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a cura di: gianni bianchi
GIOCHI DI LATTA
Prima delle interviste
impossibili curate da Gianni Bianchi.
Conversazione
con Giuseppe Galuppini,
collezionista di giocatti.
1) Navicella spaziale con pilota.
Tecnicamente fa parte dei giocattoli
denominati Robot. è un pezzo
giapponese degli anni ‘60 funzionante,
si muove e spara.
Intervistatore- L’intervistato è Giuseppe Galuppini, autentico segugio da soffitte, scantinati e mercatini, in cerca di giocattoli di latta anni ‘50/60 o di tracce dei medesimi. Dimmi, che spirito anima un collezionista?
G- Non posso parlare per altri, ma per quanto mi riguarda io mi sento alla
pari di un artista, cioè come uno che partendo dalle sensazioni del proprio
universo comunica immagini nuove ad altri e contribuisce a creare un futuro.
I- Tutto questo con dei giocattoli di latta?
G- Sì. Io uso qualcosa di non fatto da me, oggetti già creati e di solito già
dimenticati, che raccolgo prevalentemente sui mercatini di antiquariato o
modernariato, ma che spesso scovo seguendo l’indizio di una scatola o di un
discorso ascoltato casualmente. L’azione artistica in cui mi sento competente
è quella di percepire quale fra i vari oggetti è più intriso della magia che so
riconoscere, quindi riportarlo all’attenzione delle persone e compiacermi
delle emozioni che riesco a provocare in loro.
I- In pratica un’azione alla Duchamp, dove l’artista indica ciò che da quel
momento diventa un’opera d’arte perché è stato da lui riconosciuta e consacrata come tale.
G- Qualcosa del genere...Ma più semplice di così. A me interessa il giocattolo perché specialmente se è stato usato, contiene ancora emozioni, e le fa
vedere, chiaramente: determinati sentimenti nei bambini sono così diretti e
pregnanti che costituiscono un segnale forte e durevole per chi ha occhi per
vedere...
I- Confermo, sei un artista.
Ricordo noie da padiglioni pieni di quadri che neanche vedevo o che scordavo dopo un attimo. Poi, avvolta nella nota di un diapason, incontravo lei, la
creazione che dava un senso alla mia giornata. Magnetica, e piena di fascino
fino all’orlo, sospesa in quel vuoto d’aria come un astro. E non era un’unità
che mi aveva attirato, ma un insieme composito, fatto di atomi di attenzione
che posatisi su lei, le erano rimasti accanto a mormorarle amore. Una, cento,
mille attenzioni. Ecco ciò che ti fa voltare d’improvviso verso un capolavoro,
con le palpitazioni in aumento. A meno di essere morti...
G- Ecco perché io di solito incontro giocattoli usati, perché ci sono anche
giocattoli anni ‘50 e ‘60 nuovi, che sono fondi di magazzino o invenduti.
Questi non sono mai stati in mano ad un bambino che ci abbia giocato, ed in
effetti sono “diversi”, meno caldi. Chiaro che bisogna avere questo tipo di
sensibilità.
I- Sono d’accordo.
G- Ma è così. In ogni caso voglio arrivare ad avere una grandissima collezione e poi trovare uno spazio adeguato per esporla al pubblico, perché la gente
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venga ad ammirarla. Non mi interessa tenermela per me solo, la soddisfazione sta proprio nel mostrarla agli altri e vederli sorridere e capire.
I- Dicono che Van Gogh si sia dato alla pittura spinto dal desiderio di aiutare. All’inizio predicava il vangelo fra i minatori di carbone, all’epoca autentici schiavi che vivevano una vita senza sole. Accortosi che il vangelo non
bastava, ebbe l’illuminazione: avrebbe lenito le loro pene dipingendo per loro
tutti i colori che non avrebbero mai potuto vedere. Ecco come si spiega che
tutti i minatori sono dei grandi collezionisti di Van Gogh.
G- Guarda che poi qualcuno ci crede...
I- Come intervistatore direi che ho già parlato fin troppo. Stavi dicendo...
G- Io ho già il mio lavoro, ma se non facessi quello che faccio, farei il riparatore di giocattoli di latta. Sto già allestendo un’officina, con una specie di
magazzino di pezzi di ricambio, ci sono state già persone che mi hanno contattato e per le quali ho riparato giocattoli riportandoli all’antica funzionalità. Un’altra cosa che mi piacerebbe fare sarebbe andarmene in giro per tutto
il pianeta a raccoglierne di ogni tipo, a salvarli dall’oblio della soffitta o dal
rischio della discarica.
I- Li ami proprio...
G- Ma guarda che se osserviamo bene le produzioni anni 50/60 ci accorgiamo che c’era veramente un alto livello di creatività. Sembra di aver a che fare
ancora con persone che pur lavorando per denaro, cercavano un certo piacere personale nel produrre qualcosa che li soddisfacesse, forse perché convinti
che quella fosse l’unica garanzia per vedere tramutato il loro prodotto in un
grosso affare. Prima la cosa doveva dar piacere a loro, solo così trovavano il
coraggio di rischiare capitali a produrla, pubblicizzarla, a difenderla a spada
tratta sul mercato. Charlie Chaplin produceva da solo i suoi film, cioè usava
i suoi soldi, per essere libero di ripetere una scena anche decine di volte, anche
dopo settimane dalla prima lavorazione, finché non era pienamente soddisfatto. Solo a quel punto si sentiva bene a consegnare il suo film al pubblico
delle sale. Oggi un grande uomo d’affari è raggiante quando vede i profitti
salire: questa è la sola sua soddisfazione è per far questo è disposto a produrre qualsiasi cosa, saltando da un settore all’altro secondo i capricci del mercato.
Nei giocattoli anni 50/60 veniva messa molta vita già dal costruttore stesso,
alla quale si aggiungeva quella del bambino che ci giocava. Io penso che non
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sia un caso se la gran parte delle persone con cui ho a
che fare rimangano affascinate dalla mia collezione al
punto di cominciarne loro stessi una tutta loro.
I- Tornando all’officina che stai allestendo, non ti sembra che restaurandoli, togliendo loro il piccolo segno del
tempo, il graffio, forse li svernici un po’ di quel vissuto
che in genere un oggetto usato porta con sé? Ho capito
che quello che ti colpisce nell’oggetto riguarda solo in
parte l’aspetto esterno, ma magari c’è chi ha bisogno
dell’assoluta oggettività come punto di partenza per aiutarsi gradualmente ad usare le percezioni...
G- Il graffio non viene tolto. Quando dico restaurarli
intendo dire ripararli, ossia renderli ancora funzionanti
dal punto di vista meccanico ed elettrico. Tutto il resto
viene lasciato stare, anche perché, chiaramente, si tende
a riparare un giocattolo, quando lo stato di conservazione della gran parte dei suoi componenti è tale per cui ne
vale la pena.
I- Come fiuti il pezzo da acquistare? Quando ti rechi su
un mercatino vai a cercare o vai a trovare?
G- A trovare, penso. Ormai ho l’occhio, riesco a vedere
anche a distanza la cosa che mi interessa. Ma le cose più
interessanti sono quelle che arrivano da lontano, quasi
per caso. Ho dei veri e propri successi sull’uso delle per-
cezioni in questo senso. Io ad esempio sono andato ad
abitare al primo piano di un palazzo, dove vi sono molti
inquilini nella terza età, con figli che ormai hanno quarant’anni e che erano bambini negli anni 60, prima dell’avvento della plastica. Qui devono esserci giocattoli, lo
sento, mi sono detto. In effetti in una cantina non mia,
noto una scatola che doveva contenere un robot di latta.
Così era, e quando poi ho potuto conoscere meglio l’
inquilino, ho scoperto altre presenze, ed in effetti oltre al
robot, sono entrato in possesso di un altro pezzo molto
interessante. Insomma, io ho una gran voglia di trovare
giocattoli. Loro hanno una gran voglia di farsi trovare da
me. è un’esperienza fantastica andare dritti a scovare
qualcosa della cui presenza sei certo e riportarlo alla
luce.
I- Com’è che con tutti i possibili oggetti che si possono
collezionare e con cui si possono provare le stesse emozioni, la tua attenzione si è focalizzata sul giocattolo di
latta?
G- La cosa è cominciata per caso nel ’96. Non so come,
ma vidi un gioco di latta da qualche parte. Ne rimasi
attratto e non feci nemmeno in tempo a considerare che
avrei dovuto mettermi a cercarne altri, che un tizio
venne ad offrirmi del denaro perché gli svuotassi la soffitta. Ovviamente c’erano moltissimi giocattoli di latta
che non avevo mai visto perché sono stato bambino nell’era della plastica. Mi piacquero così tanto che il proprietario me ne regalò parecchi. Ho avuto così a disposizione un certo numero di pezzi, che non mi erano
costati nulla, potendo conoscerli meglio e di conseguenza appassionarmi. è così che ho iniziato la mia collezione, arricchendola costantemente come già ti ho detto a
cifre ragionevoli ed incrementadone il valore senza rincorrere rarità che oggi vengono contese anche su internet a migliaia di euro.
I- Oltre ai mercatini e ai solai?
G- Ci sono anche fiere specifiche solo del giocattolo, a
Cremona ad esempio a Cavatigozzi, due volte all’anno.
C’è l’Associazione Nazionale del Giocattolo che organizza queste cose.
I- Unicamente per giocattoli di latta?
G- No. Presentano prodotti di tutto il settore, quindi
anche quelli che interessano a me. A Parma ad esempio
si può trovare qualcosa al Mercante in Fiera. I mercatini di modernariato sono comunque i posti migliori dove
iniziare una ricerca, inoltre vi si trovano ancora cose a
buon prezzo, mentre su Internet girano cifre da capogi-
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ro.
I- Come si fa a conoscere un simile argomento e
destreggiarsi in mezzo ad un mercato molto spontaneo
e poco regolato come dovrebbe essere questo? Ci sono
cataloghi come in pittura?
G. Esistono cataloghi, ma che non coprono tutte le produzioni. Si usano anche altri parametri per attribuire il
valore a simili oggetti. Per esempio i giocattoli giapponesi hanno in genere una buona quotazione perché sono
di buona qualità sia come meccanica che come materiali. Il top è considerato comunque il giocattolo tedesco.
I- Potevamo dubitarne?
G-Mi è capitato di smontarne alcuni e ti garantisco che
sono incredibili, specialmente nei meccanismi di funzionamento. Anche i giocattoli italiani godono di una
buona considerazione fra i collezionisti. Quelli cinesi
sono un po’ scarsi sotto tutti gli aspetti, mentre i russi
evidenziano ancora una volta una creatività legata alla
loro cronica indisponibilità di materiali, costruendo giocattoli che funzionano usando solo lo stretto necessario.
I- Esistono cataloghi dicevamo...
G- Sì, esistono cose come questo me ne mostra uno
dove l’articolo viene rappresentato con caratteristiche e
quotazione, poi ovviamente vi sono siti Internet ricchissimi di offerte, ma io li consulto solo per veder cosa c’è
in giro, non comprerei mai in rete. Per evitare di essere
truffato preferisco vedere e toccare. A volte ti cancellano “made in China” dal gioco e ne fanno lievitare il valore. Se lo posso avere in mano, me ne accorgo immediatamente.
I- L’e-commerce in Italia non decolla insomma. Pensa
che già 10 anni fa a Toronto ho conosciuto una coppia
di italo-canadesi che proponevano in rete biancheria
intima di produzione italiana e ci campavano agiatamente. D’altronde la patente di guida canadese allora
era senza la foto del titolare: una questione di fiducia. Se
gli dici che tu sei il signor tale, loro ti credono...
G- Non è solo una questione di fiducia. è che all’estero
ci provano uguale a fregare, ma il cliente è assolutamente più tutelato che da noi. Ho letto che in Italia non si
denunciano nemmeno più i furti subiti perché tanto in
oltre il 90% dei casi quel tipo di crimine rimane impu-
nito... qui quando hai preso la fregatura te la tieni.
I- Con tanti saluti ai tromboni istituzionali che vanno
garantendo ai quattro venti la fiducia dei cittadini italiani nella giustizia...
G- Le fregature sono facili a prendersi, almeno all’inizio. Può capitare che non conoscendo il tipo di giocattolo ti accorgi tardi che mancano dei pezzi o delle funzioni, per cui il valore era nettamente inferiore a quello
pagato. Mi è capitato i primi tempi, e non è piacevole.
Anche se, per quanto riguarda me, stiamo sempre parlando di cifre modeste, la fregatura non fa bene al tuo
amor proprio perché fa tanto dilettante, mentre un affare ben condotto ti fa sentire un professionista.
I- Ho sentito di anziani che non si sono più ripresi dopo
aver subito una truffa, non tanto per la perdita economica quanto per aver subito l’umiliazione di essere stati
tanto sprovveduti da lasciarsi imbrogliare...
G-Anche su catalogo bisogna stare attenti: guarda questa foto ad esempio, è di un giocattolo anni 50 per il
quale la quotazione indicata è qualcosa meno dei 2000
euro, ma se guardi attentamente la scatola, puoi vedere
la scritta “the tin age collection”, che significa “collezione dell’era della latta”. è una scritta che i commercianti
sono stati per legge costretti a mettere molto tempo
dopo gli anni ‘50, quando si sono vietati i giocattoli di
latta ai bambini perché potevano ferirsi e si è passati alla
plastica. La scritta indica che non è un giocattolo ma un
pezzo da collezione, non va dato ai bimbi perché ci giochino. è una copia prodotta successivamente di un
oggetto anni ‘50. Valore reale: un centinaio di euro.
Comunque non si tratta mai di grandi cifre: il pezzo più
prezioso di cui ho sentito era un robot di latta rarissimo
pagato 10.000 euro. Normalmente siamo su cifre che
vanno dai 200 ai 1000 euro. Abbastanza accessibili a
tutti. Quello che sta succedendo è che ormai c’è un sacco
di gente che colleziona questi giocattoli e in giro, sui
mercatini, se ne trovano sempre meno. Secondo me questa “moda” deve ancora esplodere.
I- Come mai pensi che questa passione si diffonderà?
G- Tempo fa sono andato in un negozio per cercare un
trasformatore per una pista anni trenta, che avevo con
me. Ho avuto in un attimo tutto il personale intorno
pieno di meraviglia a farmi domande. Il giocattolo
riporta alla mente delle persone uno fra i momenti più
positivi della loro vita: l’infanzia con il momento fantastico del gioco. Ed è questo che mi piace fare, rendere
cioè partecipi gli altri delle mie scoperte. Non riuscirò
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2) Pezzo francese, tenuto benissimo e senza un
graffio, considerato che è degli anni ‘20, per cui
funziona a molla, preso ad una fiera a Cremona.
3) Nave della polizia perfettamente conservata, si
muove in acqua, con sirena in funzione e
lampeggiante.
4) Aereo italiano anni ‘60.
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5) Giappone,
anni ‘50 a molla. Le eliche
dell'elicottero girano e l'elicottero avanza.
6) Robot anni 50, dalle forme arrotondate come
erano le carrozzerie delle automobili della stessa
epoca. Successivamente i robot avranno forme più
spigolose o squadrate. Questo cammina e si
illumina. Pezzo raro, di robot è stata fatta razzia.
Questo è stato trovato da un rigattiere.
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mai a capire quei collezionisti che non solo non mostrano mai i loro pezzi in
pubblico, ma hanno persino difficoltà a confessare di possedere questo o quel
pezzo raro.
Per quanto riguarda me, non vedo l’ora di avere lo spazio per mostrarli.
I- Bella questa decappottabile...
G-è stato anche un buon affare. La vedi su questo catalogo? è valutata 400
euro. La mia, uguale identica a parte il colore, funzionante ed in ottimo stato,
l’ho pagata 25 euro.
I- Spiegamela come fossi un bambino di sei anni, perché mi accorgo sempre
alla fine di non averla ancora capita: come ci si può sentir bene ad aver comprato a 25 da un ignaro possessore un oggetto che ne vale 400? Se l’abilità del
commerciante è trovare gonzi che lui frega dall’alto della sua superiore preparazione e competenza, perché è illegale la classica truffa? Non riesco mai a
vedere la differenza.
G- Ecco appunto. Non è illegale fare affari. è convenzione, ma così è.
Poi da parte mia mi rendo conto che le cose hanno il valore che gli si dà personalmente. Se uno valuta un miliardo un suo oggetto e trova chi è disposto
a pagare quella cifra per diventarne il possessore, non ci trovo niente di male.
Comunque io non lo faccio per lucrare: io compro solamente, non vendo.
Per cui se mi capita di arricchire la mia collezione spendendo meno denaro,
ne sono felice. Poi non dimentichiamoci che una richiesta di denaro, in fondo
è una delle tante comunicazioni in uscita, e che è nel raccoglierla o meno che
ciascuno di noi gioca il proprio ruolo in piena responsabilità.
I- Un pezzo di vangelo secondo Galuppini. Grazie.