Conflict emeralds

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Conflict emeralds
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Smeraldi della Colombia
cronaca di una guerra annunciata
di Paolo Minieri* e Alberto Scarani**
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Sabato 4 luglio 2009. Scena holliwoodiana di straordinario impatto spettacolare.
Proprio come in un film un furgone carico di carburante esplode al passaggio di
un convoglio di autovetture. Ne segue un
vero attacco in un assordante boato di granate. Ma non è un set con esperti stuntman e non siamo negli studios: questa è
la realtà, questa è El Meta in Colombia. E
il personaggio sotto tiro non è un attore
ma Victor Carranza, sopranominato “el
viejo” o “lo zar degli smeraldi”, un signore di 73 anni che domina da decenni la
scena produttiva e distributiva della preziosa gemma. Ha fama di vero boss senza
scrupoli e su di lui gravano sostanziosi
sospetti di operare oltre il confine della
legalità. La vettura blindata lo protegge,
l’autista effettua una manovra spericolata
deviando in un fossato, si risponde al
fuoco. Due delle sue guardie del corpo
perdono la vita tra le lamiere ma lui si salva
miracolosamente. “ El viejo” il giorno
dopo già brinda allo scampato pericolo in
una delle sue “fincas”.
I giornali colombiani danno subito
grande risalto all’evento e il lunedì 6 luglio
tra gli esmeralderos del centro di Bogotà
si percepisce tensione. Gli addetti ai lavori hanno pochi dubbi: sta per ricominciare la guerra degli smeraldi, la lunga e sanguinosa faida tra gruppi rivali. Il fatto che
Carranza sia rimasto illeso è l’annuncio
inequivocabile di una sicura azione ritorsiva nei confronti dei suoi nemici? Cosa sta
succedendo?
a sx, esmeralderos a Bogotà
Succede che la disponibilità di smeraldi
per fabbricare gioielli è sempre stata condizionata da una costante belligeranza tra
feroci contendenti che spietatamente controllano le aree estrattive.
Si respira aria di “guerra verde”, l’infinita
disputa sulla preziosa gemma che insanguina la Colombia ed attraverso la quale si può
nitidamente leggere in trasparenza la storia
del paese. Basta uno sguardo all’epica biografia di Carranza. Nato a Guateque nel
distretto smeraldifero di Boyacà Victor
Carranza ha iniziato la sua attività praticamente da bambino assistendo alle sanguinose lotte tra i fratelli Gonzalez e il leggendario Humberto el Ganzo Ariza. Un fratello maggiore trova un bel grezzo e si invola a
Bogotà per far cassa: non si saprà più nulla
di lui. Victor, ancora bambino, promette di
riuscire a diventare un commerciante di
smeraldi. Non esiste pietà, amicizia tra i
contendenti e nell’autentico Far West andino già nel 1961 Carranza si distingue quale
beneficiario della miniera di Penhas
Blancas. Tre anni dopo è già nel libro nero
degli investigatori del governo. Sono anni
pioneristici di gallerie disperate che si
allungano alla rinfusa, serpenti bui in cui
manca ossigeno e spesso si crepa come
cani scatenando la febbrile allegria dei
“companeros” convinti per superstizione
che la morte in galleria presagisca, senza
dubbio, memorabili rinvenimenti di smeraldi. A Muzo cresce una misera comunità
di disperati alloggiati in baracche di fortuna, visibili tuttoggi. Non esiste neanche il
concetto di salario, a stento si percepisce un
modesto vitto. A loro restano solo le briciole del valore delle pietre che sono costretti
disperatamente a scovare, solo così possono
sperare in un guadagno.
Ma il vero business, quello delle concessioni con gli anni si infittisce e genera guadagni immensi, ma solo per poche tasche,
quelle degli “zar”. La “guerra verde” provoca migliaia di morti tra i vari potentati ma
anche tra moltissimi minatori, cani sciolti,
attratti dai facili guadagni dello sfruttamento fluviale a cielo aperto. Negli anni 70 il
rinvenimento di un bel cristallo significava
spesso la condanna a morte dello sventurato minatore, immancabilmente freddato da
colleghi senza scrupolo. Intere famiglie
venivano regolarmente assaltate lungo la
via che dalla capitale porta a Muzo e massacrate al solo sospetto che recassero danaro per acquistare smeraldi. Nel 1973 il
governo centrale, sempre impotente e in
affanno nelle zone impervie o periferiche,
tenta la carta della pacificazione forzata
bloccando le miniere e assegnandole
mediante appalti a tre imprese, tra le quali
c’è la Tecminas di Carranza. A conti fatti questo il calcolo delle autorità del governo
centrale - meglio allearsi a chi realmente
dispone dei traffici di pietre perché ne controlla le miniere.
La rivalità però riarma i contendenti e
negli anni 80 gli omicidi arrivano a Bogotà.
Cominciano faide e attacchi con esplosivi.
Questa volta la trama si infittisce e Victor
Carranza è sospettato di aver intrapreso
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affari nel parallelo business del narcotraffico. I giudici ricostruiranno successivamente il gemellaggio tra le due attività: le
gemme esportate hanno potuto garantire
per un certo periodo il rimpatrio dei capitali investiti nella coca. In questa fase
lo”zar” elegge a centro delle sue imprese
Puerto Lòpez (nel distretto di Meta, quello
dell’attentato di luglio) un area assai lontana dalle miniere Muzo e nella quale dà
lavoro a molti agricoltori. In realtà il nuovo
quartier generale è, secondo le accuse della
magistratura, una direttrice di traffico strategica per il nuovo narcotraffico, quello
successivo alla morte di Pablo Escobar
avvenuta nel 1993 per mano dei servizi
colombiani.
Negli anni 90 Carranza è un vero leader,
rispettato dalle autorità civili e religiose
(celebre l’accordo di pace tra gli esmeralderos sottoscritto con il vescovo Jarro Tobos
nel 1990) e dalla comunità commerciale
che gli riconosce, nelle parole del Presidente
dell’Associazione dei Commercianti di
Smeraldi, il ruolo di “pilota” del ramo della
distribuzione della gemma. La sua fortuna
secondo Forbes ammontava a 1 miliardo di
dollari già nel 1991. Ma le cose cambiano,
la Colombia certo non è solo terra di fazioni (anche politiche) e di una violenza centenaria che riesplode con ciclicità.
Il presidente in carica, Uribe, sta ormai
da un decennio portando avanti un faticoso processo di stabilizzazione del paese. La
Colombia è stata sconvolta a partire dalla
sconfitta del narcotraffico legato al leggendario Pablo Escobar dall’insorgere di vari
gruppi violenti che hanno impunemente
realizzato autentiche conquiste territoriali,
quasi stati nello stato. I militanti delle
FARC, un gruppo inizialmente ideologizzato (tutto il mondo ha seguito le vicende del
rapimento da loro perpetrato ai danni della
Betancourt) non hanno esitato a rilevare i
vari passaggi operativi del narcotraffico arrivando a minacciare persino i lembi periferici di Bogotà. Al contempo i vari “colonnelli” che dominano le attività agricole e
minerarie nelle zone meno protette e periferiche della Colombia hanno fatto ricorso
a forze paramilitari (per lo più ex ufficiali
dell’esercito in congedo supportati da reclu-
te addestrate direttamente) appaltando loro
la difesa dei loro interessi minacciati dalla
prepotenza dei guerriglieri FARC. Il potere
dei gruppi paramilitari, accresciutosi come
surroga dell’autorità dello stato, si era consolidato tanto da rappresentare un’ulteriore
minaccia. Il presidente Uribe ha posto fine
a questa logica dominante all’inizio del
nuovo millennio con una doppia mossa:
una tregua con i gruppi paramilitari, graziati di molti misfatti ed assorbiti nei ranghi legali della security e la guerra senza
quartiere ai guerriglieri delle Farc che sono
stati decimati e respinti dalle zone più
popolate verso la clandestinità nella giungla. È un processo lento che non può essere privo di sussulti. Le Farc resistono trovando complicità nei loro sconfinamenti in
Venezuela e in Ecuador. L’accordo con i
gruppi paramilitari si è incrinato poiché
alcuni capi sono stati estradati verso gli
Stati Uniti dove le pene sono state molto
severe e non blande come si era convenuto
nelle dorate carceri colombiane.
In questo nuovo contesto Carranza viene
dunque più volte accusato da capi parami-
La “guerra verde” provoca migliaia di morti
tra i vari potentati ma anche tra73moltissimi
minatori, cani sciolti, attratti dai facili guadagni dello sfruttamento fluviale a cielo aperto
litari “pentiti” di aver armato un vero esercito di 2000 persone. Riesce a farla franca
per un po’ ma nel 1998 finisce in carcere
per uscirne solo tre anni dopo: nelle aree
sotto il suo controllo si susseguono macabri
rinvenimenti di decine di cadaveri. Ha giusto il tempo per fronteggiare un’ultima
sfida. A Bogotà si sta affermando l’astro di
un nuovo magnate dello smeraldo, Yesid
Nieto, anche lui proveniente dal distretto
di Boyaca. È più giovane, più dinamico
dello “Zar”, stimato dalla comunità di commercianti che in lui vedono un giovane laureato e abile, capace di modernizzare il
commercio degli smeraldi. La carriera di
Yesid finisce con le pallottole: sfugge a un
primo attentato nel 2007 ma viene raggiunto in una BMW da ineffabili sicari in
Guatemala dove era ripararato.
In questo oscuro intrigo di fatto gli smeraldi certamente concorrono in modo precario alla formazione della ricchezza nazionale della Colombia proprio mentre il
paese è riuscito a mettere a segno un’apprezzabile crescita (aumento medio del PIL
del 5% dal 2002 al 2007) grazie ad altre
risorse quali il petrolio, il caffè, il carbone e
all’accrescersi degli investimenti stranieri
che scommettono sulla crescita immobiliare e del terziario. Oggi la Colombia è un
paese in movimento in cui si stanno riequilibrando le funzioni di governo delle
autorità centrali con i vari potentati occulti della guerriglia, degli “zar”, dei trafficanti di risorse legali o meno, dei paramilitari .
Ciascuno di questi sottopoteri allunga- o ha
allungato - i propri artigli sugli smeraldi.
Tutti contro tutti e ancora, purtroppo, gli
spettri di conflitti violenti nella lunga strada
che dalla cordigliera andina porta gli smeraldi fino alle nostre vetrine.
*Consigliere Federazione Orafi Campania
**Gemmologo IGI di Anversa
Inclusioni primarie trifasi in smeraldo colombiano.
Notare le fasi solide, costituite da cristallini cubici, a
contatto con le bolle gassose in entrambe le inclusioni.
(foto di A. Scarani - Campo scuro/illuminazione diretta - 75X)
da sx: un comisionista, la verifica della roccia, il Rio
minero, tunnel di scavo
Oltre il 60% del commercio degli smeraldi è detenuto dalla Colombia
Presenti in diverse parti del pianeta gli smeraldi più belli e ricercati sono sicuramente
colombiani. La loro genesi idrotermale li
rende unici, per geologia, per purezza di cristallo e grandezza. Gemmologicamente
parlando, lo smeraldo colombiano appartiene ad uno di quei rari casi per cui si può
confermare con assoluta certezza la provenienza geografica di una gemma mediante
il solo riconoscimento di una caratteristica
interna: in questo caso l’inclusione primaria
trifase (vedi foto a lato). Contenente tutti e
tre gli stati della materia (solido, liquido e
aeriforme), appartiene alle inclusioni di tipo
“singenetico”, che si sono formate cioè contemporaneamente all’accrescimento del
cristallo, la fase solida è quasi sempre
costituita da minuscoli cristalli cubici di calcite o salgemma.
Nel 1564 il capitano spagnolo Juan de
Penagos si imbatté per puro caso nella
regione di Muzo in un oggetto verde scintillante grande quanto il polso di un bambino.
Nello spazio di tre anni gli indigeni verranno
espulsi e la geografia mondiale degli smeraldi cambierà radicalmente. La Colombia
detiene attualmente circa il 60% del commercio di questa preziosa varietà di berillo,
ma probabilmente la percentuale è molto
più alta in assenza di dati assolutamente
attendibili. Stime non ufficiali misurano le
esportazioni dalla Colombia in più di due
miliardi di dollari annui