli incaricati designati dall’Unione delle chiese cristiane avventiste il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni. Tali attività si inseriscono nell’ambito delle attività culturali previste dall’ordinamento scolastico. 2. Gli oneri finanziari sono comunque a carico dell’Unione. 18 SET. 4 Assemblee di Dio 9. 1. La Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralistico della scuola, assicura agli incaricati dalle chiese associate alle ADI, designati dal Consiglio generale, il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni. Tali attività si inseriscono nell’ambito delle attività culturali previste dall’ordinamento scolastico. 2. Gli oneri finanziari sono comunque a carico degli organi delle ADI competenti. Unione delle comunità ebraiche italiane La Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralista della scuola, assicura agli incaricati designati dall’Unione o dalle Comunità il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici in ordine allo studio dell’ebraismo. Tali attività si inseriscono nell’ambito delle attività culturali previste dall’ordinamento scolastico. Gli oneri finanziari sono comunque a carico dell’Unione o delle Comunità. Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI) 9. Richieste in ordine allo studio del fatto religioso. 1. La Repubblica italiana, allo scopo di garantire che la scuola pubblica sia centro di promozione culturale, sociale e civile, aperto al contributo di tutte le componenti della società, assicura alle Chiese rappresentate dall’UCEBI il diritto di rispondere alle richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie e dagli organi scolastici in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni, nel quadro delle attività culturali previste dall’ordinamento scolastico dello Stato. 2. L’esercizio di tale diritto avviene senza alcun onere finanziario per lo Stato. Chiesa evangelica luterana d’Italia (CELI) 11. Richieste in ordine allo studio del fatto religioso. 1. La Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralistico della scuola, assicura agli incaricati della CELI e delle sue Comunità il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni, con modalità concordate con gli organi previsti dall’ordinamento scolastico. 2. Gli oneri finanziari sono comunque a carico delle Comunità della CELI territorialmente competenti. Seguono le intese, già sottoscritte, che sono in fase di approvazione parlamentare. Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova 4. La Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralistico della scuola pubblica, assicura agli incaricati designati dalla Congregazione centrale, o dalle Congregazioni o comunità locali dei testimoni di Geova, il diritto di rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni. Tale attività si inserisce nell’ambito delle attività didattiche integrative determinate dalle istituzioni scolastiche nell’esercizio della loro autonomia, secondo modalità concordate dalla Congregazione centrale con le medesime Istituzioni. 19 SET. 4 BOZZE DI INTESA IN DISCUSSIONE UCOI Articolo 10 (Istruzione religiosa nelle scuole) AMI Articolo 10 COREIS Art. 20 (Istruzione religiosa nelle scuole pubbliche) Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, l’insegnamento è impartito nel rispetto della libertà di coscienza e di religione e della pari dignità dei cittadini senza distinzione di religione come pure è esclusa ogni ingerenza sull’educazione e formazione religiosa degli alunni musulmani. La Repubblica Italiana nel garantire la libertà di coscienza riconosce agli alunni delle scuole pubbliche il diritto di non avvalersi di insegnamenti religiosi. Tale diritto è esercitato dagli alunni o da coloro cui compete la potestà su di essi ai sensi delle leggi dello Stato. Per dare reale efficacia all’attuazione di tale diritto, l’ordinamento scolastico provvede a che l’insegnamento religioso non abbia luogo secondo orari e modalità che abbiano per gli alunni effetti comunque discriminanti e che non siano previste forme d’insegnamento religioso diffuso nello svolgimento dei programmi di altre discipline. In ogni caso non possono essere richiesti agli alunni pratiche religiose o atti di culto. (Art. 3/II: Nel fissare il diario di prove di concorso le autorità competenti terranno conto dell’esigenza di cui al primo comma del presente articolo. Nel fissare il diario degli esami, le autorità scolastiche adotteranno in ogni caso opportuni accorgimenti onde consentire ai candidati musulmani che ne facciano richiesta di sostenere in altro giorno le prove di esame fissate nel giorno di venerdì. Si considerano giustificate le assenze degli alunni musulmani dalla scuola nel giorno di venerdì su richiesta dei genitori o dell’alunno se maggiorenne). Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, l’insegnamento è impartito nel rispetto della libertà di coscienza e di religione, conformemente ai principi di pari dignità dei cittadini, senza distinzione di religione. È esclusa ogni ingerenza sull’educazione e sulla formazione religiosa degli alunni musulmani. Agli alunni musulmani non potrà essere in alcun modo imposta la partecipazione ad atti di culto o a lezioni di religione non conformi alla loro appartenenza confessionale. Nell’ambito della flessibilità dell’orario scolastico, gli alunni musulmani che ne facciano richiesta hanno diritto a partecipare, un’ora alla settimana, a lezioni di religione islamica tenute da personale docente abilitato e designato dall’Associazione Musulmani Italiani. L’Associazione Musulmani Italiani comunicherà per tempo alle competenti autorità scolastiche la lista dei docenti di religione islamica abilitati. Nel fissare il diario degli esami, le autorità scolastiche adotteranno in ogni caso opportuni accorgimenti, onde consentire ai candidati musulmani che ne facciano richiesta di sostenere in un altro giorno le prove fissate per il venerdì, ovvero in occasione delle festività o solennità islamiche di cui all’Articolo 4. Quanto disposto nel comma precedente si applica inoltre alla datazione delle prove di concorso ed alle autorità competenti. Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, nelle quali, a norma della Costituzione della Repubblica, l’insegnamento è impartito nel rispetto della libertà di coscienza e di religione e della pari dignità degli uomini, è esclusa ogni ingerenza sull’educazione e sulla formazione religiosa degli alunni di fede islamica. La Repubblica Italiana, nel garantire la libertà di coscienza di tutti, riconosce agli alunni delle scuole pubbliche il diritto di non avvalersi di insegnamenti religiosi. Tale diritto è esercitato su richiesta degli alunni o di coloro cui compete la potestà parentale ai sensi delle leggi dello Stato. Per dare reale efficacia a tale diritto, l’ordinamento scolastico stabilisce che l’insegnamento religioso, previsto da leggi dello Stato, non abbia luogo secondo orari e modalità che abbiano per gli alunni effetti comunque discriminanti, e che non siano previste forme d’insegnamento religioso diffuso nello svolgimento di altre discipline. In ogni caso non possono essere richiesti agli alunni atti di culto o qualunque altra pratica religiosa. La Repubblica italiana, nel garantire il carattere pluralistico della scuola pubblica, assicura agli incaricati designati dalla Comunità il diritto, nell’ambito delle attività culturali previste dall’ordinamento scolastico, di rispondere a eventuali richieste, provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso islamico. [I relativi oneri sono a carico della Comunità]. (Art. 15/V) Nel fissare le prove di esame o di concorso le autorità civili competenti terranno conto della esigenza di rispetto delle festività islamiche. 20 SET. 4 5. Gli oneri finanziari derivanti dall’attuazione del comma 4, sono a carico della Congregazione centrale. Unione buddista italiana UBI Art. 5.1. La Repubblica italiana, nel garantire la libertà di coscienza di tutti i cittadini e cittadine, riconosce agli alunni e alunne delle scuole pubbliche non universitarie il diritto di non avvalersi di insegnamenti religiosi. Tale diritto è esercitato ai sensi delle leggi dello Stato dagli alunni, dalle alunne o da coloro cui compete la potestà su di essi. 5.2. Viene riconosciuto a persone designate dall’U.B.I. il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle alunne, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici per contribuire allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni, quale attività didattica integrativa determinata dalle istituzioni scolastiche nell’esercizio della loro autonomia, secondo modalità concordate dall’U.B.I. con le medesime istituzioni. 5.3. Gli oneri finanziari derivanti dall’attuazione del comma 2 sono posti a carico dell’U.B.I. 3.2.6. Orientamenti didattici (SS1c5) Alcune osservazioni conclusive Come calare nell’ambito didattico concreto dell’IRC la dovuta attenzione alle altre espressioni religiose? Indicazioni dai programmi ■ Nei programmi 1987 per l’IRC della Secondaria superiore troviamo, in proposito brevissimo accenno: gli alunni «saranno avviati a maturare capacità di confronto tra il cattolicesimo, le altre confessioni cristiane, le altre religioni e i vari sistemi di significato; a comprendere e a rispettare le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa». Quanto ai programmi, che sono ancora in preparazione, abbiamo indicazioni provvisorie che sono però promessa di orientamenti più ampi ed espliciti. Come esempio si può vedere (nel riquadro a p. 22) una delle matrici progettuali che si riferiscono al nostro tema. ■ ■ Nel proporre a scuola una confessione religiosa si deve salvaguardare la sua dignità confessionale e, insieme, si deve rispettare appieno l’atto libero conoscitivo dell’alunno, in un contesto laico. Questo risultato si ottiene distinguendo, dentro la confessionalità, tra religione e fede: la prima è sostenuta dalla teologia dei concetti, la seconda è intesa come la vivente e personale adesione del credente che compie un vero e proprio salto al di là di ogni calcolo teorico e di ogni scommessa pratica. Nell’affrontare il tema delle altre confessioni religiose, ritengo poco concludente il tentativo di giustapporre scienza delle religioni e teologia attraverso formulazioni generali riguardanti le due discipline. La proposta, ad esempio, di uno studio sistematico di storia delle religioni, con l’esposizione del percorso diacronico delle varie forme religiose, rischia di chiudere il tutto in un esercizio curioso ma di difficile integrazione nelle discipline teologiche. ■ 21 SET. 4 SS 1C5 LE PRINCIPALI RELIGIONI NON CRISTIANE (DELL’ANTICHITÀ E DI OGGI) La vita e le sue domande Lo studio dei popoli antichi, ma anche la presenza sempre più numerosa oggi in Italia di credenti in religioni diverse da quella cristiana e culturalmente lontane da essa, interpella la fede dei credenti in Gesù. Che valore hanno le religioni non cristiane? Quali atteggiamenti può assumere la Chiesa nei loro confronti? Come un credente in Cristo può vivere e dialogare con coloro che credono in religioni diverse dalla sua? Riferimenti ad altri ambiti e discipline La religiosità umana si esprime in molte forme. Tra esse le innumerevoli proposte che contemplano il culto a divinità diverse. Lo studio della storia, della letteratura antica, della geografia, permettono l’incontro con diverse proposte religiose non cristiane. Con attenzione interdisciplinare è possibile approfondirne una in modo particolare, a titolo esemplificativo. Non si tralasci una proporzionata presentazione delle religioni non cristiane di antica tradizione, oggi sempre più presenti anche in Europa (ad es. Induismo e Buddhismo). Contenuti specifici Lo studio delle diverse religioni offre l’opportunità di presentare il dialogo interreligioso, sviluppatosi in modo ufficiale e allargato, in ambito cattolico, a partire dal Vaticano II. Si consideri il documento del Vaticano II Nostra aetate, nelle parti che esprimono la posizione della Chiesa nei confronti delle religioni non cristiane trattate (Nostra aetate 1 e 2). Si può documentare lo sviluppo del dialogo dal Concilio ad oggi attraverso il riferimento agli eventi più significativi. (Ad es.: la costituzione del «Segretariato per i non cristiani» nel 1964; il primo incontro tra i rappresentanti di tutte le religioni ad Assisi il 27 ottobre 1986). Sintesi fondamentale La Chiesa riconosce nelle diverse religioni una sincera ricerca di Dio, nella quale «non raramente» è presente «un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini». Per questo, mentre non cessa di annunciare Cristo «via, verità e vita», la Chiesa «esorta i suoi figli affinché con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni, rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i beni spirituali e morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi» (Nostra aetate 2). Proviamo allora ad avventurarci su un diverso sentiero di ricerca, caratterizzato dall’analisi di singoli paradigmi circostanziati e delimitati. Esistono «paradigmi» (e il termine viene usato in senso kuhniano) capaci di attraversare le varie forme religiose e che, di conseguenza, possono risultare comuni sia al Cristianesimo sia a qualunque altra espressione religiosa. Paradigmi che potrebbero essere presi in considerazione riguardano il concetto di salvezza, le modalità di espressione rituale, il cammino di iniziazione, l’interpretazione etica, la visione dei diritti umani ecc. Al centro è da collocare l’esperienza, ricordando che per i nostri alunni il vissuto di riferimento è la radice cristiana. La rivoluzione copernicana sta nel porre come asse portante non il fatto religioso ma la persona in cammino con il suo bagaglio conoscitivo, con le sue modalità di reazione psicologica, con la propria crescita spirituale. Il metodo non può non essere fenomenologico: le scuole positivistica e strutturalista ci porterebbero su posizioni troppo sociologizzanti. ■ Concludiamo. Questo delineato è, a parer mio, un sentiero che rispetta la dignità del credente, la libertà dell’adesione di fede e il valore delle singole espressioni religiose. Solo brevi cenni, lasciati all’approfondimento personale e al confronto. 22 SET. 4 4 ALCUNI IMPEGNI CONCRETI DAVIDE VIADARIN E MANUEL ZORZO I mutamenti culturali tipici della società pluralistica portano all’IRC continue sollecitazioni e impongono ripensamenti. L’IdR, più di ogni altro insegnante, è per così dire costretto a riformulare perennemente la propria didattica in relazione a tali mutamenti, che hanno evidenti riflessi anche nella scuola. In un recente incontro di IdR della Diocesi – presente l’esperto mons. Dal Ferro – sono emersi in proposito alcuni orientamenti di carattere pedagogico-didattico che meritano una particolare considerazione. ■ 1. Siamo chiamati a ridestare negli studenti la domanda religiosa. È il compito più arduo degli IdR, soprattutto nella scuola secondaria, dove il momento evolutivo dei ragazzi coincide molto spesso con l’assunzione di un atteggiamento di generale indifferenza verso l’esperienza religiosa e la domanda di senso. 2. Dobbiamo opporci a un impoverimento della cultura religiosa cattolica. È fondamentale suscitare nei ragazzi il desiderio di approfondire la propria identità culturale segnata dalla tradizione cristiano-cattolica. È infatti la condizione necessaria per dialogare con il «diverso» da noi. 3. Si deve guidare a conoscere le diverse fedi/religioni. E questo non solo in relazione agli «input» dell’attualità, ma a partire dai testi sacri, dalla storia, dalle tradizioni... 4. Si deve valorizzare la presenza a scuola di studenti appartenenti a fedi diverse da quella cattolica. L’IdR creerà, durante la propria attività didattica, alcuni momenti di conoscenza e di dialogo con questi ragazzi. Ciò può favorire una maggiore disponibilità all’ascolto, alla reciproca comprensione e alla collaborazione. E diventa urgente soprattutto quando la «diversità» religiosa è presente nei banchi di scuola. 5. Quanto al metodo, sembra opportuno unire alla fenomenologia delle religioni un’attenzione particolare alla teologia delle religioni. Si affronteranno problematiche di questo genere: Gesù salvatore è presente nelle altre religioni? C’è salvezza nelle altre religioni? In esse c’è lo Spirito? Questo è fare teologia cattolica. 6. Nel fare visite culturali a sedi o luoghi di culto di chiese o religioni, limitarsi a quelle che hanno stipulato Intese con lo Stato Italiano. Questa attenzione è la garanzia di un dialogo fruttuoso e autentico con le altre religioni, senza cadere in un facile sincretismo o «qualunquismo» religioso, irrispettoso della propria e altrui identità. 23 SET. 4