mastro3/06/2003 ultimo

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mastro3/06/2003 ultimo
Il Tevere a Roma:
un fiume tra natura e storia
Coordinamento editoriale:
Cecilia Franceschetti
Testi:
Cecilia Franceschetti, Marisa Ceccarelli,
Carlo Callori di Vignale, Laura Gentile, Maria Rapini
Disegni:
Marisa Ceccarelli
Foto:
Marina Pulcini, Luca Molajoni. La riproduzione della foto
della Lupa capitolina è stata gentilmente concessa dalla
Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma,
Musei Capitolini
Hanno collaborato:
Paola De Fazio, Rita Paone, Manuela Nanni
Progetto grafico e stampa:
Ramberti Arti Grafiche
Pubblicazione realizzata con un contributo
dell’Assessorato alle Politiche Ambientali ed Agricole
del Comune di Roma
Dipartimento X - Politiche Ambientali ed Agricole
II U.O. - Sviluppo Sostenibile
Servizio Educazione Ambientale e Volontariato
PREFAZIONE
“….. il Tevere scorre di amena corrente e biondo di arene
vorticose si versa nel mare; uccelli iridati,
amanti delle rive mattutine e avvezzi al letto del fiume in
volo sul bosco addolcivano l’aria di canti ….”
Virgilio, Eneide, Libro VII, vv. 25-36.
Molto tempo è passato da quando Virgilio descriveva così il
Tevere. Da allora il Fiume ha avuto i suoi mali, ma oggi, soprattutto con la realizzazione dei depuratori, l’ecosistema ha ritrovato
un suo equilibrio.
Anche grazie all’iniziativa del Comune di Roma di riportare come
nell’800 la navigazione sul fiume, possiamo quindi rivivere il
Tevere, camminare lungo le sue banchine o prendere un battello.
I romani ed i turisti potranno guardare le nidiate dei germani reali,
cogliere il volo dei cormorani nell’aria e rimanere stupiti di fronte
alla spontanea presenza di giaggioli acquatici lungo le sponde.
Molto si deve, per la presenza di questa armonia, alle associazioni
ambientaliste, testimoni storici delle trasformazioni del Fiume ed
attenti sorveglianti del rispetto della flora e della fauna di questo
delicato ecosistema.
Questo Assessorato vuole confermare il suo impegno e proseguire, con la collaborazione di tutti gli Enti e delle realtà interessate, affinché il Fiume Tevere sia sempre un luogo dove coniugare
tutela e salvaguardia dell’ambiente con la fruizione di questo
straordinario patrimonio.
L’Assessore alle Politiche
Ambientali ed Agricole
Dario Esposito
Marevivo per il fiume Tevere
Marevivo è un’associazione ambientalista impegnata da quasi 20
anni a promuovere e realizzare numerose campagne ed iniziative
nazionali ed internazionali per la tutela e la valorizzazione del
mare e delle sue risorse.
Consapevole che per una efficace tutela dell’ecosistema marino
Ponte
Matteotti
La sede
galleggiante di
Marevivo
sono anche indispensabili azioni di controllo e salvaguardia dei
corsi d’acqua, ha sempre posto particolare
attenzione alle problematiche di gestione
dei fiumi, intraprendendo specifiche azioni finalizzate a polarizzare l’attenzione delle
istituzioni e dell’opinione pubblica nei
confronti di quelle forme di tutela “terrestri”
da cui dipende l’inte-
Pannelli
illustrativi sui
ponti di
Roma realizzati da
Marevivo
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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grità ambientale del mare.
Dopo aver portato avanti
un’impegnativa ed incisiva
battaglia per il recupero
del Fiume Sarno, ha dedicato particolare attenzione al Tevere, fiume al quale l’associazione è particolarmente legata. Marevivo,
infatti, “vive” sul Tevere, in
una sede galleggiante
ancorata allo Scalo de
Pinedo, in pieno centro di
Roma. Da questa postazione l’associazione quotidianamente vive e partecipa in prima
persona alla vita del fiume seguendo in tempo reale tutti gli eventi che lo riguardano: dalla schiusa dei germani che nidificano sulle
rive, all’arrivo degli uccelli migratori, dalle acque che si “gonfiano”
in occasione delle piene, alle grandi ed improvvise morie di pesci.
La sede di Marevivo si è così trasformata nel tempo in un “osservatorio del fiume Tevere”, divenendo un punto di incontro e di
confronto per tutti coloro che hanno a cuore la salute del fiume.
In particolare, dopo aver aperto la propria sede alle scolaresche
per svolgere attività didattiche sull’ecosistema fiume, organizzato
specifici seminari per studenti universitari e svolto incontri-dibattito sulle problematiche di gestione del bacino fluviale, Marevivo
ha sentito il bisogno di realizzare delle iniziative per far riscoprire il Tevere nel suo tratto urbano. E’ nato così il progetto
“Valorizzazione dell’ecosistema fluviale del Tevere nella città di
Roma” che, fatto proprio dell’Assessorato alle Politiche
Ambientali del Comune di Roma, ha visto la realizzazione nel
2001 di una mappa/depliant e 24 pannelli illustrativi localizzati in
prossimità dei ponti del Tevere sulla storia e la natura del fiume in
città. Il successo ottenuto dall’iniziativa ha poi spinto Marevivo a
realizzare una pubblicazione per fornire ai romani, agli studenti ed
ai turisti che visitano la capitale, uno strumento per approfondire
tutti quegli aspetti più segreti dell’ambiente fluviale in città. E’ stata così ideata questa guida, la cui realizzazione è stata ancora una
volta sostenuta dall’Assessorato alle Politiche Ambientali del
Comune di Roma.
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Marevivo per il fiume Tevere
Il fiume di Roma tra storia e natura
Ponte
S.Angelo
Lo abbiamo voluto emarginare, isolare visivamente, indirizzarlo
e contenerlo con muraglioni ed arginature, inquinarlo con scarichi di ogni tipo. Eppure il Tevere, il “fiume di Roma”, è un corso
d’acqua straordinario, pieno di vita e con una storia antichissima
tutta da raccontare. Alla foce del Tevere è arrivato Enea, profugo di Troia, sulle sue sponde ha visto la luce e si è sviluppata la
civiltà romana, nelle sue acque si è specchiata la Roma dei Papi,
intorno ad esso è cresciuta la metropoli che oggi conosciamo,
con le sue bellezze, i suoi difetti, le sue contraddizioni. I miliardi
di metri cubi d’acqua che il fiume di Roma ha portato al mare
nel corso della sua esistenza hanno accompagnato millenni di
storia e di leggende ed hanno suscitato ogni sorta di possibile
raffigurazione, celebrazione, racconto, mito, canzone, dipinto e
scultura. Ma c’è ancora spazio per aggiungere qualcosa,
qualcosa che riguarda un
aspetto del fiume tutt’altro
che secondario, quello di un
delicato ambiente fluviale
urbano. Benché contenuto
con muraglioni ed argini,
sbarrato ed imbrigliato con
dighe e soglie, inquinato con
scarichi di vario genere, il
Tevere ha oggi da raccontare,
infatti, anche la sua storia di
“ecosistema urbano”, la
diversità della vita che conIl Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
Argini e
muraglioni
del Tevere
urbano
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germano reale
tiene e che promette, i complessi e delicati equilibri naturali
governati dalle sue acque ed il suo intimo rapporto tra natura,
storia, arte e letteratura. Il vorticoso scorrere delle sue acque
invita così ad osservare e scoprire tra monumenti e vestigia
famosi in tutto il mondo, il germano reale che attraversa il fiume con i suoi piccoli, il martin pescatore che nidifica lungo le
rive, gli aironi e le garzette che lasciano le loro impronte sul fango, i rami dei salici che si muovono al vento, le tracce di antiche
alluvioni, le spiagge, le isole fluviali e molte altre bellezze naturali. Quello che rende il Tevere straordinario è proprio questa
fusione di valori naturalistici e storici nel cuore di Roma, città
eterna e moderna metropoli.Valori che devono essere scoperti
e ricercati con uno sguardo nuovo, con un
occhio più attento capace di cogliere i
particolari più nascosti, le sfumature
e le peculiarità. Questa guida vuole
appunto essere un invito ad osservare
in maniera nuova il Tevere che scorre
dentro la città, un manuale per “leggere il
fiume”, per scoprirne gli aspetti più segreti e silenziosi, per comprendere i delicati
equilibri che lo regolano e quindi per contribuire a proteggerlo.
iris d’acqa
martin
pescatore
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Il fiume di Roma tra storia e natura
raganella
Il Tevere e la natura
Il paesaggio
Al tempo della fondazione di Roma, circa 2750 anni fa, il Tevere si
presentava come tipicamente è la parte terminale di un fiume,
quella prossima al mare, laddove, raggiunta ormai la pianura, l’acqua che scorre lentamente si allarga in anse e dà origine a vaste
zone paludose. Il territorio era occupato da una grande zona alluvionale ricca di acquitrini, percorsa da una fitta rete di piccoli corsi d’acqua confluenti nel fiume principale su cui si ergevano, isolati, i famosi sette colli. La millenaria trasformazione del tessuto
urbano ha completamente stravolto l’assetto originario dei luoghi, ma ancora oggi è possibile riconoscere alcune caratteristiche
tipiche di un fiume nel suo “basso corso” e ritrovare tracce del
suo passato geologico.
Nascita ed evoluzione del Tevere
Il Tevere nasce dal monte Fumaiolo, in Romagna, a 1268 metri di
altitudine; dopo un percorso di 403 km attraverso Toscana,
Umbria e Lazio, sfocia nel Mar Tirreno tra Fiumicino ed Ostia.
Nel corso delle ere geologiche la morfologia del Tevere è stata
plasmata dall’erosione fluviale, dalla presenza di un’importante
discontinuità tettonica che attraversa l’Appennino, dalle variazioni del livello marino che durante l’Era Quaternaria hanno interessato la costa tirrenica e dall’attività vulcanica dei vicini Colli
Albani e Monti Sabatini. Recenti studi indicano nella zona di Ponte
Galeria l’antico delta del Tevere, prima che l’attività vulcanica dei
Colli Albani (databile a circa 700.000 anni fa) ne determinasse l’avanzamento nella posizione attuale. Durante le ultime fasi glaciali
quaternarie, a causa del ritiro del mare e della regressione della
linea della costa, si ebbero profondi mutamenti del reticolo fluIl Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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viale, con l’abbassamento del letto del fiume di parecchie decine
di metri sotto l’attuale livello. Con lo scioglimento dei ghiacciai ed
il conseguente innalzamento del livello del mare, riprese l’attività
di alluvionamento delle valli che si colmarono di limi, sabbie e
ghiaie di notevoli spessori.
I meandri
Nel loro viaggio verso il mare, i corsi d’acqua, con la loro continua azione erosiva accompagnata dal deposito di sedimenti di
vario genere, hanno un ruolo fondamentale nel modellamento del
paesaggio, scavando valli fluviali più o meno incise, formando pianure alluvionali e producendo morfologie tipiche come i terrazzi
fluviali, i delta ed i meandri. I meandri, che si formano generalmente in tratti a debole pendenza, nei fondovalle coperti da
depositi alluvionali, consistono in anse, a volte anche molto pronunciate, che conferiscono al fiume un’andamento più o meno
sinuoso. Dove il fiume inizia a formare una curva, il più delle volte senza nessuna causa apparente (talvolta queste sinuosità possono essere attribuite ad ostacoli che il fiume incontra ed aggira
nel suo cammino), la forza centrifuga dell’acqua fa si che venga
sempre più erosa la sponda esterna, mentre quella interna viene
protetta e rivestita da depositi di sedimenti.
Anche il Tevere, nel suo basso corso scorre lentamente formando
numerosi meandri come le ampie anse che descrive dentro Roma.
Geologia ed idrogeologia
Gli elementi geologici (natura dei terreni), idrologici (acque
superficiali) ed idrogeologici (acque sotterranee) sono stati completamente obliterati nell’area urbana di Roma a causa dell’intensa e prolungata trasformazione del territorio che ha portato ad
avere oggi, diffusa su tutta l’area urbana, una considerevole coltre
di depositi costituiti da riempimenti, scarichi, ruderi sepolti e
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il Tevere e la natura
accumuli di macerie che raggiungono spessori non di rado superiori a 10 metri. La costituzione del sottosuolo del centro storico di Roma è inoltre molto variabile in funzione dell’eterogeneità delle rocce presenti e delle loro stratificazioni.
Rocce, sorgenti ed acqua sotterranea
La riva destra.
Tutta l’area pianeggiante su
cui sorge la città è occupata
dai depositi alluvionali del
Tevere, costituiti da argille e
limi intercalati a sabbie e
ghiaie. Le rocce più antiche
che si possono trovare lungo
l’attuale corso del fiume sono
argille di origine marina ed
affiorano nei pressi del
Gianicolo, del Colle Vaticano
e di Monte Mario, sulla riva
destra del Tevere. Numerose
Le due nicerano le cave e le fornaci che,
chie ricavate
a metà dei
fin dall’antichità, utilizzavano
muraglioni da
cui sgorgava
questo materiale per la prol’Acqua
Lancisiana
duzione di mattoni. Nel resto
del territorio cittadino le argille sono generalmente presenti in
profondità (sotto il Circo Massimo superano gli 800 m di spessore). Dai rilievi situati sulla riva destra del Tevere hanno origine
anche diverse sorgenti, alimentate dalla circolazione idrica all’interno di sabbie, limi e ghiaie, soprastanti il letto impermeabile delle argille. Quasi tutte le sorgenti, ben note ed apprezzate dai
romani di tutte le epoche, sono ormai andate perdute: restano
ancora patrimonio archeologico e naturale della città l’Acqua Pia
(Porta Cavalleggeri), l’Acqua Lancisiana (sul muraglione a Ponte
Principe Amedeo), le Acque Corsiniane (all’interno dell’Orto
Botanico) e l’Acqua Innocenziana (sotto San Pietro in Montorio).
La riva sinistra
I rilievi collinari che si elevano sulla riva sinistra del fiume sono
costituiti principalmente da rocce di origine vulcanica (tufi e pozzolane) di spessore variabile da pochi metri a oltre 20 metri, provenienti dagli apparati vulcanici dei Colli Albani a sud, e dai Monti
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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Sabatini a nord.
Gran parte del centro storico è localizzata sopra queste rocce, all’interno delle
quali la circolazione delle
acque sotterranee è però
fortemente condizionata
dall’intensa urbanizzazione
ed impermeabilizzazione
della superficie. Le aree che
attualmente permettono
l’infiltrazione di acqua nel
sottosuolo, equivalenti a cirS. Clemente
ca 2 kmq, sono limitate alle
ville, ai giardini ed ai parchi.Altri terreni poco o nulla permeabili,
quali argille e limi intercalati a livelli più permeabili sabbiosi e
ghiaiosi, occupano il fondovalle del Tevere ed interessano quindi
tutto il centro storico della città. Le ghiaie, presenti con continuità da nord a sud con spessori variabili da qualche metro a oltre 10
metri, sono sede di una circolazione idrica sotterranea importante.
Delle numerose sorgenti storiche su questo lato del fiume rimangono ancora attive l’Acqua Tulliana, che sgorga dal pavimento del
carcere Mamertino, la Fonte di Diuturna al Palatino e l’Acqua di San
Clemente, nel sottosuolo dell’omonima chiesa.
La vita animale e vegetale
Il Tevere e la vegetazione ripariale presente lungo le sue sponde
rappresentano una delle principali vie di ingresso e di colonizzazione per le specie animali e vegetali tipiche della “campagna
romana” che, seguendo il suo corso e la fascia di vegetazione più
o meno naturale che lo borda, riescono a penetrare nel cuore
della città. Inoltre il fiume rappresenta uno dei principali “segni del
territorio” seguiti dagli uccelli nel corso dei loro spostamenti
migratori stagionali, dalla costa verso l’interno del Paese.
La maggioranza delle specie presenti sono estremamente adattabili da un punto di vista ecologico, ma ce ne sono alcune la cui
presenza dimostra che l’ambiente fluviale non è ancora del tutto
compromesso, ed esse costituiscono quindi uno stimolo per continuare ad adottare provvedimenti per migliorare la situazione
ambientale complessiva.
Le piante
Delle quasi 1300 specie di piante
spontanee presenti a Roma, circa
600 sono associate all’habitat
acquatico e ripariale del fiume.
Attualmente la maggior parte di
queste specie risulta per lo più concentrata nel tratto nord del Tevere,
a monte della confluenza con
l’Aniene. Tra gli alberi sono comuni
diverse specie di salici come il salice
bianco e il salice rosso, di pioppi come
il pioppo bianco, il pioppo nero e il
pioppo del Canadà, mentre più rari e
localizzati appaiono l’ontano comune
e la tamerice maggiore. I canneti
a cannuccia di palude ed i popolamenti a lisca maggiore, più
comunemente conosciuta come tifa,
sono invece distribuiti in modo più
continuo lungo il tratto urbano e costituiscono habitat preferenziale di nidificazione e di rifugio per diverse specie di
uccelli. Tra le specie più tipicamente
acquatiche è importante ricordare diverse specie del genere Potamogeton tra
cui la resistente brasca delle lagune
dalla morfologia graminiforme (P. pectinatus), il ceratofillo comune, la
lenticchia d’acqua e la rarissima
morso di rana (Hydrocjiaris morsus
ranae).
Tra le piante di ambiente palustre
sono presenti il sedano d’acqua, il
ontano
pioppo
salice
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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cannuccia
morso di
rana
iris d’acqua
tifa
crescione, la canapa acquatica, il giaggiolo acquatico, la
veronica beccabunca e la menta acquatica. I carici ed i
giunchi, anche se presenti, sono in regresso mentre in forte
espansione appare una specie esotica nordamericana, la forbicina frondosa (Bidens frondosa), del tutto assente negli anni ‘50.
Le piante dei muraglioni
La flora associata in situazioni naturali all’ambiente rupestre,ha trovato lungo il Tevere validi habitat sostitutivi costituiti dai muraglioni, dalle pareti delle banchine, dai ponti, dalle scalette di accesso al fiume (anche i gabbiani
reali hanno dimostrato forti capacità di adattamento imparando a nidificare sulle “scogliere urbane” costituite da tetti, cupole e monumenti!).
In tutto, ad occupare questo particolare habitat sono una trentina di piante tra cui il capelvenere, la parietaria, il grespino sfrangiato, la veronica a foglie di cymbalaria, il ciombolino, la valeriana rossa, il cappero e due specie di ombelico
di Venere.
La pianta che maggiormente
caratterizza i muraglioni del
Tevere è una specie esotica
nordamericana, che ha colonizzato la città nella prima
metà del 1900. É la Cespica
karvinskiana, specie amante
delle pareti rocciose umide,
che ha trovato in questo habitat artificiale condizioni otticappero
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il Tevere e la natura
Cespica karvinskiana
martin
pescatore
mali per crescere. Le
più piccole fessure di
pressochè tutti i
muraglioni e di tutti gli
argini del Tevere sono
stati occupati, a volte
in una situazione di
vero monopolio, da
questa specie.
Gli animali
Gli uccelli
Grazie ad una ricerca coordinata
dall’Ufficio Diritti Animali del Comune di Roma è
stato realizzato un Atlante delle specie di Uccelli
nidificanti in città. Ebbene, delle 75 specie nidificanti entro il Grande Raccordo Anulare di Roma, almeno
tredici trovano negli ambienti associati al fiume gli habitat più idonei per la riproduzione.Tra queste il germano reale che nidifica con certezza nel tratto compreso tra
Ponte Risorgimento e Ponte Margherita con diverse
coppie, e la gallinella d’acqua che preferisce i
tratti a monte e a valle del centro storico
dove sono presenti anse e lembi più consistenti di canneto ove costruire il nido. Il
martin pescatore scava il nido
gallinella
lungo gli argini, preferendo i
d’acqua
tratti in cui non sono presenti
arginature in pietra. Durante i
femmina
germano
reale
maschio
mesi invernali e a seconda degli anni, tra Ponte Milvio e l’Isola
Tiberina si insedia una piccola popolazione svernante di diversi
individui: è questo il periodo in cui è più facile osservarlo. Inoltre,
prima di alcuni lavori che hanno interessato le banchine, nidificava
anche nei pressi di Ponte Risorgimento. La ballerina gialla è
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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segnalata lungo il fiume, a monte e a valle del centro
storico, nei pressi di Fidene, Tor di Quinto,
Testaccio, Marconi, Magliana e Tor di Valle, ma
le nidificazioni non sono regolari. Il pendolino nidifica lungo il fiume a valle del Ponte
dell’Industria e a monte di Ponte
Matteotti. Il caratteristico nido a fiasco viene ancorato e fatto “penzousignolo
di fiume
lare” preferenzialmente da
rami di salici e pioppi e,
assieme al verso sibilante
dei maschi, è il segno che più facilmente
permette di registrarne la presenza.
Anche se solo in alcuni punti ben localizzati del tratto urbano del fiume, nidificano inoltre specie più elusive e
quindi più difficili da osservare,
cannaiola
come il tarabusino, un airone di piccole dimensioni del
colore delle cannucce di
palude segnalato nel tratto di fiume nei pressi della
diga di Castel Giubileo. I
canneti sono essenziali
per questa e le altre
specie di seguito
indicate, in quanto rappresentano l’habitat di nidificazione.Anche per questo motivo l’introduzione della nutria, un grosso roditore sudamericano spesso scambiato per “un ratto
di dimensioni gigantesche”, che si alimenta preferenzialmente
di cannuccia di palude, è da consitarabusino
derarsi estremamente deleteria per gli equilibri ecologici di questo ambiente. Il tuffetto, il più piccolo tra gli svassi,
nidifica lungo il Tevere in una sola zona, situata nel settore sudoccidentale della città, costituita da due piccoli stagni adiacenti, formati dal relitto di una vecchia ansa del Tevere. Osservarlo dai ponti è possibile durante i mesi di dicembre e gennaio quando qualche
individuo svernante va a caccia immergendosi anche nel tratto più
urbano. Anche il porciglione, un uccello acquatico appartenente
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il Tevere e la natura
alla stessa famiglia della gallinella d’acqua (Rallidi), nidifica in città lungo il
Tevere, nei pressi dell’Acqua
Acetosa, anche se con una popolazione alquanto limitata. Il suo
nome deriva dal verso emesso
che somiglia molto a quello di un
maiale spaventato. Il cannareccione e la cannaiola sono altri due
ospiti dei canneti, presenti con popolazioni esigue principalmente nei pressi
della Diga di Castel Giubileo e
della vecchia ansa del Tevere
gabbiano
della Magliana. Durante i mesi
invernali e durante le migrazioni il fiume
si popola anche di uccelli di passo
che quindi non rimangono qui a
nidificare. Alcune di queste specie
migratrici provengono dal centro e
dal nord Europa e vengono a trascorrere i rigidi mesi invernali lungo il fiume ove trovano peraltro
anche abbondanti risorse alimentari. E così è possibile con facilità
osservare aironi cenerini, garzette, gabbiani comuni e numerosissimi
cormorani. A Roma, nell’inverno
1986-87 fu osservato per la prigarzetta
ma volta, un piccolo numero di
cormorani che iniziarono ad utilizzare come dormitorio un tratto di circa 500 metri di sponda del basso corso del Tevere, in corrispondenza della località Tor di Valle, nei pressi della Magliana. Nel
corso degli anni successivi si è assistito ad un forte incremento di
questo gruppo svernante, passando da 6 individui dell’inverno 8687 ai circa 1300 del 1995. Successivamente si è assistito ad un forte calo delle presenze anche se oggi i cormorani sono tra gli
uccelli più vistosi del tratto urbano del fiume. E’ un vero spettacolo osservarli mentre pescano immergendosi oppure quando
sostano su un sasso o su un tronco con le ali aperte per asciugarsi.
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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Gli anfibi e i rettili
Il tratto urbano del Tevere forma ambienti idonei alla presenza di
diverse specie di anfibi e rettili. Tra i serpenti sono segnalate
entrambe le bisce d’acqua, la più comune natrice dal collare è
segnalata per diversi tratti fluviali mentre la più rara e maggiormente acquatica natrice tessellata è stata osservata a Ponte
Mazzini. Un serpente più comune ed anch’esso del tutto innocuo,
è il biacco, sicuramente presente lungo gli argini e gli ambiti ripariali dell’Oasi WWF, presso Ponte Matteotti. I muraglioni e le banchine costituiscono un habitat idoneo alla presenza di due specie
di lucertole, la lucertola muraiola e la lucertola campestre,
quest’ultima meno esigente da punto di vista ecologico, riesce a
colonizzare anche gli habitat più degradati.Tra gli anfibi in ambiti
golenali del Tevere, situati nei tratti a nord e a sud del centro
urbano, sempre all’interno del Gran Raccordo Anulare, sono
segnalati il tritone crestato ed il tritone punteggiato.Anche
il rospo comune e la rana verde sono piuttosto frequenti lungo alcuni tratti urbani del Tevere. Più localizzate appaiono invece
le presenze della raganella dal caratteristico canto monotono e
cigolante e del rospo smeraldino, le cui segnalazioni sono limitate al tratto nord del fiume.
raganella
rospo comune
I pesci
I pesci sono ancora abbondanti nel Tevere, anche se la comunità
ittica è sbilanciata per lo più verso specie poco esigenti e meno
sensibili. In altre parole “abbondanza di pesce” non significa
ambiente sano. Sono aumentate così le specie tipiche di acque
con bassi tenori di ossigeno, come carpa, carassio, tinca, rovella e anguilla. Molto frequenti sono anche le specie marine che
risalgono il fiume per scopi alimentari e vi permangono per periodi variabili, come il cefalo ed il cefalo calamita. La Diga di Castel
Giubileo costituisce un ostacolo insormontabile per le specie che
durante il periodo riproduttivo tendono a risalire alla ricerca di siti
idonei alla deposizione delle uova. E così in primavera è possibile
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il Tevere e la natura
osservare la migrazione riproduttiva di barbo
e cavedano con numerosi individui che
stazionano nei pressi delle paratie della diga. In questi ultimi
anni sono state però ritrovate
lungo il Tevere due specie di
lamprede la cui presenza fa
barbo
ben sperare per il futuro: la
lampreda di fiume e la lampreda di mare, specie rare ed
estremamente esigenti da un punto di vista ecologico.
Le lamprede
Le lamprede, simili ai pesci, appartengono ai Ciclostomi, un gruppo
di Vertebrati tra i più antichi esistenti, privi di mascelle, di pinne
pari e di scaglie, con bocca circolare a ventosa.
Le specie introdotte
Tra le specie presenti nel Tevere ve ne sono alcune, due in particolare, che non essendo originarie dell’Italia, stanno causando notevoli problemi alla fauna ed alla flora autoctona. Si tratta della nutria e
della tartaruga americana dalle orecchie rosse. La prima è un
grosso roditore originario del sud America importato negli anni ‘40
in Italia come animale da pelliccia. Sfuggita da allevamenti, la nutria si
è ormai diffusa in gran parte d’Italia, bacino del Tevere compreso,
dove arreca grossi danni alla vegetazione acquatica ed ai canneti e di
conseguenza alle altre specie che utilizzano questi habitat. La seconda è la ben nota tartarughina d’acqua che viene acquistata nei negozi di animali, tenuta per un po’ in acquario e poi, sconsideratamente
“liberata” in ambiente naturale. La biologia di questa specie è ancora poco conosciuta e poco note le possibili interazioni con la specie italiana che occupa lo stesso habitat, la testuggine palustre,
anch’essa segnalata nel Tevere.
nutria
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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Il fiume di Roma nella storia
Il Tevere e la nascita di Roma
Trasporti di
fortuna nella
Roma allagata
dalla piena
del 1915
I primi insediamenti umani sulle rive del Tevere risalgono a 3300
anni fa ma è solo intorno al 750 a.C. che viene fondata una città
difesa da un fossato e da un muro, privilegiata dalla sua eccezionale posizione geografica. Al centro del Lazio, crocevia tra le
regioni centrali e quelle meridionali dell’Italia, questa via d’acqua
permetteva infatti la penetrazione commerciale dal Tirreno verso
l’entroterra. Le vicende di Roma con i suoi quasi tre millenni di
storia sono strettamente legate al fiume, soprattutto alle sue
inondazioni che periodicamente allagavano la città. La leggenda
racconta che fu proprio durante una di queste inondazioni che
venne ritrovata la cesta impigliata tra i giunchi ai piedi del colle
Palatino, con i due fratelli Romolo e Remo, futuri fondatori della
Roma urbana. Dal primo evento, registrato nel 414 a.C., all’ultimo
del 1991, si sono avute a Roma circa 90 piene tra eccezionali e
straordinarie; ma solo fino ai primi del ‘900 queste esondazioni
hanno causato danni e vittime.A partire dai grandi lavori di sistemazione idraulica del tratto urbano del fiume, iniziati nel 1876 e
proseguiti nei decenni successivi, il Tevere non ha più superato i
suoi argini, non più naturali ma costituiti dai famosi “muraglioni”.
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Il fiume di Roma nella Storia
Il fiume come confine
Agli inizi della storia di Roma il
Tevere rappresentava una linea
di confine naturale che proteggeva i primi insediamenti attestati sui famosi 7 colli che si
ergevano tutti sulla sponda sinistra. Successivamente segnò
per lungo tempo una demarcazione politica fra gli Etruschi,
Il Tevere:
sulla riva destra, e i Sabini, sulla
sullo sfondo
il colle
riva sinistra. Con la crescita delAventino
la città fino all’apogeo imperiale,“Roma antica” sentì il bisogno di superare i propri confini naturali per migliorare, dapprima le comunicazioni con le regioni circostanti e, successivamente, per espandersi urbanisticamente
anche sulla riva opposta del fiume.
I ponti romani
Ponte Rotto
Diversi sono i ponti romani
andati completamente distrutti
o di cui rimangono pochi resti.
Le ultime testimonianze di
Ponte Sublicio, costruito in
legno da Re Anco Marzio alla
fine del VII sec. a.C., sono state
completamente cancellate dalla
dinamite durante la costruzione dei muraglioni. Ponte Emilio,
il primo ponte romano costruito in pietra nel 179 a.C., è
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
Resti del
Ponte
Neroniano
in una riproduzione del
‘700 di Van
Wittel
21
Ponte
Fabricio
conosciuto anche come Ponte Rotto per la sua ultima testimonianza rimasta isolata in mezzo al fiume, visibile da ponte Palatino.
Ponte Neroniano fu costruito da Nerone per avere un più como-
Ponte
Cestio
do accesso da Campo Marzio
verso i giardini e gli orti che la
madre Agrippina possedeva nel
Campo Vaticano. I resti dei piloni affiorano nei periodi di
magra del fiume, subito a valle
del ponte Vittorio Emanuele.
Gli altri ponti romani sono stati rimaneggiati durante le epoche successive. Della costruzione originale di Ponte Milvio,
rimangono oggi solo i 4 piloni
centrali.
Antico basolato romano
di Ponte
S. Angelo
rinvenuto
durante i
lavori di
sistemazione
del fiume del
1892
22
Il fiume di Roma nella Storia
Veduta di
Ponte Sisto
con bagnanti
sulla Spiaggia
della Renella
e un mulino
sul lato
opposto,
in una
riproduzione
del 1874 di
Acquaroni
Ponte Fabricio fu costruito per avere l’accesso dalla riva sinistra
all’Isola Tiberina, su cui esisteva il tempio al dio Esculapio. Il ponte
è rimasto integro, ad esclusione di qualche intervento di restauro.
Ponte Cestio, costruito per collegare la riva destra con l’Isola
Tiberina, a seguito degli interventi di sistemazione idraulica del fiume compiuti nel 1892, è stato completamente smontato e ricostruito con dimensioni diverse, riutilizzando una parte dei blocchi
lapidei antichi. Ponte Sant’Angelo, chiamato originariamente Elio in
onore dell’imperatore Elio Adriano che lo fece costruire per avere
un accesso trionfale dalla città al suo mausoleo (la Mole Adriana poi
Castel Sant’Angelo), è stato stravolto radicalmente nel suo assetto
originario in seguito ai lavori di sistemazione idraulica del fiume nel
1893. Ponte Sisto, completamente distrutto da una piena nel 791,
rimase il “ponte rotto” o “ponte tremulo” per quasi sette secoli,
fino a quando Papa Sisto IV, in occasione del Giubileo del 1475, ne
costruì uno nuovo sui ruderi romani ancora affioranti.
I ponti della Roma dei Papi
Nei secoli di dominio pontificio, la “Roma dei Papi” continuò ad utilizzare gli antichi ponti romani sopravvissuti alle calamità naturali ed
Inaugurazione
di Ponte
dell’Industria
alla presenza
di Pio IX
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
23
alle guerre. Da questa situazione ne trassero vantaggio i traghettatori che con le loro precarie “barchette” assicuravano il passaggio,
non senza qualche pericolo, da una sponda all’altra del fiume.
A parte Ponte Sisto, in struttura muraria, fu riattivato ponte Emilio,
prolungandolo sulla riva sinistra con una campata in ferro sorretta
da funi, e furono realizzati un ponte sospeso in ferro a San Giovanni
dai Fiorentini e il ponte ferroviario di San Paolo (ora Ponte
dell’Industria).
I traghetti
Tra ponte Sant’Angelo e ponte Sisto esistevano, nel Settecento,
ben tre “barchette” di traghettatori: si muovevano spinte a braccia dal barcaiolo che si tirava lungo delle funi tese tra le due sponde. Poiché il prezzo del passaggio era irrisorio, il traghettatore
tendeva a sovraccaricare la sua imbarcazione, rendendo ogni volta la traversata alquanto rischiosa, soprattutto se il fiume era un
po’ ingrossato. L’ultimo traghettatore a rimanere in servizio fu
quello del porto di Ripetta (ponte Cavour) attivo fino alla fine
dell’800: era chiamato “la barca di Caronte” per l’aspetto terrificante del barcaiolo.
24
Il fiume di Roma nella Storia
I ponti recenti
Con Roma capitale del Regno Unito, nel 1870 inizia una trasformazione radicale dell’assetto urbano della città. L’espansione edilizia, su quelli che fino ad allora erano stati orti, vigne e giardini
(Prati di Castello) che si estendevano verso le pendici di Monte
Mario, necessitava di ulteriori ponti che varcassero il fiume.
Nel giro di un quarantennio se ne aggiunsero quindi altri otto:
Ponte Risorgimento, Ponte Margherita, Ponte Cavour, Ponte
Umberto I, Ponte Vittorio Emanuele Il, Ponte Mazzini, Ponte
Garibaldi e Ponte Palatino. Durante la I guerra mondiale fu
costruito Ponte Sublicio, che prese il nome dal primo ponte
costruito a Roma e ormai completamente scomparso.
Una nuova spinta espansionistica si verificò nel ventennio successivo: il notevole incremento della popolazione richiedeva nuovi
insediamenti urbani ed ulteriori collegamenti per smaltire il traffico tra le due sponde. Vennero così realizzati Ponte Flaminio,
Ponte Duca d’Aosta, Ponte Matteotti, Ponte Principe Amedeo,
Ponte Testaccio e Ponte Marconi.
Ponte
Cavour
Ponte
Umberto I
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
25
Ponte
Vittorio
Emanuele II
Ponte
Principe
Amedeo
Ponte
Testaccio
26
Il fiume di Roma nella Storia
Ponte
Tor di Quinto
Ponte
Matteotti
Ponte
Castel
Giubileo
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
27
Nel periodo attuale infine vennero realizzati, a completamento
delle infrastrutture urbane, il Ponte-diga di Castel Giubileo che
completa il Grande Raccordo Anulare tra le Statali Salaria e
Flaminia, il Ponte Tor di Quinto costruito per le Olimpiadi del 1960
e il Ponte Nenni a servizio della metropolitana.
Ponte
Castel
Giubileo
Ponte
Flaminio
28
Il fiume di Roma nella Storia
Bitte di
ancoraggio di
navi romane
rinvenute
negli scavi del
Porto
Tiberino
Il fiume come via di comunicazione
Il Tevere, fino all’Unità d’Italia, è sempre stato un’importante via di
trasporto e di navigazione tra la costa tirrenica, Roma e le regioni interne.Agli inizi del II sec. a.C. si sviluppò il primo importante
complesso portuale-commerciale degno della capitale di un impero, il Porto Tiberino, di cui rimangono ancora importanti testimonianze a monte e a valle di Ponte Sublicio, sulla riva sinistra. Il
“porto” era costituito da una banchina lunga quasi 500 m e larga
90 e da un molo di attracco pavimentato ed attrezzato dove
attraccavano le navi provenienti dal mare. Subito a ridosso del
molo, un grande edificio consentiva il diretto immagazzinamento
e lo smercio delle derrate. Intorno al 140 a.C., per smaltire tutti
i detriti prodotti nel porto, costituiti essenzialmente da anfore
rotte e laterizi, cominciò a sorgere una discarica. Con il passare
dei secoli questo luogo è diventato una vera collina alta 30 m e
con una circonferenza di circa 1 km, il Monte Testaccio conosciu-
Porto di
Ripetta in una
riproduzione
del ‘700 di
Van Wittel
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
29
to anche come Monte dei Cocci, ancora visibile dall’omonimo
ponte sulla riva sinistra. In epoca romana questo tratto di sponda
era anche conosciuta come Ripa “Marmorata”, poiché vi veniva
sbarcato tutto il materiale lapideo, anche pregiato, come statue,
colonne, capitelli, che serviva a costruire ed abbellire la Roma
imperiale. Dopo la fine dell’impero romano, che si fa risalire convenzionalmente al 476 d.C., la vasta area portuale venne completamente abbandonata e cadde in rovina.
Il Monte dei Cocci
Il “Monte dei Cocci” è la prima discarica controllata conosciuta,
in quanto è costituito interamente da frammenti di anfore accumulati in modo sistematico per oltre tre secoli (140 a.C.-255
d.C.). Rappresenta quindi l’unico “archivio economico”
dell’Impero Romano, da cui è stato possibile, con recenti studi,
trarre le seguenti informazioni:
• il monte è alto 36 m ed occupa una superficie di 37.500 mq
• il 95% dei frammenti è costituito da anfore olearie provenienti
dalla provincia Betica (l’odierna Andalusia) in Spagna
• il numero di anfore accatastate è circa 24.750.000
• il quantitativo di olio trasportato a Roma durante 3 secoli è di
173.250.000 kg.
Il secondo porto
è quello, ormai
scomparso, di
Ripetta in corrispondenza
di
ponte Cavour.
L’approdo più
antico si fa risalire all’imperatore
Aureliano (III sec.
d.C.). La trasformazione da semplice approdo in
terra battuta a
vero e proprio
porto fluviale per
il collegamento
della città con
Il complesso
monumentale
di S. Michele
a Ripa
30
Il fiume di Roma nella Storia
l’alto bacino del Tevere, con moli, banchine e fontana si deve a
Papa Clemente XI che nel 1703 incaricò l’architetto Alessandro
Specchi. Il porto rimase attivo fino agli inizi del ‘900 quando fu
demolito per lasciare il posto, dapprima ad un ponte provvisorio
in ferro, e poi al ponte Cavour, ai muraglioni ed al lungotevere. Le
uniche testimonianze rimaste di questo porto settecentesco,
costituite dalla fontana e dalle due colonne con le altezze delle
piene del fiume, furono sistemate nell’attuale piazza del porto di
Ripetta, di fronte al ponte sulla riva sinistra (all’incrocio del
Lungotevere con Via della Scrofa).
Il terzo porto è stato quello di Ripa Grande, di fronte all’antico
porto tiberino che ebbe un notevole sviluppo fino a contare oltre
30 navi al giorno con prodotti agricoli e merci varie. Con la
costruzione dei muraglioni, avvenuta nel 1880, sono state completamente cancellate le ultime vestigia del porto fluviale, compreso il caratteristico faro che illuminava la rotta notturna. Le scalinate, ancora oggi visibili, richiamano la presenza dell’antico
approdo. L’immenso edificio sovrastante è l’ex Ospizio apostolico
di San Michele.
In età medioevale la riva destra del Tevere, nel tratto corrispondente all’attuale Porta Portese, era conosciuta come riva romea
cioè dei pellegrini che affluivano in gran quantità, soprattutto negli
anni giubilari, anche per via marittima, risalendo, dal porto di
Fiumicino, il fiume su imbarcazioni trainate a mano o tirate dai
bufali per sbarcare dopo un viaggio di due giorni nel grande porto a sud della città.
Nel 1842 questo antichissimo sistema di trasporto fu sostituito
dai primi rimorchiatori a vapore.
Il Porto di
Ripa Grande
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
31
Il fiume e le sue acque
Acqua e acquedotti
Nella Roma antica le risorse idriche erano abbondanti e ben utilizzate. Nei primi quattro secoli dalla fondazione della città, i
romani usavano l’acqua del fiume o quella attinta dai pozzi, dalle
cisterne e dalle 20 sorgenti che sgorgavano nell’attuale centro
storico. Quando nel 312 a.C. Appio Claudio costruì il primo
acquedotto, a cui ne sarebbero seguiti altri 13, la città poteva usufruire in abbondanza di acqua corrente per alimentare terme,
piscine e fontane, per la pulizia delle strade e dei condotti fognari, e per le varie attività lavorative (quali ceramisti, tintori e mulini ad acqua). Sembra inoltre che fosse possibile per i più ricchi,
collegarsi direttamente alla condotte ed usare (sprecandola) una
grande quantità di acqua (circa un terzo della portata degli acquedotti). La rimanente acqua era distribuita nei lacus, fontane pubbliche, che erano 591 alla fine del I secolo d.C. I lacus garantivano
fino ad un centinaio di litri al giorno per abitante. In età imperiale i vari acquedotti portavano a Roma circa 1.000.000 mc di acqua
al giorno.Tale ricchezza, che contribuì notevolmente alla crescita
di Roma, fu bruscamente interrotta nel 537 d.C. dal barbaro Vitige
che, per espugnare la città assediata, interruppe il flusso di tutti gli
acquedotti, flusso che non fu più riattivato per circa 1000 anni.
In questo lungo periodo di tempo la popolazione tornò al fiume
ed alle sue acque, dapprima forzatamente ma poi, grazie ad un’efficace campagna persuasiva da parte di filosofi ed accademici convinti della bontà dell’acqua, sempre più ben disposti. Le conseguenze furono disastrose sia dal punto di vista igienico sanitario
sia sociale ed economico in quanto i papi, anch’essi convinti assertori della potabilità e delle capacità terapeutiche dell’acqua, non
vollero più restaurare gli antichi acquedotti.
Mestieri ed attività legati al fiume nella Roma antica
Battellieri
Roma fu, almeno fino a tutto il IV secolo d.C., una delle grandi
megalopoli del Mediterraneo. Plinio il Vecchio parla del Tevere
come di un “mercante tranquillissimo di ciò che in tutto il mondo nasce”. Autori come Plauto, Marziale e Giovenale, descrivono
invece la città come una “grande bottega” dove le grida dei battellieri del Tevere si confondono con quelle dei commercianti e
dei mercanti.
32
Il fiume di Roma nella Storia
Lavandai
I fullones erano i lavandai, rappresentanti di un mestiere che aveva
assunto via via una sempre maggiore importanza nella vita urbana,
tanto che una lex Metilia del 220 a.C. (del cui contenuto non è
rimasta traccia) li riguardava direttamente. I fullones avevano bisogno di grandi quantità di acqua e potevano utilizzare gli acquedotti con speciali esenzioni e agevolazioni. Nel III secolo i fullones vinsero una lunga controversia con il soprintendente agli acquedotti
che voleva far loro pagare l’affitto di un luogo pubblico.
I mulini
La presenza certa nella Roma antica dei mulini risale al 109 d.C.,
quando l’imperatore Traiano fece costruire un acquedotto per
portare l’acqua da Bracciano al colle del Gianicolo, sulle cui pendici sorsero diversi mulini che sfruttavano la caduta d’acqua proveniente copiosa dal monte. Nel 537 d.C. il barbaro Vitige, per
espugnare la città, tagliò tutti i 14 acquedotti allora esistenti, per
interrompere l’approvvigionamento idrico. Il generale Belisario,
difensore della città, trasferì i mulini sul fiume, per sfruttare la for-
Mulini galleggianti a valle
di Ponte Sisto
in una riproduzione del
‘600 di
Sadeler
Mulini galleggianti ancorati ai piloni
di Ponte
Cestio in una
riproduzione
dell’800 di
Acquaroni
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
33
za motrice delle sue acque, ancorandoli ai piloni dei ponti
dell’Isola Tiberina e a ponte Sisto. Successivamente, con l’aumentare delle macine, si sfruttarono anche i piloni del Ponte
Neroniano che, nel frattempo, era andato distrutto. L’attività dei
mulini galleggianti cessò completamente con l’ultima disastrosa
alluvione del 1870 a cui seguì l’imponente intervento di sistemazione idraulica del fiume.
Le aree commerciali lungo il Tevere
I mercati più antichi di Roma erano il Foro Boario e il Foro
Olitorio, situati presso l’antico Portus Tiberinus. Queste zone mantennero la loro antica vocazione al commercio, in particolare delle derrate alimentari e del bestiame. Si ha segnalazione di un antico emporium presso il Tevere già a partire dal 193 a.C. La posizione centrale del fiume obbligò i romani a sistemare i depositi e i
magazzini presso le sponde. Ai piedi dell’Aventino, vicino al fiume,
già a partire dal IV secolo a.C. si trovavano i magazzini del sale, in
un luogo chiamato salines. Depositi di marmo e di vino si trovavano rispettivamente a Tor di Nona e a Trastevere, mentre altre
banchine portuali si trovavano più a nord, presso Ponte Milvio.
Presso il molo di Ripetta sembra si trovasse il sito delle Ciconie (le
“gru” utilizzate per scaricare le merci), dove nel III sec. d.C. venivano sbarcati i barili di vino. Si formarono anche qui colline artificiali come quella di Testaccio: il Monte Giordano e il Monte
Citorio (Mons acceptorius, nome derivato dagli acceptores, impiegati portuali). Il fiume fu il principale veicolo delle materie prime
ed attirava numerose attività, localizzate nelle sue immediate vicinanze: dai cantieri navali alla officine dei marmorari a Testaccio,
dagli ebanisti agli intagliatori a Trastevere. Le fabbriche di vasellame e ceramiche, che richiedevano acqua e argilla, si trovavano
invece ai piedi del Gianicolo e dell’Esquilino (noto per la sua
abbondanza di acqua). Le attività più inquinanti si localizzarono
invece immediatamente fuori città come quelle per la produzione
di mattoni, le fornaci (tranne quella del Laterano), le concerie e le
fabbriche di minio.
34
Il fiume di Roma nella Storia
Il fiume confinato
Lapidi di
marmo poste
a partire dal
1200 a testimoniare l’altezza delle
inondazioni.
A sinistra in
Piazza della
Minerva e a
destra sotto
l’Arco dei
Bianchi di S.
Spirito
A seguito dell’ennesima disastrosa alluvione avvenuta nel dicembre
1870, al culmine della quale l’acqua raggiunse l’altezza di 17,22 m
all’idrometro di Ripetta, equivalente ad una portata di circa 3.300
mc/sec. (piazza del Pantheon fu allagata con 4,5 m d’acqua), il nuovo Governo dell’Italia Unita decise di intervenire drasticamente
per risolvere questo secolare problema che affliggeva periodicamente la città. Venne così approvato un complesso progetto di
sistemazione idraulica che prevedeva, tra l’altro, la costruzione dei
Gli alti
muraglioni
verticali
del Tevere
cosiddetti “muri di sponda”, quelli che i romani avrebbero poi sempre chiamato “muraglioni”. Il progetto base, elaborato dall’ing.
Canevari e approvato nel 1875, prevedeva i seguenti interventi:
• costruzione di una soglia sotto Ponte Milvio
• costruzione dei muraglioni per tutto il tratto urbano su ambo le
rive 1,2 m più alti del livello di piena del 1870
• allargamento fino a 100 m dell’alveo del fiume
• soppressione del ramo sinistro del fiume all’Isola Tiberina
• ampliamento del Ponte Sant’Angelo, demolizione del Ponte
Rotto all’Isola Tiberina e costruzione di un nuovo ponte
(Palatino)
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
35
• rimozione di ruderi ed ostacoli presenti nell’alveo
• costruzione di due collettori paralleli alle sponde per la raccolta delle acque reflue
• arginatura della riva sinistra fino alla Basilica di San Paolo.
I muraglioni
del Tevere
inclinati a 45°
Lungotevere
36
I lavori elencati, iniziati nel 1876, furono ultimati dopo 50 anni, nel
1926, apportando alcune varianti al progetto originario come le
arginature inclinate a 45° da Ponte Margherita in su, ma soprattutto salvando l’isola Tiberina e lasciando al fiume il suo andamento
originario. Complessivamente venne regolarizzato il corso del fiume nel tratto urbano, allargandolo uniformemente a 100 m e bonificando l’alveo da detriti, ruderi, resti di antichi ponti e mulini galleggianti che ostacolavano il normale deflusso delle acque. Lungo
le rive vennero costruite due banchine larghe 8 m per supporto di
base ai muri di sponda (i muraglioni) alti 17 m, 1,20 m più alti del
livello raggiunto dalla piena del 1870. Infine, al livello superiore dei
muraglioni, vennero tracciati i lungotevere, larghi 14 m. Per questi
interventi sono stati modificati gli antichi ponti per raccordarli alle
nuove rive artificiali, sono state demolite casupole, caseggiati, chiese, palazzi e giardini che si affacciavano sul greto
del fiume, nonché
vicoli, strade e
approdi piccoli e
grandi. Se da una
parte, con questi
imponenti lavori di ingegneria
idraulica, le catastrofiche inondazioni sono ormai un ricordo
legato alla storia del passato,
dall’altra hanno modificato in
modo drastico il rapporto della città con il suo fiume avulso
ormai dalla vita economica e
sociale della popolazione. Il
Tevere con le sue acque limacciose ed inquinate lo si guarda
oggi distrattamente solo dall’alto e attraversandolo sui
ponti.
Il fiume di Roma nella Storia
I fiumaroli
Sulla riva sinistra di Ponte Duca d’Aosta, prima della sua costruzione avvenuta nel 1939, si trovava il famoso stabilimento dei
Polverini, frequentato dai “fiumaroli” che avevano l’abitudine di
farsi servire il pranzo a mollo nell’acqua. Questo genere di stabilimenti, formati da un capannone e da una serie di capannelle
chiuse con stuoie di paglia per sfuggire sguardi indiscreti, era sparso lungo le rive del fiume da Ponte Milvio fino a Ponte Sisto.Tante
erano le gesta e le bizzarie dei frequentatori del fiume: riuniti in
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
37
diverse tribù dai nomi pittoreschi, inventavano i tuffi più strani dalle spallette dei ponti o da trampolini montati sui muraglioni, e si
sfidavano in gare ed esibizioni natatorie in qualsiasi stagione dell’anno, sulla breve e lunga distanza. La più famosa di queste fu sicuramente quella di Armando Sannibale che nel 1911 scommise e
vinse 3.000 lire, nuotando in 20 ore per più di 100 km da Orte a
Roma. Ma i fiumaroli erano anche i guardiani del fiume; si ritrovarono infatti impegnati a salvare molti aspiranti suicidi ed inesperti bagnanti. Oggi sopravvivono alcuni gloriosi circoli di canottaggio dai cui galleggianti, ormeggiati lungo le banchine, ancora si
staccano gli slanciatissimi barchini per la quotidiana voga.
38
Il fiume di Roma nella Storia
Il Tevere nel mito,
nella letteratura e nell’arte
Panoramica
del fiume
disegnata da
G.Vasi
nel ‘700
Un fiume di animali, piante, ambienti e…
Molto è stato scritto sul Tevere, il fiume che fin dai tempi più antichi viene celebrato per il ruolo che ha avuto nella storia di Roma
e dell’umanità.
In questa parte della guida si riportano alcune curiosità che sottolineano gli aspetti legati al Tevere in quanto fiume in senso stretto, cioè ambiente naturale che trasporta fango e sedimenti, che
favorisce la vita di animali, piante e innesca quel miracoloso e
magico intreccio con l’esistenza degli uomini che si stabiliscono
sulle sue rive, che da sempre ha legato i “luoghi d’acqua” alla cultura ed alla storia.
Il biondo Tevere
Il Tevere non ha sempre avuto questo nome: secondo una parte della tradizione latina (tra cui anche Virgilio), anticamente
sarebbe stato chiamato Albula, nome la cui origine era forse
legata al colore chiaro delle acque, poi trasformato in Tiberis e
nella divinità Thybris. Da Cicerone e Virgilio il fiume viene
anche detto Tiberinus (o Tebro), con allusione al Dio tiberino,
una divinità minore che si identificava con il fiume stesso.
Secondo la tradizione romana Tiberinus fu Re di Alba, decimo
discendente di Enea, morto combattendo presso il fiume
Albula o forse annegato nel fiume, che da allora prese il suo
nome. Secondo altri era invece un eroe, figlio di Giano e di
Camesena, ninfa del Lazio.
Il culto del dio Tiberinus, che spesso era invocato con il nome di
pater, fu relativamente tardo; al dio era dedicato un santuario
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
39
Il Ponte Rotto in una riproduzione del ‘700 di G.Vasi
sull’Isola Tiberina.
L’arte antica raffigura spesso il fiume come una divinità sdraiata su
un fianco, barbuta, seminuda, coperta da un drappo (che allude alla
corrente) e con una cornucopia, il corno dell’abbondanza, a simboleggiare la ricchezza e la fertilità delle sue acque.
Lupi, uccelli ed altri animali
Alcuni bellissimi versi dell’Eneide di Virgilio, letti con altri occhi,
sono una vera e propria descrizione naturalistica del fiume: raccontano infatti di una corrente ombrosa, vorticosa e bionda per
la molta sabbia trasportata, di grasse colture, di un fiume che
scorre tra boschi ampi e ricchi di uccelli che volano cantando. E
lo stesso Dio Tiberino, che si erge con un glauco manto tra le
fronde dei pioppi ed i folti cespugli di canne, dopo essere apparso in sonno ad Enea, e scompare tra l’acqua alta e cerulea, spingendosi verso il fondo. Questa ricca e selvaggia pianura alluvionale, dunque, l’abbondanza d’acqua, i folti boschi, gli stormi d’uccelli
e i tanti altri animali che popolavano le colline attorno al corso
dell’antico Tevere, sono sempre stati parte integrante della vita
del fiume, così come di quella degli uomini.
Tutto ciò è testimoniato, indirettamente, anche dall’importanza
che animali e piante hanno avuto nella tradizione, nella religione,
nella vita quotidiana. Tra i tanti spunti che più sottolineano il profondo legame tra la natura e la cultura delle genti che vissero
presso le rive del Tevere, ne sono stati scelti alcuni, come quello
famosissimo della lupa.
40
il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte
Il Tevere nell’Eneide
“E già il mare rosseggiava di raggi
e dall’alto etere l’Aurora dorata rifulgeva sulla rosea biga:
quando i venti posarono e ad un tratto ogni alito cadde
e i remi si affaticano nel lento marmo delle acque.
Allora Enea dal mare scorge lontano
un ampio bosco. Nel mezzo il Tevere con ameno corrente,
con rapidi vortici e biondo di molta sabbia,
sbocca nel mare; variegati, intorno e in alto,
uccelli avvezzi alle rive e all’alveo del fiume
carezzavano l’aria con il canto e volavano per il bosco.
Comanda ai compagni di piegare la rotta e di volgere le prue
a terra e lieto s’addentra nell’ombrosa corrente del fiume”
(Eneide, libro VII)
Era notte e un sonno profondo teneva per tutte
le stanche creature, gli alati e gli armenti:
quando il padre Enea sulla riva, sotto la gelida volta
dell’etere, con il cuore turbato dalla guerra funesta, si adagiò lasciando
fluire per le membra una tarda quiete.
Gli parve che il dio stesso del luogo,Tiberino
dall’amena corrente, si ergesse vegliardo tra fronde
di pioppo, lo velava un tenue lino con glauco manto
e gli copriva la chioma un ombroso cespo di canne;
allora parlò così e con queste parole alleviò i suoi affanni:
“O stirpe di dei, che riconduci a noi dai nemici
la città troiana e serbi Pergamo eterna,
o atteso dal suolo laurente e dai campi latini
qui è una sicura dimora per te e sicuri (non desistere)
Penati;
non temere le minacce di guerra: tutti i furori e le ire
degli dei dileguarono.
Io, che vedi con piena
corrente lambire le rive e solcare grasse colture,
sono il ceruleo Tevere, fiume gratissimo al cielo.
Qui la mia grande dimora, la fonte esce tra eccelse città.
Disse, e il fiume disparve nell’acqua alta,
spingendosi in fondo; la notte e il sonno lasciarono Enea.
Allora vennero la schiera ausonia e le genti sicane,
e spesso la terra saturnia cambiò nome;
e sorsero re e l’aspro Tibri dal corpo immane,
dal quale poi noi italici chiamammo il flume
Tevere: l’antica Albula perdette il vero nome.
(Eneide, libro VIII)
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
41
La Lupa
Strabone racconta che Enea, con il padre Anchise ed il figlio
Ascanio, approdò a Laurentum e fondò, un po’ più all’interno, una
città a circa 24 stadi dal mare. I racconti su Amulio e Numitore,
che avevano ereditato dai discendenti di Ascanio il territorio che
da Alba si estendeva fino al Tevere, si collocano invece alcuni secoli più tardi.Amulio, approfittando di un’assenza di Numitore, prese il potere, uccise il figlio del fratello e per impedire che la figlia
avesse una discendenza, la costrinse a diventare sacerdotessa vergine della dea Vesta, con il nome di Rea Silvia. La vestale fu invece
miracolosamente fecondata da Marte mentre dormiva presso una
fonte e, dopo aver dato alla luce due gemelli, fu imprigionata ed i
suoi figli furono abbandonati sulle rive del Tevere.
La tradizione vuole che i gemelli fossero poi adottati ed allattati da
una lupa ai piedi del Palatino, fin quando uno dei guardiani dei porci del luogo, Faustolo, li prese con sé e li allevò dando loro i nomi
di Romolo e Remo (o Rhomos, come viene chiamato nei documenti più antichi). Rea Silvia, secondo alcuni, fu gettata nel fiume Tevere
(o nell’Aniene), che la accolse facendola diventare sua moglie,
secondo altri fu invece liberata dalla prigione dopo la morte di
Amulio.
La Grotta del Lupercale e i “Lupercali”
Ai piedi del Palatino era situata la “Grotta del Lupercale”, dove si
riteneva che i due gemelli fossero stati allattati dalla lupa. Qui,
inoltre, era anche collocato il ficus ruminalis (termine derivato dal
latino arcaico che significa “mammella di animale”).
I Lupercali erano antichi riti religiosi romani, forse di purificazione
o di fertilità, le cui origini erano fatte risalire a Romolo, che erano
però ancora in vigore nel V secolo d.C. Durante la festa due gruppi di uomini detti “luperci” (etimologia ancora incerta, forse “uomini lupo” o “capre lupo” o ancora “quelli che tengono lontani i lupi”),
si incontravano nel Lupercale, la grotta sacra ai piedi del Palatino.
Qui avvenivano sacrifici animali e complessi riti che sfociavano,
dopo un abbondante banchetto, in una corsa sfrenata attorno alla
città durante la quale i luperci frustavano, con staffili fatti di pelle di
capra, tutti quelli che incontravano lungo il cammino.
Molti credevano che la frustata avesse il potere di rendere fecondo chi la ricevesse.
42
il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte
Le lupanare
La lupa/il lupo ha anche altri significati, come quello di voracità, sia
in senso stretto:“avere una fame da lupo”, ma anche in senso simbolico: “lupanare” erano infatti chiamate le meretrici ed i postriboli nell’antica Roma.
La Lupa capitolina
La Lupa che allatta due gemelli è poi diventata il simbolo della città di Roma. Fino a non molto tempo fa una lupa vera era tenuta
in gabbia ai piedi del Campidoglio e la si poteva vedere andare
avanti e indietro nell’angusto spazio che le era stato riservato (da
qui il detto romanesco ”fare come la lupa del Campidoglio”, per
indicare una persona che nervosamente si muove su e giù per una
stanza).
Lupa capitolina viene anche chiamata la statua, oggi conservata nei
Musei Capitolini (datata al V secolo a.C. e forse dovuta ad artisti
etruschi), a cui furono successivamente aggiunti, forse ad opera
del Pollaiolo, i due gemelli.
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
43
L’osservazione degli uccelli e del cielo nella Roma
antica: l’Auspicium
La vita politica e religiosa di Roma antica era segnata da un’importante forma di divinazione, lo studio degli auspicia (parola derivata dai termini avis-uccello e specere-guardare) che indicava l’interpretazione del volo, del numero, della posizione, dei richiami e
dell’atteggiamento di fronte al cibo degli uccelli. Il termine fu poi
esteso ad indicare anche l’osservazione di altri segni divini provenienti dal cielo (fulmini e tuoni, auspicia caelestia) o dal modo di
mangiare dei polli sacri nei campi (auspicia pullaria).
Da ciò era possibile trarre non il futuro, ciò che doveva ancora
avvenire, ma importanti indicazioni sulla volontà divina rispetto
alle azioni umane, indicazioni senza cui non era consigliabile intraprendere nulla. L’origine stessa della città pare sia legata ad un
auspicium: per decidere chi dovesse fondarla, infatti, Romolo e
Remo osservarono il volo degli avvoltoi.
Gli àuguri
Questa pratica derivava probabilmente dalla scienza etrusca degli
àuguri, l’ornitomanzia, cioè l’interpretazione della volontà degli dei
attraverso il volo degli uccelli ed era così usata che il termine
augur fu usato per designare veggenti, indovini, o profeti.
Cicerone, che fu un augure, afferma che quest’arte era diffusa
anche in molte culture del vicino oriente. Secondo Omero i grandi indovini sapevano interpretare le azioni degli uccelli, creature a
più stretto contatto con gli dei olimpici, e dei serpenti, che rappresentano invece le potenze divine della terra.
A Roma questa pratica divinatoria era affidata ad un collegio di
augures, uno dei più illustri della città, originariamente composto
da cinque membri, poi portati a sedici.
In senso stretto gli augures non erano indovini: la loro funzione
era quella di scoprire se gli dei erano favorevoli o no ad una
determinata azione.Attraverso l’osservazione degli uccelli rapaci,
l’augure definiva a parole un’area chiamata templum. Questo termine anticamente non indicava un edificio, bensì una porzione di
spazio nel cielo o in terra,“inaugurato”, cioè delimitato e posto in
relazione alla divinità dagli augures attraverso un rito speciale e
solo quello che accadeva all’interno di questo spazio era considerato significativo. Da questa pratica deriva il nostro inaugurare.
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il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte
I boschi sacri.
Gli antichi autori affermano concordemente che i sette colli di
Roma erano ricoperti da foreste ed alcuni toponimi non fanno
poi che confermarcelo: Laurentino (da laurus-alloro),Viminale (da
viminis-vimini), Insugherata (da suber-sughera), etc.
La stessa presenza del lupo, connessa strettamente con la storia
di Roma, non fa che avvalorare la presenza di estese foreste.
Anticamente i boschi erano sacri in quanto si riteneva che vi
risiedessero esseri divini e soprannaturali che erano consacrati a
qualche divinità che vi aveva un culto specifico, come il bosco
sacro di Diana Nemorense ad Ariccia.
Al termine della Repubblica esistevano a Roma un certo numero
di boschi sacri a testimonianza dell’intimo rapporto con la natura
tipica della Roma silvo-pastorale.
Tali boschi, naturali o sottoposti a pratiche colturali, costituiscono una testimonianza di quella che doveva essere la vegetazione
all’epoca romana.
Uno di questi Lucus Fauni, ricopriva l’isola Tiberina ed era con
buona probabilità costituita da salici, ontani e pioppi. Il nome è
dovuto al tempio dedicato a Fauno che vi fu eretto nel 196 a.C.
Il fiume come arteria
Il corso del fiume è simile al fluire del sangue nel corpo umano, al
fluire della vita dal principio alla fine, dalla nascita alla morte, dalla sorgente al mare.
Nelle culture orientali il fiume è in genere concepito come un circuito chiuso, temporale e topografico, mentre nel mondo occidentale romano, è spesso concepito come strada, come una direttrice lineare, una grande via di comunicazione tra i luoghi e le genti, sulla quali si muovevano eserciti, si definivano ingressi e basi.
L’estremo modello del corso d’acqua, in questa ottica, era l’acquedotto, massimo risultato dell’ingegneria romana, un ”fiume”
piegato a servire le esigenze umane.
Il Tevere raccontato e raffigurato:
fiume impetuoso e turbolento
A partire dal XVI sec. il Tevere ha sempre più assunto fama di fiume
capriccioso e imprevedibile, soprattutto a causa delle piene torrenziali che inondavano i quartieri più poveri della città.
Il gesuita Giovanni Botero (1544-1617), che fu segretario di S.
Carlo Borromeo e scrisse le ”Relazioni universali” ed altri libri
(nell’insieme una sorta di trattato di geopolitica ante litteram), visse per molto tempo a Roma e viaggiò a lungo in Italia ed in
Europa. Egli confronta il comportamento torrentizio dei fiumi italiani con quello placido dei corsi d’acqua delle Fiandre e
dell’Europa settentrionale, che sostenevano un traffico maggiore
ed erano veicolo di prosperità. Riprendendo una tradizione classica dei geografi, egli imputa la turbolenza degli italiani alla violenza e all’imprevedibilità dei loro fiumi (Tevere e Arno in particolare), noti tra i fiumi come “acquatici condottieri”, figli di Acheloo e
capaci di portare devastazione, oltre che abbondanza e fertilità. Il
loro difetto principale consisteva, secondo Botero, nel fatto che
l’impetuosità della corrente rompe la loro “viscosità”, cioè quella
densità e tensione superficiale che egli ritiene favoriscano il traffico dei natanti.
Il Tevere e l’Arno vengono spesso accomunati e sono raffigurati
insieme a Roma in due delle quattro fontane fatte realizzare da
Papa Sisto V su progetto dall’Arch. Fontana (mai cognome fu più
La statua del
Tevere nella
fontana del
Palazzo
Senatorio al
Campidoglio
46
il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte
appropriato) nel crocevia formato da Via XX Settembre,Via delle
Quattro Fontane e Via del Quirinale, e nel parco di Villa Lante a
Bagnaia (Viterbo), nella fontana dei Fiumi, collegata alla fontana del
Diluvio con la famosa catena d’acqua lungo la quale l’acqua scende per un canale di aragoste di pietra. A Roma, in piazza del
Campidoglio, il palazzo Senatorio (oggi sede dell’ufficio del sindaco) appare imponente per la scalinata di Michelangelo a due rampe convergenti con al centro una fontana che ha nel mezzo una
nicchia con un’antica statua di Minerva (la Dea Roma) e ai lati le
colossali statue del Nilo (con la sfinge) e del Tevere (con la lupa),
originariamente del Tigri (con la tigre).
Sempre a Roma, nei bassorilievi della Colonna Traiana il Tevere è
rappresentato come un vecchio barbuto, con i capelli cinti da canne palustri, che si erge sulle onde.
A Villa Adriana a Tivoli una statua raffigura invece il Dio Tevere.
Il Tevere in
una delle
fontane di Via
Quattro
Fontane a
Roma
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
47
PONTI CON VISTA:
alcuni spunti di osservazione naturalistica
Ponte
Milvio
I ponti di Roma, nati, costruiti e
trasformati in epoche diverse,
raccontano la storia della città,
testimoniando l’evolversi delle
diverse civiltà che nel corso dei
secoli l’hanno abitata. Ma i ponti consentono anche di parlare
della storia naturale del fiume,
dell’acqua che incessantemente
gli scorre sotto, ora tranquilla,
ora con rapide tumultuose, delle piante ripariali che colonizzano le sponde, degli animali che
vivono nelle sue acque o sulle
rive, delle isole e delle spiagge
fluviali.
Questa parte della guida vuole
appunto fornire una nuova chiave di lettura per scoprire la
natura del fiume in città, semplicemente affacciandosi dai ponti
che dall’alto offrono inaspettati
panorami.
Di seguito sono descritte le principali caratteristiche naturalistiche dei ponti presenti all’interno del Grande Raccordo Anulare:
ovviamente quelli più periferici mostrano maggiori valori naturalistici, mentre alcuni di quelli in pieno centro città (Duca D’Aosta,
Margherita, Umberto I, S.Angelo e Vittorio Emanuele II) non vengono trattati in quanto privi di elementi naturalistici di rilievo.
Ponte Castel Giubileo
A monte del ponte il fiume forma un ampio bacino artificiale, che
si è creato in seguito alla costruzione di una diga per la produzione di energia idroelettrica.
Nei pressi della diga le sponde del fiume sono colonizzate da
diverse specie di salici (salice bianco, salice rosso) e di pioppi
(pioppo bianco, pioppo nero, pioppo del Canada), mentre più rari
48
Ponti con vista
Ponte
Castel
Giubileo
e localizzati appaiono l’ontano comune e la tamerice maggiore.
I canneti a cannuccia di palude ed i popolamenti a lisca maggiore,
intervallati dalle localizzate e splendide fioriture del giaggiolo
acquatico, sono invece distribuiti in modo più continuo lungo
questo tratto e costituiscono l’habitat preferenziale di nidificazione e rifugio per diverse specie di uccelli acquatici quali la gallinella d’acqua, il cannareccione, la cannaiola ed il tarabusino.
La maggior parte delle oltre 600 specie di piante associate all’habitat acquatico e ripariale presenti a Roma, risulta per lo più concentrata in questo tratto del fiume, a monte della confluenza con
l’Aniene.
cannuccia
salice
gallinella
d’acqua
tifa
pioppo
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
49
Ponte Tor di Quinto
Ponte
Tor di Quinto
Lungo le sponde, in questo tratto di fiume, tra piccoli lembi di
canneto, nidifica il tarabusino, un airone elusivo e di piccole
dimensioni, che trascorre l’inverno in Africa, a sud del Sahara. Con
un po’ di fortuna si può osservarlo mentre, posato su una cannuccia o su un sasso, è in attesa di possibili prede come piccoli
pesci, anfibi ed insetti. Sempre in primavera, tra i canneti è possibile udire il canto aspro e cigolante della cannaiola, un passeriforme color sabbia, che costruisce il nido a forgia di canestro, intrecciandolo a 3 o 4 cannucce. Durante l’inverno sono gli aironi cenerini e le garzette a frequentare le rive, lasciando le loro caratteristiche impronte sul fango. Tra le piante di ambiente palustre si
possono osservare il sedano d’acqua, il crescione, la canapa
acquatica, il giaggiolo acquatico e la veronica beccabunca. I carici
ed i giunchi, anche se presenti, sono in regresso mentre in forte
tarabusino
airone
cenerino
cannaiola
50
Ponti con vista
morso
di rana
garzetta
espansione appare una specie esotica nordamericana, la forbicina
frondosa (Bidens frondosa).
Anche le piante strettamente acquatiche sono localizzate per lo
più in questo tratto di fiume come diverse specie del genere
Potamogeton, tra cui la resistente brasca delle lagune, il ceratofillo,
la lenticchia d’acqua e la rarissima morso di rana.
Ponte Flaminio
Ponte
Flaminio
Da questo ponte si osservano lembi di vegetazione ripariale, per
lo più alberi isolati di salice bianco, scampati alle trasformazioni
ambientali che hanno coinvolto le rive del fiume trasformandole
spesso in orti, giardini e campi da gioco. Anche in queste aree
degradate, purché a contatto con ambienti naturalisticamente più
integri, è possibile fare incontri interessanti con alcuni anfibi come
la raganella, il rospo comune e, limitatamente ad alcune zone, il
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
51
rospo
comune
cormorano
raganella
rospo smeraldino. Questo tratto di fiume è frequentato anche dai
cormorani, che qui catturano pesci anche di grandi dimensioni.
Questi caratteristici uccelli acquatici hanno di recente stabilito un
dormitorio invernale anche nella zona nord del Tevere, all’altezza
dell’Aeroporto dell’Urbe.
Ponte Milvio
Le rapide che caratterizzano il fiume a valle del ponte, rompono il
lento flusso delle acque. Questi salti sono creati da un’ampia soglia
artificiale, costruita nel 1964 per permettere l’accumulo di sabbia
sul greto del fiume, garantendo così la stabilità del ponte stesso
minacciato dall’erosione del fondale. L’erosione dell’alveo fluviale,
che negli ultimi 100 anni si è approfondito di circa 1-2 m, caratterizza tutto il corso del Tevere nel suo tratto urbano.Tale fenomeno
è causato sia dalla realizzazione di opere fluviali quali la rettifica di
tratti di fiume (i drizzagni) e le arginature rigide (i muraglioni), sia
Rapide a
Ponte Milvio
52
Ponti con vista
dalla diminuzione del
trasporto di sedimenti
determinata dalla presenza di sbarramenti a
monte (all’interno di tutto
il bacino del Tevere vi sono
ben 23 dighe di sbarramento) e dal prelievo sul fondo di
sabbia e ciottoli.
Tutto ciò ha condotto negli ultimi
40 anni a una riduzione del
pipistrello
materiale solido, trasportato
dall’acqua, da 10 milioni a 0,37
milioni di tonnellate all’anno. A Ponte
Milvio il progressivo abbassamento
del livello dell’alveo ha portato all’affioramento di
lampreda
di mare
antichi ruderi e manufatti
ben visibili a valle delle
rapide. Lungo le rive è
presente una consistente
fascia di vegetazione ripariale con salici bianchi, pioppi
e lembi di canneto. E’ proprio in
questo tratto di fiume che è stata
recentemente ritrovata la lampreda di mare,
che trascorre lo stadio larvale infossata nei sedimenti
fluviali, filtrando l’acqua alla ricerca di cibo. Dopo circa 5-6 anni trasforma le sue abitudini divenendo un “parassita”; migra in mare per
alimentarsi e torna in primavera alle acque dolci del fiume solo per
la riproduzione.
In primavera ed estate, all’imbrunire, è possibile assistere all’uscita
in volo, dalla torre del ponte, di gruppetti di pipistrelli della specie
più comune a Roma: il pipistrello albolimbato. E’ uno spettacolo
osservarli mentre cacciano gli insetti, abbondanti anche grazie alla
presenza del sottostante ambiente fluviale, con il loro volo imprevedibile ed apparentemente incerto.
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
53
Ponte Risorgimento
Ponte
Risorgimento
In questo tratto di fiume le sponde sono tra quelle meglio conservate all’interno della città.
La vegetazione ripariale appare rigogliosa ed è costituita prevalentemente da salice bianco, con esemplari di pioppo bianco, pioppo nero ed ontano comune. Qui nidifica il pendolino, un acrobatico uccelletto che costruisce un complicato nido a forma di fiasco che àncora ai rami di salice, facendolo “penzolare” sospeso
sull’acqua. E’ il maschio che lo costruisce in 20-25 giorni ma, se
non è di gradimento della femmina, ha inizio la rapida costruzione di un nuovo nido, stavolta ad opera di entrambi i partner che,
nel giro di circa una settimana, completano l’opera. Il richiamo è
un sottile, ripetuto e percettibile tsziuuuuuu. Con un po’ di attenzione si può osservarlo muoversi tra le fronde degli alberi.
In questo tratto di fiume nidificano anche la gallinella d’acqua e il
germano reale la cui femmina è facile da vedere seguita da una
nutrita schiera di pulcini nati da pochi giorni.
Lungo la sponda sinistra, tra ponte
Risorgimento e ponte Matteotti, è presente un’oasi del WWF con un percorso
naturalistico.
gallinella
d’acqua
germano
reale
54
Ponti con vista
Ponte Matteotti
Ponte
Matteotti
In prossimità del ponte, al di sotto del Lungotevere delle Navi, si
estende per circa 5.000 mq un’oasi di protezione del WWF Italia.
La vegetazione è particolarmente rigogliosa: salici, allori, pioppi,
olmi insieme a platani e ad alberi da frutto giunti qui grazie ai semi
trasportati dal fiume hanno ricolonizzato le rive dopo la costruzione degli argini in muratura.
Tra gli ospiti più vistosi va segnalata la presenza di un uccello particolarmente colorato, il martin pescatore, caratterizzato da dorso e fronte di un colore verde-azzurro cangiante, parti inferiori di
color arancione vivo, ed una “voce” simile ad un sottile fischio
stridulo. In questo tratto di fiume, il momento più facile per osservarlo è quando, durante i mesi invernali, vi si insedia una popolazione di circa 20 individui. Per nidificare scava delle piccole gallerie orizzontali negli argini di fango e quindi preferisce i tratti naturali, privi di strutture in pietra. Ciononostante una coppia nidifica
anche in questo tratto: è uno spettacolo osservarli mentre cacciano piccoli pesci, insetti e girini, tuffandosi ripetutamente in
acqua, catturandoli con il becco per portarli poi, ad intervalli
regolari, ai piccoli.
In primavera il ponte è un ottimo punto di avvistamento anche
per osservare i voli dei rondoni e dei balestrucci che se ne vanno a caccia di insetti sul fiume.
martin
pescatore
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
55
Ponte Pietro Nenni
Anche da questo ponte è possibile veder sfrecciare il martin
pescatore, un uccello dal piumaggio molto colorato che, dal sito
di nidificazione, si sposta per alimentarsi anche in altri tratti del
fiume. E’ caratterizzato da dorso e fronte di un colore verdeazzurro cangiante, parti inferiori di color arancione vivo, ed una
“voce” simile ad un sottile fischio stridulo.
Lungo la riva destra, che conserva ancora un aspetto quasi inalterato, nidifica il germano reale facile da osservare, tra aprile e maggio, mentre nuota nell’acqua con i piccoli al seguito.Anche il cormorano ha il territorio di pesca in
questo tratto di
fiume: è un
infaticabile tuffatore e,
con un po’ di pazienza, è possibile
vederlo riemergere con una piccola
anguilla guizzante nel becco oppure quando sosta su un ramo o
un sasso ad asciugarsi con le
ali spalancate. A completare la
ricchezza faunistica di questo
tratto di fiume, si segnalano
come ospiti abituali l’airone
cenerino, la garzetta, la nutria e la
tartaruga americana.
Sugli argini in muratura è possibile
osservare le due specie di lucertole presenti a Roma: la lucertola
muraiola e la lucertola campestre.
Quest’ultima è la meno esigente tra le
due da un punto di vista ecologico e
pertanto riesce a colonizzare anche
gli habitat più degradati.
airone
cenerino
56
Ponti con vista
Ponte Cavour
Le alluvioni
Nell’arco di tempo che
va dal 414 a.C., data in
cui si hanno le prime
notizie sulle inondazioni
del Tevere, al 1937, si
sono verificate circa 90
inondazioni.
Questi eventi erano
spesso accompagnati da
strane visioni di serpenti
ed immensi dragoni
emergenti dalle acque
limacciose del fiume.
Molto più realisticamente causarono sempre
ingenti danni alla città e lutti per epidemie e pestilenze.
A partire dal 1782 si iniziò a segnare le fluttuazioni del livello del
fiume; tali osservazioni divennero più sistematiche con l’installazione al porto di Ripetta, nel 1821, dell’idrometro, costituito da
lastre di marmo graduate in metri e centimetri, su cui venivano
fatte letture giornaliere. Con lo smantellamento del porto e la
costruzione dei muraglioni le aste idrometriche furono spostate:
quelle che segnano il livello fino a 18 m sono tuttora ubicate sul
muraglione vicino alle scalette che scendono sulla banchina sinistra, a monte del ponte. Le aste più alte sono state riposizionate
sulla parete esterna destra della chiesa di San Rocco.
Asta idrometrica della Chiesa
di S. Rocco:
i diversi livelli di
piena segnati
sull’asta sono
effettivamente
le altezze raggiunte dal fiume
nel corso del
tempo.
Ponte Principe Amedeo
L’acqua Lancisiana
Fin dal 1580 si parlava delle ottime qualità terapeutiche di un’acqua che sgorgava sulla riva destra del Tevere in prossimità dell’attuale ponte. Nel 1720 Lancisi, medico curante dell’allora Papa
Clemente XI, canalizzò tutto il percorso naturale della sorgente,
dalle pendici del Gianicolo, fino alle immediate adiacenze dell’ospedale Santo Spirito, costruendo una splendida fontana con pubblico accesso. Cento anni dopo la fontana fu chiusa al pubblico
per essere utilizzata ad esclusivo uso dell’ospedale.A seguito delle proteste dei trasteverini, nel 1830 fu costruita una nuova, piccola fontana a lato dell’ospedale, da cui tornò a sgorgare una parIl Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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Quel che
resta
dell’Acqua
Lancisiana
te dell’acqua terapeutica. Un ulteriore allargamento dell’ospedale,
nel 1863, determinò lo spostamento della fonte fin quasi di fronte a Palazzo Salviati. Infine nel 1897, con la sistemazione degli argini del Tevere, l’acqua terapeutica tornò a scorrere, ancora per
pochi decenni, da due nicchie ricavate a mezza altezza dei muraglioni, a cui si accede tuttora attraverso due scale simmetriche.
Dagli anni ‘50 l’acqua non sgorga più dalla fontana a causa dell’inquinamento della falda.
Ponte Mazzini
Ponte
Mazzini
gabbiano
58
Ponti con vista
Da questo ponte con un po’ di
pazienza si possono vedere sfrecciare,
a volo radente sul pelo dell’acqua, i
cormorani ed i gabbiani. Questi caratteristici uccelli acquatici risalgono il
Tevere verso l’interno alla ricerca di
territori di alimentazione.
Ponte
Sisto
Ponte Sisto
La caratteristica architettonica del ponte è il grande foro perfettamente circolare, realizzato sul pilone centrale per consentire il
deflusso delle acque durante le piene. Questa apertura, ribattezzata dai romani “l’occhialone”, è sempre stata presa come riferimento per l’allarme alluvione che scatta nel momento in cui le
acque del fiume in piena iniziano a defluire attraverso di essa.
Ponte Garibaldi
L’Isola Tiberina
La leggenda vuole che, ai tempi della cacciata dei Tarquini da
Roma, l’isola sia nata dall’accumulo di fango sui covoni di grano
del re Tarquinio il Superbo, gettati in acqua dalla popolazione infuriata. In realtà è un isola fluviale costituita da depositi alluvionali di
sabbia, limo e ghiaia. Fonti antiche riportano che durante una
pestilenza, nel 293 a.C., non riuscendo a debellare la malattia, una
commissione di saggi salpò verso Epidauro in Grecia per recarsi
nel tempio del dio della medicina, Esculapio. Qui ricevette dai
sacerdoti uno dei serpenti sacri che venivano allevati per essere
venduti come propiziatori di salute. Sulla via del ritorno, mentre
la nave risaliva il Tevere, il serpente si gettò dalla triremi e si
Isola
Tiberina
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
59
nascose sull’isola dove venne eretto il tempio dedicato ad
Esculapio, con annessi edifici per accogliere i malati da curare.
A memoria di quella missione, nel I secolo a.C., all’isola fu data la forma di nave con la prua rivolta verso valle in onore del dio e del suo
simbolo sacro,il serpente.
L’isola è stata fin dall’antichità un luogo di cura
per tutti i malati soprattutto gli appestati che
L’Isola
Tiberina
venivano portati qui per
trasformata in
nave in una
isolare il morbo e limitariproduzione
di L. Giacomo
re il contagio.
di fine ‘500
Ancora oggi è in piena
attività l’Ospedale Fatebenefratelli edificato nella metà del ‘500 dall’Arciconfraternita.
L’isola fu scelta come
Sorgente
luogo di cura, non solo
nella Chiesa di
S.Bartolomeo
perchè così circondata
dal fiume garantiva l’isolamento dalla città, ma anche per la presenza di un’acqua terapeutica che veniva attinta da un pozzo ancora
esistente nella chiesa di San Bartolomeo all’isola.
Ponte Cestio
Le rapide che caratterizzano i due bracci del fiume rompono il
lento flusso delle acque, creando uno spettacolo suggestivo.
Questi salti non sono naturali ma provocati da un’ampia soglia
artificiale esistente sotto ponte Garibaldi, costruita per limitare
l’erosione progressiva dell’alveo e quindi lo scalzamento delle
opere murarie, oltre che per ridurre il diverso regime di flusso
esistente tra i due bracci del fiume.
Ponte
Cestio
60
Ponti con vista
Rapide
all’Isola
Tiberina
L’erosione dell’alveo fluviale, che negli ultimi 100 anni si è approfondito di circa 2 m, caratterizza tutto il corso del Tevere nel suo
tratto urbano, causato prevalentemente dai seguenti fattori:
• realizzazione di opere fluviali quali la rettifica di tratti di fiume (i
drizzagni) e le arginature rigide (i muraglioni)
• diminuzione del trasporto di sedimenti determinata dalla presenza di sbarramenti a monte (all’interno di tutto il bacino del
Tevere vi sono ben 23 dighe di sbarramento)
• prelievo dal fondo di sabbia e ciottoli.
Tutto ciò ha portato negli ultimi 40 anni a una riduzione del materiale solido trasportato dall’acqua: da 10 milioni a 0,37 milioni di
tonnellate all’anno.
Ponte Fabricio
Nel 109 d.C. l’imperatore Traiano fece costruire un acquedotto
per portare l’acqua da Bracciano al colle del Gianicolo, sulle cui
pendici sorsero diversi mulini che sfruttavano la caduta d’acqua
proveniente copiosa dal monte. Quando nel 537 d.C. il barbaro
Vitige, per espugnare la città tagliò tutti e 14 acquedotti che portavano acqua a Roma, i mulini furono trasferiti sul fiume.
Luogo ideale fu l’isola Tiberina che, con i suoi due rami laterali in
Ponte Rotto
e l’Isola
Tiberina
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
61
Insabbiamento
del ramo
sinistro del
fiume Tevere in
una immagine
d’epoca
cui il flusso dell’acqua era più violento, possedeva le caratteristiche idrauliche idonee per sistemare queste strutture galleggianti.
In un censimento del 1746 se ne contavano ben otto, tutti a ridosso dell’isola, ancorati ai piloni dei ponti o nelle immediate vicinanze. L’attività dei mulini tiberini cessò completamente con l’ultima disastrosa alluvione del 1870.
La tendenza all’insabbiamento del ramo sinistro del fiume, favorita
dalla presenza di ruderi semi sommersi e dai numerosi mulini che
impedivano il regolare deflusso delle acque, fece ipotizzare, nel progetto di sistemazione idraulica del fiume nel 1870, la completa soppressione di questo ramo fluviale. Se fosse stato attuato, il bellissimo panorama dell’isola sarebbe oggi solo un ricordo del passato.
Ponte Palatino
Lungo il Tevere, i muraglioni, le pareti delle banchine e le scalette
di accesso al fiume sono colonizzate da piante quali il capelvenere, la parietaria, il grespino sfrangiato, la veronica a foglie di cymba-
Ponte Rotto
e Ponte
Palatino
62
Ponti con vista
laria, il ciombolino, la valeriana
rossa e due specie di ombelico
di Venere. La pianta che però
maggiormente caratterizza i
muraglioni del Tevere è una
specie esotica nordamericana
che ha colonizzato la città nella prima metà del 1900, la
Cespica karvinskiana che predilige le pareti rocciose umide.
Sui ruderi del Ponte Rotto è
poi possibile riconoscere una
pianta rampicante, tipica dell’ambiente mediterraneo e
conosciuta per le sue numerose proprietà fitoterapeutiche e
per l’uso in gastronomia, il
cappero. I semi di questa pianta vengono dispersi ad opera
di una piccola vespa tipica delle regioni mediterranee, la
Vespula germanica.
Cespica
karvinskiana
cappero
Ponte Sublicio
A volte è possibile osservare lungo gli argini del fiume, per lo più
durante il periodo autunnale ed invernale, aironi cenerini e garzette che scrutano tratti di basso fondale, alla ricerca di pesci, piccoli invertebrati e rane di cui alimentarsi.
Ponte
Sublicio
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
63
garzetta
airone
cenerino
Se ne stanno immobili fino a quando la preda è a tiro di becco per
poi far saettare fulmineamente il collo.
Ponte Testaccio
E’ uno dei ponti migliori per osservare durante l’inverno l’andirivieni
dei cormorani. E’ dal 1985 infatti
che gruppi più o meno consistenti di questa specie hanno
deciso di passare i loro
inverni sul Tevere, dentro
cormorano
Roma, per poi tornare a primavera nelle aree di nidificazione centro e nord europee. Durante il
giorno è facile osservarli mentre
si spostano lungo il fiume alla ricerca di tratti pescosi. Così la loro
sagoma scura, compare e scompare dal pelo dell’acqua e spesso
capita di vederli riaffiorare con un bel pesce nel becco, per lo più
anguille, carpe, cavedani e rovelle che, dopo qualche tentativo,
riescono ad ingoiare per intero. Dopo aver pescato si lasciano
asciugare le penne al sole, fermi, ad ali distese, su un sasso o su un
ramo. All’imbrunire invece tendono tutti a radunarsi sugli alberi
(pioppi o salici) in particolari zone del fiume per passare insieme
la notte. Il “dormitorio” maggiormente frequentato è situato lungo il fiume, nei pressi della Magliana, in corrispondenza della località Tor di Valle; qui sono stati censiti anche oltre 1200 cormorani
(gennaio 1995), ma attualmente stanno diminuendo.
Ponte dell’Industria
Da questo ponte, oltre a lembi di vegetazione ripariale costituiti
da salici e pioppi, è facile osservare, durante l’inverno, gruppetti di
cormorani che si alimentano di pesci, immergendosi ripetuta64
Ponti con vista
Ponte
dell’Industria
mente in acqua. Provengono dal dormitorio situato nei pressi della Magliana, dal quale si dipartono durante le prime ore del mattino, per andare ad alimentarsi lungo tutto il corso del fiume, per
poi farvi ritorno all’imbrunire.
Ponte Marconi
In questo tratto di fiume, sono presenti lembi di canneto e piccoli
nuclei di salice, mentre nei tratti golenali è possibile ascoltare il
cupo richiamo del rospo comune o quello più gracidante della
rana verde. Questi anfibi sono spesso insidiati da un innocuo serpente acquatico, la biscia dal collare. Nonostante l’elevato tasso
d’inquinamento, è presente anche un’abbondante fauna ittica, tra
cui alcune specie decisamente rare come il barbo e la lampreda
di fiume. Queste specie, decisamente esigenti dal punto di vista
ecologico, stanno lasciando il passo a quelle più resistenti come il
cefalo, il cefalo calamita e la rovella. Dal ponte è abbastanza semplice osservare la nutria, un grosso roditore originario del sud
America ed importato in Italia a partire dagli anni ‘40 come animale da pelliccia. E’ un abilissimo e prolifico nuotatore, che scava
delle tane lungo gli argini fangosi delle rive. La sua predilezione alimentare per i canneti la rende una specie estremamente danno-
Ponte
Marconi
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
65
sa in quanto ha contribuito alla diminuzione di questo habitat
essenziale per la nidificazione e la sosta di numerose specie di
uccelli acquatici.
barbo
rospo
comune
lampreda
nutria
66
ponti con vista
Il Tevere: la grande speranza
Oggi la quotidianità dell’uomo non si intreccia più con la natura
che lo circonda: la mancanza di dipendenza da essa che caratterizzava la vita dei nostri predecessori ne ha modificato
sostanzialmente la percezione. Il Tevere è un esempio emblematico: come sono lontani i tempi in cui questo fiume consentiva
e garantiva, in modo sostenibile, lo svolgimento di numerose attività legate a tutti gli aspetti della vita cittadina e contadina, dal
trasporto alle attività lavorative, dal sostentamento allo svago.
Oggi, invece, questo fiume viene ampiamente sfruttato per scopi
irrigui, idroelettrici industriali, rischiando di essere trasformato in
una sorta di collettore a cielo aperto dell’intero sistema fognario
della città di Roma.Tali utilizzi si sono sempre più intensificati nel
corso dei decenni fino ad ostacolare i naturali fenomeni di autodepurazione ed il mantenimento degli equilibri biologici. Questo
degrado generale delle condizioni del Tevere sta avendo delle
ricadute pericolose anche di tipo ecologico in quanto il fiume e le
sue rive rappresentano l’habitat ideale per numerosissime specie
vegetali e animali che grazie a questa sorta di “autostrada naturale” riescono a penetrare anche in un ambiente urbanizzato
come la città di Roma. Le recenti morie ittiche verificatesi nel
fiume Tevere sono una sorta di campanello di allarme e testimoniano i rischi che corre uno dei fiumi più importanti d’Italia. Il 16
luglio 2002 nel Tevere urbano si è infatti verificato il più grave
fenomeno di moria di pesci mai registrato negli ultimi anni.
Uno shock visivo, emotivo e soprattutto ambientale che, come
una sferzata, deve portare a riflettere prima e ad agire subito
Moria di
pesci nel
Tevere
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
67
La Riserva
Naturale di
Nazzano
Tevere-Farfa
dopo con chiarezza di vedute e decisione. Non si può trascurare,
infatti, che il miglioramento della qualità dell’acqua, la salute dei
nostri mari, il restauro della bellezza del paesaggio passa attraverso il risanamento degli ambienti fluviali. Un giorno lo storione
deve poter tornare a nuotare nelle acque del biondo Tevere, simbolo di un ritrovato equilibrio fra uomo e natura.
Forse può sembrare un’utopia ma basta spostarsi pochi
chilometri a nord di Roma, nella Riserva Naturale Tevere-Farfa,
per comprendere come sia possibile una gestione integrata
dell’ecosistema fiume. Un progetto molto ambizioso, dunque, da
affrontare con tenacia ed umiltà tenendo conto della complessità
della sua articolazione determinata anche dalle molteplici competenze istituzionali che sul Tevere esistono. Un primo passo importante è certo quello di riavvicinare i cittadini al loro fiume perché
possano viverlo nuovamente attraverso un percorso emozionale,
culturale e conoscitivo. Abbandonare la macchina, scendere sull’argine ed imbarcarsi per navigare il fiume è oggi possibile anche
a Roma, non solo nel tempo libero, ma anche nella quotidianità
fatta di spostamenti abituali e frequenti tra casa, ufficio, scuola. La
navigazione sul Tevere inaugurata nella primavera del 2003 offre
infatti ai cittadini un’occasione nuova per avvicinarsi al fiume ed
alla sua vita ottimizzando e qualificando quei cosiddetti noiosissimi tempi morti. Se è vero che i fiumi inquinati e degradati respingono decisamente, è altrettanto vero che l’acqua pulita o ritornata tale, piena di vita attrae irresistibilmente e riassume uno spazio
storione
68
il Tevere: la grande speranza
importante nella nostra vita. Il fiume non è dunque solo acqua
che scorre. In questa acqua ancora oggi può essere racchiuso il
senso della continuazione della vita. La conservazione dell’ecosistema fluviale in termini di qualità delle acque e salvaguardia delle
specie non è solo il principale obiettivo, ma rappresenta la grande
speranza di riconciliare l’uomo, con i suoi elementi vitali, fra tutti
l’acqua.
E chissà che un giorno Roma non veda la nascita di un “Parco fluviale della città”.
Il servizio di
navigazione
del Tevere
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
69
Per saperne di più:
L. C. Grapow, 1995.Atlante della Flora di Roma. Comune di Roma
- Ufficio Tutela Ambiente. Università di Roma “La Sapienza”. Argos
Edizioni.
Cignini & Zapparoli, 1996. Atlante degli Uccelli nidificanti a Roma.
Comune di Roma. Ufficio Diritti Animali Comune di Roma.
Fratelli Palombi Editori.
Bologna M.A., Carpaneto G.M., Cignini B., 1997. Atti del 1°
Convegno nazionale sulla Fauna Urbana. Comune di Roma, Ufficio
Diritti Animali. Università degli Studi “Roma Tre”. Fratelli Palombi
Editori
AA.VV. 1997. La Fauna della Città di Roma. Ecologia Urbana Anno
9, n°2-3 Ufficio Diritti Animali Comune di Roma. Maria Pacini
Fazzi Editore.
AA.VV., 1997. Relazione sullo stato dell’ambiente a Roma. Anno
1997. Comune di Roma. Maggioli Editore.
Cignini B., Massari G., Pignatti S., 1995. L’ecosistema Roma.
Ambiente e territorio. Comune di Roma, Ufficio Tutela Ambiente
- Ufficio Diritti Animali. Università degli Studi di Roma “La
Sapienza”. Fratelli Palombi Editori.
70
Marevivo per il fiume Tevere
Pag.
5
Il fiume di Roma tra storia e natura
Pag.
7
Il Tevere e la natura
Pag.
9
Il fiume di Roma nella storia
Pag.
20
Il Tevere nel mito,
nella letteratura e nell’arte
Pag.
39
Ponti con vista: alcuni spunti
di osservazione naturalistica
Pag.
48
Il Tevere: la grande speranza
Pag.
67
Per saperne di più
Pag.
70
Finito di stampare
dalla Ramberti Arti Grafiche
nel mese di maggio 2003