gennaio 2013

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gennaio 2013
enmigrinta
Opponiamoci alle leggi razziste!
gennaio 2013
Pagina 1: Notizie: la vergogna dei CIE: Ponte Galeria di Roma
Pagina 2: Le rotte delle migrazioni nel Mediterraneo: scheda sui percorsi e sul giro d'afari illecito
Pagina 3: L'accoglienza dei rifugiati: una vergogna italiana
Pagina 4: Dall'archivio di enmigrinta: ottobre 2009: il caso Regina Pacis, intervista ad un attivista
Pagina 6: Approfondimenti: caso Reina Pacis, don Cesare Lodeserto: a cura di Gentiana Minga
Pagina 7: Razzismo negli stadi: il Milan ritira la squadra per protesta
Pagina 8: Personaggi: Slovenia: Joze Plecnik
Pagina 8: Fiabe dal mondo: paesi slavi: Fenist, il falcone lucente
Pagina 10: L'antifemminismo nelle radici del cristianesimo
Pagina 11: Arte: islam: Benaki Museum of Islamic Art
Pagina 11: Le feste nazionali dei nostri nuovi cittadini
Pagina 12: Parole dal mondo: sloveno
Pagina 12: Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione?
Pagina 12: Statistiche: Bangladesh
Pagina 13: Giochi: Africa/Asia/Sud America: Mankala
Pagina 14: Musica: Turchia: Mehmet Barıs Manco
Pagina 14: Citazioni: Adlof Hitler
Pagina 14: Cucina: Nicaragua: Fagioli fritti
Pagina 15: Gastronomia: Lituania
Pagina 15: Enologia: Libano/Siria: L'arak
Pagina 16: Soluzioni a “Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione?”
Notizie → La vergogna dei CIE → Ponte Galeria di Roma
Per quasi dieci giorni senza acqua calda e con il
riscaldamento in condizioni precarie, poi la protesta di quelli
che il burocratese chiama "ospiti". Accade nel Centro di
Identifcazione ed Espulsione di Ponte Galeria, nei pressi di
Roma, dove - secondo i dati del Garante dei detenuti del
Lazio - sono ospitate circa duecento persone, 136 uomini e
58 donne. Bloccate anche per dodici mesi in attesa di
identifcazione, senza la possibilità di fare alcuna attività
come invece accade in carcere, quasi che il trattamento già
precario nei penitenziari italiani fosse un traguardo per i
migranti rinchiusi nei Cie.
E il problema è di fondo, spiegano dall'ufcio del Garante: non è mai stato pubblicato un bando per
appaltare la manutenzione ordinaria del CIE. In pratica, se qualcosa si rompe, i tempi per la riparazione
sono lunghi. Insostenibili quando si tratta di "sopravvivere" a dicembre, con tubature rotte, il
riscaldamento malfunzionante o fnestre sfondate. "A quanto mi hanno riferito alcuni manifestanti spiega il Garante dei detenuti, Angiolo Marroni - occorrono giorni per provvedere alla riparazione
dell'impianto di riscaldamento, di una fnestra o addirittura di un rubinetto. Questo perché nell'incarico
di gestione del Cie non si è mai predisposto un servizio per la manutenzione ordinaria". E il problema
come spiega Giuseppe D'Agostino, dell'ufcio del Garante, "non nasce oggi: la prefettura che ha la
competenza di gestione del Cie, ha afdato alla cooperativa Auxilium l'"ospitalità" ma non ci si è mai
preoccupati di individuare attraverso un regolare bando una ditta che si occupasse della
manutenzione".
Oltre ai rubinetti, ai boiler e al sistema di riscaldamento, le denunce di ritardata manutenzione arrivano tra le righe - anche tra gli operatori delle forze dell'ordine: basta che si rompa una fotocopiatrice per
restare settimane senza poter fare fotocopie. Si tratta di dover compilare, riprodurre e smistare cartelle
cliniche, fogli identifcativi e tutto quello che concerne la vita "burocratica" di un Centro di
identifcazione ed Espulsione. Nel limbo. E la realtà dietro le sbarre dei CIE è tale da mettere a dura
prova la stabilità mentale di chiunque. I reclusi, infatti, sono costretti a restare in questo non-luogo fno
a un tempo massimo di dodici mesi. "Il ministro Cancellieri - spiega ancora D'Agostino - ha ridotto il
tempo di permanenza da 18 a 12 mesi. Durante la nostra attività, però, abbiamo visto che il tempo medio
di carcerazione è di 7/8 mesi, durante i quali gli "ospiti" non hanno un trattamento come accade in
carcere e passano le giornate senza far niente".
In un contesto simile, il rischio di rivolte è alto. Come è accaduto quando due magrebini e un nigeriano
"con problemi psichici importanti - denunciano dall'ufcio del Garante - hanno divelto lavandini,
tubature e suppellettili, inghiottendo anche pezzi di ferro". Da lì la protesta si è allargata ad altre zone
della struttura, con materassi dati alle famme e stanze bruciate.
"Se nei primi trenta giorni non si viene identifcati - prosegue D'Agostino - il giudice di pace proroga di
trenta giorni la durata della permanenza nel Cie. Scaduti questi termini, la proroga è di altri due mesi e
alla fne di sei mesi. Dopo i dodici mesi (o prima se non si è identifcati da alcun Paese), al migrante viene
dato il foglio di via con l'ordine di lasciare l'Italia in cinque giorni. Se questo non accade e il migrante
viene sorpreso sul territorio nazionale durante un controllo, rientra nel circolo vizioso dei CIE, con altri
dodici mesi di reclusione in questo limbo".
In un contesto simile, una protesta anche isolata ha gioco facile nel divenire una manifestazione
generale di quelli che il bruocratese chiama "ospiti", ospiti in un non-luogo, poco distante dalla vita
quotidiana, frenetica e indiferente della Capitale d'Italia. E a cui lo Stato - tra tagli e spending review non si preoccupa troppo di assicurare neppure la manutenzione ordinaria della struttura in cui li tiene
reclusi.
Le rotte delle migrazioni nel Mediterraneo → Scheda sui percorsi e sul giro d'afari illecito
Le rotte principali sono una decina. La più antica, collega la
costa del Marocco alla Spagna, attraverso lo stretto di
Gibilterra, e si è andata dilatando negli anni, al punto che oggi
molte imbarcazioni partono direttamente dalla costa oranese
dell'Algeria, sempre verso l'Andalusia e, talora, verso le isole
Baleari.
La Spagna è interessata da una seconda rotta, quella che
parte dalla costa atlantica africana (Marocco, Sahara
occidentale, Mauritania, Senegal, Gambia e Guinea) fno
all'arcipelago delle isole Canarie.
Nel Mediterraneo centrale le rotte sono quattro. La più battuta parte dalle coste occidentali libiche, tra
Tripoli e Zuara, puntando verso Lampedusa, la Sicilia e Malta.
Parallele a questa, altre due rotte collegano il litorale tunisino, tra Sousse e Monastir, a Lampedusa, e la
costa nord tra Biserta e Capo Bon a Pantelleria.
Dall'Egitto partono invece alcuni dei pescherecci che giungono in Sicilia orientale e in Calabria.
Infne, a partire dal 2006, una nuova rotta collega Algeria e Sardegna, partendo dalla costa nei pressi
della città di Annaba.
In passato era invece Malta a costituire un importante punto di passaggio. Migliaia di migranti
atterravano ogni anno sull'isola con un visto turistico e da lì venivano imbarcati clandestinamente verso
le coste siciliane. Nel Mediterraneo orientale, infne, le rotte marittime collegano la costa della Turchia
alle vicine isole greche del Mar Egeo, in particolare Samo, Mitilene, Chio, e Farmakonisi. Sull'isola greca
di Creta, invece, in misura minore, arrivano imbarcazioni salpate dalla costa egiziana. Alla fne degli anni
novanta e inizio duemila, migliaia di profughi Curdi salpavano direttamente dalle coste turche verso la
Calabria. Una rotta che ancora nel 2007 ha portato un migliaio di persone sulle coste della Locride. Sulla
rotta che negli anni novanta collegava l'Albania alla Puglia invece, non hanno mai viaggiato migranti.
I fussi migratori nel Mediterraneo danno vita a un giro d'afari illecito di centinaia di milioni di euro
l'anno. Il prezzo dei viaggi varia da frontiera a frontiera, aggirandosi tra i 500 e i 2.000 dollari. Sebbene
esistano viaggi auto organizzati dagli stessi migranti, la maggior parte delle partenze è controllata da
alcune organizzazioni, ognuna delle quali si occupa del passaggio di una frontiera. Ogni nazionalità ha i
suoi connection man, che mettono in contatto il candidato all'immigrazione clandestina con il passeur e
con la rete di persone che lo ospiterà e lo trasborderà al luogo di imbarco. Sconti particolari vengono
fatti a chi si ofre volontario per la guida delle imbarcazioni, spesso afdate per questo a capitani senza
alcuna esperienza di mare, con conseguente aumento delle vittime. Secondo Fortress Europe, stando
alle sole notizie riportate dalla stampa, almeno 8.905 persone sarebbero annegate sulle rotte migratorie
del Mediterraneo e dell'Atlantico dal 1988[2]. Le vittime in mare sono aumentate anche per l'evolversi
delle rotte, che negli ultimi anni sono diventate più lunghe e pericolose, al fne di eludere l'intensifcarsi
dei pattugliamenti anti-immigrazione, dal 2006 coordinati dall'agenzia europea Frontex ed esternalizzati
nelle acque territoriali di alcuni Paesi di transito, come Turchia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco,
Mauritania e Senegal.
Parallelamente al contrasto della migrazione via mare, si è assistito alla criminalizzazione del soccorso in
mare, come nel caso dei processi ad Agrigento alla Cap Anamur e ai pescatori tunisini, accusati di
favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per aver soccorso dei naufraghi africani in mare e averli
tratti in salvo in porti italiani.
L'accoglienza dei rifugiati → una vergogna italiana
Sono decine di migliaia, tutti profughi scappati dalla
guerra in Libia e dalla rivoluzione in Tunisia. Il loro
destino dipende da una domanda, quella fatta a una
Commissione, di cui non capiscono né il nome né il
ruolo e che defniscono sempre con un tono solenne
preceduto da un marcato articolo determinativo.
Perché è "La Commissione" che deciderà se potranno
avere o meno il riconoscimento dello status di
rifugiato politico. La gestione d'emergenza della loro
condizione è scaduta il 31 dicembre, ma con un
decreto il governo ha prorogato tutto al 28 febbraio.
I fussi migratori, negli anni scorsi, sono stati spettacolarizzati paventando una "emergenza umanitaria"
che l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva defnito "di proporzioni catastrofche". Si
stimava, in principio, un'invasione di oltre cinquantamila persone provenienti dalla Libia. Nei mesi
successivi però quelle previsioni sono state smentite dai numeri: difatti nel 2012, solo poco più di
ventottomila richiedenti asilo sono entrati in Italia a seguito della primavera araba. Questo esodo
(importante ma non di proporzioni bibliche) è andato a sommarsi con i gruppi preesistenti per un totale
di circa 62mila persone. Se le previsioni di Maroni fossero state corrette, oggi dovremmo parlare di un
fenomeno di oltre centomila "rifugiati".
Un'emergenza ridotta, rispetto alle catastrofche previsioni governative, ma, comunque, gestita male e
con risultati che adesso, sì, possono essere defniti "catastrofci". Per la gestione di questo problema, il
Governo italiano, di concerto con la Protezione Civile e le Regioni, ha costruito un sistema di accoglienza
che è sfuggito al controllo centrale e ha favorito l'afermarsi di un esteso e illecito giro d'afari. Da Nord
a Sud sono numerose le segnalazioni di disagi: ogni regione, ma spesso anche ogni provincia, ha creato
una propria modalità e rete di accoglienza. I migranti sono stati ospitati in ogni tipo di struttura in disuso
che fosse rintracciabile: alberghi, ospedali, asili, palazzi abbandonati. Luoghi, che nella maggior parte dei
casi, non erano stati concepiti per l'accoglienza dei profughi, ma che, per l'occasione, sono diventati tali.
E, pur essendo del tutto inadeguati, hanno tuttavia ottenuto l'abilitazione ad operare come "Cara",
Centri di accoglienza per rifugiati politici.
Nella maggior parte dei casi, i servizi di intermediazione culturale e assistenza sono stati sempre svolti
da associazioni di volontari. Nella provincia di Bergamo, ad esempio, sono stati attivati dei percorsi
autorganizzati nel territorio per ospitare un gruppo di tunisini che avevano ottenuto il permesso di
soggiorno provvisorio, ma, in assenza di abitazioni, sono stati costretti a vivere nei boschi per
settimane. Molto spesso sono le Ong locali a fornire corsi di lingua italiana, o di mediazione legale
laddove, i migranti, ignari della legge italiana, si afdano ad avvocati che avviano le pratiche da
presentare alla Commissione, senza neanche informarsi sulla reale condizione d'origine del suo assistito.
Ogni rifugiato soggiorna nei Cara per tutto l'iter che precede il processo, davanti alle Commissioni
territoriali, per il riconoscimento dello status di rifugiato. I tempi di attesa tuttavia superano di gran
lunga quelli previsti dalla legge, prolungando così l'emergenza, i costi dell'accoglienza, e
l'esasperazione. "Le Commissioni - spiega Laura Boldrini dell'Unhcr - devono fare una valutazione sulle
condizioni del paese d'origine dei migranti, non su quello di transito. Quindi è vero che molte persone
sono qui perché fuggite dalla guerra in Libia, ma non sono libici, e non hanno problema di protezione del
loro paese d'origine. Per questo hanno risposte negative". I veri problemi, secondo il portavoce
dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, sono quelli che seguono il riconoscimento del diritto d'asilo. I
profughi infatti non hanno posti dove stare e, così come ha mostrato il caso scioccante del Salaam
Palace di Roma, defnito dalla stampa internazionale come "paradosso italiano", vivono come dei
fantasmi occupando palazzi dismessi dove "un bagno è condiviso da 250 persone".
Con il decreto del governo per altri due mesi si rimane nell'emergenza, poi la gestione sarà afdata ai
prefetti che garantiranno agli stranieri ancora presenti "un'accoglienza fnalizzata ad una progressiva
loro uscita dal sistema, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario e assistito". Ma queste
persone, fnora, hanno atteso in silenzio una via d'entrata. Dinanzi a nuove speranze disattese, la
situazione potrebbe diventare esplosiva. È da oltre un anno e mezzo infatti che, in Italia, i migranti
provenienti dal Nord Africa, attendono in un limbo di incertezza che è stato l'unico approdo a loro
concesso dopo le lunghe e strazianti traversate in mare.
Dal sito de “la Repubblica.it”
Dall'archivio di “enmigrinta”→ ottobre 2009 → il caso Regina Pacis, intervista ad un attivista
Pubblichiamo di seguito un’intervista esclusiva che ci ha rilasciato
un attivista che partecipo in prima persona ai fatti del Regina Pacis
di Lecce del 2002. Quanto leggerete nelle prossime pagine e gia
stato dibattuto in fase processuale, con i noti esiti. Il Regina Pacis fu
adibito a cpt da una costruzione nella localita San Foca, ai limiti di
spiagge balenabili (come si vede nella foto). Una delle tante scelte
sconsiderate legate a questo cpt. Grottesche le immagini dei reclusi
attaccati alle sbarre di celle esposte al sole mentre i bagnanti, a
pochi metri, si divertono, prendono il sole o fanno il bagno.
Domanda: Tu partecipasti ai fatti del Regina Pacis. Perche decideste di entrare? Risposta: Per il 30
novembre 2002 diverse forze politiche avevano organizzato manifestazioni in tutta Italia per protestare
contro i cpt (centri di permanenza temporanea, oggi chiamati centri di identifcazione ed espulsione ndr) e contro la Bossi-Fini. Già da tempo erano attive forme di protesta per quella che di fatto era ed è
una carcerazione preventiva, la reclusione di persone per violazioni amministrative e non per reati
efettivamente commessi. Deve essere chiaro che questi cpt non sono mai state delle strutture in cui
fosse facile rimanere reclusi. Non sono mai stati degli alberghi. Correvano già voci di abusi e violenze
perpetrate in questi centri, si sapeva che le garanzie efettive dei reclusi non erano sempre rispettate.
Come dicevo fu promossa una manifestazione nazionale e il nostro gruppo si organizzò per sflare in
corteo sotto il Regina Pacis.
Cosa vedeste? Durante il corteo alcuni di noi videro un ragazzo che si era arrampicato su una fnestra e
tenendosi aggrappato alle sbarre si era calato i vestiti per mostrare delle vistose ed estese ecchimosi.
Insomma anche da diversi metri di distanza si vedeva molto chiaramente che questo ragazzo doveva
avere subito delle violenze di qualche tipo, e anche piuttosto pesanti direi (vedi foto – ndr). Dall’interno
si sentivano i reclusi piangere e chiedere aiuto. Una cosa da flm horror. Mi vengono ancora i brividi a
pensarci.
Ritieni quindi che quelle lesioni fossero conseguenza di percosse o di violenze di qualche tipo?
Certamente. La cosa era già palese a quel punto, ma quello che successe dopo lo confermò.
Cosa accadde dopo? I responsabili del corteo discussero su cosa si potesse fare. Per fortuna alla
manifestazione era presente un deputato dei Verdi, l’ On. Mauro Bulgarelli. Questo permise ad una
delegazione di entrare (secondo le vigenti leggi un parlamentare aveva il diritto, anche senza preavviso,
di entrare ad ispezionare un cpt. Il deputato in questione si fece accompagnare da una delegazione di
manifestanti - ndr). All’inizio dovemmo discutere parecchio per poter entrare. Alla fne ci riuscimmo e
facemmo un giro del cpt. Chiedemmo spiegazioni dei lividi che avevamo visto. Le risposte furono vaghe,
prima ci fu detto che forse era caduto da solo, poi che si sarà trattato di una rissa tra reclusi. Alcuni di noi
riuscirono a parlare con il ragazzo, il quale ci dichiarò di essere stato picchiato dalle guardie carcerarie.
Altri reclusi li presenti si fecero coraggio, anche se vistosamente impauriti, vedendo la nostra solidarietà
e confermarono di avere assistito al fatto e ci raccontarono che i pestaggi erano frequenti e dovuti a
futili motivi. Spesso solo per divertimento delle guardie. Una manifestante vide anche una ragazza con
un gomito rotto, apparentemente anche da diverso tempo. Dato che la donna provava ovviamente un
fortissimo dolore e non aveva di che alleviarlo, la manifestante si tolse il foulard per dare perlomeno
modo alla donna di appendere il braccio al collo.
Quindi, per quello che hai potuto vedere, non erano stati prestati soccorsi ai feriti? No, di nessun tipo.
Cosa accadde dopo? Dopo avere chiesto spiegazioni, ma sempre senza risultato, alcuni di noi parlarono
ancora con i reclusi. Venne fuori che speciali attenzioni venivano prestate a quelli di chiara fede
musulmana. Venivano obbligati ad insultare la loro religione, ad orinare sul Corano o forzati ad ingoiare
carne di maiale cruda, specie durante il mese del digiuno musulmano, il Ramadam. Prendemmo accordi
con alcuni reclusi, promettendo loro che, una volta usciti, avremmo posto in essere le conseguenti
azioni politiche o legali per tutelarli. In serata, una nostra militante ricevette una telefonata sul cellulare
da uno dei reclusi a cui aveva lasciato il numero di telefono e che chissà come era riuscito a raggiungere
un telefono. Il ragazzo chiedeva aiuto dicendo che le guardie, non appena i manifestanti se ne erano
andati, si erano scatenate e si stavano vendicando con pestaggi e violenze sulle donne. Attraverso il
telefono si sentivano urla e rumori che facevano ben capire cosa stesse succedendo. Dopo poco la
telefonata fu interrotta.
Raccoglieste altre testimonianze riguardo a violenze fsiche o psicologiche? Come ho detto, siamo
venuti a conoscenza di pestaggi, violenze sulle donne, torture psicologiche, minacce, abusi di ogni tipo.
Durante il processo poi, venne fuori che Don Cesare Lodeserto, il responsabile del centro venne
inquisito per un giro di prostituzione, dato che aveva obbligato alcune delle recluse a prostituirsi a
benefcio di uomini d’afari, politici e altri. Oltre che ovviamente per le condizioni disumane del Regina
Pacis. Fu accertato che lo stesso Lodeserto aveva personalmente percosso più volte i reclusi.
Brevemente, di cosa venne accusato? Di abusi, violenze, sfruttamento della prostituzione, lesioni e altro
credo. Insieme a lui furono processati sei collaboratori, undici carabinieri e due medici di servizio che
falsifcarono i certifcati medici. Ma è tutto negli atti processuali. In sintesi, come si risolse il processo?
Don Cesare Lodeserto è stato condannato. Ora si trova in Moldavia, ufcialmente per missione religiosa,
in sostanza è una specie di latitanza, appena torna in Italia scatta l’arresto. Più varie condanne ai “pesci
piccoli”.
Come giudichi la faccenda? Come vuoi che la giudichi? L’Italia è un paese che non vuole sapere cosa
succede. A noi basta avere i negozi con l’ultimo modello di cellulare, basta mettersi gli occhialini
all’ultima moda e che in TV ci sia qualche stupida trasmissione di intrattenimento. La gente non vuole
sapere. Preferisce autoconvincersi di vivere in un paese democratico e libero. Cosa che magari
nominalmente sarà anche, ma la realtà è un’altra. Ci sono fortissime pulsioni fasciste e antidemocratiche
in Italia. Nel nostro paese la ragione è dei potenti e dei ricchi, non certo dei poveracci come noi. Questa
faccenda ne fu la prova. Prima ce ne renderemo conto e meglio sarà per tutti.
Sulla vicenda è anche stato fatto un flm/documentario “Mare Nostrum” di Stefano Mencherini. Ai fatti
del Regina Pacis dedicò una puntata anche la nota trasmissione televisiva “Report”.
Approfondimenti → Caso Regina Pacis, don Cesare Lodeserto → a cura di Gentiana Minga
Don Cesare Lodeserto, il sacerdote che gestiva per conto della
Curia Diocesana di Lecce, il Centro per immigrati ’Regina Pacis’ di
San Foca di Melendugno nei pressi del capoluogo salentino, è
stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione al termine del
processo con rito abbreviato davanti al giudice per le udienze
preliminari del Tribunale, Nicola Lariccia. Le accuse nei confronti
del religioso erano di calunnia, violenza e minacce e sequestro di
persona nei confronti di alcune donne rumene e moldave, già
ospiti del Centro. Don Cesare venne anche arrestato due anni e
mezzo fa all’aeroporto di Verona, al ritorno da una missione in
Moldova. Il sacerdote passò alcuni giorni in carcere. Poi gli furono
concessi gli arresti domiciliari che scontò per circa tre mesi, prima
in una comunità religiosa a Noci nel barese e infne in casa della
sorella a Lecce. In seguito a questa vicenda la Curia Vescovile decise di chiudere la struttura. Il suo
difensore, Pasquale Corleto, nel corso del processo ha abbandonato la difesa in segno di protesta nei
confronti del pubblico ministero. La pena è particolarmente pesante, anche perchè al sacerdote sono
state riconosciute le attenuanti generiche e in considerazione del fatto che aveva scelto il rito
abbreviato. Condannati anche il nipote di don Cesare, Giuseppe Lodeserto, a 3 anni e 2 mesi e una
collaboratrice, Natalia Vieru, a 2 anni e 8 mesi, più o meno per le stesse accuse.
Il procuratore generale:3 febbraio 2012 "Chiedo la conferma integrale della sentenza impugnata". Si è
chiusa con queste parole la lunga requisitoria del procuratore generale della Repubblica di Lecce,
Giuseppe Vignola, nel processo d'appello a don Cesare Lodeserto, ex direttore del Cpt Regina Pacis di
San Foca, imputato a vario titolo e in concorso con altre due persone, il nipote Giuseppe (detto Luca) e
Natalia Vieru, per i reati di violenza, minaccia, ingiuria, sequestro di persona, estorsione e calunnia. Il
procuratore Vignola ha chiesto la conferma delle pesanti condanne comminate, al termine del processo
di primo grado svoltosi in giudizio abbreviato, dal gup Nicola Lariccia: 5 anni e 6 mesi di reclusione per
don Cesare; 3 anni e 2 mesi per Giuseppe Lodeserto; 2 anni e 8 mesi per Natalia Vieru.
Nella requisitoria il procuratore generale ha fatto spesso riferimento alle oltre 250 pagine di sentenza,
descrivendo quello che era il clima nel Centro di permanenza temporanea Regina Pacis, una sorta di
luogo a sé, al di fuori da ogni legge, con un gruppo ristretto di persone a decidere le sorti degli immigrati
"ospiti" della struttura. Una struttura, è bene ricordarlo, detentiva, in cui venivano reclusi i cittadini
stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno.
Nel clima di terrore, che secondo i testimoni e le parti ofese si respirava all'interno del centro, chiunque
osava opporsi andava colpito. E' il caso del dottor Refolo, uno dei medici in servizio al Cpt, pronto a
testimoniare sulle presunte colpe di don Cesare, che avrebbe cercato pertanto di convincere un'ospite
della struttura, Valeria Campeanu, con cui il medico aveva una relazione, ad accusare il suo compagno di
violenza sessuale. Un'accusa da cui l'ex direttore è stato assolto perché il fatto non sussiste.
Condannato invece, nell'ambito della stessa vicenda, Armando Mara, uno degli uomini di fducia di don
Cesare, che avrebbe minacciato il dottor Refolo dicendogli: "Te la facciamo pagare, noi ti diamo fuoco
alla casa". Vi è poi la condanna per calunnia nei confronti dell'ufciale dei carabinieri Elio Dell'Anna,
falsamente accusato dal sacerdote, per il gup, di concussione. Accuse che don Cesare avrebbe riferito
all'allora comandante provinciale Luigi Robusto.
Le ipotesi di reato più gravi a carico di Cesare e Giuseppe Lodeserto e Natalia Vieru, sono quelle di
estorsione e sequestro di persona. Al centro della vicenda "il rapporto di lavoro a nero delle ospiti con il
mobilifcio Soft Style di Pino Quarta a Novoli". Un lavoro spesso estenuante per otto o nove ore al
giorno, dal lunedì al sabato, per cui le immigrate ricevevano un compenso giornaliero di 25 euro. Per chi
si ribellava o si rifutava di recarsi al lavoro, magari perché non in condizione di farlo, scattavano le
minacce e le ofese, fno ad arrivare ad impedire di uscire da Regina Pacis, anche per lunghi periodi,
sequestrando i passaporti e stracciando i permessi di soggiorno.
Questi e altri episodi sono al centro del processo in corso dinanzi ai giudici della Corte d'appello. I giudici
dovranno verifcare e analizzare la vita all'interno di quello che era il più importante dei Centri
d'accoglienza, oggi chiuso e abbandonato. Numerose le persone ofese, quasi tutte ex ospiti del Cpt.
Donne e uomini che non hanno dimenticato e che continuano a chiedere giustizia, e che si sono
costituite come parti civili con gli avvocati Maurizio Scardia, Francesco Calabro (che hanno discusso oggi
in aula e hanno depositato memorie e note difensive) e Marcello Petrelli. L'udienza è stata aggiornata al
prossimo 11 aprile per la discussione degli avvocati difensori e la sentenza.
Razzismo negli stadi → il Milan ritira la squadra per protesta
Cori razzisti contro i giocatori di colore, ed il Milan se ne
va. Episodio senza precedenti al "Carlo Speroni" di Busto
Arsizio, dove i rossoneri hanno abbandonato il campo in
segno di protesta contro una frangia del pubblico che
stava rivolgendo insulti razzisti verso i propri giocatori di
colore. Il fattore scatenante è stato l'ennesimo buu
razzista nei confronti di Boateng, che a quel punto ha
preso il pallone e lo ha scagliato verso la tribuna dove si
trovavano gli autori del gesto.
Immediata la presa di posizione di capitan Ambrosini, che
si è portato al centro del campo ed ha ritirato la squadra.
In precedenza anche Muntari (in particolar modo in occasione di una rete annullata) e Niang, erano stati
oggetto di insulti. La sfda è stata prima sospesa e poi ufcialmente rinviata.
In Italia non esiste un vero e proprio precedente, anche se un epidosio analogo si verifcò il 25 novembre
2005 nel corso dell'incontro Messina-Inter. Il difensore ivoriano del club siciliano, Zoro, prese il pallone
minacciando di abbandonare il campo per i fschi ricevuti dai tifosi nerazzurri in trasferta ma fu convinto
a proseguire dai giocatori dell'Inter, in particolar modo da capitan Zanetti. Anche Eto'o fu protagonista
di un episodio simile, quando nell'ottobre 2011 ricevette degli insulti da parte dei tifosi del Cagliari e
minacciò di abbandonare il campo (l'arbitrò Tagliavento sospese la partita per 3 minuti). Nel Febbraio
2006 quando giocava con il Barcellona, il camerunense, preso di mira dai tifosi del Saragozza, urlò "me
ne voy" dirigendosi verso gli spogliatoi, per poi essere fermato e convinto a continuare a giocare da
Ronaldinho.
"Siamo dispiaciuti ed amareggiati per quanto successo però credo che il Milan non rientrando in campo
abbia fatto la scelta giusta. Bisogna smetterla con questi gesti incivili - ha commentato il tecnico dei
rossoneri Massimiliano Allegri - l'Italia deve migliorare sotto questo punto di vista e diventare un Paese
più civile, educato ed intelligente. Spiace per i giocatori della Pro Patria e per la gran parte del pubblico
ma non potevamo prendere una decisione diversa. Spero che questa cosa abbia un seguito se dovesse
capitare anche in gare ufciali dai Dilettanti fno alla Serie A".
"Ci impegniamo a tornare qui prima possibile, per permettere anche ai tanti bambini che erano presenti
di vedere il Milan in campo. Un segnale, però, andava dato - spiega il capitano Ambrosini -. Non si può
tollerare una cosa del genere, non si poteva continuare la partita con questo clima anche perchè
bisogna far capire certe cose. Ci dispiace per la stragrande maggioranza di persone che non ha nulla a
che vedere con quanto successo, proprio per questo abbiamo preso l'impegno di tornare prima
possibile".
Link:
il video dell'episodio
Personaggi → Slovenia → Jože Plečnik
Dal sito de “la Repubblica.it”
Jože Plečnik (Lubiana, 23 gennaio 1872 – Lubiana, 7 gennaio 1957) è
stato un architetto sloveno.Allievo di Otto Wagner a Vienna e poi suo
collaboratore, aderì insieme a lui alla secessione: fu attivo in patria, in
Austria, a Praga (dove lavorò per il castello e realizzò la chiesa del
Sacro Cuore) e a Belgrado, dove costruì la chiesa di Sant'Antonio di
Padova. A partire dal 1921 fu professore di architettura a Lubiana e
progettò numerosi edifci e monumenti per la sua città (tra cui il
cimitero di Žale).
Il suo progetto per il palazzo del parlamento sloveno (la Cattedrale
della libertà), mai realizzato, compare sulla moneta da 10 centesimi di
euro slovena.
Dopo la Seconda guerra mondiale Plečnik cadde in disgrazia, poiché il
suo attaccamento all'architettura classica era visto con sospetto. Il
suo ruolo di insegnante all'università fu gradualmente ostacolato e ricevette minori commesse, sebbene
riuscisse a completare piccoli monumenti, fontane e restauri di chiese anche negli anni 1950. Alla sua
morte ebbe comunque i funerali di stato a Žale.
L'opera di Plečnik, caratterizzata da forme iconiche e classiche usate però in modo sorprendente e
originale, fu per lo più dimenticata negli anni sessanta e settanta. Un nuovo interesse si ebbe a partire
dagli anni ottanta e novanta, quando il postmodernismo portò ad una rivalutazione delle forme
classiche in architettura.
Fiabe popolari → Paesi slavi → Fenist, il falcone lucente
C'era una volta un contadino. Sua moglie era morta lasciandogli tre
fglie. L'uomo voleva prendere una cameriera per la casa, ma sua
fglia minore Maryushka disse: "Non prendere una cameriera, padre,
mi occuperò io della casa."
E così Maryuska diventò un'ottima donna di casa. Non c'era niente
che non sapesse fare, e faceva tutto perfettamente. Suo padre
adorava Maryushka ed era felice di avere una fglia così intelligente e
lavoratrice.
E quanto era adorabile! Ma le sue due sorelle erano brutte, invidiose e cattive, sempre truccate e vestite
impeccabilmente. Stavano tutto il giorno sedute, cercando di sembrare meglio di quello che erano. Un
giorno l'uomo andò al mercato e chiese alle fglie: “Che cosa volete che vi porti?"
"Compraci un fazzoletto", dissero le tue fglie maggiori, "e deve essere cucita con grandi fori e in oro".
Maryushka stava in silenzio, ed il padre le chiese:"E tu cosa vuoi?"
"Padre caro, vorrei una piuma di Fenist il falcone splendente." Il padre tornò con i fazzoletti, senza aver
trovato la piuma. Dopo un po' di tempo dovette tornare al mercato.
"Bene fglie mie, chiedetemi cosa volete", disse
E le fglie maggiori chiesero: "Compraci un paio di stivali d'argento".
Maryushka disse di nuovo: "Padre caro, vorrei una piuma di Fenist il falco splendente."
Il padre rimase al mercato tutto il giorno e comprò gli stivali, ma non trovò la piuma. Così tornò senza di
lei. Dovette riandare al mercato per la terza volta e le due fglie maggiori gli chiesero:"Compraci una
gonna nuova". Maryushka chiese di nuovo: "Padre caro, comprami una piuma di Fenist il falcone
splendente."
Il padre rimase tutto il giorno al mercato, senza trovare la piuma. Lasciò la città ed incontrò sulla strada
un vecchio ometto. "Buon giorno nonnino!"
"Buon giorno a te, buon uomo. Dove stai andando?"
"Al mio paese. E non sai cosa ho fatto. La mia fglia più giovane mi ha chiesto di comprarle una piuma di
Fenist il falcone splendente, ma non l'ho trovata".
"Ho io quella piuma; è bella, ma dato che sei un buon uomo te la darò, viene quando puoi".
Il piccolo uomo vecchio prese la piuma e la diede al padre, ma era molto semplice, così il contadino si
chiese: "Come può piacere alla mia Maryushka?"
Poco dopo l'uomo arrivò a casa e portò i regali alle fglie. E le due maggiori si pavoneggiarono nelle loro
gonne e dissero a Maryushka: "Stupida, stupida! Mettitela tra i capelli e non sarai carina!"
Maryushka non rispose, e rimase lontana da loro. Quando tutti furono addormentati, mise la piuma sul
pavimento e disse: "Vieni da me caro Fenist, falcone splendente, mio caro sposo!"
E allora giunse un bellissimo giovane. Al mattino dopo andò sul pavimento e ridiventò falcone. E
Maryushka aprì la fnestra e lui volò nel cielo azzurro.
Per tre notti lo accolse. Di giorno era falco, di notte diventava un bellissimo giovane. Il quarto giorno le
sorelle cattive capirono e andarono dal padre.
"Figlie care", disse, "fatevi gli afari vostri."
"D'accordo, vedremo." E misero dei coltelli aflati sul davanzale della fnestra e rimasero ad aspettare.
Poco dopo arrivò il falcone. Cercò di entrare, ma non riusciva. Volò lì sopra, fn quando fu tutto tagliato
dalle lame. Maryushka dormiva e non sentiva. Allora lui disse: "Chi ha bisogno di me mi troverà ma non
senza dolore. Non mi troverai fn quando non avrai consumato tre paia di scarpe d'argento, e rotto tre
bastoni d'argento, e riempito di lacrime tre paioli d'argento".
Maryushka sentì. si svegliò, ma non riuscì a fermarlo. Andò quindi dal padre e gli disse: "Non mi
rimproverare, lasciami andare sulla mia strada."
L'uomo era molto dispiaciuto, ma alla fne la lasciò partire.
Maryushka partì e prese tre paia di stivali d'acciaio, tre bastoni d'acciaio e tre paioli d'acciaio. Camminò
per campi, foreste nere e montagne. Gli uccellini la confortavano con i loro canti, i torrenti la
dissetavano, le foreste la accoglievano. E anche gli animali feroci, i lupi, gli orsi e le volpi, la confortavano
e sostenevano. Alla fne arrivò vicino ad un castello in cui le dissero che viveva una regina incantata che
aveva con sé il Falcone splendente. Maryushka andò a parlarle e questa le rispose: Potrai vederlo, ma
prima dovrai ripulire tutte le mie cinquanta scuderie di oggi.
Sappi che hai solo tre giorni di tempo per liberare il tuo amato!. Maryushka fece come le era stato detto,
ma il suo Principe falcone dormiva profondamente e non riuscì a svegliarlo. Il secondo giorno la regina le
disse: Oggi pota tutte le piante del mio giardino! Poi potrai vedere il tuo principe, ma avrai ancora solo
una possibilità domani, altrimenti lo perderai per sempre! Anche quel giorno lì Maryushka fece come le
era stato detto, ma di nuovo il Principe non si svegliò e non la riconobbe. Il terzo giorno la regina le
disse: Ora dovrai pulire tutto il mio castello e farlo entro sera. Poi avrai l'ultima possibilità di conquistare
il tuo amato! Maryushka riuscì a terminare le pulizie nel castello in tempo e poi si trovò di fronte al suo
amato, sempre addormentato.
Allora disse: Ti ho amato, ti ho cercato, ho lavorato e tu non mi riconosci? E scoppiò in lacrime. Una
lacrima bagnò il principe addormentato, che si risvegliò e la riconobbe.
Così Maryushka poté sposare il Principe del Falcone splendente e vissero insieme felici e contenti.
L'antifemminismo nelle radici del cristianesimo
Iniziamo da questo numero una serie di articoli sulle radici
antifemministe cristiane. Sentiamo spesso parlare e giudicare
l'antifemminismo islamico. Più culturale arabo, in realtà, ammesso
che sia reale, che insito nella religione musulmana che, anzi, è tutto
tranne antifemminista. I giudizi sparati senza cognizione di causa
sulla religione islamica sarebbero più sopportabili se, almeno,
venissero da una cultura paladina dei diritti delle donne.
Purtroppo, anche se in occidente si ama bearsi del proprio
presunto progressismo, in Europa la parità dei sessi è ben lungi da
essere reale, e se ci basiamo sulle presunte radici (inesistenti)
cristiane dell'Europa, beh, allora le sorprese sono molte. Il furore
verbale dei primi apologeti è talmente esasperato da trasudare un odio insano dai contorni patologici.
Confermati tutti gli stereotipi di genere, la donna in quanto discendente di Eva è altresì colei che col suo
atto di disubbidienza e di stupida curiosità ha dannato l’umanità, determinando il sempreverde
“peccato originale”.
Eva, la prima donna, è infatti colei che con le sue lusinghe ha condotto Adamo, e gli uomini, alla perdita
dello stato di grazia originario.
La donna, erede diretta di Eva, continua ad irretire l’uomo con i suoi inganni, difondendo la corruzione
nel mondo attraverso la seduzione e le sue proferte sessuali.
Lo spiega Tertulliano nel suo latino ostico, dalla prosa spigolosa e rigonfa di allusioni bibliche che molto
toglie al piacere della traduzione:
“tu sei la porta del diavolo, tu sei la profanatrice dell’albero della vita, tu sei stata la prima a violare la legge
divina, tu sei colei che persuase Adamo, colui che il diavolo invece non riuscì a tentare. Tu che hai infranto
l’immagine di Dio, l’uomo, con tanta facilita. Per causa tua esiste la morte, anche il Figlio di Dio ha dovuto
morire. E tu hai in mente di adornarti con altro che non siano le tuniche che coprono la tua pelle?”
(Tertulliano, De Cultu Foeminarum. Liber I; Cap. 1)
La stessa tesi viene ripresa pure da S.Gerolamo, altro enfant terrible dal carattere impossibile:
“La conversazione dei chierici con le donne non sia permessa sotto nessun pretesto. Perché la donna e la
porta per il diavolo, il cammino d’iniquita, la punta dello scorpione, genere pernicioso”
(Adversus Jovinianum)
In virtù di ciò, deduciamo che “ogni donna dovrebbe essere oppressa dalla vergogna al solo pensiero di
essere donna”, come insegnava il brillante Clemente Alessandrino, maestro di Origene.
Tertulliano è un pagano convertito e, nello zelo intransigente che caratterizza i neofti di ogni religione,
si farà interprete di un rigorismo estremo che lo porterà a bazzicare gli ambienti eretici dei montanisti e
degli encratiti.
“Tertulliano non manca di richiamare le sue consorelle all’obbligo di rifettere sul loro statuto
antropologico, di considerare la loro genealogia. Come fglie di Eva dovrebbero sempre essere piangenti
ricordando la prima peccatrice. Inoltre come donne dovrebbero tener sempre presente il disastro
provocato proprio dal loro apparire e dalla loro bellezza ricordando quell’episodio della caduta degli angeli
raccontato nel testo pseudoepigrafo ebraico detto il Libro di Enoch. La bellezza delle fglie degli uomini ha
sedotto gli angeli che sono scesi in terra per generare con loro la stirpe maligna dei Giganti e difondere la
conoscenza delle arti, delle tecniche che alterano l’ordine della creazione.” (Ileana Chirassi. “Etica
Mediterranea” - Dispense Specialistiche ’08 - Universita di Trieste).
Perciò una donna rispettabile dovrebbe essere abbigliata come per le esequie funebri (quasi ad
pompam funeris constituta).
Di conseguenza, Tertulliano dispensa una serie di preziosi consigli che vanno dalla verginità,
all’illibatezza nel matrimonio (De Exhortatione Castitatis; De Pudicitia).
A questi si aggiungono la riprovazione per la vedova che contrae seconde nozze, le quali non avrebbero
altro motivo se non il piacere dei sensi (De Monogamia; Ad uxorem).
Ma le opere che noi preferiamo sono sicuramente quelle che esortano le ragazze afnché indossino il
velo, nascondendo la vista del proprio viso e dei propri capelli (De Virginibus Velandis):
“La donna e pericolosa a causa della sua bellezza: trovi rimedio nel velo” giacché “ammirare o voler essere
ammirate e peccato”
Ma guarda che novità!
Oltretutto, colei alla quale piace essere guardata “aspira allo stupro” (stupri passio).
Perciò ragazza “vela il tuo capo, rivesti l’armatura del pudore, innalza un muro sul tuo sesso, non lasciar
trapelare su di te sguardi (…) Il velo deve cominciare dove fnisce la veste; e il giogo che serra le donne”.
Segue nel prossimo numero
Arte → Islam → Benaki Museum of Islamic Art
Questo mese proponiamo ai nostri lettori una visita virtuale al
Benaki Museum of Islamic Art.
Cliccando sul link: visita il museo sarà possibile vedere la stupenda
collezione di arte islamica di questo museo greco.
Il museo fu aperto nel 1930 e oltre all'arte islamica ha una cospicua
collezione di arte asiatica e
porcellane
cinesi.
La
collezione islamica occupa
un'estensione di circa 1000
mq ed è considerata la più importante del mondo, con oggetti
dall'India, Persia, Mesopotamia, Medio Oriente, Arabia Saudita,
Egitto, Nord Africa, Sicilia, Spagna e Asia Minore. Comprende
porcellane, ceramiche, oggetti in metallo, oro, legno, vetro e
tessili, così come steli funerarie e armi.
Ma la descrizione di questa inestimabile collezione è difcile a
parole. Consigliamo vivamente i nostri lettori a collegarsi al link e a
visitarla.
Auguri a → Le feste nazionali dei nostri nuovi cittadini
Gli auguri ai nostri nuovi amici delle comunità di:
1 gennaio: Haiti (Giorno dell'indipendenza dalla Francia)
1 gennaio: Sudan (Giorno dell'indipendenza)
4 gennaio: Myanmar (Giorno dell'indipendenza)
7 gennaio: Russia e paesi di religione ortodossa di rito antico (Natale)
21 gennaio: Barbados (Giorno di Errol Walton Barrow)
26 gennaio: Australia (Australia Day)
26 gennaio: India (Giorno della Repubblica)
Parole dal mondo → sloveno
Trattiamo di una lingua “vicina” a noi, quella dei nostri confinanti
sloveni. Tra i paesi ex-jugoslavi, probabilmente è la comunità meno
fiorente ma comunque presente. Vediamo alcuni vocaboli.
Buongiorno: dobro jutro
Benvenuto: dobrodošli
Si accomodi: usedite
Grazie: hvala
Arrivederci: poslovite
Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione?
Proponiamo al lettore un piccolo test, per poter saggiare la propria opinione e le proprie convinzioni
sulle religioni proprie ed altrui. Vi invitiamo ad abbinare a ciascuna delle seguenti afermazioni,
contenuta in un testo sacro, la relativa religione. Nell’ultima pagina troverete i corretti abbinamenti. Per
le afermazioni che contengono il nome della divinita o altri riferimenti troppo defnibili, questi sono
stati omessi o modifcati, per non rendere ovvia la soluzione (per esempio al posto di Allah, scriveremo
Dio, o per apostoli, scriveremo seguaci ecc.)
1.- Il corpo è il campo dell'azione. Quello che pianti raccoglierai.
2.- Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato.
3.- Coloro che avranno fatto del bene in questo mondo, riceveranno il bene.
4.- Chi semina il bene raccoglierà una sicura ricompensa.
Le soluzioni a pagina 16
Statistiche → Bangladesh
In Bangladesh, nel 2011:
La vita media di un uomo: 65,8 anni
Mortalità infantile <5 anni : 4,8 %
Mortalità materna: 240**
Analfabetismo: 43,2 %
Medici per ogni 1000 abitanti: 0,3
Posti letto per ogni 1000 ab.: 0,4
Calorie ab/giorno: 2270
Accesso acqua potabile: 81
Bambini sottopeso: 41,3 %
Auto per 1000 abitanti: 1,4
In Italia, stesso periodo:
Vita media di un uomo: 79 anni
Mortalità infantile <5 anni: 0,4 %
Mortalità materna: 4**
Analfabetismo 1,1 %
Medici per ogni 1000 abitanti: 3,7
Posti letto per ogni 1000 ab.: 3,5
Calorie ab/giorno: 3650
Accesso acqua potabile: 100*
Bambini sottopeso: nessun dato
Auto per 1000 abitanti: 606
*per l’accesso all’acqua potabile, mancando il dato italiano, è stato preso come riferimento il dato relativo alla Francia
** numero di donne morte ogni 100.000 nati vivi
Fonte: “Istituto Geografco De Agostini” 2013
Giochi → Africa/Asia/Sud America → Mankala
Il nome mancala (talvolta riportato come mankala o
manqala) si riferisce a una famiglia di giochi da tavolo difusi
in gran parte del mondo (specialmente in Africa, in Medio
Oriente, in alcune zone del Sudest asiatico e in America
centrale) e spesso indicati anche come giochi di semina. Si
può avere un'idea del numero e della diversità dei giochi di
questa famiglia, nonché della forte connotazione geografca
delle varianti, attraverso il paragone con i giochi di carte.
Per quanto riguarda invece il ruolo che i giochi mancala
ricoprono nella società di molte regioni africane e asiatiche, l'analogia più calzante col mondo
occidentale è probabilmente quella con gli scacchi. Fra i giochi più difusi della famiglia si possono citare
il Wari, l'Omweso e il Bao.
Vi è un difuso fraintedimento secondo cui esisterebbe un particolare gioco dal nome mancala. Questo
errore è stato alimentato, in parte, dal fatto che case editrici occidentali hanno commercializzato sotto
questo nome alcuni particolari giochi della famiglia. Anche in letteratura vengono usate spesso
espressioni improprie come varianti del mancala, che sottintendono che esista un gioco principale da cui
gli altri sono derivati. In realtà, il nome mancala è un termine arabo che indica alcuni particolari giochi di
questa famiglia; tuttavia, il termine (difuso per esempio in Siria, Libano ed Egitto) non viene usato in
modo coerente (cioè non indica esattamente lo stesso gioco) neppure da queste popolazioni. La parola
sembra derivare dall'arabo naqala (letteralmente: "spostare"), a cui corrisponde anche lo swahili
mankelah. Non è certamente facile stabilire una nomenclatura precisa dei giochi mancala; gli stessi
giochi hanno diversi nomi in diverse regioni, e le varianti anche sottili sulle regole sono in tal numero da
eludere qualsiasi tentativo di classifcazione "defnitiva". In alcuni casi, addirittura, allo stesso gioco
vengono attribuiti nomi diversi a seconda che a giocarlo siano gli uomini o le donne. Esiste anche una
certa difcoltà, da parte dei ricercatori in questo campo, a separare chiaramente quelle che sono le
regole del gioco (nel senso che si dà in occidente a questo termine) rispetto, per esempio, a preferenze
nella disposizione iniziale dei pezzi o implicazioni strategiche.
I giocatori muovono a turno. La dinamica generale della mossa, che viene spesso detta semina, consiste
nel prelevare tutti i pezzi presenti in una certa casa (di solito scelta fra quelle di proprietà del giocatore e
occupate da un certo numero minimo di pezzi), e depositarli nelle case adiacenti, uno per casa. Se la
semina non si conclude nella fla in cui ha avuto inizio, essa prosegue in un'altra fla, tipicamente
descrivendo un movimento circolare antiorario. Così, una semina procede generalmente verso destra
nella fla più vicina al giocatore e, arrivata al termine della fla, prosegue nella fla adiacente da destra
verso sinistra. Nei mancala a due fle, il movimento può attraversare l'intero tavoliere; in quelli a quattro,
esso è limitato alle due fle di proprietà del giocatore che sta muovendo.
La semina può essere semplice, ovvero concludersi con l'ultimo pezzo deposto in una casa, oppure a
stafetta. In quest'ultimo caso (tipico per esempio del Bao) se l'ultimo pezzo viene deposto in una casa
già occupata, il giocatore preleva immediatamente il contenuto di tale casa e prosegue la semina con i
pezzi raccolti; il procedimento può ripetersi. Questo genere di semina può portare turni di gioco
estremamente lunghi, che sconvolgono completamente l'equilibrio del tavoliere. La capacità di
prevedere gli efetti di una semina a stafetta è una delle qualità che contraddistinguono i guru del Bao.
Nei mancala indiani come l'Ali Guni Mane, la semina a stafetta prosegue non con i semi presenti nella
casa in cui la semina iniziale è terminata, bensì con quelli presenti nella casa successiva (regola nota
come pussa-kanawa). Lo scopo del gioco è solitamente quello di catturare più pezzi dell'avversario, o
mettere l'avversario nella condizione di non avere più alcuna mossa legale a disposizione (per esempio
perché tutte le sue case sono vuote o non contengono il numero minimo di pezzi richiesto per iniziare
una semina).
Musica → Turchia → Mehmet Barış Manço
Mehmet Barış Manço (scritto anche "Baris Mancho" in alcuni album per il
mercato europeo) (Istanbul, 2 gennaio 1943 – Istanbul, 31 gennaio 1999) è
stato un cantautore, musicista e produttore televisivo turco.
Ha composto circa 200 canzoni di genere rock, pop e rock progressivo,
alcune delle quali tradutte in molte lingue tra cui l'inglese, il giapponese, il
greco, l'italiano, il bulgaro, il rumeno, il persiano, l'ebreaico e l'arabo.
Rimane una delle fgure pubbliche più famose della Turchia.
Link:
il pezzo "Gamzedeyim Deva Bulmam"
il pezzo "Yar Ola"
Citazioni → Adolf Hitler
Ai nostri lettori apparirà forse strano che si citi proprio Adolf Hitler in
questa sede. Ebbene, questa frase fa pensare, e dovrebbe far pensare
soprattutto quei ragazzi con poco cervello che osannano certe idee
criminali come il nazismo e il fascismo suo complice.
Che i nazistelli di oggi pensino a come sono, loro stessi, considerati dalla
loro aberrante idea.
Commentando perdite particolarmente gravi di ragazzini mandati al
macello nella difesa di Berlino:
"D'altra parte i giovani servono a questo. "
Enmigrinta si augura che ogni imbecille che crede nel nazismo o nella sua versione imbelle del fascismo, possa rendersi conto della
sua idiozia e tornare a comportarsi come un essere umano. Mai più nazismo, mai più fascismo!
Cucina → Nicaragua → Fagioli fritti
Ingredienti per 4 persone:
Fagioli neri crudi,
aglio,
olio vegetale,
sale,
pomodoro fresco passato,
succo di limone,
aneto.
Preparazione
Lavate i fagioli e quindi fateli bollire in una pentola a pressione fno a che si ammorbidiscano e
aggiungete il sale, l'aglio e la cipolla durante la cottura. Scaldate l'olio in una casseruola e aggiungete
della cipolla tritata e friggetela fno a doratura.
Togliete la casseruola dal fuoco e metteteci dentro la quantità di fagioli desiderata il più velocemente
possibile e conservate l'acqua dei fagioli.Quindi cuocete i fagioli un paio di volte (ci vuole un po' di
pazienza) e aggiungete più liquido dei fagioli ogni volta che ci si accorge che evapora. I fagioli si possono
cuocere di più o di meno a seconda che si voglia una consistenza più morbida o più pastosa. Appena
prima di portare a termine questo processo incorporate tutto il condimento di verdura come i pomodori
tritati, le erbe ed il succo di limone. Schiacciate con la forchetta il tutto per potare a conclusione questo
piatto.
Gastronomia → Lituania
Sobria e nutriente, la tradizione culinaria lituana risente di
sensibili infuenze polacche e scandinave. In quasi ogni ricetta le
patate sono una presenza ineludibile. La carne più difusa è la
suina, fritta, in salamoia, afumicata e/o cotta alla griglia.
Apprezzato anche il pesce, specie quello d’acqua dolce come il
luccio e il persico. Rinomati i formaggi freschi e il pane nero di
segale, decisamente preferito a quello bianco di frumento e
sovente imburrato.
Ricchissimo il menu delle zuppe, tra cui quelle di barbabietole
nella variante calda (Barščiai, con panna acida e funghi tritati) o
fredda (Šaltibarščiai, con verdure, panna acida e uova o patate
bollite). Il dolciume tradizionale lituano è più di ogni altro la cioccolata, mentre in materia di bevande
alcoliche è nota la fama del “999”, una vigorosissima vodka ottenuta con un assortimento di ben 27
erbe.
Enologia → Libano/Siria → L'arak
L'Arak o anche araq (in arabo: ‫ )عرررق‬è una bevanda alcolica tradizionale
prodotta e apprezzata nella Mezzaluna fertile. Tradizionale in Libano e
in Siria ha visto il concentrarsi della produzione in Libano, dove è
presente un'importante comunità cristiana, mentre, a causa del divieto
islamico di bere alcolici, sta scomparendo dagli altri paesi del Medio
oriente con il declino delle comunità non musulmane prima forenti.
In Libano ci sono 25 marche di produttori di arak di qualità diverse. Lo si
ottiene a partire da succo d'uva distillato come acquavite al quale si
aggiungono grani d'anice. Viene invecchiato in giare d'argilla. Il risultato
è una bevanda all'anice simile all'ouzo, al raki o al pastis.
L'arak puro è prodotto con una gradazione tra 50° e 70° gradi alcolici, ma
viene bevuto allungato con acqua o con ghiaccio da 3 a 5 volte.
In molte altre regioni dell'Asia vengono parimenti denominati arak altri
distillati: in particolare in Indonesia un distillato di riso e in Iraq un
distillato di datteri. In questi casi arak assume il signifcato generico di acquavite.
L’arak viene talvolta utilizzato per la preparazione di cocktail in sostituzione del rum, in particolare nei
paesi scandinavi.
Soluzioni a “Chi dice cosa? Quali afermazioni appartengono a quale religione?”
1.- Il corpo è il campo dell'azione. Quello che pianti raccoglierai. (Sikh, Guru Granth Sahib, Gauri Var, 308)
2.- Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. (Cristianesimo, Lettera ai Galati 6:7-8)
3.- Coloro che avranno fatto del bene in questo mondo, riceveranno il bene. (Islam, Corano 39:10)
4.- Chi semina il bene raccoglierà una sicura ricompensa. (Ebraismo, Proverbi 11:18)