mastro3/06/2003 ultimo
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mastro3/06/2003 ultimo
Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia Coordinamento editoriale: Cecilia Franceschetti Testi: Cecilia Franceschetti, Marisa Ceccarelli, Carlo Callori di Vignale, Laura Gentile, Maria Rapini Disegni: Marisa Ceccarelli Foto: Marina Pulcini, Luca Molajoni. La riproduzione della foto della Lupa capitolina è stata gentilmente concessa dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, Musei Capitolini Hanno collaborato: Paola De Fazio, Rita Paone, Manuela Nanni Progetto grafico e stampa: Ramberti Arti Grafiche Pubblicazione realizzata con un contributo dell’Assessorato alle Politiche Ambientali ed Agricole del Comune di Roma Dipartimento X - Politiche Ambientali ed Agricole II U.O. - Sviluppo Sostenibile Servizio Educazione Ambientale e Volontariato PREFAZIONE “….. il Tevere scorre di amena corrente e biondo di arene vorticose si versa nel mare; uccelli iridati, amanti delle rive mattutine e avvezzi al letto del fiume in volo sul bosco addolcivano l’aria di canti ….” Virgilio, Eneide, Libro VII, vv. 25-36. Molto tempo è passato da quando Virgilio descriveva così il Tevere. Da allora il Fiume ha avuto i suoi mali, ma oggi, soprattutto con la realizzazione dei depuratori, l’ecosistema ha ritrovato un suo equilibrio. Anche grazie all’iniziativa del Comune di Roma di riportare come nell’800 la navigazione sul fiume, possiamo quindi rivivere il Tevere, camminare lungo le sue banchine o prendere un battello. I romani ed i turisti potranno guardare le nidiate dei germani reali, cogliere il volo dei cormorani nell’aria e rimanere stupiti di fronte alla spontanea presenza di giaggioli acquatici lungo le sponde. Molto si deve, per la presenza di questa armonia, alle associazioni ambientaliste, testimoni storici delle trasformazioni del Fiume ed attenti sorveglianti del rispetto della flora e della fauna di questo delicato ecosistema. Questo Assessorato vuole confermare il suo impegno e proseguire, con la collaborazione di tutti gli Enti e delle realtà interessate, affinché il Fiume Tevere sia sempre un luogo dove coniugare tutela e salvaguardia dell’ambiente con la fruizione di questo straordinario patrimonio. L’Assessore alle Politiche Ambientali ed Agricole Dario Esposito Marevivo per il fiume Tevere Marevivo è un’associazione ambientalista impegnata da quasi 20 anni a promuovere e realizzare numerose campagne ed iniziative nazionali ed internazionali per la tutela e la valorizzazione del mare e delle sue risorse. Consapevole che per una efficace tutela dell’ecosistema marino Ponte Matteotti La sede galleggiante di Marevivo sono anche indispensabili azioni di controllo e salvaguardia dei corsi d’acqua, ha sempre posto particolare attenzione alle problematiche di gestione dei fiumi, intraprendendo specifiche azioni finalizzate a polarizzare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica nei confronti di quelle forme di tutela “terrestri” da cui dipende l’inte- Pannelli illustrativi sui ponti di Roma realizzati da Marevivo Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 5 grità ambientale del mare. Dopo aver portato avanti un’impegnativa ed incisiva battaglia per il recupero del Fiume Sarno, ha dedicato particolare attenzione al Tevere, fiume al quale l’associazione è particolarmente legata. Marevivo, infatti, “vive” sul Tevere, in una sede galleggiante ancorata allo Scalo de Pinedo, in pieno centro di Roma. Da questa postazione l’associazione quotidianamente vive e partecipa in prima persona alla vita del fiume seguendo in tempo reale tutti gli eventi che lo riguardano: dalla schiusa dei germani che nidificano sulle rive, all’arrivo degli uccelli migratori, dalle acque che si “gonfiano” in occasione delle piene, alle grandi ed improvvise morie di pesci. La sede di Marevivo si è così trasformata nel tempo in un “osservatorio del fiume Tevere”, divenendo un punto di incontro e di confronto per tutti coloro che hanno a cuore la salute del fiume. In particolare, dopo aver aperto la propria sede alle scolaresche per svolgere attività didattiche sull’ecosistema fiume, organizzato specifici seminari per studenti universitari e svolto incontri-dibattito sulle problematiche di gestione del bacino fluviale, Marevivo ha sentito il bisogno di realizzare delle iniziative per far riscoprire il Tevere nel suo tratto urbano. E’ nato così il progetto “Valorizzazione dell’ecosistema fluviale del Tevere nella città di Roma” che, fatto proprio dell’Assessorato alle Politiche Ambientali del Comune di Roma, ha visto la realizzazione nel 2001 di una mappa/depliant e 24 pannelli illustrativi localizzati in prossimità dei ponti del Tevere sulla storia e la natura del fiume in città. Il successo ottenuto dall’iniziativa ha poi spinto Marevivo a realizzare una pubblicazione per fornire ai romani, agli studenti ed ai turisti che visitano la capitale, uno strumento per approfondire tutti quegli aspetti più segreti dell’ambiente fluviale in città. E’ stata così ideata questa guida, la cui realizzazione è stata ancora una volta sostenuta dall’Assessorato alle Politiche Ambientali del Comune di Roma. 6 Marevivo per il fiume Tevere Il fiume di Roma tra storia e natura Ponte S.Angelo Lo abbiamo voluto emarginare, isolare visivamente, indirizzarlo e contenerlo con muraglioni ed arginature, inquinarlo con scarichi di ogni tipo. Eppure il Tevere, il “fiume di Roma”, è un corso d’acqua straordinario, pieno di vita e con una storia antichissima tutta da raccontare. Alla foce del Tevere è arrivato Enea, profugo di Troia, sulle sue sponde ha visto la luce e si è sviluppata la civiltà romana, nelle sue acque si è specchiata la Roma dei Papi, intorno ad esso è cresciuta la metropoli che oggi conosciamo, con le sue bellezze, i suoi difetti, le sue contraddizioni. I miliardi di metri cubi d’acqua che il fiume di Roma ha portato al mare nel corso della sua esistenza hanno accompagnato millenni di storia e di leggende ed hanno suscitato ogni sorta di possibile raffigurazione, celebrazione, racconto, mito, canzone, dipinto e scultura. Ma c’è ancora spazio per aggiungere qualcosa, qualcosa che riguarda un aspetto del fiume tutt’altro che secondario, quello di un delicato ambiente fluviale urbano. Benché contenuto con muraglioni ed argini, sbarrato ed imbrigliato con dighe e soglie, inquinato con scarichi di vario genere, il Tevere ha oggi da raccontare, infatti, anche la sua storia di “ecosistema urbano”, la diversità della vita che conIl Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia Argini e muraglioni del Tevere urbano 7 germano reale tiene e che promette, i complessi e delicati equilibri naturali governati dalle sue acque ed il suo intimo rapporto tra natura, storia, arte e letteratura. Il vorticoso scorrere delle sue acque invita così ad osservare e scoprire tra monumenti e vestigia famosi in tutto il mondo, il germano reale che attraversa il fiume con i suoi piccoli, il martin pescatore che nidifica lungo le rive, gli aironi e le garzette che lasciano le loro impronte sul fango, i rami dei salici che si muovono al vento, le tracce di antiche alluvioni, le spiagge, le isole fluviali e molte altre bellezze naturali. Quello che rende il Tevere straordinario è proprio questa fusione di valori naturalistici e storici nel cuore di Roma, città eterna e moderna metropoli.Valori che devono essere scoperti e ricercati con uno sguardo nuovo, con un occhio più attento capace di cogliere i particolari più nascosti, le sfumature e le peculiarità. Questa guida vuole appunto essere un invito ad osservare in maniera nuova il Tevere che scorre dentro la città, un manuale per “leggere il fiume”, per scoprirne gli aspetti più segreti e silenziosi, per comprendere i delicati equilibri che lo regolano e quindi per contribuire a proteggerlo. iris d’acqa martin pescatore 8 Il fiume di Roma tra storia e natura raganella Il Tevere e la natura Il paesaggio Al tempo della fondazione di Roma, circa 2750 anni fa, il Tevere si presentava come tipicamente è la parte terminale di un fiume, quella prossima al mare, laddove, raggiunta ormai la pianura, l’acqua che scorre lentamente si allarga in anse e dà origine a vaste zone paludose. Il territorio era occupato da una grande zona alluvionale ricca di acquitrini, percorsa da una fitta rete di piccoli corsi d’acqua confluenti nel fiume principale su cui si ergevano, isolati, i famosi sette colli. La millenaria trasformazione del tessuto urbano ha completamente stravolto l’assetto originario dei luoghi, ma ancora oggi è possibile riconoscere alcune caratteristiche tipiche di un fiume nel suo “basso corso” e ritrovare tracce del suo passato geologico. Nascita ed evoluzione del Tevere Il Tevere nasce dal monte Fumaiolo, in Romagna, a 1268 metri di altitudine; dopo un percorso di 403 km attraverso Toscana, Umbria e Lazio, sfocia nel Mar Tirreno tra Fiumicino ed Ostia. Nel corso delle ere geologiche la morfologia del Tevere è stata plasmata dall’erosione fluviale, dalla presenza di un’importante discontinuità tettonica che attraversa l’Appennino, dalle variazioni del livello marino che durante l’Era Quaternaria hanno interessato la costa tirrenica e dall’attività vulcanica dei vicini Colli Albani e Monti Sabatini. Recenti studi indicano nella zona di Ponte Galeria l’antico delta del Tevere, prima che l’attività vulcanica dei Colli Albani (databile a circa 700.000 anni fa) ne determinasse l’avanzamento nella posizione attuale. Durante le ultime fasi glaciali quaternarie, a causa del ritiro del mare e della regressione della linea della costa, si ebbero profondi mutamenti del reticolo fluIl Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 9 viale, con l’abbassamento del letto del fiume di parecchie decine di metri sotto l’attuale livello. Con lo scioglimento dei ghiacciai ed il conseguente innalzamento del livello del mare, riprese l’attività di alluvionamento delle valli che si colmarono di limi, sabbie e ghiaie di notevoli spessori. I meandri Nel loro viaggio verso il mare, i corsi d’acqua, con la loro continua azione erosiva accompagnata dal deposito di sedimenti di vario genere, hanno un ruolo fondamentale nel modellamento del paesaggio, scavando valli fluviali più o meno incise, formando pianure alluvionali e producendo morfologie tipiche come i terrazzi fluviali, i delta ed i meandri. I meandri, che si formano generalmente in tratti a debole pendenza, nei fondovalle coperti da depositi alluvionali, consistono in anse, a volte anche molto pronunciate, che conferiscono al fiume un’andamento più o meno sinuoso. Dove il fiume inizia a formare una curva, il più delle volte senza nessuna causa apparente (talvolta queste sinuosità possono essere attribuite ad ostacoli che il fiume incontra ed aggira nel suo cammino), la forza centrifuga dell’acqua fa si che venga sempre più erosa la sponda esterna, mentre quella interna viene protetta e rivestita da depositi di sedimenti. Anche il Tevere, nel suo basso corso scorre lentamente formando numerosi meandri come le ampie anse che descrive dentro Roma. Geologia ed idrogeologia Gli elementi geologici (natura dei terreni), idrologici (acque superficiali) ed idrogeologici (acque sotterranee) sono stati completamente obliterati nell’area urbana di Roma a causa dell’intensa e prolungata trasformazione del territorio che ha portato ad avere oggi, diffusa su tutta l’area urbana, una considerevole coltre di depositi costituiti da riempimenti, scarichi, ruderi sepolti e 10 il Tevere e la natura accumuli di macerie che raggiungono spessori non di rado superiori a 10 metri. La costituzione del sottosuolo del centro storico di Roma è inoltre molto variabile in funzione dell’eterogeneità delle rocce presenti e delle loro stratificazioni. Rocce, sorgenti ed acqua sotterranea La riva destra. Tutta l’area pianeggiante su cui sorge la città è occupata dai depositi alluvionali del Tevere, costituiti da argille e limi intercalati a sabbie e ghiaie. Le rocce più antiche che si possono trovare lungo l’attuale corso del fiume sono argille di origine marina ed affiorano nei pressi del Gianicolo, del Colle Vaticano e di Monte Mario, sulla riva destra del Tevere. Numerose Le due nicerano le cave e le fornaci che, chie ricavate a metà dei fin dall’antichità, utilizzavano muraglioni da cui sgorgava questo materiale per la prol’Acqua Lancisiana duzione di mattoni. Nel resto del territorio cittadino le argille sono generalmente presenti in profondità (sotto il Circo Massimo superano gli 800 m di spessore). Dai rilievi situati sulla riva destra del Tevere hanno origine anche diverse sorgenti, alimentate dalla circolazione idrica all’interno di sabbie, limi e ghiaie, soprastanti il letto impermeabile delle argille. Quasi tutte le sorgenti, ben note ed apprezzate dai romani di tutte le epoche, sono ormai andate perdute: restano ancora patrimonio archeologico e naturale della città l’Acqua Pia (Porta Cavalleggeri), l’Acqua Lancisiana (sul muraglione a Ponte Principe Amedeo), le Acque Corsiniane (all’interno dell’Orto Botanico) e l’Acqua Innocenziana (sotto San Pietro in Montorio). La riva sinistra I rilievi collinari che si elevano sulla riva sinistra del fiume sono costituiti principalmente da rocce di origine vulcanica (tufi e pozzolane) di spessore variabile da pochi metri a oltre 20 metri, provenienti dagli apparati vulcanici dei Colli Albani a sud, e dai Monti Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 11 Sabatini a nord. Gran parte del centro storico è localizzata sopra queste rocce, all’interno delle quali la circolazione delle acque sotterranee è però fortemente condizionata dall’intensa urbanizzazione ed impermeabilizzazione della superficie. Le aree che attualmente permettono l’infiltrazione di acqua nel sottosuolo, equivalenti a cirS. Clemente ca 2 kmq, sono limitate alle ville, ai giardini ed ai parchi.Altri terreni poco o nulla permeabili, quali argille e limi intercalati a livelli più permeabili sabbiosi e ghiaiosi, occupano il fondovalle del Tevere ed interessano quindi tutto il centro storico della città. Le ghiaie, presenti con continuità da nord a sud con spessori variabili da qualche metro a oltre 10 metri, sono sede di una circolazione idrica sotterranea importante. Delle numerose sorgenti storiche su questo lato del fiume rimangono ancora attive l’Acqua Tulliana, che sgorga dal pavimento del carcere Mamertino, la Fonte di Diuturna al Palatino e l’Acqua di San Clemente, nel sottosuolo dell’omonima chiesa. La vita animale e vegetale Il Tevere e la vegetazione ripariale presente lungo le sue sponde rappresentano una delle principali vie di ingresso e di colonizzazione per le specie animali e vegetali tipiche della “campagna romana” che, seguendo il suo corso e la fascia di vegetazione più o meno naturale che lo borda, riescono a penetrare nel cuore della città. Inoltre il fiume rappresenta uno dei principali “segni del territorio” seguiti dagli uccelli nel corso dei loro spostamenti migratori stagionali, dalla costa verso l’interno del Paese. La maggioranza delle specie presenti sono estremamente adattabili da un punto di vista ecologico, ma ce ne sono alcune la cui presenza dimostra che l’ambiente fluviale non è ancora del tutto compromesso, ed esse costituiscono quindi uno stimolo per continuare ad adottare provvedimenti per migliorare la situazione ambientale complessiva. Le piante Delle quasi 1300 specie di piante spontanee presenti a Roma, circa 600 sono associate all’habitat acquatico e ripariale del fiume. Attualmente la maggior parte di queste specie risulta per lo più concentrata nel tratto nord del Tevere, a monte della confluenza con l’Aniene. Tra gli alberi sono comuni diverse specie di salici come il salice bianco e il salice rosso, di pioppi come il pioppo bianco, il pioppo nero e il pioppo del Canadà, mentre più rari e localizzati appaiono l’ontano comune e la tamerice maggiore. I canneti a cannuccia di palude ed i popolamenti a lisca maggiore, più comunemente conosciuta come tifa, sono invece distribuiti in modo più continuo lungo il tratto urbano e costituiscono habitat preferenziale di nidificazione e di rifugio per diverse specie di uccelli. Tra le specie più tipicamente acquatiche è importante ricordare diverse specie del genere Potamogeton tra cui la resistente brasca delle lagune dalla morfologia graminiforme (P. pectinatus), il ceratofillo comune, la lenticchia d’acqua e la rarissima morso di rana (Hydrocjiaris morsus ranae). Tra le piante di ambiente palustre sono presenti il sedano d’acqua, il ontano pioppo salice Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 13 cannuccia morso di rana iris d’acqua tifa crescione, la canapa acquatica, il giaggiolo acquatico, la veronica beccabunca e la menta acquatica. I carici ed i giunchi, anche se presenti, sono in regresso mentre in forte espansione appare una specie esotica nordamericana, la forbicina frondosa (Bidens frondosa), del tutto assente negli anni ‘50. Le piante dei muraglioni La flora associata in situazioni naturali all’ambiente rupestre,ha trovato lungo il Tevere validi habitat sostitutivi costituiti dai muraglioni, dalle pareti delle banchine, dai ponti, dalle scalette di accesso al fiume (anche i gabbiani reali hanno dimostrato forti capacità di adattamento imparando a nidificare sulle “scogliere urbane” costituite da tetti, cupole e monumenti!). In tutto, ad occupare questo particolare habitat sono una trentina di piante tra cui il capelvenere, la parietaria, il grespino sfrangiato, la veronica a foglie di cymbalaria, il ciombolino, la valeriana rossa, il cappero e due specie di ombelico di Venere. La pianta che maggiormente caratterizza i muraglioni del Tevere è una specie esotica nordamericana, che ha colonizzato la città nella prima metà del 1900. É la Cespica karvinskiana, specie amante delle pareti rocciose umide, che ha trovato in questo habitat artificiale condizioni otticappero 14 il Tevere e la natura Cespica karvinskiana martin pescatore mali per crescere. Le più piccole fessure di pressochè tutti i muraglioni e di tutti gli argini del Tevere sono stati occupati, a volte in una situazione di vero monopolio, da questa specie. Gli animali Gli uccelli Grazie ad una ricerca coordinata dall’Ufficio Diritti Animali del Comune di Roma è stato realizzato un Atlante delle specie di Uccelli nidificanti in città. Ebbene, delle 75 specie nidificanti entro il Grande Raccordo Anulare di Roma, almeno tredici trovano negli ambienti associati al fiume gli habitat più idonei per la riproduzione.Tra queste il germano reale che nidifica con certezza nel tratto compreso tra Ponte Risorgimento e Ponte Margherita con diverse coppie, e la gallinella d’acqua che preferisce i tratti a monte e a valle del centro storico dove sono presenti anse e lembi più consistenti di canneto ove costruire il nido. Il martin pescatore scava il nido gallinella lungo gli argini, preferendo i d’acqua tratti in cui non sono presenti arginature in pietra. Durante i femmina germano reale maschio mesi invernali e a seconda degli anni, tra Ponte Milvio e l’Isola Tiberina si insedia una piccola popolazione svernante di diversi individui: è questo il periodo in cui è più facile osservarlo. Inoltre, prima di alcuni lavori che hanno interessato le banchine, nidificava anche nei pressi di Ponte Risorgimento. La ballerina gialla è Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 15 segnalata lungo il fiume, a monte e a valle del centro storico, nei pressi di Fidene, Tor di Quinto, Testaccio, Marconi, Magliana e Tor di Valle, ma le nidificazioni non sono regolari. Il pendolino nidifica lungo il fiume a valle del Ponte dell’Industria e a monte di Ponte Matteotti. Il caratteristico nido a fiasco viene ancorato e fatto “penzousignolo di fiume lare” preferenzialmente da rami di salici e pioppi e, assieme al verso sibilante dei maschi, è il segno che più facilmente permette di registrarne la presenza. Anche se solo in alcuni punti ben localizzati del tratto urbano del fiume, nidificano inoltre specie più elusive e quindi più difficili da osservare, cannaiola come il tarabusino, un airone di piccole dimensioni del colore delle cannucce di palude segnalato nel tratto di fiume nei pressi della diga di Castel Giubileo. I canneti sono essenziali per questa e le altre specie di seguito indicate, in quanto rappresentano l’habitat di nidificazione.Anche per questo motivo l’introduzione della nutria, un grosso roditore sudamericano spesso scambiato per “un ratto di dimensioni gigantesche”, che si alimenta preferenzialmente di cannuccia di palude, è da consitarabusino derarsi estremamente deleteria per gli equilibri ecologici di questo ambiente. Il tuffetto, il più piccolo tra gli svassi, nidifica lungo il Tevere in una sola zona, situata nel settore sudoccidentale della città, costituita da due piccoli stagni adiacenti, formati dal relitto di una vecchia ansa del Tevere. Osservarlo dai ponti è possibile durante i mesi di dicembre e gennaio quando qualche individuo svernante va a caccia immergendosi anche nel tratto più urbano. Anche il porciglione, un uccello acquatico appartenente 16 il Tevere e la natura alla stessa famiglia della gallinella d’acqua (Rallidi), nidifica in città lungo il Tevere, nei pressi dell’Acqua Acetosa, anche se con una popolazione alquanto limitata. Il suo nome deriva dal verso emesso che somiglia molto a quello di un maiale spaventato. Il cannareccione e la cannaiola sono altri due ospiti dei canneti, presenti con popolazioni esigue principalmente nei pressi della Diga di Castel Giubileo e della vecchia ansa del Tevere gabbiano della Magliana. Durante i mesi invernali e durante le migrazioni il fiume si popola anche di uccelli di passo che quindi non rimangono qui a nidificare. Alcune di queste specie migratrici provengono dal centro e dal nord Europa e vengono a trascorrere i rigidi mesi invernali lungo il fiume ove trovano peraltro anche abbondanti risorse alimentari. E così è possibile con facilità osservare aironi cenerini, garzette, gabbiani comuni e numerosissimi cormorani. A Roma, nell’inverno 1986-87 fu osservato per la prigarzetta ma volta, un piccolo numero di cormorani che iniziarono ad utilizzare come dormitorio un tratto di circa 500 metri di sponda del basso corso del Tevere, in corrispondenza della località Tor di Valle, nei pressi della Magliana. Nel corso degli anni successivi si è assistito ad un forte incremento di questo gruppo svernante, passando da 6 individui dell’inverno 8687 ai circa 1300 del 1995. Successivamente si è assistito ad un forte calo delle presenze anche se oggi i cormorani sono tra gli uccelli più vistosi del tratto urbano del fiume. E’ un vero spettacolo osservarli mentre pescano immergendosi oppure quando sostano su un sasso o su un tronco con le ali aperte per asciugarsi. Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 17 Gli anfibi e i rettili Il tratto urbano del Tevere forma ambienti idonei alla presenza di diverse specie di anfibi e rettili. Tra i serpenti sono segnalate entrambe le bisce d’acqua, la più comune natrice dal collare è segnalata per diversi tratti fluviali mentre la più rara e maggiormente acquatica natrice tessellata è stata osservata a Ponte Mazzini. Un serpente più comune ed anch’esso del tutto innocuo, è il biacco, sicuramente presente lungo gli argini e gli ambiti ripariali dell’Oasi WWF, presso Ponte Matteotti. I muraglioni e le banchine costituiscono un habitat idoneo alla presenza di due specie di lucertole, la lucertola muraiola e la lucertola campestre, quest’ultima meno esigente da punto di vista ecologico, riesce a colonizzare anche gli habitat più degradati.Tra gli anfibi in ambiti golenali del Tevere, situati nei tratti a nord e a sud del centro urbano, sempre all’interno del Gran Raccordo Anulare, sono segnalati il tritone crestato ed il tritone punteggiato.Anche il rospo comune e la rana verde sono piuttosto frequenti lungo alcuni tratti urbani del Tevere. Più localizzate appaiono invece le presenze della raganella dal caratteristico canto monotono e cigolante e del rospo smeraldino, le cui segnalazioni sono limitate al tratto nord del fiume. raganella rospo comune I pesci I pesci sono ancora abbondanti nel Tevere, anche se la comunità ittica è sbilanciata per lo più verso specie poco esigenti e meno sensibili. In altre parole “abbondanza di pesce” non significa ambiente sano. Sono aumentate così le specie tipiche di acque con bassi tenori di ossigeno, come carpa, carassio, tinca, rovella e anguilla. Molto frequenti sono anche le specie marine che risalgono il fiume per scopi alimentari e vi permangono per periodi variabili, come il cefalo ed il cefalo calamita. La Diga di Castel Giubileo costituisce un ostacolo insormontabile per le specie che durante il periodo riproduttivo tendono a risalire alla ricerca di siti idonei alla deposizione delle uova. E così in primavera è possibile 18 il Tevere e la natura osservare la migrazione riproduttiva di barbo e cavedano con numerosi individui che stazionano nei pressi delle paratie della diga. In questi ultimi anni sono state però ritrovate lungo il Tevere due specie di lamprede la cui presenza fa barbo ben sperare per il futuro: la lampreda di fiume e la lampreda di mare, specie rare ed estremamente esigenti da un punto di vista ecologico. Le lamprede Le lamprede, simili ai pesci, appartengono ai Ciclostomi, un gruppo di Vertebrati tra i più antichi esistenti, privi di mascelle, di pinne pari e di scaglie, con bocca circolare a ventosa. Le specie introdotte Tra le specie presenti nel Tevere ve ne sono alcune, due in particolare, che non essendo originarie dell’Italia, stanno causando notevoli problemi alla fauna ed alla flora autoctona. Si tratta della nutria e della tartaruga americana dalle orecchie rosse. La prima è un grosso roditore originario del sud America importato negli anni ‘40 in Italia come animale da pelliccia. Sfuggita da allevamenti, la nutria si è ormai diffusa in gran parte d’Italia, bacino del Tevere compreso, dove arreca grossi danni alla vegetazione acquatica ed ai canneti e di conseguenza alle altre specie che utilizzano questi habitat. La seconda è la ben nota tartarughina d’acqua che viene acquistata nei negozi di animali, tenuta per un po’ in acquario e poi, sconsideratamente “liberata” in ambiente naturale. La biologia di questa specie è ancora poco conosciuta e poco note le possibili interazioni con la specie italiana che occupa lo stesso habitat, la testuggine palustre, anch’essa segnalata nel Tevere. nutria Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 19 Il fiume di Roma nella storia Il Tevere e la nascita di Roma Trasporti di fortuna nella Roma allagata dalla piena del 1915 I primi insediamenti umani sulle rive del Tevere risalgono a 3300 anni fa ma è solo intorno al 750 a.C. che viene fondata una città difesa da un fossato e da un muro, privilegiata dalla sua eccezionale posizione geografica. Al centro del Lazio, crocevia tra le regioni centrali e quelle meridionali dell’Italia, questa via d’acqua permetteva infatti la penetrazione commerciale dal Tirreno verso l’entroterra. Le vicende di Roma con i suoi quasi tre millenni di storia sono strettamente legate al fiume, soprattutto alle sue inondazioni che periodicamente allagavano la città. La leggenda racconta che fu proprio durante una di queste inondazioni che venne ritrovata la cesta impigliata tra i giunchi ai piedi del colle Palatino, con i due fratelli Romolo e Remo, futuri fondatori della Roma urbana. Dal primo evento, registrato nel 414 a.C., all’ultimo del 1991, si sono avute a Roma circa 90 piene tra eccezionali e straordinarie; ma solo fino ai primi del ‘900 queste esondazioni hanno causato danni e vittime.A partire dai grandi lavori di sistemazione idraulica del tratto urbano del fiume, iniziati nel 1876 e proseguiti nei decenni successivi, il Tevere non ha più superato i suoi argini, non più naturali ma costituiti dai famosi “muraglioni”. 20 Il fiume di Roma nella Storia Il fiume come confine Agli inizi della storia di Roma il Tevere rappresentava una linea di confine naturale che proteggeva i primi insediamenti attestati sui famosi 7 colli che si ergevano tutti sulla sponda sinistra. Successivamente segnò per lungo tempo una demarcazione politica fra gli Etruschi, Il Tevere: sulla riva destra, e i Sabini, sulla sullo sfondo il colle riva sinistra. Con la crescita delAventino la città fino all’apogeo imperiale,“Roma antica” sentì il bisogno di superare i propri confini naturali per migliorare, dapprima le comunicazioni con le regioni circostanti e, successivamente, per espandersi urbanisticamente anche sulla riva opposta del fiume. I ponti romani Ponte Rotto Diversi sono i ponti romani andati completamente distrutti o di cui rimangono pochi resti. Le ultime testimonianze di Ponte Sublicio, costruito in legno da Re Anco Marzio alla fine del VII sec. a.C., sono state completamente cancellate dalla dinamite durante la costruzione dei muraglioni. Ponte Emilio, il primo ponte romano costruito in pietra nel 179 a.C., è Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia Resti del Ponte Neroniano in una riproduzione del ‘700 di Van Wittel 21 Ponte Fabricio conosciuto anche come Ponte Rotto per la sua ultima testimonianza rimasta isolata in mezzo al fiume, visibile da ponte Palatino. Ponte Neroniano fu costruito da Nerone per avere un più como- Ponte Cestio do accesso da Campo Marzio verso i giardini e gli orti che la madre Agrippina possedeva nel Campo Vaticano. I resti dei piloni affiorano nei periodi di magra del fiume, subito a valle del ponte Vittorio Emanuele. Gli altri ponti romani sono stati rimaneggiati durante le epoche successive. Della costruzione originale di Ponte Milvio, rimangono oggi solo i 4 piloni centrali. Antico basolato romano di Ponte S. Angelo rinvenuto durante i lavori di sistemazione del fiume del 1892 22 Il fiume di Roma nella Storia Veduta di Ponte Sisto con bagnanti sulla Spiaggia della Renella e un mulino sul lato opposto, in una riproduzione del 1874 di Acquaroni Ponte Fabricio fu costruito per avere l’accesso dalla riva sinistra all’Isola Tiberina, su cui esisteva il tempio al dio Esculapio. Il ponte è rimasto integro, ad esclusione di qualche intervento di restauro. Ponte Cestio, costruito per collegare la riva destra con l’Isola Tiberina, a seguito degli interventi di sistemazione idraulica del fiume compiuti nel 1892, è stato completamente smontato e ricostruito con dimensioni diverse, riutilizzando una parte dei blocchi lapidei antichi. Ponte Sant’Angelo, chiamato originariamente Elio in onore dell’imperatore Elio Adriano che lo fece costruire per avere un accesso trionfale dalla città al suo mausoleo (la Mole Adriana poi Castel Sant’Angelo), è stato stravolto radicalmente nel suo assetto originario in seguito ai lavori di sistemazione idraulica del fiume nel 1893. Ponte Sisto, completamente distrutto da una piena nel 791, rimase il “ponte rotto” o “ponte tremulo” per quasi sette secoli, fino a quando Papa Sisto IV, in occasione del Giubileo del 1475, ne costruì uno nuovo sui ruderi romani ancora affioranti. I ponti della Roma dei Papi Nei secoli di dominio pontificio, la “Roma dei Papi” continuò ad utilizzare gli antichi ponti romani sopravvissuti alle calamità naturali ed Inaugurazione di Ponte dell’Industria alla presenza di Pio IX Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 23 alle guerre. Da questa situazione ne trassero vantaggio i traghettatori che con le loro precarie “barchette” assicuravano il passaggio, non senza qualche pericolo, da una sponda all’altra del fiume. A parte Ponte Sisto, in struttura muraria, fu riattivato ponte Emilio, prolungandolo sulla riva sinistra con una campata in ferro sorretta da funi, e furono realizzati un ponte sospeso in ferro a San Giovanni dai Fiorentini e il ponte ferroviario di San Paolo (ora Ponte dell’Industria). I traghetti Tra ponte Sant’Angelo e ponte Sisto esistevano, nel Settecento, ben tre “barchette” di traghettatori: si muovevano spinte a braccia dal barcaiolo che si tirava lungo delle funi tese tra le due sponde. Poiché il prezzo del passaggio era irrisorio, il traghettatore tendeva a sovraccaricare la sua imbarcazione, rendendo ogni volta la traversata alquanto rischiosa, soprattutto se il fiume era un po’ ingrossato. L’ultimo traghettatore a rimanere in servizio fu quello del porto di Ripetta (ponte Cavour) attivo fino alla fine dell’800: era chiamato “la barca di Caronte” per l’aspetto terrificante del barcaiolo. 24 Il fiume di Roma nella Storia I ponti recenti Con Roma capitale del Regno Unito, nel 1870 inizia una trasformazione radicale dell’assetto urbano della città. L’espansione edilizia, su quelli che fino ad allora erano stati orti, vigne e giardini (Prati di Castello) che si estendevano verso le pendici di Monte Mario, necessitava di ulteriori ponti che varcassero il fiume. Nel giro di un quarantennio se ne aggiunsero quindi altri otto: Ponte Risorgimento, Ponte Margherita, Ponte Cavour, Ponte Umberto I, Ponte Vittorio Emanuele Il, Ponte Mazzini, Ponte Garibaldi e Ponte Palatino. Durante la I guerra mondiale fu costruito Ponte Sublicio, che prese il nome dal primo ponte costruito a Roma e ormai completamente scomparso. Una nuova spinta espansionistica si verificò nel ventennio successivo: il notevole incremento della popolazione richiedeva nuovi insediamenti urbani ed ulteriori collegamenti per smaltire il traffico tra le due sponde. Vennero così realizzati Ponte Flaminio, Ponte Duca d’Aosta, Ponte Matteotti, Ponte Principe Amedeo, Ponte Testaccio e Ponte Marconi. Ponte Cavour Ponte Umberto I Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 25 Ponte Vittorio Emanuele II Ponte Principe Amedeo Ponte Testaccio 26 Il fiume di Roma nella Storia Ponte Tor di Quinto Ponte Matteotti Ponte Castel Giubileo Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 27 Nel periodo attuale infine vennero realizzati, a completamento delle infrastrutture urbane, il Ponte-diga di Castel Giubileo che completa il Grande Raccordo Anulare tra le Statali Salaria e Flaminia, il Ponte Tor di Quinto costruito per le Olimpiadi del 1960 e il Ponte Nenni a servizio della metropolitana. Ponte Castel Giubileo Ponte Flaminio 28 Il fiume di Roma nella Storia Bitte di ancoraggio di navi romane rinvenute negli scavi del Porto Tiberino Il fiume come via di comunicazione Il Tevere, fino all’Unità d’Italia, è sempre stato un’importante via di trasporto e di navigazione tra la costa tirrenica, Roma e le regioni interne.Agli inizi del II sec. a.C. si sviluppò il primo importante complesso portuale-commerciale degno della capitale di un impero, il Porto Tiberino, di cui rimangono ancora importanti testimonianze a monte e a valle di Ponte Sublicio, sulla riva sinistra. Il “porto” era costituito da una banchina lunga quasi 500 m e larga 90 e da un molo di attracco pavimentato ed attrezzato dove attraccavano le navi provenienti dal mare. Subito a ridosso del molo, un grande edificio consentiva il diretto immagazzinamento e lo smercio delle derrate. Intorno al 140 a.C., per smaltire tutti i detriti prodotti nel porto, costituiti essenzialmente da anfore rotte e laterizi, cominciò a sorgere una discarica. Con il passare dei secoli questo luogo è diventato una vera collina alta 30 m e con una circonferenza di circa 1 km, il Monte Testaccio conosciu- Porto di Ripetta in una riproduzione del ‘700 di Van Wittel Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 29 to anche come Monte dei Cocci, ancora visibile dall’omonimo ponte sulla riva sinistra. In epoca romana questo tratto di sponda era anche conosciuta come Ripa “Marmorata”, poiché vi veniva sbarcato tutto il materiale lapideo, anche pregiato, come statue, colonne, capitelli, che serviva a costruire ed abbellire la Roma imperiale. Dopo la fine dell’impero romano, che si fa risalire convenzionalmente al 476 d.C., la vasta area portuale venne completamente abbandonata e cadde in rovina. Il Monte dei Cocci Il “Monte dei Cocci” è la prima discarica controllata conosciuta, in quanto è costituito interamente da frammenti di anfore accumulati in modo sistematico per oltre tre secoli (140 a.C.-255 d.C.). Rappresenta quindi l’unico “archivio economico” dell’Impero Romano, da cui è stato possibile, con recenti studi, trarre le seguenti informazioni: • il monte è alto 36 m ed occupa una superficie di 37.500 mq • il 95% dei frammenti è costituito da anfore olearie provenienti dalla provincia Betica (l’odierna Andalusia) in Spagna • il numero di anfore accatastate è circa 24.750.000 • il quantitativo di olio trasportato a Roma durante 3 secoli è di 173.250.000 kg. Il secondo porto è quello, ormai scomparso, di Ripetta in corrispondenza di ponte Cavour. L’approdo più antico si fa risalire all’imperatore Aureliano (III sec. d.C.). La trasformazione da semplice approdo in terra battuta a vero e proprio porto fluviale per il collegamento della città con Il complesso monumentale di S. Michele a Ripa 30 Il fiume di Roma nella Storia l’alto bacino del Tevere, con moli, banchine e fontana si deve a Papa Clemente XI che nel 1703 incaricò l’architetto Alessandro Specchi. Il porto rimase attivo fino agli inizi del ‘900 quando fu demolito per lasciare il posto, dapprima ad un ponte provvisorio in ferro, e poi al ponte Cavour, ai muraglioni ed al lungotevere. Le uniche testimonianze rimaste di questo porto settecentesco, costituite dalla fontana e dalle due colonne con le altezze delle piene del fiume, furono sistemate nell’attuale piazza del porto di Ripetta, di fronte al ponte sulla riva sinistra (all’incrocio del Lungotevere con Via della Scrofa). Il terzo porto è stato quello di Ripa Grande, di fronte all’antico porto tiberino che ebbe un notevole sviluppo fino a contare oltre 30 navi al giorno con prodotti agricoli e merci varie. Con la costruzione dei muraglioni, avvenuta nel 1880, sono state completamente cancellate le ultime vestigia del porto fluviale, compreso il caratteristico faro che illuminava la rotta notturna. Le scalinate, ancora oggi visibili, richiamano la presenza dell’antico approdo. L’immenso edificio sovrastante è l’ex Ospizio apostolico di San Michele. In età medioevale la riva destra del Tevere, nel tratto corrispondente all’attuale Porta Portese, era conosciuta come riva romea cioè dei pellegrini che affluivano in gran quantità, soprattutto negli anni giubilari, anche per via marittima, risalendo, dal porto di Fiumicino, il fiume su imbarcazioni trainate a mano o tirate dai bufali per sbarcare dopo un viaggio di due giorni nel grande porto a sud della città. Nel 1842 questo antichissimo sistema di trasporto fu sostituito dai primi rimorchiatori a vapore. Il Porto di Ripa Grande Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 31 Il fiume e le sue acque Acqua e acquedotti Nella Roma antica le risorse idriche erano abbondanti e ben utilizzate. Nei primi quattro secoli dalla fondazione della città, i romani usavano l’acqua del fiume o quella attinta dai pozzi, dalle cisterne e dalle 20 sorgenti che sgorgavano nell’attuale centro storico. Quando nel 312 a.C. Appio Claudio costruì il primo acquedotto, a cui ne sarebbero seguiti altri 13, la città poteva usufruire in abbondanza di acqua corrente per alimentare terme, piscine e fontane, per la pulizia delle strade e dei condotti fognari, e per le varie attività lavorative (quali ceramisti, tintori e mulini ad acqua). Sembra inoltre che fosse possibile per i più ricchi, collegarsi direttamente alla condotte ed usare (sprecandola) una grande quantità di acqua (circa un terzo della portata degli acquedotti). La rimanente acqua era distribuita nei lacus, fontane pubbliche, che erano 591 alla fine del I secolo d.C. I lacus garantivano fino ad un centinaio di litri al giorno per abitante. In età imperiale i vari acquedotti portavano a Roma circa 1.000.000 mc di acqua al giorno.Tale ricchezza, che contribuì notevolmente alla crescita di Roma, fu bruscamente interrotta nel 537 d.C. dal barbaro Vitige che, per espugnare la città assediata, interruppe il flusso di tutti gli acquedotti, flusso che non fu più riattivato per circa 1000 anni. In questo lungo periodo di tempo la popolazione tornò al fiume ed alle sue acque, dapprima forzatamente ma poi, grazie ad un’efficace campagna persuasiva da parte di filosofi ed accademici convinti della bontà dell’acqua, sempre più ben disposti. Le conseguenze furono disastrose sia dal punto di vista igienico sanitario sia sociale ed economico in quanto i papi, anch’essi convinti assertori della potabilità e delle capacità terapeutiche dell’acqua, non vollero più restaurare gli antichi acquedotti. Mestieri ed attività legati al fiume nella Roma antica Battellieri Roma fu, almeno fino a tutto il IV secolo d.C., una delle grandi megalopoli del Mediterraneo. Plinio il Vecchio parla del Tevere come di un “mercante tranquillissimo di ciò che in tutto il mondo nasce”. Autori come Plauto, Marziale e Giovenale, descrivono invece la città come una “grande bottega” dove le grida dei battellieri del Tevere si confondono con quelle dei commercianti e dei mercanti. 32 Il fiume di Roma nella Storia Lavandai I fullones erano i lavandai, rappresentanti di un mestiere che aveva assunto via via una sempre maggiore importanza nella vita urbana, tanto che una lex Metilia del 220 a.C. (del cui contenuto non è rimasta traccia) li riguardava direttamente. I fullones avevano bisogno di grandi quantità di acqua e potevano utilizzare gli acquedotti con speciali esenzioni e agevolazioni. Nel III secolo i fullones vinsero una lunga controversia con il soprintendente agli acquedotti che voleva far loro pagare l’affitto di un luogo pubblico. I mulini La presenza certa nella Roma antica dei mulini risale al 109 d.C., quando l’imperatore Traiano fece costruire un acquedotto per portare l’acqua da Bracciano al colle del Gianicolo, sulle cui pendici sorsero diversi mulini che sfruttavano la caduta d’acqua proveniente copiosa dal monte. Nel 537 d.C. il barbaro Vitige, per espugnare la città, tagliò tutti i 14 acquedotti allora esistenti, per interrompere l’approvvigionamento idrico. Il generale Belisario, difensore della città, trasferì i mulini sul fiume, per sfruttare la for- Mulini galleggianti a valle di Ponte Sisto in una riproduzione del ‘600 di Sadeler Mulini galleggianti ancorati ai piloni di Ponte Cestio in una riproduzione dell’800 di Acquaroni Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 33 za motrice delle sue acque, ancorandoli ai piloni dei ponti dell’Isola Tiberina e a ponte Sisto. Successivamente, con l’aumentare delle macine, si sfruttarono anche i piloni del Ponte Neroniano che, nel frattempo, era andato distrutto. L’attività dei mulini galleggianti cessò completamente con l’ultima disastrosa alluvione del 1870 a cui seguì l’imponente intervento di sistemazione idraulica del fiume. Le aree commerciali lungo il Tevere I mercati più antichi di Roma erano il Foro Boario e il Foro Olitorio, situati presso l’antico Portus Tiberinus. Queste zone mantennero la loro antica vocazione al commercio, in particolare delle derrate alimentari e del bestiame. Si ha segnalazione di un antico emporium presso il Tevere già a partire dal 193 a.C. La posizione centrale del fiume obbligò i romani a sistemare i depositi e i magazzini presso le sponde. Ai piedi dell’Aventino, vicino al fiume, già a partire dal IV secolo a.C. si trovavano i magazzini del sale, in un luogo chiamato salines. Depositi di marmo e di vino si trovavano rispettivamente a Tor di Nona e a Trastevere, mentre altre banchine portuali si trovavano più a nord, presso Ponte Milvio. Presso il molo di Ripetta sembra si trovasse il sito delle Ciconie (le “gru” utilizzate per scaricare le merci), dove nel III sec. d.C. venivano sbarcati i barili di vino. Si formarono anche qui colline artificiali come quella di Testaccio: il Monte Giordano e il Monte Citorio (Mons acceptorius, nome derivato dagli acceptores, impiegati portuali). Il fiume fu il principale veicolo delle materie prime ed attirava numerose attività, localizzate nelle sue immediate vicinanze: dai cantieri navali alla officine dei marmorari a Testaccio, dagli ebanisti agli intagliatori a Trastevere. Le fabbriche di vasellame e ceramiche, che richiedevano acqua e argilla, si trovavano invece ai piedi del Gianicolo e dell’Esquilino (noto per la sua abbondanza di acqua). Le attività più inquinanti si localizzarono invece immediatamente fuori città come quelle per la produzione di mattoni, le fornaci (tranne quella del Laterano), le concerie e le fabbriche di minio. 34 Il fiume di Roma nella Storia Il fiume confinato Lapidi di marmo poste a partire dal 1200 a testimoniare l’altezza delle inondazioni. A sinistra in Piazza della Minerva e a destra sotto l’Arco dei Bianchi di S. Spirito A seguito dell’ennesima disastrosa alluvione avvenuta nel dicembre 1870, al culmine della quale l’acqua raggiunse l’altezza di 17,22 m all’idrometro di Ripetta, equivalente ad una portata di circa 3.300 mc/sec. (piazza del Pantheon fu allagata con 4,5 m d’acqua), il nuovo Governo dell’Italia Unita decise di intervenire drasticamente per risolvere questo secolare problema che affliggeva periodicamente la città. Venne così approvato un complesso progetto di sistemazione idraulica che prevedeva, tra l’altro, la costruzione dei Gli alti muraglioni verticali del Tevere cosiddetti “muri di sponda”, quelli che i romani avrebbero poi sempre chiamato “muraglioni”. Il progetto base, elaborato dall’ing. Canevari e approvato nel 1875, prevedeva i seguenti interventi: • costruzione di una soglia sotto Ponte Milvio • costruzione dei muraglioni per tutto il tratto urbano su ambo le rive 1,2 m più alti del livello di piena del 1870 • allargamento fino a 100 m dell’alveo del fiume • soppressione del ramo sinistro del fiume all’Isola Tiberina • ampliamento del Ponte Sant’Angelo, demolizione del Ponte Rotto all’Isola Tiberina e costruzione di un nuovo ponte (Palatino) Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 35 • rimozione di ruderi ed ostacoli presenti nell’alveo • costruzione di due collettori paralleli alle sponde per la raccolta delle acque reflue • arginatura della riva sinistra fino alla Basilica di San Paolo. I muraglioni del Tevere inclinati a 45° Lungotevere 36 I lavori elencati, iniziati nel 1876, furono ultimati dopo 50 anni, nel 1926, apportando alcune varianti al progetto originario come le arginature inclinate a 45° da Ponte Margherita in su, ma soprattutto salvando l’isola Tiberina e lasciando al fiume il suo andamento originario. Complessivamente venne regolarizzato il corso del fiume nel tratto urbano, allargandolo uniformemente a 100 m e bonificando l’alveo da detriti, ruderi, resti di antichi ponti e mulini galleggianti che ostacolavano il normale deflusso delle acque. Lungo le rive vennero costruite due banchine larghe 8 m per supporto di base ai muri di sponda (i muraglioni) alti 17 m, 1,20 m più alti del livello raggiunto dalla piena del 1870. Infine, al livello superiore dei muraglioni, vennero tracciati i lungotevere, larghi 14 m. Per questi interventi sono stati modificati gli antichi ponti per raccordarli alle nuove rive artificiali, sono state demolite casupole, caseggiati, chiese, palazzi e giardini che si affacciavano sul greto del fiume, nonché vicoli, strade e approdi piccoli e grandi. Se da una parte, con questi imponenti lavori di ingegneria idraulica, le catastrofiche inondazioni sono ormai un ricordo legato alla storia del passato, dall’altra hanno modificato in modo drastico il rapporto della città con il suo fiume avulso ormai dalla vita economica e sociale della popolazione. Il Tevere con le sue acque limacciose ed inquinate lo si guarda oggi distrattamente solo dall’alto e attraversandolo sui ponti. Il fiume di Roma nella Storia I fiumaroli Sulla riva sinistra di Ponte Duca d’Aosta, prima della sua costruzione avvenuta nel 1939, si trovava il famoso stabilimento dei Polverini, frequentato dai “fiumaroli” che avevano l’abitudine di farsi servire il pranzo a mollo nell’acqua. Questo genere di stabilimenti, formati da un capannone e da una serie di capannelle chiuse con stuoie di paglia per sfuggire sguardi indiscreti, era sparso lungo le rive del fiume da Ponte Milvio fino a Ponte Sisto.Tante erano le gesta e le bizzarie dei frequentatori del fiume: riuniti in Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 37 diverse tribù dai nomi pittoreschi, inventavano i tuffi più strani dalle spallette dei ponti o da trampolini montati sui muraglioni, e si sfidavano in gare ed esibizioni natatorie in qualsiasi stagione dell’anno, sulla breve e lunga distanza. La più famosa di queste fu sicuramente quella di Armando Sannibale che nel 1911 scommise e vinse 3.000 lire, nuotando in 20 ore per più di 100 km da Orte a Roma. Ma i fiumaroli erano anche i guardiani del fiume; si ritrovarono infatti impegnati a salvare molti aspiranti suicidi ed inesperti bagnanti. Oggi sopravvivono alcuni gloriosi circoli di canottaggio dai cui galleggianti, ormeggiati lungo le banchine, ancora si staccano gli slanciatissimi barchini per la quotidiana voga. 38 Il fiume di Roma nella Storia Il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte Panoramica del fiume disegnata da G.Vasi nel ‘700 Un fiume di animali, piante, ambienti e… Molto è stato scritto sul Tevere, il fiume che fin dai tempi più antichi viene celebrato per il ruolo che ha avuto nella storia di Roma e dell’umanità. In questa parte della guida si riportano alcune curiosità che sottolineano gli aspetti legati al Tevere in quanto fiume in senso stretto, cioè ambiente naturale che trasporta fango e sedimenti, che favorisce la vita di animali, piante e innesca quel miracoloso e magico intreccio con l’esistenza degli uomini che si stabiliscono sulle sue rive, che da sempre ha legato i “luoghi d’acqua” alla cultura ed alla storia. Il biondo Tevere Il Tevere non ha sempre avuto questo nome: secondo una parte della tradizione latina (tra cui anche Virgilio), anticamente sarebbe stato chiamato Albula, nome la cui origine era forse legata al colore chiaro delle acque, poi trasformato in Tiberis e nella divinità Thybris. Da Cicerone e Virgilio il fiume viene anche detto Tiberinus (o Tebro), con allusione al Dio tiberino, una divinità minore che si identificava con il fiume stesso. Secondo la tradizione romana Tiberinus fu Re di Alba, decimo discendente di Enea, morto combattendo presso il fiume Albula o forse annegato nel fiume, che da allora prese il suo nome. Secondo altri era invece un eroe, figlio di Giano e di Camesena, ninfa del Lazio. Il culto del dio Tiberinus, che spesso era invocato con il nome di pater, fu relativamente tardo; al dio era dedicato un santuario Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 39 Il Ponte Rotto in una riproduzione del ‘700 di G.Vasi sull’Isola Tiberina. L’arte antica raffigura spesso il fiume come una divinità sdraiata su un fianco, barbuta, seminuda, coperta da un drappo (che allude alla corrente) e con una cornucopia, il corno dell’abbondanza, a simboleggiare la ricchezza e la fertilità delle sue acque. Lupi, uccelli ed altri animali Alcuni bellissimi versi dell’Eneide di Virgilio, letti con altri occhi, sono una vera e propria descrizione naturalistica del fiume: raccontano infatti di una corrente ombrosa, vorticosa e bionda per la molta sabbia trasportata, di grasse colture, di un fiume che scorre tra boschi ampi e ricchi di uccelli che volano cantando. E lo stesso Dio Tiberino, che si erge con un glauco manto tra le fronde dei pioppi ed i folti cespugli di canne, dopo essere apparso in sonno ad Enea, e scompare tra l’acqua alta e cerulea, spingendosi verso il fondo. Questa ricca e selvaggia pianura alluvionale, dunque, l’abbondanza d’acqua, i folti boschi, gli stormi d’uccelli e i tanti altri animali che popolavano le colline attorno al corso dell’antico Tevere, sono sempre stati parte integrante della vita del fiume, così come di quella degli uomini. Tutto ciò è testimoniato, indirettamente, anche dall’importanza che animali e piante hanno avuto nella tradizione, nella religione, nella vita quotidiana. Tra i tanti spunti che più sottolineano il profondo legame tra la natura e la cultura delle genti che vissero presso le rive del Tevere, ne sono stati scelti alcuni, come quello famosissimo della lupa. 40 il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte Il Tevere nell’Eneide “E già il mare rosseggiava di raggi e dall’alto etere l’Aurora dorata rifulgeva sulla rosea biga: quando i venti posarono e ad un tratto ogni alito cadde e i remi si affaticano nel lento marmo delle acque. Allora Enea dal mare scorge lontano un ampio bosco. Nel mezzo il Tevere con ameno corrente, con rapidi vortici e biondo di molta sabbia, sbocca nel mare; variegati, intorno e in alto, uccelli avvezzi alle rive e all’alveo del fiume carezzavano l’aria con il canto e volavano per il bosco. Comanda ai compagni di piegare la rotta e di volgere le prue a terra e lieto s’addentra nell’ombrosa corrente del fiume” (Eneide, libro VII) Era notte e un sonno profondo teneva per tutte le stanche creature, gli alati e gli armenti: quando il padre Enea sulla riva, sotto la gelida volta dell’etere, con il cuore turbato dalla guerra funesta, si adagiò lasciando fluire per le membra una tarda quiete. Gli parve che il dio stesso del luogo,Tiberino dall’amena corrente, si ergesse vegliardo tra fronde di pioppo, lo velava un tenue lino con glauco manto e gli copriva la chioma un ombroso cespo di canne; allora parlò così e con queste parole alleviò i suoi affanni: “O stirpe di dei, che riconduci a noi dai nemici la città troiana e serbi Pergamo eterna, o atteso dal suolo laurente e dai campi latini qui è una sicura dimora per te e sicuri (non desistere) Penati; non temere le minacce di guerra: tutti i furori e le ire degli dei dileguarono. Io, che vedi con piena corrente lambire le rive e solcare grasse colture, sono il ceruleo Tevere, fiume gratissimo al cielo. Qui la mia grande dimora, la fonte esce tra eccelse città. Disse, e il fiume disparve nell’acqua alta, spingendosi in fondo; la notte e il sonno lasciarono Enea. Allora vennero la schiera ausonia e le genti sicane, e spesso la terra saturnia cambiò nome; e sorsero re e l’aspro Tibri dal corpo immane, dal quale poi noi italici chiamammo il flume Tevere: l’antica Albula perdette il vero nome. (Eneide, libro VIII) Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 41 La Lupa Strabone racconta che Enea, con il padre Anchise ed il figlio Ascanio, approdò a Laurentum e fondò, un po’ più all’interno, una città a circa 24 stadi dal mare. I racconti su Amulio e Numitore, che avevano ereditato dai discendenti di Ascanio il territorio che da Alba si estendeva fino al Tevere, si collocano invece alcuni secoli più tardi.Amulio, approfittando di un’assenza di Numitore, prese il potere, uccise il figlio del fratello e per impedire che la figlia avesse una discendenza, la costrinse a diventare sacerdotessa vergine della dea Vesta, con il nome di Rea Silvia. La vestale fu invece miracolosamente fecondata da Marte mentre dormiva presso una fonte e, dopo aver dato alla luce due gemelli, fu imprigionata ed i suoi figli furono abbandonati sulle rive del Tevere. La tradizione vuole che i gemelli fossero poi adottati ed allattati da una lupa ai piedi del Palatino, fin quando uno dei guardiani dei porci del luogo, Faustolo, li prese con sé e li allevò dando loro i nomi di Romolo e Remo (o Rhomos, come viene chiamato nei documenti più antichi). Rea Silvia, secondo alcuni, fu gettata nel fiume Tevere (o nell’Aniene), che la accolse facendola diventare sua moglie, secondo altri fu invece liberata dalla prigione dopo la morte di Amulio. La Grotta del Lupercale e i “Lupercali” Ai piedi del Palatino era situata la “Grotta del Lupercale”, dove si riteneva che i due gemelli fossero stati allattati dalla lupa. Qui, inoltre, era anche collocato il ficus ruminalis (termine derivato dal latino arcaico che significa “mammella di animale”). I Lupercali erano antichi riti religiosi romani, forse di purificazione o di fertilità, le cui origini erano fatte risalire a Romolo, che erano però ancora in vigore nel V secolo d.C. Durante la festa due gruppi di uomini detti “luperci” (etimologia ancora incerta, forse “uomini lupo” o “capre lupo” o ancora “quelli che tengono lontani i lupi”), si incontravano nel Lupercale, la grotta sacra ai piedi del Palatino. Qui avvenivano sacrifici animali e complessi riti che sfociavano, dopo un abbondante banchetto, in una corsa sfrenata attorno alla città durante la quale i luperci frustavano, con staffili fatti di pelle di capra, tutti quelli che incontravano lungo il cammino. Molti credevano che la frustata avesse il potere di rendere fecondo chi la ricevesse. 42 il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte Le lupanare La lupa/il lupo ha anche altri significati, come quello di voracità, sia in senso stretto:“avere una fame da lupo”, ma anche in senso simbolico: “lupanare” erano infatti chiamate le meretrici ed i postriboli nell’antica Roma. La Lupa capitolina La Lupa che allatta due gemelli è poi diventata il simbolo della città di Roma. Fino a non molto tempo fa una lupa vera era tenuta in gabbia ai piedi del Campidoglio e la si poteva vedere andare avanti e indietro nell’angusto spazio che le era stato riservato (da qui il detto romanesco ”fare come la lupa del Campidoglio”, per indicare una persona che nervosamente si muove su e giù per una stanza). Lupa capitolina viene anche chiamata la statua, oggi conservata nei Musei Capitolini (datata al V secolo a.C. e forse dovuta ad artisti etruschi), a cui furono successivamente aggiunti, forse ad opera del Pollaiolo, i due gemelli. Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 43 L’osservazione degli uccelli e del cielo nella Roma antica: l’Auspicium La vita politica e religiosa di Roma antica era segnata da un’importante forma di divinazione, lo studio degli auspicia (parola derivata dai termini avis-uccello e specere-guardare) che indicava l’interpretazione del volo, del numero, della posizione, dei richiami e dell’atteggiamento di fronte al cibo degli uccelli. Il termine fu poi esteso ad indicare anche l’osservazione di altri segni divini provenienti dal cielo (fulmini e tuoni, auspicia caelestia) o dal modo di mangiare dei polli sacri nei campi (auspicia pullaria). Da ciò era possibile trarre non il futuro, ciò che doveva ancora avvenire, ma importanti indicazioni sulla volontà divina rispetto alle azioni umane, indicazioni senza cui non era consigliabile intraprendere nulla. L’origine stessa della città pare sia legata ad un auspicium: per decidere chi dovesse fondarla, infatti, Romolo e Remo osservarono il volo degli avvoltoi. Gli àuguri Questa pratica derivava probabilmente dalla scienza etrusca degli àuguri, l’ornitomanzia, cioè l’interpretazione della volontà degli dei attraverso il volo degli uccelli ed era così usata che il termine augur fu usato per designare veggenti, indovini, o profeti. Cicerone, che fu un augure, afferma che quest’arte era diffusa anche in molte culture del vicino oriente. Secondo Omero i grandi indovini sapevano interpretare le azioni degli uccelli, creature a più stretto contatto con gli dei olimpici, e dei serpenti, che rappresentano invece le potenze divine della terra. A Roma questa pratica divinatoria era affidata ad un collegio di augures, uno dei più illustri della città, originariamente composto da cinque membri, poi portati a sedici. In senso stretto gli augures non erano indovini: la loro funzione era quella di scoprire se gli dei erano favorevoli o no ad una determinata azione.Attraverso l’osservazione degli uccelli rapaci, l’augure definiva a parole un’area chiamata templum. Questo termine anticamente non indicava un edificio, bensì una porzione di spazio nel cielo o in terra,“inaugurato”, cioè delimitato e posto in relazione alla divinità dagli augures attraverso un rito speciale e solo quello che accadeva all’interno di questo spazio era considerato significativo. Da questa pratica deriva il nostro inaugurare. 44 il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte I boschi sacri. Gli antichi autori affermano concordemente che i sette colli di Roma erano ricoperti da foreste ed alcuni toponimi non fanno poi che confermarcelo: Laurentino (da laurus-alloro),Viminale (da viminis-vimini), Insugherata (da suber-sughera), etc. La stessa presenza del lupo, connessa strettamente con la storia di Roma, non fa che avvalorare la presenza di estese foreste. Anticamente i boschi erano sacri in quanto si riteneva che vi risiedessero esseri divini e soprannaturali che erano consacrati a qualche divinità che vi aveva un culto specifico, come il bosco sacro di Diana Nemorense ad Ariccia. Al termine della Repubblica esistevano a Roma un certo numero di boschi sacri a testimonianza dell’intimo rapporto con la natura tipica della Roma silvo-pastorale. Tali boschi, naturali o sottoposti a pratiche colturali, costituiscono una testimonianza di quella che doveva essere la vegetazione all’epoca romana. Uno di questi Lucus Fauni, ricopriva l’isola Tiberina ed era con buona probabilità costituita da salici, ontani e pioppi. Il nome è dovuto al tempio dedicato a Fauno che vi fu eretto nel 196 a.C. Il fiume come arteria Il corso del fiume è simile al fluire del sangue nel corpo umano, al fluire della vita dal principio alla fine, dalla nascita alla morte, dalla sorgente al mare. Nelle culture orientali il fiume è in genere concepito come un circuito chiuso, temporale e topografico, mentre nel mondo occidentale romano, è spesso concepito come strada, come una direttrice lineare, una grande via di comunicazione tra i luoghi e le genti, sulla quali si muovevano eserciti, si definivano ingressi e basi. L’estremo modello del corso d’acqua, in questa ottica, era l’acquedotto, massimo risultato dell’ingegneria romana, un ”fiume” piegato a servire le esigenze umane. Il Tevere raccontato e raffigurato: fiume impetuoso e turbolento A partire dal XVI sec. il Tevere ha sempre più assunto fama di fiume capriccioso e imprevedibile, soprattutto a causa delle piene torrenziali che inondavano i quartieri più poveri della città. Il gesuita Giovanni Botero (1544-1617), che fu segretario di S. Carlo Borromeo e scrisse le ”Relazioni universali” ed altri libri (nell’insieme una sorta di trattato di geopolitica ante litteram), visse per molto tempo a Roma e viaggiò a lungo in Italia ed in Europa. Egli confronta il comportamento torrentizio dei fiumi italiani con quello placido dei corsi d’acqua delle Fiandre e dell’Europa settentrionale, che sostenevano un traffico maggiore ed erano veicolo di prosperità. Riprendendo una tradizione classica dei geografi, egli imputa la turbolenza degli italiani alla violenza e all’imprevedibilità dei loro fiumi (Tevere e Arno in particolare), noti tra i fiumi come “acquatici condottieri”, figli di Acheloo e capaci di portare devastazione, oltre che abbondanza e fertilità. Il loro difetto principale consisteva, secondo Botero, nel fatto che l’impetuosità della corrente rompe la loro “viscosità”, cioè quella densità e tensione superficiale che egli ritiene favoriscano il traffico dei natanti. Il Tevere e l’Arno vengono spesso accomunati e sono raffigurati insieme a Roma in due delle quattro fontane fatte realizzare da Papa Sisto V su progetto dall’Arch. Fontana (mai cognome fu più La statua del Tevere nella fontana del Palazzo Senatorio al Campidoglio 46 il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte appropriato) nel crocevia formato da Via XX Settembre,Via delle Quattro Fontane e Via del Quirinale, e nel parco di Villa Lante a Bagnaia (Viterbo), nella fontana dei Fiumi, collegata alla fontana del Diluvio con la famosa catena d’acqua lungo la quale l’acqua scende per un canale di aragoste di pietra. A Roma, in piazza del Campidoglio, il palazzo Senatorio (oggi sede dell’ufficio del sindaco) appare imponente per la scalinata di Michelangelo a due rampe convergenti con al centro una fontana che ha nel mezzo una nicchia con un’antica statua di Minerva (la Dea Roma) e ai lati le colossali statue del Nilo (con la sfinge) e del Tevere (con la lupa), originariamente del Tigri (con la tigre). Sempre a Roma, nei bassorilievi della Colonna Traiana il Tevere è rappresentato come un vecchio barbuto, con i capelli cinti da canne palustri, che si erge sulle onde. A Villa Adriana a Tivoli una statua raffigura invece il Dio Tevere. Il Tevere in una delle fontane di Via Quattro Fontane a Roma Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 47 PONTI CON VISTA: alcuni spunti di osservazione naturalistica Ponte Milvio I ponti di Roma, nati, costruiti e trasformati in epoche diverse, raccontano la storia della città, testimoniando l’evolversi delle diverse civiltà che nel corso dei secoli l’hanno abitata. Ma i ponti consentono anche di parlare della storia naturale del fiume, dell’acqua che incessantemente gli scorre sotto, ora tranquilla, ora con rapide tumultuose, delle piante ripariali che colonizzano le sponde, degli animali che vivono nelle sue acque o sulle rive, delle isole e delle spiagge fluviali. Questa parte della guida vuole appunto fornire una nuova chiave di lettura per scoprire la natura del fiume in città, semplicemente affacciandosi dai ponti che dall’alto offrono inaspettati panorami. Di seguito sono descritte le principali caratteristiche naturalistiche dei ponti presenti all’interno del Grande Raccordo Anulare: ovviamente quelli più periferici mostrano maggiori valori naturalistici, mentre alcuni di quelli in pieno centro città (Duca D’Aosta, Margherita, Umberto I, S.Angelo e Vittorio Emanuele II) non vengono trattati in quanto privi di elementi naturalistici di rilievo. Ponte Castel Giubileo A monte del ponte il fiume forma un ampio bacino artificiale, che si è creato in seguito alla costruzione di una diga per la produzione di energia idroelettrica. Nei pressi della diga le sponde del fiume sono colonizzate da diverse specie di salici (salice bianco, salice rosso) e di pioppi (pioppo bianco, pioppo nero, pioppo del Canada), mentre più rari 48 Ponti con vista Ponte Castel Giubileo e localizzati appaiono l’ontano comune e la tamerice maggiore. I canneti a cannuccia di palude ed i popolamenti a lisca maggiore, intervallati dalle localizzate e splendide fioriture del giaggiolo acquatico, sono invece distribuiti in modo più continuo lungo questo tratto e costituiscono l’habitat preferenziale di nidificazione e rifugio per diverse specie di uccelli acquatici quali la gallinella d’acqua, il cannareccione, la cannaiola ed il tarabusino. La maggior parte delle oltre 600 specie di piante associate all’habitat acquatico e ripariale presenti a Roma, risulta per lo più concentrata in questo tratto del fiume, a monte della confluenza con l’Aniene. cannuccia salice gallinella d’acqua tifa pioppo Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 49 Ponte Tor di Quinto Ponte Tor di Quinto Lungo le sponde, in questo tratto di fiume, tra piccoli lembi di canneto, nidifica il tarabusino, un airone elusivo e di piccole dimensioni, che trascorre l’inverno in Africa, a sud del Sahara. Con un po’ di fortuna si può osservarlo mentre, posato su una cannuccia o su un sasso, è in attesa di possibili prede come piccoli pesci, anfibi ed insetti. Sempre in primavera, tra i canneti è possibile udire il canto aspro e cigolante della cannaiola, un passeriforme color sabbia, che costruisce il nido a forgia di canestro, intrecciandolo a 3 o 4 cannucce. Durante l’inverno sono gli aironi cenerini e le garzette a frequentare le rive, lasciando le loro caratteristiche impronte sul fango. Tra le piante di ambiente palustre si possono osservare il sedano d’acqua, il crescione, la canapa acquatica, il giaggiolo acquatico e la veronica beccabunca. I carici ed i giunchi, anche se presenti, sono in regresso mentre in forte tarabusino airone cenerino cannaiola 50 Ponti con vista morso di rana garzetta espansione appare una specie esotica nordamericana, la forbicina frondosa (Bidens frondosa). Anche le piante strettamente acquatiche sono localizzate per lo più in questo tratto di fiume come diverse specie del genere Potamogeton, tra cui la resistente brasca delle lagune, il ceratofillo, la lenticchia d’acqua e la rarissima morso di rana. Ponte Flaminio Ponte Flaminio Da questo ponte si osservano lembi di vegetazione ripariale, per lo più alberi isolati di salice bianco, scampati alle trasformazioni ambientali che hanno coinvolto le rive del fiume trasformandole spesso in orti, giardini e campi da gioco. Anche in queste aree degradate, purché a contatto con ambienti naturalisticamente più integri, è possibile fare incontri interessanti con alcuni anfibi come la raganella, il rospo comune e, limitatamente ad alcune zone, il Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 51 rospo comune cormorano raganella rospo smeraldino. Questo tratto di fiume è frequentato anche dai cormorani, che qui catturano pesci anche di grandi dimensioni. Questi caratteristici uccelli acquatici hanno di recente stabilito un dormitorio invernale anche nella zona nord del Tevere, all’altezza dell’Aeroporto dell’Urbe. Ponte Milvio Le rapide che caratterizzano il fiume a valle del ponte, rompono il lento flusso delle acque. Questi salti sono creati da un’ampia soglia artificiale, costruita nel 1964 per permettere l’accumulo di sabbia sul greto del fiume, garantendo così la stabilità del ponte stesso minacciato dall’erosione del fondale. L’erosione dell’alveo fluviale, che negli ultimi 100 anni si è approfondito di circa 1-2 m, caratterizza tutto il corso del Tevere nel suo tratto urbano.Tale fenomeno è causato sia dalla realizzazione di opere fluviali quali la rettifica di tratti di fiume (i drizzagni) e le arginature rigide (i muraglioni), sia Rapide a Ponte Milvio 52 Ponti con vista dalla diminuzione del trasporto di sedimenti determinata dalla presenza di sbarramenti a monte (all’interno di tutto il bacino del Tevere vi sono ben 23 dighe di sbarramento) e dal prelievo sul fondo di sabbia e ciottoli. Tutto ciò ha condotto negli ultimi 40 anni a una riduzione del pipistrello materiale solido, trasportato dall’acqua, da 10 milioni a 0,37 milioni di tonnellate all’anno. A Ponte Milvio il progressivo abbassamento del livello dell’alveo ha portato all’affioramento di lampreda di mare antichi ruderi e manufatti ben visibili a valle delle rapide. Lungo le rive è presente una consistente fascia di vegetazione ripariale con salici bianchi, pioppi e lembi di canneto. E’ proprio in questo tratto di fiume che è stata recentemente ritrovata la lampreda di mare, che trascorre lo stadio larvale infossata nei sedimenti fluviali, filtrando l’acqua alla ricerca di cibo. Dopo circa 5-6 anni trasforma le sue abitudini divenendo un “parassita”; migra in mare per alimentarsi e torna in primavera alle acque dolci del fiume solo per la riproduzione. In primavera ed estate, all’imbrunire, è possibile assistere all’uscita in volo, dalla torre del ponte, di gruppetti di pipistrelli della specie più comune a Roma: il pipistrello albolimbato. E’ uno spettacolo osservarli mentre cacciano gli insetti, abbondanti anche grazie alla presenza del sottostante ambiente fluviale, con il loro volo imprevedibile ed apparentemente incerto. Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 53 Ponte Risorgimento Ponte Risorgimento In questo tratto di fiume le sponde sono tra quelle meglio conservate all’interno della città. La vegetazione ripariale appare rigogliosa ed è costituita prevalentemente da salice bianco, con esemplari di pioppo bianco, pioppo nero ed ontano comune. Qui nidifica il pendolino, un acrobatico uccelletto che costruisce un complicato nido a forma di fiasco che àncora ai rami di salice, facendolo “penzolare” sospeso sull’acqua. E’ il maschio che lo costruisce in 20-25 giorni ma, se non è di gradimento della femmina, ha inizio la rapida costruzione di un nuovo nido, stavolta ad opera di entrambi i partner che, nel giro di circa una settimana, completano l’opera. Il richiamo è un sottile, ripetuto e percettibile tsziuuuuuu. Con un po’ di attenzione si può osservarlo muoversi tra le fronde degli alberi. In questo tratto di fiume nidificano anche la gallinella d’acqua e il germano reale la cui femmina è facile da vedere seguita da una nutrita schiera di pulcini nati da pochi giorni. Lungo la sponda sinistra, tra ponte Risorgimento e ponte Matteotti, è presente un’oasi del WWF con un percorso naturalistico. gallinella d’acqua germano reale 54 Ponti con vista Ponte Matteotti Ponte Matteotti In prossimità del ponte, al di sotto del Lungotevere delle Navi, si estende per circa 5.000 mq un’oasi di protezione del WWF Italia. La vegetazione è particolarmente rigogliosa: salici, allori, pioppi, olmi insieme a platani e ad alberi da frutto giunti qui grazie ai semi trasportati dal fiume hanno ricolonizzato le rive dopo la costruzione degli argini in muratura. Tra gli ospiti più vistosi va segnalata la presenza di un uccello particolarmente colorato, il martin pescatore, caratterizzato da dorso e fronte di un colore verde-azzurro cangiante, parti inferiori di color arancione vivo, ed una “voce” simile ad un sottile fischio stridulo. In questo tratto di fiume, il momento più facile per osservarlo è quando, durante i mesi invernali, vi si insedia una popolazione di circa 20 individui. Per nidificare scava delle piccole gallerie orizzontali negli argini di fango e quindi preferisce i tratti naturali, privi di strutture in pietra. Ciononostante una coppia nidifica anche in questo tratto: è uno spettacolo osservarli mentre cacciano piccoli pesci, insetti e girini, tuffandosi ripetutamente in acqua, catturandoli con il becco per portarli poi, ad intervalli regolari, ai piccoli. In primavera il ponte è un ottimo punto di avvistamento anche per osservare i voli dei rondoni e dei balestrucci che se ne vanno a caccia di insetti sul fiume. martin pescatore Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 55 Ponte Pietro Nenni Anche da questo ponte è possibile veder sfrecciare il martin pescatore, un uccello dal piumaggio molto colorato che, dal sito di nidificazione, si sposta per alimentarsi anche in altri tratti del fiume. E’ caratterizzato da dorso e fronte di un colore verdeazzurro cangiante, parti inferiori di color arancione vivo, ed una “voce” simile ad un sottile fischio stridulo. Lungo la riva destra, che conserva ancora un aspetto quasi inalterato, nidifica il germano reale facile da osservare, tra aprile e maggio, mentre nuota nell’acqua con i piccoli al seguito.Anche il cormorano ha il territorio di pesca in questo tratto di fiume: è un infaticabile tuffatore e, con un po’ di pazienza, è possibile vederlo riemergere con una piccola anguilla guizzante nel becco oppure quando sosta su un ramo o un sasso ad asciugarsi con le ali spalancate. A completare la ricchezza faunistica di questo tratto di fiume, si segnalano come ospiti abituali l’airone cenerino, la garzetta, la nutria e la tartaruga americana. Sugli argini in muratura è possibile osservare le due specie di lucertole presenti a Roma: la lucertola muraiola e la lucertola campestre. Quest’ultima è la meno esigente tra le due da un punto di vista ecologico e pertanto riesce a colonizzare anche gli habitat più degradati. airone cenerino 56 Ponti con vista Ponte Cavour Le alluvioni Nell’arco di tempo che va dal 414 a.C., data in cui si hanno le prime notizie sulle inondazioni del Tevere, al 1937, si sono verificate circa 90 inondazioni. Questi eventi erano spesso accompagnati da strane visioni di serpenti ed immensi dragoni emergenti dalle acque limacciose del fiume. Molto più realisticamente causarono sempre ingenti danni alla città e lutti per epidemie e pestilenze. A partire dal 1782 si iniziò a segnare le fluttuazioni del livello del fiume; tali osservazioni divennero più sistematiche con l’installazione al porto di Ripetta, nel 1821, dell’idrometro, costituito da lastre di marmo graduate in metri e centimetri, su cui venivano fatte letture giornaliere. Con lo smantellamento del porto e la costruzione dei muraglioni le aste idrometriche furono spostate: quelle che segnano il livello fino a 18 m sono tuttora ubicate sul muraglione vicino alle scalette che scendono sulla banchina sinistra, a monte del ponte. Le aste più alte sono state riposizionate sulla parete esterna destra della chiesa di San Rocco. Asta idrometrica della Chiesa di S. Rocco: i diversi livelli di piena segnati sull’asta sono effettivamente le altezze raggiunte dal fiume nel corso del tempo. Ponte Principe Amedeo L’acqua Lancisiana Fin dal 1580 si parlava delle ottime qualità terapeutiche di un’acqua che sgorgava sulla riva destra del Tevere in prossimità dell’attuale ponte. Nel 1720 Lancisi, medico curante dell’allora Papa Clemente XI, canalizzò tutto il percorso naturale della sorgente, dalle pendici del Gianicolo, fino alle immediate adiacenze dell’ospedale Santo Spirito, costruendo una splendida fontana con pubblico accesso. Cento anni dopo la fontana fu chiusa al pubblico per essere utilizzata ad esclusivo uso dell’ospedale.A seguito delle proteste dei trasteverini, nel 1830 fu costruita una nuova, piccola fontana a lato dell’ospedale, da cui tornò a sgorgare una parIl Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 57 Quel che resta dell’Acqua Lancisiana te dell’acqua terapeutica. Un ulteriore allargamento dell’ospedale, nel 1863, determinò lo spostamento della fonte fin quasi di fronte a Palazzo Salviati. Infine nel 1897, con la sistemazione degli argini del Tevere, l’acqua terapeutica tornò a scorrere, ancora per pochi decenni, da due nicchie ricavate a mezza altezza dei muraglioni, a cui si accede tuttora attraverso due scale simmetriche. Dagli anni ‘50 l’acqua non sgorga più dalla fontana a causa dell’inquinamento della falda. Ponte Mazzini Ponte Mazzini gabbiano 58 Ponti con vista Da questo ponte con un po’ di pazienza si possono vedere sfrecciare, a volo radente sul pelo dell’acqua, i cormorani ed i gabbiani. Questi caratteristici uccelli acquatici risalgono il Tevere verso l’interno alla ricerca di territori di alimentazione. Ponte Sisto Ponte Sisto La caratteristica architettonica del ponte è il grande foro perfettamente circolare, realizzato sul pilone centrale per consentire il deflusso delle acque durante le piene. Questa apertura, ribattezzata dai romani “l’occhialone”, è sempre stata presa come riferimento per l’allarme alluvione che scatta nel momento in cui le acque del fiume in piena iniziano a defluire attraverso di essa. Ponte Garibaldi L’Isola Tiberina La leggenda vuole che, ai tempi della cacciata dei Tarquini da Roma, l’isola sia nata dall’accumulo di fango sui covoni di grano del re Tarquinio il Superbo, gettati in acqua dalla popolazione infuriata. In realtà è un isola fluviale costituita da depositi alluvionali di sabbia, limo e ghiaia. Fonti antiche riportano che durante una pestilenza, nel 293 a.C., non riuscendo a debellare la malattia, una commissione di saggi salpò verso Epidauro in Grecia per recarsi nel tempio del dio della medicina, Esculapio. Qui ricevette dai sacerdoti uno dei serpenti sacri che venivano allevati per essere venduti come propiziatori di salute. Sulla via del ritorno, mentre la nave risaliva il Tevere, il serpente si gettò dalla triremi e si Isola Tiberina Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 59 nascose sull’isola dove venne eretto il tempio dedicato ad Esculapio, con annessi edifici per accogliere i malati da curare. A memoria di quella missione, nel I secolo a.C., all’isola fu data la forma di nave con la prua rivolta verso valle in onore del dio e del suo simbolo sacro,il serpente. L’isola è stata fin dall’antichità un luogo di cura per tutti i malati soprattutto gli appestati che L’Isola Tiberina venivano portati qui per trasformata in nave in una isolare il morbo e limitariproduzione di L. Giacomo re il contagio. di fine ‘500 Ancora oggi è in piena attività l’Ospedale Fatebenefratelli edificato nella metà del ‘500 dall’Arciconfraternita. L’isola fu scelta come Sorgente luogo di cura, non solo nella Chiesa di S.Bartolomeo perchè così circondata dal fiume garantiva l’isolamento dalla città, ma anche per la presenza di un’acqua terapeutica che veniva attinta da un pozzo ancora esistente nella chiesa di San Bartolomeo all’isola. Ponte Cestio Le rapide che caratterizzano i due bracci del fiume rompono il lento flusso delle acque, creando uno spettacolo suggestivo. Questi salti non sono naturali ma provocati da un’ampia soglia artificiale esistente sotto ponte Garibaldi, costruita per limitare l’erosione progressiva dell’alveo e quindi lo scalzamento delle opere murarie, oltre che per ridurre il diverso regime di flusso esistente tra i due bracci del fiume. Ponte Cestio 60 Ponti con vista Rapide all’Isola Tiberina L’erosione dell’alveo fluviale, che negli ultimi 100 anni si è approfondito di circa 2 m, caratterizza tutto il corso del Tevere nel suo tratto urbano, causato prevalentemente dai seguenti fattori: • realizzazione di opere fluviali quali la rettifica di tratti di fiume (i drizzagni) e le arginature rigide (i muraglioni) • diminuzione del trasporto di sedimenti determinata dalla presenza di sbarramenti a monte (all’interno di tutto il bacino del Tevere vi sono ben 23 dighe di sbarramento) • prelievo dal fondo di sabbia e ciottoli. Tutto ciò ha portato negli ultimi 40 anni a una riduzione del materiale solido trasportato dall’acqua: da 10 milioni a 0,37 milioni di tonnellate all’anno. Ponte Fabricio Nel 109 d.C. l’imperatore Traiano fece costruire un acquedotto per portare l’acqua da Bracciano al colle del Gianicolo, sulle cui pendici sorsero diversi mulini che sfruttavano la caduta d’acqua proveniente copiosa dal monte. Quando nel 537 d.C. il barbaro Vitige, per espugnare la città tagliò tutti e 14 acquedotti che portavano acqua a Roma, i mulini furono trasferiti sul fiume. Luogo ideale fu l’isola Tiberina che, con i suoi due rami laterali in Ponte Rotto e l’Isola Tiberina Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 61 Insabbiamento del ramo sinistro del fiume Tevere in una immagine d’epoca cui il flusso dell’acqua era più violento, possedeva le caratteristiche idrauliche idonee per sistemare queste strutture galleggianti. In un censimento del 1746 se ne contavano ben otto, tutti a ridosso dell’isola, ancorati ai piloni dei ponti o nelle immediate vicinanze. L’attività dei mulini tiberini cessò completamente con l’ultima disastrosa alluvione del 1870. La tendenza all’insabbiamento del ramo sinistro del fiume, favorita dalla presenza di ruderi semi sommersi e dai numerosi mulini che impedivano il regolare deflusso delle acque, fece ipotizzare, nel progetto di sistemazione idraulica del fiume nel 1870, la completa soppressione di questo ramo fluviale. Se fosse stato attuato, il bellissimo panorama dell’isola sarebbe oggi solo un ricordo del passato. Ponte Palatino Lungo il Tevere, i muraglioni, le pareti delle banchine e le scalette di accesso al fiume sono colonizzate da piante quali il capelvenere, la parietaria, il grespino sfrangiato, la veronica a foglie di cymba- Ponte Rotto e Ponte Palatino 62 Ponti con vista laria, il ciombolino, la valeriana rossa e due specie di ombelico di Venere. La pianta che però maggiormente caratterizza i muraglioni del Tevere è una specie esotica nordamericana che ha colonizzato la città nella prima metà del 1900, la Cespica karvinskiana che predilige le pareti rocciose umide. Sui ruderi del Ponte Rotto è poi possibile riconoscere una pianta rampicante, tipica dell’ambiente mediterraneo e conosciuta per le sue numerose proprietà fitoterapeutiche e per l’uso in gastronomia, il cappero. I semi di questa pianta vengono dispersi ad opera di una piccola vespa tipica delle regioni mediterranee, la Vespula germanica. Cespica karvinskiana cappero Ponte Sublicio A volte è possibile osservare lungo gli argini del fiume, per lo più durante il periodo autunnale ed invernale, aironi cenerini e garzette che scrutano tratti di basso fondale, alla ricerca di pesci, piccoli invertebrati e rane di cui alimentarsi. Ponte Sublicio Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 63 garzetta airone cenerino Se ne stanno immobili fino a quando la preda è a tiro di becco per poi far saettare fulmineamente il collo. Ponte Testaccio E’ uno dei ponti migliori per osservare durante l’inverno l’andirivieni dei cormorani. E’ dal 1985 infatti che gruppi più o meno consistenti di questa specie hanno deciso di passare i loro inverni sul Tevere, dentro cormorano Roma, per poi tornare a primavera nelle aree di nidificazione centro e nord europee. Durante il giorno è facile osservarli mentre si spostano lungo il fiume alla ricerca di tratti pescosi. Così la loro sagoma scura, compare e scompare dal pelo dell’acqua e spesso capita di vederli riaffiorare con un bel pesce nel becco, per lo più anguille, carpe, cavedani e rovelle che, dopo qualche tentativo, riescono ad ingoiare per intero. Dopo aver pescato si lasciano asciugare le penne al sole, fermi, ad ali distese, su un sasso o su un ramo. All’imbrunire invece tendono tutti a radunarsi sugli alberi (pioppi o salici) in particolari zone del fiume per passare insieme la notte. Il “dormitorio” maggiormente frequentato è situato lungo il fiume, nei pressi della Magliana, in corrispondenza della località Tor di Valle; qui sono stati censiti anche oltre 1200 cormorani (gennaio 1995), ma attualmente stanno diminuendo. Ponte dell’Industria Da questo ponte, oltre a lembi di vegetazione ripariale costituiti da salici e pioppi, è facile osservare, durante l’inverno, gruppetti di cormorani che si alimentano di pesci, immergendosi ripetuta64 Ponti con vista Ponte dell’Industria mente in acqua. Provengono dal dormitorio situato nei pressi della Magliana, dal quale si dipartono durante le prime ore del mattino, per andare ad alimentarsi lungo tutto il corso del fiume, per poi farvi ritorno all’imbrunire. Ponte Marconi In questo tratto di fiume, sono presenti lembi di canneto e piccoli nuclei di salice, mentre nei tratti golenali è possibile ascoltare il cupo richiamo del rospo comune o quello più gracidante della rana verde. Questi anfibi sono spesso insidiati da un innocuo serpente acquatico, la biscia dal collare. Nonostante l’elevato tasso d’inquinamento, è presente anche un’abbondante fauna ittica, tra cui alcune specie decisamente rare come il barbo e la lampreda di fiume. Queste specie, decisamente esigenti dal punto di vista ecologico, stanno lasciando il passo a quelle più resistenti come il cefalo, il cefalo calamita e la rovella. Dal ponte è abbastanza semplice osservare la nutria, un grosso roditore originario del sud America ed importato in Italia a partire dagli anni ‘40 come animale da pelliccia. E’ un abilissimo e prolifico nuotatore, che scava delle tane lungo gli argini fangosi delle rive. La sua predilezione alimentare per i canneti la rende una specie estremamente danno- Ponte Marconi Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 65 sa in quanto ha contribuito alla diminuzione di questo habitat essenziale per la nidificazione e la sosta di numerose specie di uccelli acquatici. barbo rospo comune lampreda nutria 66 ponti con vista Il Tevere: la grande speranza Oggi la quotidianità dell’uomo non si intreccia più con la natura che lo circonda: la mancanza di dipendenza da essa che caratterizzava la vita dei nostri predecessori ne ha modificato sostanzialmente la percezione. Il Tevere è un esempio emblematico: come sono lontani i tempi in cui questo fiume consentiva e garantiva, in modo sostenibile, lo svolgimento di numerose attività legate a tutti gli aspetti della vita cittadina e contadina, dal trasporto alle attività lavorative, dal sostentamento allo svago. Oggi, invece, questo fiume viene ampiamente sfruttato per scopi irrigui, idroelettrici industriali, rischiando di essere trasformato in una sorta di collettore a cielo aperto dell’intero sistema fognario della città di Roma.Tali utilizzi si sono sempre più intensificati nel corso dei decenni fino ad ostacolare i naturali fenomeni di autodepurazione ed il mantenimento degli equilibri biologici. Questo degrado generale delle condizioni del Tevere sta avendo delle ricadute pericolose anche di tipo ecologico in quanto il fiume e le sue rive rappresentano l’habitat ideale per numerosissime specie vegetali e animali che grazie a questa sorta di “autostrada naturale” riescono a penetrare anche in un ambiente urbanizzato come la città di Roma. Le recenti morie ittiche verificatesi nel fiume Tevere sono una sorta di campanello di allarme e testimoniano i rischi che corre uno dei fiumi più importanti d’Italia. Il 16 luglio 2002 nel Tevere urbano si è infatti verificato il più grave fenomeno di moria di pesci mai registrato negli ultimi anni. Uno shock visivo, emotivo e soprattutto ambientale che, come una sferzata, deve portare a riflettere prima e ad agire subito Moria di pesci nel Tevere Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 67 La Riserva Naturale di Nazzano Tevere-Farfa dopo con chiarezza di vedute e decisione. Non si può trascurare, infatti, che il miglioramento della qualità dell’acqua, la salute dei nostri mari, il restauro della bellezza del paesaggio passa attraverso il risanamento degli ambienti fluviali. Un giorno lo storione deve poter tornare a nuotare nelle acque del biondo Tevere, simbolo di un ritrovato equilibrio fra uomo e natura. Forse può sembrare un’utopia ma basta spostarsi pochi chilometri a nord di Roma, nella Riserva Naturale Tevere-Farfa, per comprendere come sia possibile una gestione integrata dell’ecosistema fiume. Un progetto molto ambizioso, dunque, da affrontare con tenacia ed umiltà tenendo conto della complessità della sua articolazione determinata anche dalle molteplici competenze istituzionali che sul Tevere esistono. Un primo passo importante è certo quello di riavvicinare i cittadini al loro fiume perché possano viverlo nuovamente attraverso un percorso emozionale, culturale e conoscitivo. Abbandonare la macchina, scendere sull’argine ed imbarcarsi per navigare il fiume è oggi possibile anche a Roma, non solo nel tempo libero, ma anche nella quotidianità fatta di spostamenti abituali e frequenti tra casa, ufficio, scuola. La navigazione sul Tevere inaugurata nella primavera del 2003 offre infatti ai cittadini un’occasione nuova per avvicinarsi al fiume ed alla sua vita ottimizzando e qualificando quei cosiddetti noiosissimi tempi morti. Se è vero che i fiumi inquinati e degradati respingono decisamente, è altrettanto vero che l’acqua pulita o ritornata tale, piena di vita attrae irresistibilmente e riassume uno spazio storione 68 il Tevere: la grande speranza importante nella nostra vita. Il fiume non è dunque solo acqua che scorre. In questa acqua ancora oggi può essere racchiuso il senso della continuazione della vita. La conservazione dell’ecosistema fluviale in termini di qualità delle acque e salvaguardia delle specie non è solo il principale obiettivo, ma rappresenta la grande speranza di riconciliare l’uomo, con i suoi elementi vitali, fra tutti l’acqua. E chissà che un giorno Roma non veda la nascita di un “Parco fluviale della città”. Il servizio di navigazione del Tevere Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 69 Per saperne di più: L. C. Grapow, 1995.Atlante della Flora di Roma. Comune di Roma - Ufficio Tutela Ambiente. Università di Roma “La Sapienza”. Argos Edizioni. Cignini & Zapparoli, 1996. Atlante degli Uccelli nidificanti a Roma. Comune di Roma. Ufficio Diritti Animali Comune di Roma. Fratelli Palombi Editori. Bologna M.A., Carpaneto G.M., Cignini B., 1997. Atti del 1° Convegno nazionale sulla Fauna Urbana. Comune di Roma, Ufficio Diritti Animali. Università degli Studi “Roma Tre”. Fratelli Palombi Editori AA.VV. 1997. La Fauna della Città di Roma. Ecologia Urbana Anno 9, n°2-3 Ufficio Diritti Animali Comune di Roma. Maria Pacini Fazzi Editore. AA.VV., 1997. Relazione sullo stato dell’ambiente a Roma. Anno 1997. Comune di Roma. Maggioli Editore. Cignini B., Massari G., Pignatti S., 1995. L’ecosistema Roma. Ambiente e territorio. Comune di Roma, Ufficio Tutela Ambiente - Ufficio Diritti Animali. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Fratelli Palombi Editori. 70 Marevivo per il fiume Tevere Pag. 5 Il fiume di Roma tra storia e natura Pag. 7 Il Tevere e la natura Pag. 9 Il fiume di Roma nella storia Pag. 20 Il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte Pag. 39 Ponti con vista: alcuni spunti di osservazione naturalistica Pag. 48 Il Tevere: la grande speranza Pag. 67 Per saperne di più Pag. 70 Finito di stampare dalla Ramberti Arti Grafiche nel mese di maggio 2003