La maledizione di Federazione Intesa

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La maledizione di Federazione Intesa
Anno V - Numero 1/2 - Gennaio/Febbraio 2011
Mensile di informazione sindacale
Aforisma del mese “Se vuoi conoscere la vera natura di un uomo devi dargli un grande potere” (Pittaco)
Nella
LE
REGOLE
finanziaria
ERANO
2009
SBAGLIATE
la scandalosa
FIN soluzione
DALL’INIZIO,
del “problema
L’ABBIAMO
R.I.A.”
DETTO MOLTE VOLTE
Poste Italiane Spa – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, Roma Aut. n. 124/2009
La maledizione di Federazione Intesa
EDITORIALE
P. 2
Maria Michelina Cirillo
P. 4
Coord. Min. Economia e finanze - DF
Viva gli Italiani
L’efficacia delle norme
P. 10
Come ti finanzio l’Europa
La ricetta migliore
P. 12
I Monopoli
P. 14
un settore in crescita esponenziale
La pubblica amministrazione
in rosa
P. 15
Verso una
nuova stagione
L’anno che si è concluso è stato
particolarmente difficile sul piano
economico, politico e sociale. In
Europa, come in Italia, si è abbattuta una crisi di dimensioni maggiori di quella del 1929. Prima gli
Stati Uniti, poi la Grecia e ora l’Irlanda, hanno evidenziato le debolezze del sistema finanziario
occidentale. L’intervento europeo su Grecia e Irlanda inizialmente è stato incerto e
lento nelle decisioni e
solo un risoluto senso
di responsabilità ha permesso
agli Stati membri di fronteggiare positivamente queste
crisi, grazie anche al comune
P. 9
spirito di solidarietà.
EDITORIALE
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
La maledizione della
Le regole erano sbagliate fin dall’inizio,
L
’art. 39 della Costituzione non applicato,
leggi fatte per fruire
delle prerogative sindacale (che corrispondono a
un finanziamento pubblico) ma neppure una per
“definire” cos’è un sindacato, come funziona, e,
meno che meno, come si
misura la sua reale rappresentatività.
Dopo 45 anni, nel 1993,
nel pubblico impiego si
sono iniziate a definire le
prime regole sulla misurazione della rappresentatività
sindacale
introducendo il doppio parametro (deleghe e voti)
attraverso un voto triennale per le elezioni delle
RSU e la misurazione
biennale del numero degli
iscritti (per la precisione
non degli “iscritti”, ma di
coloro che rilasciano de-
Ed ecco che ritorna
la violenza del
numero, la violenza
di uno stato
democratico
Nuovi sINCroNIsMI
2
di Francesco Prudenzano
lega al datore di lavoro
per la trattenuta sindacale
e che nel mese di dicembre degli anni pari percepivano lo stipendio).
Le regole per l’accesso
alla contrattazione integrativa però, sia del pubblico che del privato,
restavano le stesse: chi
non firma il Contratto nazionale non accede alla
contrattazione
integrativa.
Ma, mentre nel privato
l’accesso alla contrattazione era deciso dal datore di lavoro (se eri
gradito ti facevano firmare il CCNL altrimenti
non esistevi, a prescindere dal numero degli
iscritti), nel pubblico impiego l’accesso alla firma
del CCNL era regolato
per legge.
La storia della Federa-
zione INTESA è nota a
tutti i nostri lettori.
L’Ufficio Relazioni Sindacali dell’ARAN, unico custode
della
documentazione riguardante la misurazione della
rappresentatività sindacale, è stato gestito, per
molti anni, da un emissario della CGIL che ci ha
sistematicamente sabotato, facendo in modo di
escluderci dal novero
delle sigle rappresentative nel biennio 2004-05,
nel biennio 2006-07 e nel
biennio 2008-09.
Nei primi due bienni la Federazione INTESA è stata
riammessa alla contrattazione da una pronuncia
della magistratura anche
se in grave ritardo e con
tutti i danni che ha causato alla struttura, mentre
per il biennio 2008-09
stiamo
ancora
aspettando (molto
fiduciosi)
il
responso dei giudici.
Non vogliamo ripetere che in un paese
civile
qualcuno
avrebbe già pagato
anche solo per il
fatto che migliaia di
cittadini di questa
Repubblica, iscritti
alla nostra organizzazione, hanno visto
interdetta la loro libertà di pensiero e
di espressione oltre
che la partecipazione alla vita democratica. Inoltre il
tutto, sempre in un
paese
civile,
avrebbe avuto ben
più ampio risalto,
ma
vogliamo
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
Federazione INTESA
EDITORIALE
l’abbiamo detto molte volte
parlare di quello che sta
succedendo in riferimento al congelamento
per tutto il pubblico impiego della misurazione
dei due parametri, deleghe e voti, della rappresentatività sindacale.
Il voto per le RSU è stato
sostanzialmente rinviato,
senza un termine e così
anche la “conta” delle
deleghe. Sono bastate
due lettere del Commissario Straordinario dell’ARAN, Antonio Naddeo,
a stabilire che non ci
fosse la necessità di votare e neppure di contare
le
deleghe,
fermando tutto rispettivamente al 2007 e al
2006.
Non una norma esplicita,
non una espressione del
parlamento e neppure di
un ministro, ma solo di
un Commissario Straordinario ha decretato una
sospensione della democrazia che ha permesso
ai sindacati già rappresentativi, di fruire il contributo pubblico (sotto
forma di distacchi e permessi) anche se non ne
avevano più le prerogative a discapito di chi ha
i numeri.
A nulla è contato, ad
oggi,
la
sostanziale
smentita del Consiglio di
Stato che, con un parere del febbraio scorso,
ricorda che non è da
paese civile sospendere
l’accesso al voto senza
dare un termine e che
una cosa sono i rinnovi
dei contratti mancati per
assenza di risorse e
un’altra la misurazione
della dinamica aggrega-
CGIL ha fortemente voluto nel 1993, quelle
stesse regole, ora sono
criticate dalla FIOM che
dichiara che la sua
esclusione dalla contrattazione integrativa se
non appone la firma al
Contratto nazionale è
una regola illiberale.
Che grande scoperta.
Così funziona da sempre
nel pubblico impiego e
nessuna
federazione
della CGIL ne è mai rimasta
scandalizzata
anzi, spesso e volentieri,
la regola è stata usata
per costringere i sindacati “dissidenti” a sottoscrivere ugualmente i
CCNL che si susseguivano anche se non ne
condividevano quasi per
niente il contenuto.
Ed ecco che ritorna la
violenza del numero, la
Un Commissario Straordinario h a
decretato una sospensione del l a
democrazia
tiva delle organizzazioni
sindacali che non può
certo dipendere dalla sospensione della tornata
contrattuale.
Mentre scrivo questo articolo ancora non si conosce
l’intenzione
dell’ARAN sulla calendarizzazione del voto e
penso quanto sia paradossale questa situazione a confronto di
quanto è accaduto tra la
FIAT e la FIOM-CGIL.
Le regole che la stessa
violenza di uno stato democratico e delle sue
strutture mediatiche che
fa due pesi e due misure: ignora totalmente i
diritti violati di una parte
dei cittadini ed esalta e
dibatte a lungo sulla
possibile violazione dei
diritti di altri.
In ogni caso, le vicende
della Federazione INTESA e della FIOM CGIL
dimostrano che, a volte,
la Storia ha un forte
senso dell’ironia.
Nuovi sINCroNIsMI
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GENNAIo-FEbbrAIo 2011
TRE MINUTI CON...
Maria Michelina Cirillo
Coordinatrice Commissioni
Tributarie MEF
S
ei una volontaria e
una fervente sostenitrice della famiglia tradizionale, ci
racconti questi aspetti
della tua vita?
La mia vita può essere
racchiusa in pochi valori
ma che per me sono di
una estrema importanza.
Il primo fra tutti è la famiglia. Essa rappresenta
tutta la mia vita nel senso
che l’ho sempre messa al
primo posto quando ho
dovuto fare delle scelte,
dalle più banali alle più
importanti. La famiglia è
un valore che purtroppo si
sta perdendo. La famiglia
come la intendo io, nel
suo concetto tradizionale
infatti si sta sgretolando in
questa società moderna e
i danni che ne derivano
sono immensi a livello sociale.
Altri valori in cui credo fermamente sono la giustizia
sociale e la solidarietà
che mi portano ad occuparmi, nel mio tempo livolontariato
di
bero,
presso la mia parrocchia.
Amo organizzare manifeNuovi sINCroNIsMI
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stazioni nei più svariati
campi dal settore culinario
agli spettacoli; il tutto finalizzato alla raccolta di
fondi oppure per portare
solidarietà alle persone
disagiate. Un dato mi
preme sottolineare che ho
purtroppo,
riscontrato,
nella mia attività di volontariato in questo periodo:
noto, con un certo dispiacere, che sempre più
ampie fasce di popolazione e moltissime famiglie rientrano, oramai, tra
le persone indigenti. E’
proprio il ceto medio che
ha risentito di questa crisi
che ha riversato su di
esso degli effetti devastanti in termini economici.
Immagino che il tuo volontariato abbia condipositivo
in
zionato,
naturalmente, la tua
azione sindacale. Ci
racconti la tua storia nel
sindacato e se nasci
con la nostra sigla?
La mia attività sindacale
nasce proprio con questa
sigla negli anni ’80. E’
stata,sin dall’inizio, una
bellissima esperienza legata proprio in modo indissolubile a quel valore
di solidarietà che mi
spinge alle attività di volontariato che ti ho raccontato.
Infatti la mia visione di
sindacato è proprio come
una “missione” di tutela
dei più sfortunati; nel sindacato ho il compito di tutelare la fascia più debole
nei rapporti lavorativi.
Ossia il lavoratore.
Il dicembre scorso hai
raggiunto il traguardo
di Barbara De Martino
della pensione… che mi
auguro non riguardi l’attività sindacale
Mi auguro proprio di no.
La mia attività sindacale
continuerà con la nostra
sigla sindacale fino a
quando il buon Dio vorrà,
certamente oltre la mia
messa a riposo.
Come svolgevi la tua attività sindacale quando
eri ancora in servizio?
Ero una dirigente sindacale e cercavo di dare il
meglio di me stessa sul
campo lavorativo al fine
di ottenere maggior tutela
parto. Cercavo al tempo
stesso di essere una attenta dirigente ed una
amica fidata che ascolta i
colleghi e cerca di aiutarli
quando sono in difficoltà.
Come è il tuo rapporto
con il nuovo soggetto
sindacale Federazione
UGL- INTESA, o meglio
quello con UGL?
Il mio rapporto con la
sigla UGL è di reciproca e
fruttuosa collaborazione.
Attualmente si sta discutendo circa la possibilità
di far fronte comune e di
fondere le due espe-
La mia visione
del sindacato è proprio
come una missione
nelle contrattazioni e
maggiori possibilità di
carriera lavorativa per i
nostri iscritti.
Partecipavo, ma lo faccio
tutt’ora, con costanza alle
contrattazioni indette. Indicevo anche riunioni di
base per poter ascoltare
in prima persona le problematiche che affliggono
i lavoratori del mio com-
rienze sindacali in un
unico matrimonio al fine
di poter tutelare e raggli
insieme
giungere
obiettivi prefissati.
Cara Maria noi della Redazione di Nuovi Sincronismi ci auguriamo
che il tuo contributo
aucontinui…intanto
guri per la tua pensione!!!!
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
FATTI & MISFATTI
Se il paese
non cresce
economicamente
chi è il colpevole?
di Paola Saraceni
O
ramai la parola crescere è
diventata luogo comune.
Come è luogo comune da
anni, crescere solo dell’1% l’anno o
fermare il pesante debito pubblico
in pareggio. Tutti i Governi che si
sono alternati, hanno confermato un
trend che li accomuna tutti, abbassando le tasse in momenti di ripresa
o stabilità per poi aumentarle
quando l’economia denuncia segni
di stagnazione e il potere d’acquisto
degli stipendi cala drasticamente. In
poche parole, il contrario di quanto
andrebbe fatto! Tutto questo, solamente per dare agli elettori, la parvenza che durante l’arco temporale
del Governo, questo è riuscito a far
vivere meglio i loro elettori e quelli
che potenzialmente potrebbero diventarlo. Continuando con questa
scelta politica, sarà difficile se non
impossibile uscire dal buco nero del
nostro deficit. Abbiamo voluto fare
questa piccola ma indicativa analisi,
per porre l’accento sull’insignificante, almeno sotto l’aspetto economico,
della
campagna
di
razionalizzazione per la spesa pubblica, sostenuta unicamente con il
blocco dei contratti fino al 2013 di
tutti i dipendenti pubblici. In questo
modo, si è solamente congelato per
tre anni, il potere d’acquisto di circa
3.500.000 buste paga, creando in
un mercato già in crisi, un ulteriore
taglio agli acquisti di tutti i generi, in
particolare al settore dell’abbigliamento, dell’automobile e di tutti quei
settori che ricadono nella voce: superfluo! Purtroppo, dati recenti
hanno fatto emergere che il fenomeno si è allargato anche al settore
alimentare e, questo fatto assolutamente negativo, ci deve far riflettere. Per risolvere il grave problema
economico del nostro Bel Paese,
serve una seria convergenza di
Abbiamo la speranza
che qualcuno
capirà quali sono i
veri mali di questa
nostra cara Italia
tutte le realtà politiche del Paese,
verso scelte di Governo che vadano
oltre il tempo del mandato elettorale, consegnando così al successivo nuovo o non nuovo Governo,
una politica economica già concretizzata e che ha bisogno solo di essere portata avanti. Certo è, che lo
scenario politico che in questo momento abbiamo davanti, è lontano
anni luce da quanto abbiamo detto,
ma abbiamo anche la speranza, che
alla fine qualcuno capirà quali siano
i veri mali di questa nostra cara Italia. Abbiamo bisogno di sovrastrutture moderne, di nuove e alternative
fonti energetiche, di tecnologia alla
pari dei Paesi nord Europei e nord
Americani, nuovi piani di sviluppo
per grandi aree industriali, aiuti economici per i medi e piccoli imprenditori, ma anche in questo caso,
quello che si riesce a produrre, è il
costringere le nostre migliori menti
a espatriare! E’ possibile, che la
colpa di tutto questo, è di quel Travet che alla fine di ogni mese di lavoro, si mette in tasca 1.200 euro!
Nuovi sINCroNIsMI
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GRAND’ANGOLO
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
“Chi per la patria muor
Cosa rimane oggi di
S
ilvestro Centofanti:
e chi è? Penso che
pochi conoscono la
risposta a questa domanda e sicuramente in
tanti rimarranno stupiti
nell’apprendere che il
“Professor” Centofanti, soprannominato “il volatile”
per via di un aspetto molto
etereo, era un vero infiammatore di cuori al punto
tale che, quando parlava
dell’Italia prossima ventura, le sue lezioni nel Palazzo
Sapienza,
l’Università di Pisa, erano
talmente affollate da studenti e cittadini, che occorreva andare all’alba per
tentare di trovare un posto
decente. E la sua parola fu
così trascinatrice che trecentottantonove studenti
su 621 decisero di arruolarsi nel Battaglione Universitario pisano verso
quell’avventura che si sa-
Il battaglione
degli studenti:
chi era costui?
Nuovi sINCroNIsMI
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di Marco Masolin
rebbe tragicamente, ma
gloriosamente conclusa
nel bagno di sangue di
Curtatone e Montanara.
Questo tentativo, allora
riuscito, di tenere insieme
libri e schioppi, pensiero e
azione,
fu
senz’altro
l’aspetto più commovente
e tragico di quella spedizione di scolari, come venivano
normalmente
chiamati allora gli studenti,
che videro i loro prof. trasformarsi, da un giorno all’altro,
da
azzimati
dispensatori di cultura in
rivoluzionari a tutto tondo.
“Al nostro attraversare
paesi e paesetti le campane suonavano a festa e
piovevano fiori sulle baionette” ricorda il prof. Giuseppe Montanelli, prozio
del grande giornalista
Indro Montanelli nelle sue
memorie. “In un luogo,
detto terre rosse, ci fecero
trovare caffè e latte per
tutto il battaglione ed io,
come addetto allo stato
maggiore, ho bevuto sei
tazze di caffè e latte ed
una montagna di biscotti…”. Sembra che si
parli di una scampagnata,
di una gita scolastica ed
invece da li a poco tutti i
partecipanti a quell’avventura avrebbero conosciuto
l’orrore della guerra, sentito l’odore del sangue ed
avvertito il fetore della
morte. Eppure quei ragazzi, spesso solo quindicenni,
andarono
a
quell’appuntamento mentre le mamme scrivevano,
ansiose: “ieri ti mandai il
fagottino contenente della
biancheria…”. Il Ministro
dell’Interno del Granducato di Toscana raccomandò
di
lasciar
proseguire per il fronte
solo qui giovani muniti di
“annuenza”
per
iscritto dei loro genitori o tutori. Qualcuno tornò indietro,
infatti, o per colpa
dei genitori o perché non la sentì di
affrontare la guerra
“vera”. Ma la maggior parte di loro
andò avanti e più
avanti ancora sempre i professori. Ottaviano
Fabrizio
Mossotti, un insegnante di fisica con
una folta barba, non
più giovane e completamente
all’oscuro dell’arte, se
così si può chiamare, della guerra,
si lanciò a capofitto
nella battaglia.
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
vissuto è assai”
quello spirito?
I suoi ammiratissimi amici
lo ricordarono come uno
che se ne stava ritto fra
le pallottole e le cannonate quasi ne studiasse,
con consumata e professorale abilità, le parabole. E che dire di
Giovanni Battista Giorgini, trent’anni, professore di diritto che aveva
sposato la figlia di un
certo Alessandro Manzoni e che scriveva alla
moglie: “carissima Vittorina, non posso proprio
tornare a casa. Finchè
c’è un barlume di speranza di condurre questi
giovani a dire almeno una
mezza parola all’Austria
sento che nessuno avrà
la forza di fermarmi.” E ci
arrivarono quei giovani,
quei scolari con i calzoni
alla zuava a dire una parola all’Austria. Tenuti di
riserva fino all’ultimo furono mandati in battaglia
nel momento peggiore e,
pagando un altissimo
prezzo di sangue, riuscirono, loro male armati e
senza preparazione, a
fermare i soldati austriaci
consentendo all’esercito
piemontese di riorganizzarsi e vincere il giorno
dopo a Goito. Forse di
questo si dovrebbe parlare nel corso di questi
“strani”
festeggiamenti
per il 150° anniversario
dell’unità d’Italia. Quei
tanti studenti, quei ragazzacci che fino al giorno
prima si divertivano come
i giovani di tutti i tempi
seppero morire a Curtatone per un ideale senza
se e senza ma, senza retorica e senza scuse. Ed
insieme a loro c’erano i
Prof., i tanto vituperati
professori uniti a quei ragazzi dalla forza di un
ideale. Ecco io, da inguaribile romantico, e spero
che me lo perdonerete,
resto profondamente ammirato di fronte al sacrificio di persone, di scolari,
che da un giorno all’altro
decisero di sfidare la
morte forse con le dita
tremanti sul grilletto ma
con negli occhi l’azzurro
della speranza. Ad un’età
in cui oggi si gioca alla
playstation loro andarono
a morire e non virtualmente. Cosa rimane oggi
di quello spirito? Forse
nulla e non so se sia un
bene o male e comunque
non voglio affrontare un
tema che mi porterebbe
troppo lontano. Tuttavia
vorrei sottolineare che
l’aver abbandonato per
GRAND’ANGOLO
via gli ideali seppellendoli
sotto una coltre di pragmatismo spesso d’accatto ha scoperchiato una
pentola tipo vaso di Pandora, dalla quale sono
fuoriusciti i peggiori istinti
I giovani di tutti i tempi seppero morire
a Curtatone per un ideale senza se e
senza ma, senza retorica e senza scuse
umani tipo l’arrivismo
sfrenato e la sete inestinguibile di denaro. Forse
se si tornasse… ma ripeto: sono solo un romantico sognatore che
non merita di essere seguito. Sarebbe bello invece se, in questi opachi
150 anni di unità nazionale, si ricordassero quei
scolari che forti solo della
loro giovinezza e del loro
ideale, in quel 29 maggio
1948, combatterono e pur
perdendo vinsero. Sarebbe bello ricordare quei
ragazzi e quei professori
che, dopo aver preso il
treno per Lucca, proseguirono a piedi fino a
quella campagna, appena
a sud-ovest di Mantova
dove in tanti avrebbero
perduto la vita ma non la
loro precoce scommessa
con la storia.
Nuovi sINCroNIsMI
7
AL CENTRO
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
La giustizia fa acqua
La catena giustizia
di Paola Saraceni
S
ono circa trent’anni che
il Consiglio d’Europa
chiede regolarmente all’Italia di intervenire in modo
concreto e definitivo per risolvere le gravissime inefficienze
del nostro “sistema giustizia”, il
cui malfunzionamento pone il
nostro Paese agli ultimi posti
della classifica mondiale relativa all’efficienza di questo servizio essenziale.
Un po’di cifre aiuteranno sicuramente ad inquadrare meglio
la reale portata del problema:
rispetto alla lunghezza dei processi, l’Italia è collocata al
155°posto tra i 178 Paesi presi
in esame a livello mondiale.
La durata media dei processi
in Italia, è di oltre 5 anni per
quelli penali, mentre si arriva a
circa 8 anni per quelli civili: a titolo di esempio, si consideri
che il numero di giorni mediamente necessari per ottenere
il divorzio in Italia, è di 582
giorni, a fronte dei 251 giorni
necessari in Spagna e dei 117
giorni che sono sufficienti in
Olanda.
Negli ultimi 10 anni, nel nostro
Paese, sono caduti in prescrizione circa 2 milioni di procedimenti.
Il costo degli indennizzi ai cittadini vittime dei processi
senza fine, nel periodo cha va
dal 2002 al 2007, è stato di
circa 41,5 milioni di euro.
Il 6 dicembre u.s., è stata resa
pubblica una risoluzione del
Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che per l’ennesima
volta
ha
raccomandato alle nostre più
alte cariche dello Stato di mantenere gli impegni presi nel
passato a seguito di analoghi
richiami, sollecitando l’adozione di tutte le misure tecniche e finanziarie necessarie
Breve fotografia
del momento che
sta vivendo la
giustizia italiana
Nuovi sINCroNIsMI
8
per risolvere il delicato problema.
L’ultimo richiamo da Strasburgo, giunge a circa un anno
e mezzo dal precedente, nel
quadro dell’azione di verifica
che il Comitato dei ministri
compie regolarmente al fine di
accertare se i Paesi membri si
adoperino efficacemente per
risolvere le violazioni riscontrate dalla Corte europea dei
Diritti dell’Uomo.
All’interno della risoluzione che
riguarda l’Italia, si legge che “le
autorità italiane sono fermamente invitate” ad elaborare
“urgentemente una strategia
efficace” per risolvere l’annosa
questione e si evidenzia inoltre come gli eccessivi ritardi
“costituiscono un serio pericolo
per il rispetto della supremazia
della legge”.
Il Consiglio d’Europa ha anche
stigmatizzato il fatto che dall’ultima risoluzione adottata nei
confronti dell’Italia nel marzo
del 2009, le nostre autorità non
hanno fornito le informazioni richieste, considerate necessarie per la valutazione della
reale situazione della giustizia.
A quell’epoca, era stato richiesto al nostro Paese di adottare
urgentemente misure specifiche, finalizzate a ridurre il numero di procedimenti arretrati,
sia penali che civili, e di fornire
le necessarie risorse per garantire la effettiva implementazione delle riforme.
La Corte di Strasburgo, ha comunicato al Governo italiano,
che ci sono circa 500 ricorsi riguardanti solo i ritardi nei pagamenti degli indennizzi ai
cittadini vittime dei ritardi nei
processi, mentre sono attualmente pendenti davanti al Comitato dei ministri oltre 2.000
sentenze definitive, rimaste
inapplicate, sull’eccessiva durata dei processi.
Quanto sopra esposto, da
conto di una realtà che si è incancrenita, di una incapacità
oramai cronica da parte della
nostra classe politica che in
quasi trent’anni non soltanto
non è stata capace di risolvere
i problemi della giustizia italiana, ma li ha addirittura lasciati peggiorare.
Tutto questo ha una ricaduta
inevitabile ed altrettanto
grave, sul settore penitenziario, che del sistema processuale e giudiziario costituisce
il terminale.
Alla data del 30 novembre
2010, gli istituti penitenziari
della penisola ospitavano ben
69.155 detenuti: di questi, il
43% (pari a 29.726 unità), risultavano imputati, non raggiunti cioè da condanna
definitiva.
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
da tutte le parti
Tra questi, 15.020 soggetti (il
21,7%) erano in attesa del processo di primo grado, 8.012
(l’11,6%) erano in attesa del processo d’appello, 4.952 (il 7,2%)
erano in attesa della sentenza
della Corte di cassazione e
1.742 (il 2,5%) erano imputati
con posizione mista.
E’ di tutta evidenza come il dato
relativo ai soggetti non ancora
raggiunti da una sentenza di
condanna definitiva, e quindi
non in espiazione di pena, sia
abnorme, avvicinandosi alla
metà dei ristretti, in un contesto
peraltro caratterizzato da un sovraffollamento senza precedenti, con tutti i disagi, le storture
ed i rischi che una simile situazione comporta, come una storia non lontanissima ci ha
tristemente insegnato.
I quasi 30.000 ristretti che attendono in carcere, per mesi se
non per anni, la sentenza defini-
tiva, sono l’espressione ultima,
la più grave, del malfunzionamento del nostro apparato giudiziario: se le esigenze cautelari
giustificano la privazione della libertà nei loro confronti, i tempi di
definizione della loro vicenda
giudiziaria devono essere ragionevoli.
Se poi si pensa come la loro
presenza contribuisca in maniera decisiva al sovraffollamento degli istituti, e quindi a
tutte le disfunzioni che ne derivano (mancanza di opportunità
lavorative, impossibilità per gli
operatori di conoscere meglio i
ristretti ai fini dell’applicazione
della normativa penitenziaria in
materia di osservazione della
personalità e di definizione dei
programmi individualizzati di
trattamento, pessime condizioni
di vita per tutti i ristretti ed analogamente, pessime condizioni di
lavoro per tutti gli operatori, polizia penitenziaria in primis), si capisce come i mali di un settore
della giustizia si riflettano inevitabilmente sull’intero sistema, e
costituiscano un fattore di forte
insanabilità per l’intero Paese.
Senza dimenticare poi, come i
mali che abbiamo appena descritti, ledano profondamente i
diritti di migliaia di cittadini, incrinando l’immagine stessa del
nostro Paese, in quanto laddove la giustizia tarda troppo ad
affermarsi o addirittura non ci
riesce affatto, viene meno uno
dei capisaldi della stessa democrazia.
In questo senso allora, le reprimende oramai trentennali del
Consiglio d’Europa, devono indurre la nostra classe politica ad
intervenire con immediatezza
ed in maniera drastica e definitiva, al fine di ottemperare a
quanto le viene richiesto da oltre
un quarto di secolo.
L
AL CENTRO
Verso una
nuova
stagione
e due vicende,
nella
loro
drammaticità,
hanno tuttavia fatto
registrare segnali
incoraggianti, perché
hanno convinto tutti
della necessità di una forte
governante politica, di cui
l’Europa si dovrà presto dotare per
essere stabile e competitiva nei prossimi anni.
L’applicazione del Trattato di Lisbona potrà favorire questo
processo ed il Parlamento Europeo, che sta assumendo via via
maggiori poteri, vi deve partecipare attivamente.
Oggi come non mai è necessario che l’Europa e i singoli stati
nazionali, quindi anche l’Italia, svolgano un ruolo di indirizzo fermo
e deciso, dando vita ad un insieme di regole uniformi in grado di
garantire i risparmiatori, i mercati finanziari e il sistema produttivo.
Sono però convinta che ciò non basta. Le sfide che i paesi
emergenti come Cina e India ci stanno lanciando possono essere
affrontate solo se si darà vita ad una seria riforma della spesa
pubblica e ad urgenti provvedimenti per il mercato del lavoro, che
esige nuovi meccanismi ed incentivi per assicurare l’accesso ai tanti
giovani in cerca di occupazione. Occorrono scelte epocali e
occorre il coraggio di accettarne i conseguenti cambiamenti nei
nostri modi di vivere e solo così facendo potranno essere assicurati
a tutti i cittadini europei quei livelli sociali e di libertà che hanno
reso “avanzate” le democrazie occidentali. Tutto questo non può
prescindere dall’importanza e dalla tutela della famiglia, prima
cellula di solidarietà ed elemento collante della società italiana ed
europea. La famiglia è fondamentale e deve trovare maggiore
attenzione da parte del nostro paese e dell’Europa nelle politiche
fiscali, economiche e sociali. Per garantire i diritti conquistati è
necessario definire una nuova stagione dei doveri affinché
l’Europa e gli stati nazionali promuovano una grande azione
riformatrice per assicurare un futuro migliore alle nuove
generazioni, di questo sono assolutamente consapevole.
di Paola Saraceni
Nuovi sINCroNIsMI
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GENNAIo-FEbbrAIo 2011
SOCIETA’
Viva gli Italiani
L’efficacia delle norme
di Stefano Ziccardi
Noi cittadini siamo quelli che rendono
vivo questo nostro paese lavorando e
impegnandoci quotidianamente
V
edere alla televisione l’intervista a
Massimo D’Alema
mi ha sprofondato in uno
stato di rigetto.
Con tutto quello che noi
cittadini vorremmo che
fosse affrontato per “migliorare” il nostro vivere
quotidiano,
il
politico
perde tempo, ancora, per
un’analisi che riguarda
solo i politici di professione come lui e tutti gli
altri disimpegnati nel nostro Parlamento.
Ad oggi il: “Partito d’opposizione con il maggior consenso popolare” (D’Alema)
non ha ancora un programma da sottoporre e
far valere per un’alternativa all’attuale Governo.
In questi due anni e mezzo
che progetto ha proposto
per “contrastare” e “migliorare” le iniziative del governo?
Si parla sempre di procedure, riforme legislative o
costituzionali per diversi
ambiti normativi ma non si
è mai verificato l’efficacia
delle norme già esistenti.
Delle richieste della collettività la politica se ne occupa
solo
nelle
emergenze (finte o reali)
che di volta in volta sono
generate o da contingenze
reali (terremoto) o da momentanee e speculative
Nuovi sINCroNIsMI
10
analisi che riportano all’attenzione del popolo situazioni mai affrontate o
nascoste.
Non voglio analizzare la
situazione politica del nostro Paese, ma voglio evidenziare quello che più mi
entusiasma.
Sono entusiasta di tutti i
cittadini che quotidianamente lavorano nelle più
varie attività: agricoltura,
commercio, pubblici servizi, eccetera, che sono
quelli che fanno comunque progredire il nostro
Paese.
Sono entusiasta dei sindacalisti che si preoccupano
dei lavoratori tutti e
non
solo
dei
loro
iscritti cercando sempre
la
soluzione
del dialogo
fino all’ultimo con la
controparte
per
poter
comunque
garantire
alla nostra
società di
e s s e r e
sempre più
competitiva
e garantire
a tutti il giu-
sto riconoscimento del lavoro svolto.
Sono entusiasta per quegli
imprenditori, nella maggioranza dei casi, piccoli e
piccolissimi che sono fortemente radicati nel territorio per tradizione e per
un’incrollabile volontà di
voler crescere, guadagnare e prosperare insieme alla loro forza
lavoro che gli permette, in
molti casi, dei livelli di eccellenza che ci sono riconosciuti ed invidiati da
tutti.
Sono entusiasta dell’impegno civile che noi cittadini
sappiamo mettere ogni
giorno per stare con gli
altri ed aiutarci l’un l’altro
senza il bisogno di dover
comparire in televisione.
Sono entusiasta dei geni-
tori che si impegnano quotidianamente con i propri
figli per crescere insieme
e per stimolarli verso
nuove esperienze che generano conoscenza e
maggiore possibilità di
scelta.
Insomma noi cittadini
siamo
quotidianamente
fantastici e siamo quelli
che rendono vivo questo
nostro paese, speriamo
che prima possibile questo
nostro vivere quotidiano
riesca a condizionare la
politica in modo significativo e che questa riprenda
il ruolo di garantire solo le
linee guida del nostro
Paese rispondendo e prevedendo le istanze che la
collettività proporrà senza
invadere l’ambito delle
scelte personali.
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
FATTI & MISFATTI
Il Nepotismo
I miracoli
dell’amore parentale
N
el mese di agosto è
uscito un articolo su “Il
Giornale” circa un’inchiesta del Ministero della Difesa su
concorsi riservati all’assunzione
del personale civile nel periodo
2005 – 2008. In questa relazione
riservata, a cui ha avuto accesso
la testata giornalistica, veniva
scoperta, nello scorso novembre
da una Commissione d’inchiesta
all’uopo nominata dal Ministro La
Russa, dopo una dettagliata segnalazione anonima, dei favoritismi che coinvolgevano soggetti
appartenenti a stessi gruppi familiari tra i candidati e membri di
tismo. “Nepotismo”…parola latina che giunge a noi dal lontano
Medioevo in un periodo in cui
papi e vescovi cattolici, che avevano fatto voto di castità, allevavano i loro figli illegittimi come
“nipoti” (da qui il termine “nepos“
nipote) e concedevano loro dei
favori. Questa pratica divenne un
abuso che minava la credibilità
della Chiesa cattolica tanto che
Papa Innocenzo XII emise una
bolla nel 1692 con cui si proibiva
ai papi di concedere proprietà, incarichi o entrate a qualsiasi parente, con l’eccezione di un
parente “qualificato” che, comunque, poteva essere nominato cardinale. Ecco il punto: la
pratica di nepotismo è sbagliata
e diventa a dir poco intollerabile
quando tocca livelli di indecenza,
quando le situazioni appaiono
così evidenti e scandalose. Non
si deve, comunque, gridare allo
scandalo ogni qual volta il figlio
di…abbia le stesse aspirazioni di
un padre. Nessuno può e deve
negare a questa persona il diritto
di essere assunto se i suoi risultati sono eccellenti tanto da superare un concorso, come
anche un esame universitario, a
pieni voti. Altrimenti dovremmo
oppure in politica quali Bush
padre e figlio, presidenti degli
Stati Uniti d’America. Di certo
non dico che ogni figlio è per
forza un genio per una sorta di
osmosi; quindi è giusto difenderci
contro qualsiasi forma di nepotismo dei giorni nostri. Ma come
fare? Abbiamo necessità di regole che ci tutelino da situazioni
poco chiare nelle Commissioni
esaminatrici di concorsi o esami
di Barbara De Martino
(vietare di nominare, all’interno di
Commissioni, soggetti che abbiano vincoli di parentela o anche
semplice amicizia o legame lavorativo che possa essere ricondotto a candidati). Ma questo
non ci salva al cento per cento; è
necessario recuperare la responsabilità ed il senso civico
negli amministratori pubblici cosa
che, purtroppo, si sta sempre più
perdendo nel nostro Paese.
Abbiamo necessità di regole
che ci tutelino da situazioni
poco chiare
commissione di concorso. E’ il
caso di dire una sorta di “Miracolo dell’amore parentale” o, comunque, di vero e proprio
nepotismo. Non disponendo
degli atti della Commissione non
mi sento di giudicare o comunque di esprimere giudizi sull’accaduto, piuttosto tutto questo mi
suscita delle riflessioni sul nepoNuovi sINCroNIsMI
anche trovare del marcio nei figli
celebri della storia o attuali che
hanno superato i loro altrettanto
brillanti genitori e che si trovano
ad esercitare un’attività nello
stesso campo: ricordiamo i famosi scrittori francesi Alessandro
Dumas, padre e figlio o nella nostra televisione quali Piero e Alberto Angela divulgatori scientifici
Nuovi sINCroNIsMI
11
ECO & CO.
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
Come ti finanzio
La ricetta migliore
S
i trovano ormai da
giorni le ipotesi di titoli pubblici che saranno collocati sui mercati
finanziari per sorreggere
le economie planetarie.
Per restringere il campo
alla sola eurozona s’ipotizzano importi che variano
dai 1.200 miliardi solo per
le emissioni dei governi
per Hudson Institute di
Washigton, ai 2.000 miliardi per l’Institute of International Finance. Se a
questi importi si aggiungono le emissioni autonome degli Istituti di
Credito europei le cifre,
già da capogiro, aumentano di oltre un terzo.
Tutto ciò per la felicità dei
risparmiatori, soprattutto
piccoli, che pregustano un
innalzamento degli inte-
Vedremo solo tra
qualche anno chi avrà
scelto la via migliore
Nuovi sINCroNIsMI
12
di Stefano Ziccardi
ressi fino ad ipotizzare
rendimenti vicini alle due
cifre.
Sarà nella pratica un lucrare senza rischi?
I rendimenti che sicuramente cresceranno non si
porteranno anche delle
conseguenze negative per
gli stessi investitori?
Fino a quando i governi
sapranno far fronte a tali
emissioni?
Ciò sorreggerà realmente
le economie europee così
come si presentano oggi?
Queste sono le domande
che mi sono posto e che
calzano alla perfezione
alla realtà europea.
Metterei in primo piano i
diversi livelli di partenza
dei nostri paesi europei.
Sicuramente il debito pubblico che emetteranno ad
esempio Francia e Germania avrà dei rendimenti più
bassi rispetto a quello di
altri paesi quali Italia, Spagna o Grecia, ma garantirà
ai risparmiatori che il loro
guadagno non si dovrà
tradurre in un maggiore
esborso a livello di prelievo, fiscale e non solo,
tale da smorzare notevolmente i benefici degli investimenti.
I paesi che si trovano con
un tasso di crescita molto
basso e comunque al di
sotto della media dell’eurozona continueranno ad
emettere titoli per finanziarsi, ma saranno poi in
grado di garantire gli interessi prospettati e tutto
questo non li condurrà in
una spirale senza fine, se
non al tracollo?
Sentendo le dichiarazioni del Cancelliere
tedesco
Angela Merkel: “La
Germania può esistere solo se l’Eurozona si rafforza”
implica che è auspicabile un coordinamento
delle
politiche economiche dei paesi europei.
Fino ad ora le politiche sociali di sostegno
all’economia
sono state dettate
da singoli ed individuali provvedimenti
che ogni paese europeo ha messo in
pratica in modo autonomo: chi puntando
ad
un
sostegno alle classi
di lavoratori più deboli estendendo
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
ECO & CO.
l’Europa
anche a loro le garanzie
per il sostegno all’occupazione presenti per le
categorie più rappresentative (Italia), chi finanziando
progetti
di
riqualificazione lavorativa puntando soprattutto sul ricollocamento
dei lavoratori ultra quarantenni (Gran Bretagna), chi prevedendo
sgravi fiscali e previdenziali pluriennali per chi
assume
lavoratori
a
tempo
indeterminato
(Germania), in sostanza
ognuno pensa di avere
la ricetta migliore per
fronteggiare la crisi ed è
convinta di superarla
senza altri rischi. Vedremo solo tra qualche
anno chi avrà scelto la
via migliore.
Nel frattempo si dovrebbe pensare anche
ad armonizzare i diversi
paesi europei per quel
che riguarda ad esempio
le composizioni dei macroelementi che ogni
singolo governo inserisce nella propria legge
di stabilità economica,
poiché non è possibile, e
qui la responsabilità
della Commissione Europea è evidente, che un
paese come la Spagna
passi nel giro di due
anni, o anche meno, da
un bilancio statale in ordine con un’economia in
crescita fino ad arrivare
a rischiare di sprofondare nel più profondo
baratro, con un deficit
economico fuori controllo.
E’ ipotizzabile prevedere
un’effettiva armonizza-
zione del prelievo fiscale
con un coordinamento
europeo che porti, nel
giro di pochi anni, ad
una fiscalizzazione sempre più integrata e comune,
almeno
nei
parametri di riferimento.
Ogni paese dell’Eurozona dovrà fare i compiti
a casa per agganciarsi
alla soglia europea di
sviluppo e di stabilità
che è oggi garantita
principalmente da paesi
quali la Francia e la Germania. L’Italia ad esempio,
che
sta
intraprendendo la strada
della devoluzione del
prelievo fiscale ai comuni, province e regioni,
dovrà
poi
garantire
l’equità dello stesso riducendo gli sprechi, tenendo ben presente che
le esigenze della collettività stanno mutando ed
allargando.
Lo Stato centrale ita-
liano dovrà diventare più
“snello”, vale a dire più
rapido nelle soluzioni
proposte e anch’egli
meno “assetato” di denaro per finanziarsi.
Tutto questo dovrà avvenire in tempi rapidi per
non rimanere ai margini
Fino a quando i governi sapranno far
fronte a tali emissioni?
dell’Europa con la conseguenza che la nostra
crescita del P.I.L. (Prodotto Interno Lordo) risulterà sempre inferiore
a quello europeo.
A livello bancario, sia
centrale (BCE) che locale per le singole banche c’è da augurarsi che
i titoli da loro immessi
sul mercato finanziario
abbiano una copertura
economica
sufficiente
per non dover un domani
affrontare una situazione quale quella verificatasi in Argentina.
Se tutto ciò accadrà con
un buon coordinamento
a livello europeo e rinunciando a singole rivendicazioni, forse, le
emissioni di titoli annunciata per finanziare l’eurozona raggiungerà i
suoi obiettivi riducendo
al minimo i rischi.
Nuovi sINCroNIsMI
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NON SOLO MINISTERI
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
Il sogno della
vincita ha sempre
affascinato l’uomo
Nuovi sINCroNIsMI
14
I Monopoli
un settore in crescita esponenziale
di Davide La Salvia
I
Monopoli di Stato, dopo
un periodo abbastanza
buio, in cui si è ridotta
molto il campo d’azione amministrativa fino a quasi sparire, stanno oggi vivendo una
nuova giovinezza, i lavori
procedono a tappe forzate
(per i tempi della p.a), per
dare un ruolo di primo piano
nel panorama nazionale, riaprendo sedi chiuse, istituendone nuove, immettendo
nuovo personale e funzioni.
La storia e Giovan Battista
Vico, ci hanno insegnato che
si procede per corsi e ricorsi,
le situazioni così come i governi- basta pensare a quello
che sta succedendo in questi giorni in nord Africa- si alternano, tutto muta e tutto si
evolve, il caso dell’Azienda
Autonoma Monopoli di Stato,
ne è un positivo caso lampante.
I Monopoli di Stato di fatto
nascono con l’Unità d’Italia,
ma è nel 1927 che viene
posta la pietra miliare che
segnerà il futuro di AAMS.
Proprio in quell’anno ( 1927),
con Regio Decreto Legge i
servizi di produzione, importazione e vendita dei sali, dei
tabacchi e del chinino vengono affidati alla speciale
Amministrazione dei Monopoli di Stato.
Sin dalla sua costituzione,
attraverso un'azione continua di intensa produttività,
salvaguardia e tutela sociale,
questa istituzione contribuisce all’evoluzione e allo sviluppo dell’Italia.
Con la gestione della produzione, distribuzione e vendita del tabacco e del sale,
cioè di prodotti di largo consumo, la cui produzione si
concentrava in aree del no-
stro Paese, in genere povere, i monopoli hanno dato
una spinta allo sviluppo economico e sociale di aree ad
alta criticità.
Sono migliaia i posti di lavoro
che crearono e l’Italia si trovò
ad essere anche un paese
esportatore di tabacco.
Particolare aspetto sociale,
assunse storicamente la
produzione e la distribuzione
del cosiddetto “Chinino di
Stato”. Il chinino era allora
l’unica terapia efficace contro
la malaria che mieteva un
numero impressionante di
vittime.
Tra i tanti aspetti sociali, va
ricordato il largo impiego di
manodopera femminile, arrivando fino a 16.000 operaie
impiegate.
Ad un periodo quindi florido
che ha caratterizzato sicuramente il nostro paese, è seguito un periodo abbastanza
buio.
La riduzione della sfera di
azione, aveva portato alla
chiusura di sedi, magazzini,
luoghi di lavoro ( pensiamo
ad esempio alla produzione
di tabacchi e sigarette), fino
quasi ad ipotizzare la chiusura dell’Ente, ma se un settore è andato (parzialmente)
in crisi come i tabacchi,un
altro assume un aspetto
sempre più rilevante nel panorama economico nazionale… i giochi.
La cosa non stupisce coloro
che seguono con attenzione
la politica, la crisi economica
e mondiale, ha trasformato
l’economia dell’Italia, considerata uno dei 7 paesi più
industrializzati del mondo in
un settore sempre più asfittico, ma proprio per questo
motivo ai redditi dell’economia industriale si è andata
man mano sostituendo un
altro tipo di economia,
quella basata sui giochi.
Il sogno della vincita che dà
la svolta alla vita ha sempre
affascinato l’uomo, la fortuna, la dea bendata, la cornucopia, sono alcune delle
rappresentazioni e/o simboli
di una svolta positiva dell’esistenza.
Ecco quindi, che attraverso
il gioco l’Azienda, si avvia
ad una nuova giovinezza e
“funzione economica e sociale”.
Non entriamo nel merito se
sia giusto o meno, incentivare il settore che gestisce il
gioco, ma limitiamoci ( per il
momento), ad osservare la
rinascita di un importante
settore dello Stato.
GENNAIo-FEbbrAIo 2011
DAL MONDO DELLA P.A.
La pubblica amministrazione
in rosa
di Augusto Ghinelli
I
l graduale aumento delle
donne impiegate nella
Pubblica Amministrazione
non è direttamente proporzionale al generale avanzamento degli organici, con il
particolare riferimento delle
progressioni di carriera. Nel
nostro Paese le politiche inerenti agli sviluppi delle professionalità nel settore del
pubblico impiego, non sono
mai state un fiore all’occhiello. Questa insufficienza
ha colpito in particolare le lavoratrici italiane, rispetto alle
colleghe di Stati come
l’Olanda o la Francia, che
hanno indirizzato verso le
loro dipendenti, una maggiore sensibilità. In Italia sussiste
una
Legislazione
antidiscriminatoria ma conserva a registrare forti insufficienze, sia sul piano della
normativa e sia sull’applicazione della stessa, soffermandosi spesso sulle sole
esposizioni generali del principio. Si avverte il bisogno di
una
vera
strategia
politico/sindacale, che possa
in qualche modo colmare
questo divario. Il Collegato al
Lavoro, ultimo documento
emanato dal Governo, prevede per questo, i Comitati
Unici di Garanzia, ma questi
sono ancora lontani da un
pronto collegamento con i tavoli di Contrattazione. Bisogna però dire, che quando si
entrerà a regime, i tavoli per
la Contrattazione Collettiva,
diventeranno sicuramente lo
strumento primario per garantire l’effettiva applicazione
di tutte le misure antidiscriminatorie previste. Nelle
varie fasi negoziali, le necessità che porteranno ai tavoli
le lavoratrici, potranno tramutarsi in politiche più attente alle esigenze di
genere, che porteranno alla
costruzione di percorsi nuovi
e alternativi, che potrebbero
dare uno stimolo a migliorare
i servizi ai cittadini e rendere
meno onerosa la concilia-
La legislazione antidiscriminatoria
conserva forti insufficienze
zione di lavoratrice/madre di
famiglia, con il lavoro. La valorizzazione della donna lavoratrice, deve essere posta
nella previsione di un beneficio per tutta la collettività,
perché il perfezionamento
generale delle performance
nella Pubblica Amministrazione, dipende anche dall’attuazione di politiche più
flessibili all’interno dei vari
Uffici Pubblici. Siamo in Europa e il fondamentale principio al quale dovremo
attenerci, è l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori e
le lavoratrici, all’organizzazione economica e sociale
del Paese, dove l’Amministrazione Pubblica, è l’indiscussa cartina tornasole.
Nuovi Sincronismi
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