Platone e Aristotele_lezioni V

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Platone e Aristotele_lezioni V
PLATONE
50618 – PLATONE E ARISTOTELE
PROF.SSA VALENTINA ZAFFINO
Lezioni V-VI
Il Fedone (2)
Il Fedro (1)
LA TEORIA DELL’ANIMA:
l’immortalità dell’anima
(Fed. 69e-81a)
(Phaedr. 245c-245e)
La teoria dell’anima (o psicologia, da ψυχή – psyché = anima) in Platone si inserisce nell’ampia
tradizione orfico-pitagorica, che sosteneva l’immortalità dell’anima, la sua responsabilità morale e la
metempsicosi (reincarnazione ciclica nei corpi fino alla definitiva espiazione della “colpa” originaria).
Al dualismo ontologico tra le Idee e gli enti sensibili corrisponde un dualismo antropologico, che
distingue nettamente tra anima e corpo, affermando un’alterità sostanziale tra questi due termini.
– L’anima è immagine delle Essenze eterne: è divina, immortale, intelligibile, indissolubile, sempre
identica a se stessa. Essa è costretta e rinchiusa dai legami con il corpo e anela a far ritorno al
mondo intelligibile, dal quale proviene, per contemplare in eterno le Idee.
– Il corpo, al contrario, è corruttibile, mortale, inintelligibile, dissolubile, multiforme e mutabile.
La dottrina dell’anima è trattata soprattutto nel Fedone, il dialogo in cui Socrate prima di morire
parla ai propri allievi dell’immortalità dell’anima. Platone intende confutare le concezioni naturalistiche
che negano la sopravvivenza dell’anima dopo la morte e propone i seguenti argomenti, a favore della
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tesi dell’immortalità dell’anima:
1) la generazione dal contrario e la reminiscenza (anamnesi)
(il tema della reminiscenza è esposto anche nel Menone);
2) la somiglianza dell’anima con l’Essere eterno;
3) la partecipazione dell’anima all’Idea di vita non ammette la partecipazione dell’anima
medesima all’Idea di morte.
Nella Repubblica è introdotta un’altra prova dell’immortalità dell’anima:
4) L’anima può degradare nel vizio – che è il suo male proprio – ma non può essere
distrutta da esso;
e nel Fedro un’altra ancora:
5) L’anima è il principio del proprio moto, pertanto si muove eternamente e, in quanto
principio, è ingenerata e incorruttibile.
Soprattutto, è importante il tema della reminiscenza, o anamnesi. Platone sostiene che solo
l’anima possiede la verità delle cose, poiché va oltre l’apparenza da cui sono ingannati i sensi ed è dotata
di un’innata predisposizione al conoscere.
Richiamandosi alla dottrina orfica della metempsicosi, Platone afferma che conoscere significa
ricordare, cioè ritrovare le conoscenze guadagnate nel corso delle vite precedenti e raggiungere quella
conoscenza originaria che l’anima ha contemplato prima di essere rinchiusa nel corpo (conoscenza alla
quale aspira a far ritorno dopo la morte del corpo medesimo). Tuttavia, l’uomo non ha consapevolezza
di conservare in sé le conoscenze già acquisite dall’anima e può riscoprirle solo grazie alla maieutica
socratica. A questo riguardo, nel Menone Platone narra di uno schiavo – non istruito e ignaro di nozioni
geometrico-matematiche – capace di giungere, con l’aiuto di Socrate, a dimostrare un teorema di
geometria.
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PLATONE
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Il Fedro (2)
La Repubblica
La tripartizione dell’anima e il mito del Carro alato
(Phaedr. 245e-249a)
(Rep. IV 439b-441c)
Nel IV libro della Repubblica Platone afferma che l’anima è composta di tre parti, o facoltà:
– quella razionale;
– quella irascibile (o volitiva);
– quella desiderativa (o concupiscibile).
1) L’anima razionale è caratterizzata dalla conoscenza: è la parte dell’anima che propriamente
conosce, poiché persegue scopi razionali ed è dotata di una capacità calcolatrice.
2) L’anima irascibile è caratterizzata dalla volontà: è mossa dal coraggio e media tra il conoscere e
il desiderare.
3) L’anima desiderativa è caratterizzata dal sentimento: aspira a legarsi e a godere degli oggetti
sensibili.
Nel Fedro Platone propone il mito del Carro alato, con cui illustra efficacemente la tripartizione
dell’anima (sia dell’anima dell’uomo, che di quella degli dei). Platone descrive un cocchio trainato da due
cavalli alati – uno bianco e uno nero – e guidato da un auriga. Quest’ultimo conduce la biga e
rappresenta l’anima razionale, che tenta di dirigere il carro (l’anima nel suo complesso); il cavallo bianco
(il più nobile tra i due) rappresenta l’anima irascibile, mentre il cavallo nero rappresenta l’anima
desiderativa.
Per Platone l’anima è destinata a ripercorrere ciclicamente un percorso di ritorno e di nuovo
allontanamento dall’iperuranio, il luogo dove abitano le Idee1.
A causa del prevalere della tendenza concupiscibile, l’anima “cade” dall’iperuranio e viene
incarcerata nel corpo. Tuttavia, essa mantiene in se stessa l’anelito a ritornare nel mondo intelligibile e a
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Il termine “iperuranio” significa, letteralmente, “al di sopra del cielo”: poiché il cielo è la dimensione del divenire, le Idee
non divengono perché sono fuori dal cielo.
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elevarsi mediante la parte razionale e la parte volitiva che la compongono. La ragione, pertanto, è come
l’auriga che guida il cocchio: essa dirige l’uomo in un rapporto dinamico con la volontà e con i
sentimenti.
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