Conflict emeralds
Transcript
Conflict emeralds
70 Smeraldi della Colombia cronaca di una guerra annunciata di Paolo Minieri* e Alberto Scarani** 71 Sabato 4 luglio 2009. Scena holliwoodiana di straordinario impatto spettacolare. Proprio come in un film un furgone carico di carburante esplode al passaggio di un convoglio di autovetture. Ne segue un vero attacco in un assordante boato di granate. Ma non è un set con esperti stuntman e non siamo negli studios: questa è la realtà, questa è El Meta in Colombia. E il personaggio sotto tiro non è un attore ma Victor Carranza, sopranominato “el viejo” o “lo zar degli smeraldi”, un signore di 73 anni che domina da decenni la scena produttiva e distributiva della preziosa gemma. Ha fama di vero boss senza scrupoli e su di lui gravano sostanziosi sospetti di operare oltre il confine della legalità. La vettura blindata lo protegge, l’autista effettua una manovra spericolata deviando in un fossato, si risponde al fuoco. Due delle sue guardie del corpo perdono la vita tra le lamiere ma lui si salva miracolosamente. “ El viejo” il giorno dopo già brinda allo scampato pericolo in una delle sue “fincas”. I giornali colombiani danno subito grande risalto all’evento e il lunedì 6 luglio tra gli esmeralderos del centro di Bogotà si percepisce tensione. Gli addetti ai lavori hanno pochi dubbi: sta per ricominciare la guerra degli smeraldi, la lunga e sanguinosa faida tra gruppi rivali. Il fatto che Carranza sia rimasto illeso è l’annuncio inequivocabile di una sicura azione ritorsiva nei confronti dei suoi nemici? Cosa sta succedendo? a sx, esmeralderos a Bogotà Succede che la disponibilità di smeraldi per fabbricare gioielli è sempre stata condizionata da una costante belligeranza tra feroci contendenti che spietatamente controllano le aree estrattive. Si respira aria di “guerra verde”, l’infinita disputa sulla preziosa gemma che insanguina la Colombia ed attraverso la quale si può nitidamente leggere in trasparenza la storia del paese. Basta uno sguardo all’epica biografia di Carranza. Nato a Guateque nel distretto smeraldifero di Boyacà Victor Carranza ha iniziato la sua attività praticamente da bambino assistendo alle sanguinose lotte tra i fratelli Gonzalez e il leggendario Humberto el Ganzo Ariza. Un fratello maggiore trova un bel grezzo e si invola a Bogotà per far cassa: non si saprà più nulla di lui. Victor, ancora bambino, promette di riuscire a diventare un commerciante di smeraldi. Non esiste pietà, amicizia tra i contendenti e nell’autentico Far West andino già nel 1961 Carranza si distingue quale beneficiario della miniera di Penhas Blancas. Tre anni dopo è già nel libro nero degli investigatori del governo. Sono anni pioneristici di gallerie disperate che si allungano alla rinfusa, serpenti bui in cui manca ossigeno e spesso si crepa come cani scatenando la febbrile allegria dei “companeros” convinti per superstizione che la morte in galleria presagisca, senza dubbio, memorabili rinvenimenti di smeraldi. A Muzo cresce una misera comunità di disperati alloggiati in baracche di fortuna, visibili tuttoggi. Non esiste neanche il concetto di salario, a stento si percepisce un modesto vitto. A loro restano solo le briciole del valore delle pietre che sono costretti disperatamente a scovare, solo così possono sperare in un guadagno. Ma il vero business, quello delle concessioni con gli anni si infittisce e genera guadagni immensi, ma solo per poche tasche, quelle degli “zar”. La “guerra verde” provoca migliaia di morti tra i vari potentati ma anche tra moltissimi minatori, cani sciolti, attratti dai facili guadagni dello sfruttamento fluviale a cielo aperto. Negli anni 70 il rinvenimento di un bel cristallo significava spesso la condanna a morte dello sventurato minatore, immancabilmente freddato da colleghi senza scrupolo. Intere famiglie venivano regolarmente assaltate lungo la via che dalla capitale porta a Muzo e massacrate al solo sospetto che recassero danaro per acquistare smeraldi. Nel 1973 il governo centrale, sempre impotente e in affanno nelle zone impervie o periferiche, tenta la carta della pacificazione forzata bloccando le miniere e assegnandole mediante appalti a tre imprese, tra le quali c’è la Tecminas di Carranza. A conti fatti questo il calcolo delle autorità del governo centrale - meglio allearsi a chi realmente dispone dei traffici di pietre perché ne controlla le miniere. La rivalità però riarma i contendenti e negli anni 80 gli omicidi arrivano a Bogotà. Cominciano faide e attacchi con esplosivi. Questa volta la trama si infittisce e Victor Carranza è sospettato di aver intrapreso 72 affari nel parallelo business del narcotraffico. I giudici ricostruiranno successivamente il gemellaggio tra le due attività: le gemme esportate hanno potuto garantire per un certo periodo il rimpatrio dei capitali investiti nella coca. In questa fase lo”zar” elegge a centro delle sue imprese Puerto Lòpez (nel distretto di Meta, quello dell’attentato di luglio) un area assai lontana dalle miniere Muzo e nella quale dà lavoro a molti agricoltori. In realtà il nuovo quartier generale è, secondo le accuse della magistratura, una direttrice di traffico strategica per il nuovo narcotraffico, quello successivo alla morte di Pablo Escobar avvenuta nel 1993 per mano dei servizi colombiani. Negli anni 90 Carranza è un vero leader, rispettato dalle autorità civili e religiose (celebre l’accordo di pace tra gli esmeralderos sottoscritto con il vescovo Jarro Tobos nel 1990) e dalla comunità commerciale che gli riconosce, nelle parole del Presidente dell’Associazione dei Commercianti di Smeraldi, il ruolo di “pilota” del ramo della distribuzione della gemma. La sua fortuna secondo Forbes ammontava a 1 miliardo di dollari già nel 1991. Ma le cose cambiano, la Colombia certo non è solo terra di fazioni (anche politiche) e di una violenza centenaria che riesplode con ciclicità. Il presidente in carica, Uribe, sta ormai da un decennio portando avanti un faticoso processo di stabilizzazione del paese. La Colombia è stata sconvolta a partire dalla sconfitta del narcotraffico legato al leggendario Pablo Escobar dall’insorgere di vari gruppi violenti che hanno impunemente realizzato autentiche conquiste territoriali, quasi stati nello stato. I militanti delle FARC, un gruppo inizialmente ideologizzato (tutto il mondo ha seguito le vicende del rapimento da loro perpetrato ai danni della Betancourt) non hanno esitato a rilevare i vari passaggi operativi del narcotraffico arrivando a minacciare persino i lembi periferici di Bogotà. Al contempo i vari “colonnelli” che dominano le attività agricole e minerarie nelle zone meno protette e periferiche della Colombia hanno fatto ricorso a forze paramilitari (per lo più ex ufficiali dell’esercito in congedo supportati da reclu- te addestrate direttamente) appaltando loro la difesa dei loro interessi minacciati dalla prepotenza dei guerriglieri FARC. Il potere dei gruppi paramilitari, accresciutosi come surroga dell’autorità dello stato, si era consolidato tanto da rappresentare un’ulteriore minaccia. Il presidente Uribe ha posto fine a questa logica dominante all’inizio del nuovo millennio con una doppia mossa: una tregua con i gruppi paramilitari, graziati di molti misfatti ed assorbiti nei ranghi legali della security e la guerra senza quartiere ai guerriglieri delle Farc che sono stati decimati e respinti dalle zone più popolate verso la clandestinità nella giungla. È un processo lento che non può essere privo di sussulti. Le Farc resistono trovando complicità nei loro sconfinamenti in Venezuela e in Ecuador. L’accordo con i gruppi paramilitari si è incrinato poiché alcuni capi sono stati estradati verso gli Stati Uniti dove le pene sono state molto severe e non blande come si era convenuto nelle dorate carceri colombiane. In questo nuovo contesto Carranza viene dunque più volte accusato da capi parami- La “guerra verde” provoca migliaia di morti tra i vari potentati ma anche tra73moltissimi minatori, cani sciolti, attratti dai facili guadagni dello sfruttamento fluviale a cielo aperto litari “pentiti” di aver armato un vero esercito di 2000 persone. Riesce a farla franca per un po’ ma nel 1998 finisce in carcere per uscirne solo tre anni dopo: nelle aree sotto il suo controllo si susseguono macabri rinvenimenti di decine di cadaveri. Ha giusto il tempo per fronteggiare un’ultima sfida. A Bogotà si sta affermando l’astro di un nuovo magnate dello smeraldo, Yesid Nieto, anche lui proveniente dal distretto di Boyaca. È più giovane, più dinamico dello “Zar”, stimato dalla comunità di commercianti che in lui vedono un giovane laureato e abile, capace di modernizzare il commercio degli smeraldi. La carriera di Yesid finisce con le pallottole: sfugge a un primo attentato nel 2007 ma viene raggiunto in una BMW da ineffabili sicari in Guatemala dove era ripararato. In questo oscuro intrigo di fatto gli smeraldi certamente concorrono in modo precario alla formazione della ricchezza nazionale della Colombia proprio mentre il paese è riuscito a mettere a segno un’apprezzabile crescita (aumento medio del PIL del 5% dal 2002 al 2007) grazie ad altre risorse quali il petrolio, il caffè, il carbone e all’accrescersi degli investimenti stranieri che scommettono sulla crescita immobiliare e del terziario. Oggi la Colombia è un paese in movimento in cui si stanno riequilibrando le funzioni di governo delle autorità centrali con i vari potentati occulti della guerriglia, degli “zar”, dei trafficanti di risorse legali o meno, dei paramilitari . Ciascuno di questi sottopoteri allunga- o ha allungato - i propri artigli sugli smeraldi. Tutti contro tutti e ancora, purtroppo, gli spettri di conflitti violenti nella lunga strada che dalla cordigliera andina porta gli smeraldi fino alle nostre vetrine. *Consigliere Federazione Orafi Campania **Gemmologo IGI di Anversa Inclusioni primarie trifasi in smeraldo colombiano. Notare le fasi solide, costituite da cristallini cubici, a contatto con le bolle gassose in entrambe le inclusioni. (foto di A. Scarani - Campo scuro/illuminazione diretta - 75X) da sx: un comisionista, la verifica della roccia, il Rio minero, tunnel di scavo Oltre il 60% del commercio degli smeraldi è detenuto dalla Colombia Presenti in diverse parti del pianeta gli smeraldi più belli e ricercati sono sicuramente colombiani. La loro genesi idrotermale li rende unici, per geologia, per purezza di cristallo e grandezza. Gemmologicamente parlando, lo smeraldo colombiano appartiene ad uno di quei rari casi per cui si può confermare con assoluta certezza la provenienza geografica di una gemma mediante il solo riconoscimento di una caratteristica interna: in questo caso l’inclusione primaria trifase (vedi foto a lato). Contenente tutti e tre gli stati della materia (solido, liquido e aeriforme), appartiene alle inclusioni di tipo “singenetico”, che si sono formate cioè contemporaneamente all’accrescimento del cristallo, la fase solida è quasi sempre costituita da minuscoli cristalli cubici di calcite o salgemma. Nel 1564 il capitano spagnolo Juan de Penagos si imbatté per puro caso nella regione di Muzo in un oggetto verde scintillante grande quanto il polso di un bambino. Nello spazio di tre anni gli indigeni verranno espulsi e la geografia mondiale degli smeraldi cambierà radicalmente. La Colombia detiene attualmente circa il 60% del commercio di questa preziosa varietà di berillo, ma probabilmente la percentuale è molto più alta in assenza di dati assolutamente attendibili. Stime non ufficiali misurano le esportazioni dalla Colombia in più di due miliardi di dollari annui