la memoria immunitaria e i richiami vaccinali

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la memoria immunitaria e i richiami vaccinali
Aprile-Giugno 2013 • Vol. 41 • N. 170 • Pp. 98-103
Vaccinazioni
La memoria immunitaria e i richiami vaccinali
Rita Carsetti, Alberto E. Tozzi
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Riassunto
Negli ultimi 40 anni l’uso delle vaccinazioni, prima in età pediatrica e poi anche nell’adulto, ha cambiato l’epidemiologia delle malattie prevenibili e ha eradicato il vaiolo. Lo sviluppo di nuove strategie e calendari vaccinali si baserà non solo sulla disponibilità di prodotti innovativi, ma anche sulla comprensione
dei meccanismi della risposta immunologica e dell’effettivo valore dei possibili correlati di protezione.
La risposta ai vaccini genera le due componenti della memoria immunologica, le plasmacellule long-lived e le cellule B della memoria. Mentre le prime sono
responsabili per il mantenimento dei livelli anticorpali a distanza dalla vaccinazione, le seconde sono protagoniste delle reazioni scatenate da un nuovo
contatto con l’antigene. Il vaccino ideale dovrebbe indurre ambedue le componenti della memoria, per assicurare una protezione ottimale. L’integrazione tra
l’esperienza di sanità pubblica e le scoperte immunologiche è diventata imprescindibile per lo sviluppo di nuovi vaccini. Nell’epoca della medicina personalizzata, inoltre, dovremo tenere conto della biologia dei microrganismi e dei profili immunologici ricavati dalle varie popolazioni del mondo, per permettere
finalmente lo sviluppo di nuovi vaccini efficaci per tutti.
Summary
Over the last 40 years first pediatric and later adult immunization has changed the epidemiology of preventable diseases and eradicated smallpox. The
development of new vaccine strategies and calendars will be based not only on the availability of innovative products, but also on the comprehension of
the mechanisms of the immune response and the effective value of possible correlates of protection.
The response to immunization generates the two components of immunological memory, long-lived plasma cells and memory B cells. Whereas the first
are responsible for the maintenance of antibody levels years after vaccination, the latter are the main player of the reaction triggered by a renewed contact
with antigen. The ideal vaccine should induce both components in order to ensure optimal protection. The integration of public health experience with new
immunological discoveries has become indispensable for the development of new vaccines. In the era of personalized medicine we will also have to take
into account the biology of microorganisms and immunological profiles of populations all over the world to ensure the production of universally effective
vaccines.
Introduzione
A partire dagli anni ’70, i progressi nel campo delle vaccinazioni
sono stati talmente importanti da modificare radicalmente l’epidemiologia di numerose malattie prevenibili, fino all’eradicazione del
vaiolo. I primi risultati nell’ambito delle strategie di immunizzazione sono stati raggiunti con vaccini relativamente semplici e concentrandosi sulla prevenzione in età pediatrica. Con il passare del
tempo nuovi prodotti vaccinali si sono resi disponibili e le strategie
vaccinali hanno cominciato ad essere rilevanti per tutte le fasce di
età, compresa quella adulta. I principi alla base della definizione del
calendario vaccinale rispondono alla necessità di integrare l’aspetto immunologico (l’immunogenicità dei vaccini e l’età dell’individuo
alla quale è attesa la massima risposta) con l’aspetto epidemiologico per la individuazione del gruppo di età con la massima incidenza.
Insieme a questi fattori, altri elementi come il costo dell’implementazione della strategia vaccinale e l’accettabilità o la fattibilità della
stessa, contribuiscono a rendere complessa la scelta del calendario
più opportuno. Non è sorprendente che anche per vaccini consolidati
come quelli che includono la componente difterite-tetano-pertosse,
esista una ampia variabilità dei calendari, anche in una regione geografica relativamente omogenea come quella europea (Tab. I). Se poi
l’analisi dei calendari vaccinali va oltre il ciclo primario, le differenze
tra i paesi aumentano ulteriormente. Da un lato il coordinamento
delle strategie vaccinali può avere lo scopo di raggiungere obiettivi
globali come l’eradicazione (p. es. poliomielite), ed in questo caso
le strategie devono essere armonizzate per raggiungere l’obiettivo
prefissato. D’altra parte, la valutazione della durata della protezione
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delle vaccinazioni rappresenta un elemento, ormai imprescindibile,
per l’individuazione del tempo più appropriato per effettuare i richiami vaccinali.
L’obiettivo di questo articolo è di esaminare le componenti che costituiscono la memoria immunologica indotta dalle vaccinazioni e
gli ulteriori elementi che contribuiscono alla scelta del calendario
vaccinale e dell’epoca in cui vengono effettuati i richiami vaccinali.
La memoria immunologica e la risposta indotta dai
vaccini
La memoria immunologica è la proprietà del sistema immunitario
per cui siamo protetti dalle re-infezioni provocate da ogni patogeno che ha già provocato un’infezione nel nostro organismo. Questo
avviene perché ogni infezione induce una risposta che modifica in
maniera permanente il sistema immunitario, generando un pool di
cellule e anticorpi specifici che sopravvivono nell’organismo per un
periodo lunghissimo ed hanno appunto il compito di prevenire una
nuova infezione. L’efficacia dei vaccini dipende proprio dallo loro
abilità di generare la memoria immunologica contro gli antigeni vaccinali (Lanzavecchia et al., 2009; McHeyzer-Williams et al., 2011).
Ogni infezione o vaccinazione causa una risposta immunologica
che, il più delle volte, avviene nei linfonodi drenanti il sito di infezione
o di somministrazione del vaccino. Qui le cellule B, in collaborazione
con le cellule T e le dendritiche, costituiscono il centro germinativo.
Le cellule B proliferano rapidamente, accumulano mutazioni somatiche, modificano l’isotipo prodotto da IgM a IgG (switch isotipico)
e vengono selezionate per la loro affinità e per l’antigene che ha
La memoria immunitaria e i richiami vaccinali
Tabella I.
Epoca di somministrazione delle componenti difterite-tetano-pertosse nei paesi della regione europea nei primi 24 mesi di vita, secondo i calendari nazionali (Fonte: World Health Organization).
Età, mesi
1
Albania
Andorra
Armenia
Austria
Azebaijan
Belarus
Belgio
Bosnia Erzegovina
Bulgaria
Cipro
Croazia
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Georgia
Germania
Gran Bretagna
Grecia
Irlanda
Islanda
Israele
Italia
Kazakistan
Kyrgyzstan
Latvia
Lituania
Lussemburgo
Macedonia
Malta
Moldavia
Montenegro
Norvegia
Olanda
Polonia
Portogallo
Repubblica Ceca
Romania
Russia
Serbia
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Svizzera
Tajikistan
Turchia
Turkmenistan
Ucraina
Ungheria
Uzbekistan
2
3
4
8
9
10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
7
6
5
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indotto la reazione. Dopo due settimane il centro germinativo regredisce, lasciando nell’organismo i prodotti che ha generato: anticorpi
altamente specifici, cellule B della memoria e plasmacellule longlived (Allen et al., 2007).
Gli anticorpi sono prodotti nel centro germinativo dalle plasmacellule
short-lived ed hanno il compito di eliminare completamente l’agente
infettivo che ha scatenato la reazione.
Sia le cellule B della memoria che le plasmacellule long-lived rimarranno per sempre nell’organismo a proteggerlo dalle re-infezioni.
Esse producono gli stessi anticorpi, ma hanno capacità e funzioni
distinte (Amanna e Slifka, 2007; Ahmed e Grey, 1996). Le plasmacellule long-lived migrano dal centro germinativo al midollo, dove
si localizzano in una nicchia a loro dedicata che ne assicura la sopravvivenza virtualmente per sempre. Nel midollo esse continuano a
produrre i loro anticorpi, che entrano nel pool delle immunoglobuline
sieriche (Kunkel et al., 2003; Manz et al., 1997; Tarlinton et al., 2008;
Manz et al., 1998; Manz et al., 2005). Quindi la maggioranza degli
anticorpi nel siero sono i prodotti utili delle reazioni immunologiche
passate e sono secreti dalle plasmacellule long-lived del midollo.
Quando misuriamo gli anticorpi che rimangono nell’organismo a
distanza di molto tempo dalla vaccinazione, valutiamo la funzione
e probabilmente il numero di plasmacellule long-lived. Le plasmacellule appartengono allo stadio più differenziato della linea B. Esse
non hanno un recettore di superficie e per questo non sono in grado
di legare e ricevere segnali dall’antigene. Sono piuttosto fabbriche
di anticorpi, che producono di continuo indipendentemente dalle
necessità dell’organismo. Nel caso di re-infezione, le plasmacellule continueranno indefesse a fare il loro lavoro, ma il compito di
generare la rapida reazione che definiamo recall è assegnato alle
cellule B della memoria (Manz et al., 2005). Queste esprimono un
recettore di superficie che è altamente specifico per l’antigene che
ne ha indotto la formazione nel centro germinativo. In risposta alla
nuova infezione le cellule B della memoria proliferano rapidamente e
si differenziano in plasmacellule short-lived secernenti gli anticorpi
in risposta al booster. Non sappiamo ancora se nuove plasmacellule
long-lived si differenzino dalle cellule B della memoria, in risposta ai
richiami vaccinali (Lanzavecchia et al., 2009; McHeyzer-Williams et
al., 2011; Yoshida et al., 2010).
In sintesi, ogni vaccinazione genera una memoria immunologica
rappresentata da plasmacellule long-lived e cellule B della memoria,
che producono gli stessi anticorpi in maniera continua (le plasmacellule) o al bisogno (le cellule B della memoria).
In caso di un secondo incontro con un patogeno noto, gli anticorpi già presenti nel siero rappresentano una difesa immediata che
limita l’infezione già nelle fasi iniziali. Le cellule B della memoria
aumentano gli anticorpi specifici ed eliminano definitivamente il microrganismo (Fig. 1).
Quindi le funzioni delle plasmacellule long-lived e delle memory
sono complementari e sinergiche.
Non sappiamo se ambedue le funzioni siano sempre indispensabili. Sicuramente gli anticorpi preformati nel siero sono necessari; se
siamo infettati da microrganismi che producono tossine, proliferano
rapidamente e causano una malattia sistemica. Se l’infezione insorge lentamente ed è localizzata, le cellule B della memoria hanno
tempo di entrare in azione, proliferare, migrare nel sito di infezione
e produrre grandi quantità di anticorpi che agiranno, sia localmente
che a distanza.
Studi recenti hanno dimostrato che il livello di anticorpi sierici specifici (cioè il numero di plasmacellule long-lived) non è proporzionale
al numero di B memory dirette contro lo stesso antigene, misurabili
nel sangue periferico (Ahmed e Grey, 1996; Rosado et al., 2011).
Questo probabilmente vuol dire che le due popolazioni non sono
prodotte con la stessa cinetica e alla stessa frequenza e che diversi vaccini generano preferenzialmente l’uno o l’altro tipo cellulare.
Conoscere quali componenti vaccinali influenzino la scelta potrebbe
portare allo sviluppo di vaccini più efficaci e protettivi.
Figura 1.
Le componenti e la funzione della memoria immunologica. In risposta a primo ciclo vaccinale (freccia) le cellule B mature formano il centro germinativo e si differenziano in cellule B della memoria, plasmacellule short-lived e plasmacellule long-lived. Questi tre tipi cellulari producono gli stessi
anticorpi specifici ad alta affinità per l’antigene. Le plasmacellule short-lived esauriscono la loro funzione in poco tempo nel centro germinativo.
Le plasmacellule long-lived migrano al midollo, dove persistono per anni. Le cellule B della memoria sono responsabili per la risposta ai richiami
vaccinali.
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La memoria immunitaria e i richiami vaccinali
I correlati di protezione
L’individuazione di correlati di protezione, ovvero di marker biologici
che permettano di valutare lo stato di suscettibilità ad una malattia
infettiva, rappresenta un elemento importante per la valutazione della durata della protezione dei vaccini e per la programmazione delle
strategie vaccinali. La definizione di tali marker è anche importante
per la valutazione dell’efficacia protettiva delle vaccinazioni, quando
un vero e proprio studio epidemiologico (nel quale si confronta l’incidenza di malattia delle persone vaccinate con quella delle persone
non vaccinate) non è fattibile. I correlati di protezione corrispondono
in genere a livelli di anticorpi circolanti in quantità sufficiente da
essere considerati protettivi sulla base di studi epidemiologici che
hanno messo in relazione gli stessi livelli anticorpali con la suscettibilità alla malattia. Quando questi correlati sono noti e consolidati,
nella valutazione di nuovi vaccini risposta immune può essere giudicata facendo riferimento alla soglia identificata come protettiva senza condurre studi clinici sull’incidenza della malattia (WHO, 2004).
Purtroppo non è stato identificato un correlato di protezione per tutte
le malattia prevenibili con la vaccinazione. Ad esempio per la pertosse non è possibile stabilire un livello di anticorpi specifici che sia
associato alla protezione dalla malattia.
La tipologia degli anticorpi circolanti utili a definire lo stato di protezione da una malattia prevenibile con la vaccinazione è inoltre differente secondo il patogeno. I livelli di immunoglobuline G vengono
utilizzati per definire la protezione verso i batteri capsulati, come lo
pneumococco, il meningococco e l’Haemophilus influenzae. L’opsonofagocitosi è un altro meccanismo attraverso il quale è possibile
misurare i livelli protettivi, preferibile ai livelli anticorpali, nel caso di
infezioni da batteri capsulati (WHO, 2008).
Per diverse malattie esistono diversi correlati di protezione e diversi
test diagnostici per individuarli come illustrato in tabella II.
Le basi epidemiologiche
Qualsiasi strategia vaccinale dovrebbe basarsi sul monitoraggio
continuo dell’incidenza della malattia prevenibile per gruppo di età
e per residenza geografica, insieme alla copertura vaccinale. In
sintesi tali dati dovrebbero fornire gli elementi indispensabili per
individuare il numero e le caratteristiche dei gruppi di suscettibili
all’infezione naturale. Un’ulteriore informazione necessaria per la
programmazione delle strategie vaccinali è rappresentata dalla
durata della protezione conferita dalla vaccinazione. Allo scopo di
prendere decisioni strategiche, e per tenere conto dello stato di
suscettibilità all’infezione prevenibile attraverso la vaccinazione,
è possibile ricorrere a studi di sieroepidemiologia (Wilson et al.,
2012). L’obiettivo principale di questi studi è quello di monitorare
la proporzione di individui, suscettibili per età e sesso e per area
geografica, allo scopo di implementare strategie vaccinali che abbiano la massima efficienza nella riduzione del numero di suscettibili. Oltre l’uso di semplici proporzioni, inoltre, è possibile utilizzare
le informazioni ottenute da questi studi per la messa a punto di
modelli matematici utili per la previsione dei trend delle malattie
prevenibili e delle eventuali epidemie. Gli studi di sieroepidemiologia si basano sull’individuazione delle persone che hanno livelli
circolanti di anticorpi a concentrazioni considerate protettive verso
specifici patogeni. Ne consegue che questi studi non permettono
di distinguere gli individui che hanno elevati livelli anticorpali a
causa dell’infezione naturale, da quelli che invece li hanno a causa della vaccinazione. Dal punto di vista delle strategie vaccinali,
naturalmente, questa distinzione non è utile. D’altra parte è chiaro
che questi studi possono essere condotti solo per malattie che
hanno un correlato di protezione noto. La combinazione delle informazioni disponibili dal monitoraggio delle strategie vaccinali, dalle
notifiche di malattie infettive e dagli studi di sieroepidemiologia. è
importantissima per adattare le strategie vaccinali alla dinamica
della popolazione dei suscettibili, identificare i gruppi che dovrebbero essere vaccinati, e per prevenire l’insorgenza di epidemie
(Wilson et al., 2012).
Per le malattie trasmesse da persona a persona, inoltre, esiste un
importante principio che permette il controllo della circolazione degli
agenti patogeni. In presenza di una copertura vaccinale sufficientemente elevata, variabile secondo il patogeno, quest’ultimo non è
più in grado di circolare nella popolazione. Questo effetto, chiamato
herd immunity, permette di interrompere non solo la circolazione
dell’agente patogeno, ma in taluni casi di eliminare una particolare
patologia in un’area geografica anche in assenza di una copertura vaccinale del 100% e anche se non esistono vaccini che han-
Tabella II.
Correlati sierologici di protezione per alcune vaccinazioni (Plotkin, 2008).
Vaccino
Test
Correlato di protezione
Tetano
Neutralizzazione della tossina
0.01-0.1 UI/mL
Difterite
Neutralizzazione della tossina
0.01-0.1 UI/mL
Poliomielite
Neutralizzazione
diluizione 1:4-1:8
Epatite B
ELISA
10 mUI/mL
Morbillo
Microneutralizzazione
120 mUI/mL
Rosolia
Immunoprecipitazione
10-15 mUI/mL
Pneumococco coniugato
ELISA
0.20-0.35 µg/mL
OPA
diluizione 1:8
Hib coniugato
ELISA
0.15 µg/mL
Influenza
Inibizione dell’emoagglutinizzazione
diluizione 1:40
Epatite A
ELISA
10 mUI/mL
Varicella
ELISA
≥ 5UI/mL
FAMA
diluizione 1:64
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no un’efficacia del 100%. Ovviamente questo effetto dipende dalla
durata della protezione conferita dalle vaccinazioni (Zinkernagel,
2012).
Alcuni esempi
Tetano
La durata della protezione immunitaria contro il tetano è stata motivo di discussione tra ricercatori. Il tetano è una malattia causata
dall’effetto della tossina tetanica, e quindi non c’è una fase batteriemica. L’incubazione del tetano è di alcuni giorni e l’infezione
naturale non conferisce immunità permanente. Dal punto di vista
epidemiologico è molto raro individuare casi di malattia in individui
che hanno avuto un ciclo vaccinale primario completo (Wassilak SGF
et al, 20048). Dopo l’immunizzazione primaria i livelli anticorpali misurabili nel siero rimangono elevati a lungo, ma decrescono a partire
dal terzo anno, dopo la somministrazione di una dose di richiamo
(Weston et al., 2011). La raccomandazione di effettuare richiami
decennali contro il tetano è basata sul presupposto che i livelli di
anticorpi circolanti potrebbero non essere più sufficienti a garantire
la protezione. Tuttavia l’epidemiologia della malattia suggerisce che
la durata della protezione conferita dal ciclo primario di vaccinazione
è sufficiente a coprire un periodo di tempo molto più lungo (Mathias
et al., 1965). La risposta immunitaria al tetano impiega per essere
efficace tra qualche giorno a 2 settimane (Stevens e Saxon, 1979).
Epatite B
I livelli anticorpali misurabili dopo la vaccinazione contro l’epatite B
hanno rappresentato a lungo un marker di protezione a lungo termine. Il rilievo di modesti livelli anticorpali contro l’epatite B, in bambini
che avevano effettuato un regolare ciclo primario di vaccinazione con
un vaccino esavalente, si sono rivelati a distanza modesti e in buona
parte sotto la soglia considerata protettiva (Zanetti et al., 2012). L’incubazione della malattia è lunga, tanto che prima che la vaccinazione
diventasse disponibile, la somministrazione di immunoglobuline entro
due settimane dall’esposizione era efficace nel prevenire la malattia.
La malattia naturale conferisce immunità permanente. Gli studi effettuati per esplorare la necessità di un richiamo vaccinale nei bambini
che esibivano livelli anticorpali modesti a distanza di anni hanno dimostrato che, nonostante tali livelli, la risposta anamnestica ad una
dose supplementare di vaccino è evidente (Zanetti et al., 2012). Inoltre, in questa popolazione è chiara la presenza di cellule B memory
anche prima della somministrazione della dose di richiamo (Rosado
et al., 2011). In questo caso, la lunga incubazione della malattia permetterebbe al meccanismo della memoria di montare una risposta
sufficiente in tempi utili per la prevenzione della malattia (Fig. 2). Per
questo motivo la somministrazione di una dose di richiamo precoce in
questi pazienti non è stata raccomandata.
Streptococcus pneumoniae
Per i batteri capsulati sussistono condizioni differenti. Se pensiamo alle infezioni invasive causate da S pneumoniae (ma lo stesso
accade per N meningitidis oppure per Hib) lo scenario è quello di
un’infezione a incubazione breve e progressione molto rapida. Come
è noto, infatti, questi batteri sono in grado di esercitare la loro azione
infettiva nel giro di poche ore. La prevenzione di queste infezioni
richiede la presenza di anticorpi funzionali diretti verso i polisaccaridi della capsula batterica. In questo caso non è sufficiente avere,
come nel caso dell’epatite B, livelli anticorpali anche modesti che
aumentano per effetto della memoria immunitaria. Un caso parti-
102
Figura 2.
Dinamica della risposta anticorpale alla vaccinazione contro l’epatite B.
colare riguarda i pazienti con asplenia funzionale o chirurgica (Ram
et al., 2010). In questi pazienti è compromesso il meccanismo per
la produzione delle cellule B della memoria e la loro suscettibilità
alle infezioni invasive provocate da S pneumoniae è molto elevata e
per questo motivo è necessario garantire una protezione duratura a
questi pazienti attraverso la vaccinazione. Il fatto che questi pazienti abbiano un meccanismo deficitario nella produzione delle cellule
B della memoria impedisce loro di esibire una risposta immune ai
vaccini polisaccaridici tale da innescare la produzione dello switch
di cellule B memory switched (Clutterbuck et al., 2012). I vaccini
coniugati sembrano invece in grado di esercitare la funzione stimolante anche in questi pazienti.
Conclusioni
L’introduzione delle vaccinazioni è stata sicuramente l’intervento di
sanità pubblica più efficace del secolo scorso. Tuttavia non abbiamo
ancora strumenti per prevenire malattie diffuse e gravi come quelle
sostenute da l’HIV, la malaria, la tubercolosi e le enteriti batteriche
e virali, che affliggono i paesi del Sud del mondo. Fondazioni come
la Bill and Melinda Gates e la GAVI Alliance (Global Alliance for Vaccines and immunization) hanno lo scopo di finanziare gli studi di
base, epidemiologici e di sperimentazione che portino allo sviluppo
di nuovi vaccini.
Non tutti i problemi sono risolti per quanto riguarda i vaccini già disponibili ed efficaci nella maggioranza della popolazione. Dobbiamo
ancora affrontare il problema dei non responder e migliorare i calendari vaccinali, disegnandoli per tutta la vita e non solo per l’infanzia.
Se riuscissimo ad integrare l’esperienza di sanità pubblica con le
nuove scoperte immunologiche potremmo finalmente fare dei passi
avanti. Gli studi recenti sui componenti della memoria immunologica
ci aiuteranno a valutare meglio la scelta dei correlati di protezione,
anche se dobbiamo accettare che sarà sempre più difficile utilizzare
clinical trials per dimostrarne l’attendibilità, vista la bassa incidenza
della maggior parte delle malattie prevenibili attraverso la vaccinazione. Inoltre ricordiamo che siamo nell’epoca della medicina personalizzata: oggi sappiamo che non siamo tutti uguali nella malattia,
ma nemmeno nelle risposte fisiologiche. Quindi sarà necessario
trovare nuovi metodi per valutare l’efficacia e per scegliere i vaccini
più adatti a ciascuno di noi. Gli studi sulla biologia e la genetica dei
microrganismi da combattere si dovranno integrare con i profili immunologici ricavati dalle varie popolazioni del mondo, per permettere finalmente lo sviluppo di nuovi vaccini efficaci per tutti.
La memoria immunitaria e i richiami vaccinali
Box di orientamento
• Le vaccinazioni prima pediatriche e poi nell’adulto hanno cambiato l’epidemiologia delle malattie trasmissibili riducendone l’incidenza e persino
eradicandole. Il livello degli anticorpi nel siero è un affidabile correlato di protezione.
• La memoria immunologica ha due componenti : le plasmacellule long-lived che mantengono costante il livello di anticorpi e le cellule B della memoria che sono responsabili della reazione di difesa ad un nuovo contatto con l’antigene. Ambedue queste componenti sono necessarie per una
protezione ottimale e dovrebbero essere tenute in conto nel disegno di nuovi vaccini.
• Lo sviluppo di più efficaci strategie e calendari vaccinali richiede l’integrazione tra le osservazioni di sanità pubblica e le più recenti scoperte
immunologiche e dovrà tenere conto sia della biologia dei microrganismi che vogliamo combattere, che dei profili immunologici delle popolazioni
che vogliamo proteggere.
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Corrispondenza
Rita Carsetti, Area di Ricerca di Immunologia, Ospedale Bambino Gesù, Piazza S Onofrio, 4, 00165 Roma. Tel.: +39 06 68592647.
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