origine storica verde pubblico
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origine storica verde pubblico
> VERDE URBANO < L’origine del giardino pubblic pensiero fino ai giorni nostri Interessante carrellata tra i primi giardini pubblici dei principali capoluoghi italiani realizzati tra la seconda metà del settecento e i primi dell’ottocento che segnarono non solo la nascita dei primi parchi aperti al pubblico ma anche evoluzione del tessuto urbano attorno a loro. di Stefano Mengoli Docente di analisi e progettazione del verde urbano Borgo medioevale all'interno del Parco del Valentino, Torino. Pag. 64 • Lineaverde Marzo 2008 uriosamente, in un ideale percorso storico di ricerca del giardino pubblico in Italia, che l’attraversa da Nord a Sud, e si sofferma sui capoluoghi di regione, si trovano tracce spesso tra loro concordanti per definire forma e funzioni che furono all’origine della nascita di giardini e parchi pubblici nella società italiana, e di come questi poi hanno concorso nel favorire e rendere sistema una presenza del verde nel tessuto urbano. A Torino, il primo giardino pubblico è stato introdotto durante gli anni di governo francese: i grandi lavori di trasformazione urbana, conseguenti alla demolizione delle fortificazioni operate all’inizio dell’ottocento per C volere di Napoleone Buonaparte, innescarono un processo di trasformazione che arriverà alla realizzazione di un grande parco pubblico solo verso la metà del secolo, anticipato solo dalla realizzazione delle promenades publiques (sistema di viali alberati intorno alla città) e da quattro grande piazze allestite alle porte della città. E’ infatti con il Parco del Valentino, situato lungo le sponde del fiume Po nell'area dell'omonimo castello, e in quella dell'Orto Botanico della Regia Università, che nasce a Torino il concetto di giardino pubblico di matrice illuminista, con un impianto destinato al diletto della comunità torinese; ideato da P. B. Kettmann, vincitore di un concorso di idee bandito nel 1854, il Parco del Valentino è stato avversato da molte difficoltà, in relazione ai tempi impiegati per l’acquisizione dei terreni; successivamente fu poi ampliato e sul finire dell’800 diventerà sede di esposizioni nazionali. La realizzazione del Parco del Valentino non fu isolata e vide la contingenza, nel 1861, di una città impegnata a migliorare il decoro: vennero progettati una serie di opere di abbellimento, come squares e giardini, di cui solo in parte furono realizzati: lo square di piazza Carlo Felice, lo square Lamarmora (posto sull'attuale via Cer- co in Italia e l’evoluzione del Un'immagine dei Giardini Publblici di Milano. naia) e l'ampliamento del Parco del Valentino, che portò ad una revisione generale del progetto originario; i progetti furono affidati ai progettisti francesi allora impegnati nei Grands Travaux di Parigi diretti dal prefetto G. E. Haussmann, come l'ingegnere capo del Service Promenades et Plantations de la ville de Paris, Jean-Charles Adolphe Alphand, e collaboratori fidati tra i quali il giardiniere-paesaggista Jean-Pierre Barillet Deschamps. A Milano, con alterne vicende legate al susseguirsi dei domini austro-ungarico e francese, si deve al governo di Giuseppe II, dopo la morte di Maria Teresa, di dotare Milano, come Vienna, di un Giardino pubblico, oltre a scuole pubbliche e una biblioteca pubblica (Brera). Fu incaricato del progetto il Piermarini, e la scelta ricadde sulla Porta Orientale, dove già nel 1770 lo stesso architetto ideò la residenza in città dell’arciduca Ferdinando, giovane figlio di Maria Teresa, divenuto il nuovo governatore di un rinnovato ducato che univa i possedimenti di Milano e di Mantova. Il progetto, che venne approvato il 29 novembre 1783, comprendeva un sistema di percorsi alberati raccordati tra loro che dovevano permettere di alternare il passeggio a cavallo o in carrozza con il passeggio a piedi; i giardini, dotati al loro interno di una bottiglieria e di un campo da calcio, vennero collegati ai Bastioni attraverso una gradinata, e gran parte del perimetro venne chiuso da un’elegante cancellata, retta da pilastri sormontati da grandi vasi; tra il 1787 e il 1788, vennero poi realizzati i Boschetti, sempre su idea del Piermarini, impiantati per espandere l’area dei nuovi giardini e su due serie di cinque file di alberi allineati secondo il sesto geometrico tradizionale. La scelta delle essenze ricadde sui tigli, olmi e castagne d’india, e al bordo venne impiantata una siepe di biancospini. Nel 1846, il Comune acquistò la proprietà Vimercati, confinante »» Pag. 65 • Lineaverde Marzo 2008 > VERDE URBANO < Parco delle cascine, anfiteatro, Firenze. con i giardini ideati del Pieramarini, e dette incarico all’ing. Balzaretto di ampliare i giardini, oltre che di recuperare palazzo Dugnani destinandolo come sede del nuovo Museo di storia naturale. Il nuovo giardino risentì degli influssi della moda del tempo: venne ideato un giardino all’inglese ma senza collocare rovine o templi di richiamo romantico, ma bensì spazi a scomparti simmetrici con aiuole di fiori in rilievo, seguendo l’influsso vittoriano del tempo nel campo del giardinaggio. Il progetto del Balzaretto fu approvato il 14 febbraio 1857, e i lavori videro la conclusione nel 1862, proprio in occasione di grandi feste per la nuova amministrazione sabauda che soppiantò quella austriaca; il lavoro del Balzaretto fu molto apprezzato, poiché al posto di tempietti e rovine, venne costruito il Monte Merlo con il Caffè (in sostituzione della vecchia bottiglieria), la Rotonda per la musica, ed un corso d’acqua che attraversava tutto il giardino e si allargava sotto il monte lasciando il posto a un isolotto (con sistemata la statua di Carlo Porta). La presenza del Museo di storia naturale inoltre suggerì poi l’insediamento di “attrazioni animali”: le Voliere, Pag. 66 • Lineaverde Marzo 2008 la Casa della giraffa, il Chiuso dei cervi e delle scimmie. I giardini divennero così una vera attrazione per la città, e le nuove idee dell’igiene spinserò i genitori a portare i bambini il più possibile a contatto con le piante e al passeggio in quei luoghi che erano stati di appannaggio esclusivo degli adulti. E a Milano si trova un “parco urbano” posto nel cuore della città: il Parco Sempione fu realizzato, utilizzando l’area dell’antico giardino e del parco di caccia del Castello Sforzesco, tra il 1890 e il 1894, su progetto dell’architetto Emilio Alemagna. Un parco che venne concepito all’inglese, con corsi d’acqua a tracciato libero, alberi raggruppati ad imitazione della natura, lievi alture artificiali, e fu funzionale a mettere in comunicazio- ne due momenti storici di Milano: quello visconteo-sforzesco (13001500), legato al Castello, e quello napoleonico e del regno italico (1800-1815) rappresentato dai progetti del foro, dall’Arena e dall’Arco Sempione. Le Cascine rappresentano ancor’oggi, grazie ad un’estensione di circa 118 ettari, il più grande parco pubblico di Firenze, completamente in affaccio sul fiume Arno. In origine era una vasta tenuta agricola, di proprietà di Alessandro e Cosimo I de' Medici, destinata a riserva di caccia e all'allevamento dei bovini1. Con il passaggio del Granducato alla famiglia Lorena, le Cascine, nonostante avessero ancora un carattere rurale, vennero sempre più utilizzate come parco e venivano aperte al pubblico in occasione di particolari ricorrenze. Si devono a Giuseppe Manetti (1786) i primi importanti lavori di trasformazione: l’area si arricchii di arredi e di una serie di architetture, tra le quali la Palazzina reale, l'abbeveratoio del Quercione, detto Fontana delle boccacce, la piramide con funzione di ghiacciaia (oggi deposito degli attrezzi dei giardinieri) e le due pavoniere, dette in origine fagianiere, a »» Le sistemazioni paesaggistiche del giardino pubblico di Trieste, luogo legato al romanzo “la coscienza di Zeno”, furono concepite secondo la moda d’oltremanica che privilegiava i parterre alberati e i percorsi ondulati con ben 368 esemplari arborei di pregio. > VERDE URBANO < forma di tempietti neoclassici che costituivano due gabbie per uccelli. Il Parco veniva usato come luogo di feste della cittadinanza, e allo stesso Manetti fu dato il compito di organizzarle, come quelle particolarmente grandiose realizzate in occasione dell'insediamento di Ferdinando (1791). Ed è con Elisa Baiocchi, durante il dominio napoleonico, che le Cascine divennero un vero e proprio parco pubblico; un ruolo consolidatosi nel corso dell'Ottocento, con il susseguirsi di lavori di ampliamento e sistemazione, e con il 1869 allorché il comune di Firenze acquistò definitivamente il Parco delle Cascine. La realizzazione del giardino pubblico di Trieste (1854-1864) si deve a Muzio de Tommasini, podestà di Trieste, nome che identifica ancor’oggi questo giardino. Conosciuto fin dall’origine come il giardino pubblico di Trieste (estensione 3 ha), fu luogo legato al romanzo “La coscienza di Zeno” dello scrittore Italo Svevo, e venne realizzato su terreni acquistati dal comune dal vicino monastero di monache benedettine. Le sistemazioni paesaggistiche furono concepite secondo la moda d’oltremanica, che privilegiava i parterre alberati e i percorsi ondulati (il giardino venne dotato di ben 7 ingressi), con ben 368 esemplari arborei di pregio. Un ricco corredo botanico, nel quale si segnalano platani, olmi, ippocastani e querce, accompagnati da specie esotiche quali cedri, araucaria, ginkgo e koelreuteria, dislocati intorno ad un laghetto tratteggiato da bordure arbustive, e che ombreggiano l’edificio già destinato a caffetteria, il gazebo per i concerti, e i tradizionali giochi dell'Oca e del Portone disegnati sulla pavimentazione. I giardini di Villa Borghese a Roma furono invece a lungo informalPag. 68 • Lineaverde Marzo 2008 mente aperti al pubblico, seppure l’intero complesso monumentale fu acquistato dal comune di Roma nel 1901 ed aperti al pubblico il 12 luglio 1903. Realizzati su volere del cardinale Scipione Borghese, questi affidò la realizzazione della villa a due architetti, Flaminio Ponzio (1560-1613) e Giovanni Vasanzio (1550-1665), affiancati dal giardiniere Domenico Savini da Montepulciano per la progettazione dei giardini; e dal 1606, anno di inizio dei lavori, al 1633, anno di completamento della villa, i lavori di sistemazione si susseguono con la par- dagli architetti Antonio e Mario Asprucci, e numerosi artisti, giardinieri, paesaggisti lavorarono sul parco arricchendolo di arredi nei giardini: fontane e piccole fabbriche, quali la Mostra dell'Aqua Felix, la fontana dei Cavalli Marini, il Tempio di Diana, il Tempio di Antonino e Faustina e il Tempio di Esculapio dotarono poi il parco di nuovi e suggestivi scorci prospettici. Nell’ottocento, sotto il magistero di Camillo (1775-1832), figlio del principe Marcantonio IV, si avviò l’ampliamento con le nuove acquisizioni di Villa Giustiniani verso Le Cascine rappresentano ancor’oggi rappresentano il più grande parco pubblico di Firenze con un’estensione di circa 118 ettari, completamente in affaccio sul fiume Arno. tecipazione di Pietro e Gian Lorenzo Bernini. Il grande parco di villa Borghese, esteso centinai di ettari, seppure si tratti di un parco storico per secoli rimasto privato, ha per ubicazione e modi d’uso interpretato per la città di Roma il ruolo di parco pubblico; un parco che contiene al suo interno giardini segreti (Casino nobile, Uccelliera), molti giardini ornati da fontane e laghetti (Giardino del Lago con Tempio di Esculapio, Giardino Piazzale Scipione Borghese), statue e arredi antichi, boschetti e aree un tempo riservate alla caccia (Parco dei Daini), alternati a spazi formali ed ordinati al paesaggio naturale e selvaggio (Valle dei Platani). Un parco che è stato soggetto a diverse opere di ammodernamento conseguenti agli stili del tempo; nel settecento l'intervento di maggiore rilievo fu la realizzazione del Giardino del Lago, nella zona denominata "piano dei licini" (lecci), ideata Porta del Popolo e le Ville già Pamphili e Manfroni verso Porta Pinciana. Un parco che nell’ottocento fu sede di manifestazioni spettacolari e feste popolari, e dove era consuetudine che fosse aperto al pubblico per il passeggio festivo; e dove, a partire dalla seconda metà del secolo, dopo gli ingenti lavori di ricostruzione promossi dal principe Marcantonio V, furono inseriti ingressi a pagamento per gli svaghi offerti al pubblico: un piccolo serraglio al Giardino del Lago, un velodromo a piazza di Siena, gite in barca sul lago, tiro al piccione al Parco dei Daini, ristorante al Casino dell'Orologio e servizio bar (latte e panna con cialde) alla Casina delle Rose, allora adibita a Vaccheria. A Roma, sempre nell’ottocento, venne poi portata a compimento (1811-1823) la passeggiata del Pincio, che per tutto il corso dell'Otto- »» > VERDE URBANO < cento, e nei primi anni del Novecento, è stata assoggettata a molteplici interventi di recupero del verde conseguenti all’abbandono e al degrado dell’area. Nonostante la ridotta ampiezza, e il disturbo arrecato dai ripetuti interventi, la passeggiata del Pincio ha rappresentato per Roma, fino alla metà del Novecento, il vero e proprio parco cittadino, una promenade urbana ed il giardino del popolo dove assistere a eventi e spettacoli per oltre due secoli; dalle girandole pirotecniche ai concerti della banda musicale. Giardini di villa Borghese, e la passeggiata del Pincio, che ancora oggi sono meta di promenade, e che richiamano un’altra frequentazione da parte dei romani e dei turisti. Tralasciando il maestoso impianto della Reggia di Caserta, con le relative considerazioni legate all’impronta che il parco ha lasciato sul tessuto urbano della città, un importante riferimento dell’epopea barocca in giardineria, nel sud Italia, è rappresentato dai giardini pubblici (la villa comunale) di Napoli. Questi furono realizzati su volere del Re Ferdinando IV di Borbone, il quale incaricò l’architetto L. Vanvitelli ed il giardiniere F. AbaVilla Borghese: l'ingresso monumentale su piazzale Flaminio, Roma. te, di sistemare l’area che oggi si estende tra Piazza della Repubblica e Piazza Vittoria. Il giardino prese origine dalla trasformazione di un impianto arboreo seicentesco preesistente, piantato a lecci, pini, palme, eucalipti e sorse, nel 1780, come un grande giardino-passeggiata pubblico (seppure per molto tempo limitato all’uso dei soli nobili) che venne reso monumentale per la realizzazione di viali, di aiuole, dall’allestimento di statue2, fontane (ben 13), ed una cassa armonica in ghisa e vetro. Mentre è circa nella metà dell'Ottocento che il Comune di Catania acquistò la villa della famiglia Paternò Castello per realizzarvi un parco pubblico. Ampliato da successivi acquisti di terreno, il parco comunale di Villa Bellini (superficie circa 7 ha) nacque con il preciso scopo di realizzare un luogo di delizie, riccamente corredato da vegetazione rigogliosa3 e da fontane, e destinato alla cittadinanza catanese. Curiosamente, già una guida di Catania edita nel 1899, riporta, nel descrivere il giardino fin da allora molto apprezzato dal pubblico, come “Il Giardino Bellini è il ritrovo più simpatico e ameno della città. La sua posizione è incantevole. Da due collinette, che si ergono nel centro e che sono divise da un ampio piazzale, si domina buona parte della città, la distesa del mare e lo spettacolo maestoso dell'Etna. Per questa diversità di panorami che offre, il Giardino di Catania è considerato come uno dei migliori d'Europa. Chi guarda da una delle due colline, prova le stesse impressioni di chi sta a guardare Roma dalla spianata del Pincio o Firenze dal piazzale Michelangelo. I viali di questo giardino sono diversi e tortuosi, fittamente ombreggiati e tracciati tanto sul pendio delle due collinette, come nei punti piani della villa. Diversi ponticelli, costruiti con vera eleganza, i sottopassaggi, un tunnel, le aiuole fiorite, i praticelli erbosi e ricchi di ogni specie di fiori, la fontana, il piazzale che divide le due colline, tutto si fonde per trasformare questo meraviglioso giardino in un luogo di delizie. Nell'estate vi si godono pomeriggi freschi, col riparo degli alti ed ombrosi alberi: meravigliosi tramonti per la calda orientale vivacità dei loro riflessi; le serate si passano deliziosamente, quando sciami di signore popolano la villa illuminata fantasticamente e riccamente". Sempre in Sicilia, il giardino pubblico di Villa Giulia o Villa del Popolo, detta "La Flora", fu realizzato lungo la marina di Palermo nel 1777 – 1779 su progetto di Nicolò Palma4, poi modificato in Bibliografia vari periodi (1787-1788, 1800-1820, 1836-1845, 1900-1951) che ne hanno profondamente cambiato l’originale impianto di gusto rinascimentale. La forma in origine infatti prevedeva l’uso del quadrato, con un perimetro di circa 1000 metri, orientato secondo gli assi della città, e al suo interno, ruotato di 45 gradi, era tracciato un secondo quadrato i cui spigoli corrispondevano con i quattro ingressi collocati a metà del lato del precedente quadrato: i lati del secondo quadrato venivano intersecati da una circonferenza, la quale rappresentava una passeggiata ad andamento circolare. I percorsi erano sottolineati da alberi, e in origine si ritrovavano gallerie vegetali di melangolo, alberature di pioppi e olmi: la magnificenza del componimento vegetale venne sottolineato dal Goethe (1787), il quale lo descrisse “(…) E' il luogo più stupendo del mondo. Nonostante la regolarità del suo disegno, ha un che di fatato (…) Il verde di tutte queste piante ha qualcosa di affatto insolito: in confronto al nostro, a volte tende più al giallo, altre volte più al turchino (…) Ma ciò che dava all'insieme un fascino eccezionale era un'intensa vaporosità che si stendeva uniforme su ogni cosa". A causa dell’influenze romantiche successivamente il giardino subì una profonda trasformazione: sparirono il melangolo (l'arancio amaro) e i pioppi, e al loro posto comparvero le Washingtonie e i Ficus; furono modificati le porzioni di parterres ritagliate dai viali, e inseriti arredi romantici tipici quali laghetti, montagnole artificiali con finte rovine, ponticelli, sepolcreti, gabbie con animali, ecc. Un giardino, quello di Villa Giulia, che oltre a suscitare interesse per il grande uso della simbologia nel disegnare le scenografie di verde, ha di fatto _Bignami Sormani, E.- Alemagna, E., Giardini pubblici in Milano tecnica, Milano, Hoepli 1885 [Rist. 1988] _M. Conti, A. Scanzani, Le Cascine di Firenze. Ombre e meraviglie di un parco, Firenze, Edizioni Medicea, 1991. _AA.VV., Enciclopedia di Catania, Catania 1987. _Vercelloni V., Atlante storico dell’idea del Giardino Europeo, Jaca Book _Ghersi A. Sessarego A. , 1995, Atti del Seminario “Sistema del verdeEcosistema Urbano”, Alinea, Genova _Panerai P., 2001, Analyse urbane, Editions Parenthèses Consultazione siti: _Comune di Torino, servizio verde pubblico _Comune di Palermo, servizio verde pubblico _Comune di Trieste, servizio verde pubblico _Comune di Napoli, rete civica _Comune di Roma, rete civica _Osservatorio città sostenibili, Politecnico di Torino _Ajuntamento de Barcelona, da sito ufficiale Istitut Parc i Jardins _Città di Lione rappresentato uno dei primi esempi di realizzazione di area a verde pubblica destinata alla riqualificazione della pianta urbana, e l’organizzazione originale della struttura del giardino è un chiaro indizio di una volontà prederminata di voler collegare il giardino alla città, riproponendo al suo interno la “quadratura” di Palermo. ■ Note al testo Il nome Cascina deriva dal cerchio di faggio in uso all’epoca per premere il latte rappreso e produrre formaggio 2 Vi lavorano, tra gli altri, artisti come Enrico Alvino e Michelangelo Naccherino. 3 Nel corredo botanico del parco, si distingue la ricca collezione di palmizi (Chamaerops humilis, Phoenix canariensis, Ph. reclinata, Livistona chinensis, L. australis, Washingtonia filifera, W. robusta, Erythea armata, Trachycarpus fortunei, Howea forsteriana, Cycas sp., Dracena sp., Cordyline sp., Yucca sp.); e una ricca presenza di specie esotiche, la cui introduzione è legata all’uso come giardino di acclimatazione, e tra 1 le quali Schinus mollis, varie specie di Ficus (F. magnolioides, F. microcarpa, F. elastica), Chorisia speciosa, varie specie di Araucaria (A. heterophylla, A. bidwillii,, A. columnaris A. cunninghamii), Erytrina crista-galli, Brachichiton acerifolius, Grevillea rosmarinifolia, Phytolacca dioica. 4 Il giardino comunale (o villa pubblica, usando un termine regionale) di Palermo fu realizzato per volontà del pretore D. Antonino M. la Grua Talamanca e Branciforte (marchese di Regalmici dei principi Carini), e su disegno del sacerdote Nicolò Palma, architetto del senato palermitano; i lavori ebbero inizio nella primavera del 1777. Considerato, come datazione, il primo giardino pubblico della penisola italiana, gli fu dato il nome di Villa Giulia in onore di Giulia Avalos, moglie del viceré Marco Antonio Colonna, principe di Stigliano; mentre il termine di "Villa del Popolo" gli deriva dall’uso popolare, in quanto “…quest'opera essere graditissima allo stesso popolo essendo divenuta uno dei primi ornamenti della città …" (Marchese di Villabianca). Pag. 71 • Lineaverde Marzo 2008