Leggi le poesie degli allievi in gara Sara Basilico e Adele Saita
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Leggi le poesie degli allievi in gara Sara Basilico e Adele Saita
SARA BASILICO (Artistico Fontana) Getto un piatto Per terra, Ci cammino sopra, A piediscalzi, Urlando, gioendo, Di questo dolore Pulsante, alla base Del mio essere, Cio' che mi lega al mondo. Il terreno si impregna Della mia fonta di vita. Urlo, Mentre sei dentro di me. Mentre io nasco, di nuovo, Sulle note di questo Dolore, forse piacere. Ti stringo, forte Le spalle, Uso le unghie Per rimanere coscente Che tutto questo, Questo nulla, Esista davvero. Ti bacio, con forza, Sperando che tu risponda Al bussare incessante Del mio amore, Alla tua corazza Che non riesco a rompere. Ma la distruggero' Con forza Con odio O Con amore, Preferisco l'odio, Piu' facilmente gestibile. Ma la distruggero', Stanne certo. Io ne sono certa. Mi fai male, Ma se smettessi di Essere parte di me, Mi uccideresti. Ma tu sei uscito, Hai lasciato il mio corpo, Mi hai abbandonata, In un angolo Buio, Rannicchiata. Ecco perche' Il mio piacere E' diventato La mia schifosa bara Dove topi affamati Scavano dentro di me Cercando Una qualsiasi Passione rimasta Da sopprimere. *** Non sapevo, Non pensavo, Che amarti, Che guardarti, Che respirare con te, Insieme, In sincrono, Sarebbe stato Tutto... Tutto questo. E' un labirinto Di colori, Accesi, Cupi, Scintillanti. Un'unione Ingarbugliata Come se fossimo Stati uniti Insieme Su di una tavolozza Di gioia, Di dolore, Di pace? Si di pace, Perche' Quando siamo Io e te Che ci guardiamo Che ci cogliamo, Allora posso Dire, per una volta, Che la pace esiste. GABRIELE RATANO (Scientifico Russell) PASSI Il rumore dei miei passi è scandito dal mio umore. Desolato Cammino lentamente con il passo strascicato per le strade del paese che hanno odore di invecchiato. Il rumore dei miei passi è scandito dal mio umore. Solitario Calcio i sassi sulla strada, la ripercorro al contrario, penso a ciò che potrei fare se non fossi in questo acquario. Il rumore dei miei passi è scandito dal mio umore. Rinchiuso Non ho voce, solo bolle, sono un pesce rosso illuso di poter scappare dal luogo in cui ha sempre vissuto. Il rumore dei miei passi è scandito dal mio umore. Innervosito Da un sistema che tarpa le ali a un sognatore incallito e le aggiusta a un bandito travestito da amico Il rumore dei miei passi È scandito dal mio umore. Incazzato Per com'è fatto questo mondo, rompo il vetro esasperato, salto fuori dall'acquario, smetto di esser confinato. Il rumore dei miei passi È scandito dal mio umore. Libero Finalmente, dopo tanto. Son caduto, tutto intero. Mi rialzo, sono vivo. Da domani è un altro cielo. *** SARÀ MICA UNA POESIA A SCUOTERE LE COSCIENZE? Senso di tristezza generale, il nulla mette il dito nella piaga del mio malessere mentale dato dalla consapevolezza di far parte di un mondo in cui tutti sono amici e il primo amico è il primo stronzo. Parlo da apatico antipatico deluso dalla gente e dal suo modo di fare, che fa tutto e non fa niente. Una persona è come un dado a trenta facce, lo usava il mio prof per decidere chi interrogare. Quando ce l'hai davanti hai la tensione a mille perché non sai mai quale faccia possa capitare. Se non ci fosse quest'altro mondo, in cui mi nascondo e mi trasformo, sarei oppresso da parole che vanno urlate alle persone che mi stanno intorno. Il mio corpo urla grazie alla mia voce, dà sfogo alla sua rabbia stando fermo, perché il dolore è sempre di più atroce quando tieni tutto ciò che pensi dentro. E condanno i professori che non danno spazio all'estro, tra i ragazzi ce n'è sempre uno che sente di essere diverso, e invece di aiutarlo a ritrovare un po' se stesso lo gonfiano di giudizi e al primo voto è già malmesso. Condanno quei genitori che tarpano le ali al figlio: "Non puoi fare quella scuola, decido io che è meglio" "Non puoi fare questo sport, scelgo io, te lo consiglio", poi il figlio fa quello che vuole e si distrugge in cerca di un appiglio, in cerca di un sostegno non datogli da chi ne ha l'impegno. Madri, padri, di tutto il mondo, lasciate i vostri figli liberi di coltivare un sogno. E condanno questo mondo, schiavo dell'interesse, dove fai quello che vuoi solo se fai quello che serve; finta libertà rinchiusa dentro una televisione mostra belle facce e non racconta del terrore. Fuori da queste mura immaginarie c'è chi soffre dei conflitti e non ha pane da mangiare, né vestiti da indossare, e non è libero neanche di parlare. E noi che: "Mamma, non mi piace questa maglia, vammela a cambiare!", "Che schifo hai cucinato, io stasera non ho fame!", "Che scuola di merda, non ho voglia di studiare!". Parliamo troppo a sproposito, senza pensare. Oppure pensiamo più del solito, ma senza parlare, che è anche peggio: avere la possibilità di esprimere un'opinione e non farlo è come avere in mano un arco ma senza scagliare un dardo. E poi, condanno me, italiano, giudicatore persistente, che parla della gente, però si estromette sempre. Siamo bravi a puntare il dito contro le apparenze, ma un po' meno ad ascoltare ciò che l'apparenza ha in mente. E allora litighiamo, discutiamo di scemenze, che tanto alla fine è ognuno di noi che ci rimette. Ma poi, tutto questo a cosa serve? Sarà mica una poesia a scuotere le coscienze? ADELE SAITA (Artistico Fontana) Accezione Sento i tuoi occhi stanchi, da quant'è che non dormi? I capillari dei tuoi bulbi sono rossi e gonfi, da quant'è che non chiudi gli occhi? Sembra che tu, Sembra che tu non li abbia ancora chiusi. Ma è impossibile, è senza dubbio impossibile. Dimmi che sto sbagliando, dimmi che non hai visto altro. I tuoi occhi avranno senz'altro ceduto alla rassicurante tenebra, avranno deciso di non guardare, di spegnersi per non bruciare. Non avrai resistito al crollo, non hai resistito a ciò che non hai fatto, alla tua figura da porco da ingrasso, al tuo cuore mangiato da un fesso, al fallimento nato e lì messo. Dimmi che non sei stato un non riuscito e che non ti sei guardato allo specchio! Dimmi che la tua anima si è corrotta, si è distorta e che è morta. Tu, con i tuoi occhi da maledetto! Ma va bene, mi sta bene, posso farcela. Li senti ancora i tuoi occhi? -------------Voi Mi affaccio alla finestra, guardo annoiata la gente, che sempre annoiata, cammina per strada. Sento parole stanche, gesti stanchi, stanchezze stancanti. Tanto quanto me, tanto come me. Ma è un attimo. La finestra socchiusa si apre di colpo. Un forte vento si riversa sulla stanza come un torrente in piena, mi travolge, mi scuote i capelli, mi entra in testa! Guardo dalla finestra il cielo azzurro ed è così bello, ma così distante. La stancante chimera si fa sottile, come un' ombra spaventata dal sole scompare. E quel cielo tanto azzurro si fa un po' più vicino. Ma dov'è esattamente andato quell'attimo di qualche attimo fa? Quello in cui ho iniziato a smettere di pensare, in cui ho iniziato a smettere di accorgermi della mia vita. E dove sono finiti i miei desideri? Quell'ardente passione che mi sbranava con i suoi denti famelici. Ma come avevo intenzione di vivere? Come avete intenzione di vivere? Dico a voi! Dico a voi gente per strada! Siete nella mia stessa situazione, quindi non guardatemi con quegli occhi pieni di compassione! Perché io vi guardo con occhi pieni di amarezza, anzi potrei dirvi che non vi guardo affatto tanto è flebile la vostra immagine, tanto è flebile il ricordo della volta in cui eravate vivi! Ma è un attimo, un attimo un po' più lento. La brezza scivola via dalla stanza, il mio fervore si acquieta. Tutto questo non ha importanza, ma certo che non ha importanza. La nostra è una vita stanca? Che sia più stanca dunque! Scorro il dito sopra il vetro, sento il cielo in lontananza, ma no, neanche questo, ha importanza.