UNIVERSITA` POLITECNICA DELLE MARCHE Biosintesi della

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UNIVERSITA` POLITECNICA DELLE MARCHE Biosintesi della
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTA’ DI AGRARIA
Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie
ALIMENTI E SALUTE
X ciclo nuova serie
Coordinatore: Prof. Silverio Ruggieri
Biosintesi della vitamina B3: studi strutturali e funzionali di
isoenzimi Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi
coinvolti nella protezione dalla neurodegenerazione
Dottoranda
Docente guida
Dott.ssa Lucia Cialabrini
A.A. 2008/2009 - 2010/2011
Prof. Silverio Ruggieri
Indice
INDICE
1. INTRODUZIONE
6
1.1 Niacina e NAD +
6
1.2 I nucleotidi piridinici NAD + e NADP+
11
1.3 Vie di biosintesi del NAD + e NADP+ nell’uomo
12
1.3.1 VIA BIOSINTETICA de novo: TRIPTOFANO  NAD+
12
Da acido chinolinico a NAD+
16
Dal NAD+al NADP+
16
1.3.2 VIE DI RECUPERO
17
Da acido nicotinico a NAD+
17
Da nicotinamide a NAD+
18
Da nicotinamide riboside a NAD+
19
1.4 I nucleotidi piridinici NAD + e NADP+ nella biochimica ossidoriduttiva
20
1.5 Ruolo del NAD + nelle reazioni “non redox”
21
1.5.1 RUOLO DEL NAD+ NELLE REAZIONI DI ADP-RIBOSILAZIONE
22
1.5.2 RUOLO DEL NAD+ NELLA GIUNZIONE DI FRAMMENTI DI DNA:
LIGAZIONE DEL DNA
25
1.5.3 RUOLO DEL NAD+ NELLA MOBILIZZAZIONE DEL Ca2+
INTRACELLULARE
27
1.5.4 REAZIONI DI DEACETILAZIONE NAD +-DIPENDENTE
29
1.6 Degenerazione Walleriana
33
2
Indice
1.7 Degenerazione Walleriana rallentata: WldS
34
1.8 Caratteristiche strutturali - funzionali dell’enzima NMNAT
36
1.9 WldS e NMNAT nella neuroprotezione
41
1.10 Scopo del presente lavoro di tesi e prospettive
44
2. MATERIALI E METODI
46
2.1 Clonaggio, espressione e purificazione
46
2.1.1 SISTEMA DI ESPRESSIONE E VETTORI USATI
46
Il sistema di espressione pET
46
Il vettore di espressione pET28 (Novagen)
48
2.1.2 AMPLIFICAZIONE PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION)
49
2.1.3 CLONAGGIO DI Wld S E DELLE ISOFORME NMNAT MURINE
52
2.1.4 PROTOCOLLO DI ESPRESSIONE
56
2.1.5 PURIFICAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA D’AFFINITA’
56
Resina Ni-NTA (Qiagen)
56
Resina Talon® Metal Affinity Resin (Clontech)
57
Preparazione degli estratti proteici grezzi
58
Purificazione Ni-NTA di WldS e mNMNAT3
59
Purificazione Talon di mNMNAT1 e mNMNAT2
60
De-salting e conservazione dei preparati finali
61
2.2 Metodi di saggio dell’attività NMN adenililtrasferasica
62
3
Indice
2.2.1 SAGGIO SPETTROFOTOMETRICO
62
2.2.2 SAGGIO IN HPLC
63
2.3 Saggi preliminari degli enzimi ricombinanti con substrati e cofattori metallici
alternativi
65
2.3.1 SAGGI PRELIMINARI IN PRESENZA DI COFATTORI METALLICI
65
2.3.2 SAGGIO HPLC IN PRESENZA DI SUBSTRATI E COFATTORI
METALLICI ALTERNATIVI
66
2.4 Saggio di discriminazione dell’attività NMNAT isoforma-specifica su estratti
proteici grezzi da tessuti murini e cellule in coltura
67
2.4.1 TESSUTI MURINI
67
2.4.2 REAL TIME RT-PCR
68
2.4.3 PREPARAZIONE DELL’ESTRATTO GREZZO DA TESSUTI MURINI
68
2.4.4 SAGGIO DI DISCRIMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ NMNAT ISOFORMA- 69
SPECIFICA
2.4.5 CALCOLO MATRICIALE
71
2.5 Determinazione del NAD + endogeno in tessuti murini
72
2.6 Espressione e purificazione della mNMNAT2 per studi cristallografici
73
2.6.1 ESPRESSIONE DELLA mNMNAT2
74
2.6.2 PURIFICAZIONE DELLA mNMNAT2
74
2.7 Saggio di Bradford e analisi elettroforetica per la determinazione quantitativa
e qualitativa delle proteine
75
3 RISULTATI E DISCUSSIONE
77
3.1 Espressione eterologa e purificazione delle isoforme murine NMNAT e della
proteina chimerica WldS
77
4
Indice
3.2 Caratterizzazione cinetica delle NMNAT murine e di WldS
84
3.3 Caratterizzazione comparativa delle NMNAT murine e di Wld S a scopi
discriminatori dell’attività individuale
90
3.3.1 VALUTAZIONI PRELIMINARI DELL’EFFETTO DEI METALLI
SULL’ATTIVITÀ DELL’ENZIMA ANCILLARE ALCOL DEIDROGENASI
91
3.3.2 SAGGI SPETTROFOTOMETRICI DELLE NMNAT MURINE E DI Wld S IN
PRESENZA DI COFATTORI METALLICI
93
3.3.3 SAGGI DI ATTIVITÀ IN HPLC DELLE NMNAT MURINE E DI Wld S IN
PRESENZA DI SUBSTRATI PURINICI ALTERNATIVI E METALLI
SELEZIONATI
96
Verifica preliminare dell’utilizzo di substrati purinici alternativi
96
Verifica dell’attività in presenza di MgCl2 , ZnCl2 e CoCl2
98
3.4 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica NMNAT: validazione
preliminare in vitro
101
3.5 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica NMNAT: validazione
su estratti da tessuto murino
104
3.6 Saggio di discriminazione su estratti proteici grezzi da tessuti murini
106
3.6.1 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI E FEGATI DI TOPI MUTANTI Wld S
106
3.6.2 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA
mNMNAT1
110
3.6.3 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA
mNMNAT2
114
3.7 Conclusioni e prospettive future
116
3.8 Espressione e purificazione dell’isoforma murina NMNAT2 per studi
cristallografici
118
4. BIBLIOGRAFIA
122
5
Introduzione
1. INTRODUZIONE
1.1 Niacina e NAD+
Con il termine di niacina (o vitamina PP, Pellagra-Preventig, o vitamina B3 ) si
intendono tre molecole organiche tra loro simili: l’acido nicotinico (Na, la niacina
propriamente detta), l’ammide di quest’ultimo, la nicotinamide (NaM, o niacinamide) e la
nicotinamide riboside (NR) solo recentemente identificata e inserita tra le niacine
(Fig.1 A) [1].
Figura 1. A) Struttura delle tre forme note di niacina: Na, acido nicotinico; NaM, nicotina mide ; NR,
nicotinamide riboside. B) Struttura della Nicotina.
La molecola è stata descritta per la prima volta dal chimico austriaco Ugo Weidel
nel 1873 nei suoi studi sulla nicotina (Fig.1 B). La scoperta della niacina come vitamina
deriva dalle ricerche sulle cause della patologia nota come pellagra. Inizialmente la
pellagra era considerata una malattia di tipo infettivo, fino a quando nel 1914 Joseph
Goldberger verificò l’ipotesi per cui la patologia potesse essere causata da una deficienza
alimentare, e scoprì che sostituendo una dieta a base di frumento con uova, latte e carne,
essa veniva curata e prevenuta [2]. Nel 1937 poi, lo statunitense Conrad Arnold Elvehjem e
6
Introduzione
collaboratori, dopo aver ottenuto da un estratto deproteinizzato di fegato una frazione di
acido nicotico (Na) e di nicotinamide (NaM), dimostrarono che queste molecole avevano
la proprietà di guarire una malattia del cane nota per la sua sintomatologia come "black
tongue" (lingua nera) e considerata da molto tempo equivalente alla pellagra umana [3]. Il
termine di «vitamina PP» deriva proprio da queste ricerche che ne rivelarono l'azione di
prevenzione della pellagra (PP sta per Pellagra Preventing). I successivi studi metabolici
identificarono la NaM come componente fondamentale del nicotinamide adenin
dinucleotide (NAD+) e del nicotinamide adenin dinucleotide fosfato (NADP + ) e
dimostrarono che gli animali affetti da pellagra mostravano una signif icativa diminuzione
dei livelli di NAD+ e NADP+ nei muscoli e nel fegato [4]. Pertanto, la ragione per cui in
una dieta è indispensabile l’assunzione di Na, NaM e NR (nicotinamide riboside) è che
queste molecole sono tutte precursori dei coenzimi NAD+ e NADP+.
In relazione alle carenze vitaminiche, la pellagra rimane senz’altro la patologia più
rilevante del passato in cui diversi sistemi di organi sono contemporaneamente
compromessi dalla malnutrizione: si stima che nei soli Stati Uniti, oltre 100.000 persone
sono morte di pellagra tra il 1900 e il 1940, quando la malnutrizione a causa della povertà
ha rappresentato la principale causa della malattia [5]. Tale patologia presenta delle
manifestazioni pleiotropiche a livello dell’organismo ed è stata per questo definita come la
malattia delle 4 D (Dermatite, Diarrea, Demenza, morte – Death). I sintomi della malattia
comprendono disepitelizzazione (desquamazione-perdita della pelle) delle mani e del collo,
diarrea, perdita di appetito e di peso, lingua arrossata e gonfia, depressione e ansia. Benché
il netto miglioramento delle condizioni alimentari nei Paesi sviluppati abbia praticamente
portato alla scomparsa della pellagra nel mondo occidentale, il ruolo della niacina e delle
sue forme attive coenzimatiche è ora oggetto di grande rivalutazione
in campo
nutrizionale e biomedico, per vari motivi [6]:
1- nel campo delle biotecnologie agroalimentari la pellagra riveste una particolare
importanza in quanto è una patologia ancora presente nei Paesi in via di sviluppo,
dove la malnutrizione è un problema spesso drammatico. In questo campo, lo
studio delle vie biosintetiche della niacina in cereali di sopravvivenza che
rappresentano la principale fonte alimentare in queste zone, come mais, sorgo e
altri, nei quali essa è presente ma non adeguatamente disponibile, può rivestire un
grande interesse nell’individuazione di varietà con un maggior valore nutrizionale e
7
Introduzione
non-pellagrageniche, in cui la vitamina sia prodotta in forma particolarmente
biodisponibile;
2- in campo biomedico e nutrizionale umano, il ruolo della niacina viene rivalutato
anche nei Paesi sviluppati in quanto:
a. una serie di situazioni fisiopatologiche emergenti in questi Paesi, come varie
malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica
e sclerosi multipla), sindrome metabolica, HIV, malattie autoimmuni,
dipendenza
da
alcol,
anoressia,
nonché
numerose
patologie
legate
all’invecchiamento, sembrano riprodurre una o più manifestazioni pellagrasimili, in particolare per quanto riguarda gli aspetti legati alla vitalità neuronale
e al controllo della neurodegenerazione;
b. inoltre, è stato di recente osservato che il metabolismo del NAD+ gioca un ruolo
importante anche negli effetti della cosiddetta “restrizione calorica” del regime
alimentare (CR, CALORIE RESTRICTION) in relazione alla longevità sia a
livello cellulare che di organismo [7]. Per questo molti studi stanno valutando
innovative strategie anti- invecchiamento basate sulla ricerca di principi
nutrizionali, in particolare nell’ambito dei metaboliti della nicotinamide -una
delle forme note di niacina- in grado di mimare un regime CR senza sottoporre
l’organismo a privazioni di nutrienti. Le ricerche coinvolgono soprattutto fattori
nutrizionali presenti
nell’alimentazione
come componenti della
dieta
mediterranea, tra cui il resveratrolo, collegati alla regolazione della longevità
cellulare attraverso la modulazione di vari enzimi chiamati Sirtuine con attività
deacetilasica NAD+-dipendente, i quali utilizzano il NAD+ come substrato
scindendone il legame N-glicosidico con liberazione di nicotinamide, e
trasferendo allo stesso tempo il gruppo acetilico sul rimanente residuo di ADPriboso del NAD+ (Fig.2).
8
Introduzione
+
Figura 2. Schema della deacetilazione NA D+-dipendente degli istoni catalizzata dalle sirtuine.
Infine è interessante osservare un apparente paradosso: mentre intuitivamente la
natura vitaminica della niacina indurrebbe a pensare che il NAD+ derivi dalla vitamina
stessa, negli organismi capaci di sintetizzare quest’ultima avviene il contrario: la niacina
non viene biosintetizzata in forma libera, ma sotto forma del suo nucleotide monofosfato,
NaMN (Fig.3); successivamente, nella forma NaMN, la niacina viene incorporata nella
forma coenzimatica attiva, NAD+, dalla quale può essere in seguito liberata nel corso di
una varietà di reazioni biochimiche catalizzate da enzimi idrolitici o dalle vie degradative
e/o regolatorie della vita cellulare. Questo concetto è schematicamente raffigurato in
Figura 3.
Precursori  Ac. Chinolinico  NaMN  NAD +  Niacina  [  NAD+]
Figura 3. Schematizzazione della biosintesi della niacina; in neretto la v ia biosintetica de novo.
9
Introduzione
Dal punto di vista metabolico, la niacina è peculiare fra le vitamine del gruppo B in
quanto gli animali la possono sintetizzare a partire dal triptofano. Si ritiene che 60 mg di
triptofano possano dare origine a 1 mg di niacina (1 mg “equivalente di niacina”). Perciò,
in numerose tabelle, la quantità di niacina non è espressa come “niacina”, ma come
“equivalenti di niacina”, proprio per tener conto della conversione del triptofano in niacina.
L’entità di questa conversione è generalmente accettata a livelli di 60 : 1, ma il valore non
è tale in ogni situazione. Infatti la conversione risente della quantità di triptofano
alimentare e dello stato nutrizionale niacinico. Se l’amminoac ido è scarso, l’utilizzazione
per la formazione di niacina viene penalizzata e si può scendere a rapporti più bassi (anche
fino ad oltre 20 : 1). Inoltre, poiché il triptofano dà origine anche alla serotonina,
importante neurotrasmettitore, si ha una competizione per l’utilizzazione del triptofano in
caso di deficienza niacinica. Questo spiegherebbe anche il fatto che nella pellagra si
osserva una forma di demenza [8]. In una dieta povera di triptofano, l’azione protettiva nei
confronti della pellagra si realizza con l’assunzione giornaliera (RDA) di niacina pari a 16
mg per gli uomini e 14 mg per le donne. Sono considerati “equivalenti di niacina” anche il
NAD+, il NADH, il NADP+, il NADPH e i metaboliti del NAD+.
Come riportato da Goldberger [2], la niacina è abbondante in carne, uova, pesce,
latte e prodotti lattiero-caseari, alcuni vegetali e grano integrale. Anche il mais contiene
elevate quantità di Na e NaM, ma in forme legate e quindi non biodisponibili. Per
incrementare la biodisponibilità di niacina è necessario sottoporre il mais a trattamento
alcalinizzante. Tale pratica era utilizzata dalle popolazioni native del Sud America, le quali
erano infatti protette dalla deficienza da vitamina B3 . Studi condotti su animali [9, 10]
hanno dimostrato che il mais non trattato causa la deficienza della vitamina e che tale
effetto può essere contrastato integrando la dieta a base di mais con il latte, alimento noto
per essere ricco di NR [1]. Per quanto riguarda le carni, queste sono povere di Na e NaM,
ma abbondano di NAD+ e NADP+ [11], [12]. La NaM è prodotta dagli enzimi della
mucosa intestinale dalla degradazione del NAD+ [12], mentre l’Na viene formato per
deamidazione della NaM ad opera della nicotinammidasi dei batteri presenti nel lume
intestinale [13]. Queste due forme di niacina, sia introdotte tal quali, sia prodotte
nell’intestino come descritto, dopo essere state assorbite, entrano nel flusso sanguigno per
essere distribuite nei vari tessuti [12]. Studi più recenti riportano come l’assorbimento di
NaM sia maggiore rispetto a quello di Na, quando le fonti di vitamina nella dieta sono il
10
Introduzione
NAD+ e il NADP+ [14]. Infine il NAD+ introdotto con la dieta può essere degradato nel
lume intestinale a NMN e questo defosforilato a NR, la quale viene assorbita dalle cellule,
e attraverso una serie di pathway metabolici, viene riconvertita a NAD+.
L'assunzione di elevate dosi di acido nicotinico inoltre (1,5 - 3 g/die) è in grado di
ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi plasmatici (per inibizione della lipolisi
epatica) e di aumentare, nel contempo, la quota di colesterolo HDL.
I principali effetti collaterali che si possono verificare sono quelli vasodilatatori con
comparsa di vampate, eritema, prurito, dolore epigastrico, nausea, mal di testa e diarrea. Si
sono anche avuti casi di alterazione delle transaminasi ed epatotossicità. La nicotinamide,
invece, non presenta effetti ipolipidemizzanti.
1.2 I nucleotidi piridinici NAD+ e NADP+
Come è noto, l’attività catalitica di numerosi enzimi richiede l’intervento di
cofattori, cioè componenti non proteici (ioni metallici), o di molecole organiche, chiamate
in questo caso coenzimi. Questi ultimi di solito intervengono attivamente nell’azione
catalitica dell’enzima, agendo da trasportatori di elettroni, di atomi specifici o di gruppi
funzionali nella conversione dei substrati in prodotti. Nell’ambito delle reazioni di
ossidoriduzione, gran parte degli enzimi coinvolti richiedono come trasportatori di elettroni
i dinucleotidi piridinici NAD+ (nicotinamide adenin dinucleotide) e NADP+ (nicotinamide
adenin dinucleotide fosfato), le forme biologicamente attive della vitamina B3 .
Il NAD+ venne scoperto nel 1935 da Hans von Euler [15] che diede al composto il
nome di Co-zymase. Nell’anno successivo Otto Warburg [16] ne determinò la struttura
chimica. Il NAD+ è un composto costituito da due nucleotidi,
nicotinamide
mononucleotide (NMN) e adenosina monofosfato (AMP), uniti da un legame
fosfoanidridico. In alternativa il NAD+ può essere descritto come composto da
nicotinamide (NaM), sotto forma di sale di ammonio quaternario, legata al C-1 del ribosio
di un gruppo adenosina difosforibosile (ADPR) con un legame β-N-glicosidico. Nel
NADP+, originariamente noto come Co-Ferment, la posizione 2’- OH del ribosio è
esterificata da un gruppo fosforico (Fig.4) [17] [18].
11
Introduzione
A)
B)
Figura 4. A) formula di struttura del NAD(P)+; B) modello 3-D del NAD+ fatto con il programma Chimera.
Rosso = O; blu = N; arancio = P; verde = C. Per chiarezza gli H sono stati omessi. Sono evidenziat i i punti
attivi della mo lecola (nu meri) e i gruppi sostituiti negli analoghi fisio logici del NAD + (lettere): 1 = anello
piridinico; 2 = legame β-N-g licosidico; 3 = legame pirofosforico; a = gruppo OH fosforilato nel NA DP +; b =
gruppo ammidico sostituito da un gruppo carbossilico nel NaAD.
1.3 Vie di biosintesi del NAD+ e NADP+ nell’uomo
È universalmente riconosciuto che nell’uomo la biosintesi di NAD+ può avvenire
attraverso due vie metaboliche: una via de novo che parte dal triptofano e attraverso la “via
delle chinurenine” porta alla formazione di intermedi piridinici, ed una via di recupero,
consistente nel riciclo di composti piridinici generati dal catabolismo del NAD +. Negli
ultimi anni la maggioranza dei geni e degli enzimi coinvolti in queste due vie biosintetiche
è stata identificata [19].
1.3.1 VIA BIOSINTETICA de novo: TRIPTOFANO  NAD +
La via biosintetica de novo del NAD+ inizia con la “via delle chinurenine”, un
processo chiave nel metabolismo dei composti piridinici in quanto funzionale alla genesi
de novo dell’anello piridinico. Il composto di partenza di questa importante via è il
12
Introduzione
triptofano, un amminoacido aromatico essenziale la cui importanza è sottolineata dal suo
coinvolgimento in numerosi processi biosintetici quali, oltre la qui discussa sintesi de l
NAD+, la sintesi di serotonina, melatonina, melanina e, ovviamente la sintesi proteica. Nei
mammiferi, in condizioni fisiologiche, gran parte dell’L-triptofano introdotto con la dieta,
è tuttavia degradato aerobicamente attraverso la via delle chinurenine, che consiste in una
serie di reazioni enzimatiche durante le quali vengono prodotti diversi composti
biologicamente attivi. L’acido chinolinico prodotto in questa via, è una potente
neurotossina [20], che viene convertita in NAD+ attraverso tre successive reazioni
enzimatiche. È proprio nella prima di queste reazioni che si forma appunto la vitamina PP
sotto forma di mononucleotide. La via biosintetica che va dal triptofano al NAD+ è
schematizzata in Figura 5.
Figura 5. Via biosintetica da triptofano a NAD+. Le frecce rosse indicano la porzione denominata “via delle
chinurenine”. TDO, t riptofano
2,3-diossigenasi; IDO, indolamina 2,3-diossigenasi; KFasi, chinurenina
formamidasi; K3H, ch inurenina 3-idrossilasi; Kyasi, chinureninasi; 3HAO, 3-idrossiantranilato 3,4diossigenasi;
QaPRT,
ch inolinato
fosforibosiltrasferasi;
NM NAT,
n icotina mide
mononucleotide-
adenililtrasferasi; NADsyn, NAD sintetasi.
13
Introduzione
Il primo step di questa via consiste nella conversione del triptofano in Nformilchinurenina tramite la scissione aerobica dell’anello pirrolico del triptofano [21].
Due isoenzimi sono capaci di catalizzare questa reazione: la TDO (triptofano 2,3diossigenasi) e la IDO (indolamin 2,3-diossigenasi). I due isoenzimi differiscono per
tessuto-specificità, regolazione dell’induzione e specificità di substrato. La TDO è espressa
specificamente nel fegato, sede principale del catabolismo del triptofano ed ha un’elevata
specificità per questo amminoacido. L’enzima catalizza lo step limitante della via
biosintetica e viene indotto dall’aumento di concentrazione del triptofano nel siero [22].
L’isoenzima IDO invece è espresso nei tessuti extraepatici, mostra una minore specificità
di substrato rispetto al TDO ed è indotto non dal triptofano ma da interferone-γ, antigeni
batterici e virali [23]. È stato in effetti proposto che questo enzima giochi un ruolo in
fenomeni di immunoregolazione [19].
La chinurenina formamidasi (KFasi) idrolizza la N-formilchinurenina a Lchinurenina [24], a sua volta convertita a L-3-idrossichinurenina in una reazione catalizzata
dalla chinurenina 3- idrossilasi (K3H) in presenza di NADPH ed ossigeno molecolare. K3H
è una monossigenasi flavin adenin dinucleotide (FAD) dipendente localizzata sulla
membrana esterna dei mitocondri [25].
La L-3-idrossichinurenina viene convertita in acido 3- idrossiantranilico ed Lalanina dalla chinunerinasi (Kyasi). Questo enzima, come suggerito dalla sua ridotta
attività in stati di carenza di vitamina B6 [26], [27], [28], risulta essere piridossal-5’- fosfato
(PLP) dipendente.
La tappa finale della via delle chinurenine è catalizzata dalla 3- idrossiantranilato
3,4-diossigenasi (3HAO), l’enzima più attivo dell’intero pathway [29]. In questo step
l’anello aromatico del 3- idrossiantranilato viene scisso aerobicamente con la conseguente
formazione di semialdeide 2-ammino-3-carbossimuconica (ACMS). Questo composto,
piuttosto instabile, ciclizza spontaneamente ad acido chinolinico, il primo composto
piridinico ad essere formato, punto di partenza per le restanti reazioni enzimatiche che
portano alla formazione di NAD+. Per molti anni si è ritenuto che la via delle chinurenine
appena descritta fosse una prerogativa degli organismi eucariotici. Nel 2003 sono stati
tuttavia identificati, espressi e caratterizzati i cinque enzimi del pathway triptofanochinolinato
in alcune specie batteriche (Ralstonia
metallidurans, Pseudomonas
fluorescens), dimostrando che questa via metabolica non è un’esclusiva degli organismi
14
Introduzione
eucariotici [30]. Si tratta comunque di eccezioni in quanto la maggior parte dei procarioti
sintetizzano
acido
chinolinico
attraverso
una
via anaerobica consis tente
nella
condensazione tra L-aspartato e diidrossiacetone fosfato (Fig. 6). Questa reazione,
catalizzata dal complesso enzimatico della chinolinato sintetasi, procede attraverso due
tappe distinte. Il primo passaggio, catalizzato dalla proteina A o aspartato ossidasi,
prevede l’ossidazione dell’aspartato ad immino aspartato. Questo composto viene infine
legato al diidrossiacetone fosfato per la formazione del chinolinato in una reazione
catalizzata dalla proteina B o chinolinato sintetasi [31], [32].
Figura 6. Biosintesi dell’acido chinolinico nei procarioti.
15
Introduzione
Da acido chinolinico a NAD+- A partire dall’acido chinolinico, le restanti reazioni nella via
biosintetica del NAD+ sono comuni a tutti gli organismi.
L’enzima chinolinato fosforibosiltrasferasi (QaPRT) catalizza la conversione di
chinolinato e 5- fosfo-α-D-riboso 1-difosfato (PRPP) a CO 2 , pirofosfato (PPi) e nicotinato
mononucleotide (NaMN). Questa tappa, in aggiunta a quella iniziale catalizzata dalla TDO,
rappresenta un altro stadio limitante la velocità del pathway triptofano-NAD+ [33].
La reazione successiva, catalizzata dall’enzima Nicotinato MonoNucleotide
AdenililTrasferasi (NMNAT),
consiste nel trasferimento dell’adenilato
dall’ATP
all’NaMN con formazione di PP i e desamido-NAD+ (NaAD+). Tali enzimi, che
rappresentano l’oggetto di studio di questa tesi, negli eucarioti sono capaci di utilizza re in
alternativa all’NaMN, l’NMN prodotto dal catabolismo del NAD+ [34], [35] costituendo
quindi enzimi chiave anche nelle vie di recupero. Da notare che negli eucarioti, in virtù
della loro duplice specificità di substrato verso NMN ed NaMN, questi e nzimi vengono
chiamati Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi (NMNAT).
La tappa finale della biosintesi de novo consiste nel trasferimento di un gruppo
ammidico al gruppo carbossilico della parte piridinica del NAD+ in una reazione
catalizzata dalla NAD sintetasi (NADsyn). Quest’ultima, capace di utilizzare sia
glutammina che ammoniaca come donatori del gruppo amminico, richiede, per ogni mole
di –NH2 trasferito, l’idrolisi di una quantità stechiometrica di ATP [36].
Dal NAD+al NADP+ - In tutti gli organismi, l’enzima NAD chinasi (NADK) catalizza
l’unica reazione finora conosciuta capace di generare NADP +. La reazione consiste nel
trasferimento del γ-fosfato dell’ATP al NAD+ con conseguente formazione di ADP e
NADP+. Interessante notare che l’enzima ricombinante umano appare essere estremamente
specifico per il NAD+ [37]. In riferimento dunque al discorso sull’esistenza di una via
biosintetica per il NaADP+ alternativa a quella possibile catalizzata da CD38 (che
consisterebbe nella “transglicosidazione” diretta del NADP+), questa ipotetica reazione, se
realmente esistente in vivo, deve dipendere necessariamente da una chinasi alternativa.
16
Introduzione
1.3.2 VIE DI RECUPERO
La maggior parte del NAD+ nei sistemi biologici non viene sintetizzato attraverso la
via de novo, bensì attraverso le vie di recupero (salvage pathway). Queste utilizzano come
precursori diversi cataboliti piridinici del NAD+ tra i quali occorre ricordare: acido
nicotinico, nicotinamide e NMN. Uno schema delle vie di recupero a partire da questi
metaboliti è rappresentato in Figura 7.
Figura 7. Biosintesi del NAD+ attraverso le vie di recupero. Le frecce rosse indicano la via di Preiss Handler. La freccia nera indica la reazione catalizzata dalla nicotina mide deamidasi (NDasi) la cui presenza,
nei mammiferi, è tutt’ora incerta e d ibattuta fra gli esperti del settore.
Da acido nicotinico a NAD+ - La via biosintetica che porta alla formazione di NAD+ a
partire da acido nicotinico è denominata via di Preiss-Handler [38]. La prima reazione di
questa via è catalizzata dalla nicotinato fosforibosiltrasferasi (NaPRTasi) e consiste nella
17
Introduzione
conversione dell’acido nicotinico e del PRPP in NaMN e PP i. Nonostante non sia richiesto
per la catalisi, l’ATP funge da effettore allosterico della NaPRTasi stimolandone
sensibilmente l’attività. Ad alte concentrazioni l’ATP sembra essere idrolizzato ad ADP
con un rapporto molare 1 : 1 nei confronti della formazione di NaMN [39]. L’NaMN
formato in questa tappa viene successivamente convertito in NAD+ tramite le due già
descritte reazioni catalizzate, in successione, dalla NaMNAT e dalla NADsyn. Le tre
attività enzimatiche appena descritte sono state rinvenute in numerosi procarioti ed
eucarioti, inclusi i mammiferi. Questo lascia intuire la natura universale del pathway
metabolico che dall’acido nicotinico porta alla formazione di NAD+ [19]. La grande
importanza di questa via è anche sottolineata dall’ormai ben nota scoperta che la carenza di
niacina, vitamina B3 o vitamina PP) introdotto con la dieta è la causa primaria della
pellagra [40].
Da nicotinamide a NAD+ - La nicotinamide rappresenta il principale precursore del NAD+
nella maggior parte delle cellule di mammifero. In assenza di un adeguato apporto dietetico
di acido nicotinico, la concentrazione di nicotinamide nel sangue diventa cinque volte
superiore a quella del nicotinato [19]. Inoltre, come ampiamente descritto diverse attività
enzimatiche hanno come target il legame β-N-glicosidico del NAD+ e sono dunque capaci
di liberare nicotinamide suggerendo come il riciclo di questo metabolita giochi un ruolo
chiave nell’omeostasi del NAD+.
La nicotinamide può essere riciclata a NAD+ principalmente attraverso due vie
[24]. La prima via di recupero consiste nella conversione della nicotinamide in acido
nicotinico attraverso una reazione mediata dalla nicotinamide deamidasi (NDasi). L’acido
nicotinico viene in seguito convertito a NAD+ attraverso la via di Preiss-Handler. Va
sottolineato che nei mammiferi l’esistenza dell’enzima NDasi è ancora dubbia. In effetti,
mentre alcuni lavori documentano la presenza di attività NDasica nel fegato [41], [42] e
nel terreno di coltura di cellule di neuroblastoma umano [43], lavori più recenti escludono
la presenza di questo enzima nei mammiferi in generale [44], [45], [46] attribuendo
l’attività rilevata nei vecchi lavori essenzialmente a contaminazioni di natura batterica [44],
[47].
La seconda via per il riciclo della nicotinamide a NAD+ prevede il processamento
del metabolita piridinico da parte della nicotinamide fosforibosiltrasferasi (NamPRTasi)
18
Introduzione
con conseguente conversione di NaM e PrPP in PPi e NMN. L’NMN a questo punto viene
convertito a NAD+ per mezzo delle già citate NMNAT. Se l’esistenza nei mammiferi della
NDasi è ancora dubbia, la presenza della NamPRTasi è invece stata ampiamente
documentata negli eritrociti umani [48], nei fibroblasti [49] ed in organi umani quali il
fegato, reni, cuore, cervello e milza [46], [50], [51]. La NamPRTasi risulta essere
estremamente specifica per la nicotinamide e non è in grado di utilizzare nè acido
chinolinico né acido nicotinico come substrati [48]. Infine, è interessante notare che i geni
per la NDasi e la NamPRTasi sembra siano mutuamente esclusivi e per questo si ipotizza
che le due vie di recupero della nicotinamide sopra descritte non possano essere
contemporaneamente presenti in uno stesso organismo [19].
Da nicotinamide riboside a NAD+ - L’acido nicotinico (Na) e la nicotinamide (NaM),
identificati per la prima volta nel 1873 e indicati con il termine di “niacine”, sono stati per
lungo tempo gli unici precursori noti del NAD+ nei procarioti. Nel 2004, la nicotinamide
riboside (NR), un altro nutriente naturalmente presente nel latte bovino e già conosciuto
come importante precursore del NAD+ in H. influenzae [52], [53], è stato ri- identificato
come nuovo, essenziale, precursore della via di recupero del NAD+ negli eucarioti [1].
Dato il suo ruolo fisiologico e la sua diffusione negli organismi viventi, la NR è anche’essa
attualmente considerata come una “niacina”. Per formare NAD+, la NR viene prima
fosforilata attraverso una reazione catalizzata dall’enzima nicotinamide riboside chinasi
(NRK, Fig. 8), e conseguentemente l’NMN prodotto viene convertito a NAD+ da una
reazione ATP-dipendente catalizzata dall’NMNAT.
Figura 8. Reazione di fosforilazione catalizzata dalla n icotina mide riboside chinasi (NRK).
La grande importanza di queste vie di recupero è anche sottolineata dall’ormai ben
nota scoperta che la carenza di niacina (vitamina B3 o vitamina PP- Pellagra Preventing)
19
Introduzione
introdotta con la dieta è la causa primaria della pellagra [40], e pertanto di tutti i disordini
ad essa correlati.
1.4 I nucleotidi piridinici NAD+ e NADP+ nella biochimica
ossidoriduttiva
I dinucleotidi nicotinamide adenin dinucleotide (NAD+) e nicotinamide adenin
dinucleotide fosfato (NADP+ ) vengono considerati ormai da svariati decenni come i
principali coenzimi implicati nelle reazioni redox cellulari. Il motivo della preferenza
mostrata durante la selezione evolutiva molecolare nei riguardi dei citati dinucleotidi come
cofattori ossidoriduttivi, risiede essenzialmente nelle proprietà dell’anello piridinico della
molecola. Questo è infatti capace di accettare e donare elettroni, secondo lo schema
riportato in Figura 9, conferendo la capacità al NAD(P)+ di ossidare e ridurre una vasta
gamma di metaboliti. Entrambi i dinucleotidi redox vengono difatti utilizzati sia nel
catabolismo (glicolisi, sintesi di acidi grassi) che nell’anabolismo (gluconeogenesi, sintesi
degli acidi grassi, amminoacidi e nucleotidi) redox cellulare.
Rilevante è il ruolo del NADH (forma ridotta del NAD+) nella fosforilazione
ossidativa dove rappresenta il principale donatore di elettroni nella catena respiratoria
mitocondriale. Gli elettroni ceduti dal NADH vengo no trasferiti attraverso la catena
respiratoria mitocondriale all’accettore finale (O 2 ) creando sostanzialmente una corrente
elettrica lungo la membrana mitocondriale interna. L’energia generata dal flusso di
elettroni è impiegata per il trasporto di H+ dalla matrice allo spazio perimitocondriale con
la conseguente formazione di un potenziale protonico tra i due comparti. Il reflusso di
protoni verso la matrice innescata dal potenziale protonico è un processo fortemente
esoergonico la cui energia è, in ultima analisi, utilizzata per la sintesi del metabolita
energetico per eccellenza, l’ATP (adenosina trifosfato). Per ogni mole di NADH ossidato
vengono generate 2,5 moli di ATP. Il NADP + partecipa solitamente a via metaboliche
differenti rispetto a quelle del NAD+. La sua forma ridotta (NADPH) viene generata
principalmente nella via dei pentoso fosfati e, nei cloroplasti vegetali durante la fase
luminosa della fotosintesi clorofilliana, e partecipa alle reazioni redox dei processi
biosintetici.
20
Introduzione
A)
B)
Figura 9. A) Meccanismo di ossidazione e ridu zione dell’anello piridin ico del NAD + . B) Generico processo
di ossidoriduzione di una coppia alcool / aldeide mediato dalla coppia NAD +/NADH.
1.5 Ruolo del NAD+ nelle reazioni “non redox”
Oltre al suo ben noto ruolo nel metabolismo ossidoriduttivo, negli ultimi decenni si
sono accumulate numerose evidenze sperimentali a sostegno di un ruolo fisiologico del
NAD+ ben più complesso ed articolato rispetto a quello inizialmente stabilito di cofattore
redox. In particolare, è stato dimostrato che solo il 20% del pool endogeno di NAD+ è
utilizzato nel metabolismo ossidoriduttivo [54] mentre il restante 80% viene utilizzato
come substrato in reazioni che sfruttano principalmente i due legami altamente energetici
della molecola: il legame pirofosforico tra i due fosfati ed il legame β-N-glicosidico tra
l’anello piridinico ed il ribosio adiacente (Fig.4). La scissione dei due citati legami genera
NMN ed AMP nel primo caso e nicotinamide (NaM) e adenosina difosfato-riboso (ADPR)
nel secondo caso. Se le reazioni redox non influiscono sulla concentrazione del NAD +
endogeno ed hanno come unico effetto quello di far variare il rapporto tra la
concentrazione della forma ossidata e ridotta del NAD+, questa seconda serie di reazioni
determina invece un effettivo consumo del dinucleotide. Studi sul turnover del NAD +
hanno infatti evidenziato che circa il 90% del NAD+ sintetizzato da cellule in coltura serve
a compensare le perdite del dinucleotide che si verificano a causa dei citati processi
21
Introduzione
catabolici [55]. Alla luce di questi fatti appare evidente l’importanza del metabolismo non
redox del NAD+ e come il ruolo da esso giocato nell’economia cellulare globale sia
tutt’altro che marginale.
1.5.1 RUOLO DEL NAD + NELLE REAZIONI DI ADP-RIBOSILAZIONE
L’ADP-ribosilazione rappresenta un tipo di modifica post-traduzionale alla quale
possono andare incontro numerose proteine cellulari. Dal punto di vista biochimico essa
consiste nel trasferimento della porzione adenosil- fosforibosidica del NAD+ a specifici
residui di una proteina accettore, con concomitante rilascio di nicotinamide (NaM). La
reazione è mediata da un’ampia famiglia di enzimi denominati genericamente ADPribosiltrasferasi nella quale si possono distinguere due principali classi: le mono-ADPribosiltrasferasi (ART) e le poli-(ADP-riboso)-polimerasi (PARP). La principale differenza
tra le due classi di enzimi consiste nel fatto che, mentre le ART sono capaci di trasferire al
residuo proteico accettore una sola unità di ADPR, le PARP possono invece trasferire
multiple unità, col risultato finale di ottenere una catena di poli- ADP-riboso legata alla
proteina. In quest’ultimo caso le singole unità di ADP-riboso risultano essere legate tra
loro da caratteristici legami glicosidici riboso (1’’ → 2’) riboso. Ino ltre, almeno alcuni
membri della famiglia PARP, risultano essere capaci di creare catene ramificate di poliADP-riboso, con i punti di ramificazione rappresentati da legami riboso (1’’’→ 2’’) riboso.
In Figura 10 A) e 10 B) sono descritte in dettaglio la reazione catalizzata dalle ART e la
struttura di una catena di poli- ADP-riboso.
A)
22
Introduzione
B)
Figura 10. A) reazione d i A DP-ribosilazione; B) struttura di un polimero d i poli-ADP-riboso.In rosso i
legami riboso (1’’→ 2’) riboso. In blu un punto di ramificazione rappresentato da un legame riboso (1’’’→
2’’) riboso.
Le ART sono state identificate e caratterizzate in una grande varietà di organismi,
sia eucarioti che procarioti. Esse si distinguono dal punto di vista biochimico per la
differente specificità nei confronti dei residui accettori, che possono essere rappresentati
sia da residui di arginina che di cisteina. Tra le più note ART batteriche vanno ricordate le
tossine del colera e della pertosse. La loro azione patogena si esplica mediante la ADPribosilazione rispettivamente di un residuo di arginina e uno di cisteina di specifiche
proteine G. Ne consegue un’inibizione dell’attività biologica di queste proteine e la
perturbazione di vari processi biologici che determina lo stato patologico [56], [57], [58],
[59]. Nel caso della tossina del colera ad esempio, il blocco dell’attività GTPasica di queste
proteine determina uno stimolo permanente dell’adenilato ciclasi da parte delle proteine G
modificate che si traduce in un drammatico aumento della concentrazione di cAMP. Il
risultato finale è una perdita massiccia di acqua e sodio dalle cellule. L’esotossina A di
Pseudomonas aeruginosa è un’altra ART capace in questo caso di modificare un residuo di
diftamide (un’istidina modificata) del fattore di traduzione EF-2. Il risultato è un’inibizione
irreversibile della sintesi proteica [56], [60].
23
Introduzione
Le ART eucariotiche, a differenza di quelle batteriche, mostrano una specificità di
substrato rivolta prevalentemente verso residui di arginina e sembrano essere coinvolte
principalmente nella regolazione di processi extracellulari. Difatti risultano essere
rappresentate in gran parte da proteine di secrezione o da proteine di membrana ancorate al
fosfatidilinositolo [61]. Nei mammiferi sono stati anche individuati esponenti mitocondriali
delle ART ancorati alla membrana interna di questi organelli [62]. Tra i ruoli fisiologici
svolti da questi enzimi, vanno citati processi di regolazione nello sviluppo delle cellule
muscolari [63] e nella risposta immunitaria attraverso la selettiva induzione dell’apoptosi
in linfociti T attivati [64].
Mentre le ART vantano esponenti sia tra gli eucarioti che tra i procarioti, le PARP
sembrano invece essere una prerogativa degli eucarioti pluricellulari, non essendone stata
finora riscontrata la presenza né in batteri né in lieviti. Le PARP si distinguono dalle ART,
oltre che per la già citata capacità di formare polimeri di ADP-riboso, anche per la
specificità mostrata nei confronti dei residui accettori, rappresentati, nel caso delle PARP,
principalmente da residui di Acido glutammico, aspartico o Lisina. Il prototipo di questa
seconda classe di ADP-ribosiltrasferasi, (che attualmente include i cinque membri PARP1, -2, -3, V-PARP e TANKIRASI, [64], [65], [66], [67], [68]) è rappresentato da PARP-1.
Si tratta di un enzima nucleare altamente conservato composto da tre domini caratteristici:
1) un dominio N-terminale con due motivi zinc-finger capaci di legare filamenti di
DNA. In questo dominio è incluso anche il segnale di localizzazione cellulare
(NLS, Nuclear Localization Signal);
2) un dominio centrale che l’enzima è capace di automodificare;
3) un dominio catalitico C-terminale.
Il dominio N-terminale è capace di legare filamenti di DNA con rotture a singolo o
doppio filamento, attivando così il dominio catalitico e promuovendo l’attività poli-ADPriboso polimerasica. Ne consegue che questo enzima si attiva in risposta al danno
genotossico indotto da agenti alchilanti, radiazioni ionizzanti o radicali liberi sul DNA. I
bersagli principali del processo di ADP-ribosilazione mediato dalla PARP-1 sono l’istone
H1 ed il dominio centrale dell’enzima stesso (automodificazione). L’elevata carica
negativa del polimero di poli- ADP-riboso induce una repulsione elettrostatica tra le
proteine modificate ed il DNA che si trad uce nel distacco della PARP-1 dall’acido
nucleico e nell’allontanamento delle proteine istoniche dal DNA. Il DNA danneggiato
24
Introduzione
diventa così accessibile ai complessi enzimatici capaci di attuarne la riparazione. Da notare
che altri enzimi suscettibili di poli-ADP-ribosilazione sono la DNA-polimerasi e la RNApolimerasi: la loro modifica assicura che trascrizione e replicazione siano bloccati mentre
sono in atto processi di riparazione del DNA [69]. Il ciclo di riparazione si conclude con
l’intervento di una poli- ADP-riboso glicoidrolasi chiamata PARG che degrada i polimeri
di poli- ADP-riboso addizionati alle proteine accettrici [70]. Appare chiaro come PARP-1
svolga un ruolo fondamentale nella risposta e nella sopravvivenza cellulare al danno
genotossico sul DNA. Questa risposta presenta una intrinseca dicotomia: se da un lato
PARP-1 è capace di promuovere la sopravvivenza a lievi danni al DNA innescando i sopra
citati meccanismi, dall’altro appare capace di promuovere la morte cellulare per necrosi in
seguito ad un massiccio danno genotossico. La morte necrotica si verifica in quest’ultimo
caso per il drastico consumo di NAD+ da parte della PARP-1, che lascia la cellula priva di
questo essenziale coenzima [71]. Va inoltre ricordato che durante l’apoptosi (morte
cellulare programmata) che si innesca a causa di danni al DNA irreversibili, vengono
attivate specifiche caspasi, proteasi in grado di proteolizzare PARP-1: viene in questo
modo impedito che il processo di poli-ADP-ribosilazione esaurisca le scorte di NAD+
necessarie per il corretto svolgimento del processo apoptotico [72].
Oltre al ruolo nella risposta a stress genotossici, numerose altre funzioni sono state
associate alle PARP [73]. A questi enzimi è stato difatti attribuito un ruolo regolatorio in
processi quali replicazione, trascrizione, differenziamento cellulare, attività telomerasica
ed organizzazione del citoscheletro.
1.5.2 RUOLO DEL NAD + NELLA GIUNZIONE DI FRAMMENTI
DI DNA:
LIGAZIONE DEL DNA
Nei procarioti l’idrolisi del legame pirofosforico del NAD + funge da fonte di
energia per l’attivazione della DNA ligasi (EC 6.5.1.2). Nelle cellule le DNA ligasi
intervengono nella replicazione del DNA (completamento della sintesi del filamento
tardivo), ma anche in altri fenomeni di ricombinazione genica e di riparazione del DNA
[74].
Tutti i batteri contengono un singolo gene per la DNA ligasi, che è un enzima
NAD+-dipendente. Le DNA ligasi degli eucarioti e dei batteriofagi sono invece enzimi
25
Introduzione
ATP-dipendenti. Le DNA ligasi catalizzano la formazione di un legame fosfodiesterico tra
una coppia di residui 5’-fosfato e 3’-ossidrile. La reazione è endoergonica e richiede ATP
o NAD+ quali fonti di energia.
Il meccanismo di reazione (Fig. 11) è simile per tutte le DNA ligasi, a prescindere
dalla loro origine, ed implica la formazione di un complesso enzima-AMP, che coinvolge
un residuo di lisina ubiquitariamente conservato. In particolare:
a) il NAD+ (o ATP) reagisce con la DNA ligasi e lega covalentemente la sua porzione
adenilica a un residuo di lisina e contemporaneamente viene rilasciato NMN (o
pirofosfato, PPi);
b) l’AMP “attivante” viene trasferito al gruppo 5’-fosfato del DNA, formando un
intermedio covalente instabile DNA-adenilato;
c) su quest’ultimo, il gruppo 3’OH del DNA da ligare effettua un attacco nucleofilo
all’atomo di fosforo attivato dall’AMP, con formazione del nuovo legame
fosfodiesterico e con rilascio di AMP.
A)
B)
C)
Figura 11. Meccanismo d i reazione della DNA ligasi NAD+ -dipendente.
26
Introduzione
1.5.3 RUOLO DEL NAD + NELLA MOBILIZZAZIONE DEL Ca2+ INTRACELLULARE
La capacità dello ione calcio (Ca2+) di mediare un vasto ed eterogeneo assortimento
di processi cellulari è ben nota. Ne sono esempi la contrazione muscolare, la secrezione di
neurotrasmettitori da parte di cellule nervose, la fertilizzazio ne della cellula uovo e la
morte cellulare per apoptosi [75], [76], [77], [78]. Come un singolo ione sia capace di
coordinare processi così differenti tra loro è tutt’oggi oggetto di intenso studio. La
caratteristica principale dei segnali calcio-mediati è la formazione di picchi o onde di
concentrazione dello ione in questione che iniziano con un aumento localizzato della
concentrazione di Ca2+ innescato dallo stimolo iniziale. Il Ca 2+ rilasciato diffonde
attraverso il citoplasma verso altri distretti cellulari promuovendo il rilascio di ulteriori ioni
e, in ultima analisi, la risposta fisiologica allo stimolo iniziale. L’effetto del calcio sul
rilascio dello stesso ione dai depositi intracellulari è duplice: a basse concentrazioni il Ca2+
è un effettore positivo capace di stimolare il suo stesso rilascio, mentre ad alte
concentrazioni l’effetto diventa inibitorio. In questo modo, quando la concentrazione
intracellulare di Ca2+ supera una determinata soglia, può iniziare il processo d i
riassorbimento dello ione [78]. Va sottolineato che il calcio è solo un effettore (positivo o
negativo a seconda della sua concentrazione) nel processo del suo rilascio dai depositi
intracellulari che invece richiede la presenza di molecole segnale calcio- mobilizzanti
specifiche.
La principale molecola responsabile della mobilizzazione del Ca2+
intracellulare è l’inositolo trifosfato (InsP3 ) [79].
Tra gli altri metaboliti dotati di proprietà calcio- mobilizzanti vanno citati l’ADPriboso ciclico (cADPR), l’ADP-riboso fosfato ciclico (cADPRP) e l’acido nicotinico
adenin dinucleotide fosfato (NaADP +) [80], [81], [82], [83]. La scoperta di questi composti
ha permesso di attribuire al NAD(P)+ un importante ruolo anche nella mobilizzazione del
Ca2+ intracellulare in quanto le citate molecole derivano direttamente dal dinucleotide
piridinico attraverso due differenti reazioni mediate da uno stesso enzima ad attività ADPribosil ciclasica e transglicosidasica. Nei mammiferi, il principale enzima che catalizza la
sintesi di cADPR(P) e NaADP+ sembra essere CD38, una proteina intrinseca di membrana
ben nota per il ruolo svolto nella regolazione dell’attivazione e della proliferazione dei
linfociti [84]. Questo enzima è capace di mediare sia il processo di ciclizzazione del
NAD(P)+ a cADPR(P) sia il processo di transglicosidazione del NAD(P)+ a NaAD(P)+
(Fig. 12). Quest’ultima attività catalitica necessita però di condizioni piuttosto lontane
27
Introduzione
dagli standard fisiologici, in quanto CD38 ha mostrato di essere capace di sintetizzare
NaADP+ con un optimum di pH pari a 5 e con una concentrazione di acido nicotinico
largamente in eccesso rispetto ai valori di concentrazione endogena. Ci si interroga dunque
sulla valenza fisiologica della reazione di transglicosidazione in questione, e per questo
sono stati proposti altri meccanismi per la sintesi di NaADP + come la fosforilazione diretta
del NaAD+ e la deamminazione diretta del NADP + [81], [83].
Figura 12. Sintesi dei calcio-mobilizzatori NaADP+ e cADPR(P) med iata da CD38 a partire da NAD(P)+ . A,
transglicosidazione; B, ciclizzazione.
Per quanto concerne l’attività biologica di cADPR(P), NaADP+ ed InsP3 , è
interessante notare che ognuno di questi messaggeri è capace di mobilizzare Ca 2+ da
differenti depositi cellulari attivando differenti canali ionici. È stato dimostrato in effetti
28
Introduzione
che il rilascio di Ca2+ innescato dai tre composti è inibito selettivamente da sostanze
differenti: l’eparina è un inibitore selettivo della mobilizzazione del Ca2+ mediata da InsP3 ,
la procaina è invece un antagonista selettivo per il cADPR, infine, un antagonista specifico
per il NaADP+ è risultato essere la tionicotinamide-NADP+ [85]. Tutto ciò suggerisce
fortemente che i tre messaggeri derivati dal NAD+ siano funzionali a processi e risposte
fisiologiche differenti.
1.5.4 REAZIONI DI DEACETILAZIONE NAD +-DIPENDENTE
I fenomeni di acetilazione e deacetilazione a carico delle proteine rappresentano un
ben noto meccanismo di regolazione implicato in numerosi processi cellulari, quali il
riconoscimento del DNA da parte di proteine, l’interazione tra proteine, e la stabilità
proteica [86]. Il processo di acetilazione, consistente nell’aggancio di un gruppo acetile
all’azoto amminico di un residuo di lisina di una proteina accettrice, è mediato da una
famiglia di enzimi denominata HAT (histone acetyltransferase, istone acetiltrasferasi)
mentre la reversibilità del processo è garantita dalle HDAC (histone deacetylases, istone
deacetilasi) che catalizzano la rimozione dei gruppi acetili dai residui di lisina accettori. A
dispetto di quanto suggerito dai loro nomi, entrambe le famiglie di enzimi discusse
annoverano tra i loro substrati un vasto assortimento di proteine di cui gli istoni
rappresentano solo una parte. Le HDAC vengono raggruppate in tre classi sulla base della
loro omologia con repressori trascrizionali di lievito: le deacetilasi di classe I e classe II
sono omologhe rispettivamente delle deacetilasi di lievito Rpd3p e Hda1p e presentano una
elevata reciproca omologia nei core catalitici. Le deacetilasi di classe III non presentano
invece similarità con le altre due classi e vengono chiamate proteine SIR2 (Silent
Information Regulator 2) o sirtuine in onore del loro membro fondatore, Sir2p di lievito.
Dal punto di vista biochimico, la principale peculiarità delle sirtuine consiste nella
loro completa dipendenza catalitica dal NAD+. In effetti, nonostante il processo di
deacetilazione sia termodinamicamente favorito, le sirtuine accoppiano la rimozione del
gruppo acetile dai residui acetilati del legame β-N-glicosidico ad alta energia del NAD+. Il
gruppo acetile rimosso viene trasferito all’ADP riboso con formazione di NaM e dei due
isomeri 2’ e 3’-O-acetil-riboso [87], [88] (Fig. 13). È stato dimostrato che questi ultimi due
composti sono capaci di ritardare la maturazione e la divisione cellulare dei blastomeri
29
Introduzione
degli oociti in cui vengono iniettati [89] ed è stato per questo proposto che possano fungere
da secondi messaggeri con funzioni correlate all’attività delle sirtuine.
Figura 13. Deacetilazione NAD+ -dipendente mediata dalle HDACs di classe III.
Dai batteri all’uomo, la famiglia delle sirtuine è altamente conservata [90]. Sir2p di
lievito, membro fondatore della famiglia SIR2, è risultato essere sostanzialmente un
repressore trascrizionale la cui azione si esplica mediante acetilazione degli istoni H3 ed
H4. La rimozione degli acetili delle proteine istoniche comporta difatti una perdita di
cariche negative che favorisce l’interazione istoni-DNA e dunque la conversione
dell’eucromatina (forma più rilassata della cromatina, trascrizionalmente più attiva) in
eterocromatina, estremamente condensata e geneticamente silente in quanto inaccessibile
ai fattori trascrizionali. Sir2p nel lievito è richiesta per il silenziamento trascrizionale a
livello dei telomeri [91], del DNA ribosomiale [92] e dei loci mating type [93].
30
Introduzione
Una singola copia extra di Sir2p in lievito è capace di aumentare la durata del ciclo
replicativo in maniera estremamente significativa [94]. Questo effetto sulla durata della
vita cellulare è stato messo in relazione con la capacità di inibire la ricombinazione e la
produzione di rDNA circolari, una nota causa di senescenza cellulare.
Nell’uomo, Sirt1 è il più stretto omologo di Sir2p. Nonostante Sirt1 sia capace in vitro di
deacetilare efficacemente le proteine istoniche [95], i suoi target fisiologici sembrano
essere principalmente altri. Tra i più interessanti vanno citati l’oncosoppressore p53 [96],
[97], ed il fattore trascrizionale FOXO3 [98], implicato nel controllo del ciclo cellulare e
nella detossificazione cellulare in risposta ai ROS (specie reattive dell’ossigeno). Sotto
condizioni di stress ossidativo, Sirt1 interagisce con FOXO3 deacetilando e promuovendo
da un lato la trascrizione FOXO3-dipendente di fattori di resistenza allo stress e dall’altro
la repressione della trascrizione di fattori proapoptotici. L’abilità di Sirt1 di bloccare il
processo apoptotico è sottolineata anche dal fatto che la deacetilazione Sirt1-dipendente di
p53 inibisce l’attività proapoptotica di quest’ultimo. Nel complesso, le evidenze
sperimentali accumulate circa le funzioni di Sirt1, fanno di quest’ ultimo un fattore
trascrizionale capace di prolungare la vita cellulare in risposta a condizioni di stress
ossidativo ritardando il processo apoptotico e promuovendo l’espressione di fattori per la
resistenza allo stress. Il fatto che l’attività catalitica di Sirt1 sia dipendente dal NAD+
prospetta un’interessante ipotesi: in ultima analisi lo stato redox della cellula deciderebbe
le sorti cellulari in condizioni di stress modulando l’attività di Sirt1. Un elevata
disponibilità di NAD+ (indice di un elevato rapporto NAD+ /NADH) innescherebbe
processi di resistenza allo stress stimolando l’attività di Sirt1 mentre uno stato redox
sfavorevole inibirebbe l’attività di Sirt1 con conseguente attivazione del processo
apoptotico (Fig.14). In effetti è stato proposto che, in generale, gli enzimi SIR2 siano
sostanzialmente dei sensori dello stato metabolico della cellula capaci di modulare, in
risposta a quest’ultimo, processi fisiologici essenziali.
31
Introduzione
Figura 14. Schema di eventi nella risposta cellulare a condizioni di stress ossidativo modulata dallo stato
redox della cellu la in maniera Sirt 1-d ipendente.
Infine, le reazioni che scindono il NAD+ (ma non il NADH) possono determinare
un’alterazione del potenziale redox. È noto che la produzione di specie reattive
dell’ossigeno (ROS), mediata dall’azione dei radicali liberi, causa un danno cellulare
irreversibile conseguente ad una alterazione del potenziale redox in malattie infettive,
diabete, sindromi infiammatorie, neurodegenerazione e cancro. Il potenziale redox è
collegato sia alla concentrazione assoluta dei dinucleotidi piridinici che al rapporto tra le
concentrazioni delle forme ossidata e ridotta ([NAD+ ]/[NADH] e [NADP+ ]/[NADPH]).
Pertanto è plausibile che un’alterata regolazione della sintesi e degradazione di questi
32
Introduzione
coenzimi influenzi direttamente lo stato redox cellulare, e contribuisca quindi ai
meccanismi alla base della patogenesi delle malattie citate [24].
1.6 Degenerazione Walleriana
Quando traumi o lesioni di un nervo periferico causano la perdita della continuità
dell’assone, si verifica una degenerazione del segmento distale del nervo stesso: tale
processo è definito degenerazione Walleriana, in onore di Augusto Waller che per primo
nel 1850 descrisse tale fenomeno [99], recidendo i nervi glossofaringeo e ipoglosseo di
rana, e osservandone al microscopio segmenti distali separati dai corpi cellulari. In queste
condizioni si assiste al fenomeno del cosiddetto “dying-back”, che inizia dall’estremità
distale dell’assone e progressivamente si diffonde “all’indietro” verso il corpo cellulare,
prima della morte del corpo cellulare stesso. Successivamente Ranvier [100] e Ramo'n- yCajal [101] compirono studi più ampi sul fenomeno, in relazione alla distruzione della
mielina. L’interruzione delle fibre nervose che risiedono interamente nel sistema nervoso
centrale (SNC) provoca anche in questo caso degenerazione della porzione distale, ma
contrariamente alle aspettative, la degenerazione Walleriana nel SNC è molto più lenta che
nel SNP. In un elegante studio condotto su nervo frenico di ratto, Lubinska [102] ha
stimato la velocità della degenerazione Walleriana: a seconda dello spessore delle fibre, ha
calcolato 45,6 mm/24 h per le fibre più grandi e 252 mm/24 h per le fibre più sottili.
Appare ovvio che entro 48 ore, tutto il nervo è stato interamente coinvolto (Fig. 15). È
stato osservato che la degenerazione Walleriana è rallentata da temperature più basse:
esperimenti effettuati su animali pecilotermi (in grado di variare la temperatura del corpo
col variare di quella dell'ambiente), animali in letargo, e altri modelli hanno dato chiare
indicazioni sul ruolo critico della temperatura. L'accelerazione che si nota ad alte
temperature è stata attribuita alla stimolazione degli enzimi degradativi, nonché ad un
possibile esaurimento di fattori di crescita e sostanze nutritive, che in assenza di continuità
assonale non possono più fluire dal corpo cellulare all’assone secondo il normale flusso
anterogrado.
33
Introduzione
Figura 15. Processo di degenerazione Walleriana; a) lesione assonale e processo degenerativo; b)
ingrandimento dell’assone.
Il processo di degenerazione Walleriana inizia con la degradazione dell’assoplasma
e dell’assolemma accompagnata da uno sviluppo di frammenti assonali e mielina che
vengono successivamente rimossi dalle cellule di Schwann e dai macrofagi.
Il fenomeno della degenerazione assonale riveste notevole importanza dal punto di
vista clinico. Le malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Laterale
Amiotrofica e Sclerosi Multipla, le neuropatie causate da sostanze tossiche (come i
chemioterapici quali la vincristina e i tassoli) o lesioni neuronali traumatiche, interessano
una larga fetta della popolazione mondiale, e di esse nella maggior parte dei casi non si
conosce cura: le caratteristiche patologiche di queste malattie includono infatti la perdita di
neuroni e la degenerazione assonale.
Data tale importanza, sono in corso numerosissimi studi al fine di comprendere i
meccanismi molecolari alla base del processo di degenerazione assonale Walleriana, che
restano però in gran parte sconosciuti.
1.7 Degenerazione Walleriana rallentata: Wld S
Per molto tempo si è ritenuto che la degenerazione Walleriana fosse causata
solamente dalla mancanza di proteine sintetizzate nel corpo cellulare. Questo punto di vista
34
Introduzione
è stato messo in discussione grazie alla scoperta di una mutazione spontanea osservata nel
ceppo di topo denominato C57BL/6J, nel quale la velocità della degenerazione Walleriana
risulta sensibilmente rallentata [103]. Infatti, in tale topo mutante, dopo la lesione assonale
la porzione distale del neurone tagliato rimane vitale e funzionale per almeno 3-4 settimane
in vivo. Questo effetto protettivo è geneticamente dominante e intrinseco dell’assone. Nel
2001 Coleman et al. [104], hanno identificato in tale ceppo il gene responsabile del
fenotipo caratterizzato dalla protezione dell’assone nei confronti della degenerazione posttraumatica: si tratta del gene WldS (acronimo di Wallerian Degeneration Slow),
proveniente da una triplicazione tandem sul cromosoma 4. Il gene Wld S consta di una
porzione derivante dalla regione 5’ del gene del fattore di ubiquitinizzazione (Ube4b) e
dall’intera sequenza del gene D4Cole1e (Fig. 16). Il gene Wld S pertanto codifica per una
proteina di fusione formata dai primi 70 amminoacidi del fattore di ubiquitinizzazione
(Ube4b), da 18 amminoacidi provenienti dalla regione 5’ UTR (UnTraslated Region) del
gene D4Cole1e, e infine dai 285 amminoacidi della regione codificante del gene D4Cole1e
(Fig. 10).
Figura 16. Rappresentazione schematica della trip licazione tandem nel genoma dei topi Wld S e della
proteina chimerica codificata dal gene ibrido.
La porzione proteica D4Cole1e è l’omologo murino dell’enzima NMNAT1
(Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi 1), che nell’uomo catalizza una
reazione essenziale nella biosintesi del NAD+, sia de novo (1.3.1) che di recupero (1.3.2).
35
Introduzione
1.8 Caratteristiche strutturali - funzionali dell’enzima NMNAT
La scoperta delle numerose funzioni svolte dal NAD+ nel metabolismo cellulare,
non solo come cofattore nelle reazioni redox ma anche come precursore di molecole
segnale (cfr. sezione 1.5.3) e come substrato utilizzabile in essenziali processi di modifica
post-traduzionale di proteine coinvolti in fenomeni di regolazione metabolica (cfr. sezioni
1.5.1 e 1.5.4), rende evidente, fra l’altro, la stretta analogia funzionale fra NAD+ e ATP. La
duplicità di ruolo del NAD+ nell’economia cellulare, sembra essere quindi analoga al
duplice ruolo dell’ATP come metabolita sia energetico che regolatorio. La sintesi del
NAD+ deve quindi essere finemente regolata per assicurare la concentrazione necessaria
per tutti i processi che lo utilizzano.
L’enzima Nicotinamide Mononucleotide Adenililtrasferasi (NMNAT, E.C. 2.7.7.1)
appartiene alla famiglia delle nucleotidiltrasferasi α-β fosfodiesterasi, e catalizza la
reazione reversibile:
NMNAT + ATP
NAD+ + PPi
L’enzima gioca pertanto un ruolo chiave nella sintesi del NAD+, catalizzando la reazione
enzimatica che rappresenta la tappa conclusiva sia delle vie di recupero che della via
biosintetica de novo del NAD+. La reazione è riportata in Figura 17. Si tratta di un attacco
nucleofilo da parte di un atomo di ossigeno del gruppo fosfato del substrato NMN o NaMN
al fosfato α dell’ATP, con conseguente formazione di NAD+ e rilascio di PPi.
A)
36
Introduzione
B)
Figura 17. A) Schema della reazione catalizzata dalle NM NAT. B) Modello tridimensionale della reazione.
La conformazione e la disposizione spaziale del NA D+ è stata estrapolata dalla struttura cristallografica della
hNMNAT1 con esso complessata (codice pdp 1KQN). La d isposizione del PP i dopo catalisi è stata dedotta
dalla posizione dei fosfati β e γ dell’ATP. Rosso = O; b lu = N; arancio = P; verde = C.
Tutte le NMNAT finora studiate richiedono per la catalisi un catione divalente.
Nonostante il metallo non sia richiesto per il legame dei singoli substrati all’enzima [35],
sembra sia necessario affinché avvenga l’attacco nucleofilo, probabilmente spostando il
fosfato piridinico in una posizione più favorevole per l’aggancio del fosfato α dell’ATP. Le
NMNAT eucariotiche mostrano una duplice specificità di substrato, rivolta, oltre all’NMN,
anche all’NaMN e risultano quindi capaci di sintetizzare anche NaAD +. Le NMNAT
eubatteriche finora studiate risultano invece incapaci di utilizzare efficientemente NMN
[105] e per questo sono chiamate Nicotinato MonoNucleotide AdenililTrasferasi
(NaMNAT, E.C. 2.7.7.18).
Tutte le N(a)MNAT note presentano una sequenza estremamente conservata nella
porzione N-terminale (GXFXPX(T/H)XXH) ed una sequenza altrettanto conservata al Cterminale (SX(T/S)XXR) [106], [107] che sono pertanto state identificate come signature
37
Introduzione
caratteristiche di questa famiglia di enzimi, che gioca un ruolo fondamentale nel
riconoscimento e nel legame dei substrati.
Nell’uomo sono state finora individuate e caratterizzate tre distinte isoforme
dell’enzima NMNAT. I tre isoenzimi presentano sostanziali differenze per quanto
riguarda: a) localizzazione subcellulare (Fig. 18), b) struttura quaternaria, c) proprietà
cinetiche e d) profili di espressione tissutale [108].
Figura 18. Localizzazione subcellulare delle h NMNATs. Cellu le Hela sono state trasfettate in modo da
sovraesprimere le h NMNAT fuse a peptidi FLA G N-terminali. a) Le cellu le Hela sovraesprimenti
hNMNAT1 sono state immunocolorate con il co lorante DAPI , specifico per i cro mosomi, e con anticorpi
fluorescenti anti-FLA G. b ) In due esperimenti ind ipendenti hNMNAT2 è stata iperespressa con il FLA G fuso
al N ed al C-terminale. Il marker di localizzazione nel Go lgi è rappresentato dal costrutto EYFP. Le cellule
sono state colorate con anticorpi anti-FLA G e con anticorpi contro il costrutto. c) Per hNM NA T3 il marker di
localizzazione nei mitocondri è rappresentato dal colorante Mitotracker (MT) specifico per i mitocondri.
hNMNAT1- L’isoenzima hNMNAT1 è una proteina di 279 residui dal peso molecolare
teorico di 31,9 kDa. L’analisi della struttura primaria evidenzia la presenza di un segnale
38
Introduzione
NLS (Nuclear Localization Signal; PGRKRKW) nel dominio centrale dell’enzima, a
conferma della sua nota localizzazione nucleare [34], [108]. La sua presenza nel nucleo ha
suggerito una relazione funzionale con PARP-1, portando all’identificazione del ruolo
inibitorio svolto da hNMNAT1 nei confronti dei processi di ADP-ribosilazione [34], [109].
Questa interazione suggerisce fortemente che
hNMNAT1
regolazione
possa
giocare
fisiologica
un ruolo
dell’attività
nella
ADP-
ribosiltrasferasica nucleare, prevenendo la morte
necrotica causata da un eccessivo consumo di
NAD+ durante la risposta fisiologica al danno
genotossico (vedi sezione 1.5.1).
Il gene per hNMNAT1 è localizzato sul
cromosoma 1p36.2 e, come evidenziato da
esperimenti di Northern blotting, sembra essere
copiato
in due
trascritti delle dimensioni
rispettivamente di 3,1 e 4,1 KDa.
La presenza di questi due RNA messaggeri è
stata
riscontrata,
sebbene
a
livelli
quantitativamente differenti, in tutti i tessuti
umani finora esaminati facendo di hNMNAT1
l’enzima più ubiquitario della famiglia e quindi il
Figura 19. Struttura cristallografica o ligomerica
principale
della h NMNAT1 (codice pdb 1KKU).
dell’omeostasi del NAD+ nell’uomo.
responsabile
della
biosintesi
e
La struttura tridimensionale della hNMNAT1
(Fig. 19), determinata indipendentemente in tre diversi laboratori (di cui il primo è il
laboratorio dove è stata svolta la presente tesi) [107], [110], [111] sia come apoenzima che
in complesso con i vari substrati, ha rivelato una struttura quaternaria esamerica.
hNMNAT2- L’isoenzima hNMNAT2 è una proteina di 307 residui dal peso molecolare
teorico di 34,4 kDa identificata e caratterizzata per la prima volta nel laboratorio dove è
stato svolto il presente lavoro di tesi [112]. Il corrispondente gene è stato localizzato in
posizione 1q25. Per la hNMNAT2 inizialmente definita citosolica [35], è stata
39
Introduzione
successivamente dimostrata una localizzazione subcellulare prettamente golgiana [108].
Esperimenti di gel filtrazione hanno dimostrato per questa proteina un’organizzazione
monomerica in soluzione, anche se non è stato ancora possibile confermare ciò con dati
cristallografici. In effetti hNMNAT2 è l’unico isoenzima della famiglia delle NMNAT
umane per il quale non è stata ancora risolta la struttura tridimensionale.
Questo enzima risulta essere espresso principalmente nel cervello [112] e nelle
isole di Langherans del pancreas [113]. Questo fatto, in associazione con la localizzazione
golgiana, suggerisce per hNMNAT2 un possibile ruolo nei fenomeni di secrezione
cellulare.
hNMNAT3- L’isoenzima hNMNAT3 è la più piccola delle proteine NMNAT essendo
costituito da 252 residui, con un peso molecolare teorico di 28,3 kDa. Il gene è localizzato
in posizione 3q23. L’enzima presenta una localizzazione subcellulare mitocondriale [108]
e sembra essere espresso principalmente nella milza e nel polmone e , meno, nella placenta
e nel rene [35]. L’organizzazione quaternaria è di tipo tetramerico [35] con i monomeri
aventi un fold molto simile a quello della NMNAT1. Il ruolo fisiologico giocato da questo
enzima all’interno del mitocondrio è ancora sconosciuto.
Come indicato da Sorci et al. [114], la hNMNAT1 mostra una chiara superiorità
catalitica rispetto alle altre due isoforme, il che suggerisce che tale isoforma nei mammiferi
sia principalmente responsabile dell’omeostasi del NAD+ in vivo, un evento localizzato
essenzialmente nella sede nucleare come dimostrato dalla localizzazione dell’enzima in
questione. Dato che il NAD+ nucleare è in equilibrio con quello citosolico, è evidente che
l’NMNAT1 possa essere ragionevolmente il maggiore responsabile del rifornimento del
dinucleotide, e dunque dell’omeostasi a livello dell’intera cellula di mammifero. Il suo
ruolo essenziale nella biosintesi di NAD+ è inoltre evidenziato dalla natura praticamente
ubiquitaria
nelle
varie cellule differenziate dell’organismo,
che
coincide con
un’espressione costitutiva. Al contrario, la sensibile e globale minore efficienza catalitica
riscontrata a carico delle isoforme NMNAT2 e NMNAT3, unitamente alla loro espressione
non ubiquitaria, non permette di assegnare loro una funzione capace di vicariare
l’isoenzima 1 nel ruolo di principale rifornitore di NAD+ cellulare. A tale riguardo è stata
avanzata l’ipotesi che queste due isoforme, operando la sintesi di NAD+ localizzata
40
Introduzione
all’interno degli organelli in cui sono confinate, contribuiscano ad eventi fisiologici
particolari e/o tessuto-specifici, a tutt’oggi in gran parte sconosciuti.
1.9 WldS e NMNAT nella neuroprotezione
Il sistema nervoso periferico (SNP) ha una grande capacità di rigenerativa dopo
lesione con prospettiva di prognosi favorevole in alcune neuropatie assonali. Al contrario,
la degenerazione Walleriana nel sistema nervoso centrale (SNC) non mostra visibili segni
di rigenerazione, e il recupero assonale sembra essere fuori dalla portata della
manipolazione terapeutica. Tuttavia, l'effetto protettivo della proteina Wld S, che è
condiviso sia dal sistema nervoso periferico (SNP) che da quello centrale (SNC) può far
pensare all’esistenza di un meccanismo di danno assonale comune e ad un possibile
comune rimedio.
Allo scopo di prevenire la perdita di assoni e dendriti e di studiare nuovi trattamenti
terapeutici per tutti quei disordini che comportano neurodegenerazione, negli ultimi 20
anni sono stati effettuati numerosi studi volti ad chiarire il coinvolgimento della Wld S e
delle tre isoforme NMNAT nella protezione assonale.
Oltre alle osservazioni effettuate in vitro, da cui si è potuto concludere che la proteina
WldS protegge in neuropatie indotte dai due antitumorali Vincristina e Tassolo [115],
[116], [117], è stato appurato che essa ha effetto neuroprotettivo anche in studi condotti su
topi mutanti Wld S modello di molte patologie come morbo di Parkinson [118], neuropatia
progressiva dei nervi motori [119], sclerosi multipla [120], assonopatia legata alla mielina
[121], distrofia muscolare gracile [122] e glaucoma [123].
Inizialmente ci sono state alcune controversie su quale fosse la porzione della Wld S
responsabile della neuro protezione: i 70 amminoacidi del fattore di ubiquitinizzazione, o
la NMNAT1, o se fosse necessaria l’intera proteina. In neuroni in coltura, differenti gruppi
di ricerca hanno osservato che, inibendo l’attività del sistema proteasomico dell’ubiquitina
si ottiene un rallentamento della degenerazione Walleriana [124], [125], mentre la
iperespressione della sola NMNAT1 può mimare l’effetto protettivo della Wld S [126],
[127], [128]. Qualche effetto protettivo può essere mimato anche dal NAD+ stesso
introdotto dall’esterno o dai suoi precursori nicotinamide e nicotinamide riboside forniti
dall’esterno, suggerendo che la Wld S/NMNAT1 può agire, almeno parzialmente, attraverso
41
Introduzione
la biosintesi del NAD+. Similmente, studi indipendenti hanno dimostrato che la NMNAT1
potrebbe proteggere dalla degenerazione in modelli in vivo costituiti da Drosophila [129],
[130]. Tuttavia la Dr.ssa Conforti e il suo gruppo in Inghilterra hanno anche osservato che
la iperespressione della NMNAT1 in modelli di topi transgenici non protegge dalla
degenerazione Walleriana in nervi sciatici in vivo [131]. La spiegazione di questa
discrepanza è stata trovata nel fatto che mentre la NMNAT1 è nucleare, le proteine
iperespresse Wld S/NMNAT1 possono essere rilevate negli assoni dei nervi in coltura
[127], [130]. Forse la NMNAT1 espressa nei topi transgenici generati nel laboratorio della
Dr.ssa Conforti [131] non ha raggiunto un alto livello di espressione ed era principalmente
localizzata nel nucleo, quindi la NMNAT1 presente negli assoni risultava insufficiente per
sviluppare la protezione. Inoltre, sebbene molti studi indicano che la Wld S sia localizzata
nel nucleo di neuroni dei topi Wld S [132], questi studi si basano su anticorpi preparati
contro un peptide di 18 amminoacidi della Wld S (localizzato tra i 70 amminoacidi
provenienti dal fattore di ubiquitinizzazione Ube4b e la NMNAT1) [133], [134]. Il fattore
di ubiquitinizzazione stesso è localizzato sia nel nucleo che nell’assone, e pertanto la
proteina di fusione Wld S potrebbe essere portata nell’assone dal frammento di Ube4b. A
supporto di questa ipotesi è stato dimostrato che una forma mutante di Wld S con la
mutazione sul segnale di localizzazione nucleare (che porta ad un aumento della
concentrazione della Wld S nel citoplasma) ha l’effetto di incrementare fortemente l’effetto
protettivo dalla degenerazione Walleriana [135]. Dal 2004 al 2007 sono stati condotti
numerosi studi in vari mutanti per la comprensione del meccanismo alla base della
neurodegenerazione, ma nonostante i brillanti risultati rimangono ancora molti quesiti
irrisolti.
Sono stati anche analizzati i diversi livelli di protezione dalla neurodegenerazione
da parte dei tre isoenzimi NMNAT noti. È stato appurato che la NMNAT1 ritarda la
degenerazione assonale dopo l’assotomia in colture primarie DRG ( Dorsal Root Ganglia)
[126], [127], e previene la degenerazione assonale causata dalla sovraesposizione alla
vincristina in colture cellulari DRG [126], [136]. È importante notare che sebbene la
NMNAT1 sia nucleare, la proteina iperespressa si rileva nel citoplasma e negli assoni.
Recenti scoperte hanno rivelato che i livelli di NMNAT2 subiscono un notevole
decremento nell’ippocampo di topi transgenici vecchi, APPswe/PS1dE9, modelli per
l’Alzheimer [137], [138]. Inoltre la iperespressione della NMNAT2 umana protegge dalla
42
Introduzione
degenerazione gli assoni recisi in cellule SCG in coltura [137], mentre non protegge gli
ORN (neuroni recettori olfattivi) recisi [139]. Analogamente alla NMNAT1, la NMNAT3
protegge gli assoni da disfunzioni mitocondriali indotte da una varietà di aggressioni come
taglio e sostanze chimiche tossiche, nonché esplica protezione in cellule DRG e in
Drosophila [128], [136]. Infine è molto interessante notare che la NMNAT3 protegge dalla
neurodegenerazione in modelli di topo transgenico in modo simile alla Wld S, supportando
ancora una volta l’effetto protettivo delle NMNAT non nucleari e della Wld S stessa [140].
Si può concludere che la protezione assonale NMNAT- mediata è evoluzionisticamente
conservata: le NMNAT, nonostante presentino sequenze differenti e strutture diverse in
varie specie incluse Drosophila, lieviti e archebatteri, mediano tutte una risposta assonale
in colture cellulari murine DRG [141].
Infine, ma non meno importante, rimane ancora da determinare il ruolo che il
NAD+ avrebbe nella neuroprotezione: anche in questo caso sono stati ottenuti risultati che
non concordano su quale sia la reale importanza del NAD+, e quindi quanto un incremento
dell’attività enzimatica da parte delle varie isoforme NMNAT influenzi la degenerazione
assonale. Se da una parte sono state condotte osservazioni che tendono ad attribuire al
NAD+ un ruolo chiave nella neuroprotezione attraverso l’impatto con il metabolismo
energetico dell’assone [127], è stato anche appurato che inibendo in colture SCG Wld S
l’attività della NamPRT, enzima che catalizza lo step limitante della biosintesi del NAD +
dalla NaM (cfr. 1.3.2), il fenotipo Wld S viene invertito solo in maniera incompleta; allo
stesso tempo l’inibizione della NamPRT non influenza l’attività protettiva della NMNAT1
[141]. Questi dati suggeriscono pertanto una potenziale ipotetica azione NAD+indipendente della NMNAT1.
Dunque, nonostante siano stati fatti molti progressi nella comprensione della
degenerazione assonale, molti quesiti rimangono irrisolti: sarebbe interessante chiarire
esattamente quali sono gli organelli cellulari in cui la Wld S e le NMNAT operano e il
pathway attraverso cui esplicano le loro funzioni protettive. Infine, non sono state
chiaramente caratterizzate oltre alla Wld S, le funzioni protettive delle NMNAT nelle
malattie neurodegenerative, nonché la correlazione delle NMNAT a queste stesse
condizioni patologiche.
43
Introduzione
1.10 Scopo del presente lavoro di tesi e prospettive
I risultati riportati sulla degenerazione Walleriana non concordano su quale dei tre
isoenzimi NMNAT sia responsabile della protezione dalla degenerazione assonale nei
mammiferi, e non è noto se il ruolo principale sia svolto da un’unica isoforma o se le varie
isoforme svolgano ruoli sinergici. Gli studi più recenti, tendono ad accreditare il
coinvolgimento diretto dell’isoenzima NMNAT2: infatti, Jilley e Coleman [142] hanno
dimostrato che la specifica deplezione della NMNAT2 (la più labile delle tre isoforme) è
sufficiente ad indurre una degenerazione di tipo Walleriano in assoni lesionati che la
NMNAT1 e la NMNAT3 endogene non sono in grado di compensare. Per contro
l’iperespressione di NMNAT2 “esogena” può proteggere un neurite lesionato, se espressa a
livelli sufficientemente alti da sopperire alla sua limitata emivita.
Data la grande quantità di informazioni presenti in letteratura sull’argomento
specifico spesso contraddittorie, diventa essenziale approfondire lo studio dei meccanismi
molecolari alla base della protezione. A tal proposito, nel 2006, nel laboratorio in cui si è
svolta il presente lavoro di tesi, è stato intrapreso uno studio volto a determinare le
caratteristiche cinetiche dei tre isoenzimi NMNAT nell’uomo, la loro attività enzimatica
con substrati alternativi e la marcata peculiare differenza di attività in presenza di
determinati ioni metallici come cofattori dell’attività enzimatica, al fine di poter
determinare selettivamente l’attività dei 3 isoenzimi stessi in diversi estratti tissutali di
varia natura, senza dover procedere alla loro separazione tramite laboriose procedure di
purificazione [114]. Dal momento che le 3 isoforme di NMNAT sono enzimi chiave della
biosintesi del NAD+, la cui alterata regolazione è alla base della patogenesi di molte
patologie umane di notevole interesse anche dal punto di vista nutrizionale, e che il topo è
il modello nel quale è stata identificata la mutazione Wld S, l’obiettivo del presente lavoro
di ricerca è stato quello di estendere al sistema murino uno studio analogo. In particolare lo
studio si è preposto di:
1. studiare le caratteristiche cinetiche dei 3 isoenzimi singolarmente;
2. mettere a punto un saggio che possa distinguere (“discriminazione”) il contributo
individuale dei tre isoenzimi NMNAT in tessuti provenie nti da topi modello di
malattie neurodegenerative, sottoposti a vari tipi di mutazio ni o a vari regimi
nutrizionali;
44
Introduzione
3. stabilire le eventuali condizioni di saggio enzimatico che permettano eventualmente
di discriminare l’attività enzimatica della proteina Wld S da quella delle tre
NMNAT, e in particolare dall’isoforma NMNAT1 distintamente da quella che è
parte della Wld S stessa, in modo da poter contribuire al chiarimento dei meccanismi
molecolari alla base della capacità neuroprotettiva e dell’espressione della proteina
chimerica;
4. correlare le caratteristiche funzionali delle diverse isoforme con quelle strutturali
disponibili, per la ricerca di eventuali determinanti strutturali importanti per
l’espletamento delle peculiari attività biologiche.
I risultati potranno essere messi in relazione con tutte le caratteristiche note del fenotipo
WldS, e successivamente impiegati nella ricerca mediante screening in silico e in vitro, di
piccole molecole non proteiche in grado di mimare l’effetto protettivo del gene Wld S.
Queste molecole potranno essere ulteriormente sviluppate con i metodi della chimica
farmaceutica, della farmacologia e della nutraceutica, allo scopo di ritardare la
neurodegenerazione post-traumatica e patologica nell’uomo, dato che, come ovvio,
nell’uomo non è possibile contare su un gene mutante omologo a Wld S.
Tali studi contribuiranno anche al chiarimento del ruolo della vitamina PP nella
prevenzione di patologie pellagra-simili.
45
Materiali e Metodi
2. MATERIALI E METODI
2.1 Clonaggio, espressione e purificazione
2.1.1 SISTEMA DI ESPRESSIONE E VETTORI USATI
L’ottenimento in forma ricombinante delle tre isoforme NMNAT murine e della
isoforma mutante chimerica Wld S è stato condotto a partire da costrutti gentilmente
fornitici dal Dott. Michael Coleman e dalla Dott.ssa Laura Conforti (Babraham Institute,
University of Cambridge, UK). Tali costrutti, contenenti appropriate sequenze da Mus
musculus codificanti per NMNAT1 (GenBank HP597679), NMNAT2 (GenBanK
HP780669), NMNAT3 (GenBanK HP653116) e Wld S (GenBanK AF260924), sono stati
usati per il subclonaggio nei vettori di espressione pET28b e pET28c (vedi paragrafi 2.1.2
e 2.1.3 successivi). Il sistema batterico e i vettori impiegati per l’espressione degli enzimi
ricombinanti sono descritte nei successivi sottoparagrafi.
Il sistema di espressione pET - I vettori della serie pET sono destinati all’espressione
batterica e sono stati originariamente ideati e sintetizzati da Studier et al. [143], [144],
[145]. I geni di interesse clonati in questi plasmidi sono sotto il controllo del promotore
inducibile T7lac che viene riconosciuto selettivamente dalla T7 RNA polime rasi (Fig. 20).
Per l’espressione con il sistema pET vengono impiegate cellule di E. coli del ceppo
BL21(DE3) (genotipo F-ompT gal dcm lon hsdSB(rB-mB-)λD3). Si tratta di un ceppo
lisogenico per λDE3, ovvero un vettore fagico che contiene il gene codificante la T7 RNA
polimerasi, sotto il controllo del promotore inducibile lacUV5. Quest’ultimo è un allele
mutante del promotore lac che garantisce una efficienza di trascrizione quasi tre volte
maggiore rispetto al promotore nativo o wild-type. Le cellule BL21 possiedono inoltre il
gene lacI codificante una proteina diffusibile detta “lac-repressor”, capace di legarsi
all’operatore lac sia del promotore lacUV5 che del promotore T7lac. Ciò blocca la
trascrizione dell’RNA polimerasi del fago e l’eventuale trascrizione del gene target.
46
Materiali e Metodi
Figura 20. Il sistema di espressione pET.
L’espressione della proteina di interesse è indotta da un analogo del lattosio,
l’IPTG (isopropil β-D-1-tiogalattopiranoside), che legandosi al repressore lacI,
impedisce a quest’ultimo di interagire con l’operatore lac. La RNA polimerasi di E. coli
può così trascrivere il gene della T7 RNA polimerasi, che riconosce il promotore T7lac e
trascrive il gene di interesse. Poiché il legame del repressore all’operatore è dinamico, la
repressione della trascrizione non è assoluta ma qualche RNA polimerasi batterica può
sfuggire al controllo ed iniziare la trascrizione. Per di più, essendo lacI un promotore
debole, sono poche le molecole di repressore presenti nella cellula. Quindi la trascrizione
del gene per l’RNA polimerasi del batteriofago T7, seppur a bassi livelli, avviene
47
Materiali e Metodi
normalmente; per la stessa ragione, alcune molecole di T7 RNA polimerasi così prodotte
possono legarsi al promotore T7lac che controlla il gene di interesse e trascriverlo. Se la
proteina espressa in qualche modo è tossica per la cellula, la crescita cellulare e il recupero
complessivo della proteina ricombinante potrebbero risultare ridotti anche di molto. Per
aumentare la stringenza del controllo dell’espressione, i vettori pET hanno una copia del
gene lacI che codifica per il repressore lac nella loro mappa plasmidica. Nello stato “non
indotto” c’è pertanto una maggiore quantità di molecole di repressore che impediscono la
trascrizione del gene T7 e del gene target. Per un controllo ancora più stringente, sono stati
sviluppati dei ceppi di E. coli del tipo pLys. Queste cellule contengono plasmidi che
codificano per il lisozima T7, un naturale inibitore della T7 RNA polimerasi, riducendo
ulteriormente la capacità di trascrivere il gene target nello stato “non indotto”.
Il vettore di espressione pET28 (Novagen) - Tale vettore è derivato dal plasmide pBR322 e
disponibile in tre frame di lettura (a, b, c) che differiscono solo per una o due basi rispetto
alla sequenza base (Fig. 21). Nella regione di clonaggio il promotore T7lac è a monte di un
sito multiplo di clonaggio (MCS o polylinker) contenente diversi siti di restrizione, che
permettono il clonaggio direzionale del gene di interesse. A valle dell’MCS si trova il
terminatore della trascrizione T7, una sequenza riconosciuta dalla T7 RNA polimerasi che
consente il blocco della trascrizione. Sempre nel MCS, è presente la sequenza His Tag
codificante un oligopeptide composto da 6 residui di istidina, che viene fuso all’Nterminale della proteina di interesse. Questa sequenza e l’elevata affinità dell’istidina per i
metalli divalenti permettono una rapida purificazione della proteina ricombinante mediante
cromatografia di affinità (vedi sezione 2.1.5). L’ulteriore presenza tra l’His Tag e la
sequenza polipeptidica di interesse di un’altra sequenza di riconoscimento, costituita da un
sito di taglio specifico per la trombina, rende possibile, qualora necessario, la facile
rimozione successiva della estremità His Tag dalla proteina di fusione purificata. L’origine
di replicazione del plasmide multicopia ColE1, derivato dal pBR322, permette al pET28 di
replicarsi autonomamente in E. coli. Il vettore è inoltre dotato del repressore lacI (la cui
funzione è stata descritta nel precedente paragrafo “Il sistema di espressione pET”) e del
gene per la resistenza alla kanamicina, che viene utilizzato come marker di selezione delle
cellule trasformanti.
48
Materiali e Metodi
Figura 21. Mappa del vettore di espressione pET28a. Gli analoghi vettori p ET28b e p ET28c sono riportati
nel riquadro e differiscono da pET28a per la mancanza d i 1bp nel pET28b (5368bp totali) e 2bp nel pET28c
(5367bp totali), in ambedue i casi sottratte a livello del sito unico di restrizione BamHI.
2.1.2 AMPLIFICAZIONE PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION)
Sono state allestite appropriate miscele di PCR contenenti come templato i vari
cDNA di interesse corrispondenti alle proteine murine NMNAT1, NMNAT2, NMNAT3 e
WldS (Dott. M. P. Coleman, Cambridge, UK), atte a consentire il successivo clonaggio
direzionale dell’amplificato come segue: mNMNAT1 nei siti NdeI e EcoRI del pET28c;
49
Materiali e Metodi
mNMNAT2 e mNMNAT3 nei siti NdeI e HindIII del pET28c; Wld S nei siti NheI e XhoI
del pET28b.
Le amplificazioni PCR sono state condotte in un thermal cycler Biometra Tpersonal 48 (Biomedizinische Analytik GmbH), in presenza Tac-polymerase iProof TH
High-Fidelity (Biorad), che possiede un tasso di errore estremamente ridotto (57 volte
inferiore alla Taq nel Buffer fornito). Le miscele sono descritte in dettaglio nella Tabella I
seguente.
Tabella I
Miscela tipo per amp lificazione PCR.
* Buffer (Bio Rad) contenente MgCl2 fornito con la Taq corrispondente usata. dNTP (Fermentas).
Per ogni cDNA di interesse è stata usata una coppia di oligonucleotidi primer
(Forward-FW e Reverse-REV) ottenuti dalla Ditta SIGMA-GENOSYS, progettati per
amplificare specificamente l’intero cDNA di interesse ed inserire opportuni siti di
restrizione alle estremità 5’ e 3’, utili ai fini del clonaggio. Le sequenze dei primer
utilizzati sono riportate in Tabella II. Ogni primer presenta alcune basi di appoggio
all’estremità 5’ (per favorire e, in alcuni casi, consentire il taglio di restrizione), lo
specifico sito di restrizione necessario al subclonaggio, seguito dalla rispettiva estremità
della regione codificante da amplificare.
50
Materiali e Metodi
Tabella II
Oligonucleotidi primer usati per l'amp lificazione delle NM NAT1, NMNAT2, NMNAT3 e W ld S murine. In
nero, le basi d i appoggio. In rosso, le basi che appaiano il corrispondente cDNA. Sottolineati, i siti d i
restrizione aggiunti mediante PCR e usati per il clonaggio successivo.
L’amplificazione PCR dei cDNA è stata realizzata in 26 cicli composti da 1)
denaturazione a 98 °C per 10 sec, 2) appaiamento a 60 °C per 15 sec, 3) allungamento a 72
°C per 40 sec, preceduti da uno step di denaturazione iniziale a 98 °C per 30 sec e seguiti
da uno step di allungamento finale a 72 °C per 6 min (Fig. 22). Gli amplificati ottenuti
sono stati caricati su gel di agarosio all’1 % (p/v), separati mediante elettroforesi in
tampone TAE (Tris-HCl 40mM a pH=8, Acido Acetico 20mM e EDTA 1mM) e infine
estratti e purificati dal gel mediante il kit High Pure PCR Product Purification (Roche).
51
Materiali e Metodi
Figura 22. Diagramma dei cicli termici usati per l'amp lificazione PCR.
2.1.3 CLONAGGIO DI WldS E DELLE ISOFORME NMNAT MURINE
I cDNA amplificati codificanti mNMNAT1 (855bp), mNMNAT2 (921bp) e
mNMNAT3 (756bp) sono stati clonati nel vettore di espressione pET28c, mentre il cDNA
codificante WldS (1119bp) è stato clonato in pET28b. I siti di restrizione introdotti negli
amplificati mediante PCR hanno permesso il clonaggio direzionale all’interno dei rispettivi
vettori selezionati: in pET28b, a livello dei siti NheI e XhoI per la proteina chimerica Wld S;
in pET28c, a livello dei siti NdeI e EcoRI per mNMNAT1, infine a livello dei siti NdeI e
HindIII, per entrambe mNMNAT2 e mNMNAT3. La composizione delle miscele di
reazione per il taglio preliminare degli inserti purificati da gel e dei rispettivi plasmidi è di
seguito riassunta. Come evidenziato in Tabella III, tutte le digestioni sono state condotte in
doppio, con l’una e l’altra endonucleasi di restrizione indipendentemente, allo scopo di
poter verificare l’avvenuto taglio con entrambe, avendo poi cura caso per caso di riunire le
due miscele prima di procedere.
52
Materiali e Metodi
Tabella III
Miscele di d igestione dei cDNA delle mNM NATs e Wld S e dei corrispondenti vettori di espressione.
* Le endonucleasi di restrizione NheI, XhoI, EcoRI e HindIII (Fermentas) sono state usate nella versione Fast
Digest. Le miscele sono state, in tutti i casi, incubate a 37 °C per il tempo indicato.
53
Materiali e Metodi
Dopo ogni digestione preparativa, inserti e vettori sono stati entrambi caricati e separati
mediante elettroforesi su gel di agarosio all’1 % (p/v), da cui sono stati estratti e purificati
mediante il kit High Pure PCR Product Purification Kit (Roche). La loro successiva
quantizzazione è stata effettuata o spettrofotometricamente (1 Abs260nm = 50 g/ml) o
mediante elettroforesi su gel di agarosio dopo colorazione con etidio bromuro, per
confronto con frammenti di DNA standard a concentrazione nota. Successivamente, i
vettori e gli inserti digeriti recanti opportune estremità complementari (sticky ends) sono
stati “ligati” mediante T4 DNA ligasi (Fermentas) seguendo il protocollo indicato nella
confezione dalla ditta produttrice. In particolare, sono state utilizzate 2 unità (U) di DNA
ligasi in presenza di circa 50 ng di ciascun plasmide linearizzato e opportune quantità di
inserto in rapporto molare col vettore pari a circa 3 : 1. La miscela di ligazione è stata
incubata per 2 ore a 22 °C e mantenuta overnight a 4 °C. Le intere miscele (20µl) sono
state infine usate per trasformare cellule di E. coli TOP10 Ca2+-competenti [146]. La
procedura seguita per la trasformazione è stata quella dello “heat shock” che prevede, dopo
l’unione delle cellule competenti con la miscela di ligazione, incubazioni successive a 4 °C
per 30 min, a 42 °C per 2 min, seguite da un’ora a 37 °C in agitazione, previa aggiunta di
500µl di terreno LB (Luria-Bertani; triptone 1%, estratto di lievito 0,5%, NaCl 1%, pH
7.0). Le sospensioni cellulari trasformanti sono state in seguito selezionate su piastre di
terreno LB-agar 2 % contenenti l’antibiotico kanamicina alla concentrazione di 50 µg/ml.
Dopo incubazione overnight a 37 °C, le singole colonie cresciute sono state
selezionate, raccolte individualmente e propagate. La presenza dei plasmidi ricombinanti è
stata verificata mediante PCR diretta su colonia (colony-PCR), e successiva analisi degli
amplificati in elettroforesi su gel di agarosio all’1 % (p/v). I primer utilizzati per la colonyPCR, corrispondenti alle regioni T7 promoter e T7 terminator del plasmide pET28, hanno
consentito di discriminare gli amplificati di diversa lunghezza ottenuti nel caso di cloni
trasformati con plasmidi correttamente ricombinanti, da quelli derivanti da plasmidi
scarichi o riarrangiati in maniera abnorme. In tabella IV è descritta la miscela tipo per il
saggio colony-PCR e i cicli termici usati per l’amplificazione.
54
Materiali e Metodi
Tabella IV
Miscela di reazione per la PCR-colony e cicli termici usati per l’amp lificazione.
1. 1 ciclo:
2. 30 cicli:
3. 1 ciclo:
94 °C x 10sec
94 °C x 30sec
45 °C x 30sec
72 °C x 2min
72 °C x 7min
* Quantità arbitraria, ogni co lonia selezionata per lo screening è stata stemperata in 5µl di acqua sterile, di
cui ~ 2µl usati per la PCR-colony.
Le colonie positive allo screening precedente sono state prelevate con ansa sterile,
inoculate ognuna in 5 ml LB + kanamicina (50µg/ml) e incubate overnight a 37 °C in
agitazione. I plasmidi propagati sono stati estratti dalle singole colture mediante l’uso del
kit Nucleospin® Plasmid (Machery-Nagel) secondo le istruzioni allegate. La bontà dei
plasmidi ricombinanti ottenuti è stata verificata sia in seguito a digestione con gli
opportuni enzimi di restrizione usati nel clonaggio, verificando cioè il corretto rilascio
dell’inserto, sia mediante sequenziamento diretto col metodo di Sanger [147, 148],
commissionato al servizio CRIBI (Università di Padova).
I costrutti finali sono stati denominati: pET28c/mNMNAT1, pET28c/mNMNAT2,
pET28c/mNMNAT3 e pET28b/Wld S. Tra questi, pET28c/mNMNAT1 è stato ottenuto con
l’aiuto della Dr.ssa Francesca Mazzola (Università Politecnica delle Marche), mentre
pET28b/Wld S è stato ottenuto sotto la supervisione della Dr.ssa Laura Conforti
(attualmente all’Università di Nottingham, UK).
55
Materiali e Metodi
2.1.4 PROTOCOLLO DI ESPRESSIONE
Aliquote di cellule Ca2+- competenti di E. coli del ceppo BL21 (DE3), idoneo
all’espressione di proteine ricombinanti all’interno del sistema pET, sono state trasformate
con i costrutti contenenti i cDNA dei geni di interesse clonati (rispettivamente
pET28b/Wld S, pET28c/mNMNAT1, pET28c/mNMNAT2 e pET28c/mNMNAT3). Il
protocollo di trasformazione “heat shock” seguito è stato quello precedentemente descritto
nel paragrafo 2.1.3, ma in questo caso aggiungendo 50 ng di ciascun plasmide puro al
posto della miscela di ligazione. Per ciascuna delle quattro proteine di interesse si è operato
come segue: una singola colonia selezionata su piastra, ottenuta dalla trasformazione, è
stata dapprima inoculata in 10 ml di terreno LB addizionato con kanamicina (50 µg/ml),
quindi incubata overnight a 37 °C in agitazione. Una certa quantità di precoltura è stata
quindi inoculata in 250 ml dello stesso terreno liquido privo dell’antibiotico, in modo da
ottenere una OD600 pari a 0,05-0,1. La coltura è stata incubata a 28 °C in agitazione. Prove
preliminari hanno permesso di stabilire queste condizioni come ottimali per l’ottenimento
di maggiori quantità di ciascun prodotto ricombinante: la temperatura inferiore a 37 °C
diminuisce infatti la formazione dei corpi d’inclusione; l’assenza di antibiotico favorisce la
iperespressione evitando di impegnare inutilmente il metabolismo della cellula nel
processo di detossificazione dall’antibiotico. Al raggiungimento di una OD600 pari a 0,60,8, corrispondente alla piena fase esponenziale, le colture sono state indotte aggiungendo
IPTG alla concentrazione finale di 1mM e l’induzione è stata prolungata (sempre a 28°C)
per 3 ore. Al termine, le cellule indotte sono state raccolte mediante centrifugazione a 5000
x g per 8 minuti, quindi lavate per rimuovere l’eccesso di contaminanti proteici del terreno
con soluzione fisiologica (1/5 del volume di coltura originale) e conservati a -80 °C, in
attesa di essere utilizzate per la purificazione delle singole specie ricombinanti.
2.1.5 PURIFICAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA D’AFFINITA’
Resina Ni-NTA (Qiagen) - La resina Ni-NTA agarose, utilizzata per cromatografie di tipo
IMAC (Immobilized Metal Affinity Chromatography), è composta da acido nitrilacetico
(NTA) immobilizzato su una matrice di SEPHAROSE CL-6B. Il gruppo funzionale della
resina, l’NTA ha proprietà chelanti grazie al fatto che occupa stabilmente quattro dei sei
possibili legami di coordinazione con uno ione Ni2+, anch’esso parte integrante di questa
matrice cromatografica, lasciando i due restanti siti di coordinazione liberi per l’interazione
56
Materiali e Metodi
con gli anelli imidazolici delle istidine presenti sull’His Tag delle proteine ricombinanti,
come già ricordato nel paragrafo 2.1.1, inseriti in seguito all’espressione nei vettori pET
descritti. Uno schema dell’interazione specifica resina-proteina ricombinante è mostrato in
Figura 23.
Figura 23. Schema d i interazione resina (rosso)-coda istidinica (blu) mediata dal Ni2+ nella resina Ni-NTA.
La resina N i-NTA perciò lega saldamente le proteine con code istidiniche di varia
lunghezza, permettendo quindi la purificazione ad omogeneità anche di proteine
ricombinanti a bassissima percentuale di espressione (<< 1%) [149]. L’eluizione della
resina avviene normalmente per competizione, utilizzando tamponi contenenti imidazolo,
che ha l’effetto di promuovere il distacco della proteina da purificare dalla resina. In
alternativa, l’eluizione può essere realizzata con un abbassamento del pH del tampone, che
innesca repulsioni elettrostatiche Ni2+-istidina grazie alla protonazione dei residui di
istidina.
In questo lavoro di tesi, la resina Ni-NTA è stata usata per la purificazione delle due
proteine ricombinanti Wld S e mNMNAT3.
Resina Talon® Metal Affinity Resin (Clontech) - La resina Talon presenta lo stesso
principio di funzionamento della precedente Ni-NTA, ad eccezione del fatto che ha
immobilizzato uno ione Co2+ complessato in maniera tetravalente alla matrice della resina
(Fig. 24) e legato più saldamente ad essa rispetto al Ni2+.
57
Materiali e Metodi
Figura 24. Schema d i interazione resina (A)-coda istidinica (B) mediata dal Co 2+ nella resina Talon.
Tra i vantaggi che offre questo supporto cromatografico alternativo alla Ni-NTA si
annovera il fatto che lega le proteine ricombinanti fornite di His-Tag con maggiore
selettività, esibendo al contempo un’affinità sensibilmente ridotta nei confronti d i altre
proteine indesiderate che pure contengono residui di istidina. Queste proprietà offrono
almeno due vantaggi pratici che consistono nel ridotto tempo di lavaggio dopo il
caricamento dell’estratto grezzo in colonna, che consegue il ridotto legame aspecifico con
eventuali proteine contaminanti, e in condizioni meno stringenti necessarie per
l’eluizione delle specie ricombinanti con His-Tag (più bassa concentrazione di imidazolo o
minori variazioni di pH rispetto alla resina Ni-NTA).
In questo lavoro di tesi, la resina Talon è stata usata per la purificazione di
mNMNAT1 e mNMNAT2 perché ha consentito migliori recuperi di queste due specie
ricombinanti rispetto alla resina Ni-NTA.
Preparazione degli estratti proteici grezzi - I pellet cellulari corrispondenti all’espressione
della Wld S e delle tre isoforme NMNAT murine, provenienti ciascuno da 250 ml di coltura
indotta come descritto in precedenza, sono stati scongelati e risospesi in 1/20 del volume
originale in un tampone di lisi (vedi composizione in Tabella V), preventivamente
refrigerato a 4 °C. Tutti i passaggi successivi sono stati effettuati a 4 °C per minimizzare
l’eventuale proteolisi. Le cellule sono state quindi lisate alla Frech-Press (FRENCH
PRESSURE CELL PRESS, Termo Spectronic) mediante due passaggi consecutivi a
58
Materiali e Metodi
18000 Psi. I lisati, dopo aggiunta di DNasi (10 µg/ml), sono stati chiarificati per
centrifugazione a 20000 x g per 30 min.
Tabella V
Co mposizione dei tamponi di lisi per la Wld S e per le mNM NAT.
* Co mposti più lab ili, aggiunti immed iatamente prima dell’uso, ad uno stock di tampone conservato a 4 °C.
Purificazione Ni-NTA di WldS e mNMNAT3 - La procedura di purificazione per le due
proteine ricombinanti Wld S e mNMNAT3, di seguito descritta, è stata condotta interamente
a 4 °C. I tamponi utilizzati sono descritti in dettaglio in Tabella VI. La resina Ni-NTA
utilizzata è stata preliminarmente impaccata per gravità in apposite colonnine (1 ml vol.
per Wld S; 0,5 ml vol. per mNMNAT3) equilibrate nel buffer di equilibrazione. Ognuno dei
due estratti grezzi ottenuti da cellule indotte di E. coli esprimenti Wld S e mNMNAT3, è
stato caricato sulla corrispondente colonnina Ni-NTA, che è stata lavata prima con il buffer
di equilibrazione per eliminare le proteine in eccesso non legate alla resina, poi
estensivamente (>20 volumi resina) con il buffer di lavaggio contenente imidazolo 20 mM,
fino ad un valore di OD280 dell’eluato pari o inferiore a 0,05. L’eluizione finale è stata
effettuata con il buffer di eluizione contenente imidazolo 200 mM, raccogliendo
manualmente frazioni da 0,5-1 ml, temporaneamente mantenute a 4 °C e poi riunite in
appositi pools, in accordo con il contenuto proteico e le attività NMNAT misurate (vedi
sezione 2.2.1).
59
Materiali e Metodi
Tabella VI
Tamponi usati per la purificazione Ni-NTA di W ld S e mNMNAT3.
* Co mposti più lab ili, aggiunti immed iatamente prima dell’uso.
Purificazione Talon di mNMNAT1 e mNMNAT2 - Le proteine ricombinanti mNMNAT1 e
mNMNAT2 sono state purificate mediante cromatografia d’affinità su resina Talon.
Anche in questo caso l’intera procedura è stata condotta a 4°C. Ogni estratto grezzo è stato
caricato su colonna preimpaccata (0,5 ml vol. di resina per entrambi gli isoenzimi) e
l’eluizione cromatografica condotta per gravità con una strategia identica a quella adottata
per la purificazione con la resina Ni-NTA, tranne che per la composizione dei tamponi
(vedi Tabella VII). In alcuni esperimenti, per migliorare l’omogeneità elettroforetica della
preparazione finale di mNMNAT1, è stato condotto un lavaggio con un buffer di lavaggio
ad aumentata concentrazione di imidazolo (da 20 a 40 mM finale). Ciò è stato effettuato
per ovviare il problema dei bassi livelli di espressione di mNMNAT1 ricombinante
solubile occasionalmente ottenuti in alcuni estratti grezzi, che avrebbero determinato
l’ottenimento di preparati finali non sufficientemente purificati, oltre che di scarsa quantità.
60
Materiali e Metodi
Tabella VII
Tamponi usati per la purificazione Talon di mNM NAT1 e mNMNAT2.
* Co mposti più lab ili, aggiunti immed iatamente prima dell’uso.
De-salting e conservazione dei preparati finali – Per ogni specie proteica purificata le
frazioni ottenute dalla
precedente
cromatografia d’affinità,
dopo
essere
state
opportunamente riunite, sono state rapidamente sottoposte a gel- filtrazione su colonne PD10 SephadexTM (GE Healthcare, cut-off = 5000 Da), allo scopo di allontanare l’eccesso di
NaCl e imidazolo presenti nel tampone di eluizione, arricchendolo contemporaneamente
con glicerolo e col riducente TCEP, entrambi utili a preservare nel tempo il corretto folding
proteico e l’attività enzimatica. Le preparazioni finali sono state quindi caricate ed eluite
da tali supporti cromatografici commercialmente disponibili, scambiando il tampone di
eluizione della precedente cromatografia d’affinità col tampone di stoccaggio
HEPES/KOH 50 mM, pH 7,5, glicerolo 20 %, TCEP 1 mM. Dopo de-salting, tutte le
preparazioni finali sono state poste in aliquote sia a 4 °C che a -20 °C per successivi studi
di stabilità.
61
Materiali e Metodi
2.2 Metodi di saggio dell’attività NMN adenililtrasferasica
In questo lavoro di tesi, l’unità di attività enzimatica (U) corrisponde alla quantità
di enzima che catalizza la formazione di 1 µmole di prodotto al minuto nelle condizioni di
saggio descritte (37 °C, 6 ≤ pH ≤ 9). Tutti i saggi inoltre sono stati condotti in condizioni di
accumulo di prodotto lineare nel tempo e consumo di substrato uguali o inferiori al 10%.
2.2.1 SAGGIO SPETTROFOTOMETRICO
Il saggio spettrofotometrico descritto in Figura 6 è di tipo continuo e accoppiato: la
reazione catalizzata da NMNAT (EC 2.7.7.1), consistente nella formazione di NAD+ e PPi
a partire dai due substrati NMN e ATP (Fig. 25-1), è infatti accoppiata a quella catalizzata
dall’alcool deidrogenasi (ADH) (Fig. 25-2) che, in presenza di un eccesso di etanolo,
trasforma il NAD + prodotto dalla NMNAT in NADH, con produzione concomitante di
acetaldeide. L’equilibrio della seconda reazione catalizzata dall’enzima ancillare ADH è
spostato completamente verso destra dalla semicarbazide (anch’essa presente nella miscela
di saggio) che sottrae l’acetaldeide con la formazione non enzimatica di semicarbazone ed
H2 O. Questo garantisce che l’ADH non funga mai da fattore limitante nel saggio descritto.
La misura spettrofotometrica dell’attività è basata sul fatto che il NAD + mostra un
massimo di assorbimento distintivo a 340 nm nella sola forma ridotta: è infatti proprio
dalla variazione di assorbanza a questa lunghezza d’onda che viene misurata l’attività
enzimatica [150].
Figura 25. Saggio spettrofotometrico accoppiato per la rapida determinazione dell’attiv ità NM NAT.
La miscela tipo di reazione contiene 30 mM HEPES/KOH a pH 7.5, 25 mM MgCl2 ,
0.43 % (v/v) EtOH, 3.62 mg/ml semicarbazide, 1 mM NMN, 1 mM ATP, 12.7 U/ml ADH,
62
Materiali e Metodi
0.6 mg/ml BSA e una opportuna quantità di campione da saggiare. La reazione viene
incubata a 37 °C e innescata generalmente dall’aggiunta o del substrato NMN o del
cofattore metallico indispensabile alla catalisi. Nella routine di laboratorio, il saggio è stato
eseguito in cuvetta di quarzo o di plastica monouso allo spettrofotometro (DU®800
Spectrophotometer, Beckman Coulter) con circuito idraulico per la termostatazione a 37
°C. L’attività NMNAT viene determinata registrando l’incremento lineare nel tempo di
Abs a 340 nm della miscela di saggio, corrispondente all’incremento di concentrazione di
NADH e quindi all’incremento di NAD+ dovuto alla catalisi operata da NMNAT. In base a
questo principio l’attività NMNAT è calcolata ed espressa dalla formula
A (U/mL) =
Δ Abs x Vmix
Venz x ԑ
dove:
Δ Abs = incremento di assorbanza nell’unità di tempo
Vmix = volume totale della miscela di saggio
ԑ = coefficiente di estinzione millimolare NADH (6,22 mM -1 cm-1)
Venz = volume di preparazione enzimatica nella miscela
2.2.2 SAGGIO IN HPLC
Oltre al saggio continuo di tipo spettrofotometrico, l’attività NMNAT è stata
determinata anche mediante saggio discontinuo in HPLC (High Pressure Liquid
Cromatography), che si basa sulla misurazione diretta del NAD+ prodotto dalla reazione
catalizzata dopo separazione cromatografica ad alta pressione. In generale, si è usato
questo saggio quando sono stati necessari o una maggiore sensibilità rispetto al saggio
spettrofotometrico, oppure un monitoraggio più accurato anche di altre componenti
nucleotidiche rispetto al NAD+, come i substrati comunque presenti nella miscela. La
63
Materiali e Metodi
miscela tipo di reazione in questo caso manca del sistema ancillare e risulta composta da
30 mM HEPES/KOH, pH 7.5, 25 mM MgCl2 , 1 mM NMN, 1 mM ATP, 0.6 mg/ml BSA, 1
mM DTT ed una opportuna quantità di campione da saggiare. Durante l’incubazione a 37
°C per un determinato intervallo di tempo (generalmente compreso tra 0 e 30 min) aliquote
di miscela vengono prelevate e trattate per bloccare la reazione enzimatica e consentire la
successiva analisi. Sui volumi prelevati vengono aggiunti ½ vol. di HClO 4 1.2 M per
inattivare gli enzimi. Dopo breve stazionamento in ghiaccio, centrifugazione a 16000 x g
per 3 min. e allontanamento dei precipitati, i sovranatanti vengono neutralizzati (pH 6)
mediante aggiunta di K2 CO 3 1 M. La procedura viene infine completata centrifugando
ancora come sopra per allontanare i sali formati e iniettando il sovranatante in HPLC per
l’analisi individuale dei nucleotidi nella miscela. La separazione cromatografica in coppia
ionica è stata condotta su colonna C18 (Supelcosil T M LC-18-S, 25 cm x 4,6 mm, 5 µm,
SUPELCO) connessa ad un sistema HPLC SHIMADZU (composto di campionatore
automatico, pompa binaria, detector con rivelatore diode array) e termostatata a 8°C. I
nucleotidi nell’eluato sono stati rilevati ed identificati grazie al detector diode array
(DAD), anch’esso connesso al sistema cromatografico, e generalmente monitorati, a meno
che non specificato altrimenti, alla lunghezza d’onda di 260 nm. I tamponi fosfato a pH 6,
il flusso e il gradiente utilizzati sono descritti in dettaglio in Figura 26.
Tampone A:
-
fosfato di potassio 0.1 M, pH 6.0
tetrabutilammonio idrogeno solfato
(TBAIS) 8 mM
Tampone B:
-
fosfato di potassio 0.1 M, pH 6.0
TBAIS 8 mM
Metanolo 30 % (v/v)
Figura 26. Grad iente di separazione mediante cro matografia HPLC in coppia ionica e co mposizione delle
fasi mobili A e B. Nella tabella sono indicate le caratteristiche del g radiente mostrato nel grafico ad iacente.
64
Materiali e Metodi
L’identificazione del NAD+ e dei vari nucleotidi separati è stata condotta sia dalla
valutazione degli spettri di assorbimento UV caratteristici di ogni composto, sia per
sovrapposizione con standard puri a concentrazione nota, analizzati nelle stesse cond izioni.
Dopo integrazione delle aree sottese ai picchi separati mediante software ( “EZStart 7.2.1”),
l’attività enzimatica, espressa come in precedenza, viene calcolata dalla formula
A (U/mL) =
N  D  1000
Venz /e.g.  Δt
dove:
N = quantità di NAD + prodotto espresso in millimoli
Venz/e.g. = volume di campione sul volume totale di miscela di saggio
Δt = tempo di incubazione a 37 °C espresso in minuti
D = fattore di diluizione dipendente dalla procedura seguita per
bloccare la reazione prima dell’iniezione (trattamento acido/base)
2.3 Saggi preliminari degli enzimi ricombinanti con substrati e
cofattori metallici alternativi
2.3.1 SAGGI PRELIMINARI IN PRESENZA DI COFATTORI METALLICI
Per valutare il comportamento delle tre isoforme mNMNAT e della Wld S
ricombinanti in presenza di Mg2+ e di cofattori metallici diversi è stato selezionato per lo
screening iniziale il saggio spettrofotometrico di attività continuo e accoppiato (vedi
sezione 2.2.1.), essenzialmente perché di più rapida esecuzione sperimentale rispetto al
saggio discontinuo in HPLC. Per la prova sono stati utilizzati i seguenti composti tutti
sottoforma di sali clorurati: MgCl2 , ZnCl2 , CaCl2 , MnCl2 , NiCl2 e CoCl2 . Dato l’uso
dell’enzima ancillare ADH nel saggio spettrofotometrico accoppiato, si è preliminarmente
stabilito l’effetto dei vari cofattori metallici sull’attività dell’enzima ancillare, per
escludere eventuali interferenze. Tale saggio preliminare è stato condotto allo
65
Materiali e Metodi
spettrofotometro, allestendo miscele di reazione di 500 µl composte da 30 mM
HEPES/KOH, pH 7.5, 0.43 % (v/v) EtOH, 3.62 mg/ml semicarbazide, 2 mM NAD+, 45
mU/ml ADH, 0.6 mg/ml BSA e concentrazioni variabili di ciascun catione sopraindicato.
L’attività ADH è stata determinata dall’incremento di concentrazione del NADH prodotto
(a 340 nm) e calcolata come descritto in precedenza (vedi sezione 2.2.1). Una volta
effettuate queste prove preliminari, e stabiliti i limiti entro cui l’ADH non subisce
influenza dalla presenza del catione metallico, sono stati saggiati tutti gli enzimi
ricombinanti. La miscela di reazione tipo già descritta (vedi sezione 2.2.1.) è stata
modificata solo per quanto riguarda il catione oggetto di saggio.
È importante sottolineare che, per ridurre al minimo l’attività NMNAT in assenza
di catione aggiunto, condizione necessaria per una corretta valutazione dell’effetto dello
stesso sull’enzima ricombinante, si è reso necessario operare in condizioni virtualmente
“metal-free”, pertanto sono state minimizzate le eventuali tracce di metalli nelle soluzioni
usate per la miscela di saggio. A tal fine, le preparazioni ricombinanti delle tre isoforme
mNMNAT e della Wld S, prima di essere utilizzate, sono state sottoposte preventivamente a
trattamento con CHELEX® 100 (Sigma-Aldrich), una resina debolmente acida che chela
fortemente gli ioni metallici polivalenti. Tale trattamento è stato effettuato miscelando
ciascuna preparazione enzimatica con la resina in rapporto volumetrico approssimativo 3:1
e rimuovendo poi la resina per centrifugazione blanda. In questo modo si è ottenuto un
livello di attività NMNAT basale in assenza di ioni in nessun caso superiore al 5 % del
valore di riferimento corrispondente al 25 mM MgCl2 , condizione giudicata soddisfacente
nell’ambito degli scopi del presente lavoro di tesi. Invece, il trattamento CHELEX
dell’intera miscela di reazione e non delle sole preparazioni enzimatiche, ha comportato
l’inattivazione dell’ADH, che è una metallo-proteina Zn2+-dipendente, rendendo
impossibile l’uso del saggio spettrofotometrico accoppiato.
I risultati ottenuti con questi saggi spettrofotometrici preliminari sono stati
comunque successivamente confermati col saggio HPLC, come di seguito descritto.
2.3.2 SAGGIO HPLC IN PRESENZA DI SUBSTRATI E COFATTORI METALLICI
ALTERNATIVI
Limitatamente ai cofattori metallici Mg2+, Zn2+ e Co2+, ritenuti più interessanti ai
fini discriminatori, è stato utilizzato anche il saggio discontinuo diretto in HPLC (vedi
66
Materiali e Metodi
sezione 2.2.2), allo scopo di confermare il comportamento dell’attività NMNAT a carico
dei vari enzimi ricombinanti. Tali saggi sono stati condotti, sempre in maniera comparativa
tra le isoforme, anche in presenza dei substrati alternativi ITP e GTP al posto dell’ATP
(sempre 1 mM). La miscela di reazione, come in precedenza, è stata quella di riferimento
già citata (vedi sezione 2.2.2), differendo solo per il cofattore metallico o il substrato
alternativo impiegati, e anche in questo caso sottoponendo preventivamente le preparazioni
enzimatiche a trattamento CHELEX per minimizzare l’interferenza da metalli endogeni.
I risultati ottenuti con questi saggi in HPLC hanno consentito d i stabilire i parametri
numerici per il calcolo matriciale alla base del saggio discriminatorio descritto nei
paragrafi seguenti.
2.4 Saggio di discriminazione dell’attività NMNAT isoformaspecifica su estratti proteici grezzi da tessuti murini
2.4.1 TESSUTI MURINI
I tessuti murini di fegato e cervello utilizzati in questo lavoro di tesi sono elencati di
seguito:
1. cervelli WT (da topi C57BL/6J) fornitici dalla Dr.ssa Conforti (Università di
Nottingham, UK) usati per la determinazione dei contributi individuali di ciascuna
delle mNMNAT tramite saggio discriminatorio e testarne la validità;
2. cervelli e fegati WT (da topi C57BL/6J) e Wld S acquistati dalla HARLAN ®
(Animal Research Laboratory) usati per la determinazione dei contributi individuali
di ciascuna delle mNMNAT tramite saggio discriminatorio e del NAD+ endogeno;
3. cervelli provenienti da topi WT e het KO per la mNMNAT1 fornite dalla Dr.ssa
Conforti (Università di Nottingham, UK), usati per la determinazione del contenuto
di NAD+ endogeno e dei singoli contributi di ciascuna delle mNMNAT;
4. cervelli di topi “TEXAS mNMNAT2 GT” WT, mutanti het KO (75% di attività
residua della mNMNAT2) e mutanti hom KO (50% di attività residua per la
mNMNAT2), forniti dal Dr. Coleman (Babraham Institute, University of
Cambridge, UK), usati per la determinazione dei singoli contributi di attività
trasferasica delle tre NMNAT, nonché del contenuto di NAD+ endogeno.
67
Materiali e Metodi
2.4.2 REAL TIME RT-PCR
Il buon esito delle mutazioni indotte nei topi da cui derivano i cervelli analizzati
sopra citati, è stato controllato quantificando i livelli di mRNA attraverso la real time RTPCR.
I cervelli sono stati rimossi dall’animale appena sacrificato e congelati immediatamente in
N2 liquido, e quindi conservati a -80 °C fino al momento dell’utilizzo. L’RNA totale è
stato estratto usando TriSure (Bioline, London, UK), seguendo le istruzioni della ditta
produttrice. La trascrittasi inversa SuperScript II (Invitrogen Paisley, UK) è stata usata per
sintetizzare il primo filamento di cDNA in accordo con le istruzioni della casa produttrice
utilizzando 1µg di RNA totale e primer oligo(d)T. E’ stata condotta una PCR quantitativa
impiegando Platinum SYBR Green qPCR Supermix UDG (Invitrogen, Paisley, UK),
utilizzando le seguenti coppie di primer: per la mNMNAT1, 5’-TTCAAGGCCTGACAAC
ATCGC-3’, 5’-GAGCACCTTCACAGTCTCCACC-3’; per la mNMNAT2, 5’-CAGTGC
GAGAGACCTCATCCC-3’,
5’-ACACATGATGAGACGGTGCCG-3’;
per
la
mNMNAT3, 5’-GGTGTGGAGCTGTGTGACAGC-3’, 5’-GCCATGGCCACTCGGTGA
TGG-3’; per la β-actina (il gene di riferimento), 5’- TGTTACCAACTGGGACGACA-3’,
5’-GGGGTGTTGAAGGTCTCAAA-3’. Le reazioni sono state eseguite in duplicato e
sono state costruite curve standard utilizzando diluizioni seriali di cDNA per ogni serie di
primer al fine di stabilire l’efficienza della PCR. I rapporti di espressione relativa in
confronto al gene di riferimento della β-actina sono stati determinati come descritto in
[151], e l’analisi statistica è stata eseguita utilizzando il t-test.
2.4.3 PREPARAZIONE DELL’ESTRATTO GREZZO DA TESSUTI MURINI
I tessuti murini di fegato e cervello, immediatamente congelati in N 2 liquido dopo
prelievo dagli animali e conservati a -80°C, sono stati macinati in N2 liquido con mortaio e
pestello fino a ridurli ad una polvere molto fine. Il tessuto macinato, ed eventualmente
mantenuto a -80°C, è stato pesato prima dell’uso e risospeso nel tampone di risospensione
(vedi composizione in Tabella VIII) in rapporto 1 : 10 (p/v), scongelando gradualmente la
sospensione fino a 4 °C. L’omogenato risospeso è stato quindi sottoposto a sonicazione su
apparecchio B. Brawn LABSONIC ® (3 cicli da 30 sec ciascuno a 50 W di potenza, con
impulsi da 0,5 sec di intervallo e raffreddamento per 1 min in ghiaccio tra un ciclo e
l’altro). Il sonicato è stato poi trattato con resina CHELEX® 100, aggiunta in rapporto 3 : 1
68
Materiali e Metodi
(v/v) e rimossa per centrifugazione per eliminare i metalli endogeni eventualmente presenti
nell’estratto. L’estratto grezzo così ottenuto è stato direttamente utilizzato per il saggio
discriminatorio.
Tabella VIII
Tampone di risospensione usato per la preparazione dell’estratto grezzo dai tessuti murini. Gli inibitori d i
proteasi antipaina, chimostatina, aprotinina, pepstatina, leupeptina e PMSF sono stati aggiunti
immed iatamente prima dell’uso.
2.4.4 SAGGIO DI DISCRIMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ NMNAT ISOFORMASPECIFICA
Il saggio messo a punto per la discriminazione dell’attività individuale delle diverse
isoforme NMNAT murine si basa sulla differenziale dipendenza dell’attività dei vari
isoenzimi in presenza di cofattori metallici. In particolare, fra tutte quelle testate, sono state
scelte tre condizioni che sono risultate ottimali ai fini discriminatori. L’attività di
riferimento (scelta arbitrariamente come condizione a cui viene assegnato il 100% di
attività per tutti gli isoenzimi) è in presenza di 25 mM MgCl2 , come riportato per la
miscela di reazione tipo per il saggio in HPLC descritto nella sezione 2.2.2, con la sola
modifica consistente nell’aggiunta di 20 mM NaF. Tutti i saggi discriminatori sono stati
inoltre condotti in presenza di estratto grezzo alla concentrazione proteica finale di circa
69
Materiali e Metodi
1 mg/ml, incubando al massimo per 30 min, condizioni in cui si è ottenuto, in tutti i casi,
un accumulo di NAD+ prodotto lineare nel tempo e un consumo massimo di substrato
NMN pari al 10 %. Le attività discriminatorie sono state tutte calcolate col metodo di
saggio in HPLC (vedi sezione 2.2.2), ed espresse come µU totali per essere poi utilizzate
nel calcolo matriciale successivo. Nelle tre condizioni discriminatorie prescelte, 25 mM
MgCl2 della miscela di reazione tipo è stato sostituito alternativamente con 1.5 mM ZnCl2,
50 µM MgCl2 o 4 mM CoCl2 . Di seguito sono riportate le miscele di reazione relative alla
discriminazione.
Condizione A (ZnCl2 1.5 mM) – La miscela di saggio contiene: 30 mM HEPES/KOH, pH
7.5, 0.6 mg/ml BSA; 1 mM DTT; 1 mM NMN; 1 mM ATP; 20 mM NaF; ZnCl2 1.5 mM e
70 µl di estratto di cervello o 25 µl di estratto di fegato ottenuti come precedentemente
descritto. Le miscele vengono incubate a 37 °C e preparate per l’analisi HPLC dopo 5, 10 e
15 min di incubazione.
Condizione B (MgCl2 50 µM) – La miscela di saggio contiene: 30 mM HEPES/KOH, pH
7.5, 0.6 mg/ml BSA; 1 mM DTT; 1 mM NMN; 1 mM ATP; 20 mM NaF; MgCl2 50 µM e
70 µl di estratto di cervello o 25 µl di estratto di fegato ottenuti come precedentemente
descritto. Le miscele vengono incubate a 37 °C e preparate per l’analisi HPLC dopo 5, 10 e
15 min di incubazione.
Condizione C (CoCl2 4 mM) – La miscela di saggio contiene: 30 mM HEPES/KOH, pH
7.5, 0.6 mg/ml BSA; 1 mM NMN; 1 mM ATP; 20 mM NaF; CoCl2 4 mM e 70 µl di
estratto di cervello o 25 µl di estratto di fegato ottenuti come precedentemente descritto. Le
miscele vengono incubate a 37 °C e preparate per l’analisi HPLC dopo 5, 10 e 15 min di
incubazione. Da notare che solo in questa condizione discriminatoria è stato rimosso dalla
miscela di reazione il DTT, in quanto è stato mostrato da numerose prove, che esso in
presenza di cobalto causa un notevole abbassamento dell’attività enzimatica in maniera
proporzionale alla concentrazione di metallo, probabilmente per fenomeni di ossidazione
della miscela. Tale fenomeno è a carico di tutte le isoforme NMNAT murine, e in
particolare della mNMNAT3, cui corrisponde un’attività all’incirca dimezzata se il saggio
viene effettuato in presenza di 1 mM DTT.
70
Materiali e Metodi
2.4.5 CALCOLO MATRICIALE
Per calcolare simultaneamente il contributo dei singoli isoenzimi mNMNAT è stato
applicato un approccio matematico che usa matrici di sostituzione e la regola di Cramer
[152] per risolverle. Per ciascuna condizione discriminatoria scelta (A: ZnCl2 1.5 mM; B:
MgCl2 0.05 mM; C: CoCl2 4 mM) il valore di attività totale può essere considerato uguale
alla somma di 3 contributi, uno per ciascuna isoforma. Questo può essere scritto sotto
forma di un sistema di equazioni lineari:
dove:
x, y, z sono le reali attività enzimatiche di ciascuna isoforma (rispettivamente mNMNAT1
e/o Wld S, mNMNAT2 e mNMNAT3);
an , bn , cn (dove n= 1, 2 e 3) sono i coefficienti che riflettono la frazione di attività relativa
in ciascuna condizione da parte di ogni isoforma. Ad esempio, i coefficienti a1 ,
a2 e a3 per l’isoforma 1 sono stati determinati come rapporto tra il valore di
attività alle tre diverse condizioni di metalli (Zn2+, Mg2+ e Co2+) e il valore di
attività di riferimento misurato con 25 mM MgCl2 per questa isoforma. La stessa
procedura è stata ripetuta per le isoforme 2 e 3 ottenendo i coefficienti b1 , b2 , b3
e c1 , c2 , c3 rispettivamente. Per la determinazione di questi valori sono stati
utilizzati gli isoenzimi ricombinanti.
Dal momento che l’attività degli enzimi cambia piuttosto sensibilmente al variare
dei componenti della miscela di saggio, è opportuno che le costanti an , bn e cn siano
determinate ogni volta che le soluzioni di saggio vengono cambiate o ripreparate. Una
volta che tutti i coefficienti e le tre attività del campione in esame sono stati determinati, la
regola di Cramer può essere facilmente applicata. I coefficienti possono essere scritti in
71
Materiali e Metodi
forma matriciale per calcolare il determinante denominatore. Allo stesso modo i valori di
attività (espressi in µU totali) possono essere scritti sotto forma di vettore, A, B e C, il
quale viene utilizzato, sostituendo l’appropriata colonna della matrice, per calcolare i
determinanti numeratori e quindi x, y e z (i contributi di attività enzimatica delle singole
isoforme in µU).
Il calcolo matriciale è stato effettuato usando il software Microsoft Excel 2003,
usando
le
funzioni:
MATR.DETERM
(array),
MATR.INVERSA
(array)
e
MATR.PRODOTTO (array-1, array2) dove: “array” indica la matrice dei coefficienti (a 1 ,
a2 , a3 , b1 , b2 , b3 e c1 , c2 , c3 ); “array-1” è la matrice trasposta di “array” ottenuta con la
funzione MATR.INVERSA(array); “array2” è il vettore ottenuto dalle attività (A, B e C).
L’unica condizione che deve essere rispettata affinché il sistema matriciale abbia soluzione
è che i coefficienti an , bn e cn si differenzino sufficientemente al fine di avere un
determinante diverso da 0.
I singoli contributi di attività adenililtrasferasica, ottenuti in µU dalla risoluzione della
matrice, possono poi essere espressi o come percentuale relativa riferita al 100% teorico
(condizione con 25 mM di MgCl2 ), o come valori assoluti di attività specifica.
2.5 Determinazione del NAD+ endogeno in tessuti murini
La determinazione del contenuto di NAD+ endogeno in tessuti di cervello murino è
stata condotta nel modo di seguito descritto.
I tessuti, conservati a -80 °C, sono stati rotti in azoto liquido con mortaio e pestello
fino a ridurli ad una polvere molto fine, mantenendoli durante l’operazione a -80 °C per
evitare al massimo qualsiasi degradazione enzimatica. La polvere di tessuto ottenuta da
ciascun campione è stata risospesa in HClO 4 3M (30 % p/v) in rapporto di 1 : 2 = mg
tessuto : µl HClO 4 e addizionata con cAMP usato come standard interno. La sospensione è
stata brevemente scongelata a 4 °C miscelando in vortex fino a risospensione omogenea e
sonicata a 50 W in continuo (15 sec a RT + 45 sec in ghiaccio x 4 volte). Successivamente
centrifugati a 16000 x g per 20 min., i sovranatanti ottenuti sono stati alcalinizzati con una
opportuna quantità di K 2 HPO 4 3M e congelati a -80 °C. Dopo scongelamento, vortex e
ulteriore centrifuga a RT per 2 min, i campioni sono stati, infine, caricati all’HPLC per
72
Materiali e Metodi
l’analisi cromatografica. I tamponi fosfato a pH 6, il flusso e il gradiente utilizzati sono
descritti in dettaglio in Figura 27.
Tampone B:
Tampone A:
-
fosfato di potassio 0,1 M, pH 6.0
tetrabutilammonio idrogeno solfato
(TBAIS) 8 mM
-
fosfato di potassio 0,1 M, pH 6.0
TBAIS 8 mM
Metanolo 30 % (v/v)
Figura 27. Grad iente di separazione mediante cro matografia HPLC in coppia ionica e co mposizione delle
fasi mobili A e B. Nella tabella sono indicate le caratteristiche del g radiente mostrato nel grafico ad iacente.
La quantità di NAD+ presente in ciascun campione analizzato è stata calcolata
confrontando l’area di NAD+ rilevata dallo strumento e l’area dello standard interno del
cAMP, la cui quantità è nota, tenendo conto di tutte le diluizioni fatte durante
l’elaborazione del campione. Il confronto con lo standard interno garantisce una notevole
precisione di calcolo, dal momento che esso è stato inserito all’inizio del procedimento e
trattato esattamente come il campione da analizzare. La quantità di NAD+ endogeno di
ciascun campione è stata calcolata in nmol/g di peso secco di tessuto.
2.6 Espressione e purificazione della mNMNAT2 per studi
cristallografici
Un capitolo a parte è stato dedicato all’espressione e alla purificazione
dell’isoforma mNMNAT2, dal momento che è l’unica isoforma di cui non è nota la
struttura cristallografica. In passato sono state condotte numerose prove di cristallizzazione
sulla NMNAT2 umana, ma che purtroppo non hanno dato buon esito a causa della
73
Materiali e Metodi
difficoltà di ottenere una proteina attiva e concentrata dalla purificazione, visti anche i
bassi livelli di induzione osservati durante l’espressione della proteina. Dato che la
mNMNAT2 esibisce un’identità di sequenza pari al 99% con la hNMNAT2, è stato deciso
di condurre delle prove di cristallizzazione con l’isoforma murina.
2.6.1 ESPRESSIONE DELLA mNMNAT2
Il plasmide pET28c con il cDNA della proteina da purificare clonato nei siti di
restrizione NdeI/HindIII secondo la procedura descritta in sezione 2.1.3, sono stati
utilizzati per trasformare aliquote di cellule Ca 2+- competenti di E. coli del ceppo BL21
(DE3). Il protocollo di espressione è identico a quello descritto nella sezione 2.1.4,
eccezione fatta per il tempo di induzione che è stato prolungato a 5 ore per aumentare la
quantità di proteina ricombinante. Il pellet raccolto (3 g circa) da 750 mL di coltura è stato
utilizzato per la purificazione.
2.6.2 PURIFICAZIONE DELLA mNMNAT2
La proteina mNMNAT2 è stata purificata tramite cromatografia di affinità su resina
Talon. Il pellet cellulare a -80 °C, proveniente da 750 mL di coltura indotta come descritto
in precedenza, è stato scongelato in ghiaccio per 30 minuti e risospeso in 1/20 del volume
originale nel tampone di lisi (vedi composizione in Tabella V), preventivamente refrigerato
a 4 °C. Tutti i passaggi successivi sono stati effettuati a 4 °C per minimizzare l’e ventuale
proteolisi. Le cellule sono state quindi lisate alla Frech-Press (FRENCH PRESSURE
CELL PRESS, Termo Spectronic) mediante due passaggi consecutivi a 18000 Psi. I lisati,
dopo aggiunta di Dnasi (10 µg/ml), sono stati chiarificati per centrifugazione a 20000 x g
per 30 min. Dopo aver equilibrato 550 µl di resina Talon con il buffer di lisi, l’estratto
grezzo è stato lasciato in agitazione in batch per 45 min. con la resina stessa. Si è quindi
proceduto al caricamento su colonna (Ø = 1cm circa) a gravità. La procedura di
purificazione è stata condotta in maniera identica a quella descritta in sezione 2.1.5 con i
tamponi la cui composizione è indicata in Tabella VII. Le ultime frazioni di proteina
purificata, sono state eluite con un buffer di eluizione contenente 250 mM di imidazolo,
per staccare tutta la proteina legata alla resina ed avere una resa più alta possibile.
Le
frazioni
ottenute
dalla
cromatografia
d’affinità,
dopo
essere
state
opportunamente riunite, sono state rapidamente sottoposte a gel- filtrazione su colonne PD-
74
Materiali e Metodi
10 SephadexTM (GE Healthcare, cut-off = 5000 Da), allo scopo di allontanare l’eccesso di
NaCl e imidazolo presenti nel tampone di eluizione, e contemporaneamente introducendo
il riducente TCEP, utile a preservare nel tempo il corretto folding proteico e l’attività
enzimatica. Le preparazioni finali sono state quindi caricate ed eluite da tali supporti
cromatografici commercialmente disponibili seguendo il protocollo della ditta produttrice,
scambiando il tampone di eluizione della precedente cromatografia d’affinità col tampone
di stoccaggio HEPES/KOH 50 mM, pH 7,5 e TCEP 1 mM. Tutte le preparazioni finali
conservate a 4 °C sono state quindi spedite al Dipartimento di Scienze Chimiche,
Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche (DISCAFF) dell’Università del Piemonte
Orientale “ A. Avogadro” (Novara) per gli studi di cristallizzazione.
2.7 Saggio di Bradford e analisi elettroforetica per la
determinazione quantitativa e qualitativa delle proteine
La concentrazione proteica degli enzimi purificati mediante cromatografia
d’affinità (Ni-NTA o Talon) e degli estratti grezzi tissutali di topo preparati co me descritto
nella sezione 2.4.3, è stata determinata con il metodo di Bradford [153], utilizzando
albumina sierica bovina (BSA) come standard. Il valore della concentrazione proteica così
ottenuto, è stato utilizzato per calcolare le attività specifiche degli enzimi studiati, espresse
in U/mg.
Le preparazioni enzimatiche purificate sono state analizzate anche dal punto di
vista qualitativo: attraverso analisi elettroforetica su gel di poliacrilammide in condizioni
denaturanti (SDS-PAGE) [154], sono stati verificati il peso molecolare e il grado di
purezza delle proteine ricombinanti.
In particolare per gli enzimi in questione si è sfruttata la variante dell’SDS-PAGE
in tampone tricina [155]: questo metodo è comunemente usato per separare le proteine nel
range di 1-100 kDa. Tale sistema elettroforetico viene preferito, a parità di concentrazione
di acrilammide, all’SDS-PAGE tradizionale (o Laemmli, che utilizza la glicina invece
della tricina) per la risoluzione di proteine con dimensioni intorno ai 30 kDa. Le differenti
caratteristiche di separazione delle due tecniche sono direttamente correlate ai valori di pK
significativamente differenti tra i due gruppi funzionali d i tricina e glicina, che definiscono
la mobilità elettroforetica degli ioni correlata a quella delle proteine. Nel sistema Laemmli
75
Materiali e Metodi
le piccole proteine appaiono come uno “smear” sul fronte del gel e non viene permessa una
adeguata separazione delle proteine stesse.
Per l’analisi elettroforetica del contenuto proteico, 5 µg di proteina per ogni
campione sono stati risospesi in 60 mM di Tris, pH=6.8, contenente 2% di SDS, 5% di βmercaptoetanolo, 10% glicerolo e 0.01% di bromofenolo, e sono stati bolliti per 5 minuti
prima di essere caricati sul gel di poliacrilammide 10% in tricina.
76
Risultati e discussione
3. RISULTATI E DISCUSSIONE
3.1 Espressione eterologa e purificazione delle isoforme murine
NMNAT e della proteina chimerica Wld S
Le tre isoforme NMNAT murine e l’isoforma mutante chimerica Wld S sono state
ottenute in forma ricombinante dopo espressione batterica secondo il protocollo descritto
in Materiali e Metodi. Inizialmente, sequenze codificanti complete (ORFs) dai geni
corrispondenti (GenBank accessions: AF260924 per Wld S, NP597679 per NMNAT1,
NP780669 per NMNAT2, NP653116 per NMNAT3) sono state clonate mediante PCR in
vettori di espressione della serie pET28. I costrutti ottenuti sono risultati corretti sia dopo
analisi elettroforetica sia dopo sequenziamento dell’inserto clonato, e quindi idonei per
l’espressione delle specie proteiche corrispondenti appositamente ingegnerizzate con
frammenti His Tag N-terminali, e per la successiva purificazione mediante cromatografia
d’affinità. Nella seguente Figura 28, a titolo esemplificativo, sono riportate le dimensioni
su
gel
dei
costrutti
linearizzati
pET28c- mNMNAT2
e
pET28c-mNMNAT3,
rispettivamente di 6225 bp e 6057 bp attese.
Figura 28. Elettroforesi su gel di agarosio 1%. Da sinistra, i due costrutti indicati, entrambi linearizzat i con
l’en zima di restrizione HindIII, e i marker a dimensioni note indicate.
77
Risultati e discussione
Dopo trasformazione ed espressione nel ceppo BL21 (DE3) di E. coli,
l’ottenimento delle specie ricombinanti è stata verificata preliminarmente mediante
elettroforesi condotta direttamente sugli estratti cellulari corrispondenti prima e dopo
induzione con IPTG. In Figura 29 si osservano le bande relative alle proteine di interesse,
ciascuna del peso molecolare atteso corrispondente alla specie autentica (41,5 kDa per
WldS, 32,4 kDa per mNMNAT1, 34,5 kDa per mNMNAT2, 27,7 kDa per mNMNAT3)
con
l’aggiunta
del
relativo
frammento
His
Tag
N-terminale
(MGSSHHHHHHSSGLVPRGSHMAS per Wld S e MGSSHHHHHHSSGLVPRGSH per
mNMNAT1, mNMNAT2 e mNMNAT3).
Figura 29. SDS-PA GE in tricina della frazione proteica solubile da cellule trasformate con i p lasmidi
rico mbinanti p rima dell’induzione (C0 ) e dopo 3 ore dall’induzione con IPTG 1mM (Cind ). A sinistra, gli
standard a peso mo lecolare noto. Le frecce indicano la posizione di ciascuna proteina rico mbinante di
interesse, il cui peso molecolare atteso è indicato in alto tra paren tesi.
In questa fase sperimentale sono stati utilizzati gli accorgimenti descritti in
Materiali e Metodi. In particolare sono state allestite colture di induzione a 28 °C, invece
che alla consueta temperatura di 37 °C, in assenza di antibiotico nel terreno. Queste
condizioni, atte sostanzialmente a limitare la formazione di corpi di inclusione indesiderati,
78
Risultati e discussione
hanno effettivamente migliorato il protocollo generale e garantito, pur con qualche
variabilità in esperimenti ripetuti, migliori rese di ciascun prodotto ricombinante solubile.
Eppure, come evidente in Figura 10, mediante tale procedura adottata in parallelo per le
diverse proteine, le due specie ricombinanti Wld S e mNMNAT1 non sono risultate
accumulare in forma solubile ai livelli di mNMNAT2 e mNMNAT3, pur essendo a loro
volta presenti nell’estratto cellulare come dimostrato dall’incremento sostanziale di attività
NMNAT rilevabile nelle frazioni solubili corrispondenti. In linea di principio una tale
differenza può essere riconducibile a molteplici fattori, tra cui la struttura intrinseca delle
proteine in questione, la formazione di corpi di inclusione o la loro limitata espressione
data da interferenze di vario tipo con la cellula ospite. Comunque, la procedura adottata,
comune a tutte e quattro le specie di interesse, non è stata ulteriormente ottimizzata e
sviluppata in quanto ha consentito l’ottenimento di sufficienti quantità di ciascuna specie
ricombinante da utilizzare per la successiva messa a punto del saggio di discriminazione
dell’attività trasferasica. Da sottolineare invece è il risultato sorprendente relativo
all’mNMNAT2, l’unica isoforma delle tre conosciute nei mammiferi che non sia stata
cristallizzata e di cui non è stato ancora possibile risolvere la struttura quaternaria.
Considerato anche l’elevatissimo grado di conservazione con la corrispondente isoforma
umana, la possibilità tramite il protocollo sopra descritto di ottenere tale isoenzima in
forma ricombinante ad alto grado di concentrazione e purezza, è stato un risultato inatteso
che ha aperto la strada a studi strutturali (vedi paragrafo 3.6).
Le quattro proteine ricombinanti sono state successivamente purificate ad
omogeneità come descritto in Materiali e Metodi. La metodologia adottata è riportata nella
sezione 2.1.5 e consiste essenzialmente in un unico step cromatografico su resina di
affinità, seguito da desalificazione mediante gel filtrazione. Una procedura di purificazione
leggermente modificata è stata adottata in aggiunta per la sola isoforma mNMNAT2, allo
scopo di ottenere una preparazione adatta per studi cristallografici (vedi paragrafo 2.6).
L’attività NMNAT totale è stata misurata in tutti i casi con il saggio accoppiato
spettrofotometrico. La resina Ni-NTA, inizialmente utilizzata come unica matrice di
affinità per tutte e quattro le specie, non ha sempre garantito dal punto di vista quantitativo
e qualitativo un risultato ottimale. In particolare, nel caso della mNMNAT1, anche a causa
degli scarsi livelli di proteina solubile presenti nell’estratto grezzo, si è osservata la
presenza di proteine contaminanti nel preparato finale dopo la purificazione, dovuta
79
Risultati e discussione
probabilmente ad interazioni aspecifiche con la resina. Per questo motivo, come descritto
nella sezione 2.1.5, per le specie mNMNAT1 e mNMNAT2 si è scelto di usare la resina
Talon al posto della Ni-NTA, che ha consentito di massimizzare il legame specifico con le
proteine His Tag e di ottenere preparazioni finali a più alta omogeneità elettroforetica.
Per quanto riguarda le specie purificate mediante cromatografia d’affinità Ni-NTA,
la proteina Wld S, nonostante il basso livello di espressione iniziale mostrato (Figura 10), è
stata purificata in maniera soddisfacente e il pool finale ottenuto e sottoposto a
desalificazione su PD-10 presentava un’attività specifica pari 16,2 U/mg. Dal canto suo, la
preparazione finale mNMNAT3, purificata allo stesso modo ma da un estratto grezzo in
cui risultava invece particolarmente abbondante, aveva un’attività specifica pari a 2 U/mg.
Per quanto riguarda le due specie purificate mediante resina Talon, il pool finale di
mNMNAT2 aveva un’attività specifica pari a 4,7 U/mg mentre quello di mNMNAT1 pari
a 8,5 U/mg.
In Tabella IX sono riassunti i dati relativi alla purificazione delle quattro specie
ricombinanti di interesse per questo lavoro di tesi. Come si può osservare, con il protocollo
di purificazione usato, si è ottenuta una resa media intorno all’80%, tranne che nel caso
della mNMNAT1, dovuto in parte alla perdita occasionale occorsa nel lavaggio durante la
purificazione e anche al fatto che, per la formazione del pool finale, sono state riunite solo
le frazioni a maggiore purezza. Inoltre, in tutti i casi, l’attività specifica delle preparazioni
finali è risultata maggiore rispetto a quella degli estratti grezzi corrispondenti, con indici di
purificazione pari a 35-40 volte circa. Il fattore di purificazione ridotto della mNMNAT3
(6 volte) è imputabile alla sua minore attività specifica finale e alla relativa abbondanza
nell’estratto grezzo rispetto alle altre specie.
Tabella IX
S
Tabella d i purificazione di W ld e delle tre isoforme mNM NAT rico mbinanti.
80
Risultati e discussione
In Figura 30 è mostrato il profilo in elettroforesi delle quattro preparazioni finali
ottenute, successivamente usate per il saggio discriminatorio. Si può riscontrare la
congruità delle dimensioni osservate rispetto a quelle predette e l’elevato grado di
omogeneità elettroforetica delle specie ricombinanti mNMNAT1 e mNMNAT3 in
particolare, con qualche impurezza invece presente nelle altre due preparazioni.
Figura 30. Elettroforesi SDS-PA GE in tricina. Da sinistra, g li standard a peso molecolare noto e le
preparazioni finali (4g ciascuna) ottenute dalla purificazione delle quattro specie proteiche rico mbinanti,
indicate con i rispettivi pesi mo lecolari mono merici predetti.
La stabilità nel tempo delle quattro preparazioni enzimatiche purificate è stata
successivamente valutata, sempre attraverso il saggio spettrofotometrico accoppiato, dopo
conservazione in tampone HEPES/KOH 50 mM, pH 7,5, glicerolo 20 %, TCEP 1 mM, sia
a 4 °C (Figura 31 A) che a -20 °C (Figura 31 B). I dati evidenziano che la sola specie
mNMNAT2 a 4 °C è soggetta a rapida inattivazione, mentre un grado di stabilità
comparabile tra le diverse isoforme ad entrambe le temperature è osservabile in tutti gli
altri casi, con perdite di attività apparente comprese tra il 27 % e il 66 % dopo sei mesi. In
accordo anche con evidenze precedenti riguardanti il corrispondente isoenzima umano, la
NMNAT2 murina si dimostra perciò essere la meno stabile tra le tre isoforme, pur
81
Risultati e discussione
mantenendosi comparabilmente attiva nel tempo a -20 °C nelle condizioni descritte,
confermando quindi la precedente osservazione circa la potenziale efficacia del protocollo
di espressione qui sviluppato per lo studio strutturale dell’unica isoforma ancora
sconosciuta tra gli isoenzimi NMNAT noti nei mammiferi.
A)
B)
Figura 31. Valutazione della stabilità degli isoenzimi mNMNAT e Wld S in funzione del tempo. A)
preparazioni a 4°C; B) preparazion i a -20°C.
Da notare infine è il grado di conservazione elevato tra gli isoenzimi murini e i
corrispondenti umani, utile anche per i successivi scopi discriminatori della loro attività
individuale negli estratti tissutali grezzi. Comparando infatti le isoforme murine e umane a
82
Risultati e discussione
coppie come mostrato in Figura 32 si osserva una percentuale di identità pari all’81,8% per
le due NMNAT1, all’81,3 % per le due NMNAT3 e addirittura del 99% per le due
NMNAT2, che mostrano solo 4 aminoacidi diversi su 307 totali. Questa elevata omologia
consente in generale di predire una simile selettività catalitica e dipendenza da metalli da
parte delle diverse isoforme e quindi la possibilità di discriminare le NMNAT con metodo
simile a quello già descritto per gli isoenzimi umani. Consente inoltre, nel caso particolare
della NMNAT2, di affrontare lo studio strutturale dell’isoforma murina con la ragionevole
aspettativa che le conclusioni tratte possano essere valide anche per l’isoforma umana.
A)
B)
C)
Figura 32. Allineamento MultiA lin delle tre isoforme NM NAT note nel topo (Mus musculus) e nell’uomo
(Homo sapiens). Le sequenze della NMNAT1 murina e u mana sono indicate con “mNM NAT1” e
“hNMNAT1” rispettivamente (A), quelle delle corrispondenti NMNAT2 con “mNM NAT2” e “hNM NAT2”
(B), quelle delle NM NAT3 con “mNM NAT3” e “hNMNAT3” (C) . Gli amminoacidi identici sono indicati in
rosso, quelli diversi in blu. Tra parentesi, i GenBan k accession numbers corrispondenti.
83
Risultati e discussione
3.2 Caratterizzazione cinetica delle NMNAT murine e di WldS
Le preparazioni enzimatiche sopra purificate sono state usate per la determinazione
delle proprietà cinetiche degli enzimi ricombinanti verso i substrati fisiologici. Sono state
dapprima stabilite le condizioni ottimali per misurare la velocità iniziale di reazione. A tale
scopo sono state allestite apposite miscele con quantità di enzima atte a garantire un
consumo massimo di ambedue i substrati pari al 10%, misurando ogni volta l’attività in
condizioni di linearità di accumulo di prodotto nell’intervallo di tempo stabilito.
Dapprima sono stati determinati i valori di K m e Vmax per i substrati ATP e NMN
mediante il saggio HPLC descritto in Materiali e Metodi. Le costanti cinetiche sono state
calcolate allestendo miscele di reazione a concentrazioni variabili dei due substrati in
particolare:
-
per Wld S  ATP da 28,7 µM a 172 µM, NMN da 8,7 µM a 104 µM;
-
per mNMNAT1  ATP da 29,2 µM a 175 µM, NMN da 8,5 µM a 102 µM;
-
per mNMNAT2 e mNMNAT3  ATP da 25,7 µM a 158,8 µM, NMN da 7,5 µM a
90 µM.
Le velocità iniziali sono state determinate combinando, di volta in volta, ciascuna
concentrazione di uno dei due substrati (substrato fisso) con varie concentrazioni dell’altro
substrato (substrato variabile). I grafici e i parametri cinetici risultanti sono stati ottenuti
tramite utilizzo del software “KaleidaGraph”, che ha consentito di calcolare
automaticamente i valori di Vmax e K m dai dati primari impostando l’equazione di
Michaelis-Menten. Per ogni concentrazione di substrato fisso, i valori sperimentali di
attività enzimatica espressi come velocità di reazione (asse y) sono stati inizialmente
plottati su un grafico bidimensionale (V/[S]) in funzione della concentrazione di substrato
variabile (asse x). Dalle curve ottenute in questi grafici primari il programma ha calcolato i
valori di Vmax apparente per ciascuna delle concentrazioni di substrato fisso utilizzate. Con
tali valori è stato successivamente costruito un grafico secondario, che è quello riportato
nelle successive Figure 33-36, che mette in relazione le Vmax apparenti ottenute in
precedenza con le diverse concentrazioni del substrato fisso. Il programma di fitting
grafico ha ricavato infine dalle curve risultanti i valori di Vmax e Km reali per ciascun
substrato fisso in questione. I parametri cinetici relativi all’altro substrato sono stati
84
Risultati e discussione
determinati invertendo il substrato fisso con quello variabile e l’intero procedimento è stato
ripetuto per ognuno dei quattro enzimi ricombinanti (Figure 33, 34, 35 e 36).
A)
Vmax vs ATP
Vmax e Km vs ATP Wlds
220
200
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
Vmax vs ATP
180
Vmax e Km per ATP
Vmax
Value
Error
243,13 3,9749
Km
Chisq
R
29,627 1,7808
18,388
NA
0,99804
NA
160
140
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
120
100
20
40
60
80
100
120
140
160
180
[ATP] (uM)
Vmax e Km per ATP
Vmax
Km
Chisq
R
Value
Error
243,13 3,9749
29,627 1,7808
18,388
NA
0,99804
NA
B)
Vmax vs NMN
Vmax e Km vs NMN Wlds
200
Vmax vs NMN
150
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
100
Vmax e Km vs NMN
Vmax
Value
Error
246,26 3,6626
Km
Chisq
R
32,231 1,1819
7,6194
NA
0,99967
NA
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
50
0
20
40
60
[NMN] (uM)
80
100
120
Vmax e Km vs NMN
Value
Error
Vmax
246,26 3,6626
Km
32,231 1,1819
Chisq
7,6194
NA
R 0,99967
NA
Figura 33. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la Wld S ottenuti con
KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.
85
Risultati e discussione
A)
Vmax vs ATP
Vmax e Km mNMNAT1
160
Vmax vs ATP
150
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
140
Vmax e Km per ATP
Vmax
Km
130
Chisq
R
Value
Error
182,01 8,0154
33,5 5,1223
66,306
0,98805
NA
NA
120
110
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
100
90
80
20
40
60
80
100
120
140
160
180
[ATP] (uM)
Vmax e Km per ATP
Vmax
Km
Chisq
R
Value
Error
182,01 8,0154
33,5 5,1223
66,306
NA
0,98805
NA
B)
Vmax vs NMN
Vmax e Km vs NMN mNMNAT1
160
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
Vmax e Km vs NMN
Vmax
Km
140
Chisq
R
Vmax vs NMN
120
Value
Error
188,72 15,593
25,216 5,5978
192,58
0,98703
NA
NA
100
80
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
60
40
0
20
40
60
[NMN] (uM)
80
100
120
Vmax e Km vs NMN
Value
Error
Vmax
188,72 15,593
Km
25,216 5,5978
Chisq
192,58
NA
R 0,98703
NA
Figura 34. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la mNMNAT1 ottenuti con
KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.
86
Risultati e discussione
A)
Vmax vs ATP
Vmax e Km vs ATP mNMNAT2
20
V= Vmax*[S]/(Km+[S])
Vmax e Km per ATP
Vmax
Km
Vmax vs ATP
15
Chisq
R
Value
Error
24,392 2,1128
81,953 15,095
0,9573
0,99295
10
V= Vmax*[S]/(Km+[S])
5
0
0
20
40
60
80
100
120
140
160
[ATP]
Vmax e Km per ATP
Vmax
Km
Chisq
R
Value
Error
24,392 2,1128
81,953 15,095
0,9573
NA
0,99295
NA
B)
Vmax vs NMN
Vmax e Km vs NMN mNMNAT2
25
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
Vmax e Km vs NMN
Value
Error
Vmax 30,062 4,8304
Km 38,471 13,522
Chisq 7,6932
NA
R 0,9748
NA
Vmax vs NMN
20
15
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
10
5
0
20
40
60
[NMN]
80
100
Vmax e Km vs NMN
Vmax
Km
Chisq
R
Value
Error
30,062 4,8304
38,471 13,522
7,6932
NA
0,9748
NA
Figura 35. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la mNMNAT2 ottenuti con
KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.
87
NA
NA
Risultati e discussione
A)
Vmax vs ATP
Vmax e Km vs ATP mNMNAT3
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
35
Vmax e Km per ATP
30
Vmax vs ATP
Value
Error
Vmax
43,91 2,2296
Km 38,953 5,9485
Chisq 3,7189
NA
R 0,9905
NA
25
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
20
15
20
40
60
80
100
120
140
160
[ATP]
Vmax e Km per ATP Value
Error
Vmax 43,91 2,2296
Km 38,953 5,9485
Chisq 3,7189
NA
R 0,9905
NA
B)
Vmax vs NMN
Vmax e Km vs NMN mNMNAT3
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
20
Vmax e Km vs NMN
Value
Error
Vmax
44,609 1,1442
Km
117,62 4,5852
Chisq 0,032659
NA
R 0,99991
NA
Vmax
15
10
V=Vmax*[S]/(Km+[S])
5
0
0
20
40
60
[NMN]
80
100
Vmax e Km vs NMN
Vmax
Km
Chisq
R
Value
Error
44,609 1,1442
117,62 4,5852
0,032659
NA
0,99991
NA
Figura 36. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la mNMNAT3 ottenuti con
KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.
88
Risultati e discussione
In Tabella X sono riassunti i parametri cinetici finali relativi alle diverse isoforme
NMNAT murine, calcolati con il metodo sopra descritto e confrontati con quelli delle
corrispondenti isoforme umane [114].
I numeri di turnover (K cat , cioè il numero di molecole di substrato convertite in prodotto
da ogni molecola di enzima per secondo) sono stati calcolati dalle corrispondenti Vmax
sperimentali considerando la relazione Vmax = Kcat  [Enzima totale]. I valori di efficienza
catalitica sono invece espressi come rapporto Kcat / Km.
Tabella X
S
Costanti cinetiche di Wld e delle isoforme NM NAT murine (mNM NAT) rico mb inanti nei confronti dei
substrati fisiologici NMN e ATP. I valori dei corrispondenti isoenzimi u mani (hNM NAT) [114] sono anche
indicati per confronto.
Confrontando i dati in Tabella X si evidenziano in generale più somiglianze che
differenze, come del resto atteso dato l’alto grado di identità di sequenza tra le rispettive
isoforme umane e murine. Infatti, i valori di affinità per i due substrati, espressi come Km,
sono quasi tutti dello stesso ordine di grandezza nel basso millimolare; le differenze
maggiori si riscontrano a carico dell’isoforma 3 murina che, rispetto all’isoforma umana
corrispondente, mostra un’affinità maggiore per l’ATP e al contrario minore per l’NMN.
Anche i valori di Kcat delle isoforme murine, pur risultando all’incirca 3-4 volte inferiori in
termini assoluti, sono confrontabili a quelli dei corrispondenti enzimi umani. Per quanto
riguarda infine il rapporto K cat / Km che denota l’efficienza catalitica, i valori sono tutti
89
Risultati e discussione
compresi nell’ordine di grandezza pari a 105 , con l’isoforma 1 chiaramente distinta dalle
altre in quanto la più efficiente nella conversione di entrambi i substrati considerati. In
generale si può concludere quindi che le caratteristiche cinetiche tra le isoforme umane e
murine corrispondenti sono molto simili tra loro.
Una considerazione evidente riguarda la comparazione tra le due isoforme murine
strutturalmente imparentate, cioè NMNAT1 e Wld S. I risultati infatti evidenziano che i
parametri cinetici della Wld S ricalcano quasi perfettamente quelli della mNMNAT1. Ciò
non è inatteso in quanto entrambe le proteine derivano dallo stesso gene e coincidono per
quanto riguarda la porzione enzimatica responsabile dell’attività adenililtrasferasica. La
sola Wld S mostra un’addizionale estensione N-terminale rispetto a mNMNAT1, dovuta
all’evento di fusione genica occorso nella mutazione spontanea che l’ha generata, porzione
che evidentemente, alla luce dei dati ottenuti, non altera le proprietà enzimatiche della
chimera risultante. Questa osservazione sostanzia l’osservata equivalenza funzionale dal
punto di vista cinetico-enzimologico delle due specie proteiche. Considerato quindi
mNMNAT1 e Wld S come cataliticamente indistinguibili, i rapporti osservati di efficienza
catalitica delle NMNAT murine sono, per le isoforme 1, 2 e 3 in ordine, pari a 24 : 2 : 1 per
l’ATP e 100 : 11 : 1 per l’NMN. Come ricavabile dai dati in Tabella X, rapporti molto
simili (rispettivamente 28 : 3 : 1 e 50 : 9 : 1) sono riportati per le isoforme umane.
Similmente a quanto avviene per le NMNAT umane, tra le isoforme murine la 1 è quella
che mostra una chiara superiorità catalitica: ciò avvalora l’ipotesi che tale isoforma nei
mammiferi sia la principale responsabile della biosintesi di NAD+ in vivo.
3.3 Caratterizzazione comparativa delle NMNAT murine e di Wld S
a scopi discriminatori dell’attività individuale
Principale obiettivo di questo lavoro di tesi è stata la valutazione comparativa della
dipendenza da metalli e uso di substrati alternativi da parte delle tre NMNAT murine e
della proteina chimerica Wld S, come mezzo per poter discriminare la loro attività
individuale direttamente su miscele complesse quali gli estratti grezzi tissutali in cui sono
quasi sempre presenti in proporzioni diverse più isoforme al contempo. A tale scopo le
varie isoforme ricombinanti ottenute sono state estensivamente e comparativamente
caratterizzate mediante opportuni saggi in vitro, e dai dati ottenuti è stato possibile
90
Risultati e discussione
sviluppare una metodologia innovativa di saggio in grado di discriminare l’attività
trasferasica delle singole isoforme, col fine ultimo di fornire la ricerca attuale di un utile
tool diretto ad investigare, mediante misura diretta dell’attività enzimatica, il ruolo svolto
dalle singole isoforme NMNAT in ambiti sia fisiologici che patologici, come nel citato
caso della neurodegenerazione Walleriana. Il lavoro sperimentale e la metodologia
impiegati hanno preso spunto da quanto già effettuato in precedenza nel laboratorio in cui è
stata svolta la presente tesi di dottorato, che aveva condotto al saggio di discriminazione
dell’attività adenililtrasferasica delle isoforme NMNAT umane [114], basato sull’utilizzo
di ZnCl2 2 mM per discriminare la hNMNAT1, di MgCl2 20 µM per la hNMNAT2 e ITP 1
mM per la hNMNAT3. Nonostante l’alta omologia d i sequenza e i valori simili delle
costanti cinetiche facessero presupporre la possibilità di utilizzare la stessa metodologia di
saggio, non è stato possibile usare tali condizioni in quanto le isoforme murine hanno
mostrato un comportamento differente in due delle tre condizioni sopra citate. Il metodo
descritto è stato dunque ulteriormente sviluppato adattandolo alle esigenze del caso e al
sistema murino in particolare, che rappresenta un ottimo e riconosciuto modello
sperimentale per lo studio di una vasta gamma di disordini patologici e malattie nell’uomo.
Come già descritto in Materiali e Metodi, le valutazioni preliminari con i cofattori
metallici sono state condotte, data la rapidità di esecuzione del metodo, mediante saggio di
attività spettrofotometrico, previo accertamento delle condizioni ottimali per escludere
effetti indesiderati sull’enzima ancillare usato. Al contrario, i saggi successivi in presenza
dei metalli giudicati più interessanti ai fini discriminatori, nonché ovviamente quelli con
substrati alternativi e il saggio di discriminazione finale sviluppato, sono stati condotti in
HPLC.
3.3.1
VALUTAZIONI
PRELIMINARI
DELL’EFFETTO
DEI
METALLI
SULL’ATTIVITÀ DELL’ENZIMA ANCILLARE ALCOL DEIDROGENASI
Per escludere eventuali interferenze sull’enzima ancillare alcol deidrogenasi (ADH)
usato nel saggio spettrofotometrico accoppiato, si è preliminarmente stabilito l’effetto dei
vari cofattori metallici sulla sua attività. Le condizioni di saggio per l’ADH sono descritte
in Materiali e Metodi. I metalli saggiati sono stati MgCl2 , ZnCl2 , CaCl2 , MnCl2 , NiCl2 e
CoCl2 . La Figura 37 mostra i grafici che mettono in relazione l’attività dell’enzima
ancillare, espressa come % relativa rispetto alla sua attività senza metalli, a diverse
91
Risultati e discussione
concentrazioni dei metalli indicati. Non sono riportate le curve relative al MgCl2 e CaCl2 in
quanto entrambi non hanno mostrato effetti sull’attività risultante, che si manteneva ad
ogni concentrazione usata pari al 100 % rispetto al controllo. Non è stato invece possibile
saggiare altri metalli trivalenti come FeCl3 e CrCl3 in quanto o hanno mostrato poca
solubilità in acqua o a causa di interferenza da assorbimento alla lunghezza d’onda di 340
nm usata nel saggio.
Figura 37. Influenza dei metalli Zn Cl2 , MnCl2 , NiCl2 e Co Cl2 sull’attività dell’en zima alcol deidrogenasi
(ADH). Le linee nere tratteggiate indicano i valori soglia al di sotto dei quali il saggio è inattendibile per
eccessiva inibizione dell’enzima ancillare.
Come mostra il grafico, nelle condizioni di saggio descritte, lo ZnCl2 ha un effetto
inibitorio pari all’80 % sull’enzima ancillare a concentrazioni superiori a 2 mM. Pertanto,
tenuto anche conto del fatto che nel saggio accoppiato finale l’ADH è stata usata a
concentrazioni molto più elevate rispetto al saggio in questione (circa 280 volte, cioè 12,6
U/mL contro 0,045 U/mL usate nel saggio ADH), si è considerato attendibile l’uso di
questo metallo al di sotto di tale valore soglia. Analogamente, con il NiCl2 è stata
considerata attendibile la finestra di concentrazioni da 0 a 2 mM. Per quanto riguarda il
MnCl2 invece si è osservato un effetto inibitorio sull’ADH relativamente blando, tanto che
92
Risultati e discussione
il saggio è stato considerato valido fino a concentrazioni 10 mM del metallo. Infine il
CoCl2 ha mostrato tra tutti la maggiore capacità inibente, e pertanto il saggio successivo è
stato effettuato nel ristretto range di concentrazioni da 0 a 1 mM.
Stabiliti in tal modo i limiti di interferenza sull’attività dell’enzima ancillare, i
successivi saggi preliminari atti a verificare la metallo-dipendenza delle isoforme
mNMNAT e di Wld S sono stati successivamente condotti allo spettrofotometro in presenza
dei metalli ZnCl2 , CaCl2 , MnCl2 , NiCl2 e CoCl2 , ciascuno nei limiti di concentrazione
sopra riportati.
3.3.2 SAGGI SPETTROFOTOMETRICI DELLE NMNAT MURINE E DI Wld S IN
PRESENZA DI COFATTORI METALLICI
La catalisi operata dall’NMNAT, come pure quella di molti altri enzimi noti,
dipende strettamente dai cofattori metallici, in particolare da cationi bivalenti, necessari
alla stabilizzazione delle cariche negative sui gruppi fosfato dei substrati e quindi al loro
corretto ancoraggio sul sito attivo dell’enzima. I saggi in questione sono stati effettuati con
lo scopo di stabilire differenze selettive a carico dei tre isoenzimi murini rispetto alla loro
capacità di utilizzo di metalli alternativi, utili a fini discriminatori. I saggi di attività sono
stati allestiti come descritto in Materiali e Metodi, sostituendo di volta in volta il MgCl2 25
mM (condizione di riferimento) con il metallo da testare alla concentrazione prescelta. I
corrispondenti valori di attività sono stati espressi come percentuale relativa rispetto al
riferimento (MgCl2 25 mM). La Figura 38 mostra il comportamento delle proteine
ricombinanti alle diverse concentrazioni di ciascun metallo.
A conferma di quanto già dedotto prima dal confronto cinetico, anche per quanto
riguarda la metallo-dipendenza dell’attività enzimatica, la proteina Wld S e la mNMNAT1
hanno sempre avuto lo stesso comportamento in ogni condizione saggiata, tanto da
consentire di essere rappresentate dalla stessa curva in tutti i grafici descritti in Figura 23.
Come si nota dai grafici, in presenza di MgCl2 , la mNMNAT3 è l’unica delle tre isoforme
a non essere attiva a concentrazioni nel basso micromolare (Fig. 38-A). Da notare è il
comportamento dell’isoforma 1 in queste condizioni, rappresentata nel sistema murino sia
da mNMNAT1 che da Wld S, che risulta attiva a livelli comparabili con mNMNAT2. Nel
sistema umano invece l’isoforma 2 era l’unica tra le tre NMNAT ad essere attiva in
93
Risultati e discussione
analoghe condizioni, tanto da essere discriminata su questa base [114]. Con ZnCl2 invece,
in maniera sostanzialmente sovrapponibile al sistema umano [114], la NMNAT1 murina (e
quindi anche la WldS) è l’unica isoforma a mantenersi attiva a concentrazioni di metallo
dell’ordine del millimolare e può pertanto essere discriminata usando queste condizioni
(Fig. 38-B).
Il comportamento divergente dell’isoforma 1 murina e umana in presenza di basse
concentrazioni di MgCl2 , ha reso impossibile l’applicazione tout court del saggio di
discriminazione descritto per le trasferasi umane [114] al sistema murino oggetto del
nostro studio. Sono stati pertanto saggiati gli altri metalli indicati in Figura 38, alla ricerca
di differenti condizioni discriminatorie. Tra questi, il CaCl2 si è dimostrato inefficace in
quanto non supporta l’attività delle trasferasi murine a nessuna delle concentrazioni
utilizzate (Fig. 38-C). Al contrario, il MnCl2 supporta sempre tutte e tre le isoforme
contemporaneamente, pur con rapporti relativi diversi alle varie concentrazioni, più a
favore di mNMNAT1/Wld S ad alte concentrazioni o di mNMNAT2 a basse concentrazioni
(Fig. 38-D). Un comportamento analogo, in apparenza scarsamente selettivo per
discriminare le singole isoforme, è stato osservato in presenza sia di NiCl2 (Fig. 38-E) che
di CoCl2 (Fig. 38-F), entrambi saggiati nella miscela nei limiti d’interferenza sull’attività
dell’enzima ancillare usato nel saggio di determinazione dell’attività enzimatica, descritti
nel paragrafo 3.3.1.
Dai dati ottenuti è stato possibile dedurre innanzitutto che non è possibile
distinguere l’attività di Wld S da quella della mNMNAT1, come già discusso sopra. Al
tempo stesso, anche considerando Wld S e mNMNAT1 come un’unica isoforma, non sono
state trovate condizioni univoche per misurare ognuna delle altre due isoforme NMNAT
nel sistema murino in analogia con quanto effettuato nel sistema umano [114].
Ciononostante, le differenze individuali di attività relativa osservate soprattutto in presenza
di NiCl2 e CoCl2 hanno indicato la possibilità di sviluppare un metodo opportunamente
modificato in modo da non rendere indispensabile, come nel sistema umano precedente,
l’individuazione preliminare di condizioni stringenti per la determinazione selettiva di ogni
singola isoforma. Ciò è stato possibile grazie al calcolo basato su matrici di sostituzione
che applica al sistema biologico la regola di Cramer [152] (vedi paragrafo 2.4.5). Tale
metodo è infatti in grado di risolvere con elevato grado di precisione il contributo da parte
di ogni isoforma in una miscela complessa, a partire da un sistema di equazioni lineari
94
Risultati e discussione
opportunamente formulate da dati primari di attività, ottenuti in condizioni di saggio in cui
anche più di un isoenzima alla volta contribuisce all’attività totale misurata nelle
condizioni stabilite, purchè tali contributi individuali siano sufficientemente diversi fra
loro, in modo da avere il determinante della matrice d iverso da 0.
A
B
C
D
E
F
Figura 38. Co mportamento di Wld S/ mNNMNAT1 (in rosso), mNMNAT2 (in blu) e mNM NAT3 (in verde)
alle d iverse concentrazioni dei metalli testati: A, MgCl2 ; B, Zn Cl2 ; C, CaCl2 ; D, MnCl2 ; E, NiCl2 ; F, Co Cl2 .
Le attività sono espresse come percentuale rispetto alla condizione con Mg Cl 2 25 mM scelta co me
riferimento (100%). Le proteine Wld S e mNM NAT1 sono rappresentate dalla stessa curva. I diversi range di
concentrazione usati per ciascun metallo sono stati scelti considerando i limiti d’interferen za sull’attiv ità
dell’en zima ancillare usato nel saggio di determinazione dell’attività enzimat ica, descritti nel paragrafo 3.3.1.
95
Risultati e discussione
Quindi, come dettagliato nel paragrafo seguente, sono stati scelti ai nostri scopi
MgCl2 , ZnCl2 e CoCl2 a opportune concentrazioni in grado di supportare ogni volta
l’attività di non più di due isoforme (in percentuale diversa tra loro) sul totale delle tre da
discriminare. È implicita la possibilità che il nuovo approccio di calcolo proposto permette
di modificare in un ampio range di scelta le condizioni iniziali di saggio per la
discriminazione, che possono essere quindi adattate alle esigenze del caso in base agli
obiettivi prefissati. Selezionando infatti condizioni diverse si possono modulare rapidità,
semplicità, efficacia e anche la precisione del metodo, con possibilità quindi di
applicazione in vasti ambiti. Per quanto riguarda i cofattori metallici selezionati nel nostro
caso a fini discriminatori, prima di procedere con lo sviluppo e la validazione del metodo,
l’attività isoforma-specifica in presenza dei metalli sopra indicati, e quindi i parametri
definitivi per il calcolo matriciale, sono stati rideterminati mediante saggio in HPLC, che è
la metodologia necessaria, data l’accuratezza e la sensibilità richieste, per il saggio su
estratti tissutali.
3.3.3 SAGGI DI ATTIVITÀ IN HPLC DELLE NMNAT MURINE E DI Wld S IN
PRESENZA
DI SUBSTRATI PURINICI ALTERNATIVI
E
METALLI
SELEZIONATI
Verifica preliminare dell’utilizzo di substrati purinici alternativi – In natura, le trasferasi
da varie fonti sono note per l’utilizzo differenziale di ITP e/o GTP come substrati analoghi
all’ATP, una proprietà anch’essa di potenziale interesse per gli obiettivi discriminatori del
presente progetto di ricerca. Di conseguenza, in analogia anche col precedente studio sugli
isoenzimi umani [114], è stata valutata la capacità delle specie murine ricombinanti di
utilizzare tali substrati purinici alternativi. Il saggio in HPLC è stato allestito verificando
preliminarmente con opportuni standard la separazione HPLC degli analoghi del NAD+
prodotti da tali reazioni, rispettivamente l’NHD+ dall’ITP e l’NGD+ dal GTP. Apposite
miscele di reazione sono state poi allestite in presenza di entrambi i substrati alternativi a
concentrazione pari a 1 mM, riportando le attività come percentuali rispetto al riferimento
in condizioni standard (NMN ed ATP 1 mM). I risultati ottenuti sono riassunti in Figura
39.
96
Risultati e discussione
Figura 39. Attività % relativa di Wld S e delle tre isoforme murine rico mbinanti in presenza di ATP (100 %
di riferimento) e con i due substrati piridin ici alternativ i ITP e GTP.
Contrariamente all’NMNAT1 umana che non era attiva in tali condizioni [114], sia
l’ITP che il GTP si sono rivelati sorprendentemente molto efficaci nel supportare l’attività
catalitica di Wld S e mNMNAT1, con valori pari al 10-20 % circa dell’attività in condizioni
standard ottenute col substrato fisiologico ATP. L’mNMNAT3 invece, in linea con la
corrispondente isoforma umana mostratasi tra le tre quella più flessibile nell’utilizzo di tali
analoghi (15,6% attività residua con ITP e 11% con GTP) e che era stata discriminata
proprio sfruttando l’ITP [114], ha mostrato un’attività residua pari al 2-5 % circa con
entrambi i substrati. L’mNMNAT2, dal canto suo, ha evidenziato un’attività pressoché
nulla con entrambi i composti, analogamente al corrispondente isoenzima umano.
Come precedentemente osservato riguardo l’uso isoforma-specifico di MgCl2 , il
comportamento distintivo anche con substrati purinici alternativi da parte dell’isoforma 1
murina non ha reso possibile usare lo stesso saggio discriminatorio del sistema umano.
Tale isoforma è infatti tra le tre quella più divergente cataliticamente rispetto a quelle
umane e si mostra addirittura più efficace dell’isoforma 3 nell’utilizzo di ITP come
substrato alternativo. Perciò le condizioni basate sull’uso di substrati purinici alternativi
sono risultate non selettive e di conseguenza non particolarmente utili a fini discriminatori.
In linea teorica queste condizioni potrebbero essere applicabili utilizzando il nuovo metodo
di calcolo matriciale proposto; esse sono state tuttavia scartate alla luce dei bassi valori
percentuali di attività relativa ottenuti, che determinano un’influenza negativa sulla
97
Risultati e discussione
sensibilità del metodo risultante, per lo meno rispetto ad altre condizioni possibili quali
quelle descritte con i metalli sopra indicati (vedi paragrafo 3.3.2).
Verifica dell’attività in presenza di MgCl2 , ZnCl2 e CoCl2 – Successivi saggi di attività in
HPLC in presenza dei metalli prescelti sulla base dei risultati ottenuti col metodo di saggio
spettrofotometrico sono stati allestiti come descritto in Materiali e Metodi (paragrafo
2.3.2). Per quanto riguarda MgCl2 e ZnCl2 sono stati ripetuti gli esperimenti precedenti per
confermare i risultati ottenuti allo spettrofotometro, usando gli stessi range di
concentrazione per ciascuno dei due metalli. Per il CoCl2 invece, al fine di indagare meglio
e ottimizzare le condizioni discriminatorie, il range di concentrazione usato è stato esteso
da 1 mM a 6 mM, data l’assenza del sistema ancillare nel saggio HPLC qui impiegato e
quindi la mancanza di interferenza sull’ADH da parte del metallo a tali concentrazioni.
Sempre per quanto riguarda il CoCl2 , i saggi preliminari inizialmente allestiti in presenza
di DTT, come previsto nel protocollo usato per tutte le altre condizioni discriminatorie
(vedi Materiali e Metodi), hanno indicato la presenza di fenomeni di interferenza
sull’attività risultante a carico di tutte e tre le isoforme ricombinanti e in particolare di
mNMNAT3, che mostravano valori ridotti anche del 50 % rispetto all’atteso. Nel tentativo
di indagare le cause di questo fenomeno, è emerso che l’aggiunta alla miscela di CoC l2
prima e degli enzimi poi determinava un’attività maggiore rispetto a quella ottenuta
invertendo l’ordine di aggiunta, condizioni in cui si osservava un concomitante
imbrunimento del colore della miscela. Non è stato chiarito il dettaglio del problema, ma si
è potuto concludere che la causa del fenomeno è imputabile alla presenza di riducente nella
miscela, che probabilmente determina fenomeni di ossidazione (visibili dall’imbrunimento
della miscela stessa) quando viene a contatto con l’enzima prima e con il metallo poi, in
maniera direttamente proporzionale alla concentrazione di CoCl2 presente. Dato che
l’effetto interferente si annulla del tutto eliminando dalla miscela di reazione il DTT,
l’esperimento in presenza di CoCl2 è stato eseguito per tutti gli enzimi ricombinanti in
assenza del riducente e tale condizione è anche quella descritta in Materiali e Metodi,
valida per la discriminazione (condizione “C”, paragrafo 2.4.4).
I risultati dei saggi HPLC sopra descritti sono riassunti nei grafici in Figura 40 che
mettono in relazione l’attività di ciascun isoenzima con la diversa concentrazione di
metallo. In analogia con quanto prima riportato, lo Zn2+ ad alte concentrazioni vicine a 2
98
Risultati e discussione
mM supporta solo l’attività di mNMNAT1/Wld S; la concentrazione di 1,5 mM, a cui si
osserva un 55 % circa di attività relativa nell’esperimento indicato (Fig. 40-A), è stata
selezionata come condizione discriminatoria A. Il Mg2+ invece a basse concentrazioni
dell’ordine del micromolare supporta solo le attività di mNMNAT1/Wld S e mNMNAT2; la
concentrazione pari a 50 M, a cui si osserva un 35-40 % circa di attività relativa per
entrambe le specie nell’esperimento indicato (Fig. 40-B), è stata selezionata come
condizione discriminatoria B. Il Co2+ infine, anch’esso ad alte concentrazioni millimolari
come nel caso dello Zn2+ precedente, si è mostrato sufficientemente selettivo ai nostri scopi
per mNMNAT1/Wld S e soprattutto per mNMNAT3; la concentrazione pari a 4 mM, a cui
si osserva un 65 % circa di attività relativa per mNMNAT1/Wld S e un 180 % circa di
attività relativa per mNMNAT3 (Fig. 40-C), è stata selezionata come condizione
discriminatoria C.
Le tre condizioni proposte, indicate dalle frecce nella seguente Figura 40 e
selezionate in questo lavoro di tesi per discriminare il contributo individuale di ciascun
isoenzima murino all’attività totale NMNAT nell’estratto di tessuto corrispondente, sono
di seguito riassunte:
-
Condizione A, ZnCl2 1,5 mM: selettiva per mNMNAT1/Wld S
-
Condizione B, MgCl2 50 µM: supporta entrambe mNMNAT2 e mNMNAT1/Wld S
-
Condizione C, CoCl2 4 mM: supporta in ordine mNMNAT3 e mNMNAT1/Wld S.
Al contrario delle precedenti usate nel sistema umano [114], tali condizioni sono
tutte basate sulla metallo-dipendenza differenziale tra gli isoenzimi murini. Non è stato
possibile, infine, come in parte atteso, trovare delle condizioni efficaci a discriminare
l’attività della Wld S dalla mNMNAT1, che sono indistinguibili con questa metodologia di
saggio in quanto hanno lo stesso comportamento con tutti i metalli.
99
Risultati e discussione
Figura 40. Metallo-d ipendenza dell’attività d i mNNMNAT1(W ld S), mNM NAT2 e mNMNAT3 a diverse
concentrazion i d i ZnCl2 , Mg Cl2 e Co Cl2 . Le frecce indicano le concentrazioni scelte co me condizioni
discriminatorie: Condizione A, 1,5 mM ZnCl2 ; Condizione B, 50 µM Mg Cl2 ; Condizione C, 4 mM CoCl2 .
Per la realizzazione del saggio di discriminazione è opportuno eseguire saggi di
attività in parallelo per ogni isoforma ricombinante allo scopo di calcolare i parametri di
attività relativa in ciascuna condizione, da utilizzare poi nel calcolo matriciale. Tali
parametri, rappresentati dai coefficienti a n , bn e cn descritti in Materiali e Metodi nel
paragrafo dedicato al calcolo matriciale (paragrafo 2.4.5), sono deducibili dai grafici
sopradescritti. Pur tuttavia, come nel protocollo tipo descritto in Materiali e Metodi, tali
coefficienti sono stati rideterminati ogni volta e calcolati in ogni singolo esperimento
allestendo in parallelo, oltre ai campioni con gli estratti tissutali grezzi, una cosiddetta
“matrice interna” con ciascuno dei vari isoenzimi ricombinanti. Ciò si è reso necessario per
migliorare la precisione del metodo e per limitare la variabilità intrinseca dovuta alla
procedura di calcolo matriciale, la quale è affetta da interferenze anche minime date da
variabilità nella preparazione delle soluzioni stock per l’allestimento delle miscele di
reazione e da altri fattori occasionali. In Tabella XI sono riportati i valori medi di attività %
100
Risultati e discussione
di ciascun isoenzima ricombinante in ciascuna delle tre condizioni selezionate per il saggio
discriminatorio, rispetto alla condizione di riferimento (MgCl2 25 mM).
Tabella XI
Valori medi d i attiv ità % (+/- errore standard) degli enzimi rico mb inanti in ciascuna condizione del saggio
discriminatorio. La Wld S e la mNMNAT1 esibiscono le stesse percentuali di attività. La media è stata
effettuata dai dati relativi a 5 esperimenti indipendenti effettuati.
Come si può notare dalle contenute variazioni di errore standard osservate in esperimenti
diversi e ripetuti si ha in generale una elevata riproducibilità, tanto che, per il calcolo
matriciale, si può ragionevolmente anche fare riferimento ai valori medi riportati in tabella.
Tuttavia, per le motivazioni descritte in precedenza, l’uso di matrici sperimentali interne ad
ogni singolo esperimento consente certamente di migliorare i limiti di confidenza del
saggio e di minimizzare gli errori dovuti al ricalcolo.
3.4 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica
NMNAT: validazione preliminare in vitro
Il metodo di saggio nelle condizioni selezionate e l’applicabilità del calcolo
matriciale proposto sono stati verificati e validati preliminarmente mediante allestimento di
opportuni saggi su campioni costituiti da una miscela delle tre isoforme ricombinanti
purificate (mNMNAT1/Wld S, mNMNAT2 e mNMNAT3), preventivamente miscelate in
101
Risultati e discussione
diverse proporzioni note e sottoposte a discriminazione come se fossero campioni
incogniti. Tali saggi sono stati condotti in HPLC, come descritto in Materiali e Metodi.
La Tabella XII si riferisce ad uno di tali esperimenti condotto in presenza di una
miscela di quantità simili di ciascuno dei tre enzimi ricombinanti (1-2 U totali ciascuno).
Non sono mostrati invece i risultati simili ottenuti usando miscele dei tre enzimi in
proporzioni diverse (fino a 1/10 relativamente l’una nei confronti delle altre isoforme). La
Tabella XII mette a confronto i risultati di attività ottenuti dalla discriminazione con i
valori reali ricavati sperimentalmente mediante misurazione diretta delle attività
enzimatiche corrispondenti. L’attività di ogni singolo enzima è stata misurata nella
condizione di riferimento (MgCl2 25 mM) e in ciascuna delle tre condizioni discriminatorie
(A, ZnCl2 1,5 mM; B, MgCl2 50 µM e C, CoCl2 4 mM), consentendo di ricavare la matrice
dei coefficienti necessaria per la risoluzione del sistema. In parallelo, è stata misurata
l’attività della miscela di isoenzimi nelle stesse tre condizioni discriminatorie e i valori
risultanti, espressi in milliunità (mU), sono stati usati insieme ai coefficienti stabiliti sopra
per ricavare il contributo individuale di ciascun isoenzima attraverso il sistema di calcolo
matriciale secondo la metodologia descritta in Materiali e Metodi. I risultati sono espressi
in rosso nell’ultima colonna della tabella, con indicati tra parentesi le percentuali del valore
calcolato rispetto al valore sperimentale.
Tabella XII
Prova virtuale di d iscriminazione in vitro condotta per la validazione del saggio e del metodo di calcolo
matriciale proposti. Le att ività sono tutte espresse come milliunità (mU) totali nella miscela. In rosso, i valori
dal calcolo matriciale e (tra parentesi) le percentuali relative rispetto ai valori sperimentali.
102
Risultati e discussione
Come si può notare, nel singolo esperimento tipo riportato, le percentuali di
recupero dell’attività sono vicine al 100 % per tutte e tre le isoforme murine NMNAT.
Ripetendo l’esperimento per un numero sufficiente di replicati si ottengono i valori medi
mostrati nella seguente Tabella XIII che indicano i limiti di confidenza del metodo di
discriminazione proposto. Infatti, considerando in esperimenti singoli i valori attribuiti
grazie al calcolo matriciale alle singole isoforme, non risultano in nessun caso errori
superiori al +/- 20% rispetto al valore misurato sperimentalmente. Si può concludere
quindi che il metodo di discriminazione e l’annesso sistema di calcolo matriciale siano
sufficientemente precisi per gli scopi prefissati.
Tabella XIII
Statistica delle p rove virtuali di discriminazione in vitro condotte su miscele art ificiali dei 3 isoenzimi
rico mbinanti per la validazione del saggio proposto. In tabella sono riportati i dati d i 5 esperimenti
indipendenti e le medie finali dei valori derivanti dal calcolo matriciale . Le attiv ità sono tutte espresse come
percentuali del valore sperimentale assunto come riferimento (100%).
Come evidente dai dati in tabella e come anche già discusso in precedenza, uno dei
vantaggi del calcolo matriciale è la possibilità di stabilire il contributo individuale di ogni
isoforma, a partire da dati sperimentali di saggio in cui anche tutte e tre le NMNAT
contribuiscono all’attività totale in proporzioni diverse. Ciò è profondamente diverso dalla
metodologia impiegata in precedenza per gli enzimi umani [114].
103
Risultati e discussione
3.5 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica
NMNAT: validazione su estratti da tessuto murino
La metodologia di saggio e l’applicabilità del metodo sopra riportato sono state
quindi ulteriormente validate analizzando direttamente un estratto da tessuto murino. Per
questa prova, appropriate quantità di cervello del ceppo parentale (WT, wild-type) sono
state fornite dalla Dr.ssa Laura Conforti (Università di Nottingham, UK) e i corrispondenti
estratti grezzi ”metal- free” sono stati ottenuti come descritto in Materiali e Metodi (sezione
2.4.3). Il protocollo di saggio e il metodo di calcolo matriciale sono invece descritti nelle
sezioni 2.4.4 e 2.4.5.
Per validare il saggio proposto, su aliquote diverse degli stessi tessuti sono state
condotte due analisi: il saggio discriminatorio per la valutazione del contributo individuale
delle singole isoforme NMNAT, e la contemporanea analisi real- time PCR per la
valutazione dell’espressione relativa degli mRNA di ciascun enzima normalizzata con la βactina. La Figura 41 mostra i risultati di entrambe queste determinazioni effettuate a scopo
comparativo del profilo di attività con quello dell’espressione relativa.
Figura 41. A sinistra: attività specifica NM NAT totale e delle singole isoforme nel cervello murino WT
(analisi in trip licato su campioni indipendenti). Nel riquadro piccolo in alto, la corrispondente percentuale di
attività relativa di ciascuna isoforma rispetto al totale. A destra: i corrispondenti livelli d i mRNA di ciascuna
isoforma, normalizzat i rispetto alla β-act ina ed espressi in scala logarit mica.
Come si vede dal grafico a sinistra in Figura 41, nel cervello murino, la
mNMNAT1 è responsabile del maggior contributo relativo di attività (circa 60%) rispetto
104
Risultati e discussione
all’attività NMNAT totale, la mNMNAT2 è anch’essa relativamente abbondante (circa
40%), mentre la mNMNAT3 è praticamente assente. Al contrario, i livelli osservati di
mRNA (grafico di destra in Fig. 41) sono nettamente a favore della mNMNAT2 e
relativamente più bassi per le altre due isoforme (circa 1/10 relativo per la mNMNAT1 e
1/5 per la mNMNAT3). Da notare che i dati di espressione sono perfettamente in accordo
con la letteratura circa la specificità e relativa abbondanza nel tessuto nervoso
dell’isoforma 2 [114]. L’apparente incongruenza in termini assoluti derivante dal confronto
diretto tra i dati di espressione e di attività può essere ragionevolmente spiegata tenendo in
considerazione i valori di efficienza catalitica (k cat / Km ). Come dimostrato in precedenza
(Sezione 3.2) infatti, la mNMNAT1 è dotata di maggiore efficienza catalitica, pari a circa
10 volte quella dell’mNMNAT2, e a circa 100 volte quella dell’isoforma 3 (Tabella X). Su
questa base è dunque possibile apportare i dovuti aggiustamenti ai dati in questione, col
risultato che i rapporti relativi di espressione osservati pari a 1 : 10 : 2 (in ordine
dall’isoforma 1 alla 3, Fig. 41 a destra) sono convertibili, tenendo in considerazione le
efficienze catalitiche medie, a valori pari a 1 : 1 : 0.02, cioè sostanzialmente in linea, con i
rapporti relativi di attività misurati (Fig. 41 a sinistra). I livelli inferiori di mRNA rilevati
per la mNMNAT1 rispetto a mNMNAT2 sono compensati dalla sua elevata efficienza
catalitica, tanto da rendere il suo contributo alla sintesi totale di NAD+ dello stesso ordine
di grandezza di quello della mNMNAT2, come osservato. Va ricordato che tale confronto
può essere limitato da altri fattori potenzialmente importanti (no n tenuti in considerazione
perché sconosciuti), quali la stabilità dell’attività delle singole isoforme negli estratti, il
turnover in vivo delle proteine prodotte dai corrispondenti mRNA, oppure eventuali
modifiche post-traduzionali regolatorie dell’attività, che determinerebbero la necessità di
apportare ulteriori fattori di aggiustamento per un confronto più realistico dei dati.
Tuttavia, con le dovute approssimazioni, la corrispondenza osservata tra l’attività
individuale calcolata e l’espressione delle isoforme NMNAT in un tipico tessuto murino
come il cervello sostanzia il saggio discriminatorio e ha fornito ulteriore validazione alla
metodologia proposta, che risulta efficace e ragionevolmente precisa entro limiti
accettabili.
105
Risultati e discussione
3.6 Saggio di discriminazione su estratti proteici grezzi da tessuti
murini
Alla luce dei risultati positivi ottenuti dalle precedenti prove di validazione, il
saggio discriminatorio è stato infine applicato per determinare il contributo di attività dei
singoli isoenzimi in estratti grezzi di fegato e cervello da ceppi parentali di topi WT e
mutanti Wld S, come pure di cervelli provenienti da animali variamente mutati a livello di
singole isoforme NMNAT, questi ultimi tutti forniti dal Dr. Coleman (Babraham Institute,
University of Cambridge, UK) e dalla Dr.ssa Conforti (Università di Nottingham, UK) per
lo studio in collaborazione. Tra questi sono stati analizzati alcuni mutanti eterozigoti per la
mNMNAT1 e mutanti eterozigoti e omozigoti per la mNMNAT2.
Le varie estrazioni, i saggi in condizioni discriminatorie e i calcoli dei contributi
delle singole isoforme tramite metodo matriciale sono stati effettuati come descritto nelle
Sezioni 2.4.3, 2.4.4 e 2.4.5.
3.6.1 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI E FEGATI DI TOPI MUTANTI Wld S
Diversi cervelli e fegati murini dal ceppo mutante Wld S, come pure del
corrispondente WT per confronto, sono stati acquistati dalla ditta HARLAN ®. Tale ceppo
murino mutante ha particolare importanza nel contesto dello studio delle neuropatie dei
mammiferi e della degenerazione Walleriana: come già discusso nella sezione 1.7, esso
deriva da una mutazione spontanea avvenuta nel ceppo di topo C57BL/6J (WT), che
consiste di una triplicazione tandem sul cromosoma 4. La proteina chimerica Wld S
risultante conferisce protezione dalla neurodegenerazione producendo un sensibile
rallentamento della velocità di degenerazione assonale [103] dopo lesione traumatica.
Inoltre, mentre il SNP ha una grande capacità rigenerativa dopo lesione con prospettiva di
prognosi favorevole in alcune neuropatie assonali, nel SNC al contrario non sono visibili
segni di rigenerazione, e il recupero assonale sembra essere fuori dalla portata della
manipolazione terapeutica. Da questo punto di vista, l'effetto protettivo della proteina
WldS, condiviso sia dal sistema nervoso periferico che da quello centrale, può far pensare
ad un meccanismo di danno assonale e ad un possibile rimedio comuni ad entrambi i
distretti.
106
Risultati e discussione
Non meno importante, per stabilire una eventuale relazione tra contenuto di NAD+
e protezione dalla neurodegenerazione, è la determinazione dei livelli di NAD + endogeno
dei tessuti murini mutanti rispetto ai tessuti murini WT: come evidenziato da Coleman et.
al non vi è un sensibile aumento di NAD+ nel tessuto nervoso di topi Wld S rispetto al
ceppo parentale, facendo pensare che non vi sia un coinvolgimento diretto del dinucleotide
nella neuroprotezione [156].
È dunque di notevole interesse dal punto di vista biomedico, stabilire il ruolo della
chimera Wld S e l’eventuale partecipazione delle tre NMNAT, nonché il meccanismo
molecolare alla base di tale neuroprotezione, per poter in ultimo studiare nuovi trattamenti
terapeutici per tutti quei disordini che comportano neurodegenerazione.
A tali scopi, sfruttando la nuova metodologia del saggio di discriminazione
dell’attività trasferasica isoforma-specifica, sono state confrontate le attività delle singole
NMNAT nei cervelli mutanti Wld S e WT. La Figura 42 mostra i risultati relativi all’analisi
dei cervelli mutanti confrontati al ceppo parentale (WT).
A)
B)
Figura 42. Attività specifica media (A) e % di attività relativa dei singoli isoenzimi (B) su estratti grezzi di 3
cervelli murini WT e 3 fegati Wld S analizzati. Nel grafico A) sono anche indicati i valori di attività specifica
totale dei cervelli WT e W ld S.
I grafici mettono a confronto le attività specifiche (Fig. 42-A) e le percentuali
relative (Fig. 42-B) delle tre isoforme NMNAT in un triplicato di estratti da cervello WT
(in celeste) e cervello Wld S (in bianco). Come si vede dal grafico A), l’attività specifica
(mU/mg) dell’isoforma 1, data dalla somma dei contributi di mNMNAT1 e della proteina
107
Risultati e discussione
chimerica Wld S nel cervello mutante e dalla sola mNMNAT1 nel WT, è quella che
contribuisce di più alla sintesi totale di NAD+, ed è circa 5 volte superiore nel mutante
rispetto al WT. Al contrario, l’attività specifica della mNMNAT2 è praticamente costante e
invariata nei due casi, mentre non è stato possibile misurare il contributo dell’isoforma
mNMNAT3 perché troppo basso entro i limiti di errore del calcolo matriciale. Il grafico B)
mostra le corrispondenti percentuali relative tra isoforma 1 e isoforma 2 che sono,
rispettivamente, 58 % e 39 % nel WT e 83 % e 15 % nel mutante, in perfetto accordo con i
dati precedenti (sezione 3.5). Sostanzialmente, da questi dati si conferma una situazione
ben nota in letteratura anche se mai verificata prima d’ora mediante misurazione diretta
dell’attività isoforma-specifica, data cioè dalla presenza nel cervello mutante di una extraisoforma mutante NMNAT, che coincide appunto con la chimera Wld S, in grado di fornire
la cellula di una extra-attività di tipo mNMNAT1. La maggiore capacità da parte del ceppo
mutante di sintesi totale del NAD+ (dal grafico, attività NMNAT totale = 0,561 mU/mg
contro 0,138 mU/mg nel WT) è data pertanto esclusivamente da questa isoforma mutante
chimerica, che è stata chiaramente identificata come fattore causale della protezione dalla
degenerazione assonale indotta da stress meccanico, fisico o chimico [156]. Pur essendo
tuttavia stato accertato che tale attività enzimatica da parte di Wld S è necessaria per
garantire il fenotipo neuroprotettivo, non è ancora stata chiarita la sua azione a livello
molecolare. È chiaro infatti che l’aumentata capacità di sintesi di NAD+ dovuta alla
mutazione spontanea non corrisponde ad aumentati livelli di NAD+ cellulari, come anche
evidenziato dal grafico in Figura 43, e quindi non altera i livelli basali del dinucleotide. Ciò
suggerisce che l’eventuale NAD+ prodotto in eccesso potrebbe essere metabolizzato: il
prodotto di queste reazioni compensatorie potrebbe inoltre esso stesso essere coinvolto
nella protezione assonale. Ad esempio, il processo di poli-ADP-ribosilazione usa NAD+
influenzando l’attività proteica e il contenuto cellulare di NAD+ e ATP, specialmente in
risposta allo stress [157], [158]. La blanda attivazione della PARP senza deplezione di
NAD+ potrebbe essere neuroprotettiva [159]. Un altro metabolita, il NADPH, è il coenzima
dell’ossido nitrico sintasi, un enzima collegato al danno assonale [160], e la sintesi della
molecola segnale ADP riboso ciclico dal NAD+ regola il rilascio di calcio dalle riserve
intracellulari [161], influenzando potenzialmente le proteasi attivate dal calcio nella
degenerazione Walleriana. Tutti questi indizi, come già accennato potrebbero far pensare
ad un ruolo non diretto del NAD+ prodotto dall’extra isoforma Wld S.
108
Risultati e discussione
Figura 43. Inalterato contenuto di NAD+ in o mogenati di cervelli freschi Wld S rispetto ai cervelli WT (6J).
Risultati simili sono evidenziati in Figura 44 in cui è mostrata l’analoga
discriminazione su fegato murino parentale e con mutazione Wld S.
Anche in questo caso, le attività specifiche delle tre isoforme rappresentate nel grafico A,
mostrano il contributo relativo maggiore da parte dell’isoforma 1 e la superiore attività di
mNMNAT1 + Wld S (circa 3 volte) nel mutato rispetto alla sola mNMNAT1 nel parentale.
A)
B)
Figura 44. Attività specifica media (A) e % di attività relativa dei singoli isoenzimi (B) su estratti grezzi di 3
fegati murini WT e 3 fegati Wld S analizzati.
Nel fegato dei mammiferi, al contrario del cervello, non risulta invece espressa l’isoforma
2 ma piuttosto, come descritto [114], l’isoforma mitocondriale NMNAT3, che è misurabile
109
Risultati e discussione
col nostro saggio discriminatorio a valori costanti e invariati sia nel mutante che nel ceppo
parentale. Come in precedenza, le corrispondenti % relative sono riportate nel grafico B.
Infine, analogamente a quello che avviene nel cervello, l’incremento di attività NMNAT
totale nel fegato mutato è dovuto solamente alla presenza della chimera Wld S e non si
osserva nessun fenomeno compensatorio a carico delle altre isoforme.
Nel complesso, i risultati ottenuti sono stati in linea con le aspettative e il metodo di
calcolo matriciale si è rivelato selettivo e preciso. Inoltre dal confronto con la letteratura, i
dati ottenuti hanno mostrato numerose analogie con quelli da tessuti (epatico e nervoso)
umani, prodotti in precedenza mediante un simile, ma non uguale, metodo di
discriminazione [114]. Per quanto riguarda il fegato infatti c’è corrispondenza sia dal punto
di vista qualitativo (presenza di isoforma 1 e 3 e assenza di isoforma 2), che dal punto di
vista quantitativo (isoforme 1 e 3, circa 80 % e 20 % del totale, rispettivamente). Nel
tessuto cerebrale invece, c’è corrispondenza dal punto di vista qualitativo (presenza di
isoforma 1 e 2 e assenza di isoforma 3), ma meno dal punto di vista quantitativo. La
prevalenza nel topo di mNMNAT1 (60% circa) sulla mNMNAT2 (40% circa) infatti non
corrisponde alle descritte % invertite a favore dell’isoforma 2 nell’uomo [114]. Una tale
differenza, comunque non sostanziale e di impatto pressoché irrilevante sulle conclusioni
generali, potrebbe derivare dal fatto che i tessuti umani analizzati nello specifico caso
citato, considerati come rappresentativi del WT, erano in realtà corrispondenti ad espianti
di tessuto peritumorale, provenienti quindi da una porzione specifica di cervello [114],
mentre i tessuti murini analizzati in questo lavoro di tesi corrispondono a interi emisferi
cerebrali (vedi Materiali e Metodi).
3.6.2 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA mNMNAT1
Nonostante la proteina mNMNAT1 costituisca la maggior parte della sequenza
della proteina chimerica Wld S (Fig. 16), in grado quest’ultima di ritardare di circa 10 volte
la degenerazione assonale, e nonostante la sua attività sia necessaria, anche se non
sufficiente per la neuroprotezione nei topi mutanti Wld S, il ruolo della mNMNAT1
endogena, anche nel normale mantenimento assonale non è stato ancora elucidato.
Recentemente il gruppo di ricerca della Dott.ssa Laura Conforti (Babraham Institute,
Cambridge, Inghilterra) ha prodotto, tramite la metodologia del gene targeting (Fig.45),
dei topi eterozigoti knockout per la mNMNAT1 (Nmnat1+/-) nei quali l’attività di tale
110
Risultati e discussione
isoforma è teoricamente dimezzata, per confrontarne genotipo e fenotipo con quelli di topi
normali (WT) [162].
Figura 45. Schemat izzazione del protocollo d i gene targeting.
Per testare se la parziale delezione della mNMNAT1 abbia qualche influenza
sull’espressione delle altre due isoforme mNMNAT, e per investigare eventuali
meccanismi compensatori, sono stati saggiati i livelli di espressione degli mRNA
corrispondenti per ogni isoforma in omogenati di cervello attraverso la real time RT-PCR.
Come atteso è risultato che l’mRNA della mNMNAT1 è molto ridotto negli omogenati di
cervello Nmnat1+/-, mentre non si sono osservate differenze significative nei livelli di
espressione relativi agli mRNA delle mNMNAT2 e mNMNAT3 nei cervelli Nmnat1+/confrontati con il fenotipo WT [162].
Nel presente lavoro di tesi sono stati quindi sottoposti alla metodologia di
discriminazione dell’attività isoforma-specifica gli estratti di sei campioni di cervello
murino, in particolare 3 WT e 3 mutanti Nmnat1+/- .
111
Risultati e discussione
In Figura 46 è mostrata l’attività specifica dei cervelli mutanti delle singole
isoforme confrontata con quella dei cervelli WT, calcolata come media dei valori relativi ai
campioni presentanti lo stesso genotipo: come si vede chiaramente i tre cervelli mutanti
Nmnat1+/-, mostrano un’attività specifica media della mNMNAT1 nettamente ridotta
rispetto a quella dei cervelli WT, mentre nessun cambiamento rispetto ai campioni WT si
osserva nell’attività delle altre due isoforme mNMNAT2 e mNMNAT3. Inoltre nei
campioni dei cervelli analizzati le attività delle isoforme 1 e 2 sono preponderanti rispetto
alla mNMNAT3, in accordo con i dati presenti in letteratura circa la localizzazione
tissutale delle isoforme [114]. La mancanza di parte dell’attività dell’isoforma mNMNAT1
trova riscontro anche nella diminuzione del 40% di attività adenililtrasferasica totale dei
cervelli mutanti rispetto ai ceppi parentali (Fig. 46): tale effetto era atteso in quanto la
mNMNAT1 rappresenta l’isoforma che maggiormente contribuisce all’attività NMNAT
nel tessuto nervoso, come evidenziato dai saggi sopra descritti.
Figura 46. Attività specifica dei singoli isoenzimi NMNAT in o mogenati di cervelli WT e Nmnat1 +/calcolata come med ia dei valori relativ i ai camp ioni presentanti lo stesso genotipo. Notare l’attività mo lto
bassa che si riscontra per la mNM NAT3 nei cervelli murini. Sopra il grafico è riportata la media dell’attiv ità
specifica totale dei cervelli suddetti.
I tessuti dei sei cervelli WT e Nmnat1+/- macinati in N 2 liquido sono stati inoltre
sottoposti ad analisi per la determinazione del livello di NAD+ endogeno, al fine di
valutare se vi sia una correlazione tra i livelli di NAD+ e le attività enzimatiche NMNAT.
112
Risultati e discussione
La procedura adottata è descritta nella sezione 2.5. La concentrazione proteica negli stessi
cervelli è stata determinata attraverso saggio di Bradford, ed è stata usata per determinare
l’attività specifica degli isoenzimi e per normalizzare i livelli di NAD+. Dal grafico in
Figura 47 si evince che, a dispetto della diminuzione dei livelli proteici e dell’attività
enzimatica di biosintesi, i livelli di NAD+ nei cervelli mutanti Nmnat1+/- non subiscono
riduzione rispetto a quelli dei cervelli WT.
Figura 47. Livelli di NAD+ negli o mogenati di cervelli mu rini WT e Nmnat1 +/-.
Grazie a questi risultati è stato dunque possibile fare maggior chiarezza sul ruolo
della mNMNAT1: si è potuto accertare che la forte diminuzione di attività della
mNMNAT1 che è stata osservata nei topi mutanti Nmnat1+/- non è associata a nessun
fenotipo caratterizzato da una velocità di degenerazione Walleriana alterata [162]. È
possibile che il mantenimento dei normali livelli di NAD+ rilevati nei cervelli dei topi
Nmnat1+/- rispetto ai topi WT, riesca a spiegare la mancata comparsa di un fenotipo con
un’accelerata degenerazione assonale. Si può, quindi affermare che l’isoenzima
mNMNAT1, non influenzando la velocità del processo di degenerazione Walleriana, non
abbia un ruolo primario nel mantenimento e nella protezione assonale, ruolo che invece
potrebbe essere ricoperto da una delle altre 2 isoforme, e probabilmente dall’isoenzima
mNMNAT2, anche alla luce dei bassissimi livelli di mNMNAT3 presenti nel tessuto
nervoso. Questi risultati hanno portato alla pubblicazione di un articolo in collaborazione
apparso su FEBS Journal (Agosto 2011) [162].
113
Risultati e discussione
3.6.3 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA mNMNAT2
Uno studio analogo a quello sopra riportato (3.6.2) è stato effettuato anche in topi
mutanti knockout (K.O.) per la mNMNAT2, per chiarire il suo ruolo nella
neurodegenerazione, nel normale mantenimento assonale e in determinate condizioni
metaboliche e nutrizionali. Il gruppo di ricerca del Dr. Coleman, (Cambridge, Inghilterra)
ha prodotto, tramite la metodologia del gene trapping, topi mutanti omozigoti knockout
per la mNMNAT2, in cui vi è un’espressione residua del 50% di tale enzima e topi mutanti
eterozigoti knockout in cui l’espressione residua dell’isoforma 2 è del 75%. Due cervelli
per ogni tipo di mutanti ottenuti sono stati analizzati tramite saggio discriminatorio e
confrontati con una coppia di cervelli di topi WT, per verificarne anche in questo caso
genotipo e fenotipo.
I protocolli per l’ottenimento degli estratti grezzi, per la valutazione dell’attività
tramite saggio HPLC e per il calcolo dei singoli contributi sono gli stessi utilizzati per le
altre analisi su tessuti murini e descritti in Materiali e Metodi.
In Figura 48 è mostrata l’attività specifica calcolata come media dei valori relativi
ai campioni presentanti lo stesso genotipo. La considerazione più evidente che emerge dal
grafico è che le attività specifiche riguardanti la mNMNAT2 nei campioni mostrano delle
sensibili differenze: in particolare come atteso, i campioni WT esibiscono l’attività
specifica maggiore, seguiti in ordine decrescente dalle coppie di cervelli HET (eterozigoti
knockout) e HOM (omozigoti knockout), mentre per le altre due isoforme NMNAT non si
evidenziano variazioni sostanziali. Anche in tal caso nei campioni dei cervelli analizzati le
attività delle isoforme 1 e 2 sono preponderanti rispetto alla mNMNAT3, in accordo con i
dati presenti in letteratura circa la localizzazione tissutale delle isoforme nel tessuto
nervoso [114]. Per quanto riguarda l’attività specifica totale dei tre genotipi di cervello
analizzati, si nota una leggera diminuzione nel caso dei mutanti, ma comunque non sono
evidenti sostanziali differenze: ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’isoforma 2 non è
quella che contribuisce maggiormente all’attività trasferasica nel tessuto nervoso, pertanto
la sua parziale perdita di attività non inficia in modo consistente l’attività specifica totale
nei tessuti in analisi, al contrario di quello che si è potuto osservare per i mutanti per
l’NMNAT1, la quale invece dà il maggior contributo all’attività NMNAT come
evidenziato dai saggi sopra descritti.
114
Risultati e discussione
Figura 48. Attività specifica degli isoenzimi NMNAT in omogenati di cervelli Wild -type, eterozigoti
knockout (HET) e o mo zigoti knockout (HOM) calco lata co me media dei valori relat ivi alle coppie di
camp ioni presentanti lo stesso genotipo. Sopra il grafico è riportata la media dell’attività specifica totale dei
cervelli suddetti.
I tessuti dei cervelli WT, HET e HOM macinati in N 2 liquido sono stati inoltre
sottoposti ad analisi per la determinazione del livello di NAD+ endogeno, al fine di valutare
se vi sia una correlazione tra i livelli di NAD+ e le attività enzimatiche NMNAT. La
procedura adottata è descritta nella sezione 2.5. La concentrazione proteica negli stessi
cervelli è stata determinata attraverso saggio di Bradford, ed è stata usata per determinare
l’attività specifica degli isoenzimi e per normalizzare i livelli di NAD+. Dal grafico in
Figura 49 si evince che, a dispetto della diminuzione dei livelli proteici e dell’attività
enzimatica di biosintesi, i livelli di NAD+ nei cervelli mutanti knockout sia eterozigoti che
omozigoti non subiscono riduzione rispetto a quelli dei cervelli WT, pertanto l’attività
residua adenililtrasferasica della mNMNAT2 è sufficiente a garantire la normale quantità
del dinucleotide.
115
Risultati e discussione
Figura 49. Livelli di NAD+ negli o mogenati di cervelli mu rin i W.T., HET (etero zigoti knockout) e HOM
(omo zigoti knockout) per la NM NAT2.
Le analisi sul fenotipo mostrato dai cervelli dei topi mutati (eterozigoti e omozigoti
knockout) sono in corso: esse potrebbero elucidare il ruolo che la mNMNAT2 ha nel
mantenimento assonale e nell’eventuale alterazione del processo di degenerazione
Walleriana.
Per avere una panoramica completa del ruolo delle trasferasi, uno studio analogo
potrebbe essere condotto su topi mutanti K.O. per la mNMNAT3, per chiarire il suo ruolo
nella neurodegenerazione, nel normale mantenimento assonale e in determinate condizioni
metaboliche e nutrizionali.
3.7 Conclusioni e prospettive future
Nel corso dello studio qui presentato è stato messo a punto per la prima volta un
saggio di discriminazione dell’attività trasferasica delle singole isoforme mNMNAT in
estratti grezzi di tessuti murini, senza dover procedere alla loro purificazione.
Il clonaggio, l’espressione e la successiva purificazione delle mNMNAT
ricombinanti, hanno consentito la scelta delle condizioni (tra le numerose testate) più
adatte per la messa a punto del saggio di discriminazione. Per determinare le attività i
valori di attività delle tre singole isoforme rispetto all’attività trasferasica totale, è stato
utilizzato in associazione al saggio discriminatorio, un metodo di calcolo matriciale, che
116
Risultati e discussione
sfruttando la regola di Cramer permette di ottenere direttamente i valori di attività dei
singoli isoenzimi.
Il saggio è stato validato attraverso prove in vitro con le mNMNAT ricombinanti
purificate miscelate in diverse proporzioni: ciò ha permesso di stabilire che il nuovo
metodo di calcolo messo a punto è sufficientemente preciso ed affidabile. Tale saggio è
stato applicato su estratti grezzi provenienti da diverse tipologie di tessuti murini (fegati e
cervelli) WT e variamente mutati, ottenendo in tutti i casi i risultati convergenti, validando
ulteriormente la metodologia proposta che risulta efficace e accurata entro limiti
accettabili.
In tal modo è stato possibile per la prima volta misurare il contributo di attività
trasferasica delle singole mNMNAT in tessuti murini dove esse partecipano in diversa
misura all’attività trasferasica totale. Per contro non è stato possibile discriminare l’attività
della proteina chimerica Wld S da quella della mNMNAT1 in quanto esse hanno mostrato
lo stesso comportamento in tutte le condizioni di saggio testate.
Dai dati ottenuti si può concludere che:
-
l’incremento di attività NMNAT totale in cervelli e fegati Wld S è dovuto solamente
alla presenza della proteina chimerica Wld S e non si osserva nessun fenomeno
compensatorio a carico delle altre isoforme, dimostrando che essa è necessaria per
la protezione dalla degenerazione Walleriana;
-
le determinazioni condotte su cervelli mutanti Nmnat1+/- associate alle osservazioni
del fenotipo mostrato hanno permesso di affermare che la mNMNAT1 non
influenza la velocità della degenerazione Walleriana;
-
studi similari su topi mutanti eterozigoti e omozigoti per la mNMNAT2 sono
ancora in corso e permetteranno di fare maggiore chiarezza sul ruolo rivestito da
questa isoforma. Uno studio simile potrà essere anche effettuato per la mNMNAT3.
L’applicazione di tale saggio potrà in futuro consentire di verificare su sistemi
assonali danneggiati, come nervi tagliati, se vi è un decremento della mNMNAT2, come
già accennato l’isoforma più labile, che è stato ipotizzato avvenire in queste condizioni.
Sarà anche possibile impiegare questo metodo per effettuare saggi su tessuti di topi
modello di numerose altre malattie neurodegenerative che colpiscono l’uomo (Parkinson,
Alzheimer, varie tipologie di sclerosi e degenerazione Walleriana), di tumori e altre
117
Risultati e discussione
patologie legate ad un potenziale redox alterato, per verificare l’eventuale variazione dei
livelli di attività di uno o più dei tre isoenzimi NMNAT.
I risultati consentiranno di valutare eventuali relazioni tra attività NMNAT
individuali e metabolismo del NAD+ per comprendere in maniera più chiara, a livello
molecolare, il quadro eziologico di una vasta gamma di patologie cronico-degenerative che
colpiscono il sistema nervoso dell’uomo; tali specifiche alterazioni di attività NMNAT
potranno essere correlate alle manifestazioni neurologiche che nella pellagra sono
strettamente connesse alla carenza nutrizionale di niacina.
Inoltre questo approccio di discriminazione innovativo che usa il metodo di calcolo
matriciale potrebbe trovare applicazione anche per la discriminazione di altri enzimi noti
presenti in isoforme multiple (es. l’alcol deidrogenasi): testando infatti l’attività delle
stesse isoforme enzimatiche in differenti condizioni (con cofattori metallici o substrati
alternativi) si potranno sviluppare analoghe strategie di discriminazione basate su simile
ricalcolo matriciale. Alla luce del metodo proposto in questo lavoro di tesi, ogni
condizione è valida purché i parametri introdotti nella matrice diano un determinante
diverso da 0, rendendo perciò possibile, in linea teorica, risolvere il sistema e determinare
il contributo individuale per qualsiasi gruppo di isoenzimi.
Infine, ma non meno importante, questo innovativo saggio di discriminazione può
essere considerato un metodo diretto e rappresentare un valido sostituto ai classici metodi
(indiretti) di indagine di espressione genica, con il vantaggio di fornire informazione sul
prodotto finale del processo di espressione, rappresentato dall’enzima attivo. In effetti,
riscontrare la presenza di mRNA mediante RT-PCR, REAL-TIME PCR, Northern blot, o
la presenza di proteina mediante Western blot, non necessariamente riflette la presenza di
proteina biologicamente attiva nel sistema sotto indagine, a causa dei vari punti di
controllo dell’espressione che si hanno nel passaggio dal trascritto alla proteina matura.
3.8 Espressione e purificazione dell’isoforma murina NMNAT2
per studi cristallografici
Mentre per le isoforme NMNAT1 e NMNAT3 umane sono note le strutture
cristallografiche, la NMNAT2 è l’unica trasferasi nei mammiferi di cui ancora non sia stata
risolta la struttura 3D. In passato, diversi gruppi di ricerca, ivi incluso anche quello del
118
Risultati e discussione
laboratorio in cui è stato svolto il presente progetto di ricerca, hanno ripetutamente cercato
di ottenere una preparazione enzimatica sufficientemente attiva e concentrata per prove di
cristallizzazione, senza risultati utili. Dato che la mNMNAT2 esibisce un’identità di
sequenza del 99% con la corrispondente isoforma umana (vedi allineamento in Fig.32) e
che in questo lavoro di tesi si è ottenuto un livello di espressione insperatamente alto e la
proteina appare solubile, attiva e stabile dopo purificazione (vedi Sezione 3.1), sono state
inizialmente effettuate delle prove con la stessa preparazione murina destinata alla
caratterizzazione allo scopo di tentare di concentrare la proteina ai livelli richiesti.
Tuttavia, i vari tentativi condotti mediante centrifugazione all’Amicon Ultra (Millipore),
tramite liofilizzazione o evaporazione Speed- vac, non hanno fornito risultati interessanti a
causa della riscontrata precipitazione della proteina in soluzione e/o denaturazione con
perdita irreversibile di attività. Successivamente quindi, onde evitare manipolazioni della
preparazione proteica post-purificazione, si è tentato invece di arricchire la preparazione
finale ai livelli desiderati modificando opportunamente la procedura di espressione e
purificazione. Per quanto riguarda l’espressione sono state condotte prove allo scopo di
ottimizzare al massimo i livelli di prodotto ricombinante ottenibile in batteri. Per quanto
riguarda la purificazione invece, si è operato sovraccaricando volutamente la resina
d’affinità (maggiore rapporto v/v tra EG e resina) durante lo step di purificazione. Tale
studio è ancora in corso e i risultati parziali fin qui ottenuti sono di seguito descritti.
Ottimizzazione dell’espressione della specie mNMNAT2 ricombinante - Il costrutto
pET28c-mNMNAT2 è stato trasformato in cellule BL21 (DE3) di E. coli e, dopo
induzione come descritto in Materiali e Metodi, i livelli di espressione di proteina solubile
sono stati monitorati attraverso analisi elettroforetica a tempi successivi. L’ana lisi è stata
condotta su aliquote di cellule opportunamente prelevate e trattate per l’SDS-PAGE in
tricina (Fig. 50).
Il risultato dell’analisi mostra che la massima espressione della proteina ricombinante si ha
dopo 3,5-5,5 ore dall’induzione. Nelle successive prove si è pertanto scelto di prolungare
l’induzione dalle 3 ore previste nel protocollo riportato in Materiali e Metodi fino a 5 ore.
119
Risultati e discussione
Figura 50. SDS-PA GE in t ricina delle frazioni solubili da cellule trasformate con il costrutto rico mbinant e
pET28c -mNMNAT2: St, standard; t0 , cellu le al mo mento dell’inoculo; BI, cellule prima dell’induzione
(O.D.600 = 0,6) e a 1,5 ore, 3,5 ore, 5,5ore e over night (o.n.) dal mo mento dell’induzione con IPTG 1mM .
Purificazione – Per le prove di cristallizzazione, l’isoforma mNMNAT2 ricombinante è
stata purificata su larga scala a partire da 750 mL di coltura batterica e sovraccaricando la
resina TALON, come sopra descritto, secondo la metodologia descritta nel paragrafo 2.6.2.
Nonostante le modifiche al protocollo, la proteina è stata purificata in maniera ottimale e
con un buon grado di purezza ( > 95%, Fig. 51).
Figura 51. SDS-PA GE in tricina delle frazioni relative alle d iverse fasi della purificazione. St, standard; NB,
non legato; L, lavaggio con buffer senza imidazolo; W1 e W2, lavaggi con imidazolo 20 mM; 1-11, frazioni
eluite con 150 mM d i imidazo lo.
120
Risultati e discussione
Le frazioni più concentrate sono state riunite in un unico pool finale contenente 4,1
mg di proteina purificata per un’attività specifica pari a 5,6 U/mg. Dopo desalting in PD-10
come descritto in Materiali e Metodi, la preparazione finale aveva mantenuto la stessa
attività specifica con una resa proteica del 70 %. Entro 24 ore dal suo ottenimento, il
campione è stato inviato, opportunamente conservato a +4 °C, al DISCAFF dell’Università
del Piemonte Orientale “ A. Avogadro” (Novara) e sottoposto a prove di cristallizzazione,
che finora non hanno dato esiti positivi.
Da notare che le nuove condizioni di espressione e purificazione hanno fornito un
preparato finale sicuramente più ricco e concentrato rispetto a quanto mediamente ottenuto
col protocollo tipo (vedi risultati alla sezione 3.1), ma non certamente dei livelli attesi.
L’ottenimento di una preparazione idonea per le prove di cristallizzazione è sicuramente un
fattore chiave per il buon esito sperimentale finale e finora sembra essere stato proprio
questo il fattore limitante in questo studio. Ciò è dovuto anche a varie caratteristiche note
dell’isoforma 2 che possono confluire nel determinare scarsa solubilità e manipolabilità
della specie, soprattutto dopo purificazione ad omogeneità. Tra queste, come già citato, la
relativa abbondanza di residui di cisteina, la sua peculiare modifica post-traduzionale di
palmitoilazione e ancoraggio alle membrane di Golgi, e anche con il suo elevato turnover
rispetto alle altre due isoforme.
121
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