Joseph Ki-Zerbo: identités/identité pour l`Afrique

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Joseph Ki-Zerbo: identités/identité pour l`Afrique
Ma rimane positiva e feconda l’esperienza dello scambio
tra due artisti africani e decine di spettatori italiani, accorsi
appositamente a Teatri di Vita di Bologna per conoscere
un artista che, dopo questa tappa, sarà ospite al prossimo
Festival d’Avignone di luglio con lo spettacolo da lui scritto e diretto Attitude Clando.
E a riprova dell’affermazione crescente di questo artista
giovane – che ha fatto della contaminazione, del melting
pot culturale tra la sua Africa e la nostra Europa la cifra
stilistica della sua scrittura scenica e drammaturgica – nonché di un rinnovato e generale interesse per la produzione
culturale africana, è la pubblicazione del suo teatro da parte di una piccola ma prestigiosa casa editrice italiana (D.
Niangouna, Teatro, Edizioni Corsare, Perugia 2005).
Giampiero Leoni
Joseph Ki-Zerbo: Identités/
Identité pour l’Afrique
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Il 16 maggio è stato presentato a Savona il film documentario sul “professore” Joseph Ki-Zerbo realizzato da Dany
Kouyaté. Il regista era presente alla serata, e durante la
proiezione ha spiegato alcuni passaggi salienti sulla realizzazione del film.
Amico di Cabral e di Lumumba, sostenitore dell’indipendenza e dell’innovazione, Joseph Ki-Zerbo viene presentato come il primo storico ad avere scritto la storia dell’Africa dall’interno, riservandole così un posto nella storia
del mondo. «Conosco Ki-Zerbo sin dall’infanzia», afferma
Kouyaté, «poiché è uno degli attori più importanti del mio
paese, uno dei più grandi pensatori sullo sviluppo duraturo del nostro continente ».
Il film, spiega, si concentra esclusivamente su Ki-Zerbo
storico e pensatore, tralasciando volutamente il personaggio politico.
Già il titolo, Identités/Identité pour l’Afrique, racchiude in
sé tutto il suo pensiero. L’Africa per uscire dalla sua condizione deve unirsi, e per fare questo deve conquistare,
forgiare, una sua identità attraverso le sue diverse identità.
«Senza identità», afferma riprendendo le parole di KiZerbo, «siamo solo un oggetto della storia, uno strumento
utilizzato da altri, un utensile. L’unico sviluppo possibile
è quello endogeno, impensabile al di fuori del panafricanismo, e non può esserci sviluppo endogeno senza una
ricerca endogena».
Il film vuole essere un omaggio al libro A quand l’Afrique?
e si serve direttamente del pensiero e della voce di Ki-Zerbo per allargarsi a una riflessione sul futuro dell’Africa e
sulla sua collocazione all’interno della modernità. Si tratta di una chiacchierata con il grande storico africano, una
proposta pedagogica (così la definisce il regista) indirizzata
soprattutto ai giovani, per lasciare una testimonianza diretta del suo pensiero, sulla necessità della costruzione di una
vera identità africana.
A 82 anni, poco prima della sua morte, il “Professore” si è
intrattenuto per due ore al giorno davanti alla videocamera
di Dani Kouyaté, raccontando il suo pensiero, inframmezzato da musica reggae e rap, da lui stesso voluta.
Appaiono nel film anche le testimonianze di Elikia M’Bokolo (storico direttore a l’EHSS-Parigi), Amadou Mahtar
Mbow (ex direttore dell’UNESCO), Alpha Oumar Konaré
(Presidente del Mali dal 1992 al 2002), Iba Der Thiam (Università di Dakar), Anise et André Postel-Vinay, accompagnate e commentate da altre illustri personalità scientifiche
e politiche, e dai racconti di amici e della moglie Jacqueline
Ki-Zerbo.
Nei 52 minuti che seguono, emerge chiaro il personaggio
di storico precursore che ha aperto la via all’Africa per
l’originalità delle sue idee.
Intellettuale di alto lignaggio, ardente patriottico, internazionalista che ha sposato tutte le cause di progresso,
democrazia, giustizia, libertà, dignità del popolo africano,
Ki-Zerbo incarna un modello perfetto per le generazioni
future e rappresenta un patrimonio per il popolo africano. Questo il tema ricorrente del film, nato e voluto per
diffondere il più possibile il pensiero del grande storico
africano, e per offrire un prezioso contributo alla lotta per
la creazione di una nuova identità africana.
Il film è prodotto e distribuito dal CEDA (Centre d’études
pour le développement africain, www.ceda.bf) con il contributo del Ministero degli Affari esteri del Granducato del
Lussemburgo, è stato trasmesso in Africa alle tv nazionali
di 52 paesi e ha partecipato al Festival FESPACO (Ouagadougou - Burkina-Faso) nel 2005, vincendo il premio spe-
Nato in una famiglia di griot nel 1961 in Burkina
Faso, Dany Kouyaté studia cinematografia a Ouagadougou e completa i sui studi all’Università di Parigi,
città dove tuttora risiede.
Comincia sin da subito a lavorare per il teatro, il cinema e la televisione, sia come regista che come attore. I suoi lavori, spesso prodotti in Francia, sono
comunque sempre legati all’Africa e raccontano in
particolare storie ambientate in Burkina Faso.
Tra i suoi film ricordiamo Keïta! l’Héritage du Griot
del 1995, diffuso in Francia nel 1997 e Ouaga Saga
(2004) entrambi vincitori di numerosi riconoscimenti, mentre per il teatro certamente singolare è la messa in scena nel 2004 di On paye pas, un adattamento
al contesto burkinabè dello spettacolo di Dario Fo
Non si paga! Non si paga!
Tra le opere televisive si deve infine a Dani Kouyatè
la realizzazione di numerosi episodi della serie televisiva À nous la vie, una sit-com largamente diffusa in
Africa, e in particolar modo in Burkina Faso.
ciale UEMOA (catégorie TV / Vidéo professionnelle).
In Europa è stato proiettato in Francia, Svezia e Italia è
stato presentato nell’ambito della Cattedra sull’Africa, iniziativa organizzata dalla Provincia di Savona, giunta alla
sua seconda edizione.
Rossana Mamberto
Media and children
world summit.
I media come strumenti per la
pace e la democrazia nel mondo
Si è svolta a Johannesburg, tra il 24 e il 28 marzo, la
quinta edizione del “Media and children world summit”
con un tema di discussione ed analisi tanto importante
quanto ambizioso “I media come strumenti per la pace e la
democrazia nel mondo”.
Il “Media and children world summit” è stato ospitato, a
partire dal 1995, anno della sua prima edizione, da diverse
e importanti città quali Melbourne in Australia nel 1999,
Londra in Gran Bretagna nel 1996, Thessaloniki in Grecia
nel 2001 e Rio de Janeiro in Brasile nel 2004.
Le location sopra elencate sono state decise dalla Fondazione World Summit che da oltre dieci anni lavora instancabilmente per lo sviluppo di un movimento mondiale
finalizzato alla progettazione e realizzazione di iniziative
atte alla sensibilizzazione del grande pubblico alle tematiche relative al rapporto tra minori e media.
Il “Media and children world summit” è così diventato
un’occasione importante per discutere dei media tradizionali e dei new media, del rapporto di quest’ultimi con i
minori, dei limiti insiti negli stessi e delle potenzialità formative che possono e devono essere sfruttate.
L’attualità delle tematiche trattate è stata confermata anche
dalla partecipazione all’edizione sudafricana, che ha visto
la presenza di oltre novanta paesi e 1700 delegati, diventando un’occasione importante per un proficuo scambio
di esperienze e future collaborazioni.
Nonostante la rilevanza dell’evento all’interno del panorama internazionale e il numero dei partecipanti, i paesi
occidentali, di fatto con i network più ricchi e conosciuti, si
sono presentati con un numero ridotto di delegati.
Ad eccezione dell’assai più nutrita rappresentanza italiana che, attraverso la delegazione del MED (associazione
italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione),
della Rai e dell’Unione giornalisti ha fornito un apporto
importante al summit, proponendo workshop, contributi
ed esperienze.
Anche le organizzazioni dei paesi cosiddetti “in via di sviluppo” hanno saputo cogliere l’importanza e la centralità
dell’evento, presentandosi in numero consistente.
Affinché ciò si realizzasse è stato fondamentale il supporto fornito dagli organizzatori che, sin dalle prime fasi di
progettazione, hanno puntato alla valorizzazione di quei
paesi e di quelle esperienze spesso scarsamente valorizzate
all’interno del panorama internazionale.
Il summit ha alternato sezioni di discussione plenaria a
workshop inerenti alle tematiche più diverse in materia
di media quali ad esempio: le tecniche di realizzazione
dei cartoons, il ruolo delle case di produzione nella pro-
gettazione dei programmi di qualità per ragazzi, gli effetti della violenza dei media sui più giovani, ed il supporto
che i media possono fornire alla lotta contro l’HIV o più
genericamente all’educazione alla salute e alla genitorialità
consapevole.
A riguardo di quest’ultimo aspetto sono state proprio le
realtà africane ad evidenziare come la media education1
possa assumere il ruolo di “instruments of social development” cioè mezzo di sviluppo e supporto alle comunità.
Nell’ambito del “Media and children world summit”, ma
parallelamente alle attività indirizzate ai ricercatori e agli
esperti del settore media, si è svolto il “Children’s summit”
che ha accolto 300 ragazzi tra i tredici e i sedici anni provenienti da tutto il mondo, non come semplici spettatori, ma
come protagonisti attivi capaci di trasmettere testimonianze, idee ed entusiasmo.
I ragazzi sono stati impegnati in laboratori radio, internet e
tv e hanno inoltre partecipato a spettacoli e concerti.
Alcuni dei ragazzi del “Children’s Summit” sono stati attivamente coinvolti al South Africa Broadcasting Corporation’s per la realizzazione dei servizi tv e radio trasmessi
sulle reti nazionali.
Alcuni dei prodotti creati possono essere visionati, per
chi non ha potuto partecipare al 5WSMC (acronimo di
World summit media and children), all’indirizzo internet
www.5wsmc.com.
Il lavoro di anni, da parte dell’équipe organizzativa, ha infine consentito il funzionamento di una macchina grande e
complessa quale è un summit internazionale.
I colori degli abiti, le lingue e le culture dei partecipanti
hanno fatto il resto trasformando un convegno in un evento, un congresso in un incontro e un’occasione di confronto in un progetto di lavoro comune.
Alessia Rosa
NOTE
1 - Per un approfondimento sulle tematiche relative alla media education si veda: L. Masterman, A scuola di media, La Scuola, Brescia
1994. Oppure P.C. Rivoltella, Media e education. Fondamenti didattici e prospettive di ricerca, La Scuola, Brescia 2005.
A revolution for Africa
in Venice
For those of us who have been passionately following,
producing, and promoting contemporary African art for
the last two decades, especially in a country like Italy
(with no real interest in the field until very recently), the
52nd Venice Biennial is a kind of vindication for Africa’s
independence from a white, Euro-centric control. No one
could have foreseen this kind of major change in structure
even two years ago.
All this is due, of course, to Rob Storr’s desire to put Africa
on the map this year in Venice. An artist himself (many
do not know his background as an abstract painter before
a stellar career as curator and teacher), Storr sees things
differently from the rest of us. This could be part of the
reason that he listens to artists and their advice has been
essential to this 2007 biennial. Another reason is that Storr
is the first curator to have visited Africa in preparation
for his insistence on the representation of the continent
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AeM 59 giugno 07