55 Prospettive Lentini
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55 Prospettive Lentini
26 novembre 2014 55 Prospettive Agricoltura e clima Gianluca Lentini Cambiamento climatico e adattamento dell'agricoltura nel prossimo secolo: verso una nuova governance e una nuova resilienza. Il quinto Assessment report dell’Ipcc (Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico) ha rappresentato una svolta epistemologica notevole nel dibattito scientifico circa il cambiamento climatico antropogenico e circa l’impatto delle attività umane sul bilancio radiativo della Terra [1]. La probabilità dell’origine antropica del cambiamento climatico osservato dalla seconda metà del XX secolo è ormai una certezza statistica e l’orientamento dell’Ipcc, una volta ottenuta una simile solida base scientifica, è quello di rivolgersi pragmaticamente all’adattamento delle attività umane nel contesto di un clima cambiato, anche in considerazione del fatto che, entro la fine di questo secolo, si attendono ulteriori importanti modificazioni in termini di temperature e di precipitazioni. L’agricoltura, l’attività primaria per definizione e per eccellenza, rappresenta un focus fondamentale per l’Ipcc: l’Università di Cambridge ha attivato un gruppo di lavoro, denominato Institute for sustainable leadership (Isl) [2], che si occupa di schematizzare i principali risultati delle ricerche dell’Ipcc ad uso dei portatori di interesse in varie attività umane. L’agricoltura è uno dei temi principali trattati dalla gruppo di Cambridge e questo contributo si propone di presentare i punti chiave delle riflessioni dell’Isl, per una governance adattabile al cambiamento climatico in agricoltura: • le conseguenze del cambiamento climatico stanno già riducendo le produzioni in alcune parti del mondo, tendenza che si proietta in aumento con l’aumento delle temperature. Le temperature, secondo le stime più affidabili, sono attese in aumento tra 1,5 e 4,5°C (tra 2,6° e 4,8°C nel range più ampio) entro la fine del XXI secolo. Le produzioni a rischio includono grano, • • • • 1 mais e riso, ossia gli alimenti base per buona parte della specie umana. Una diminuzione nella produzione implica un aumento nella volatilità dei prezzi per i quali si prevedono aumenti del 37% (riso), del 55% (mais) e dell’11% (grano) entro il 2050. Una diminuzione della quantità di produzione può accompagnarsi inoltre ad una diminuzione della qualità del cibo: in un’atmosfera più ricca di anidride carbonica (CO2) sono ridotte di circa il 10-15% le proteine presenti, ad esempio, nel grano, nel riso, nelle patate e nell’orzo; gli agricoltori sono in grado di adattarsi ad alcuni cambiamenti legati alle modificate condizioni climatiche, ma non a tutti. La soglia è posta, dall’Ipcc e dall’Isl, a un aumento di 3°C delle temperature superficiali: è necessario quindi un approccio fortemente innovativo e ambizioso, mentre notevoli misure di mitigazione nelle emissioni di gas clima-alteranti devono accompagnare le misure di adattamento; le emissioni di gas clima-alteranti da agricoltura rappresentano il 10-12% del totale delle emissioni climaalteranti umane (stima del 2010). L’agricoltura è il principale settore emissivo di gas non-CO2, con particolare riferimento al metano; le opportunità per la mitigazione comprendono la riduzione delle emissioni da uso del suolo, dalla gestione del suolo e dalla gestione degli allevamenti. Da un punto di vista macroeconomico, sotto determinate condizioni, possono ridursi le emissioni da produzione di energia, sostituendo ad esempio i combustibili fossili con i biocombustibili, questi ultimi non esenti da problemi propri; il potenziale di riduzione di gas clima-alteranti da agricoltura attraverso cambiamenti nel consumo di cibo è maggiore di quello legato a cambiamenti tecnici 26 novembre 2014 55 La Politica agricola comune dell’Unione europea va già in parte in questa direzione, per quanto concerne le sue competenze. Il ruolo dei pagamenti diretti e dell’incentivo ai servizi ecosistemici si pone infatti nel quadro concettuale di un sostegno alla figura dell’agricoltore attivo come protagonista e custode dell’ambiente naturale da un punto di vista biosferico (ossia di salvaguardia della vita in generale e della biodiversità in particolare), pedologico e atmosferico. Resilienza, mitigazione e adattamento devono e possono diventare ormai termini di uso comune per il settore primario, nel contesto di una maggiore consapevolezza del ruolo fondamentale che l’agricoltura ricopre nelle complesse interazioni geofisiche del nostro pianeta, nonché nella certezza che gli interessi stessi dell’agricoltore risiedono nella sua capacità di farsi protagonista di cambiamenti ambiziosi per garantire produzioni di qualità e approvvigionamenti sicuri nel contesto di un clima che cambia. nell’utilizzo del suolo agricolo e nella filiera produttiva. In questo senso, la riduzione degli sprechi di cibo, il cambiamento dietologico verso diete meno ricche in cibo la cui produzione richiede molti input (sostituzione di cibi di origine animale con cibi di origine vegetale) e la riduzione del sovraconsumo hanno un alto potenziale mitigatorio. In un mondo che si riscalda, e che continuerà a riscaldarsi, il rischio per l’agricoltura è grande: da una parte vi è il rischio legato alla nuova distribuzione statistica delle variabili meteorologiche (nuovi valori medi delle temperature, nuova distribuzione delle precipitazioni), dall’altra occorre considerare la risposta del suolo agricolo a ondate di calore, esondazioni, incendi e ai cosiddetti eventi estremi e catastrofici. Il settore agricolo deve quindi necessariamente concentrarsi su un aumento della propria resilienza ossia della propria capacità di risposta elastica a uno stimolo esterno e di ripresa in caso di evento catastrofico. L’incremento della resilienza può passare attraverso modifiche nelle tecniche di filiera produttiva, modifiche nella domanda di cibo, variazioni nell’allevamento del bestiame, variazioni nelle colture, ma soprattutto variazioni nella governance e nelle politiche del territorio. In particolare, è possibile: • incentivare i sistemi agro-forestali e la gestione agronomica, dei nutrienti e dei fertilizzanti nelle produzione cerealicole (modifiche di filiera); • richiamare i rischi del sovraconsumo e dello spreco di cibo (modifiche nella domanda); • gestire in maniera più efficiente la qualità della dieta del bestiame e le varietà del bestiame stesso, con particolarmente riferimento al controllo delle infestanti e della diffusione di malattie (variazioni nell’allevamento); • migliorare la rotazione delle colture e la selezione di colture alternative più resistenti al caldo, insieme con l’uso di migliori tecniche di distribuzione delle acque (variazioni nelle colture); • prevedere e incentivare l’utilizzo di pagamenti per servizi ecosistemici, nonché di assicurazioni legate a rischi meteorologici; • sviluppare partnership finanziarie pubblico-private con un’adeguata attenzione alla protezione e alla buona gestione del suolo agricolo (variazioni nella governance e nelle politiche del territorio). Riferimenti bibliografici e sitografici [1] Pannello intergovernativo sul cambiamento climatico, V Assessment Report: http://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/ [2] Institute for Sustainable Leadership, University of Cambridge, http://www.cisl.cam.ac.uk/Resources/Climate-andEnergy/Climate-Change-Implications-forAgriculture.aspx Gianluca Lentini è referente scientifico per l'Ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste di Regione Lombardia. www.intersezioni.eu 2