antartide: la casa è in fiamme

Transcript

antartide: la casa è in fiamme
ANTARTIDE: LA CASA È IN FIAMME
Mercoledì 08 Aprile 2009 01:05
di Mario Braconi
Davanti al palazzo in cui, nel luglio del 2008, si è tenuto un Summit sui cambiamenti climatici
organizzato da The Guardian, un gruppo di persone ha manifestato contro E.On, mostrando
divertenti cartelli (E.On/F-Off, con un gioco di parole efficace ma purtroppo intraducibile,
pressappoco: “E.On, va a farti fottere”, oppure, più bonariamente, “sfida E-On!”). La
multinazionale dell’energia, infatti, pur essendo sponsor della manifestazione, aveva in
programma (e non sembra abbia cambiato idea) di rimpiazzare la vecchia centrale a carbone di
Kingsnorth, a Medway, nel Kent, con una nuova struttura, sempre a carbone. Secondo gli
ecologisti (ma anche secondo ogni persona di buon senso, se correttamente informata) questa
di Kingsnorth è una pessima idea: la ONG World Developement Movement ha dichiarato che la
centrale rilascerà in atmosfera una quantità di CO2 superiore a quella prodotta dal Ghana; della
stessa idea è James Hansen, capo del NASA Goddard Institute of Space Studies: “Un solo
stabilimento con una vita utile di diverse decine di anni distruggerà gli sforzi di milioni di cittadini
per ridurre le loro emissioni”. Hansen è uno scienziato che unisce al rigore scientifico (è uno
dei più grandi esperti mondiali si studi sull’atmosfera) una notevole libertà di pensiero: nel
giugno del 2008, in un’intervista ad un quotidiano dichiarò: “Gli amministratori delle grandi
società che vendono combustibili fossili dovrebbero essere messi sotto processo per crimini
contro l’umanità e la natura, […] in quanto si dedicano attivamente ad un’attività di
disinformazione diretta a seminare dubbi sulla realtà del riscaldamento globale; una tecnica
identica a quella delle società del tabacco, che tentano di creare confusione sulla relazione
causale tra fumo e sviluppo di tumori. Credo non si possa che parlare di delitto quando
l’amministratore delegato di un primario operatore diffonde menzogne anche per il tramite di
organizzazioni che mettono il loro zampino nelle redazione dei testi scolastici”.
Ad aprile del 2008 Hansen, assieme ad altri otto scienziati, ha pubblicato una ricerca sugli
effetti riscaldamento che, anziché concentrarsi sulla costruzione di complessi modelli
previsionali, ha tentato di inferire i cambiamenti climatici analizzando quelli avvenuti nel
passato. Il rapporto ha condotto a risultati sorprendenti quanto preoccupanti: trenta milioni di
anni fa, la concentrazione di CO2 era di 450 parti per milione: “Se continuiamo a mantenere un
livello di 450 ppm, probabilmente tutto il ghiaccio si scioglierà, il che equivale ad un aumento del
livello del mare di 75 metri.” Il livello di 450 ppm è stato a lungo indicato dagli esperti (tra cui lo
stesso Hansen) come quello “sostenibile” per il pianeta. Col candore del vero scienziato, oggi
Hansen ammette di aver preso un granchio: “Ora comprendo che mi ero sbagliato: le soglie che
ci siamo dati sono ci condurranno inevitabilmente ad un disastro”.
Per inciso, Hansen ha denunciato di aver subito, ai tempi di Bush, indebite pressioni tanto
dalla NASA che dal Governo degli Stati Uniti, preoccupati che i dati sulla catastrofe annunciata
del riscaldamento del globo potessero minacciare gli interessi della lobby del petrolio, di cui
l’“amico” George W. era ostaggio. Per usare le parole di Hansen, “non è questione di volontà
1/2
ANTARTIDE: LA CASA È IN FIAMME
Mercoledì 08 Aprile 2009 01:05
politica, ma di influenza dei ‘mocassini di coccodrillo’ (cioè dei lobbisti); il fatto è che, a
Washington, più che la democrazia parla il denaro”.
Hansen è tra i “profeti” che, in un contesto politico globale in cui, anche grazie alle resistenze
degli USA, si fa fatica a coagulare un consenso perfino sui 450 ppm (chiaramente insufficienti),
vorrebbe vedere un livello massimo di CO2 di 350 ppm (all’inizio dell’Era Industriale eravamo a
280 ppm, oggi a 385); mentre il Regno Unito si appresta (sia pur tra veementi proteste) ad
inaugurare una nuova, gigantesca centrale a carbone da 1940 MW, sostiene convintamente la
moratoria sulla costruzione di nuove centrali di questo tipo: “Si cominciano a vedere i
cambiamenti e c’è il potenziale per cambi climatici esplosivi, con effetti irreversibili, se non
riusciamo a ridurre rapidamente le emissioni da combustibili fossili nei prossimi decenni.”
Purtroppo l’evidenza scientifica dimostra che Hansen non è un visionario: il riscaldamento ai
Poli sta avvenendo ad una velocità di molto superiore a quanto si è calcolato finora. Il dato più
recente è il collasso di un “ponte” di ghiaccio che, in Antartide, collegava una superficie di pack
delle dimensioni della Giamaica alle isole Charcot e Lacady: evento registrato l’altro ieri dagli
occhi elettronici e distanti del satellite europeo Envista. “E’ incredibile il modo in cui il ghiaccio si
è disintegrato. Solo due giorni fa era intatto” - ha dichiarato David Vaughan, esperto di British
Antarctic Survey, al quotidiano The Independent. Il collasso del pack antartico è un evento
preoccupante non tanto per il suo effetto sul livello del mare, ma soprattutto perché denota la
velocità con cui il riscaldamento si stia facendo sentire in questa parte del mondo: è ormai
chiaro che i modelli attualmente in uso, come quelli utilizzati da IPCC (Intergovernmental Panel
on Climate Change), non sono adeguati a spiegare quanto sta accadendo. Non di un
mutamento graduale si tratta, infatti, ma di un salto quantico: è come se l’accumularsi di una
serie di fenomeni fisici avversi abbia prodotto la “tempesta perfetta” che ha ormai raggiunto una
massa critica.
Hansen, che è molto scettico sulle metodologie adottate da IPCC, spiega: “Se il ghiaccio
dell’Oceano Artico si scioglie, il mare assorbe un quantitativo superiore di luce solare,
accelerando così il processo di scioglimento del ghiaccio (fenomeno definito albedo flip, ndr).
Quando si scioglie la tundra, viene rilasciato metano, uno dei gas che producono l’effetto serra,
che a sua volta accelera lo scioglimento del ghiaccio. Il cambio di clima stermina intere specie
animali, gli ecosistemi collassano, distruggendo altre specie.”
Come si vede, si tratta di fenomeni con un potenziale distruttivo altissimo e che devono essere
affrontati dalla politica senza indugi: altro che “green wash” (la pratica mediante la quale nei
programmi si dà giusto una spruzzatina di ambientalismo): servono misure vere, concrete,
serie. Il mondo deve capire: il riscaldamento climatico può rivelarsi più devastante della crisi
economica e perfino della guerra. Le parole Obama ha pronunciato neanche una settimana
dopo aver assunto l’incarico (“il cambiamento climatico lasciato senza controllo può condurre ad
una “catastrofe irreversibile”) sembrano un buon punto di partenza. Speriamo che seguano i
fatti.
2/2