Le difficoltà dei giovani al di fuori dei percorsi scolastici circa la

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Le difficoltà dei giovani al di fuori dei percorsi scolastici circa la
Le difficoltà dei giovani al di fuori dei percorsi scolastici circa
la ricerca del lavoro
Nell’ultimo decennio il mondo del lavoro italiano è stato segnato da numerosi cambiamenti di
carattere strutturale (Legge 30/2003) 1 a cui hanno fatto seguito trasformazioni di tipo culturale
relativi alla rappresentazione del lavoro. I principali soggetti che si confrontano con tali
cambiamenti sono proprio i giovani-adulti (16-30 anni), specie quelli all’esordio della vita
lavorativa caratterizzata da problematiche da inserimento e che tradizionalmente costituiscono una
componente debole del mercato del lavoro.
Adulti = tutte le persone di età superiore ai 25 anni; tutte le persone di età compresa tra i 16 e
i 24 anni, che non sono più inserite nell'istruzione iniziale a livello secondario superiore
nell'ambito del sistema scolastico formale dei paesi partecipanti al Programma GRUNDTVIG.
Giovani adulti = le persone con età superiore a 16 anni e inferiore a 30 anni che non sono più
inserite nell'istruzione iniziale a livello secondario superiore nell'ambito del sistema scolastico
formale
Alle difficoltà di accesso (insufficiente livello di partecipazione e di occupazione ed elevati tassi
di disoccupazione) si sono aggiunte quelle legate all’ottenimento di un lavoro stabile, tutelato,
adeguatamente remunerato. I giovani-adulti sono oggi smarriti (per entrare nella maturità devono
acquisire un ruolo nella società), concentrati sul presente e disinformati sulle realtà professionali o
sulla occupazione futura; hanno difficoltà a mettere a fuoco quello a cui tengono davvero e come
acquisire questo ruolo; spesso stanno fermi ad aspettare che qualcuno gli dia il lavoro, soprattutto
nelle regioni ad alto tasso di disoccupazione giovanile e i ceti più “bassi”. Quando pensano al
lavoro, in vetta alle priorità mettono la sicurezza del posto fisso, la possibilità di far carriera, un
buon guadagno e avere sereni rapporti con colleghi e superiori 2. La sensazione di non potere
ottenere ciò, li porta ad avere una sorta di distacco dal mondo del lavoro, visto come meno capace
di sedurre e stimolare le loro migliori qualità.
Oggi si impiega sempre più tempo per venire fuori dalla “trappola della precarietà” (Rapporto
ISTAT 2008; Cnel, L’intesa raggiunta su nuovi assetti contrattuali un contributi importante, 2009).
Cercare un'occupazione è divenuta un’impresa (un vero e proprio lavoro) sempre più ardua e
dall'esito incerto. Il nostro target dubita che può diventare co-creatore del proprio lavoro attraverso
lo studio, il tirocinio, la volontà, la creatività.
1
La legge Biagi si fonda su un modello giuridico improntato a un mercato del lavoro flessibile. In Italia, si è
pervenuti a trasformare in uno svantaggio ciò che in altri paesi è considerato, in linea generale, sempre in presenza di
criticità e problematicità, un vantaggio e un elemento di crescita professionale, economica e sociale. Ma, in una società
dove non vi è una predisposizione al concetto di lavoro flessibile, una normativa che lo regola rischia di divenire uno
strumento in mano al datore di lavoro che conosce le difficoltà a cui i lavoratori vanno incontro per trovarne un altro
impiego.
2
Rapporto Giovani (2007), Sesta indagine dell’istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia.
1
Dal punto di vista statistico si è notato un peggioramento delle condizioni di accesso: le stime
ISTAT 20073, nel periodo 2004-07 mostravano che in Italia sono diminuite le persone in cerca di
occupazione e che il tasso di disoccupazione si era contratto di 0,9 punti decimali (dall’8,0% del
2004 al 6,1% del 2007); invece i dati del I quadrimestre 2009 dell’ISTAT mostrano un aumento
tendenziale consecutivo nel numero delle persone in cerca di occupazione e il tasso di
disoccupazione passa dal 7,1% del primo trimestre 2008 all'attuale 7,9%. Rispetto al quarto
trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione aumenta di 3 decimi di
punto.
Il POR Sicilia 2007-2013, richiamando l’indagine ISTAT 2005 sulle forze lavoro, mostra come
il target da noi considerato e le donne rappresentano le fasce più fragile nel mercato del lavoro
siciliano. Dagli ultimi dati ISTAT (2008) la quota di chi, privo di impiego, è alla ricerca di lavoro in
Sicilia, è complessivamente di 236,8 mila, così distribuiti nelle province (Tabella 1).
Tabella 1
Persone in cerca di occupazione in Sicilia per l’anno 2008
(dati in migliaia)
Trapani
16,0
Palermo
74,2
Messina
31,5
Agrigento
25,6
Caltanissetta
12,5
Enna
9,3
Catania
42,5
Ragusa
9,9
Siracusa
15,3
Fonte: ISTAT 2009
Il Rapporto giovani dello IARD4 (2007) mostra come sono in cerca di prima occupazione
(Grafico 1): l’1,1% fra i 15-17 anni; il 6,3% fra i 18-20 anni; il 6,7% tra i 21-24; il 4,6% tra i 25-29;
l’1,6% tra i 30-34. I numeri bassi sono legati all’alto tasso di studenti in Sicilia che proseguono gli
studi (tasso ancora basso rispetto alla media UE anche perché molti non portano a termine gli studi).
8,00%
7,00%
6,30%
6,70%
6,00%
4,60%
5,00%
4,00%
3,00%
1,60%
2,00%
1,10%
1,00%
0,00%
15-17 years
3
4
18-20 years
21-24 years
25-29 years
30-34 years
ISTAT (2007), Occupati residenti e persone in cerca di occupazione nei Sistemi locali del lavoro.
Op. Cit.
2
Ma come cercano lavoro i giovani-adulti italiani e attraverso quali modalità le imprese
offrono lavoro?
Rispetto al passato, sono differenti le azioni di ricerca attiva del lavoro da parte dei giovaniadulti. Essi hanno una visione disillusa verso i concorsi pubblici e il collocamento e privilegiano le
agenzie private (dal 4% nel 1998 al 15% nel 2003), le inserzioni sui giornali (dal 15% al 41%) e il
ricorso a segnalazioni da parte della rete sociale e informale di riferimento (amici, parenti,
conoscenti, ex-colleghi...). Questa tendenza è confermata da tutte le ricerche condotte da
Unioncamere (2008 e 2009), Confindustria (2008), Istat (2008) e Isfol (2008 e 2009), che
individuano altresì una preferenza da parte delle imprese ad assumere il “conosciuto”, anche
attraverso il ricorso iniziale a tirocini o stage. In questo modo aumentano i canali che operano
nella intermediazione informale, riducendo l’efficacia dell’intermediazione formale (Grafico 2). Chi
difende i canali informali afferma che grazie al fatto di conoscere una persona si riesce anche a fare
scelte più efficienti.
Grafico 2. Modalità di ricerca del lavoro
Attravers o l’aiuto di amici e conos centi
Attravers o l’aiuto dei genitori
23,10%
9,40%
Il lavoro mi è s tato offerto
7,50%
Facendo vis ita all’azienda
6,80%
Ris pondendo ad un annuncio (non
internet)
Ins erito nell’azienda di famiglia
5,30%
4,20%
Scrivendo direttamente all’azienda
3,80%
Tramite l’aiuto della s cuola/univers ità
3,50%
2,90%
Partecipando a un concors o
2,90%
1
Attravers o l’aiuto di altri parenti
Attravers o l’ufficio di collocamento/di
impiego
1,80%
Avviato una attività in proprio
1,40%
Rivolgendomi ad un agenzia di lavoro
interinale
1,30%
Ho continuato a lavorare nell’azienda dello
s tage/praticantato
Attravers o l’aiuto di una pers ona influente
1,10%
0,80%
0,60%
Servizi pubblici di informazione e di
orientamento
Ris pondendo ad un annuncio s u internet
0,50%
0,30%
Annuncio (non internet)
0,20%
Altre modalità
0,10%
Annuncio internet
0,00%
5,00%
10,00%
15,00%
20,00%
25,00%
Fonte: Rapporto giovani (2007). Sesta indagine dell’istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia.
Sul versante dei tirocini e stage si registra un trend di crescita progressivo che potrebbe essere
determinato dall’effetto combinato della progressiva diffusione dei percorsi di alternanza scuolalavoro (introdotti dall’art. 4 della Legge 53/03 - c.d. “Riforma Moratti” – ed in crescita soprattutto a
partire dal 2005, dopo l’emanazione del D.leg. attuativo 77/05) e delle dinamiche recenti di riforma
del mercato del lavoro, che pongono in luce la valenza dello stage come esperienza formativa in
azienda utile anche ai fini dell’inserimento lavorativo. Il contributo del meccanismo del tirocinio
3
formativo per lo sviluppo delle professionalità aziendali è da ricondurre essenzialmente ad una
dimensione di prima socializzazione ed orientamento al lavoro ed all’accrescimento sia delle
competenze tecnico-operative sia di quelle trasversali. L’azienda, d’altro canto, apprezza la
possibilità di formare risorse umane coerenti con i propri bisogni per potere disporre, al termine
delle iniziative, di un proprio bacino occupazionale. A volte, a seguito di stage o tirocini
professionalizzanti segue un contratto di collaborazione (Tab.2 - Fonte: Sistema Informativo Excelsior
2008).
(quota % sul totale)
Tabella 2
SICILIA
Totale
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
4,7
12,2
6,1
8,2
9,8
13,7
10,5
7,7
8,3
Industria
12,8
19,6
2,8
1,5
2,3
13,2
20,7
6,1
3,0
Tirocini formativi e stage trasformati in assunzioni per:
Imp. con 50 dip. e
Servizi
Imp. fino a 49 dip.
oltre
3,8
3,7
25,5
9,9
9,6
22,5
6,8
5,3
10,9
10,3
7,9
11,6
13,3
9,4
13,1
13,9
16,1
3,9
8,2
5,6
30,3
8,5
5,8
32,1
10,3
7,2
15,4
In relazione ai fattori determinanti per trovare lavoro risulta che (cfr. anche tabelle 3.1, 3.2, 3.3,
3.4):
per le donne è fondamentale il fattore essere competenti; per i maschi è importante
l’aiuto di persone influenti;
per le fasce 15-17 e 18-20 anni essere competenti è più importante per trovare lavoro;
il livello socio-culturale “alto” considera rilevante l’essere competenti rispetto
all’influenza delle persone autorevoli;
per chi abita nelle Isole, rappresenta una risorsa decisiva per l’ingresso nel mercato del
lavoro l’aiuto di persone influenti; di contro, per i residenti del Nord-Est è fondamentale l’essere
preparato nel proprio settore.
Tabella 3.1
Fattori importanti
per trovare lavoro
Essere
competenti
Aiuto di
persone
influenti
44,8%
44,7%
34,6%
34,8%
37,4%
25,2%
26,7%
31,8%
35,0%
33,8%
Classe di età
15-17
18-20
21-24
25-29
30-34
Tabella 3.2
Fattori importanti per
trovare lavoro
Area geografica di residenza
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud
Isole
Tabella 3.3
Fattori importanti
per trovare lavoro
Classe sociale familiare
Superiore
Impiegatizia
Autonoma
Operaia
Essere
competenti
Aiuto di
persone
influenti
43,5%
40,8%
36,8%
35,7%
24,6%
30,3%
33,7%
33,1%
Essere
competenti
Aiuto di
persone
influenti
Tabella 3.4
Essere
competenti
Aiuto di persone
influenti
35,1%
41,6%
37,7%
39,4%
34,9%
28,2%
24,5%
35,0%
35,1%
38,6%
Fattori importanti
per trovare lavoro
Livello culturale familiare
Alto
47,3%
Medio – alto
40,4%
Medio
35,2%
Basso
33,1%
23,4%
28,4%
35,7%
35,7%
Fonte: Rapporto giovani. Sesta indagine dell’istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia (2007)
4
Ma da cosa dipende la scelta dei canali per trovare lavoro?
La scelta del mezzo idoneo per trovare lavoro da parte dei giovani-adulti è dettato soprattutto
dalla retribuzione, dal prestigio della professione a cui si aspira, da fattori istituzionali e/o culturali 5.
Uno strumento molto usato è internet, con i suoi innumerevoli vantaggi e svantaggi. La riduzione
dei costi, dei temi, la possibilità di raggiungere una vasta platea e la trasparenza del mercato del
lavoro sono i vantaggi più immediati; di contro, spesso vi è un eccesso di informazioni e una scarsa
qualità dei curricula richiesti. Gli spazi dedicati alla ricerca del lavoro sono solitamente le rubriche
di motori di ricerca, i portali orizzontali, i siti associati agli annunci sui giornali, i siti di aziende o di
organizzazioni specializzate in intermediazione domanda-offerta di lavoro.
I giovani-adulti (tranne quelli inseriti in percorsi universitari) sono però poco informati delle
possibilità offerte dai “Career day” sia in presenza che virtuali (come la BIP Virtual Fair - Borsa
Internazionale del Placement - nata ad aprile 2009 che è stata il primo evento di recruiting
interamente on line organizzato da Emblema s.r.l. di Bologna).
Il Cnel (In Italia poco spazio per i giovani, 2009) mostra che sono soprattutto le persone in
possesso di un livello di istruzione medio inferiore a ricorrere al canale informale, mentre quello dei
concorsi pubblici è il più utilizzato da chi ha un livello di istruzione superiore. Secondo i dati di
Almalaurea6, i laureati entrano nel mercato del lavoro soprattutto grazie all’iniziativa personale
(34,3%), il 13,3% fa ricorso alle segnalazioni di parenti e amici; importanza crescente sembrano
assumere le agenzie di lavoro interinale e la possibilità di avviare un’attività autonoma, grazie
anche ai progetti e alle iniziative di orientamento in uscita e di placement attuate dalle Università.
Quanto alla tipologia dei contratti ottenuti al variare dei canali utilizzati, il canale che ha
maggiore probabilità di portare a un contratto a tempo indeterminato è, oltre ai concorsi, l’autocandidatura e i servizi pubblici, mentre il canale informale permette di pervenirvi con minore
frequenza (Isfol, 2008).
I giovani-adulti italiani, pur di entrare nel mondo del lavoro, sono pronti a cambiare città o
nazione, come mostra l’indagine Giovani e mercato del lavoro7 che ha intervistato italiani tra i 2034 anni. Il 28% di loro non vuole spostarsi e vuole un lavoro nel proprio comune; il 72% è disposto
a muoversi (il 21,9% in un comune diverso da quello in cui vive rientrando nel fine settimana; il
44,6% in un'altra città rientrando in serata; il 31,5% è disposto ad accettare un impiego ovunque in
Italia senza porsi alcun vincolo). Tra questi giovani pronti a "migrare" e a mettersi in gioco, quelli
disposti a muoversi anche fuori dai confini nazionali sono quasi un quarto di coloro che cercano
lavoro. Sono soprattutto i maschi ad essere propensi a lasciare la propria città d'origine. I motivi che
portano a “migrare” sono riconducibili soprattutto alla retribuzione, ad una maggiore stabilità e
sicurezza del lavoro, migliori opportunità di carriera. Se la disponibilità a muoversi è da accogliere
come un elemento positivo che favorisce l'incontro domanda-offerta di lavoro, al tempo stesso però
è anche il segno di un disagio nei confronti del mondo delle imprese che con crescente difficoltà
Fondazione ISTUD (2008). I giovani i il lavoro: la ricerca di senso tra flessibilità e appartenenza.
Almalaurea (2008), XI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati. Occupazione e occupabilità dei
laureati.
7
L’indagine Giovani e mercato del lavoro è stata realizzata dal dipartimento di Scienze demografiche
dell’Università La Sapienza di Roma, insieme all'Isfol (2008)
5
6
5
paiono in grado di offrire ai giovani qualcosa senza che questi ultimi vengano chiamati a sostenere
sacrifici in prima persona.
Se analizziamo la fascia dei laureati e di alto profilo, essi stanno sperimentando una specie di
emigrazione forzosa determinata dalla necessità di trovare un impiego. Si vedano, ad esempio, i dati
di AlmaLaurea8 relativi ai laureati che hanno trovato impiego: al Nord il 94% lo ha trovato nella
stessa provincia in cui ha studiato; nel Mezzogiorno solo il 65% dei neolaureati vi riesce; solo il
43% degli "under 35" lavora con un regolare rapporto di lavoro, il 18% svolge un lavoro autonomo,
il 6% lavora, ma senza un regolare rapporto di collaborazione, l'8% segue un corso di formazione,
il 14% cerca un impiego e il 18% non è in cerca di occupazione (Grafico 3). Secondo i dati del
Rapporto Svimez9, negli ultimi cinque anni più di 200 mila persone tra i 20-30 anni sono partiti
dalle regioni del Sud (anche per periodi lunghi) con una crescente quota di donne.
Grafico 3 – Condizione giovani-adulti “under 35”
Working w ithou any kind of contract
5,6
Training courses
7,5
Searching for a job
13,1
Not searching a job
16,8
Autonomous w ork
16,8
Regular w ork reports
40,2
0,0
5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0
Dal rapporto Eurispes10 si evince che è aumentata anche la distanza salariale fra giovani adulti
lavoratori e lavoratori over 60. Alla fine degli anni Ottanta le retribuzioni nette medie mensili degli
uomini tra i 19 e i 30 anni erano del 20% più basse di quelle degli uomini tra i 31 e i 60 anni, oggi la
differenza è del 35%. Sono stati ridotti anche i salari d’ingresso, passando, in media, dai 1.200 €
mensili agli attuali 1.100 €.
Secondo l’ultimo rapporto Istat sull’occupazione giovanile (2008), a tre anni di distanza dalla
fine del ciclo di studi, più cresce il livello del titolo di studio, più ci sono opportunità di trovare
lavoro. A poco più di tre anni dal conseguimento del titolo di studio lavora: il 44,9% dei maturi, il
72% dei laureati e l’82% dei diplomati universitari (Grafico 4).
Almalaurea (2008), XI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati. Occupazione e occupabilità dei
laureati.
9
Rapporto Svimez (2007), Le anomalie del mercato del lavoro meridionale: riprendono immigrazioni e
pendolarismo, si riduce la partecipazione al mercato del lavoro.
10
Eurispes (2009), Stipendi bassi e precariato.
8
6
Grafico 4: Employed Persons – 3 years after graduation
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
82%
72%
44,90%
Highschool graduates
MA graduates
BA graduates
Non tutti i titoli però assicurano le stesse opportunità di inserimento professionale: le maturità
tecniche per esempio hanno un rendimento adeguato solo dove la domanda di lavoro è alta, come
nel Nord-Est d’Italia. La situazione più rosea riguarda coloro che possiedono una laurea triennale,
che hanno seguito percorsi ideati in tempi recenti e costruiti in base alle esigenze del territorio e
della realtà produttiva. I numeri dell’Istat (2008) confermano un dato di esperienza comune: un più
elevato titolo di studio dà maggiori possibilità di occupazione. Il dato interessante è che la maggior
parte dei laureati dichiara di svolgere un lavoro adeguato al proprio titolo di studio.
Per molti giovani-adulti i contratti a termine sono un trampolino di lancio verso lavori più sicuri.
Il Rapporto ISTAT 2008 mostra che il lavoro atipico rappresenta la principale modalità di ingresso
dei giovani nel mercato del lavoro, anche se quasi la metà dei lavoratori atipici possiede una
esperienza lavorativa almeno decennale e questo tipo di contratto riguardi sempre più gli occupati
adulti, spesso con responsabilità familiari. Al contempo, però, si è determinato un allungamento dei
tempi per ottenere un posto di lavoro stabile e adeguatamente compensato. Per essi è certamente
meglio disporre di occasioni di lavoro temporanee nell’economia ufficiale, piuttosto che rimanere
disoccupati oppure essere relegati nell’economia sommersa. Ciò non toglie, comunque, che
dobbiamo preoccuparci anche di quelle situazioni in cui i giovani-adulti rischiano di rimanere
“intrappolati” a lungo in lavori occasionali determinando una vera precarietà. Prima si cercava il
primo impiego per lungo tempo, adesso lo si trova e lo si perde più spesso. Per questo chi ha fra i 16
e i 24 anni continua ad avere un rischio di disoccupazione quattro volte più alto di chi ha più di 30
anni11. Dopo un contributo nel 2006 alla crescita dell’occupazione, oggi si registra, a fronte della
crisi, una riduzione significativa del numero di collaboratori coordinati e continuativi a progetto o
occasionali.
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in collaborazione con INPS, ISTAT e ISFOL
(settembre 2008), Rapporto di monitoraggio delle politiche occupazionali e del lavoro.
11
7
Atipici per classe di età e anzianità lavorativa - Anno 2008
(valori in migliaia)
700
50
320
697
104
600
500
38
400
300
35 anni e oltre
570
15-34 anni
393
346
200
320
100
0
0
2 anni
3-5 anni
6-10 anni
11-20 anni
oltre 20 anni
Il Rapporto di monitoraggio delle politiche occupazionali e del lavoro 12 mostra che
nell’occupazione dipendente i lavoratori a termine sono aumentati di 47.000 unità (pari al 2,1%).
La crescita ha interessato in misura più sostenuta le donne (15,7% rispetto al 9,4% degli uomini) e il
Mezzogiorno e Centro Italia [il Meridione si distingue per l’elevata quota di lavoratori subordinati
(13,0%) ed il Centro caratterizzato per la più alta percentuale di collaboratori (2,2%)]. L’età
costituisce uno dei maggiori fattori discriminanti: il 40% dei giovani sotto i 25 anni ed il 22% di
quelli tra i 25 ed i 29 anni lavora a termine; le collaborazioni risultano particolarmente diffuse sotto
i 34 anni di età (in particolare nella classe 25- 29: 3,6%), i lavori a carattere occasionale invece tra i
giovanissimi; la classe degli ultra40enni, pur assestandosi nel 2007 al 6,8%, è quella che registra,
tra il 2004 ed il 2007, il maggiore incremento numerico (+6,9% annuo).
Per quanto riguarda infine il livello d’istruzione, l’incidenza del “lavoro a termine” cresce col
titolo di studio posseduto dall’intervistato: il 15,2% dei laureati ha un contratto a termine; il legame
è particolarmente forte nel caso delle collaborazioni, tanto che oltre l’80% dei collaboratori
possiede almeno un diploma di scuola media superiore e il 35% di essi una laurea. La categoria dei
laureati è, inoltre, quella che subisce il maggior incremento numerico tra 2004 e 2007 (+10,6%
annuo), segno questo di una crescente difficoltà di collocazione stabile dei lavoratori high skills. Tra
i giovanissimi la metà dei contratti a termine ha come motivazione un “periodo di formazione/
apprendistato” (48,7% fino ai 24 anni; 25,1% nella classe 25-29).
Lavoro a termine
Maschi
9,4%
Genere
Femmine
15,7%
Classe d’età
Sotto 25 anni
25-29
40%
22%
Classe d’età
Collaborazioni
25-29
3,6%
Ultra 40enni
6,8%
Livello di istruzione
Laureati 15,2%
Livello di istruzione
Diplomati
Laureati
80%
35%
La durata dei contratti appare molto differenziata in base alla tipologia lavorativa. Essi hanno
una durata: mediamente più lunga (+ di 12 mesi) nel settore industriale e tra i giovanissimi; di 7-12
mesi nei contratti nel terziario (soprattutto istruzione, sanità ed altri servizi sociali), dei laureati e
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in collaborazione con INPS, ISTAT e ISFOL
(settembre 2008), Rapporto di monitoraggio delle politiche occupazionali e del lavoro.
12
8
delle professioni tecnico-scientifiche. La durata più breve (fino a 3 mesi) è più diffusa nei settori
agricolo e alberghiero-ristorazione e tra le professionalità meno qualificate.
In rapporto alla formazione, il citato Rapporto di monitoraggio delle politiche occupazionali e
del lavoro mostra che nel 2006 il 41,7% delle persone di 18 anni e più ha effettuato almeno
un’attività di formazione negli ultimi 12 mesi precedenti l’intervista (al crescere dell’età il livello di
partecipazione diminuisce rapidamente). Notevoli sono le differenze territoriali: partecipano ad
attività formative il 48,5% delle persone residenti nel Nord-est, il 43% di quelle del Nord-ovest e
dell’Italia centrale e il 35% dell’Italia meridionale e delle Isole. A livello sociale, chi partecipa ai
corsi sono per il 91,8% gli studenti, seguono con il 54,6% gli occupati e con il 49% le persone in
cerca di prima occupazione. Molto forti sono le differenze di partecipazione legate al titolo di studio
(Grafico 5).
Grafico 5: Partecipazione ai corsi di formazione
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
91,80%
54,60%
Students
Employees
49%
Persons searching for a job
Nel 74,4% dei casi, i laureati hanno svolto attività formative, mentre solo il 13,6% sono le
persone con la licenza elementare. Il 44% dei soggetti dichiara di seguire i corsi per ampliare le
conoscenze e le competenze su un argomento di interesse, per il 21,4% per ottenere conoscenze utili
per la vita quotidiana, il 15,4% per la voglia di incontrare persone nuove (soprattutto le donne), per
il 14,6% per la necessità di conseguire un attestato e per il 13,4% (motivazione dei più giovani) per
il desiderio di trovare un lavoro o di cambiare professione. Il restante 12,9% è, invece, stato
obbligato a partecipare ad un corso di formazione (Grafico 6).
Grafico 6: Motivazioni a partecipare ai corsi di formazione
9
Motivations for joining a training
Forced by somebody
10,6
Finding a job or changing the
current job
11, 0
A new certificate
12 , 0
12 , 6
Interest in meeting new persons
17 , 5
Useful knowledge for the daily life
3 6 ,1
Improve knowledge on a specific
argument
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
La principale questione sollevata dai giovani-adulti italiani è quella di trovare un lavoro che
assicuri un reddito stabile, significativo e che permetta loro di non vivere in una condizione di
scarsa autonomia e limitata produttività. Tali difficoltà sono fonte di tensioni, disagi e conflittualità
che coinvolgono comprensibilmente anche le famiglie, preoccupate per la mancanza di sbocchi
professionali per i figli e soprattutto per il rischio di vederli scivolare verso condizioni di sfiducia e
demoralizzazione. L’autonomia è acquisita sempre più tardi: il 67% dei giovani-adulti tra i 18-24
anni vive ancora con la famiglia (Lavorare in Italia: il primo lavoro. I giovani chiedono all’UE più
attenzione: casa e lavoro sono le priorità, www.informagiovani-italia.com).
Lo sforzo per trovare un impiego dopo la formazione (diploma, laurea, corsi professionali)
causa l’impossibilità di accumulare esperienza professionale tanto richiesta dalle aziende. Questa
situazione innesca il paradossale “circolo vizioso” in base al quale ai giovani-adulti viene richiesta
esperienza per potere accedere al mondo del lavoro, ma al contempo non hanno la possibilità di
acquisirla proprio perché non riescono a trovare lavoro mancando di esperienza. Se la carente
esperienza è il condizionamento più influente, anche sul versante formazione viene alla luce la
presenza di lacune. Le conoscenze di base non sempre corrispondono ai requisiti e alle conoscenze
richieste alle imprese. Una fra tutte spesso è il caso della conoscenza delle lingue straniere. Inoltre, i
giovani devono fare i conti anche con un mercato del lavoro, che offre non solo un numero
insufficiente di posti disponibili, ma che è instabile e costellato da forme atipiche (precarie) di
lavoro.
Occorre fornire i giovani-adulti di strumenti e risorse, potenziare una rete di sostegno valida
che incentivi la possibilità di “incontrare” i potenziali datori di lavoro, attuare politiche attraverso
cui incrementare una responsabilità sociale in modo da garantire un ingresso nel mercato del lavoro
più rapido che favorisca una transizione progressiva verso un lavoro più solido.
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