Il Continente va oltre l`etnico e si fa spazio in Occidente

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Il Continente va oltre l`etnico e si fa spazio in Occidente
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Corriere della Sera Sabato 15 Settembre 2012
Abitare Le idee
Vetro e caucciù
La coppa «Love» a tessere di
Cappellini ideata da Stephen Burks
Il Continente va oltre l’etnico
e si fa spazio in Occidente
Nuove
alleanze
«Riscopriamo il nostro talento artigianale»
Stephen Burks guida i nuovi designer
U
n mazzo di corde marine fermato da una fascia come un
corsetto, materia ruvida che
prende corpo ed eleganza da
un gioco di passamanerie.
Nastri, righe, una cerniera, base in caucciù: tre oggetti che sembrano arrivare
dal Continente nero, eccoli a tu per tu
con il loro creatore, la pelle e i tratti che
rimandano all’Africa. Si siede, si allunga,
si diverte a usarli come pouf e tavolini:
Stephen Burks ha il sorriso e l’allegria di
un ragazzo, americano quarantaduenne
con una formazione da designer classico
alla Illinois University e oggi uno studio
a New York. Da qui arrivano questi tre
pezzi (unici) d’arredo fatti a mano da lui
assieme a Dedar, storico marchio tessile
made in Italy.
Arredi in cui l’artigianato incontra il
design: Africa e Occidente, confronto oggi non più scontro tra diversità. Territorio di contatto, la materia: «Quando ho
iniziato progettavo arredi moderni nello
spirito puro del design. Poi qualcosa è
cambiato e il mio punto di partenza è diventato la considerazione dei materiali e
la loro capacità di rappresentare gli individui e la loro cultura», racconta Burks.
Nel 2005 la svolta, con i primi viaggi in
Africa assieme ad Aid to Artisan, organizzazione no profit attiva nello sviluppo di
Arte e «pesca»
La lampada scultura di David
Manando, Zimbabwe, e la
seduta Nopolou (Moroso) di A.
Birser e B. Seck, in polipropilene
intrecciato a reti da pesca
gianato di alto livello, prerogativa irrinunciabile».
Lavorazioni fatte sul posto e verificate
in prima persona, designer-ponte tra
Africa e Europa è la scelta fatta da Patrizia Moroso coadiuvata dal marito, l’artista senegalese Abdu Salam Gaye, che segue personalmente gli artigiani locali. Il
risultato è una collezione di sedute e
complementi nata nel 2009 con Stephen
Burks sulla scia di un sentire comune:
«M’Afrique, un nome inventato da lui in
A Milano
Stephen Burks
con suoi Pouf per
Dedar nello show
room milanese
(foto D. Piaggesi)
quando è il caso per aiutarli a evitare la
tentazione della decorazione etnica», dice Giulio Cappellini, talent scout (primo
a scommettere nel nuovo corso dei progetti di Stephen Burks, con la serie Cappellini «Love») e osservatore dei fenomeni creativi in giro per il mondo. Compito
impegnativo di una relazione su cui c’è
ancora molto da costruire: «Dopo i pezzi
fatti in Africa nel 2008 con lui, stiamo valutando come poter proseguire a produrre secondo logiche industriali: larga scala, economicità, tutela della creatività.
Ma preservando le tecniche di un arti-
Africa
un lampo: M sta per Moroso e per "my"
—, spiega Patrizia —. Idea nata guardando gli intrecci di propilene usati in Senegal per le reti da pesca e sviluppata da designer "occidentali", come Patricia Urquiola e Toord Boontje. Ma anche dalla
coppia creativa Ayse Birsel e Bibi Seck,
lei turca, lui franco-senegalese». L’anno
prossimo ci sarà la seconda puntata con
una serie di giovani designer nuovi, mentre in parallelo si avvieranno i lavori della loro futura sede in «stile Africa»: «Progetto di David Adjaye, sofisticato architetto inglese di origine ghanese che giocherà — ancora — con la materia, un cemento scavato da fori e aperture», spiega.
Arte, ingrediente nascosto di una creatività fresca e non condizionata: «Abilità
e materiali portati all’estremo limite, mediati dagli stimoli che i giovani, giunti in
Europa con le borse di studio, assorbono
e scambiano», spiega Moroso. Nascono
così pezzi unici e piccole serie, come le
sedute con metalli e materiali da riciclo
di Cheick Diallo, nato nel Mali, studi in
Francia e un atelier-laboratorio a Reims
dove crea da sé pezzi già notati tra esposizioni e mostre di design. E in fondo sono
artistici anche i pouf di Burks («Ma se ti
siedi su un oggetto, allora è arredo e non
arte», provoca lui), che oggi continua a
ideare pezzi unici assieme agli artigiani a
Dakar e nel Botswana in collaborazione
con fondazioni umanitarie.
Per l’Africa rimane un’ultima sfida da
vincere: unire sul territorio teste pensanti e produzione. E non è detto che quest’anno in cui è data in crescita economica grazie al design possa davvero succedere.
Silvia Nani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il progetto
Alcuni designer e produttori del
progetto «M’Afrique». A destra
Patrizia Moroso e, dietro di lei,
il marito Abdu Salam Gaye,
artista e creativo senegalese
relazioni tra gli artigiani africani e i designer «occidentali». E la presa di coscienza diretta delle abilità locali nelle lavorazioni — dagli intrecci all’assemblaggio
dei vetri — con l’inizio di una collaborazione: «Per me ha significato la conquista della libertà, l’occasione di poter combinare la mia natura a una formazione
che rimane da designer industriale. Per
loro la possibilità di esprimersi facendo
conoscere le proprie radici al di fuori del
territorio».
Qualità, cardine di manufatti liberati
dall’etichetta di souvenir da viaggio esotico: «Che siano le scelte cromatiche o certi motivi grafici a volte un po’ ingenui, il
nostro compito è conservarli, affinandoli
❜❜
Ho una formazione
occidentale ma lì
ho scoperto insieme
alle mie radici la
capacità di lavorare
con le mani
Scambi creativi
La poltrona di C. Diallo, made in Mali,
esposta al Musée Mandet in Francia, e
i tavolini «Pula», prodotti in Botswana
da Mabeo, disegnati da Luca Nichetto
Dietro il giardino
Apre «Versatile Gallery» a Milano
di Carlo Contesso
Una casa «cruelty free»? Ora c’è un negozio
«S
Un fico in vaso, buonissimo ed economico
È
un po’ avanti nella stagione ma da alcune varietà tarde
di fico si raccolgono ancora frutti zuccherini. E un giardino non è indispensabile per coltivarlo. I fichi hanno
la strana tendenza a germinare nelle fessure dei muri o tra le
rocce: a quanto pare, l’aver le radici costrette in
spazi angusti favorisce la fruttificazione, quindi
non è una gran sorpresa scoprire che il comune
fico da frutto (Ficus carica, nella foto) cresce felice e produce frutta in abbondanza anche in vaso.
Un angolo assolato del terrazzo e un grosso vaso
da una cinquantina di litri riempito con terreno
universale alleggerito con pozzolana o sabbia è
tutto quanto avete bisogno. In climi molto freddi
è meglio evitare leggeri contenitori in plastica,
che mal proteggono le radici dal gelo, a meno che
non ripariate il fico spoglio in un locale non riscaldato fino a
marzo. Nutritelo dalla primavera ad agosto con un concime a
lenta cessione, ricco in fosforo e povero in azoto, annaffiate
abbondantemente e non lasciate acqua nel sottovaso. I primi
due anni cimatelo perché ramifichi dalla base poi,
visto che fruttifica sulla punta dei rami, potatelo
solo dopo la raccolta, una volta ogni tre anni e la
fine autunno seguente potate le radici, grattando
via e sostituendo i 5 cm esterni del terriccio dal
pane di terra. Inoltre, visto che fruttifica giovanissimo, non val la pena spender un capitale per
piante grandi, acquistatene invece una piccola ed
economica e... godetevi i vostri fichi!
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ono un paladino del lusso
pentito e animalista convinto»,
dichiara Samuele Mazza, architetto, designer, decoratore, creativo a 360 gradi. Stati d’animo che l’hanno spinto a
inventare Versatile Gallery, primo negozio «cruelty free» che apre il 18 settembre a Milano: «Stella McCartney è
stata la prima a sposare questa filosofia, che si traduce nel bandire pelli e
pellicce, corno e osso, da mobili, abiti e
accessori, eliminare prodotti - dai cibi
ai cosmetici - messi a punto con test su
animali. Senza però rinunciare al piacere della qualità. E persino dell’unicità»,
spiega.
Sì, perché entrando in questo spazio-galleria (300 mq), nei due ambienti
che sembrano quelli di una casa vera si
respira ricercatezza, «ma senza estremismi». Arredi, abbigliamento, cibi, prodotti di bellezza: tutto ciò che serve per
vivere bene. Ci sono le cucine sartoriali
in metallo toscane, i mobili in palissan-
dro made in Brianza, sfiziosi oggetti da
bagno. E ancora, prodotti gourmand,
cosmetici a base di argilla, abiti in filati
organici, persino orologi da polso:
«Tutti in legno, elegantissimi», sorride
Mazza. Non potevano mancare i prodotti per i piccoli amici di casa, il cui
ricavato andrà a organizzazioni che
combattono il randagismo nel Sud
d’Italia. Simbolo dello spazio, la giraffa:
enorme, in resina, come una colonna a
sostenere il volume a doppia altezza
dello spazio: «Guarda fuori come una
vedetta, ironica, allegra, elegante: mi è
sembrata perfetta».
(S. Na.)
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300mq Un ambiente dedicato alla cucina
Versatile Gallery, via dei Giardini ang.
Fatebenefratelli, Milano