Tolleranti per sentirsi più accettati

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Tolleranti per sentirsi più accettati
Tolleranti per sentirsi più accettati
Una delle cause più frequenti di contrasto tra le persone è sicuramente l’intolleranza.
In una qualsiasi conversazione, alcuni sono più sensibili alle opinioni contrarie degli altri e può
scattare l’ira. Altri sono portati a dare un senso negativo a tutto ciò che sentono, condizionati dalla
propria visione pessimistica della vita. Qualcuno può percepire le parole di un altro come allusioni
malevoli nei propri confronti. A volte, sono interpretazioni vicine a veri deliri.
Si reagisce, e si creano emozioni negative quando non esiste un sufficiente grado di tolleranza.
Il livello d’accettazione o di sopportazione dei contrasti e delle frustrazioni che gli altri possono
procurarci, sono indici del livello di tolleranza che ognuno ha.
E’ risaputo, insomma, che le relazioni umane, perché siano soddisfacenti, debbano, avere tra le
basi costitutive, un forte spirito di tolleranza.
elogio alla tolleranza
Per i buddhisti la tolleranza è un’espressione della pazienza. Nell’annosa questione sulle
caratteristiche delle passioni, sulla loro divisione, sulle loro interrelazioni all’interno della vita
emotiva, ogni autore fa riferimento alle proprie conoscenze, alla propria esperienza ed alle proprie
riflessioni.
Partendo dagli insegnamenti del Dalai Lama, che contengono, a mio parere, un alto grado di
saggezza psicologica, la tolleranza, come caratteristica della pazienza, può essere considerata da tre
punti di vista:
1) la tolleranza di fronte al dolore ed alle avversità,
2) la tolleranza come conquista personale di uno stato d’animo sereno nei confronti
della realtà concreta che ci circonda,
3) la tolleranza verso i danni che gli altri possano arrecarci.
Quest’ultimo tipo di tolleranza è quello che a noi interessa oggi approfondire.
E’ sicuramente il più importante, giacché si riferisce alle nostre interazioni con gli altri, al nostro
mondo relazionale.
Riferendomi all’origine della tolleranza secondo il buddismo, a me sembra che questa sia, non tanto
una caratteristica della pazienza, ma che sia contemporaneamente la ragione e l’effetto della pazienza: se si è pazienti, si diventa tolleranti, e se si è tolleranti si diventa pazienti.
A prescindere da queste distinzioni accademiche, e riferendoci alle riflessioni sul nostro
comportamento di fronte a ciò che di negativo l’altro possa arrecarci e che potrebbe condurre a
contrasti e ad inimicizie nelle relazioni, pensiamo che, per evitare o per superare queste situazioni,
ci sia bisogno di pazienza e di tolleranza.
Sono le basi fondamentali per ristabilire i rapporti danneggiati, tagliati, o momentaneamente sospesi
con gli altri.
La tolleranza e la pazienza sono reazioni positive che vengono a contrastare gli impulsi negativi,
che possono sorgere nel nostro mondo interno, in occasione di frustrazioni, offese o sofferenze
provocate da altri. L’impulso che spesso scatta più facilmente, in queste occasioni, è l’ira, accompagnata, di solito, da risposte aggressive, vendicative e da offese a volte più efferate di quelle
ricevute
un paradosso evangelico
La pratica della tolleranza e della pazienza porta, secondo noi, ad un irrobustimento della stima
verso se stessi.
D’altra parte, una dose più alta di autostima, rende la vita più facile, contribuisce a creare
relazioni umane più soddisfacenti, perché, anche senza volerlo, la consapevolezza del proprio valore
si esprime esternamente in rapporti più sereni con gli altri, nella presa di coscienza della propria
disponibilità ad una accoglienza positiva; più inclini, perciò, a dare che a ricevere.
Noi stiamo parlando di un’autostima positiva, creatasi attraverso i nostri sforzi, il nostro impegno
e la conoscenza delle proprie risorse. Non consideriamo quelle forme (patologiche) di espressione
dell’autostima che degenerano in un ipertrofico concetto di sé e che conducono al senso di
onnipotenza e di onniscienza.
La consapevolezza, però, d’aver ottenuto il controllo sufficiente, d’aver esercitato la pazienza e di
essere stato tollerante di fronte alle pulsioni d’ira originate da un torto ricevuto, e la sensazione
conseguente di essere padrone di se stessi, ci fortifica nella presa di coscienza della nostra autostima, e ci mette nelle condizioni di maggiore sicurezza e credibilità verso noi stessi. Ciò, sicuramente,
predispone e motiva la persona verso rapporti sociali positivi.
In questo senso, si potrebbe dire che trovare qualche volta intorno a noi persone che ci arrecano
un danno, potrebbe essere un’occasione per esercitare il controllo dell’ira che può scattare.
Saremmo, in tal modo, nelle condizioni per poter praticare la tolleranza e la pazienza, con conseguenze positive sulla propria autostima e sulla continuità dei nostri rapporti.
Per tali motivi, quando la tolleranza e la pazienza diventano costumi quasi abituali, si potrebbe
accettare addirittura come un’opportunità auspicabile di avere nemici; ciò, infatti, ci aiuterebbe a
fortificare queste doti che guidano verso l’equilibrio e la pace.
Il Dalai Lama arriva a dire che il nostro nemico è il nostro miglior maestro, perché ci insegna ad
essere tolleranti e pazienti. Mi vengono in mente, a tale proposito, le parole di Gesù, quando ci
invita addirittura ad amare i nostri nemici ed a fare del bene a chi ci odia. (Lc. 6,27)
Dal punto di vista prettamente emozionale, è difficile amare e far del bene a chi ci odia; tuttavia
nel monito evangelico si racchiude il riferimento a quel sano atteggiamento psicologico verso la
pazienza e la tolleranza che sicuramente contribuisce al conseguimento della maturità psico-sociale
della persona. Una delle manifestazioni di questa maturità è proprio la capacità di tollerare e di
amare chi, intorno a noi, ci arreca danno o dispiaceri, senza lasciarsi travolgere dalle ondate di
rabbia e dì rifiuto che possano assalirci. La tolleranza sta alla base di una buona convivenza tra gli
esseri umani.
Quando regna la pazienza e la tolleranza tra gli uomini diventano facili le relazioni. Si cercano e
si promuovono i rapporti con gli altri, cresce il nostro capitale sociale, si vuole e si desidera stare in
compagnia. Quella tendenza all’isolamento ed all’autosegregazione che, secondo i sociologi, dilaga
nel mondo attuale, sfocia in una specie di individualismo egoistico che fa pensare solo a se stessi,
dimenticando l’esistenza degli altri e cancellando ogni vincolo di solidarietà. Tante volte è la conseguenza di un atteggiamento rigidamente condannatorio dei discorsi e delle parole altrui. Indizio,
perciò, di mancanza di tolleranza.
E’ frequente oggi trovare intorno a noi persone che rifiutano il dialogo, persone che, quando
parlano, vogliono solo sentire se stesse, persone che, come abbiamo detto all’inizio, da ogni spunto,
in una conversazione, fanno sorgere polemiche e contrasti.
Chi difende una propria idea senza voler sentire le idee degli altri, dimostra di non conoscere
l’importanza della tolleranza in ogni rapporto umano.
Si passa frequentemente dal rifiuto delle idee di un individuo al rifiuto dell’individuo stesso.
Per tale motivo, chi dimostra intolleranza nei confronti di quanto un altro pensa o comunica,
diventa intollerante riguardo all’individuo che pensa o comunica, diventa intollerante nei confronti
della persona che promuove o espone quel punto di vista.
Infine, l’intolleranza può degenerare di frequente in vero rifiuto, che vuol dire distacco,
allontanamento.., chiusura in se stessi, socialità mancata.
Manuel Tejera de Meer