La progressiva valorizzazione dei diritti fondamentali della persona 1.

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La progressiva valorizzazione dei diritti fondamentali della persona 1.
La progressiva valorizzazione dei
diritti fondamentali della persona
1.
SOMMARIO
1. Premessa. – 2. L’espansione della tutela dei diritti della personalità. – 3.
L’onore, il decoro, la reputazione. – 4. La riservatezza, ovvero l’immagine in
senso lato. – 5. L’identità personale, ovvero l’immagine in senso traslato. – 6.
L’oblio. – 7. Il diritto di cronaca e la diffamazione. – 8. L’espansione dell’art.
2043 c.c. e la lunga marcia dell’art. 2059 c.c.
Premessa
1.
Il tema prescelto, nonostante la sua precisa esplicitazione, necessita di essere brevemente presentato nelle sue premesse generali.
1
Anche volendo prescindere dalla teoria , la problematica complessiva dei
diritti fondamentali è di ampiezza tale da non poter essere davvero sintetizzata
con la dovuta completezza e organicità. Essa infatti è stratificata e allo stesso tempo focalizzata su tutto l’arco della salvaguardia di cui la persona umana ha sempre più rivendicato il bisogno nel corso della storia, in contemporanea con l’evolversi funzionale della società e con il contestuale rischio di asservimento e subalternità delle posizioni individuali a quella funzionalità: per richiamare solo
le figure più note e più eclatanti nell’attualità, si va dal diritto alla autodeterminazione al diritto alla salute (ora sino al diritto del nascituro a nascere sano),
dal diritto alla vita al diritto all’incolumità, alla libertà individuale, al diritto alla
non discriminazione, al diritto al giusto processo, dal diritto alla libertà di opinione e di manifestazione del pensiero al diritto al nome, al diritto all’onore e alla
reputazione al diritto all’immagine. Ed ovviamente, in questo cammino l’evo1
Per una moderna e approfondita trattazione della problematica dei diritti fondamentali, si
vedano A. BALDASSARRE, voce Diritti inviolabili, in Enc. giur. Treccani, vol. XII, Roma, 1989; G.
PALOMBELLA, Diritti fondamentali: argomenti per una teoria, in www.swif.uniba.it, 1999; P. CARETTI, I diritti fondamentali, Torino, 2005.
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luzione della sfera di tali diritti ha subìto tutto il peso della relatività, nel senso
che essa ha risentito fortemente, è appena il caso di notarlo, degli spazi che storicamente erano o meno possibili, a misura che l’esigenza individuale di quella
salvaguardia veniva gradualmente travasata nella coscienza istituzionale, in una
progressiva identificazione con essa, e, in una parola, nella progressiva democratizzazione dello Stato e della comunità internazionale.
Ai moderni livelli di interrelazione, la sfera dei diritti fondamentali, per i caratteri man mano assunti, entra infatti in stretto ed inscindibile rapporto con la
democrazia pluralistica, sino a lasciare emergere, alla stregua dell’attuale assetto ordinamentale, ordinario e costituzionale «un significato complessivo dei diritti inviolabili che li identifica con i valori originari, assolutamente primari e perciò intangibili nel loro nucleo assiologico sia da parte di qualsiasi soggetto (incluso il titolare) sia da parte di qualsiasi potere costituito (pubblico o privato), compreso quello di revisione costituzionale. Si tratta, insomma, dell’evocazione positivizzata del principio filosofico dell’“eterno dell’uomo” (Scheler), del riconoscimento di un’invariabile base di valori materiali posta come solido fondamento di
un modello di convivenza sociale e politica forgiato a misura dell’uomo e dei suoi
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valori imperituri» .
Tuttavia, da tale significato complessivo al possesso e alla stabilità stessa
dei c.d. diritti fondamentali il passo, come è ovvio, non è breve, poiché ne rimane coinvolta la natura stessa e la “riconoscibilità”, per così dire, di tali diritti nel moderno contesto di un ordinamento: e dunque, in primis, la loro azionabilità in concreto. Il che a sua volta, come è altrettanto ovvio, coinvolge direttamente ad un livello particolarmente delicato il rapporto dell’individuo
(persona fisica o giuridica che sia) con la complessiva “atmosfera” giuridica di
cui può disporre per la sua esistenza e per il suo sviluppo.
E a tale riguardo è stato lucidamente notato che «i diritti fondamentali ricevono sul piano politico, ossia della democrazia, il loro sostegno; mentre non è facile condividere una costruzione teorica in cui i diritti fondamentali siano un dato del tutto indipendente dal riconoscimento democratico. Del resto, sostenere
che i diritti fondamentali non ancora azionabili o protetti, siano una lacuna giuridica, che regole tecnico-giuridiche, logiche interne al diritto “obbligano” a colmare, è un modo nobile di “inventare” norme di riconoscimento là dove non ci
sono ancora, o di indicarne di effettive tra quelle che tuttavia materialmente, sostanzialmente, non funzionano come tali. E di sopperire con la circolarità dell’ordinamento, al fatto inevitabile che le norme sono norme fondamentali, e nascono
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come norme di riconoscimento, solo quando come tali sono “usate”» .
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A. BALDASSARRE, voce Diritti inviolabili, cit., p. 23.
3
G. PALOMBELLA, Diritti fondamentali, cit., p. 27.
La progressiva valorizzazione dei diritti fondamentali della persona
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Di fatto, la barricata dei diritti fondamentali viene eretta e consolidata man
mano dalla persona fisica, perché più esposta sul versante di tutto ciò che non
traendo origine da rapporti di obbligazione patrimoniali può incidere negativamente sulla sua esistenza e sulla qualità della sua vita, mettendo in pericolo
la sua funzionalità, potenzialmente sino alla totale vanificazione, a dispetto dei
moderni proclami programmatici e soprattutto nella scarsità di una codificazione positiva che si preoccupi di armonizzare la fondamentalità dei diritti individuali con la fondamentalità dei diritti collettivi.
In questo, la persona giuridica è totalmente tributaria dei risultati raggiunti
dalla persona fisica per ottenere quella salvaguardia e per conseguire gli ulteriori baluardi necessari durante la continua necessità di adattamento della sua
sfera a quella sovra individuale.
Ed è dunque alla persona fisica che occorre in primis fare riferimento per
poter descrivere e cogliere il progressivo aderire dei bisogni delle persone giuridiche nel campo dei diritti fondamentali, cioè di quelle garanzie di cui il soggetto ha necessità in quanto tale e in quanto agente nelle formazioni sociali, a
tutela di essenziali valori umani e sociali, essendo principio ricevuto che
la persona umana e i suoi diritti fondamentali costituiscono un unicum inscindibile
(Cass., Sez. III, 14 ottobre 2008, n. 25157, in Giust. civ. Mass., 10, p. 1482).
La problematica, come è evidente, trae dunque origine anzitutto con il concetto di personalità e si dipana attraverso il lungo cammino della sua esigenza
di divenire diritto e attuazione di diritti.
Ai primordi, quando il concetto di legittimazione alla pretesa era confuso e
quasi coincidente con quello di liceità dell’offesa, e dunque assai prima che la
struttura sociale gli consentisse di porre su di essa ipoteche di legalità di sorta,
il problema della effettiva percezione della propria personalità nasce nell’uomo quasi contemporaneamente alla percezione della propria immagine, dalla
quale viene sostanzialmente catalizzata.
Il rapporto con la propria immagine è un problema che impegna l’uomo dall’alba dei tempi, e come è ovvio ha seguito un percorso che storicamente è stato direttamente proporzionale alle capacità dell’uomo stesso di acquisire prima consapevolezza, sia assoluta sia ambientale, dell’immagine di sé e di quella
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dei propri simili e poi acquisire capacità di gestione e di protezione della immagine. E proprio la scoperta stessa dell’immagine ha senz’altro costituito per l’uomo uno dei principali salti della sua evoluzione, perché, vedendosi per la prima
volta in uno specchio d’acqua o forse ancora prima intuendosi nella propria ombra, questa scoperta gli ha fornito la subitanea e, per così dire, rivoluzionaria capacità del duplicarsi concettualmente: cioè del riuscire a percepirsi col proprio
pensiero e non più soltanto fisicamente, tramite la conferma tattile del proprio
corpo. Certamente l’uomo ha da subito guardato e visto i propri simili, ma vi è
stato un momento della sua storia sino al quale questa attività non si differenziava in alcun modo da quella del guardare e vedere gli alberi o le fiere. E l’uomo che veniva visto subiva la stessa angustia di confini mentali di quello che lo
guardava.
Il problema dell’immagine, per l’uomo, non nasce dunque prima che la mente dell’uomo riesca a immaginare se stesso, svincolandosi e rendendosi indipendente dalla propria mera oggettività, e non nasce prima che l’uomo dal semplice esistere si veda e si senta esistere.
Attraverso la consapevolezza della propria immagine si fa largo nell’uomo
il concetto di sé e della propria rappresentazione. Inizialmente il livello di questa
consapevolezza è soltanto e puramente fisico, ma è sufficiente che ad esso si aggiunga l’istinto umano di variare scientemente il suo aspetto, per modificarlo
ed arricchirlo, che la sua operatività trasmigra ben presto nella considerazione
esteriore, di come si appare, in assoluto ma soprattutto agli altri. Da qui il passo è brevissimo perché la considerazione esteriore diventi un valore sociale, in
sé e in rapporto al grado di potere dell’individuo nei gruppi e nei contesti sociali,
ed è ancora più breve perché del valore sociale della immagine dell’uomo, evoluta in tal guisa, sia necessario e vitale, sia il suo mantenimento e il suo progresso, sia la sua difesa, a seconda delle possibilità offerte man mano dai contesti
culturali ed economici che si sono succeduti nella storia, spesso regressivamente
ancora ai giorni nostri e comunque con sperequazioni di notevole portata a seconda delle aree del mondo.
Il rapporto dell’uomo con la propria immagine è dunque a ben vedere un
rapporto nel quale campeggia in realtà tutta la relatività dell’uomo stesso e del
suo agire, e proprio per questo, anche la incessante necessità di rendere questa
relatività compatibile con quella degli altri, talvolta tentando anzi di ottenere
la compatibilità con modalità che la contraddicono in tesi, negando la relatività di altri soggetti in nome di una pretesa supremazia della propria soggettività
e dei propri fini.
Questo è appunto l’elemento comune che poi, lo si vedrà, nei nostri moderni
tempi unirà inevitabilmente come un filo rosso i percorsi e i destini della persona fisica a quelli della persona giuridica, nell’incessante lavorìo tendente a ricavare spazi di specificità nell’ambito di un mondo del rappresentarsi sempre più
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variegato e nella loro difesa, talvolta con alleanze insospettate o passandosi il testimone in attesa di ulteriori traguardi.
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diritti della personalità
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Il perno attorno al quale ruotano questi percorsi e questi destini è infatti costituito, nel diritto contemporaneo e attuale, dalla emersione del concetto giuridico di personalità come sinonimo della sfera complessiva che avvolge e contraddistingue i connotati e l’agire della persona nell’ordinamento, e dunque esso
è costituito anche, mutuando i concetti sopra accennati, dal divenire dell’ordinamento nel percepire le problematiche relative alla persona, il suo prendere
consapevolezza che tale percezione gli consente di relazionare, trasformare ed
espandere una parte di sé.
In altri termini, è evidente che le problematiche relative all’immagine della
persona, nel moderno strutturarsi dell’ordinamento che ad esse dà rilievo funzionale nei vari livelli dei rapporti giuridici, contribuiscono a fondare e a sorreggere il nucleo forte dei c.d. diritti della personalità, e nella prospettiva ordinamentale di questi costantemente esse si collocano e si rapportano durante la
loro evoluzione. Di tal che, inversamente, è altrettanto evidente che non è possibile parlare giuridicamente di immagine senza parlare della persona, con tutta la peculiarità della sfera individuale che la riscontra, e da dove provengono
e alla quale ritornano le più varie inerenze giuridiche, secondo i diversi ritmi
dialettici che i momenti storici della sensibilità sociale e giuridica consentono
ovvero sono capaci di promuovere.
È dunque chiaro a questa stregua, che ripercorrere anzitutto l’analisi dei
diritti della personalità non è una superflua opzione accademica ma una necessità, poiché significa porre le basi di una strumentazione per la comprensione e l’approfondimento di quali siano poi i valori-beni giuridici che sono
vissuti e vivono all’interno delle problematiche concrete che hanno visto impegnata la sfera della persona fisica e quella delle persone giuridiche, di quale
sia stata la loro evoluzione, le pressioni e i limiti.
Anche perché come si vedrà l’immagine – proprio per quanto sopra si è rilevato, e perciò nel momento in cui essa si svincola dalla connotazione fisica
pura e semplice del ritratto proprio ed esclusivo della persona fisica – diventando patrimonio anche della persona giuridica, diventa inevitabilmente una
meta-immagine, una rappresentazione cioè traslata e dunque di per sé multicomposta, potenzialmente, non di uno solo ma di molti dei tasselli configuranti il mosaico dei diritti della personalità normalmente riferiti alla persona fisica.
In altri termini, non sarà possibile apprezzare appieno e riflessivamente la
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Capitolo Primo
problematicità generale dell’immagine (e della sua lesione) nelle persone giuridiche senza aver chiaro ciò che queste hanno ricevuto dall’esperienza delle
persone fisiche in tema di diritti della personalità, tenuto conto che esse – pur
non potendo mai mutuare ciò che per la persona fisica ha costituito uno dei
cardini principali, e cioè per l’appunto la sua immagine/ritratto e comunque la
sua individuabilità/riconoscibilità fisica – tuttavia sono arrivate a poter usufruire di livelli analoghi a quelli dell’onore, della reputazione, della riservatezza, dell’identità personale, essendo riuscito ad emergere, pur nella sua peculiare diversità, il concetto di sembianza della persona giuridica.
Non è questa la sede per dare compiuto conto della dogmatica dei diritti del4
la personalità nella sua dimensione estesa poiché la sua evoluzione storica, dalla quale deriva la locuzione che è ormai usuale nel dibattito giuridico contemporaneo, ha in realtà il suo nucleo genetico nella scienza civilistica tedesca di fine
’800, la quale pose la vera moderna pietra del problema della tutela della personalità e della teoria privatistica dei diritti della personalità, consentendo alle elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali immediatamente successive l’inizio della individuazione e della applicazione di un modello dei diritti della personalità.
Per contro, ci si dovrà necessariamente limitare a quella che attualmente risulta essere la prospettiva fondamentale del nostro ordinamento nella quale a
tali diritti è data concreta dignità giuridica, pur nella frammentazione delle
occasioni normative che danno loro vitalità.
Il complesso normativo che ormai giustifica l’espressione unitaria “diritti
della personalità” e che consente di parlare di una materia in tal senso è costituito da svariate fonti, affatto diverse tra loro per collocazione e funzione
nell’ordinamento.
Si tratta prevalentemente di quelle disposizioni intese a tutelare: la vita e l’integrità personale con gli artt. 575 ss. c.p.; ovvero il nome, lo pseudonimo e altri
segni distintivi della persona con gli artt. 6-9 c.c.; l’immagine della persona con
l’art. 10 c.c.; il diritto morale e patrimoniale d’autore con gli artt. 96-98, legge
n. 633/1941 sul diritto d’autore; il segreto epistolare con l’art. 15 Cost., con gli
artt. 93-95, legge n. 633/1941 sul diritto d’autore, con gli artt. 612-620 c.p.
Va ricordato però subito che, rispetto a tale complesso, hanno tuttavia rilievo prioritario anche e soprattutto tutte quelle norme costituzionali che pur
non individuando direttamente una specifica posizione sicuramente rapportabile all’agire del singolo (come appunto la libertà e segretezza della corrispondenza) consentono – e lo si vedrà proprio attraverso la sempre più avvertita
necessità della giurisprudenza di dare una lettura «costituzionalmente orienta4
Per una completa disamina al riguardo, si vedano G. RESTA, voce Personalità (Diritti della), in Il Diritto – Enc. giur., vol. XI, Milano, 2007, p. 162 ss.; P. RESCIGNO, voce Personalità (Diritti della), in Enc. giur. Treccani, vol. XXIII, Roma, 1991.
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ta» ad alcune fondamentali norme ordinarie coinvolte dal nostro tema – di interpretare correttamente disposizioni di legge frammentate in settori eterogenei dell’ordinamento attraverso l’inequivoco valore di garanzia diretta che per
la persona rivestono appunto molte disposizioni della Carta costituzionale. Ci si
deve in ciò riferire in primis ai principi fondamentali, personalistico e solidaristico, posti dall’art. 2 Cost. – che come si vedrà, dopo anni bui di teorie di dissociazione costituzionale (la famosa e abborenda differenza tra Costituzione morale e Costituzione materiale) ha consentito alla giurisprudenza di dare evoluzione a molte situazioni soggettive dell’individuo – atteso che con esso, vale veramente richiamarlo testualmente.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Principi questi che si pongono in rapporto diretto, e da esso rafforzato, con
quello della dignità umana sancito dall’art. 3 Cost. il quale sancisce anzitutto
la «pari dignità sociale» di tutti i cittadini senza distinzioni di sorta e impegna
la Repubblica alla rimozione degli ostacoli che impediscono «il pieno sviluppo
della persona umana».
Oltre al citato art. 15 Cost., della piattaforma costituzionale su cui poggia il
nucleo forte dei diritti della personalità fanno parte poi le fondamentali disposizioni sui “Diritti civili”, tra le quali campeggiano la inviolabilità della libertà
personale di cui all’art. 13 Cost. e la inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14
Cost., la libertà di fede religiosa di cui all’art. 19 Cost., la libertà-diritto di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 Cost., la inviolabilità del diritto al
nome per motivi politici di cui all’art. 22 Cost.; nonché le disposizioni fondamentali sui “Rapporti etico-sociali”, tra le quali spiccano sia i “Diritti della
famiglia come società naturale” di cui all’art. 29 Cost. sia la tutela della “salute
come fondamentale diritto dell’individuo” di cui all’art. 32 Cost.; nonché, ancora, pur se inserito nelle disposizioni sui “Rapporti economici”, il fondamentale principio di cui all’art. 41 Cost. secondo cui l’iniziativa economica privata,
per quanto libera (nella sua dimensione imprenditoriale), non può essere svolta in modo da recare danno alla libertà e alla dignità umana. Tra le normative
di maggior rilievo in materia, e che segna effettivamente l’ingresso formale di
un (sia pur peculiare) ordinamento della persona nell’ambito delle leggi ordi-
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narie , si colloca poi la “integrazione” costituita dalle disposizioni di tutela dei
dati personali di cui al d.lgs. n. 196/2003 visto che essa, concerne (art. 4)
qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione.
Il complesso normativo che si è sopra delineato in sintesi rappresenta dunque l’area fondamentale nella quale si manifestano soggettivamente, con tutela
ordinamentale, le attività e le facoltà umane che riguardano le peculiari attribuzioni della persona, specialmente sotto il profilo morale. Tali peculiarità fanno sì che, secondo l’approccio etico e giuridico attuali, non può considerarsi od
essere ammissibile che di quelle attribuzioni possano appropriarsi o fare uso
persone diverse dal soggetto che ne è titolare, essendo esse direttamente connaturate alla sfera morale-spirituale della persona e all’estrinsecazione che questa stessa ne fa mediante quelle facoltà.
Dunque è evidente che la finalità che emerge dal plesso normativo che, con
riferimenti più o meno espliciti, si rivolge alla tutela dei diritti della personalità
è eminentemente quella di tutelare la persona nei suoi valori essenziali, onde
tali diritti sono giustamente, e alternativamente, denominati come “diritti fon6
damentali” dell’uomo .
La caratteristica particolare e assolutamente preminente di tali diritti, che li
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lascerebbe ricondurre alla categoria dei diritti soggettivi , è vista dalla dottrina
5
E. PELLECCHIA, voce Dati personali (trattamento dei), in Il Diritto – Enc. giur., vol. IV, Milano, 2007, p. 653 ss.
6
Cfr. M. BIANCA, Diritto Civile, I, Milano, 1984, p. 143 ss. dove viene rimarcata l’evoluzione che ha subito in maniera sempre più forte il concetto di giuridica necessità di dare tutela
alla dignità umana in ogni forma possibile, in considerazione della contemporanea evoluzione
della prospettiva sociale della persona e della correlativa sua sfera della personalità.
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A. DE CUPIS, I Diritti della personalità, Milano, 1982, p. 13 ss. La categorizzazione dei diritti della personalità come diritti soggettivi non è tuttavia per nulla pacifica. La problematicità
è equilibratamente sintetizzata da M. BIANCA, Diritto Civile, cit., p. 148: la questione investe la
stessa nozione di diritto soggettivo, il cui schema formale «sembrerebbe accentuare la subordinazione della rilevanza della dignità umana a puntuali previsioni legislative» anche se «il richiamo
alla categoria del diritto soggettivo consente una più certa e definita tutela di tali diritti». G. RESTA, voce Personalità, cit., p. 171, sagacemente avverte però che «ora che dell’art. 2043 si è definitivamente affermata una lettura aperta e si è consolidato il ricorso all’azione inibitoria anche a
tutela di situazioni non nominate (specie attraverso lo strumento dell’art. 700 c.p.c.), discutere se i
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più autorevole nel fatto che essi sarebbero “essenziali”, nel senso che essi costituiscono il contenuto minimo necessario della personalità medesima. Pur dovendo ciò pagare lo scotto con il potere, talvolta arbitrario, del diritto positivo
che può incidere sul loro destino, la essenzialità sarebbe data dal fatto che se tali
diritti non fossero rilevabili come un sicuro complemento delle possibilità dell’uomo di esternare e dunque realizzare la sua personalità, quest’ultima, sul piano giuridico, non sarebbe che una scatola vuota senza valore effettivo. Ciò che
più conta, alla stregua di tale intrinseco spessore, tali diritti costituirebbero il
nucleo forte della soggettività giuridicamente intesa e rilevante e non solo della soggettività della personalità in senso umano. Su questi diritti infatti si baserebbero tutti gli altri diritti soggettivi, i quali altrimenti non avrebbero più senso
rispetto all’individuo in quanto risulterebbero disorganici, e sostanzialmente
avulsi, in rapporto alla consistenza della sua moderna area giuridica.
Secondo la dottrina citata l’oggetto di tali diritti influenza allora geneticamente la loro struttura per il decisivo motivo che esso ha un rapporto organico, è il caso di dire, con la persona, individuando i più elevati beni suscettibili
di costituire una delle più preziose signorìe giuridiche per l’individuo, e cioè i
profili riguardanti i suoi modi di essere, concreti o morali idonei a consentire
il soddisfacimento dei «corrispondenti bisogni del medesimo ordine fisico o morale» e lasciando dunque individuare più diritti della personalità.
Infatti, ognuno di essi avrebbe un riferimento nel corrispondente bene compreso nella gamma di quei bisogni, risultando chiara la loro immanenza alla persona e non potendo considerarsi i beni inerenti la persona come pure e semplici
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astrazioni .
Quanto a caratteri, i diritti della personalità avrebbero, secondo parte della
dottrina, dei connotati comuni consistenti nella loro:
– non patrimonialità poiché i beni a cui questi diritti si riferiscono non avrebbero mai una loro immediata utilità economica, ma avrebbero semmai una idobeni della personalità possano essere oggetto di altrettanti diritti soggettivi o siano protetti soltanto
in forma oggettiva, se vi sia un’unica (come del resto ritiene la giurisprudenza di legittimità) oppure una pluralità di situazioni tutelate, divengono questioni, se non nominalistiche, di certo non
decisive ai fini della migliore intelligenza della realtà normativa».
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A. DE CUPIS, I Diritti della personalità, cit. Ed è la storicità e la relatività della categoria, e
la circostanza che il legislatore non abbia mai introdotto un generale “diritto della personalità”
a persuadere anche P. RESCIGNO, voce Personalità, cit., p. 5, che sia corretto «mantenere l’abituale inclinazione a ricostruire singoli, tipici, diritti della personalità». D’altro canto, invece, in linea con le surriferite riflessioni di G. RESTA, voce Personalità, cit., p. 171, erano già le acute osservazioni di A. DI MAIO, Profili dei diritti della personalità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, p. 69,
secondo cui sovente quello che è stato visto come un solitario rapporto del soggetto con le attribuzioni della propria persona è in realtà un rapporto di dovere dei terzi verso tali attribuzioni, per cui diventa evidente la sterilità della alternatività tra più diritti o un unico diritto della
personalità dove la visuale è quella del solo soggetto.
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neità strumentale a far conseguire ulteriori beni economicamente utili e non potrebbero essere pertanto confusi con questi: nel campo dei diritti della personalità la lesione del diritto, dunque, coinciderebbe solo indirettamente col pro9
filo risarcitorio .
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Al riguardo è stato tuttavia giustamente osservato di recente che una costruzione dei diritti della personalità (analoga a quella monistisca del diritto d’autore) come diritti a contenuto misto e natura complessa, dove cioè si combinano facoltà di natura personale e patrimoniale, oltre a rivelarsi la più congrua al
modo in cui la categoria è andata storicamente delineandosi, è quella in grado
di offrire le risposte più equilibrate al problema della commercializzazione della
persona. E la stessa dottrina ricorda che non a caso la giurisprudenza, da tempo, riconosce al diritto all’immagine
un vero e proprio contenuto patrimoniale e adotta, a fronte di uno sfruttamento commerciale
non autorizzato di tale bene, una tecnica risarcitoria (in realtà avente funzione restitutoria) incentrata sul c.d. prezzo del consenso
(Trib. Milano 2 marzo 2000, in Dir. inf., 2000, p. 799)
e che
tale soluzione è stata estesa anche agli altri elementi identificativi della personalità, sì da restituire un ampio potere di controllo in ordine alle modalità ed ai limiti dello sfruttamento commerciale della propria identità
(Trib. Milano 2 marzo 2000, cit.).
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A. DE CUPIS, I Diritti della personalità, cit.; M. BIANCA, Diritto Civile, cit.; contra, non potendosi considerarlo un criterio unico, P. VERCELLONE, voce Personalità (diritti della), in Noviss. Dig.
it., vol. XII, Torino, 1965, p. 1083; M. ARE, Interesse alla qualificazione e tutela della personalità,
in Riv. dir. comm., 1965, I, p. 81.
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G. RESTA, voce Personalità, cit., p. 172.
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Ma naturalmente poi – lo si vedrà meglio con i casi esaminati in giurisprudenza – la peculiarità della inerenza dei diritti della personalità alle persone giuridiche acuisce nettamente la problematicità della pretesa non patrimonialità
di tali diritti, ove appena si consideri che (a prescindere da quei beni che hanno una originaria rilevanza sul piano patrimoniale perché situati nell’ordinamento già a livello di tutela imprenditoriale, come ad es. la ditta e l’insegna) proprio
in base a talune delle osservazioni già svolte l’immagine della persona giuridica è
a ben vedere composta di tutte le inerenze con l’attività da essa svolta e che quindi
la rendono visibile all’esterno, sì da costituire una sorta di equazione tra immagine e attività e da consentire di ravvisare nella lesione del suo diritto all’immagine una lesione della propria attività;
– intrasmissibilità pura, perché sono inipotizzabili dei loro mutamenti nel
soggetto che li porta con sé, e pertanto la loro conseguente
– indisponibilità, perché il soggetto non potrebbe spogliarsene e comunque produrre cambiamenti in senso ablativo e tanto meno di ordine generale.
Sotto questo profilo è stato però sagacemente rilevato il sostanziale anacronismo di una monolitica teoria della indisponibilità di diritti della personalità, se è vero, come è vero, che per diverse ma concorrenti pressioni culturali
e tecnologiche si sono aperti «nuovi e inusitati spazi per la commercializzazione
di beni un tempo sottratti alla logica mercantile, tra i quali rientrano anche gli at11
tributi corporei e immateriali della personalità» ed è stato dalla stessa dottrina
rimarcato che «Da un semplice sguardo alle regole correntemente applicate dalla
giurisprudenza, oltre che agli usi negoziali invalsi nei settori dello sport, della comunicazione e dello spettacolo, si ricava che la declamazione dell’indisponibilità
collide apertamente con una molteplicità di fenomeni dispositivi socialmente ed
anche giuridicamente accettati» essendo un fatto, riferita alle fattispecie del merchandising e della sponsorizzazione, che «la circolazione dei diritti della personalità tende ad essere sempre più frequentemente attratta nell’orbita contrattuale. Della liceità di questi contratti, ben noti alla prassi commerciale e straniera,
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non v’è più ragione di dubitare» ;
– irrinunziabilità, nel senso che essi sono considerati inestinguibili per volontà del titolare in conseguenza, sia del ritenuto carattere della intrasmissibilità e della indisponibilità, che va a integrare non coincidendo necessariamente
con essa, sia del carattere della essenzialità che per natura domina genetica13
mente i diritti della personalità .
Da ultimo vi è da dire, a margine, che lo studio dei diritti della personalità
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G. RESTA, voce Personalità, cit., p. 175.
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G. RESTA, voce Personalità, cit., p. 175.
13
A. DE CUPIS, I Diritti della personalità, cit.
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Capitolo Primo
non solo è tuttora vivissimo, ma soprattutto è in pieno il dibattito concernente
i c.d. «diritti della personalità emergenti», che coinvolgono delicatissime problematiche, affacciate dal progresso medico-tecnologico e prima socialmente inconcepibili, quali ad esempio il diritto alla procreazione, il diritto ad un patrimonio genetico non manipolato, il diritto all’unicità e alla differenza. E su questo
versante vi sono già ausili alla riflessione dai primi contributi approfonditi, ri14
spetto dai quali si evince come , nate in buona sostanza dalla esigenza di passare dal problema alla norma (ora inesistente), in realtà sotto le formule prima
esemplificate, «si cela un percorso giuridicamente molto accidentato, il cui superamento non è nemmeno concepibile attraverso la regolamentazione delle singole fattispecie».
L’onore, il decoro, la reputazione
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La problematica inerente la valutazione di tali beni nasce all’origine con riguardo esclusivo alla sfera delle persone fisiche, in campo civilistico alla stregua dell’applicazione delle norme poste a tutela dell’immagine (art. 10 c.c. e
artt. 96-97, legge dir. aut. n. 633/1941), e in campo penalistico in base alla previsione del reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p.
Ciò premesso, va detto che la dottrina classica, nel considerare il decoro e
la reputazione alla stregua di forme con le quali l’onore si esprime, è stata convinta che l’onore a propria volta rappresenti un coacervo di valori che, in quanto coessenziale al suo vivere sociale, per l’individuo sia di importanza assai rilevante, arrivando a costituire l’intimo valore dell’uomo. Il che sarebbe dimostrato dal fatto che tali valori sono visti non solo nella considerazione sociale e
dunque nella stima dei terzi, nel c.d. buon nome e nella c.d. buona fama, valori in astratto oggettivati od oggettivabili, ma anche nel sentimento e nella co15
scienza della propria personale dignità .
Pensiero più recente ha dissentito da questa impostazione, poiché in tal modo
essa affida sostanzialmente la tutela dell’onore alla esclusiva possibilità (e dunque
capacità) dell’interessato di avvertire e apprezzare il se e il quanto del proprio
intimo valore ovvero se e quanto esso sia riconosciuto dai terzi: cose che quindi
risulterebbero precluse rispettivamente ad incapaci, infanti, infermi, ovvero a co16
loro che non hanno alcuna reputazione o non ne hanno di buona . Secondo ta-
14
S. MARTELLO, Recensione a A. LIBERATI-F. BILOTTA, Diritti della personalità e biotecnologie, Roma, 1999, in www.diritto.it.
15
Cfr. A. DE CUPIS, I Diritti della personalità, cit., pp. 229-280.
16
M. LIOTTA, voce Onore (Diritto all’), in Enc. dir., vol. XX, Milano, 1980, p. 202.
La progressiva valorizzazione dei diritti fondamentali della persona
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le dottrina l’onore dovrebbe essere invece considerato una entità articolata su due
livelli, e non solo soggettiva o solo oggettiva. Un livello sarebbe cioè comune a
tutti, come tutela soprattutto, e sarebbe da vedersi nel valore intoccabile e inalienabile dell’integrità morale di ogni soggetto, quale minimo etico comune a ogni
individuo. L’altro livello consisterebbe nel ruolo che l’individuo svolge nella società attraverso il suo agire concreto, il che andrebbe a riflettersi e a dare sostanza,
sotto il profilo soggettivo, al come il soggetto rappresenta a se stesso la propria
personalità, e sotto il profilo oggettivo alla considerazione che il soggetto gode
nel contesto sociale.
La giurisprudenza più attuale, pur dando definizioni raramente puntuali e
17
più spesso sovrapponibili del concetto di onore, decoro e reputazione , ha so18
stanzialmente condiviso tale ordine di idee .
Si è infatti precisato che:
La reputazione personale (intesa come reputazione che il soggetto gode come persona
umana, tra gli altri consociati; altrimenti detta, più propriamente onore e prestigio) va valutata
“in abstracto”, cioè con riferimento al contenuto della reputazione quale si è formata nella coscienza sociale in un determinato momento e non “quam suis”, e cioè alla considerazione che
ciascuno ha della sua reputazione (amor proprio); una volta provata detta lesione, il danno è in
re ipsa in quanto si realizza una perdita di tipo analogo a quella indicata dall’art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o dalla privazione di un valore (per quanto non patrimoniale) della persona umana, alla quale il risarcimento deve essere commisurato (Corte cost. 27 ottobre 1994, n.
372) sia pure in termini di danno biologico
(Cass., Sez. III, 10 maggio 2001, n. 6507, in Nuova giur. civ. comm., 2002, I, p. 529).
Con riguardo all’onore (nel clamoroso caso della esclusione della società calcistica del Catania dal campionato nel 2007) è stato rilevato che:
17
L’unica vera sintesi, che conserva ancora oggi un suo indubbio valore come tale, è di Pret.
Roma 31 dicembre 1955, in Giur. it., I, 1956, I, cc. 2, 5: «L’onore costituisce la stima che ciascuno ha di se stesso, il decoro comprende la dignità della persona nel suo aspetto fisico, intellettuale,
professionale, la reputazione è la considerazione che si è raggiunta e si gode nel proprio ambiente
sociale, nel quale si vive e si opera».
18
Già peraltro era stato affermato che la reputazione è «La stima che una persona si è conquistata presso gli altri per i suoi meriti, quanto come rispetto cui ogni persona ha diritto come tale, indipendentemente dalla buona o cattiva fama che abbia»: Cass. 31 maggio 1966, n. 1466, in
Dir. aut., 1966, p. 475.
14
Capitolo Primo
Il diritto all’onore è uno dei diritti fondamentali della persona, per come emerge dal richiamo alla dignità personale contenuto negli artt. 3, 32 e 41 Cost., e conseguentemente nel
catalogo “aperto” di cui all’art. 2 Cost. La lesione di tale inviolabile diritto provoca ovviamente
multiformi conseguenze dannose di carattere morale (e, alle volte, anche di carattere psicofisico) legate all’insorgere del sentimento di vergogna che nasce dalla perdita pubblica della
propria immagine personale
(TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 19 aprile 2007, n. 679).
E d’altro canto, anche con riguardo all’onore, si è precisato che:
La nozione di pregiudizio all’onore adottata dalle norme penali che disciplinano il reato
di diffamazione non si ricollega all’apprezzamento soggettivo che l’offeso fa delle proprie doti,
bensì al concetto oggettivo che la collettività ha dei valori tutelati, da determinarsi secondo una
concezione media. Si tratta, dunque, di una nozione evolutiva, in quanto i parametri di valutazione sono destinati a non rimanere fissi nel tempo, bensì a seguire inevitabilmente il mutamento della cultura e dei costumi sociali
(G.I.P. Milano 11 maggio 2000, in Foro ambrosiano, 2000, p. 318).
Per l’incidenza che analogicamente sono suscettibili di esercitare sulle problematiche inerenti le persone giuridiche, va dato spazio a quelli che sono emersi nel tempo come criteri di valutazione della lesione al diritto all’onore in
particolare, estensibili evidentemente, per l’omogeneità sostanziale dell’area in
cui vivono, al diritto al decoro e alla reputazione.
A tale riguardo va detto che, per valutare correttamente la sussistenza della
lesione, l’opinione comunemente ricevuta è quella secondo la quale occorre
riferirsi a criteri fondati sul generale principio di obiettività.
19
Secondo la dottrina più autorevole , il pregiudizio deve avere caratteri di
effettività e attualità. Poiché infatti la legge prevede, a differenza che per l’in19
P. VERCELLONE, Il diritto sul proprio ritratto, Torino, 1959, p. 94 ss.
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La progressiva valorizzazione dei diritti fondamentali della persona
debito uso del nome, che il pregiudizio sia “recato” e non soltanto che esso sia
possibile, il pregiudizio in questione non può essere semplicemente probabile
o eventuale.
Dunque la effettività del pregiudizio, per il soggetto ritratto ed effettivamente riconoscibile, può dirsi sussistente fondamentalmente nel caso in cui il ritratto deformi le sembianze della persona fino a renderla ridicola, disprezzabile o ripugnante, oppure sia l’atteggiamento che la persona assume nel ritratto
a suscitare tale tipo di sentimenti, ovvero nel caso in cui il ritratto, che in sé per
sé non possa dirsi lesivo per l’onore, abbia modalità di divulgazione che diventano però lesive per la persona a causa del contesto nel quale il ritratto si trova
collocato, per la indecorosità del luogo o della sede.
Da gran tempo la giurisprudenza condivide queste indicazioni ed ha assunto analoghe posizioni.
È stato dunque emblematicamente ritenuto che:
La lesione di tali beni deve essere valutata in concreto, con riferimento alla persona ritratta, all’attività dalla stessa svolta, all’ambiente in cui vive e alla sensibilità sociale del momento. Con riguardo a tali elementi non sembra dubbio che il servizio fotografico in cui (...) è ritratta
in costume da bagno ai bordi della piscina esistente nel giardino della sua villa e nell’atto di baciare – senza alcuna espressione di sensualità – un uomo, non sia produttivo del lamentato pregiudizio, tenuto conto dello stato libero dell’attrice (divorziata), della personalità mondana della
stessa e della sensibilità sociale del momento in cui i fotogrammi sono stati pubblicati
20
(App. Milano 19 gennaio 1971 (il famoso caso Esfandiari), in Dir. aut., 1972, p. 306) .
Pur essendo infatti incontestabile la necessaria tutela dei diritti fondamentali della persona si è precisato che:
Non può ipotizzarsi né consentirsi una tutela talmente esasperata che si spinga fino al
divieto indiscriminato di qualsiasi riproduzione di immagine, ancorché strumentale ad un discor-
20
Confermata da Cass. 27 maggio 1975, n. 2129, in Giust. civ., 1975, I, p. 1686 e in Giur.
it., 1975, I, 1, c. 970.
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Capitolo Primo
so lecito e culturale e, soprattutto, improduttiva di qualsiasi danno del ritrattato, per danno emergente o lucro cessante
(Pret. Prato 2 aprile 1976, in Dir. aut., 1978, p. 238).
In sede di legittimità (era stata ipotizzata una lesione all’immagine pretesamente causata da un’opera cinematografica) era stato d’altro canto confermato il principio secondo cui, avuto riguardo alle oggettive finalità dell’opera realizzata,
la valutazione dell’esistenza o meno del pregiudizio della personalità di coloro che, realmente
esistiti, rivivono nell’opera narrativa, va fatto in concreto con riferimento all’alterazione della verità storica contenuta nell’opera dell’ingegno, letteraria, teatrale o cinematografica
(Cass. 31 maggio 1966, n. 1466, in Dir. aut., 1966, p. 475; in Giust. civ., 1966, I, p. 1251),
con la precisazione che:
Nel giudizio sulla personalità del protagonista della vicenda occorre aver riguardo ai
tratti caratteristici e alle note essenziali che la costituiscono, per accertare attraverso una valutazione complessiva della individualità quale emerge dalle due opere e non attraverso una
dissezione dei singoli episodi, se l’opera dell’artista abbia per risultato un personaggio diverso e peggiore di quello vero (...) una valutazione complessiva e non atomistica delle alterazioni che hanno prospettato la realtà dell’individuo e ne hanno espresso, invece, una falsa
immagine
(Cass. 31 maggio 1966, n. 1466, cit.).
L’applicazione complessiva dei criteri generali che si sono sopra segnalati è
stata fatta dalla giurisprudenza anche in casi del tutto singolari, quale quello
ad esempio in cui è stata esclusa la lesività di una ritenuta somiglianza, o anche
La progressiva valorizzazione dei diritti fondamentali della persona
17
di una identità, delle sembianze di una effigie ritratta su una banconota rispetto ad una persona reale, essendosi ritenuto in ipotizzabile che:
La riproduzione dell’immagine in un biglietto di banca, possa di per sé costituire evento idoneo a ledere il decoro o la reputazione
(Pret. Roma 22 gennaio 1979, in Giust. civ., 1980, I, p. 2333).
La decontestualizzazione vera e propria, di cui si è fatto prima cenno, è stata in particolare l’occasione in cui è stata invece rilevata una situazione di lesività.
E dunque, nel ritenere la sussistenza della lesione, in un caso in cui erano state pubblicate fotografie di una cantante famosa in abiti di scena su una rivista
però pornografica, e senza il consenso dell’interessata, si è ribadito con estrema
precisione che:
La persona è protetta in modo che l’individuo possa trovare difesa contro gli accrescimenti, artificiosi ed arbitrari della conoscenza della sua immagine oltre il limite corrispondente alla vista diretta. Deve aversi perciò riguardo non tanto al ritratto nella sua immediatezza visiva con i relativi nessi ambientali, quanto proprio alle modalità con cui la pubblicazione
del ritratto avviene, la cornice in cui quello stesso viene inserito o l’occasione che dà motivo
alla sua diffusione, poiché questi sono gli elementi idonei a qualificare le reali dimensioni della pubblicità di fronte alle ipotesi di deroga al divieto generale, per valutarne gli estremi di
liceità
(App. Milano 6 aprile 1984, in Dir. aut., 1985, p. 522).
Ciò in quanto: