G.Ponti-biografia - laboratoriodistoria
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G.Ponti-biografia - laboratoriodistoria
Gio Ponti Nato a Milano il 18 Novembre del 1891, figlio di Enrico Ponti e Giovanna Rigone, intraprende gli studi di architettura presso il Politecnico di Milano. Costretto a interrompere gli studi a causa del servizio militare per la prima guerra mondiale, con il grado di capitano dal 1916 al 1918, si laurea in architettura nel 1921. Il primo incarico, dal 1923 al 1930, vede Ponti nella direzione artistica della Manifattura Richard-Ginori, per la quale produce ceramiche e maioliche, esposte già nel 1923 alla Prima Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza. I mobili prodotti da Ponti in questi anni vengono prodotti dalla Rinascente (1927) e presentati alle Biennali di Monza e Venezia. In particolare, alla Biennale di Monza del 1927, vengono esposti i mobili disegnati insieme a Emilio Lancia per la Domus Nova, che introducono l'idea di manifatture "a buon mercato": si afferma così il livello culturale del Novecento rappresentato soprattutto da Ponti. In questa stessa occasione Giò Ponti conosce Ugo Ojetti, giornalista fiorentino, che lo incoraggerà a divulgare le sue idee architettoniche: nel 1928 nasce la rivista Domus, che Ponti dirigerà per anni in collaborazione con l'amico editore Gianni Mazzocchi. La rivista diventa il principale strumento di diffusione di idee e progetti in campo artistico e architettonico. Gli anni della formazione sono fondamentali per l'approfondimento di temi che diventeranno preponderanti nel corso della sua professione di architetto, quelli della casa e della modernità. Il tentativo di dare forma a una nuova tipologia dell'abitare è l'oggetto della sua continua ricerca. Il primo progetto di architettura, nonchè prima abitazione dell'architetto e della sua famiglia, è la Casa in via Randaccio a Milano, nel 1925, che lui stesso definisce "di ispirazione classica" per "l'enorme impressione che ebbi vivendo, durante la guerra, nei periodi di riposo dal fronte, in edifici del Palladio, e con la possibilità di vederne più che potevo". L'impronta palladiana, così come le radici neoclassiche dell'opera, è evidente nella distribuzione interna e nella decorazione della facciata. Nel 1926 realizza, insieme a Emilio Lancia, con cui collaborerà fino al 1933, il primo progetto all'estero, la villa Bouihlet a Garches, Parigi, denominata da Ponti "l'Ange Volant". La facciata evidenzia una componente classica rielaborata dagli architetti tramite l'alternanza di vuoti e aggetti. Il progetto di Casa Rasini ai Bastioni di Porta Venezia costituirà il momento di rottura tra Ponti e Lancia, a causa dell'allontanamento del primo dai concetti di tradizione e classicità in favore di una semplificazione razionalista. Più interessato all'innovazione in campo architettonico che non al dibattito teorico e politico, gli anni 30 costituiscono per Ponti il vero punto di partenza per la realizzazione dei suoi obiettivi: dopo aver presentato alla IV Triennale di Monza, nel 1930, la Casa delle Vacanze, ancora di stampo classicista, realizza opere residenziali e industriali che connotano un progressivo avvicinamento al razionalismo. Nei progetti di casa Laporte in via Brin del 1935 e delle case tipiche del 1931-36 (Domus Fausta, Domus Julia, Domus Carola, Domus Honoraria, Domus Alba, Domus Serena, Domus Aurelia, Domus Livia) concretizza l'idea di "casa all'italiana": "La casa, comunque siano i mobili che essa ospiterà, deve essere chiara, fresca, ariosa, pulita, sincera. Questa è anzitutto la reale atmosfera di modernità che invochiamo". [Domus, 1933]. Nello stesso periodo, al giovane Ponti si presenta l'occasione di un progetto ad alto livello tecnico e a grande scala: con gli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini dà forma ad uno dei suoi progetti più propriamente razionalisti, il Primo Palazzo Montecatini (1936). La particolarità dell'opera, a cui deve la propria notorietà, è data, oltre alla singolare pianta ad H e al fronte monumentale, dalla continuità della parete laterale, in marmo e alluminio, che anticipa l'ideale di leggerezza ed illusività delle architetture pontiane. Nel 1940 Ponti lascia la direzione di Domus per fondare una nuova rivista, Stile, che dirigerà fino al 1947, per poi tornare definitivamente alla vecchia testata. Stile tocca gli stessi temi di Domus, d'arte e allo stesso tempo di attualità. Gli anni della seconda guerra mondiale rappresentano per Ponti un periodo di affermazione nel campo del design: sono infatti gli anni in cui concretizza il principio del "comporre" e dell' "alleggerire". Nel 1952 nasce lo studio Ponti-Fornaroli-Rosselli, collaborazione che continuerà fino al 1976, grazie alla quale Gio Ponti incrementerà l'attività di designer. E' in questo periodo che progetta la "superleggera" per Cassina (1952), che sfrutta le caratteristiche tradizionali dei materiali e allo stesso tempo li porta al massimo dell'espressività. Ponti si interessa infatti ai nuovi materiali con spirito creativo, cercando sempre corrispondenza tra forme e materiali. La "Casa attrezzata" stravolge il modo di vivere l'abitazione domestica. Il concetto è quello di comprendere più funzioni nello stesso mobile, conciliando allo stesso tempo forma e tecnica: nasce così la "parete organizzata", ovvero un pannello a muro che raccoglie una composizione di piani e oggetti, la "finestra arredata", i "mobili autoilluminanti". Le Triennali tra il 1951 e il 1957 costituiranno lo strumento di divulgazione della nuova tecnica e del nuovo gusto dell'abitare. Nel 1954 Ponti pubblica il primo libro sul proprio pensiero, Espressione di Gio Ponti. In quello stesso periodo si concentra su una nuova idea, quella della "forma finita", che ricercherà da lì in avanti in tutti i suoi progetti. Temi fondamentali diventano così quelli dell'"invenzione strutturale", dell'"essenzialità", dell'"espressività" e dell'"illusività". Sarà evidente nelle sue opere la tensione a comporre pareti staccate, non saldate alla copertura, caratteristiche che rendono la costruzione un'immagine di leggerezza e illusività. Su questi concetti si esprime nel libro "Amate l'architettura: l'architettura è un cristallo", ripubblicato nel 1957 dopo la prima edizione del '45. La forma del cristallo, del diamante, è quella che ossessiona Ponti negli ultimi vent'anni della sua vita, caratterizzando l'oggetto singolo (piastrelle in ceramica Joo, 1956) così come intere opere architettoniche (Istituto italiano di Stoccolma, 1953, "Premio Italia a San Paolo, 1953, pianta del Grattacielo Pirelli, 1956, ecc). L'esplosione creativa di questo periodo copre ogni oggetto di interesse, dalla piccola alla grande scala, dall'arredamento domestico all'architettura industriale. Gli anni cinquanta rappresentano quindi un periodo di studio sperimentale, in cui Ponti imposta modelli di forme che determineranno in maniera decisiva il carattere delle sue architetture negli anni sessanta e settanta. Durante gli anni sessanta Ponti si concentra anche sul tema della facciata libera, che svilupperà per la prima volta nel fronte su strada dei magazzini Shui-Hing a Hong Kong, 1963, del palazzo per uffici Montedoria a Milano (1970) e della cappella San Carlo. Le facciate, essendo muri portati, e non portanti, rappresentano le quinte visive dell'edificio, motivo per cui i bordi vengono resi più sottili e le pareti non vengono saldate tra loro. L'architettura di Gio Ponti è vuole avere lo scopo di "essere guardata". Egli stesso sostiene che "le facciate sono le pareti della strada, e di strade è fatta una città: le strade sono la parte visibile della città, sono ciò che della città appare" [Domus, 469, 1968]. L'opera che meglio concretizza tale concetto è la Cattedrale di Taranto, 1970. Qui, una facciata che richiama una vela, si innalza per 53 metri, senza comunicare all'interno con il resto della chiesa. Le ottanta aperture esagonali fanno della facciata "un impasto di concretezza e aria" [L. Moretti], rendendo evidente quell'idea di smaterializzazione dell'architettura che Ponti voleva raggiungere. Durante gli anni settanta, ultimo decennio prima della morte, avvenuta il 16 dicembre 1979, Ponti si concentrerà sui temi già trattati, dedicando una particolare attenzione ai puri effetti di luce, e utilizzando sempre più liberamente il colore. Una delle opere più significative di questo periodo è il museo d'arte di Denver, Colorado (1972), che esprime le principali caratteristiche dell'architettura pontiana: pareti separate tra loro, interrotte in modo irregolare da feritoie, al posto delle finestre, che di notte si illuminano, e diventano uno spettacolo per la città. Un progetto fondamentale degli ultimi anni di Ponti è quello della "Casa adatta", che riprende i concetti già sperimentati alle Triennali con la "casa all'italiana". L'idea è quella di un'abitazione in cui i muri divisori vengano sostituiti da pareti scorrevoli. I mobili vengono progettati più leggeri e mobili, tramite rotelle, di modo da sfruttare al massimo lo spazio abitativo. Luigi Moretti, a un anno dalla sua morte, scrive che "egli non vede che materia luminosa e credo questo ammirevole in uno che ha raggiunto l'età dei grandi saggi. Ponti è, oggi, in opposizione totale a ciò che non vibra, al grigio e al tetro. Una voglia di luce, di pareti che riflettano una luce screziata e iridescente, che vibrino nell'intero arco del giorno e della notte nella luce".