origine storica verde pubblico

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origine storica verde pubblico
> VERDE URBANO <
L’origine del giardino pubblic
pensiero fino ai giorni nostri
Interessante carrellata tra i primi giardini pubblici dei principali capoluoghi italiani realizzati tra la seconda metà del settecento e i primi dell’ottocento che segnarono non solo la nascita dei primi parchi aperti al pubblico ma anche evoluzione del tessuto urbano attorno a loro.
di Stefano Mengoli
Docente di analisi e progettazione
del verde urbano
Borgo medioevale all'interno
del Parco del Valentino, Torino.
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uriosamente, in un ideale percorso storico di ricerca del giardino pubblico in Italia, che
l’attraversa da Nord a Sud, e si sofferma sui capoluoghi di regione, si
trovano tracce spesso tra loro concordanti per definire forma e funzioni che furono all’origine della nascita
di giardini e parchi pubblici nella società italiana, e di come questi poi
hanno concorso nel favorire e rendere sistema una presenza del verde
nel tessuto urbano. A Torino, il primo giardino pubblico è stato introdotto durante gli anni di governo
francese: i grandi lavori di trasformazione urbana, conseguenti alla
demolizione delle fortificazioni
operate all’inizio dell’ottocento per
C
volere di Napoleone Buonaparte,
innescarono un processo di trasformazione che arriverà alla realizzazione di un grande parco pubblico solo verso la metà del secolo, anticipato solo dalla realizzazione delle promenades publiques
(sistema di viali alberati intorno alla città) e da quattro grande piazze
allestite alle porte della città. E’ infatti con il Parco del Valentino, situato lungo le sponde del fiume Po
nell'area dell'omonimo castello, e
in quella dell'Orto Botanico della
Regia Università, che nasce a Torino il concetto di giardino pubblico
di matrice illuminista, con un impianto destinato al diletto della comunità torinese; ideato da P. B.
Kettmann, vincitore di un concorso di idee bandito nel 1854, il Parco del Valentino è stato avversato
da molte difficoltà, in relazione ai
tempi impiegati per l’acquisizione
dei terreni; successivamente fu poi
ampliato e sul finire dell’800 diventerà sede di esposizioni nazionali.
La realizzazione del Parco del Valentino non fu isolata e vide la contingenza, nel 1861, di una città impegnata a migliorare il decoro:
vennero progettati una serie di
opere di abbellimento, come squares e giardini, di cui solo in parte
furono realizzati: lo square di piazza Carlo Felice, lo square Lamarmora (posto sull'attuale via Cer-
co in Italia e l’evoluzione del
Un'immagine dei Giardini Publblici
di Milano.
naia) e l'ampliamento del Parco
del Valentino, che portò ad una revisione generale del progetto originario; i progetti furono affidati ai
progettisti francesi allora impegnati nei Grands Travaux di Parigi
diretti dal prefetto G. E. Haussmann, come l'ingegnere capo del
Service Promenades et Plantations
de la ville de Paris, Jean-Charles
Adolphe Alphand, e collaboratori
fidati tra i quali il giardiniere-paesaggista Jean-Pierre Barillet Deschamps. A Milano, con alterne vicende legate al susseguirsi dei domini austro-ungarico e francese, si
deve al governo di Giuseppe II,
dopo la morte di Maria Teresa, di
dotare Milano, come Vienna, di un
Giardino pubblico, oltre a scuole
pubbliche e una biblioteca pubblica (Brera). Fu incaricato del progetto il Piermarini, e la scelta ricadde sulla Porta Orientale, dove
già nel 1770 lo stesso architetto
ideò la residenza in città dell’arciduca Ferdinando, giovane figlio di
Maria Teresa, divenuto il nuovo
governatore di un rinnovato ducato che univa i possedimenti di Milano e di Mantova. Il progetto, che
venne approvato il 29 novembre
1783, comprendeva un sistema di
percorsi alberati raccordati tra loro
che dovevano permettere di alternare il passeggio a cavallo o in carrozza con il passeggio a piedi; i
giardini, dotati al loro interno di
una bottiglieria e di un campo da
calcio, vennero collegati ai Bastioni attraverso una gradinata, e gran
parte del perimetro venne chiuso
da un’elegante cancellata, retta da
pilastri sormontati da grandi vasi;
tra il 1787 e il 1788, vennero poi
realizzati i Boschetti, sempre su
idea del Piermarini, impiantati per
espandere l’area dei nuovi giardini
e su due serie di cinque file di alberi allineati secondo il sesto geometrico tradizionale. La scelta delle essenze ricadde sui tigli, olmi e
castagne d’india, e al bordo venne
impiantata una siepe di biancospini. Nel 1846, il Comune acquistò la
proprietà Vimercati, confinante
»»
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Parco delle cascine, anfiteatro, Firenze.
con i giardini ideati del Pieramarini, e dette incarico all’ing. Balzaretto di ampliare i giardini, oltre che
di recuperare palazzo Dugnani destinandolo come sede del nuovo
Museo di storia naturale. Il nuovo
giardino risentì degli influssi della
moda del tempo: venne ideato un
giardino all’inglese ma senza collocare rovine o templi di richiamo
romantico, ma bensì spazi a scomparti simmetrici con aiuole di fiori
in rilievo, seguendo l’influsso vittoriano del tempo nel campo del
giardinaggio. Il progetto del Balzaretto fu approvato il 14 febbraio
1857, e i lavori videro la conclusione nel 1862, proprio in occasione
di grandi feste per la nuova amministrazione sabauda che soppiantò
quella austriaca; il lavoro del Balzaretto fu molto apprezzato, poiché al posto di tempietti e rovine,
venne costruito il Monte Merlo con
il Caffè (in sostituzione della vecchia bottiglieria), la Rotonda per la
musica, ed un corso d’acqua che
attraversava tutto il giardino e si
allargava sotto il monte lasciando
il posto a un isolotto (con sistemata la statua di Carlo Porta). La presenza del Museo di storia naturale
inoltre suggerì poi l’insediamento
di “attrazioni animali”: le Voliere,
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la Casa della giraffa, il Chiuso dei
cervi e delle scimmie. I giardini divennero così una vera attrazione
per la città, e le nuove idee dell’igiene spinserò i genitori a portare
i bambini il più possibile a contatto con le piante e al passeggio in
quei luoghi che erano stati di appannaggio esclusivo degli adulti. E
a Milano si trova un “parco urbano” posto nel cuore della città: il
Parco Sempione fu realizzato, utilizzando l’area dell’antico giardino
e del parco di caccia del Castello
Sforzesco, tra il 1890 e il 1894, su
progetto dell’architetto Emilio Alemagna. Un parco che venne concepito all’inglese, con corsi
d’acqua a tracciato libero, alberi
raggruppati ad imitazione della natura, lievi alture artificiali, e fu funzionale a mettere in comunicazio-
ne due momenti storici di Milano:
quello visconteo-sforzesco (13001500), legato al Castello, e quello
napoleonico e del regno italico
(1800-1815) rappresentato dai progetti del foro, dall’Arena e dall’Arco Sempione.
Le Cascine rappresentano ancor’oggi, grazie ad un’estensione
di circa 118 ettari, il più grande
parco pubblico di Firenze, completamente in affaccio sul fiume Arno.
In origine era una vasta tenuta
agricola, di proprietà di Alessandro e Cosimo I de' Medici, destinata a riserva di caccia e all'allevamento dei bovini1. Con il passaggio del Granducato alla famiglia
Lorena, le Cascine, nonostante
avessero ancora un carattere rurale, vennero sempre più utilizzate
come parco e venivano aperte al
pubblico in occasione di particolari ricorrenze. Si devono a Giuseppe Manetti (1786) i primi importanti lavori di trasformazione: l’area si
arricchii di arredi e di una serie di
architetture, tra le quali la Palazzina reale, l'abbeveratoio del Quercione, detto Fontana delle boccacce, la piramide con funzione di
ghiacciaia (oggi deposito degli attrezzi dei giardinieri) e le due pavoniere, dette in origine fagianiere, a
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Le sistemazioni paesaggistiche del
giardino pubblico di Trieste, luogo
legato al romanzo “la coscienza di
Zeno”, furono concepite secondo la
moda d’oltremanica che privilegiava i
parterre alberati e i percorsi ondulati con
ben 368 esemplari arborei di pregio.
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forma di tempietti neoclassici che
costituivano due gabbie per uccelli. Il Parco veniva usato come luogo di feste della cittadinanza, e allo stesso Manetti fu dato il compito di organizzarle, come quelle
particolarmente grandiose realizzate in occasione dell'insediamento di Ferdinando (1791). Ed è con
Elisa Baiocchi, durante il dominio
napoleonico, che le Cascine divennero un vero e proprio parco pubblico; un ruolo consolidatosi nel
corso dell'Ottocento, con il susseguirsi di lavori di ampliamento e
sistemazione, e con il 1869 allorché il comune di Firenze acquistò
definitivamente il Parco delle Cascine. La realizzazione del giardino
pubblico di Trieste (1854-1864) si
deve a Muzio de Tommasini, podestà di Trieste, nome che identifica ancor’oggi questo giardino. Conosciuto fin dall’origine come il
giardino pubblico di Trieste (estensione 3 ha), fu luogo legato al romanzo “La coscienza di Zeno” dello scrittore Italo Svevo, e venne
realizzato su terreni acquistati dal
comune dal vicino monastero di
monache benedettine. Le sistemazioni paesaggistiche furono concepite
secondo
la
moda
d’oltremanica, che privilegiava i
parterre alberati e i percorsi ondulati (il giardino venne dotato di ben
7 ingressi), con ben 368 esemplari
arborei di pregio. Un ricco corredo
botanico, nel quale si segnalano
platani, olmi, ippocastani e querce,
accompagnati da specie esotiche
quali cedri, araucaria, ginkgo e
koelreuteria, dislocati intorno ad
un laghetto tratteggiato da bordure arbustive, e che ombreggiano
l’edificio già destinato a caffetteria,
il gazebo per i concerti, e i tradizionali giochi dell'Oca e del Portone
disegnati sulla pavimentazione.
I giardini di Villa Borghese a Roma
furono invece a lungo informalPag. 68 • Lineaverde Marzo 2008
mente aperti al pubblico, seppure
l’intero complesso monumentale
fu acquistato dal comune di Roma
nel 1901 ed aperti al pubblico il 12
luglio 1903. Realizzati su volere del
cardinale Scipione Borghese, questi affidò la realizzazione della villa
a due architetti, Flaminio Ponzio
(1560-1613) e Giovanni Vasanzio
(1550-1665), affiancati dal giardiniere Domenico Savini da Montepulciano per la progettazione dei
giardini; e dal 1606, anno di inizio
dei lavori, al 1633, anno di completamento della villa, i lavori di sistemazione si susseguono con la par-
dagli architetti Antonio e Mario
Asprucci, e numerosi artisti, giardinieri, paesaggisti lavorarono sul
parco arricchendolo di arredi nei
giardini: fontane e piccole fabbriche, quali la Mostra dell'Aqua Felix, la fontana dei Cavalli Marini, il
Tempio di Diana, il Tempio di Antonino e Faustina e il Tempio di
Esculapio dotarono poi il parco di
nuovi e suggestivi scorci prospettici. Nell’ottocento, sotto il magistero di Camillo (1775-1832), figlio del
principe Marcantonio IV, si avviò
l’ampliamento con le nuove acquisizioni di Villa Giustiniani verso
Le Cascine rappresentano ancor’oggi
rappresentano il più grande parco
pubblico di Firenze con un’estensione
di circa 118 ettari, completamente
in affaccio sul fiume Arno.
tecipazione di Pietro e Gian Lorenzo Bernini. Il grande parco di villa
Borghese, esteso centinai di ettari,
seppure si tratti di un parco storico
per secoli rimasto privato, ha per
ubicazione e modi d’uso interpretato per la città di Roma il ruolo di
parco pubblico; un parco che contiene al suo interno giardini segreti (Casino nobile, Uccelliera), molti
giardini ornati da fontane e laghetti (Giardino del Lago con Tempio di
Esculapio, Giardino Piazzale Scipione Borghese), statue e arredi
antichi, boschetti e aree un tempo
riservate alla caccia (Parco dei Daini), alternati a spazi formali ed ordinati al paesaggio naturale e selvaggio (Valle dei Platani). Un parco
che è stato soggetto a diverse opere di ammodernamento conseguenti agli stili del tempo; nel settecento l'intervento di maggiore rilievo fu la realizzazione del Giardino del Lago, nella zona denominata "piano dei licini" (lecci), ideata
Porta del Popolo e le Ville già
Pamphili e Manfroni verso Porta
Pinciana. Un parco che nell’ottocento fu sede di manifestazioni
spettacolari e feste popolari, e dove era consuetudine che fosse
aperto al pubblico per il passeggio
festivo; e dove, a partire dalla seconda metà del secolo, dopo gli ingenti lavori di ricostruzione promossi dal principe Marcantonio V,
furono inseriti ingressi a pagamento per gli svaghi offerti al pubblico: un piccolo serraglio al Giardino del Lago, un velodromo a
piazza di Siena, gite in barca sul lago, tiro al piccione al Parco dei Daini, ristorante al Casino dell'Orologio e servizio bar (latte e panna
con cialde) alla Casina delle Rose,
allora adibita a Vaccheria.
A Roma, sempre nell’ottocento,
venne poi portata a compimento
(1811-1823) la passeggiata del Pincio, che per tutto il corso dell'Otto-
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cento, e nei primi anni del Novecento, è stata assoggettata a molteplici interventi di recupero del
verde conseguenti all’abbandono
e al degrado dell’area. Nonostante
la ridotta ampiezza, e il disturbo arrecato dai ripetuti interventi, la
passeggiata del Pincio ha rappresentato per Roma, fino alla metà
del Novecento, il vero e proprio
parco cittadino, una promenade
urbana ed il giardino del popolo
dove assistere a eventi e spettacoli per oltre due secoli; dalle girandole pirotecniche ai concerti della
banda musicale. Giardini di villa
Borghese, e la passeggiata del Pincio, che ancora oggi sono meta di
promenade, e che richiamano
un’altra frequentazione da parte
dei romani e dei turisti.
Tralasciando il maestoso impianto
della Reggia di Caserta, con le relative considerazioni legate all’impronta che il parco ha lasciato sul
tessuto urbano della città, un importante riferimento dell’epopea
barocca in giardineria, nel sud Italia, è rappresentato dai giardini
pubblici (la villa comunale) di Napoli. Questi furono realizzati su volere del Re Ferdinando IV di Borbone, il quale incaricò l’architetto
L. Vanvitelli ed il giardiniere F. AbaVilla Borghese: l'ingresso monumentale
su piazzale Flaminio, Roma.
te, di sistemare l’area che oggi si
estende tra Piazza della Repubblica e Piazza Vittoria. Il giardino prese origine dalla trasformazione di
un impianto arboreo seicentesco
preesistente, piantato a lecci, pini,
palme, eucalipti e sorse, nel 1780,
come un grande giardino-passeggiata pubblico (seppure per molto
tempo limitato all’uso dei soli nobili) che venne reso monumentale
per la realizzazione di viali, di aiuole, dall’allestimento di statue2, fontane (ben 13), ed una cassa armonica in ghisa e vetro. Mentre è circa nella metà dell'Ottocento che il
Comune di Catania acquistò la villa della famiglia Paternò Castello
per realizzarvi un parco pubblico.
Ampliato da successivi acquisti di
terreno, il parco comunale di Villa
Bellini (superficie circa 7 ha) nacque con il preciso scopo di realizzare un luogo di delizie, riccamente corredato da vegetazione rigogliosa3 e da fontane, e destinato alla cittadinanza catanese. Curiosamente, già una guida di Catania
edita nel 1899, riporta, nel descrivere il giardino fin da allora molto
apprezzato dal pubblico, come “Il
Giardino Bellini è il ritrovo più simpatico e ameno della città. La sua
posizione è incantevole. Da due
collinette, che si ergono nel centro
e che sono divise da un ampio
piazzale, si domina buona parte
della città, la distesa del mare e lo
spettacolo maestoso dell'Etna. Per
questa diversità di panorami che
offre, il Giardino di Catania è considerato come uno dei migliori
d'Europa. Chi guarda da una delle
due colline, prova le stesse impressioni di chi sta a guardare Roma dalla spianata del Pincio o Firenze dal piazzale Michelangelo. I
viali di questo giardino sono diversi e tortuosi, fittamente ombreggiati e tracciati tanto sul pendio
delle due collinette, come nei punti piani della villa. Diversi ponticelli, costruiti con vera eleganza, i sottopassaggi, un tunnel, le aiuole fiorite, i praticelli erbosi e ricchi di
ogni specie di fiori, la fontana, il
piazzale che divide le due colline,
tutto si fonde per trasformare questo meraviglioso giardino in un
luogo di delizie. Nell'estate vi si
godono pomeriggi freschi, col riparo degli alti ed ombrosi alberi:
meravigliosi tramonti per la calda
orientale vivacità dei loro riflessi;
le serate si passano deliziosamente, quando sciami di signore popolano la villa illuminata fantasticamente e riccamente". Sempre in
Sicilia, il giardino pubblico di Villa
Giulia o Villa del Popolo, detta "La
Flora", fu realizzato lungo la marina di Palermo nel 1777 – 1779
su progetto di Nicolò Palma4, poi modificato in
Bibliografia
vari periodi (1787-1788, 1800-1820,
1836-1845, 1900-1951) che ne hanno profondamente cambiato
l’originale impianto di gusto rinascimentale. La forma in origine infatti prevedeva l’uso del quadrato,
con un perimetro di circa 1000 metri, orientato secondo gli assi della
città, e al suo interno, ruotato di 45
gradi, era tracciato un secondo
quadrato i cui spigoli corrispondevano con i quattro ingressi collocati a metà del lato del precedente
quadrato: i lati del secondo quadrato venivano intersecati da una
circonferenza, la quale rappresentava una passeggiata ad andamento circolare. I percorsi erano
sottolineati da alberi, e in origine si
ritrovavano gallerie vegetali di melangolo, alberature di pioppi e olmi: la magnificenza del componimento vegetale venne sottolineato
dal Goethe (1787), il quale lo descrisse “(…) E' il luogo più stupendo del mondo. Nonostante la regolarità del suo disegno, ha un che
di fatato (…) Il verde di tutte queste
piante ha qualcosa di affatto insolito: in confronto al nostro, a volte
tende più al giallo, altre volte più al
turchino (…) Ma ciò che dava all'insieme un fascino eccezionale
era un'intensa vaporosità che si
stendeva uniforme su ogni cosa".
A causa dell’influenze romantiche
successivamente il giardino subì
una profonda trasformazione: sparirono il melangolo (l'arancio amaro) e i pioppi, e al loro posto comparvero le Washingtonie e i Ficus;
furono modificati le porzioni di
parterres ritagliate dai viali, e inseriti arredi romantici tipici quali laghetti, montagnole artificiali con
finte rovine, ponticelli, sepolcreti,
gabbie con animali, ecc. Un giardino, quello di Villa Giulia, che oltre
a suscitare interesse per il grande
uso della simbologia nel disegnare
le scenografie di verde, ha di fatto
_Bignami Sormani, E.- Alemagna, E., Giardini pubblici in Milano tecnica,
Milano, Hoepli 1885 [Rist. 1988]
_M. Conti, A. Scanzani, Le Cascine di Firenze. Ombre e meraviglie di un
parco, Firenze, Edizioni Medicea, 1991.
_AA.VV., Enciclopedia di Catania, Catania 1987.
_Vercelloni V., Atlante storico dell’idea del Giardino Europeo, Jaca Book
_Ghersi A. Sessarego A. , 1995, Atti del Seminario “Sistema del verdeEcosistema Urbano”, Alinea, Genova
_Panerai P., 2001, Analyse urbane, Editions Parenthèses
Consultazione siti:
_Comune di Torino, servizio verde pubblico
_Comune di Palermo, servizio verde pubblico
_Comune di Trieste, servizio verde pubblico
_Comune di Napoli, rete civica
_Comune di Roma, rete civica
_Osservatorio città sostenibili, Politecnico di Torino
_Ajuntamento de Barcelona, da sito ufficiale Istitut Parc i Jardins
_Città di Lione
rappresentato uno dei primi esempi di realizzazione di area a verde
pubblica destinata alla riqualificazione della pianta urbana, e
l’organizzazione originale della
struttura del giardino è un chiaro
indizio di una volontà prederminata di voler collegare il giardino alla
città, riproponendo al suo interno
la “quadratura” di Palermo. ■
Note al testo
Il nome Cascina deriva dal cerchio di faggio in uso all’epoca per
premere il latte rappreso e produrre formaggio
2
Vi lavorano, tra gli altri, artisti come Enrico Alvino e Michelangelo
Naccherino.
3
Nel corredo botanico del parco,
si distingue la ricca collezione di
palmizi (Chamaerops humilis,
Phoenix canariensis, Ph. reclinata, Livistona chinensis, L. australis, Washingtonia filifera, W. robusta, Erythea armata, Trachycarpus
fortunei, Howea forsteriana, Cycas sp., Dracena sp., Cordyline
sp., Yucca sp.); e una ricca presenza di specie esotiche, la cui introduzione è legata all’uso come
giardino di acclimatazione, e tra
1
le quali Schinus mollis, varie specie di Ficus (F. magnolioides, F.
microcarpa, F. elastica), Chorisia
speciosa, varie specie di Araucaria (A. heterophylla, A. bidwillii,,
A. columnaris A. cunninghamii),
Erytrina crista-galli, Brachichiton
acerifolius, Grevillea rosmarinifolia, Phytolacca dioica.
4
Il giardino comunale (o villa pubblica, usando un termine regionale) di Palermo fu realizzato per volontà del pretore D. Antonino M. la
Grua Talamanca e Branciforte
(marchese di Regalmici dei principi Carini), e su disegno del sacerdote Nicolò Palma, architetto del
senato palermitano; i lavori ebbero inizio nella primavera del 1777.
Considerato, come datazione, il
primo giardino pubblico della penisola italiana, gli fu dato il nome
di Villa Giulia in onore di Giulia
Avalos, moglie del viceré Marco
Antonio Colonna, principe di Stigliano; mentre il termine di "Villa
del Popolo" gli deriva dall’uso popolare, in quanto “…quest'opera
essere graditissima allo stesso popolo essendo divenuta uno dei primi ornamenti della città …" (Marchese di Villabianca).
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